XXXXXXXXXX, Clausole campione

XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nell...
XXXXXXXXXX,. La posizione del figlio nato nel matrimonio, in C. M. XXXXXX, La riforma della filiazione, cit., p. 328. capacità di discernimento, ad essere ascoltato in tut- te le procedure che lo riguardano. È stato ampiamente sottolineato il radicale ribal- tamento di prospettiva rispetto al passato, e non sol- tanto perché il legislatore ha enunciato, positiva- mente e in maniera esplicita, i diritti dei figli, mo- strando come essi non siano più solamente desumi- bili, in via indiretta, dai corrispondenti doveri sussi- stenti in capo ai genitori. Ed è stato altresì segnalato come l’inequivoca enunciazione dei diritti dei figli, anteposti ai doveri previsti dall’ultimo comma dell’art. 000 x.x., xxxxx- xx la necessità che la formula “interesse del mino- re” ceda il passo all'espressione “diritti del minore”: enfatizzando l'idea che l’ordinamento non tuteli sol- tanto un mero e generico interesse del minore, ma veri e propri diritti soggettivi della persona, ai quali l’attuale art. 315-bis c.c. ha conferito innegabile so- stanza concreta. Il più vago concetto di “interesse del minore”, cui numerose norme del diritto di famiglia si ri- chiamano, deve essere allora abbandonato perché espressione della superata concezione che vedeva Essa è stata ricondotta, ma in senso opposto, all’espressione utilizzata dalla Legge sull’adozione per la situazione suscettibile di originare la dichia- razione di adottabilità: il diritto in questione, quindi, integrerebbe la condizione minima accettabile ri- chiesta ai genitori.28 In tale direzione alcune pronunce – affermando che sussiste “stato di bisogno” quando alla prole venga a mancare la componente fondamentale per la formazione migliore della personalità – sono giunte a delineare un concetto di assistenza morale modellato non tanto sulla base del relativo contenu- to, comunque ricondotto alla nozione di “amore”29, quanto sulla sua finalità.30 L’assistenza morale, in- tesa quale immancabile apporto di cure ed affetto, viene ad assumere rilevanza perché la sua assenza giustifica il rimedio, pur residuale, dell’adozione: che pertanto si pone in chiave strumentale rispetto alla sana crescita del minore. Si può dire, allora, che proprio nella riforma del- la filiazione il legislatore abbia definitivamente con- siderato meritevole di tutela la componente affetti- va, imprescindibile per una sana e serena crescita nel figlio, e nel minore, più un oggetto di poteri al- trui e di soli propri doveri, che non un soggetto tito- lare di diritti ...
XXXXXXXXXX,. La stabilità contrattuale nel calcio a livello internazionale, relazione presentata in occasione del seminario su “La stabilità contrattuale nel regolamento FIFA su status e trasferimenti dei calciatori”, LUISS, Roma, 4 marzo 2011. in occasione del caso Xxxxxxxxx il TAS ha avuto modo di valutare una specifica clausola contenuta nel contratto che legava il centrocampista brasiliano allo Shakhtar. Ai sensi di tale clausola la società ucraina si impegnava – nel caso in cui fosse pervenuta un’offerta per il trasferimento del calciatore verso il corrispettivo di almeno Euro 25.000.000 – ad acconsentire al siffatto trasferimento.41 In punto di diritto il TAS ha ritenuto che la stessa avesse il solo fine di imporre un’obbligazione in capo al club (i.e. l’obbligazione di concludere un trasferimento in caso di offerta, da parte di un’altra società, per un corrispettivo non inferiore ad Euro 25.000.000) e non già quello di predeterminare convenzionalmente tra le parti l’ammontare dell’indennità dovuta dall’inadempiente in caso di risoluzione unilaterale senza giusta causa. Alla luce di ciò, il panel ha ritenuto che l’importo previsto dalla menzionata clausola non potesse rilevare ai sensi dell’art. 17 del Regolamento FIFA e non potesse quindi corrispondere a quanto dovuto a titolo di indennità. Clausole di tal guisa – negoziate tra le parti, il cui importo, convenzionalmente pattuito, rispecchia tendenzialmente il valore del calciatore e non ha quindi carattere deterrente e di penale – sono da ritenersi insindacabili in sede di eventuale giudizio davanti agli organi della giustizia sportiva e prevalenti rispetto a tutti gli altri criteri di calcolo dell’indennità stabiliti dall’art. 17 del Regolamento FIFA. In quanto tali, si può affermare rappresentino lo strumento principale per un’applicazione corretta di tale ultima norma. Come osservato da alcuni, «la clausola si pone quale base futura per i rapporti tra le società e gli sportivi», nell’auspicio che possa aver luogo «la globalizzazione delle clausole di risoluzione del sistema spagnolo e il loro inserimento nei contratti di tutto il mondo».42 Gli autori, nel redigere il presente elaborato, sono partiti da una considerazione che ritengono oggettiva: l’incertezza creata dalle diverse interpretazioni dell’art. 17 del Regolamento FIFA fornite dalla giurisprudenza sportiva è palese. Il calcolo dell’indennità per la risoluzione contrattuale senza giusta causa è infatti fondato su criteri che solo in teoria sono ogget...
XXXXXXXXXX,. Il diritto civile della legislazione nuova, cit., 38, il quale evidenzia la discrasia fra la suddetta autonomia tipologica ed il formale inserimento dell’attività di gestione fra le attività di intermediazione mobiliare. 93 Da quasi tre decenni in dottrina ed in giurisprudenza ci si interroga sulla natura di questo contratto. Propende decisamente per l’avvenuta conclusione di un processo di tipizzazione legale del contratto di gestione di portafogli, avente come epicentro la maturata autonomia dell’elemento causale, X. Xxxxx, Contratto di gestione di portafogli, cit., 705 s. Per tale ragione, la gestione di portafogli viene ritenuta un «contratto tipico e nominato». Di quest’avviso altresì X. Xxxxx-X. Xxxxxxxx, Il mercato mobiliare, cit., 373, secondo cui «la gestione di portafogli di investimento in strumenti finanziari è, fin dal 1991, un contratto tipico, del quale è pertanto superflua e anzi fuorviante la qualificazione in termini di contratto di mandato»; X. Xxxxxxxxxx, I contratti di intermediazione mobiliare, cit., 106 s. Il trend giurisprudenziale è in questa direzione: si veda Trib. Biella 5-4-2007, cit., 76 s., secondo cui «il contratto di gestione individuale di portafogli di investimento è un contratto nominato, caratterizzato dalla funzione gestoria, regolato espressamente dalle norme primarie e secondarie […] , e solo in xxx xxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xx xxxxxxx, xxxxx xxxxx xxx xxxxxxx professionale»; App. Torino 8-7-2010, cit.: «la gestione di portafogli integra un contratto tipico strutturato sugli elementi del mandato, connotati dal carattere della discrezionalità». gestione di portafogli» è difatti assurto a contratto nominato, poiché così
XXXXXXXXXX,. 1. Le lavorazioni sono subappaltabili nei limiti descritti nel bando e nel disciplinare di gara.
XXXXXXXXXX,. 0. Xx XXX/XXX hanno diritto di affiggere, in appositi spazi predisposti dal datore di lavo- ro, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavo- ro.
XXXXXXXXXX,. La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 495. 109 Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, cit., p. 370. all‟assistenza e previdenza110 - per gruppi di istituti omogenei, contenuti in autonomi titoli, per ognuno dei quali viene individuato l‟apposito campo di applicazione, con le relative tipologie di lavoro che vi entrano a far parte. All‟inizio di ogni titolo, poi, viene indicato se le relative norme siano derogabili o meno in sede di certificazione, ed eventualmente i casi e le condizioni della ammessa derogabilità. Questo, semplificando e in sintesi, il contenuto del progetto, nel quale, come detto, la certificazione svolgeva un ruolo centrale, poiché in quella sede, fatti salvi i diritti presidiati da norme inderogabili, le parti, di volta in volta, e secondo limiti variabili, in funzione della tipologia negoziale o anche in dipendenza della rispettiva forza contrattuale, avrebbero potuto modulare il programma negoziale in base alle rispettive esigenze. In tal modo, infatti, si sarebbe inciso “sul gioco delle convenienze nella scelta del tipo contrattuale da parte dei privati” con il duplice risultato di intervenire sulla principale causa del contenzioso qualificatorio e di “governare in modo pragmatico e flessibile il processo, da tempo indagato e peculiare al nostro ordinamento, di fuga dal lavoro dipendente”111. In questo contesto, la certificazione qualificatoria acquista forza e valore in collegamento con la funzione di “derogabilità assistita”, come ben espresso da uno degli Autori del progetto, laddove afferma che la certificazione dei rapporti di lavoro avrebbe potuto “avere qualche utilità pratica solo se indissolubilmente correlata a un più esteso progetto di rimodulazione degli assetti delle tutele, oggi troppo sbilanciate a favore del lavoro subordinato”112. Ma proprio la possibilità data alle parti di modulare il programma sembra accompagnarsi, secondo una logica non dissimile a quella di D‟Xxxxxx, ad una limitata disponibilità del tipo in sede di qualificazione certificata. Disponibilità che, in quel contesto, forse, avrebbe potuto avere un significato a fronte della, seppur limitata, libertà di determinazione del contenuto del contratto, 110 Secondo la già menzionata logica della flexicurity, patrocinata anche a livello europeo; v..,
XXXXXXXXXX,. Intervengono il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Xxxxx Xxxxxxx e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Xxxxxx Xxxxxx. La seduta inizia alle ore 12,50. IN SEDE REFERENTE
XXXXXXXXXX,. Tutte le persone non rientranti nella definizione di Assicurato in quanto non qualificate all’esercizio dell’attività professionale sopra definita ma che, nell’ordinario svolgimento della stessa, operano o hanno operato alle dirette dipendenze dell’Assicurato con rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, anche se a tempo determinato, o con rapporto di collaborazione o di apprendistato o praticantato, anche durante periodi di prova, di addestramento, di formazione o di “stage”.
XXXXXXXXXX,. Il contratto di agenzia, op. cit., pp. scrive detta interpretazione contrasta con il dato letterale dell’art. 1748 c.c., in cui la genesi del diritto alla provvigione è de- scritta con la dizione l’agente “ha diritto alla provvigione” e l’esigibilità con l’uti- lizzo dell’espressione “spetta all’agente”. Pertanto, se l’art. 1748, comma 4, c.c., alinea secondo, dispone che “la provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabil- mente”, emerge l’intento di posticipare il solo momento dell’esigibilità del diritto alla provvigione, ma non la nascita del diritto stesso, che deve inderogabilmente coinci- dere con la conclusione dell’affare promos- so dall’agente, per effetto del consenso le- gittimamente manifestato dal preponente e dal cliente15. Del resto, opinare diversamente signifi- cherebbe svuotare di ogni contenuto il prin- cipio generale che la direttiva n. 86/653/ CEE del Consiglio, così violando il consolida- to principio di primazia del diritto dell’Unio- ne europea sul diritto nazionale16. Inoltre, a favore di una simile soluzio- ne milita una fisiologica esigenza di favor per l’agente, parte debole del rapporto di agenzia, che il più delle volte sottoscrive contratti predefiniti dal preponente secon- do moduli o formulari non preceduti da trat- tative pre-contrattuali.