Common use of XXXXXXXXXX, Clause in Contracts

XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili Il rapporto di lavoro sportivo, p. 108 dell’Autorità giudiziaria che limitino di fatto la libertà di movimento del lavoratore. Detto provvedimento può essere assunto, secondo la giurisprudenza, anche in via cautelare, ovvero prima che la decisione della responsabilità civileFederazione sportiva o dell’Autorità giudiziaria divenga definitiva, dato che costituirebbe un mezzo per tutelare gli interessi organizzativi e produttivi della società. Inoltre, ha ritenuto legittima l’applicazione di detti provvedimenti anche qualora non espressamente delineati nella specifica disciplina di settore, a meno che permanga il vincolo di utilità per la società e di proporzionalità rispetto alla sanzione adottata. Sul punto si è pronunciata la Suprema Corte: “La sospensione cautelare del lavoratore, prevista dall'art. 26 del c.c.n.l. 5 luglio 1994 costituisce una forma di autotutela del datore di lavoro, volta ad evitare la permanenza del lavoratore sul posto di lavoro nei casi previsti ed è istituto diverso dalla sospensione disciplinare, che ha invece carattere sanzionatorio; ne consegue che alla sospensione cautelare non si applica l'art. 7 della legge n. 300 del 1970, fermo restando che, ove sussista una specifica disciplina contrattuale che la regolamenti, è necessario che il datore di lavoro vi si attenga, dovendosi svolgere la potestà del datore di lavoro di organizzazione dell'impresa nel rispetto dei diritti dei lavoratori, come tutelato dalla contrattazione collettiva”95. Per comprendere meglio quanto sopra descritto, è doveroso fare riferimento, in Rivambito calcistico, ad un recente caso che ha ribaltato le possibili decisioni 95 Cass. critciv. dirSez. privlavoro Sent., 198813/09/2012, p. 577)n. 15353. disciplinari che possono far seguito ad uno scorretto comportamento da parte di un atleta tesserato presso una società sportiva. Si tratta del lodo depositato il 16 dicembre 2010 dal Collegio Arbitrale presso la Lega Seria A, osserva ad oggetto la controversia tra il calciatore Xxxxxxx Xxxxxxx e la società calcistica UC Sampdoria. Stando a quanto riportato, il 26 ottobre 2010 il calciatore, non essendo d’accordo con una richiesta a lui fatta dal presidente della società UC Sampdoria, abbandonava la stanza in cui era avvenuto il colloquio e, allontanandosi, utilizzava espressioni volgari a carico del predetto presidente, udite sia da quest’ultimo che l’unico modo da dirigenti ed alcuni compagni di dare squadra in quel momento presenti. L’ingiuria, secondo giurisprudenza96, se grave e reiterata, può costituire una violazione degli obblighi di diligenza in capo al lavoratore previsti dall’art 2104 c.c., oltre che nel caso specifico, dell’Accordo collettivo vigente. Per quanto concerne, più in particolare, l’eccesso di critica, l’inadempimento si verifica quando la critica travalichi i limiti della correttezza formale imposti dall’esigenza di tutela della persona umana ex art. 2 Cost. Tali limiti, in particolare, si ritengono superati laddove all’impresa o ai suoi rappresentanti vengano attribuite qualità apertamente disonorevoli, riferimenti volgari ed infamanti97. Il datore di lavoro (presidente della UC Sampdoria) decideva quindi di disporre, in via cautelare, la sospensione dal lavoro per l’atleta, misura consentita sulla base dell’art 11 dell’Accordo collettivo, il quale prevede che quando l’inadempimento del calciatore sia tale da non consentire, senza obiettivo 96 Cass. Civ. Sez. Lavoro, sent. n. 15334/2007 97 Cass. Civ. Sez. Lavoro, sent. n. 19350/2003 immediato nocumento per la Società, la partecipazione dell’atleta agli allenamenti, la Società stessa può disporre l’esclusione dagli allenamenti purché contesti preventivamente gli addebiti al calciatore e, contestualmente alla fattispecie forma giuridica sospensione, inoltri, al calciatore ed al Collegio arbitrale presso la Lega, la proposta di irrogazione della sanzione disciplinare. Tale provvedimento, dunque, non ha natura disciplinare ma cautelare: fermo restando l’obbligo retributivo per la Società, il calciatore è esonerato dall’obbligo di «iscriverla nel cerchio fornire la prestazione. La funzione è solo quella di allontanare l’atleta dal luogo di lavoro, per il tempo strettamente necessario alla definizione del procedimento disciplinare, quando l’infrazione sia così grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente ovvero nel caso in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempiacui la presenza dell’atleta medesimo possa costituire fondato pericolo di ulteriori turbamenti. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava società UC Sampdoria quindi, contestualmente alla sospensione del calciatore Xxxxxxx Xxxxxxx, si rivolgeva al Collegio arbitrale per l’irrogazione di nuocere una misura disciplinare adeguata. In casi del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx.genere, 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove le sanzioni (oltre le semplici multe ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare ammonizioni scritte) che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolosocietà può richiedere, i comportamentisulla base dell’art 11 dell’Accordo collettivo, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.sono:

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Samples: Dipartimento Di Giurisprudenza

XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civileLa compravendita di partecipazioni azionarie, in Riv. crit. dir. priv.Scritti in onore di Xxxxxxx Xxxxx, 1988Milano, 1994, p. 577)767, osserva afferma che l’unico modo i «contratti di dare alla fattispecie forma giuridica è compravendita di azioni, … hanno contribuito, in «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatoriocontratto alieno»59, ove l’aggettivo alieno ha «come calco “alius”, e quindi “altro, straniero”, ma anche “alien”, e quindi “extraterrestre”», giacché per indicare un fenomeno più ampio dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c.. Difatti, se tra i contratti alieni vi sono certamente contratti atipici per il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente nostro ordinamento, i contratti di sale and purchase agreement non possono dirsi atipici, in concorso con quello del debitore quanto corrispondono al tipo italiano della vendita; tuttavia essi, per scelta delle parti contraenti e comunque mai senza che dei loro consulenti, al tempo stesso ricalcano modelli anglosassoni e contengono una clausola de lege utenda riferita alla legge italiana. Pertanto sono numerose le incertezze cui ci si espone, qualora non si tenga conto delle peculiarità né dell’ordinamento da cui perviene il debitore non adempiamodello contrattuale adottato né dell’ordinamento di recepimento. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava A parere di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx.tale dottrina, 00 agosto 1990difatti, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa da mettere in diligentia sancita dall’artprogramma la preparazione di una disciplina legale italiana dei contratti alieni, ma il tentativo di contrastarne un recepimento acritico60. 2043Non pare si pongano particolari problematiche in merito alle modalità di conduzione delle trattative nonché delle indagini relative alla società target, bensì dalla mala fedesebbene sia da domandarsi quali natura e vincolatività possano avere le lettere di intenti con cui generalmente si dà avvio alle negoziazioni61, nonché quale rilevanza abbia la conoscenza degli elementi della società bersaglio acquisita durante lo svolgimento della due diligence62. ragione del carattere naturalmente «transnazionale» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzoli connota, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento creare una forte osmosi tra modelli e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. commsistemi giuridici differenziati., 1956, II, p. 360».

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Samples: Contratto Di Acquisizione

XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civileIl contratto di agenzia commerciale, Vol. I, Cedam, Padova, 2007, pp. 40 ss. sostiene che il termine retribuzione, concettualmente distinto dalla provvigione, descriva un compenso consistente in un “fisso” preventivamente determinato dalle parti ovvero calcolato sulla base del numero degli affari conclusi, oppure sulla differenza tra il “sopraprezzo” che l’agente ottiene nelle trattative con il cliente ed il prezzo indicato dal preponente oppure, ancora, in Rivun compenso calcolato sull’attività complessiva svolta da altri collaboratori, come nel caso dell’“agente generale”. critA fronte del disposto dell’art. dir. priv1748 c.c., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare subordina la nascita del diritto alla fattispecie forma giuridica provvigione a “quando l’operazione è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti stata conclusa per effetto del contratto 75 suo intervento”, xxxxx interpretativi si pongono in merito a cosa debba intendersi per “conclusione dell’affare”; ciò specie in virtù di alcune clausole, invalse nei contratti individua- li di agenzia e predisposte dai preponenti, secondo le quali il diritto alla provvigione dell’agente sorge nel momento in cui il bene o il servizio oggetto dell’affare - promosso tra preponente e cliente-rivenditore grazie all’intermediazione dell’agente - venga for- nito al consumatore finale direttamente dal cliente-rivenditore (sell–out). Ciò significa che In tal modo, il terzocompenso dell’agente maturerebbe non sull’affare concluso tra preponente e cliente per cui l’agente abbia svolto l’attività (cd. sell–in), bensì in un momento successivo. Tale prassi mira a conoscenza tutelare il preponente dal rischio di un contrattodover corrispondere all’agente una provvigione anche su merci e/o servizi non acquisiti dalla clientela finale. Per verificare la legittimità di una simile clausola, occorre preliminarmente risolvere il problema del momento della nascita del diritto dell’agente alla provvigione. A tal fine, si comporta precisa che la “conclusione dell’af- fare” ha sostituito la precedente disciplina, che subordinava il diritto alla provvigio- ne dell’agente alla “regolare esecuzione dell’affare”, ovvero alla sua mancata ese- cuzione per causa imputabile al preponen- te6. In tal modo, l’agente acquistava il di- ritto alla provvigione non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sortaper l’attività di promozione svolta, bensì in virtù del cd. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito “buon fine dell’affare”, che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.dipendeva non

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili L’amministrazione dei beni della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403comunione legale, cit., e Cass2011, p. 539 ss. 30 DE RUBERTIS, Sulla locazione della casa coniugale in regime di comunione dei beni, nota a Pret. Napoli, 31 maggio 1979, Pret. Sorrento, 3 giugno 1978, in Dir. giur., 9 gennaio 19971979, n. 99p. 820 ss. 31 X. XXXX, Il regime patrimoniale della famiglia, in AA.VV., La riforma del diritto di famiglia, Atti del 2° Convegno di Venezia svolto presso la Fondazione Xxxxxxx Xxxx nei giorni 11-12 marzo 1972, cit., p. 39275. Il terzo Citazione ricordata anche da X. XXXXXX, La comunione legale tra coniugi, cit., pp. 1146 In altri termini, il complesso iter di approvazione, sebbene privo di motivazioni ufficiali sulla soluzione prescelta32, non può che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamentitestimoniare un’attenta riflessione legislativa, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili sarebbe riduttivo definire come mera svista: dall’espressa equiparazione tra atti di concessione di diritti personali di godimento ed atti di straordinaria amministrazione si desume, in buona sostanza, il chiaro intendimento del legislatore di dare massima ampiezza alla sua fase di formazione partecipazione dei coniugi alla gestione dei beni comuni e di esecuzionead ogni decisione che li riguarda33. Voluntas legis che è peraltro in perfetta sintonia con lo spirito della riforma, improntato, in una logica solidaristica, ad assicurare ad entrambi i coniugi una sostanziale partecipazione all’amministrazione del patrimonio comune. Ad analoga conclusione conduce anche l’analisi sistematica del dato positivo, rappresentato dagli artt. 180/2 e 184 c.c. È evidente che l’approccio da seguire debba essere sintetico, non potendosi arbitrariamente scindere la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze contiene il precetto primario da quella che prevede l’apparato sanzionatorio predisposto dall’ordinamento per reagire alla violazione della prescrizione normativa, a meno di non concepire l’art. 184 c.c. come disposizione autosufficiente, contenente cioè sia il precetto che la relativa sanzione: il che, tuttavia, implicherebbe una inammissibile forzatura del sistema, priva di un solido aggancio legislativo. Altrimenti opinando, si finirebbe, insomma, per separare ciò che il legislatore ha chiaramente voluto – seppure in ordine ai criteri distinte disposizioni – disciplinare in modo unitario. Si noti, infine, che la divergente disciplina sanzionatoria contemplata dall’art. 184 c.c. è costruita su un criterio discretivo di regolarità dell’azionematrice strettamente oggettiva, fondato sulla natura del bene oggetto dell’atto abusivo compiuto da un solo coniuge all’insaputa dell’altro e sulla diversità dei relativi regimi pubblicitari. Dal confronto fra questi elementi Ogni altra opzione ermeneutica si risolverebbe nell’introduzione – in via praeter legale – di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la un’ulteriore limitazione, che, pur astrattamente apprezzabile sul piano della politica economica nonchè della tutela della circolazione e dell’affidamento del terzo, è già stata esclusa a monte dal legislatore. Non si è in presenza di un una lacuna normativa, bensì di una precisa scelta legislativa, alla quale l’interprete deve inesorabilmente rassegnarsi, abbandonando ogni tentazione di interpretazioni creative; si concorda, in definitiva, con il suggerimento di una parte della dottrina, secondo la quale è opportuno prendere atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzolegislatore plus dixit quam voluit e limitarsi a restringere l’ambito applicativo dell’art. 180/2 c.c (e del correlato rimedio impugnatorio di cui all’art. 184 c.c.) ai soli diritti personali di godimento relativi a beni immobili, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattualenorma che, in Rivquest’ottica, assumere allora il significato di mera “tipizzazione” di una categoria di atti di straordinaria amministrazione34. dirAlla stregua di questa interpretazione – testuale, storica, sistematica e teleologica – sfuma, fino a perdere rilevanza, la perplessità avanzata dal giudice cremonese in merito alla sussumibilità della locazione infranovennale entro la categoria degli atti di straordinaria amministrazione, posto che la stessa è stata espressamente tipizzata come tale dal legislatore della riforma. commSulle suddette considerazioni, ed in particolare sull’esame del connesso art. 180/2 c.c., 1956la sentenza in esame è rimasta inspiegabilmente muta, IIessendosi limitata ad aderire alla tesi secondo la quale l’art. 184 c.c. è applicabile ai soli atti dispositivi di cose della comunione; tesi che, però, benchè largamente diffusa in dottrina35, non è stata elaborata con specifico riferimento alla tematica 32 X. XXXXXXXXXXX, Della comunione legale, cit., 1977, p. 360424.

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili Le nuove regole del lavoro dopo il Jobs Act, Milano, Xxxxxxx, 2016, p. 76. nella prassi informale di alcuni settori produttivi ed è stato introdotto, anche se come variante del part-time, in alcuni contratti collettivi36. La disciplina del lavoro intermittente ha conosciuto un’evoluzione particolarmente complessa. Introdotta in Italia dalla Legge Biagi (D. Lgs. n. 276/2003), questa forma di contratto di lavoro è stata abrogata (con esclusione dei contratti in essere) dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, recante “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”37. Un autore ricorda come questa fattispecie «sia stata molto contrastata per il particolare stato di precarietà che determina e per questo motivo ha subito diverse modifiche a seconda della responsabilità civilecolorazione politica dei Governi che si sono succeduti»38. La legge n. 247/2007, che ha recepito le indicazioni delle parti sociali, aveva, delegato però alla contrattazione collettiva il potere, per evitare forme di lavoro irregolare o sommerso e limitatamente ai settori dello spettacolo e del turismo, di introdurre la possibilità di instaurare «specifici rapporti di lavoro finalizzati a sopperire a esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo»39. A meno di un anno, il d.l. 25 giugno 2008, n. 11240, ha ripristinato il lavoro a chiamata, come era stato modificato nel 200541. Tra il 2011 e il 2012 un disegno di legge presentato dal Governo stabiliva che il job on call dovesse essere «sottratto di nuovo a un regime di regolamentazione legale per essere eventualmente disciplinato 36 Cfr. X. Xxxxx, L’Accordo Xxxxxxx e il «lavoro a chiamata», in Guida lav., 2000, pp. 56 ss.; X. Xxx Xxxxx, Riforma Biagi: il contratto di lavoro intermittente, in Guida lav., 2004, p. 12, che ricorda come sia fallito sul nascere il tentativo, compiuto nel 2000, di introdurre per via contrattuale questo istituto con l’Accordo tra Electrolux-Zanussi e parti sociali. Cfr. X. Xxxx, Contratto di lavoro intermittente e subordinazione, in Riv. critit. dir. privlav., 19882005,1, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx116., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403nuova democrazia diretta, cit., e Cass501, ma si v., per ripercorrere il discorso, 496 ss. 46 Cfr., 9 gennaio 1997sul punto, n. 99X. XX XXXXX, cit.La “negoziazione legislativa”, p. 392Padova, 1984, 38 ss. Il terzo affinità politico-programmatiche47. Questo parallelo confermerebbe l’ipotesi che coopera all’inadem- pimento illecitola forma contrattuale sia volta ad assicurare un reciproco impegno in caso di significativa distanza politica fra le parti contraenti e che questo impegno non venga assunto tanto in termini “giuridici”, dove quanto in termini politici48. Ciò che imprime una significativa differenza fra il Contratto di governo “all’italiana” e il Koalitionsvertrag tedesco è, invece, il contesto istituzionale e politico entro il quale si collocano l’uno e l’altra. Non può, infatti, non tenersi conto del ruolo di fondamentale stabilizzazione e razionalizzazione svolto nell’ordinamento tedesco dalla sfiducia costruttiva49, che pone un significativo argine alle possibilità di crisi di governo determinate dai conflitti politici fra le forze in coalizione e che intensifica, quindi, la misura necessità di un’effettiva reciproca collaborazione fra di loro. Ma sono anche la storia e la cultura politica a differire notevolmente e ad incidere sull’effettiva vincolatività del contratto di coalizione poiché, mentre in Germania il mancato rispetto dell’accordo porterebbe all’isolamento del soggetto o del partito che se ne è reso responsabile, per via della responsabilità sua inaffidabilità, nella nostra esperienza istituzionale non si registrano sanzioni di tipo politico a rinforzare la vincolatività del patto di governo50. Com’è stato efficacemente sintetizzato, «in Germania l’accordo è un metodo, è il fine della dialettica politica, in Italia è un mezzo per costringere quella stessa dialettica nelle strette maglie del testo scritto»; «in Germania il termine “contratto” non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043stato scelto dalle parti, bensì dalla mala fede» 74 è stato attribuito successivamente agli accordi a causa della forte vincolatività politica che presentavano. Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» In Italia invece si è voluto utilizzare tale termine per attribuire, arbitrariamente, vincolatività ad un patto politico che (…) non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. commpuò averne»51., 1956, II, p. 360.

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577Il giudice amministrativo nella modernità (Adunanza Plenaria n. 3 del 2011), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., par. 3, non par dubbio che l’invito all’autotutela o i ricorsi amministrativi, motivatamente e Cass.tempestivamente attivati possano costituire ampia dimostrazione di una collaborazione piena e leale, 9 gennaio 1997di talché una p.A. che ciononostante tenga fermo l’atto lesivo, poi non può in sede di giudizio risarcitorio pretendere riduzioni o persino azzeramenti del proprio obbligo risarcitorio quando il danneggiato l’aveva tempestivamente e motivatamente avvisata del danno ingiusto che stava provocando. Tuttavia, se si considera che al privato deve essere chiesto il minor sacrificio possibile, sono le ultime forme di tutela testé richiamate che andrebbero prese in considerazione e non certo la prima, cioè quella del ricorso giurisdizionale. Né si può condividere il ragionamento della Plenaria laddove sostiene che l’azione di annullamento, se rapportata all’azione di risarcimento, non è particolarmente costosa né aleatoria. Il problema è che il raffronto non deve essere fatto con l’azione risarcitoria, ma semmai con gli altri rimedi che l’ordinamento mette a disposizione del ricorrente per avvisare la p.A. dell’illegittimità dell’atto (quindi, richiesta di autotutela e ricorsi amministrativi). Xx è chiaro che da questo raffronto il mezzo più esigibile, perché più economico e al contempo efficace, è la proposizione di una motivata istanza volta a sollecitare il potere di autotutela della p.A. In conclusione, alla luce della sentenza della Plenaria, sembra sussistere ancora un onere di attivarsi per il privato, almeno per segnalare le illegittimità dell’atto, se il ricorrente non vuole correre il serio rischio di vedersi decurtato o negato il risarcimento del danno34. Rispetto alla situazione precedente, quando a chi aveva intenzione di proporre un’azione risarcitoria si imponeva l’onere di impugnare in via pregiudiziale il provvedimento illegittimo di fronte al giudice amministrativo, un piccolo passo in avanti è stato fatto. Forse, però, si poteva fare di più, nonostante la (non condivisibile) soluzione di compromesso adottata dal legislatore. Non si comprende infatti perché debba continuare ad essere il privato ad accorgersi e a dover segnalare i vizi di legittimità dell’atto piuttosto che la stessa Amministrazione, che per definizione è esperta nel settore in cui opera. Un’altra importante novità in tema di tutela risarcitoria degli appalti pubblici si è avuta con la recente sentenza della Corte di giustizia del 30 settembre 2010, causa X- 000/00, Xxxx Xxxxx00. Xx questa decisione il Giudice del Lussemburgo afferma a chiare lettere che il diritto comunitario osta ad una normativa nazionale che, nelle ipotesi di violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di una Amministrazione aggiudicatrice, 34 Anche ad avviso di P. QUINTO, Le “convergenze parallele” nel processo amministrativo. Nota a margine dell’A.P. n. 993 del 2011, cit., p. 392par. Il terzo 4, “rimangono ben ristretti gli spazi nei quali il titolare di una situazione di interesse legittimo possa rivendicare un risarcimento danni avendo omesso di attivare nei termini e nei modi plurimi che coopera all’inadem- pimento illecito, dove l’ordinamento gli concede tutte quelle azioni (tipiche) ed iniziative (atipiche) per far caducare la misura fonte della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementisua situazione dannosa: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. commprovvedimento amministrativo illegittimo”., 1956, II, p. 360.

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili L’obbligazione, Milano, 1968, 23 ss. e 213 ss. 65 L’orientamento della responsabilità civilegiurisprudenza è abbastanza restrittivo: Trib. Teramo, 18 settembre 2015, in Rivdejure, il quale esclude la legittimità del rifiuto a concludere il definitivo allorquando si possa affermare che «non sussistevano rilevanti difformità dell’immobile non conosciute dal primo e dallo stesso non accettate o comunque tali da non potere essere eliminate con un minimo costo»; nonché, Trib. critMessina, 14 maggio 2015, ivi; Trib. dirParma, 5 febbraio 2014, ivi; Trib. privGenova, 26 giugno 2013, ivi. 354 Sul punto, d’altronde, la giurisprudenza è assai chiara: se è vero che ciò che distingue la minuta o la puntuazione dal preliminare è anzitutto la ricorrenza della volontà dei contraenti di vincolarsi alla conclusione del successivo contratto 66, è anche vero che l’individuazione del contenuto minimo del contratto può – a date circostanze, quale può essere il mancato rinvio ad altra sede della definizione degli elementi accessori – fare pre- sumere l’esistenza di una tale volontà 67. Affinché possa reputarsi rag- giunto un accordo idoneo a obbligare a contrarre è necessaria l’individua- zione degli elementi essenziali (in concreto) del definitivo 68. A questa stregua, qualificare un patto che non individua tutti gli elementi essenziali del futuro contratto – che altro non sono che quelli del definitivo – in termini di preliminare, sì da ricondurgli egualmente l’effetto costitutivo dell’obbligo a contrarre, porterebbe all’applicazione di un regime di re- sponsabilità che suscita non poche perplessità. I contraenti, in definitiva, finirebbero per consumare la loro autonomia negoziale con riguardo alla conclusione del successivo contratto pur essendo ancora in via di defini- zione, e quindi di programmazione, la stessa utilità finale cui tendono. A fronte di un accordo incompleto, le cause di esonero dalla responsabilità devono identificarsi con il ventaglio di ipotesi in cui il rifiuto della succes- siva stipulazione non sia sorretto da alcun giustificato motivo 69. Giustifi- cato è il rifiuto, ad esempio, quando la proposta di dettaglio formulata da 66 Sul rilievo della volontà spec. Trib. Padova, 11 settembre 2006, in Iusexplorer. 67 Cass., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 4 agosto 1990, n. 84037871, cit.in Iusexplorer; Trib. Genova, 15 maggio 2008, in Giur. merito, 2011, 82; in prospettiva assai simile v., pure, Trib. Bologna, 23 aprile 2007, in Il civilista, 2008, 86; Trib. Milano, 10 maggio 2006, ivi, ove si dà rilievo ai fini della distinzione tra minuta e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano accordo vincolante al rinvio operato dai contraenti al successivo accordo necessario per la presenza definizione degli elementi accessori (dunque, perciò tali soltanto in astratto) del regolamento contrattuale. 68 Sulle regole di un contrattoformazione del vincolo contrattuale e, quest’ultimo non in particolare, sulla c.d. formazione progressiva la letteratura è altro che una situazione-presupposto per il sorgere molto ampia. Per tutti G.B. XXXXX, In tema di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza formazione progressiva del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio negozio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi «per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattualerelationem», in Riv. dir. comm., 19561964, II199 ss.; ID., p. 360Consi- derazioni sulla formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1969, spec. 73 ss.; X. XXXXX, Carattere vincolativo della minuta nella fase precontrattuale, in Giust. civ., 1961, I, 1668 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, 2ª ed., Milano 2000, 228 ss.; X. XXXXXXXX, La formazione progressiva del contratto, in X. XXXXXXXXX (a cura di), I contratti in generale, in X. XXXXXXXX-X. XXXXXXXXX (diretto da), Trattato dei contratti, I, Torino 2006, 177 ss. 69 Il rinvio è, dunque, alle regole in materia di responsabilità precontrattuale: sul punto, ex multis, X. XXXXXXX, La responsabilità precontrattuale, rist. Camerino, Napoli, 2012; X. X’XXXXX, La reponsabilità precontrattuale, in X. XXXXX (x xxxx xx), Xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000;

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XXXXXXXXXX,. Xx frontiere mobili della responsabilità civileLa disciplina unitaria del contratto di leasing nel fallimento, in Riv. crit. dir. privIl fall., 19882006, p. 5771239. 94 Si tratta di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo), osserva il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che l’unico modo deve avvenire oggi a valori di dare mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio data del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza bene. Va precisato che il debitore diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non adempiapagate fino a detta data, le quali 95 L’art. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403liquidazione fallimentare, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto880, si comporta non iure chiede in chiave problematica se coopera all’inadempimento e viola così nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado sola concessione del bene nella disponibilità di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fattoterzi, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura con riserva della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. commsua proprietà., 1956, II, p. 360.

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