DIRITTO Clausole campione

DIRITTO. La questione ha per oggetto l’assunta illegittimità della perdurante segnalazione in Centrale Rischi del nominativo del ricorrente, stante l’asserito venir meno del suo obbligo fideiussorio ai sensi dell’art. 1957 c.c. Per accertare se nel caso in esame l’obbligo di segnalazione in Centrale ▇▇▇▇▇▇ sia cessato per estinzione dell’obbligazione del garante, come affermato dal ricorrente, o, viceversa, permanga, come sostenuto dalla parte resistente in considerazione della non risolta posizione debitoria, occorre rifarsi sia all’art. 1957 c.c., richiamato dall’una e dall’altra parte a sostegno delle proprie opposte ragioni, sia alle previsioni negoziali di cui alla costituzione della fideiussione. In prospettiva generale, occorre inoltre ricordare che, in relazione alla Circolare della Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991 (Cap. II - Classificazione dei rischi -, Sez. 2, Par. 3 - Garanzie ricevute -), in varie occasioni questo Arbitro - in linea con la giurisprudenza civile ed il Collegio di Coordinamento (cfr. decisione n. 3089/2012) - ha evidenziato non solo i requisiti di legittimità della segnalazione in Centrale Rischi delle garanzie ricevute dall’intermediario, ma anche i presupposti che ne legittimano la cancellazione, precisando come “l’obbligo dell’intermediario di segnalare o di mantenere la segnalazione delle garanzie ricevute cessa o ‘quando si estingue l'obbligazione del garante’ o ‘quando viene meno il rapporto garantito’” (Collegio di Milano, decisione n. 8288/2014). Circa l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. al caso in esame, pare non doversi dubitare: l’art. 5 (Responsabilità del fideiussore) del contratto (a tenore del quale “I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore e il termine entro il quale agire per l’adempimento, in deroga a quanto previsto dall’art. 1957 c.c., si stabilisce in 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita”) configura infatti una fattispecie non assimilabile, stante la sua ambigua formulazione, a quella che, secondo il prevalente orientamento della Cassazione, esclude l’operare del termine di decadenza stabilito dalla norma codicistica (cfr. Cass. n. 16836/2015: “nell’ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza La citata disposizione impone al creditore, il quale, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, voglia conservare la garanzia del fideiussore, l’onere di proporre le sue istanze c...
DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che ...
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminar...
DIRITTO. Il ricorso è fondato, e va accolto. Con il gravame in epigrafe la **** s.p.a. ha impugnato il verbale di gara del tre febbraio 2005, relativo all’appalto di fornitura di autocarri con permuta necessari per l’esecuzione dei lavori affidati alla **** indetto dal Comune di Palermo, con importo a base d’asta di Euro 367.000.000, nella parte in cui il seggio di gara ha disposto l’esclusione della ricorrente “poichè la polizza assicurativa non riporta la clausola “a semplice” richiesta scritta della stazione appaLtante così come previsto dall’art. 30 comma 2_is della L. 10994 e successive modifiche e integrazioni ed espressamente richiesto dal bando di gara”, nonchè il successivo verbale di gara del 15 febbraio 2005 di aggiudicazione definitiva dell’incanto in favore dell’impresa controinteressata **** s.r.l. I primi due motivi, per la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente. Con il primo mezzo, la ditta ricorrente censura gli atti gravati per eccesso di potere per carenza istruttoria, genericità e travisamento dei fatti. La polizza presentata dalla ricorrente non reca, è vero, la parola “semplice” dopo “richiesta”, ma ciò non implica mancata copertura fideiussoria, in quanto la polizza non contrasterebbe con l’art. 30 comma 2 bis L. 10994. Infatti, l’art. 4 delle condizioni di polizza reca espressa dicitura per cui il pagamento delle somme dovute in base alla polizza stessa deve essere effettuato entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta scritta da parte dell’Ente garantito, ed inoltre la garante Società ***** di assicurazioni non godrà del beneficio di preventiva escussione dell’obbligato ai sensi dell’art. 1944 c.c. Nel secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione dei principi di massima partecipazione alla gara; violazione dell’art. 6, comma 1, lettera B, della legge 7.8.1990 n. 241. L’esclusione da una pubblica gara potrebbe avere legittimamente luogo solo se rispondente ad un interesse dell’Amministrazione, che nella specie non sarebbe stato leso dal tenore della garanzia rilasciata dalla ricorrente; mentre, per tale ragione, nel caso di specie l’esclusione sarebbe derivata da un inutile ed ingiustificato formalismo. I due motivi sono fondati, e devono essere accolti. La questione nodale della presente controversia si risolve, alla luce dei motivi di ricorso, nell’interpretazione della polizza depositata dalla ricorrente presso il seggio di gara, e nella sua rispondenza, o non, alle finalità perseguite dal bando di...
DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABF, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100....
DIRITTO. In via preliminare, il Collegio non può che censurare e stigmatizzare il contegno tenuto dall’intermediario resistente, che esprime senza dubbio un comportamento altamente contrario ai principi e ai fini dell’Arbitro Bancario Finanziario (il cui primario scopo è di contribuire a dirimere le controversie attraverso la costruzione, o la “ricostruzione”, di un compiuto e trasparente dialogo fra clientela e intermediari), oltre che irrispettoso della stessa funzione del Collegio. Sempre in via preliminare e come correttamente evidenziato dall’ordinanza di rimessione, il Collegio rileva l’inammissibilità della domanda formulata in via subordinata dal ricorrente e diretta al rimborso delle commissioni e degli oneri accessori e del premio assicurativo secondo il criterio pro rata temporis, in quanto domanda avanzata per la prima volta con il ricorso. Come noto, secondo le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari di Banca d’Italia, “Il ricorso deve avere ad oggetto la stessa questione esposta nel reclamo” (Sez. VI, par. 1). La controversia sottoposta all’esame del Collegio si limita, pertanto, al solo accertamento della nullità del contratto di finanziamento concluso con l’intermediario resistente per la violazione, lamentata dal ricorrente, delle previsioni di cui agli artt. 1, 2, 5, 39 e 40 del d.P.R. n. 180/1950. Al riguardo, come opportunamente rammentato dall’ordinanza di rimessione, questo Collegio ha già avuto occasione di pronunciarsi sulla violazione dei termini di cui all’art. 39 d.P.R. n. 180/1950, in caso di estinzione anticipata di un precedente contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio (o della pensione) per tramite della conclusione di un nuovo finanziamento stipulato prima del decorso, per l’appunto, del termine biennale o quadriennale stabilito dall’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 39/1950. In tale circostanza, il Collegio ha chiarito che la violazione dell’art. 39 d.P.R. n. 180/1950 integra “la violazione di norme comportamentali da parte dell’intermediario, e non [può] comportare, pertanto, un’ipotesi di nullità del contratto in base al disposto dell’articolo 1418 c.c., con particolare riferimento all’ipotesi di nullità per contrarietà a norme imperative prevista dal primo comma di tale disposizione, in relazione alla quale il Collegio conosce e condivide pienamente l’insegnamento della Giurisprudenza di legittimità in materia di nulli...
DIRITTO. La questione sottoposta all’Arbitro concerne il diritto della ricorrente alla riduzione delle garanzie concesse in presenza di una loro sproporzione ed il valore del credito garantito. Infatti, la ricorrente, che ha stipulato con la Banca resistente un mutuo fondiario a garanzia del quale è stata costituita un’ipoteca, rilasciate delle fideiussioni e concesso un pegno su titoli, assume l’esistenza di una “sproporzione genetica” tra il valore delle garanzie concesse e l’importo finanziato e quindi chiede che il Collegio dichiari la nullità per difetto della causa del contratto di pegno e delle fideiussioni, in quanto la funzione di garanzia sarebbe assolta, nel caso di specie, dall’ipoteca di primo grado costituita tenuto conto dell’importo per il quale è stata iscritta. La Banca resistente eccepisce che non vi è una sproporzione tra finanziamento concesso e garanzie, considerato che queste sono state richieste alla luce di una valutazione del merito creditizio del cliente, che al momento della concessione del mutuo risultava essere una società in fase di start up. Dall’esame delle previsioni negoziali relative alle garanzie, come risulta dal contratto agli atti, si trae che la somma mutuata, risulta pari ad euro 195.000 (art. 1) e l'ipoteca è stata concessa per il complessivo importo di euro 390.000 (art. 11, comma 2). Nello stesso contratto risulta altresì che le parti hanno dichiarato di attribuire all'immobile ipotecato il valore di euro 250.000, giusta quanto risulta dalla documentazione tecnica agli atti della Banca resistente (art. 13, comma 1). La fideiussione viene concessa da due soci, uno dei quali legale rappresentante della ricorrente, per l'importo di euro 390.000 (art. 19). La costituzione del pegno su titoli acquisiti dalla ricorrente (incontestata tra le parti) non è invece oggetto di contratto e, comunque, nessuna ulteriore documentazione contrattuale è allegata al riguardo. Il valore del pegno effettivamente acquisito, secondo quanto affermato dal ricorrente, sarebbe pari a euro 46.000,00 mentre, secondo quanto affermato dalla Banca resistente, pari a euro 44.000,00. Ciò posto, una prima considerazione riguarda la circostanza che il valore dell'immobile ipotecato è stato definito, consensualmente, in misura pari ad un importo inferiore rispetto ah quello per il quale era iscritta la garanzia ipotecaria. Ne consegue che, nell'intento delle parti, il valore del cespite non eguagliava quello della garanzia che era stata definita in modo pari...
DIRITTO. Sul gravame presentato dal sig. la Commissione osserva che deve dirsi certamente sussistente il diritto dell’istante ad accedere a tutti i documenti relativi alla procedura concorsuale o selettiva pubblica cui ha partecipato essendo titolare di un interesse endoprocedimentale, ai sensi dell’art. 10 della Legge 241/90, ad accedere sia ai documenti prodotti dagli altri candidati, sia a tutti quelli formati dalla commissione esaminatrice nonché alle griglie e alle schede valutative proprie e degli altri candidati senza che sia, peraltro, necessaria nei confronti di questi ultimi la preventiva notifica (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 8 luglio 2008, n. 6450). La Commissione prende atto dell’avvenuto invio di parte della documentazione richiesta, in ordine alla quale non può che ritenere cessata la materia del contendere per avvenuto accesso, nonché della dichiarazione della amministrazione adita di non aver proceduto all’invio della seconda prova scritta dell’istante perché la medesima non è stata oggetto di correzione e osserva quanto segue. Appare irrilevante, ai fini dell’accesso, la circostanza che l’elaborato non sia stato corretto: ove tale documento sia in possesso dell’amministrazione adita quest’ultima dovrà, in ogni caso, garantirne la visione, consentendo così al partecipante le richieste verifiche di regolarità. \La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, esaminato il ricorso, lo dichiara parzialmente improcedibile per cessazione della materia del contendere con riferimento alla documentazione già inviata al ricorrente. Con riferimento, invece, alla ulteriore documentazione oggetto di richiesta e non ancora ostesa, la Commissione accoglie il ricorso e per l’effetto invita l’amministrazione resistente a riesaminare l’istanza di accesso nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
DIRITTO. Viene in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa Commissione, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancora, in occasione di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”.
DIRITTO. L’indennità giornaliera viene erogata per ogni giorno civi- le di incapacità al lavoro accertata dal medico. Il diritto inizia dopo la scadenza del termine d’attesa. Il termine d’attesa decorre dal giorno dell’accertamento medico dell’incapacità al lavoro, al più presto tuttavia set- te giorni prima della prima visita medica. Si considerano giorni di attesa i giorni con un’incapacità al lavoro certifi- cata dal medico.