DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrente.
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Sources: Accesso Agli Atti
DIRITTO. La CommissioneIl ricorso appare meritevole di accoglimento riguardo alla domanda tesa all’accertamento della “nullità” della clausola determinativa del tasso di interessi, 30/09/2016 per la sua indeterminatezza, mentre deve essere respinto nella parte riguardante l’illeceità della clausola penale di estinzione anticipata. Quanto alla domanda tendente alla declaratoria di nullità della clausola determinativa della misura degli interessi essa, come detto, appare fondata, sia pure nei limiti che seguono. Nel caso di specie l’intermediario ha strutturato l’operazione secondo uno schema per vero un tempo in uso, e noto come “doppio contratto”, le cui origini risalgono al Testo Unico delle leggi sul credito fondiario del 1905, ove il rapporto tra il soggetto finanziatore ed il soggetto beneficiario del credito si realizzava in due tempi, scanditi dalla stipulazione di due distinti contratti (il preliminare ed il definitivo). Siffatto schema rispondeva, in allora, alle ben definite e rigide regole che presiedevano all’erogazione di siffatta tipologia di finanziamenti, connotata da rilevanti profili di specialità, a partire dalle stesse modalità e forme di raccolta della provvista. Esso è stato, tuttavia, nel tempo progressivamente superato, anche a seguito della c.d. despecializzazione di tale comparto, espressamente prevedendosi, invece, come modalità normale di perfezionamento dell’operazione quella caratterizzata dalla conclusione di un unico contratto. Tanto rammentato, alla luce della disciplina oggi dettata dal Testo Unico Bancario e, soprattutto, dalle norme in materia di trasparenza delle operazioni bancarie, non pare dubbio che - se anche si volesse continuare a costruire l’operazione (il che, si ripete, è quanto sembra aver inteso fare il resistente) sulla base di una duplicità di atti di natura negoziale – è in ogni caso già il primo contratto che deve specificarne le condizioni economiche, almeno richiamando parametri puntuali che rendano se non esattamente determinato almeno determinabile il tasso di interessi al cui pagamento è obbligato il soggetto finanziato. Orbene, ciò non può dirsi avvenuto nel caso di specie, dove il contratto prevede in maniera puntuale solo il tasso del periodo di preammortamento – pari al 3,48% - ma non contiene anche un’istanza una determinazione del tasso da applicare all’operazione, né contiene un criterio che permetta di accesso agli atti ai sensi considerarlo determinabile, tale requisito non potendo certo considerarsi soddisfatto in presenza di una clausola che rimette alla assoluta discrezionalità dell’intermediario financo la scelta tra tasso fisso e tasso variabile, e poi, con riferimento alla prima delle due alternative, in presenza di una clausola che aggancia il valore del tasso ad un non meglio precisato parametro rappresentato dal costo della legge 241/90raccolta. E tuttavia, ritiene di poter decidere nel merito una volta accertata la nullità della clausola per le ragioni sopra indicate, resta da verificare quale sia il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato tasso che, in ossequio al principio di conservazione del contratto, deve applicarsi all’operazione in essere tra le parti: se l’interesse legale ex art. 1284 c.c., ovvero il tasso nominale minimo dei titoli di stato emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto ai sensi dall’art. 117 TUB, o ancora se esso non possa identificarsi con il tasso comunque contrattualmente previsto, seppure in relazione all’istanza al periodo di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di preammortamento. ▇▇▇▇▇▇, nei confronti ritiene il Collegio che tra le tre soluzioni, sia proprio l’ultima indicata a dover trovare applicazione nel caso di specie. Induce in tal senso la considerazione che il tasso del citato Ufficio 3,48% è pur sempre un tasso di regolazione dell’interesse che la parte ricorrente ha espressamente accettato, sicché esso deve essere applicato al rapporto con preferenza rispetto agli altri criteri di sostituzione, pure astrattamente prospettabili, potendo ritenersi – anche ad instar di quanto stabilito dall’art. 1424 c.c. – che se le parti avessero avuto contezza della nullità della clausola che rinviava a un atto successivo la determinazione dell’interesse, esse avrebbero presumibilmente confermato il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, tasso già puntualmente indicato per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesipreammortamento. Resta inteso cheNon appare, anche in relazione al predetto Ufficioinvece, il ricorso è come detto, meritevole di accoglimento la seconda domanda formulata dalla ricorrente, vale a dire quella volta a denunciare la nullità della clausola di estinzione anticipata. In disparte la considerazione che, per com’è stata in relazione concreto prospettata la questione, si può persino ragionevolmente dubitare che la società abbia legittimazione attiva sul punto - se, infatti, come sembra dedursi dal ricorso, quel che si intende far valere è il diritto dei soci della cooperativa a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara poter estinguere anticipatamente, senza pagamento di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accessoalcunché, la precedente consegna quota parte del mutuo ad essi accollata, è evidente che una simile domanda può essere articolata solo dai singoli soci, e non certo dalla società in loro vece – quel che appare ostativa dirimente è la considerazione che il mutuo è stato accordato per una finalità edilizia alla reiterazione della domandasocietà, anche laddovee che il finanziamento è tutt’ora intestato all’impresa, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza sicché la presente vicenda non è sussumibile nelle fattispecie rispetto alle quali la previsione di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via una penale di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso estinzione anticipata risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentecontra legem.
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Sources: Mutuo
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza Il ricorso non può essere accolto per le ragioni di accesso agli atti seguito esposte. E’ necessario esaminare in primo luogo l’eccezione sollevata in rito da parte resistente circa la assenza di un preventivo reclamo indirizzato all’istituto emittente che renderebbe il ricorso improcedibile ai sensi delle Disposizioni che regolano il funzionamento dell’Arbitro. Essa va respinta perché infondata. Dall’esame della legge 241/90documentazione versata in atti risulta, ritiene infatti, la presentazione di poter decidere nel merito il ricorsoun reclamo avanzato dalla ricorrente presso una dipendenza dell’intermediario convenuto e trasmesso da quest’ultimo all’istituto emittente la carta. Sotto un primo profilo Dall’esame del contratto di distribuzione concluso tra l’istituto emittente e la Commissione evidenzia resistente, risulta, infatti, che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato chetra i compiti di quest’ultima, quale banca collocatrice, fosse ricompreso anche quello dell’inoltro alla emittente di eventuali reclami e, in relazione all’istanza caso di accesso furto, smarrimento, appropriazione indebita o uso non autorizzato della carta, alla società di assicurazione delle richieste di rimborso con la relativa documentazione. Appurato, per tale via, l’assolvimento della presentazione del 30/09/2016 preventivo reclamo all’istituto emittente, occorre valutare l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla banca convenuta, secondo la quale eventuali responsabilità potrebbero far carico soltanto alla società emittente della carta di credito. A tale proposito, l’intermediario resistente eccepisce di non è in possesso di nessun documentoessere stato parte del rapporto sostanziale dedotto nel ricorso, di ▇▇▇▇▇▇essendosi limitato a collocare le carte prepagate ricaricabili emesse da altro istituto, nei confronti del citato Ufficio quale soltanto avrebbe dovuto essere diretta la domanda. Tale eccezione, in linea con precedenti decisioni dell’ABF in simili casi, ad avviso di questo Collegio, merita accoglimento, in considerazione del diverso ruolo rivestito, nella fattispecie dell’emissione e del collocamento presso la clientela del peculiare tipo di carta oggetto della presente controversia, rispettivamente dalla banca convenuta e dall’intermediario emittente la carta. Osserva, infatti il ricorso risulta inammissibile Collegio che la domanda attiene alla richiesta di rimborso della somma di 874,32 euro addebitata alla ricorrente a causa seguito di un’operazione online a valere su carta di credito, disconosciuta dalla titolare; pertanto essa rientra nella tipologia delle pretese attinenti alla erogazione di servizi di pagamento. La banca convenuta non può essere parte del presente procedimento, in quanto l’addebito della dichiarata inesistenza dei documenti richiestisomma oggi contestata nel conto corrente della cliente è comunque ad essa non imputabile; seppure, rilevandoinfatti, sul punto si dovesse ritenere che tale addebito non sia stato improntato, nel caso dell’operazione qui disconosciuta, al canone della diligenza e scrupolosa cura degli interessi della stessa cliente (circostanza che non spetta appare essere ricorrente nel caso di specie), unica potenziale legittimata passiva sarebbe la banca emittente la carta. In generale è da osservare che i rapporti tra emittente di una carta di credito e banca collocatrice della stessa, nonché l’intermediario presso il quale è intrattenuto il conto di appoggio, possono variamente configurarsi a seconda di come sono strutturati gli assetti negoziali e non è affatto escluso che il rapporto intercorrente tra i tre soggetti coinvolti possa essere configurato come rapporto contrattuale unitario tra il titolare della carta e la banca, nel contesto del quale la separata gestione delle due funzioni (di credito e di debito) rappresenti soltanto una modalità esecutiva del contratto. Nel caso di specie, tuttavia, la banca, attraverso la quale la domanda di rilascio della carta è presentata, non risulta parte dell’instaurando rapporto contrattuale, ma solo titolare di un potere di rappresentanza dell’emittente, limitandosi a promuovere la diffusione delle carte e a compilare e curare la documentazione contrattuale necessaria all’attivazione della carta come predisposta e fornita dall’istituto emittente. Infatti, in testa alla Commissione nessuna valutazione in ordine scheda tecnica contenente le caratteristiche e le condizioni economiche ed allegata al contratto di attivazione della carta compare il nominativo dell’ emittente, qualificata espressamente come tale, mentre la resistente è indicata quale distributore tra le banche aderenti al servizio. Inoltre, dall’esame del contratto di distribuzione, l’emittente conferisce alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazioneresistente l’incarico “non esclusivo” di promuovere e distribuire i prodotti di carta prepagata emessi dalla emittente e di svolgere le attività contrattualmente previste per la gestione del rapporto con la clientela. Tali prodotti, con la relativa modulistica contrattuale, venivano forniti dall’emittente, su richiesta delle banca collocatrice, idonei per il cui sindacato il l’immediata attivazione. Del resto, la domanda della ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesiè riferita a servizi di pagamento on line ai quali la stessa accede grazie alle facoltà che le derivano dalla tipologia di carta di credito prepagata ricaricabile. Resta inteso cheIn questo caso le operazioni contabili necessarie per l’effettuazione delle operazioni di carico/scarico contante effettuate dalla resistente assumono una funzione del tutto accessoria, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole essendo effettuate dalla resistente secondo i criteri definiti dalla procedura di accoglimento in relazione collegamento messa a disposizione dall’istituto emittente a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara i soggetti collocatori della carta. Da ciò discende la fondatezza della eccezione di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza difetto di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste legittimazione passiva e il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 conseguente rigetto del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentericorso.
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Sources: Not Specified
DIRITTO. La Commissionecontroversia richiede di valutare la legittimità delle segnalazioni effettuate a carico del ricorrente in qualità di amministratore di una società nonché a carico della medesima società. Si ritiene in proposito di analizzare preliminarmente la censura rivolta all’intermediario con riferimento alla segnalazione della società amministrata in quanto garante di altra società. Al riguardo si rileva che il ricorrente ha proposto il ricorso in nome proprio e non anche in nome della società di cui era amministratore. Difetta sotto tale profilo, 30/09/2016 contiene anche un’istanza pertanto, la sua legittimazione ad agire nei confronti della banca resistente. Con riferimento alle segnalazioni relative ai contratti di accesso prestito stipulata con l’intermediario ove il ricorrente risulta coobbligato con la società, pur ricordando che fosse intervenuto il 18/02/2016 tra le parti in causa un accordo transattivo per la cancellazione delle segnalazioni, rileva che agli atti ai sensi della legge 241/90non risulta l’esistenza di segnalazioni successive a tale accordo, ritiene essendo la visura allegata al ricorso del 31/12/2015. Peraltro, non appare superfluo precisare che l’intermediario nell’ambito del predetto accordo manteneva il potere di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato effettuare segnalazioni ulteriori in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia e che, come risulta dalla risposta al reclamo del 03/05/2016 ove la banca invitava in relazione all’istanza considerazione di accesso irregolarità nei pagamenti alla riattivazione della modalità di pagamento tramite RID, il ricorrente e la società risultano incorsi in ulteriori ritardi nell’adempimento degli impegni contrattuali assunti. Infine con riferimento alla segnalazione in CR del 30/09/2016 non è ricorrente in possesso qualità di nessun documentofideiussore omnibus della società, in assenza di una visura agli atti che dia prova dell’esistenza della predetta segnalazione questo ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa ▇▇ ritiene di non poter accertare alcun comportamento illegittimo della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso banca che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istanteperaltro, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno forza della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via contrattuale allegata alle controdeduzioni non risulta al riguardo aver assunto un comportamento poco trasparente. In considerazione di principio, sussiste il diritto quanto precede e dell’accertata condotta legittima della banca risulta priva di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica fondamento la richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 risarcimento del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentedanno.
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DIRITTO. La CommissioneRicorrendo all’Arbitro Bancario Finanziario, 30/09/2016 contiene anche un’istanza il consumatore chiede disporsi “l’indennizzo assicurativo in misura pari all’ammontare delle rate del finanziamento a far data dall’evento (perdita impiego) fino all’estinzione del finanziamento stesso, oltre interessi legali alla data del reclamo al saldo” sulla base del contratto assicurativo stipulato, collegato funzionalmente e negozialmente al finanziamento concesso dalla resistente. Questa ha, infatti, aderito alla posizione della compagnia, che ha rifiutato di accesso agli atti ai sensi procedere all’indennizzo sostenendo che il rischio di perdita di lavoro non fosse coperto per essere l’assicurato socio di una cooperativa e quindi parificato ad un lavoratore autonomo. E’ di immediata evidenza la pretestuosità di tale posizione alla luce di quanto disposto dalla legge 3 aprile 2001, n. 142 di Revisione della legge 241/90legislazione in materia cooperativistica, ritiene con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore. Il terzo comma del relativo articolo 1 chiarisce, infatti, che “il socio lavoratore di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato cheulteriore rapporto di lavoro, in relazione all’istanza forma subordinata o autonoma. …… Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di accesso lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione di socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”. E’ evidente, quindi, che il rapporto del 30/09/2016 socio lavoratore con la cooperativa può configurarsi come dipendente o autonomo, e soltanto in quest’ultimo caso potranno applicarsi le disposizioni di legge in materia di lavoro autonomo, dovendo nelle altre ipotesi trovare applicazione quelle in materia di lavoro dipendente. Dalla lettera di licenziamento agli atti, si ha ragione di ritenere che il rapporto di lavoro tra il ricorrente e la cooperativa fosse dipendente e non è autonomo. Ciò posto deve valutarsi se il Collegio possa conoscere della domanda in possesso esame. La risposta deve essere sicuramente negativa. E’ evidente, infatti, che il ricorrente invoca l’esecuzione di nessun documentouna clausola di un rapporto assicurativo senza un diretto collegamento con il contratto di finanziamento (ma solo indiretto, atteso che il reclamato indennizzo avrebbe dovuto coprire le rate cui il mutuatario non era più in grado di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile far fronte a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiestiperdita di lavoro). Non sono, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficioinfatti, il ricorso è meritevole contratto bancario o vicende ad esso relative a costituire l’oggetto principale della domanda Al riguardo, il paragrafo 4 della Sezione I delle Disposizioni sui sistemi di accoglimento risoluzione stragiudiziale delle controversie in relazione materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, emanate dalla Banca d’Italia, statuisce che: “All’Arbitro Bancario Finanziario possono essere sottoposte controversie relative a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, operazioni e servizi bancari e finanziari. ……… Già in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo cheprecedenza, in relazione a tali attifattispecie molto simile a quella in esame, il diritto si è avuto modo di accesso chiarire che “se è possibile confermare che la competenza dell’ABF si esercita estende anche ai rapporti accessori e strumentali all’operazione finanziaria di sua specifica competenza (v. per tutte Collegio di Roma, decisione n. 2369 del 28 ottobre 2011) per quanto attiene ad eventuali irregolarità o violazioni relative alla fase genetica del rapporto accessorio, esula, tuttavia, dalla competenza di questo Collegio ogni questione relativa, invece, alla corretta esecuzione di contratti assicurativi (Collegio Roma, decisione n. 1969/2012), in linea con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento quanto previsto dalle “Disposizioni sui temi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” (art. 4). Posto che le questioni sollevate dal ricorrente attengono unicamente alla corretta interpretazione ed esecuzione della richiesta polizza assicurativa dal parte della compagnia di assicurazioni e detenuti dalla pubblica amministrazioneche tale contratto, chepur connesso a quello di mutuo concluso con l’intermediario resistente, ai sensi dell’art.2è stato regolarmente e validamente sottoscritto dal ricorrente, comma 2 deve confermarsi l’incompetenza di questo Collegio a decidere sul ricorso presentato dal ricorrente” (Decisione n. 1223 del D.P.R. 184/2006 2013). L’Arbitro Bancario Finanziario non è, comunquequindi, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti competente a decidere della domanda e il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentedeve dichiararsi improcedibile.
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DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza controversia sottoposta all’esame del Collegio scaturisce dall’errata indicazione del TAEG nella lettera con la quale l’intermediario convenuto ha comunicato l’accettazione della richiesta di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, finanziamento. Il Collegio ritiene anzitutto di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione rigettare l’eccezione dell’intermediario in ordine alla veridicità sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 125 bis, comma 7°, lett. a, Tub: per quanto, infatti, il ricorrente non abbia effettivamente dimostrato il proprio status di consumatore al momento della conclusione del contratto oggetto di controversia, dalla documentazione agli atti si rinviene però il dato significativo che l’istante non ha speso un nome commerciale, né ha osteso l’identificativo fiscale dell’impresa. In tale contesto fattuale ed a fronte dell’eccezione meramente formale dell’intermediario che si limita a contestare, senza fornire allegazioni a supporto di una diversa rappresentazione dei fatti, al Collegio non sembra dunque possibile negare al ricorrente la qualifica di consumatore. Tanto acquisito, il Collegio deve rilevare che le ampie considerazioni svolte dal ricorrente in materia di calcolo dell’indicatore di costo, allo scopo di giustificare l’inclusione delle spese di incasso, non colgano nel segno poiché i riferimenti normativi cui lo stesso si richiama sono obsoleti: il TAEG è oggi disciplinato, come rilevato dalla resistente, dalle “Disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (non più dal decreto ministeriale), le quali - in linea con la normativa comunitaria – estendono il novero degli elementi addotti dall’Amministrazionedi costo rilevanti, per includendovi senz’altro le spese di incasso delle rate. Consapevole di ciò, l’intermediario non contesta la rilevanza dei costi ai fini della determinazione del tasso effettivo; sostiene però l’inconsistenza dell’errore nei dati riportati nella lettera di accettazione, a fronte dell’informazione completa e corretta resa al cliente nella fase precontrattuale, innanzitutto con il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesimodulo di richiesta del finanziamento recante un quadro chiaro delle condizioni applicate e l’indicazione del TAEG nella misura del 6,45%. Resta inteso Sennonché, le verifiche effettuate da questo Arbitro rivelano che, anche in relazione al predetto Ufficiointegrando i dati del finanziamento con le informazioni desumibili dal modulo di richiesta, il ricorso è meritevole valore del TAEG al 6,45% non risulta congruente, attestandosi al 6,53% che diventa 6,37%, ove non si considerino i costi di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istanteincasso. Pertanto, in quantoapplicazione delle regole sull’arrotondamento, sotto tale profilopure correttamente richiamate dall’intermediario nelle controdeduzioni, il valore da indicare in presenza contratto – pure ritenendo corretti i calcoli effettuati dall’intermediario - avrebbe dovuto essere pari al 6,5%. Tanto premesso, il Collegio rileva tuttavia che, nel caso di un’ulteriore istanza specie, il vero vulnus nella rappresentazione del costo dell’operazione nel contratto sia conseguenza non tanto di accessoquesti marginali scostamenti, quanto dei costi assicurativi, che emergono da un esame completo della documentazione prodotta agli atti dal resistente. Invero, benché non richiamate nel singolo contratto di finanziamento oggetto di contestazione, il ricorrente ha sottoscritto e accettato, congiuntamente all’acquisto del veicolo, due coperture assicurative, il pagamento delle quali è stato sua volta sovvenzionato dalla banca resistente. In particolare, l’operazione complessiva è stata così articolata: 1) acquisto dell’autoveicolo del valore di euro 63.600,00, finanziato con il prestito finalizzato oggetto di specifica contestazione; 2) acquisto di una polizza a copertura del rischio di incendio e furto dell’autoveicolo del valore di euro 3.026,00, integralmente finanziata con altro prestito per pari importo e regolato da un TAN del 13,45%; 3) acquisto di altra polizza a copertura del rischio di credito per il caso che eventi quali morte e invalidità permanente del debitore impediscano il regolare pagamento delle rate di tutti i finanziamenti, del valore di euro 2.999,08 integralmente finanziato con ulteriore prestito regolato da un TAN del 13,49%. In particolare, quest’ultima polizza – anche a non voler considerare la copertura del rischio incendio e furto del veicolo – appare senz’altro collegata al finanziamento anche perché assistita da un appendice di vincolo a favore del finanziatore. Ebbene, pure in assenza di informazioni complete, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domandaricostruzione unitaria dell’operazione (finanziamento + polizza assicurativa + ulteriore finanziamento) restituisce un costo effettivo di 8,66% annuo, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza effettivamente diverso e ben più elevato di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentequello rappresentato dall’intermediario convenuto.
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DIRITTO. La CommissioneIn via pregiudiziale, 30/09/2016 contiene anche un’istanza la banca resistente ha eccepito (a p. 2 delle controdeduzioni) che questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi sul merito della controversia, in quanto essa avrebbe a oggetto la liquidazione dell’imposta di accesso agli atti ai sensi registrazione della legge 241/90sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in un processo civile tra le parti. A tale proposito, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato si deve premettere che, secondo quanto stabilito dalle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in relazione all’istanza materia di accesso operazioni e servizi bancari e finanziari (sez. I, § 4), «all’Arbitro Bancario Finanziario possono essere sottoposte controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari». Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno contestato l’importo liquidato mediante l’avviso dell’Agenzia delle Entrate di cui si è detto, né hanno negato di essere solidalmente obbligati al suo pagamento. Essi hanno piuttosto contestato la legittimità dell’addebito di tale importo sul loro conto corrente da parte della banca resistente, la quale aveva preventivamente provveduto al pagamento nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Trattandosi dunque di una contestazione relativa al rapporto di conto corrente tra i ricorrenti e la banca resistente, l’eccezione pregiudiziale da quest’ultima sollevata è infondata e deve essere respinta. Passando al merito della controversia, si deve rilevare che il Collegio di Coordinamento di questo Arbitro ha già esaminato la questione che costituisce oggetto del 30/09/2016 presente giudizio, affermando il principio di diritto secondo il quale, affinché operi la compensazione prevista dall’art. 1853 c.c., non occorre che il conto corrente bancario di cui si tratta sia stato chiuso (Collegio di coordinamento, decisione n. 2420 del 17 marzo 2016). Tale principio di diritto dev’essere tuttavia coordinato con quanto ripetutamente statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui: «È sufficiente il dissenso del cliente della banca alla compensazione, per far sì che la compensazione stessa non avvenga in modo automatico come previsto in generale dalla norma. Infatti, la disposizione di cui all’art. 1853 c.c. (a mente della quale, se tra la banca ed il correntista esistono più rapporti o più conti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente salvo patto contrario), dettata allo scopo di garantire la banca contro ogni scoperto non specificamente pattuito che risulti a debito del cliente quale effetto di un qualsiasi rapporto o conto corrente fra le due parti, prevede che la compensazione tra saldi attivi e passivi, anche a favore del correntista, sia attuata mediante annotazioni in conto, e, in particolare (alla luce del principio dell'unità dei conti), attraverso la immissione del saldo di un conto, come posta passiva, in un altro conto ancora aperto (con le modalità proprie di tale tipo di operazione), salva manifestazione di volontà di segno contrario da parte del cliente. Alla luce di ciò, ove risulti la volontà negativa in ordine ad una eventuale compensazione dei crediti, l’automatismo descritto dalla norma non può trovare attuazione» (da ultimo, ▇. ▇▇▇▇. civ., 23 gennaio 2020, n. 1445, sottolineature aggiunte). Nel caso di specie, risulta che i ricorrenti abbiano manifestato la loro volontà negativa in ordine alla compensazione dell’importo da essi dovuto alla banca a titolo di regresso e il saldo positivo del conto corrente di cui sono intestatari. Dal contratto di conto corrente che è stato stipulato tra le parti può peraltro desumersi che una volontà favorevole all’annotazione in possesso conto corrente dei loro debiti nei confronti della banca sia stata manifestata dai ricorrenti con esclusivo riguardo agli interessi di nessun documentocui siano debitori, nonché alle spese di tenuta del conto stesso. Ne consegue che mancano i presupposti di applicazione dell’art. 1853 c.c., nonché, a maggior ragione, quelli dell’art. 1241 ▇.▇., ▇▇▇▇▇▇ ▇’▇▇▇▇▇▇, nei confronti ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇ ▇▇▇▇▇ attivo del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti conto corrente da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva chebanca. Non sussiste pertanto alcuna ipotesi di compensazione legale. La banca resistente ha tuttavia obiettato (a p. 3 delle controdeduzioni) che si tratterebbe di una compensazione volontaria, in via secondo quanto generalmente stabilito dall’art. 11 del contratto di principioconto corrente stipulato tra le parti, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza esso prevede che: «La compensazione avrà luogo in qualsiasi momento, ancorché i crediti, seppure in monete differenti, non siano liquidi ed esigibili, senza obbligo di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta preavviso o formalità, fermo restando che dell’intervenuta compensazione – contro la cui attuazione non potrà in nessun caso eccepirsi la convenzione di informazioniassegno – la banca darà prontamente comunicazione al Correntista» (all. 6 alle controdeduzioni, come sottolineatura aggiunta). Si deve tuttavia rilevare che tale inammissibile clausola è abusiva ai sensi dell’art. 2233, comma 4 1° comma, del codice del consumo, in quanto determina un significativo squilibrio di diritti e di obblighi a carico dei consumatori contraenti, in violazione del principio di buona fede. Infatti, la compensazione di cui si tratta è operata dalla banca mediante l’annotazione sul conto corrente dell’importo dovuto dai suoi titolari, ossia soddisfacendosi in via di autotutela. È viceversa evidente che, viceversa, i suoi titolari non potranno di fatto procedere ad alcuna annotazione dei loro eventuali crediti nei confronti della legge 241/90 banca stessa, cosicché essi non potranno parimenti soddisfarsi in via di autotutela. Si tratta dunque di un potere privato che può essere esercitato dalla banca nei confronti dei correntisti, ma non da questi ultimi nei suoi confronti: si viene così a creare un significativo squilibrio di diritti e di obblighi contrattuali a svantaggio dei consumatori correntisti. All’abusività di tale clausola, consegue la nullità necessariamente parziale del contratto, il quale rimane valido per il resto (art. 36, 1° comma, cod. cons.). Rilevata dunque la nullità della clausola contrattuale di cui si tratta, questo Arbitro accerta che l’importo di € 217,50 è stato indebitamente addebitato sul conto corrente dei ricorrenti e, ai sensi dell’art. 2033 c.c., dev’essere pertanto loro restituito a titolo di ripetizione dell’indebito. Venendo alla domanda risarcitoria del ricorrente, questo ▇▇▇▇▇▇▇ (ad es., nella decisione del Collegio di Roma, n. 1027 del 2013) ha fatto dichiaratamente proprio l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive restando estranea al sistema l’idea della punizione e della sanzione del responsabile civile ed indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta ma in relazione all'effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso» (Cass. civ., 8 febbraio 2012, n. 1781; Cass. civ., 19 gennaio 2007, n. 1183). Secondo la regola generale che è dettata dall’art. 22697, comma 2 1° comma, c.c., grava pertanto sul ricorrente l’onere di dare la prova dell’esistenza (an debeatur) e della consistenza (quantum debeatur) del D.P.R. 184/2006danno del quale ha domandato risarcimento. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento eResta peraltro ovviamente fermo che, pertantoladdove sia stata dimostrata dal ricorrente l’esistenza di un danno risarcibile, l’Amministrazione ma sia impossibile o comunque eccessivamente difficile quantificarlo esattamente, esso potrà essere liquidato da questo Arbitro in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno dato alcuna prova di aver subìto un danno risarcibile, cosicché la loro domanda è invitata a riesaminare l’istanza infondata e deve essere pertanto respinta. Al fine di accesso presentata dalla ricorrente.dare sinteticamente una risposta al quesito posto dall’ordinanza di rimessione, questo Collegio enuncia in conclusione i seguenti principî di diritto:
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DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento essere accolto poiché la docente vanta un interesse endoprocedimentale ad accedere alla documentazione richiesta, previsto e tutelato dagli artt. 7 e 10 della Legge 241/’90, con riferimento al procedimento di formazione della graduatoria, nella quale la medesima risulta inserita. Come correttamente eccepito dalla legale della ricorrente il solo fatto della presenza in relazione graduatoria legittima ipso iure la docente a richiedere tutti quegli gli atti che l’Amministrazione dichiara relativi alla stessa. Appare ulteriormente illegittimo il rigetto dell’istanza, da parte della amministrazione adita, fondato sulla mera presentazione di aver già osteso all’istanteopposizione da parte del docente cui i documenti richiesti in ostensione si riferiscono: l’amministrazione adita, in quanto, sotto tale profilo, pur in presenza di un’ulteriore istanza opposizione, deve procedere ad una comparazione dei contrapposti interessi coinvolti, operandone il bilanciamento secondo i criteri posti dalla Legge. Nel caso di accessospecie si osserva, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesipoi, i documenti fossero stati smarritirichiesti in ostensione non attengono alla sfera di riservatezza del terzo – il quale, con riferimento agli stessi ed alla procedura comparativa che coinvolge i docenti, non dovrebbe invero neppure considerarsi controinteressato in senso tecnico – ed il diritto d’accesso deve certamente considerarsi prevalente. Ciò posto, in mancanza Si osserva inoltre che l’opposizione del controinteressato presentata alla Commissione non si fonda sulla deduzione di chiarimenti un interesse da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, tutelare in via prevalente ed in grado di principio, sussiste il fare recedere lo speculare diritto di accesso della società istante che richiedente, limitandosi ad eccepire la non fondatezza della pretesa ostensiva. La docente ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il pieno diritto di verificare la correttezza della formazione della graduatoria e l’effettivo possesso dei requisiti dichiarati in capo al docente che la precede nella stessa, avendo peraltro rilevato uno spostamento (ritenuto anomalo) verso l’alto del docente rispetto alla precedente graduatoria. L’amministrazione adita dovrà pertanto consentire accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della a tutta la documentazione richiesta e detenuti ciò anche per l’eventuale esercizio diritto del diritto di difesa della richiedente. La Commissione ritiene di dover censurare anche l’operato dell’USP ….., adito in prima battuta dalla pubblica amministrazionericorrente con la medesima istanza d’accesso. Come emerge dalla documentazione allegata al ricorso, chel’USP ha dapprima fatto sostenere alla richiedente il costo della notifica al controinteressato e una volta perfezionata tale procedura – pur in assenza di opposizione - ha emesso un ulteriore provvedimento nel quale eccepiva il difetto di qualsivoglia interesse della docente all’accesso richiesto (!), ai sensi dell’art.2rendendo quindi vana l’avvenuta notifica con relativa esazione. La docente ha dovuto, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non èquindi, comunqueiniziare un nuovo procedimento d’accesso presso l’Istituto ….., tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di che illegittimamente lo negava, trovandosi oggi a dover ricorrere alla Commissione per ottenere, finalmente, accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata documenti - pienamente accessibili dalla ricorrente.stessa - richiesti per la prima volta nel …..
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DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza Prima di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione. È pacifico che il ricorsoricorrente non sia correntista della convenuta. Sotto Sostiene di aver tentato di incassare, in contanti, un primo profilo assegno emesso dal proprio datore di lavoro (cliente della resistente) presso la Commissione evidenzia medesima dipendenza della banca che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato lo aveva tratto. Sebbene la banca abbia dato riscontro al reclamo, nelle controdeduzioni si eccepisce, innanzitutto, come non vi sia evidenza che il ricorrente si sia presentato allo sportello per la (mancata) negoziazione del titolo. Ad ogni modo, la banca sostiene, con le proprie difese, di non essere tenuta alla negoziazione dello stesso, citando un parere ABI del 2009 sul punto e della giurisprudenza in materia di accettazione dell’assegno e del rapporto fra trattaria e prenditore. Quest’ultimo sostiene, invece, che, in relazione all’istanza prima battuta, l’addetto allo sportello avrebbe opposto l’impossibilità di accesso cambiare un assegno superiore ad € 1.000,00 (cfr. reclamo del 30/09/2016 25 agosto 2014, nel quale il ricorrente riferisce che l’assegno era pari ad un valore di € 1.250,00). Non è in atti copia del titolo e non è in possesso dunque noto se lo stesso recasse delle particolarità tali di nessun documentocui le parti non fanno cenno (ad esempio, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti se fosse un assegno bancario “da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiestaaccreditare”, come descritta nella parte tale non negoziabile in fatto della presente decisionecontanti ex art. Si precisa a riguardo che42, R.D. 1736/1993). Non è in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti atti particolare documentazione relativa al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non èdanno sofferto ma è pacifico, comunque, tenuta ad elaborare dati che la negoziazione non sia avvenuta. Viene altresì richiesta la refusione delle spese sostenute, relativamente alle quali, tuttavia, non si rinviene alcuna documentazione, eccezion fatta per il contributo al procedimento ABF e l’intervento di un legale quale firmatario del ricorso. Ciò chiarito e venendo all’esame dell’esito della presente vertenza, deve rilevarsi che la questione centrale che deve essere affrontata inerisce all’asserito rifiuto della convenuta di negoziare un assegno bancario tratto per conto del datore di lavoro del ricorrente e portato all’incasso da quest’ultimo, soggetto non correntista. A questo proposito giova ricordare quanto chiarito nel “Parere ABI 1031 - 26 gennaio 2009 - Cambio di assegni bancari”, ove si legge quanto segue: “È stato richiesto un parere in suo possesso al fine materia di soddisfare le richieste cambio di accessoassegni bancari. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrente.In particolare si pongono alla scrivente i seguenti quesiti:
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DIRITTO. Debbono essere esaminate, innanzitutto, le eccezioni preliminari sollevate da resistente, le quali risultano solo parzialmente fondate. La Commissioneprima eccezione attiene all’inammissibilità del ricorso per indeterminatezza. Essa va disattesa. Gli è, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90infatti, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, se il ricorso è meritevole certamente assai sintetico – e ne è in un certo senso riprova la circostanza che il ricorrente abbia avvertito il bisogno, nelle repliche, di accoglimento tornare nuovamente proprio su alcuni elementi di fatto – esso non può dirsi indeterminato, né per quanto attiene al petitum, esposto con sufficiente chiarezza, né per quanto attiene alle ragioni, appunto di fatto, su cui la domanda si fonda. Parzialmente fondata risulta, invece, l’eccezione di incompetenza ratione materiae, là dove si deduce l’estraneità ai poteri di cognizione dell’Arbitro della domanda inerente la mancata esecuzione dell’ordine di vendita delle azioni, e più in generale delle doglianze relative alle condotte poste in essere in relazione a tutti quegli atti alla gestione di tali titoli. Non appare, infatti, revocabile in dubbio che l’Amministrazione dichiara le controversie, com’è sotto il profilo considerato quella di aver già osteso all’istantespecie, che attengono all’accertamento della diligenza dell’intermediario nell’adempimento degli obblighi inerenti ad un contratto di deposito titoli in amministrazione, finiscono fatalmente per impingere sull’area delle controversie attinenti alla corretta esecuzione di servizi di investimento, che sono normativamente sottratte alla cognizione dell’ABF. L’eccezione non merita, invece, accoglimento là dove si pretenderebbe di sottrarre alla cognizione del Collegio l’esame delle doglianze relativa al mancato accredito in conto delle cedole delle obbligazioni. Sotto questo profilo sembra al Collegio che, per com’è stata in concreto articolata dal ricorrente, la domanda attiene fondamentalmente – e ne fa fede anche la stessa difesa del resistente - all’interpretazione del contratto con cui è stato costituito il pegno, e dunque sul se sia legittima la condotta dell’intermediario che ha esteso il pegno anche sugli interessi maturati e rappresentati dalle cedole; il che comporta, allora, che la domanda investe l’interpretazione di un tipico contratto bancario, e come tale rientra nei poteri di cognizione dell’Arbitro adito. Venendo all’esame del merito del ricorso, ad avviso del Collegio deve essere preliminarmente dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla richiesta di chiusura del conto, atteso che la stessa risulta essere stata oramai soddisfatta dal resistente, il quale ha anche provveduto, in quantoragione di ciò, sotto tale profiloal rimborso del contributo di € 20 versato dal ricorrente per accedere alla procedura di soluzione della controversia. D’altra parte non sembra che a esito diverso possa giungersi neppure valorizzando la circostanza – su cui insiste il ricorrente in sede di replica – che l’intermediario avrebbe provveduto tardivamente, in presenza di un’ulteriore istanza di accessosicché resterebbe pur sempre da accertarne e dichiararne la responsabilità per i danni dipendenti dal ritardo nell’evasione della richiesta. In disparte, infatti, la precedente consegna pur assorbente considerazione che la domanda di danni risulta articolata dal ricorrente soltanto nella memoria di replica, sicché essa è tardiva e non suscettibile di essere esaminata, decisiva appare ostativa la considerazione che l’intermediario ha comunque di fatto congelato il saldo del conto al mese di gennaio 2013, corrispondente alla reiterazione data della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica affermata prima richiesta di informazionichiusura, come rinunciando a far valere qualsiasi onere successivo a tale inammissibile data, di tal ché non è possibile prospettare, neppure in astratto, un interesse del ricorrente a un simile accertamento. Per quel che concerne la domanda riguardante la pretesa responsabilità dell’intermediario per non aver proceduto all’accredito in conto degli interessi maturati sulle obbligazioni detenute dal ricorrente, essa appare infondata. L’art. 3 delle condizioni generali del contratto di pegno – sottoscritto espressamente, ai sensi dell’art. 221342 c.c., comma 4 dal ricorrente – sancisce con estrema chiarezza il principio per cui la garanzia costituita sulle obbligazioni si estende automaticamente agli «interessi e (…) a quanto possa spettare sui titoli», sicché del tutto conforme al contratto appare la condotta dell’intermediario che, allo scadere delle cedole, ha conteggiato il relativo importo nell’ambito della legge 241/90 e dall’art. 2garanzia, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentesenza procedere al loro pagamento.
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Sources: Controversy Resolution Agreement
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di In ▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇ osserva come il thema decidendum riservato alla cognizione del Collegio sia necessariamente limitato soltanto alla domanda relativa al pagamento della somma di € 20.220,65, oltre interessi legali, pari alle spese vive sostenute per procedere direttamente alla riscossione dei crediti che avevano formato oggetto di cessione al factor e da questi retroceduti, risultando invece irricevibili tutte le ulteriori domande di pagamento di somme pure formulate nel ricorso. Le questioni sottese a tali domande non hanno, infatti, formato oggetto del reclamo all’intermediario, sicché rispetto ad esse non è soddisfatta la condizione, di cui al combinato disposto dell’art. 4, comma primo, della delibera CICR 275/2008 e delle disposizioni attuative della Banca d’Italia, che impongono la necessaria coincidenza tra l’oggetto del ricorso e quello del previo reclamo, quest’ultimo costituendo una condizione necessaria per adire l’Arbitro Bancario Finanziario. Così, sempre in via preliminare, deve osservarsi come estranea al perimetro della cognizione del Collegio - e pertanto egualmente irricevibile - risulti altresì la domanda di risarcimento danni e di restituzione delle somme oggetto dell’anticipazione, articolate soltanto nelle repliche alle controdeduzioni. Alla possibilità del loro esame ostano, infatti, sia le considerazioni poc’anzi svolte inerenti alla mancata prospettazione delle due questioni nella fase di reclamo, sia, più radicalmente, tanto la circostanza della loro tardività anche nel contesto del procedimento innanzi all’ABF - non potendo evidentemente darsi ingresso a richieste in una fase in cui è oramai preclusa all’intermediario la possibilità di contraddire – quanto, rispetto alla richiesta di risarcimento, il superamento dei limiti di valore stabiliti dall’art. 2, comma quarto, della delibera CICR 275/2008. Venendo all’esame dell’unica domanda per cui è soddisfatto il richiesto presupposto di ricevibilità, il Collegio ritiene che la stessa non sia fondata e pertanto non meritevole di accoglimento. Dalla documentazione acquisita in atti risulta invero con chiarezza come, all’indomani della scadenza delle due fatture che vengono in questa sede in rilievo, il factor si sia attivato per riscuotere il credito, sollecitandolo più volte stragiudizialmente il debitore ceduto a provvedere al pagamento (si veda lo scambio di corrispondenza intervenuto tra l’intermediario e il debitore). Quanto sopra è, allora, già eloquente della infondatezza della contestazione avversaria circa il difetto di diligenza dell’intermediario. Del resto la doglianza avversaria sottende una ricostruzione della disciplina dell’operazione di factoring pro solvendo - a mente della quale il factor per poter far valere la garanzia nei confronti del citato Ufficio cedente (garanzia che, poi si noti, prima ancora che la solvenza del debitore ceduto investe l’esistenza del credito: il ricorso risulta inammissibile che era appunto ciò che veniva nella specie contestato dal debitore, nel momento in cui eccepiva, inter alia, anche la falsità della propria firma sulle lettere a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto suo tempo inviate al factor) sarebbe prima obbligato ad agire nei confronti del debitore ceduto - che non spetta alla Commissione nessuna valutazione trova riscontro in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazionealcun dato normativo, e che finirebbe per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione equivalere ad un riconoscimento a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istantefavore del cedente, in quantooperazioni siffatte, sotto tale profilodi una prerogativa molto simile al beneficium excussionis. Un tipo di beneficio che il nostro ordinamento - salve alcune ipotesi tassativamente definite, in presenza che ovviamente non sono quelle di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna cui alla presente fattispecie - non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, accorda in via di principio, sussiste il diritto ma solo in presenza di accesso espressa pattuizione. E tuttavia, anche volendo prescindere da quanto precede, non si può fare a meno di osservare che ad escludere la possibilità di muovere addebiti di scarsa correttezza e diligenza all’operato dell’intermediario concorra anche la considerazione che nella presente vicenda nemmeno si può ragionare di una vera e propria attivazione, da parte del factor, della società istante garanzia pure spettantegli. La retrocessione dei crediti è stata, infatti, non già oggetto dell’esercizio di un potere unilaterale dell’intermediario, quanto piuttosto - come riconosce lo stesso ricorrente – l’effetto di un’operazione concordata tra le parti. Il che ha lamentato toglie allora definitivamente pregio alla pretesa della Società di potere ottenere un rimborso dei maggiori costi da cui essa è stata gravata per non aver potuto beneficiare del servizio di factoring; appunto perché tale mancato beneficio è conseguenza (anche) di una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentelibera scelta.
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Sources: Factoring Agreement
DIRITTO. La CommissionePer riportare la complessa vicenda in termini gestibili nell’ambito di una pronuncia arbitrale, 30/09/2016 contiene appare conveniente, alla luce degli elementi evidenziari forniti dalle parti, stabilire alcuni punti fermi. Il Collegio è incompetente a decidere su fatti precedenti al 1° gennaio 2009. Di tal ché non può trovare accoglimento la domanda di accertamento dell’inesistenza del contratto concluso nel 2006, attenendo all’apprezzamento di vizi coevi alla formazione del rapporto. Per le stesse ragioni d’incompetenza ratione temporis, cui si aggiunge la mancata produzione di sufficienti prove documentali, non possono trovare accoglimento le domande di verifica dell’andamento dei tassi concretamente applicati e di conseguente rideterminazione dei rapporti di dare e avere essendo impossibile, in aderenza al tenore letterale del ricorso, operare un ideale frazionamento delle domande in guisa da ritagliare uno spazio d’intervento su eventi successivi al gennaio 2009. Ciò posto, riprendendo il contratto sottoscritto nel 2006, di cui il Collegio può senz’altro acquisire conoscenza al fine di valutare la legittimità di comportamenti esecutivi successivi al 1° gennaio 2009 – giorno a partire dal quale prende avvio il periodo rientrante nella competenza temporale dell’Arbitro bancario finanziario –, si deve riconoscere al pagamento effettuato dall’odierno ricorrente nel maggio 2012 per € 3.815,52 efficacia estintiva del rapporto di credito revolving sorto nel 2006. Tale pagamento, confermato come fatto storico da entrambe le parti, corrisponde esattamente all’ammontare del debito all’epoca residuo (come risulta anche un’istanza dalle evidenze contabili versate in atti dall’intermediario), e tale circostanza appare idonea a testimoniare la definitiva estinzione di accesso agli atti ogni rapporto fra le parti, atteso che ai sensi dell’art. IV-7 «il cliente può sempre recedere senza preavviso mediante il contestuale pagamento di ogni suo debito nei confronti [dell’intermediario] e la restituzione della legge 241/90carta». Il richiamo alla lettera del contratto, ritiene testimoniante la possibilità per il cliente di poter decidere nel estinguere il rapporto anche per comportamenti concludenti, smentisce la ricostruzione fornita in sede di controdeduzioni dall’intermediario, il quale, pur riconoscendo che a partire dal maggio 2012 per espressa volontà del ricorrente non è stata rilasciata più alcuna carta di pagamento, immotivatamente pretende ai fini della «chiusura della linea di credito» che si formalizzi una «richiesta del titolare in tal senso». L’intermediario ammette pure di aver ripetutamente inviato all’indirizzo del(l’ex) cliente, successivamente al maggio 2012, alcune carte di credito, mai attivate dal destinatario, ponendo in essere una pratica commerciale evidentemente aggressiva. Poiché – contrariamente a quanto apoditticamente riferito dall’intermediario – dal regolamento contrattuale nulla si evince in merito all’asserita sopravvivenza della linea di credito revolving alla disattivazione (per pagamento dell’intero debito residuo e successiva mancata riattivazione) della carta magnetica, non può revocarsi in dubbio l’intervenuta estinzione del rapporto, con conseguente impossibilità di una sua reviviscenza se non per mutuo consenso manifestato in forma scritta. Dopo all’incirca due anni dal pagamento del debito residuo e dalla disattivazione della linea di credito revolving, si è sorprendentemente verificata una disposizione di accredito di somme su conto corrente tramite il ricorsosito internet di home banking dell’intermediario convenuto a valere sul rapporto revolving, che il ricorrente reputa eseguita a sua insaputa da un terzo, contitolare del conto corrente di appoggio per le operazioni relative al credito revolving (ritenuto estinto). Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale Di tale utilizzo reputato fraudolento il ricorrente, pur sollecitato dall’intermediario, non ha dichiarato chemai sporto denuncia alle Autorità competenti o, perlomeno, se l’ha fatto, ha ritenuto di non fornirne i dettagli per non meglio specificate esigenze di tutela della privacy dei terzi coinvolti. Il ricorrente, a questo punto, chiede il rimborso integrale dell’importo oggetto dell’operazione disconosciuta, lamentando di non essere stato sufficientemente protetto dall’intermediario nell’escludere terzi malintenzionati dall’operatività sul conto online. Evidente è il richiamo alle regole introdotte in Italia con d.lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documentovigore dal 1° marzo 2010, di ▇attuazione della direttiva 2007/64/CE, che contemplano una ripartizione del tutto peculiare dell’onere della prova: all’utilizzatore dello strumento di pagamento spetta di «comunicare senza indugio […] l'uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a conoscenza» (art. 7 e 9, d.lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010); sul prestatore del servizio di pagamento, che abbia ricevuto la comunicazione di disconoscimento dell’operazione da parte dell’utilizzatore, ricade quindi l’onere di «provare che l'operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti» (art. 10, d.lgs. cit.). Fatti salvi gli obblighi di diligente custodia del dispositivo di pagamento e dei codici segreti ricadenti sull’utilizzatore (il cui inadempimento è accertato sulla scorta, per lo meno, della colpa grave: art. 7, comma 2, d.lgs. cit.), l’intermediario deve «assicurare che i dispositivi personalizzati che consentono l'utilizzo di uno strumento di pagamento non siano accessibili a soggetti diversi dall'utilizzatore legittimato ad usare lo strumento medesimo» (dovere di prevenire frodi, specialmente di tipo informatico: art. 8, lett. a). Non si può certo fare una colpa all’utilizzatore per non aver tempestivamente comunicato il presunto utilizzo fraudolento all’intermediario, atteso che appare sufficientemente provato il fatto che egli considerava quella linea di credito ormai definitivamente estinta a far data dal maggio del 2012. ▇▇▇▇▇, nei confronti è contraddittorio da parte del citato Ufficio ricorrente negare, da un lato, la riconducibilità a sé della titolarità del secondo rapporto di credito revolving e, dall’altro, chiedere l’integrale rimborso delle somme che si assumono essere state indebitamente sottratte, con ciò presupponendo proprio la titolarità del conto. Ciò nondimeno, è dirimente ai fini del decidere evidenziare che l’operazione, di là dall’intrinseca anomalia delle circostanze dedotte, è stata resa possibile da una condotta gravemente colposa dell’odierno ricorrente, che ha dichiaratemene lasciato memorizzate nel browser del proprio elaboratore le credenziali d’accesso all’area protetta del sito internet dell’intermediario (ricorrendo al notorio, il ricorso risulta inammissibile Collegio ritiene che l’affermazione del ricorrente secondo cui «dopo un primo accesso con user e password, basta cliccare per gli accessi futuri semplicemente il pulsante “entra”» sia verosimilmente collegata a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiestiun’operazione di memorizzazione delle credenziali d’accesso, rilevandonon si sa se per comodità o per disattenzione, sul punto proprio dispositivo elettronico, esponendole alla mercé di chiunque bene o male intenzionato). In estrema sintesi, le nuove regole di derivazione comunitaria non valgono a obliterare i basilari canoni di accertamento del nesso di causalità efficiente tra le diverse condotte coinvolte nella produzione dell’evento lesivo e l’asserito danno. A nulla vale indagare in astratto le eventuali carenze dei presidi di sicurezza messi in atto dal prestatore dei servizi di pagamento se, in concreto, un comportamento diverso dall’incuria da parte dell’utilizzatore avrebbe certamente evitato il prodursi del danno. Deve essere pertanto rigettata la domanda di rimborso integrale di 4.000,00 euro. Meritevole di accoglimento è, invece, l’argomento della nullità del contratto di cui il prelievo asseritamente fraudolento ha funto da attività esecutiva. A tal riguardo, passa in secondo piano il fatto che l’operazione sia stata dal ricorrente disconosciuta. Infatti, quand’anche l’anticipo contanti fosse stato richiesto direttamente dall’odierno ricorrente, egli avrebbe conservato in ogni caso il diritto ad agire in giudizio per far accertare la nullità del contratto per carenza del fondamentale requisito della forma scritta. Acclarata, come più sopra si è osservato, l’estinzione nel 2012 della linea di credito revolving, non spetta alla Commissione nessuna valutazione c’è modo di ricollegare al precedente rapporto un’operazione compiuta nel 2014. La mancanza di forma scritta comporta la nullità della fonte del rapporto nel corso del quale ha avuto luogo il prelievo asseritamente fraudolento. Da ciò discende l’attivazione dei canonici meccanismi restitutori di tutti i pagamenti e di tutte le imputazioni a debito posti in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazioneessere in esecuzione del contratto. Strettamente connesso a questo è il tema dei risarcimenti del danno per comunicazione non autorizzata di dati personali del ricorrente a società di recupero crediti e per segnalazione illegittima in CAI e in SIC. Se, per il cui sindacato un verso, non appare sufficientemente provata la comunicazione di dati personali a terzi (l’ostensione dello screenshot di un messaggio dal mittente non riconducibile all’odierno resistente non appare di per se stessa idonea a consustanziare la tesi del trattamento illecito), per altro verso, tutt’altro che lineare è la condotta dell’intermediario in relazione alla segnalazione del nominativo del ricorrente nelle banche dati private d’informazione creditizia, nonché in Centrale d’allarme interbancaria – segmento “carter”. Le segnalazioni appaiono al Collegio illegittime. Sebbene la segnalazione nel segmento “carter” del registro CAI persegua una funzione diversa rispetto all’iscrizione, sempre in CAI, per mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista ex art. 9-bis, l. n. 386 del 1990 (v. Collegio ABF di Roma, decisioni n. 961 del 2012, e n. 487 del 2016), essa si dimostra comunque illegittimamente eseguita, perché nel segmento “carter” possono segnalarsi soltanto i nominativi dei soggetti ai quali sia stata revocata l’autorizzazione all’utilizzo di una carta di credito; circostanza che assolutamente non ricorre nel caso di specie, avendo il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente regolarmente estinto il rapporto con il su menzionato pagamento risalente al maggio 2012. L’altra segnalazione presso centrali rischi private – di cui pure si ha prova agli atti – è certamente illegittima per violazione dell’art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in ragione tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità dei diritti pagamenti (mancanza di formale preavviso di segnalazione). Alla luce di tali evidenze, l’intermediario è chiamato a procurare la cancellazione delle segnalazioni negative in CAI e in tutte le banche dati private. Poiché è provato che le illegittime segnalazioni eseguite dalla banca convenuta hanno determinato l’immediato blocco di tutte le carte di pagamento attivate dal ricorrente presso un diverso intermediario, considerato che al giorno d’oggi l’impossibilità di operare con carte di debito o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficiodi credito comporta un’oggettiva alterazione peggiorativa della qualità della vita nelle più elementari operazioni collegate alla quotidianità dei rapporti, il ricorso è meritevole Collegio ritiene che la condotta dell’intermediario segnalante sia fonte di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istanteingiusti disagi per il ricorrente, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarritioggettivamente apprezzabili ex art. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2115, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è2, comunquec.p.c., tenuta ad elaborare dati che possono pertanto formare oggetto di risarcimento equitativo, nella misura indicata in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accessodispositivo. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica Infine, deve rimanere inevasa la richiesta di informazioni«spiegazioni sulla illecita richiesta di addebito SEPA» stante il suo carattere essenzialmente consulenziale, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentenon rientrante nelle competenze dell’ABF.
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Sources: Contract of Financing
DIRITTO. La CommissioneIl ricorso è fondato e merita di essere accolto. Quanto alla sussistenza di un qualificato interesse all’accesso in capo all’odierno ricorrente, 30/09/2016 contiene anche un’istanza questa Commissione non nutre alcun dubbio, essendo il ricorrente a capo dell’ufficio nei cui confronti è stata disposta verifica ispettiva. I motivi di accesso agli atti diniego opposti, peraltro, appaiono destituiti di giuridico fondamento. Quanto ai sensi documenti di cui al punto 1 delle premesse in fatto, il richiamo generico a tutti i casi di esclusione previsti dall’art. 24 della legge 241/90n. 241/90 non è sufficiente a fondare un rifiuto legittimo del chiesto accesso. Anche con riferimento alla restante documentazione si osserva come la comunicazione di notizie di reato all’autorità giudiziaria non comporti di per sé la copertura della stessa sul versante del segreto istruttorio. Tale effetto, ritiene invero, si produce solo a seguito dell’avvio di poter decidere un’indagine da parte dell’autorità inquirente o di un rapporto della polizia giudiziaria di cui, nel merito caso di specie, non si ha notizia. Le difese svolte nella memoria richiamata nelle premesse in fatto non sono tali da modificare il ricorsopresente decisum. Sotto un primo profilo Ciò in quanto la Commissione evidenzia circostanza che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato chedall’ispezione non siano derivate misure concrete a carico del dirigente dell’ufficio ispezionato non costituisce motivo per negare l’accesso al reggente l’ufficio stesso; anche la circostanza sollevata da parte resistente per cui l’ispezione è stata disposta nei confronti dell’ufficio e non del suo dirigente appare destituita di giuridico fondamento, atteso che l’ufficio, in relazione all’istanza quanto tale, non ha facoltà di accesso del 30/09/2016 esercitare situazioni giuridiche soggettive se non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato tramite di colui che ne ha la rappresentanza esterna. Per questi motivi il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso gravame è meritevole fondato e merita di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrenteessere accolto.
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DIRITTO. Il ricorso è fondato. Nel caso di specie si tratta di stabilire se la clausola dettata dall’art. 5 del contratto di fideiussione possa o meno considerarsi una condizione sospensiva meramente potestativa, il cui avveramento sia rimesso, cioè, alla mera volontà dell’obbligato sotto condizione. La Commissionerisposta in senso affermativo a tale interrogativo comporterebbe, 30/09/2016 contiene infatti, la nullità della clausola che dovrebbe considerarsi come non apposta. Il carattere meramente potestativo è per vero escluso dall’intermediario – che è il soggetto che assume l’obbligo fideiussorio - sulla base della considerazione che l’avveramento dell’evento condizionante non dipenderebbe dal fatto proprio, bensì dal fatto di un terzo, qual è, rispetto alla fideiussione, il debitore garantito. Tale rilievo, pur se formalmente esatto, non è però, a ben vedere, sufficiente per indirizzare la soluzione della controversia nel senso auspicato dal resistente. Gli è, infatti, che se è indubbio che l’avveramento della condizione di cui all’art. 5 non dipende formalmente solo da un comportamento del fideiussore, ossia del soggetto che assume l’obbligo con il contratto costituivo della garanzia, vero è anche un’istanza che la condotta da cui dipende l’efficacia di accesso agli atti ai sensi quest’ultima è rimessa al mero arbitrio di colui che non solo (i) è l’obbligato al pagamento sulla base del contratto principale (nel caso l’appalto), che del rilascio della legge 241/90fideiussione rappresenta il presupposto, ritiene ma anche e soprattutto (ii) è il soggetto che – una volta che la garanzia dovesse essere escussa – sarebbe obbligato a rimborsare il garante. Insomma, quel che si intende sottolineare è che se è vero, in astratto, che una clausola ipotecaria come quella prevista nell’articolo 5 ha una funzione meritevole di tutela (perché la previsione della controgaranzia ipotecaria per tutelare il credito di regresso serve a rafforzare la possibilità che il fideiussore, una volta adempiuto l’obbligo verso il beneficiario della garanzia, possa ottenere dall’obbligato principale quanto effettivamente pagato), vero è, tuttavia, che in concreto, per come è costruita, la clausola finisce per sterilizzare sine die l’efficacia della fideiussione. E ciò appunto perché mentre, da un lato, la costituzione della controgaranzia ipotecaria è rimessa al mero arbitrio dell’obbligato principale, dall’altro lato il fideiussore non ha comunque alcun interesse a stimolare il debitore principale a dare corso alle formalità necessarie a costituire l’ipoteca, in quanto comunque, fino a che le stesse non sono poste in essere, l’impegno fideiussorio è, a sua volta, sospeso. Le considerazioni che precedono inducono, dunque, il Collegio a ritenere che la condizione sospensiva di cui all’art. 5, per com’è stata in concreto articolata, debba considerarsi nulla, perché integrante, nella sostanza seppure non nella forma, una condizione meramente potestativa il cui avveramento è rimesso alla mera volontà dell’obbligato, con conseguente piena efficacia della fideiussione. D’altra parte, per scrupolo di completezza, preme aggiungere che al medesimo esito della piena efficacia della fideiussione si dovrebbe giungere, ad avviso del Collegio, anche nel caso in cui non si ritenesse di poter decidere condividere la proposta qualificazione della condizione dell’art. 5 come meramente potestativa. Gli è, infatti, che - di là dalla questione se l’avveramento della condizione nel merito caso di specie sia rimesso o meno, nella sostanza seppure non nella forma, alla mera volontà del fideiussore - un punto è certamente fuori discussione: ossia che il ricorsofideiussore non si è comunque in alcun modo attivato affinché il debitore principale costituisse la controgaranzia ipotecaria, nulla avendo fatto l’intermediario affinché il terzo si adoperasse per far avverare l’evento condizionante. Sotto ▇▇▇▇, a ben vedere, il fideiussore aveva un primo profilo la Commissione evidenzia interesse contrario all’avveramento di tale evento, dal momento che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di esso avrebbe determinato l’inefficacia della stessa obbligazione fideiussoria. ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiestise si tiene conto di ciò, rilevando, sul punto ne discende che non spetta alla Commissione nessuna valutazione – se anche si volesse escludere la possibilità di sussumere la presente fattispecie nel paradigma disciplinato dall’art. 1355 c.c. – nel caso in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, esame si dovrebbe per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesilo meno ritenere applicabile la norma dettata dall’art. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che1359 c.c., ai sensi dell’art.2della quale la condizione sospensiva si considera avverata qualora essa sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. Il che sembra appunto essere quanto si è verificato nella presente, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non ènulla avendo in concreto fatto l’intermediario per procurarsi la controgaranzia ipotecaria, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in ovvero nulla avendo fatto per far si che si avverasse l’evento da cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 dipendeva l’efficacia della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentefideiussione.
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Sources: Fideiussione
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza questione sottoposta all’attenzione del Collegio concerne la legittimità del comportamento tenuto dall’intermediario nella fase delle trattative funzionali al perfezionamento di accesso agli atti ai sensi un contratto di mutuo ipotecario; comportamento consistente nell’avere esitato la prevista istruttoria offrendo condizioni economiche diverse da quelle oggetto della legge 241/90, ritiene richiesta di poter decidere nel merito il ricorsofinanziamento da parte del cliente nonché – a detta del ricorrente – da quelle che la banca stessa avrebbe sulle prime prospettato alla controparte. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato cheGiova innanzitutto premettere come non sia ravvisabile, in relazione all’istanza capo all’intermediario, coinvolto in trattative prodromiche alla concessione di accesso un finanziamento, alcun obbligo a contrarre, la conclusione o meno del 30/09/2016 contratto, al pari delle condizioni offerte alla controparte, rientrando nella piena sovranità negoziale del potenziale mutuante, senza che a nulla rilevi in senso contrario la sua veste istituzionale. Tale aspetto è stato a in più di una occasione affrontato e chiarito da questo Arbitro, ribadendosi come il pur necessario rispetto della normativa di settore non è scalfisca l’autonomia del giudizio in possesso merito alla convenienza di nessun documentoun’operazione creditizia ( cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 6182/2013), di guisa da doversi ritenere non accoglibili istanze provenienti dai ricorrenti e dirette ad ottenere una pronuncia di tipo costitutivo di un rapporto di finanziamento, o anche solo di accertamento del corrispondente diritto nei confronti dell'intermediario resistente. Resta viceversa assodato il gravare, su entrambe le parti, del generale dovere di comportamento secondo buona fede ex art. 1337 c.c. nonché, sulla sola banca, del dovere di fornire al consumatore – già in sede di trattative - “chiarimenti adeguati”, nonché “doverosa assistenza”, come previsto dall'art. 124 T.U.B. e dalle Disposizioni della Banca d'Italia sulla “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”. ▇▇▇▇▇▇, nei confronti nel caso in esame può certo dirsi circostanza acquisita quella dell’avvio, tra le parti, di trattative intese alla concessione di un mutuo ipotecario; il ricorrente allega, infatti, copia di diverse comunicazioni intercorse tra giugno e novembre 2016, tanto con l’intermediario resistente quanto con l’agente in attività finanziaria successivamente intervenuto, afferenti a plurime richieste di invio di documentazione (tra cui buste paga, visure catastali, ecc.). Lo stesso ricorrente produce inoltre copia di email datate giugno 2016, contenenti espliciti riferimenti alla documentazione per l’istruttoria del citato Ufficio il ricorso mutuo, nonché email risalenti al luglio del medesimo anno, con le quali espressamente chiedeva delucidazioni su eventuali “problemi per l’erogazione del mutuo”, senza nondimeno ricevere – stando almeno a quanto risulta inammissibile agli atti – alcun riscontro; la richiesta di finanziamento risulta, invece, formalizzata in data 18.08.2016, ad inizio di ottobre 2016 l’immobile è stato sottoposto a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiestiperizia per la stima del valore mentre solo in data 12.01.2017 si è avuta comunicazione al cliente circa la delibera di concessione del mutuo, rilevandoancorché senza dettaglio circa le condizioni proposte. Di più però, sul punto incontroversa essendo del pari la circostanza che l’intermediario solo in data 01.02.2017 abbia comunicato al ricorrente un prospetto di mutuo a tasso variabile, poi riscontrato negativamente dal cliente, gli è che non spetta può con altrettanta certezza dirsi provata la previa prospettazione – da parte della banca - di determinate condizioni contrattuali successivamente rettificate in peius, in spregio del ragionevole affidamento ingenerato su di esse. Nessun riscontro vi è, in altri termini, circa termini negoziali originariamente offerti, sui quali il ricorrente possa avere legittimamente confidato, al punto da impostare di conseguenza le proprie condotte e le proprie relazioni con terzi. Quel che può riscontrarsi è semmai l’assenza, già nelle more delle trattative ma ancor più al termine dell’istruttoria, di adeguate interlocuzioni avviate dalla banca, volte ad illustrare al richiedente l’emergere delle criticità legate alla Commissione nessuna valutazione propria richiesta di concessione del credito; circostanza, questa ultima, la quale stride con la prescrizione dettata dall’art 124, comma 5, T.U.B., secondo cui “Il finanziatore o l’intermediario del credito forniscono al consumatore chiarimenti adeguati, in ordine modo che questi possa valutare se il contratto di credito proposto sia adatto alle sue esigenze e alla veridicità sua situazione finanziaria (..) , ulteriormente arricchita di significato alla luce delle Comunicazioni della Banca d’Italia (Comunicazione del 22/10/2007 - Bollettino di Vigilanza n. 10 di ottobre 2007 e Comunicazione n. 993215 del 26/11/2012) che enfatizzano la pregnanza degli elementi addotti dall’Amministrazioneobblighi di assistenza al consumatore. Particolarmente la Comunicazione BdI dell’Ottobre 2007, al paragrafo 4.2.2.2, ribadisce la necessità che il finanziatore fornisca “al consumatore chiarimenti adeguati, in modo che questi possa valutare se il contratto di credito proposto sia adatto alle proprie esigenze” ; d’altra parte, la Comunicazione BdI del 2012 prescrive che sia dato sollecito riscontro alla richiesta presentata dal privato ed ancora, per il caso in cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole l’intermediario decida di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazioneaccettarla, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso “anche al fine di soddisfare le richieste salvaguardare la relazione con il cliente”, il medesimo soggetto verifichi “la possibilità di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica fornire indicazioni generali sulle valutazioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di informazionicredito”. Ebbene, considerato che l’intermediario ha, nel caso di specie, di fatto rigettato la richiesta formulatagli dal cliente – mutuo ipotecario di € 125.000,00 a tasso fisso e della durata di 25 anni – ad essa facendo seguire una ben diversa proposta, dal privato ritenuta non conforme ai propri interessi, va detto come tale inammissibile non solo significativo sia stato il lasso di tempo utilizzato per l’ultimazione dell’istruttoria (dall’agosto del 2016 al febbraio 2017) ma soprattutto come nessuno specifico chiarimento, nessuna adeguata delucidazione, risulti essere fornita al privato, in ordine ai sensi dell’arttermini regolamentari prospettatigli. 22Tale condotta integra dunque, comma 4 per quanto sopra detto, una deviazione dal canone comportamentale prescritto a carico dell’intermediario, foriera di potenziali danni riguardabili attraverso la lente dell’interesse negativo. Così, seppure la circostanza che, per stessa ammissione del ricorrente, rimanga ancora perfezionabile il contratto definitivo di compravendita rende la corrisposta caparra confirmatoria non annoverabile tra le poste di danno patite dal richiedente, poiché impregiudicata ne è allo stato la funzione, non altrettanto può dirsi per i costi della legge 241/90 perizia, pari ad € 280,00 e dall’art. 2, comma 2 sopportati dal ricorrente nella esclusiva prospettiva di un perfezionamento del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni mutuo alle condizioni richieste ed auspicate; non supportati da evidenze probatorie appaiono invece le “altre spese” che il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza ricorrente lamenta di accesso presentata dalla ricorrente.avere sostenuto e di cui parimenti chiede la rifusione
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Sources: Mutuo Ipotecario
DIRITTO. La CommissioneIl ricorso attiene alla presunta illegittimità della segnalazione del nominativo del ricorrente in banca dati creditizia privata. Lamenta, 30/09/2016 contiene anche un’istanza in particolare, che la segnalazione sia stata effettuata senza l’invio del preavviso di accesso agli atti ai sensi segnalazione previsto dalla corrente normativa. Non viene, dunque, in rilievo, ed esso è un aspetto certamente dirimente per la domanda risarcitoria accessoria, la sussistenza sostanziale dei presupposti degli inadempimenti del cliente. Come insegnato dalla giurisprudenza del Collegio di Coordinamento (decisione n. 3089/12), è indubbio che l’onere della legge 241/90prova del fatto che il segnalando è stato posto in condizione di conoscere l’intenzione dell’intermediario di procedere alla segnalazione del suo nominativo in una centrale dei rischi privata incombe sull’intermediario stesso. Laddove l’intermediario abbia segnalato un proprio cliente in una centrale dei rischi privata e non riesca a fornire la prova dell’invio del necessario preavviso di segnalazione a mezzo di posta raccomandata od altro mezzo di trasmissione equivalente, ritiene ma alleghi di poter decidere nel merito il ricorsoaverlo inviato mediante posta ordinaria offrendo copia delle missive asseritamente spedite, debba risolversi statuendo che in tale ipotesi l’intermediario segnalante rimane gravato dell’onere di provare la conoscenza della comunicazione da parte del destinatario e non può avvalersi della presunzione di cui all’art. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato 1335 c.c.; ma che, in relazione all’istanza assenza di accesso prescrizioni normative circa la forma di tale specifica comunicazione, da tale lacuna probatoria non può conseguire automaticamente una valutazione di illegittimità della susseguente segnalazione, sicché in tale ipotesi il Collegio competente dovrà formare il proprio convincimento circa l’avvenuta recezione del 30/09/2016 preavviso da parte del cliente segnalato sulla base di tutti gli elementi di conoscenza dei fatti che gli atti della controversia offrono. Nel caso di specie, l’intermediario evidenzia che ha inviato al ricorrente, a mezzo della piattaforma home banking dedicata, gli avvisi di segnalazione e offre una serie di evidenze in questo senso. A tale proposito, il Collegio (cfr. decisione n. 8589/2021 del Collegio di Milano) ha chiarito che, fermo restando che il ricorso alla lettera raccomandata non è previsto dalla normativa quale unico idoneo strumento informativo, l’utilizzo all’uopo della piattaforma online è potenzialmente idoneo a soddisfare quanto richiesto dalla normativa in possesso tema di nessun documentoconoscibilità della prossima segnalazione, ma occorre che l’intermediario dimostri che l’utilizzo di ▇▇▇▇▇▇tale strumento era stato già comunicato al cliente. Nel caso di specie, nei confronti l’intermediario non fornisce altro che il documento di sintesi, posteriore però rispetto alla prima segnalazione negativa di alcuni anni, dal quale emerge la modalità online di comunicazione con il cliente. È al contempo vero, a riprova della non esaustività dell’apparato probatorio offerto dall’intermediario, che, pur successivamente rispetto a quanto previsto in tale documento contrattuale, la banca ha inviato solleciti di pagamento a mezzo di posta ordinaria. In ragione di ciò, il Collegio non ritiene provato che le comunicazioni di preavviso di segnalazione prodotte dall’intermediario possano essere idonee a provare che esse furono inviate anteriormente rispetto alla segnalazione negativa, conseguentemente non può che accogliere la domanda di cancellazione della segnalazione negativa. La domanda accessoria di risarcimento del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa danno, invece, non può trovare accoglimento. È ben noto come la giurisprudenza ABF abbia rifiutato, sulla scorta dell’insegnamento della dichiarata inesistenza dei documenti richiestiCassazione, rilevandola teorica del danno in re ipsa, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazionecon ciò demandando al ricorrente la prova del patimento di un danno risarcibile. Nel caso di specie, per il cui sindacato invece, il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso chenon offre alcuna prova a supporto della domanda, anche essendo, al contrario, provato che il medesimo risulta inadempiente alle obbligazioni di pagamento del dovuto in relazione al predetto Ufficiocontratto che ha dato luogo alla segnalazione contestata. In effetti, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istantericorrente non produce alcuna documentazione circostanziata e connessa alla segnalazione, in quantomerito, sotto tale profiloper esempio, alla mancata concessione di ulteriori prestiti ovvero in merito a qualsiasi nocumento patrimoniale o di immagine a carico del cliente, limitandosi quest’ultimo, ma trattasi di mera petizione di principio priva di sostegno materiale, che la segnalazione sarebbe stata ostativa alla concessione del credito. Del pari, non può trovare accoglimento la domanda di cancellazione delle segnalazioni negative in Centrale dei Rischi di Banca d’Italia, in presenza considerazione del fatto che neppure viene provata la esistenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentesegnalazione.
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Sources: Loan Agreement
DIRITTO. La CommissioneIl Collegio deve preliminarmente dar conto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto, 30/09/2016 contiene il quale sostiene che, essendo intervenuto nel rapporto negoziale quale mandatario con rappresentanza di altro istituto di credito, la legittimazione passiva dovrebbe essere posta a carico di quest’ultimo. Tale eccezione non può essere accolta. Costituisce infatti consolidato orientamento di questo Collegio (e v., ad es., ABF Napoli, n. 3337/2014) “il principio in base al quale, anche un’istanza a prescindere dalla ricostruzione dei rapporti negoziali coinvolgenti l’intermediario mandante, la società mandataria ed il cliente (compiuta alla luce delle norme codicistiche) possa invece farsi applicazione di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90un criterio di apparentia juris allorché il ricorrente individui nell’intermediario collocatore, ritiene di poter decidere e non già nel merito finanziatore, la propria controparte, in maniera difforme rispetto alla corretta ricostruzione del rapporto negoziale sottostante: sotto il ricorsoprofilo oggettivo, infatti, è proprio il mandatario il soggetto con il quale il cliente ha materialmente stipulato il contratto ed intrattenuto i conseguenti rapporti negoziali, sino all’estinzione. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato Ne consegue che, in relazione all’istanza ragione di accesso una considerazione unitaria dell’assetto degli interessi coinvolti ed al fine di garantire effettività della tutela, si è fatto ricorso ad un criterio di natura empirica per il quale può essere riconosciuta la legittimazione passiva in capo alla società mandataria, collocatrice del 30/09/2016 non finanziamento ed interlocutrice naturale nella gestione del rapporto (cfr. Collegio di Napoli, dec. n. 2441/2012)”. Tanto premesso, può esaminarsi la domanda del ricorrente di accertamento del proprio diritto alla restituzione di quota parte degli oneri commissionali ed assicurativi connessi al finanziamento anticipatamente estinto rispetto al termine convenzionalmente pattuito, in applicazione del principio di equa riduzione del costo dello stesso, sancita all’art. 125- sexies t.u.b. In conformità alla ormai consolidata giurisprudenza dei tre Collegi di questo Arbitro, ed alla stregua degli indirizzi della Banca d’Italia rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, si è in possesso stabilito che la concreta applicazione del principio di nessun documentoequa riduzione del costo del finanziamento determina la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (cc.dd. recurring), di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della dichiarata inesistenza necessaria giustificazione causale. Per converso, si è confermata la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipate (cc.dd. up front). Per quanto concerne il criterio di calcolo del rimborso spettante al ricorrente, il Collegio ritiene di applicare l’orientamento del Collegio di coordinamento di questo Arbitro (cfr. dec. n. 6167/2014), secondo cui il criterio pro rata temporis è il più logico e, al contempo, il più conforme al diritto ed all’equità sostanziale. Posto quanto precede, in relazione alla commissione in favore dell’intermediario mandante, dalla lettura della relativa clausola contrattuale, emerge che la stessa sia stata corrisposta al fine di remunerare attività eterogenee non tutte ascrivibili alla fase prodromica alla concessione del prestito (quali, esemplificativamente, “l’esame della documentazione, la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione, gli oneri per l’acquisizione della provvista, la elaborazione dei documenti richiestidati in funzione della legge 197/91, rilevandoetc.: cfr. lett. a1). Pertanto, sul punto in considerazione dell’estinzione anticipata del finanziamento in corrispondenza della quarantanovesima rata di ammortamento (su centoventi complessive), deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata di detta commissione, pari ad euro 416,98. In ordine alla commissione prevista per l’intermediazione del prestito, va rilevato che l’esplicito riferimento nella relativa clausola contrattuale alla “garanzia non spetta riscosso per riscosso” lascia presumere che le attività remunerate dalla commissione in questione non sono tutte ascrivibili alla Commissione nessuna valutazione fase prodromica alla concessione del prestito; in tal caso, l’opacità della clausola dipende dall’indistinto riferimento sia ad attività recurring, sia ad attività up front. Pertanto, in considerazione dell’estinzione del finanziamento in corrispondenza della quarantanovesima rata di ammortamento, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata di quest’ultima commissione, pari ad euro 1.187,12. Non sfugge peraltro al Collegio che il ricorrente ha già ottenuto, in sede di conteggio estintivo, la somma di euro 120,70 a titolo di “abbuono spese per rata”. Del pari, va riconosciuto alla ricorrente il diritto al rimborso della quota parte del premio assicurativo versato in relazione al contratto di finanziamento anticipatamente estinto, stante il consolidato orientamento di questo Arbitro (da ult., ABF Napoli, 5566/2015 e 6047/2014), vieppiù avvalorato dalla decisione del Collegio di coordinamento di questo Arbitro (cfr. dec. n. 6167/2014), in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazionesussistenza del collegamento negoziale tra contratto di finanziamento e polizza assicurativa, per la quale trova nella legge n. 221/2012 il cui sindacato suo riconoscimento normativo. Pertanto, spetta a tale titolo al ricorrente il rimborso della somma di euro 370,97. Infine, in merito alla richiesta del ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesidel rimborso delle spese legali, è orientamento di questo Collegio (cfr. Resta inteso ABF Napoli, 3498/2012) che, anche là dove sia dimostrato che la parte ricorrente si sia avvalsa, nell’intero snodo procedimentale che va dal reclamo al ricorso, dell’ausilio di un difensore sopportandone il relativo costo, quest’ultimo possa e debba prendersi in relazione al predetto Ufficioconsiderazione, in caso di accoglimento del ricorso che si concluda con l’accertamento di un diritto risarcitorio, non già quale autonoma voce di rimborso non prevista dal Reg. ABF, bensì quale componente del più ampio pregiudizio patito dalla parte ricorrente, da questo Collegio liquidato equitativamente in euro 200,00. In considerazione di quanto precede, il ricorso Collegio non reputa congrua la somma che la convenuta si è meritevole di accoglimento in relazione dichiarata disponibile a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste riconoscere al ricorrente e riconosce il diritto di accesso della società istante quest’ultimo ad ottenere dall’intermediario, al netto di quanto già restituito in sede di conteggio estintivo, l’importo complessivo di euro 1.854,37 a titolo di commissioni e premio assicurativo per il periodo di finanziamento non goduto, oltre interessi legali dal reclamo (che ha lamentato una situazione valore giuridico di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhzformale messa in mora) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentesoddisfo.
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Sources: Decision Correction
DIRITTO. La Commissionericorrente chiede all’Arbitro l’accertamento della fondatezza della risoluzione del contratto di finanziamento stipulato con l’intermediario convenuto. A tale riguardo, 30/09/2016 contiene anche un’istanza occorre considerare che la richiesta della ricorrente, pur nella genericità della sua formulazione, sembra invocare una decisione di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione questo Collegio in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazioneverifica della risoluzione per impossibilità sopravvenuta del contratto di prestazione di servizi a cui è collegato il contratto di finanziamento. Tale verifica sembra tuttavia preclusa a questo Collegio. Giova a tale proposito ricordare che la Sez. I, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2§ 4, comma 2 1 delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” della Banca d’Italia del D.P.R. 184/2006 18 giugno 2009, e successivi aggiornamenti, dispone che dalla competenza dell’Arbitro Bancario Finanziario “sono escluse le controversie attinenti ai servizi e alle attività di investimento e alle altre fattispecie non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso assoggettate al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile titolo VI del T.U. ai sensi dell’art. 2223, comma 4 del decreto legislativo 24 febbraio 2008, n. 58”. Inoltre, la competenza di questo Arbitro sembra preclusa anche in considerazione dell’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 125 quinquies del TUB che consente di affermare la competenza per materia dell’Arbitro qualora si tratti di accertare l’inadempimento contrattuale del fornitore di beni e servizi con conseguente risoluzione del contratto di finanziamento collegato a tale contratto. Infatti, l’applicazione di tale disposizione impone la preventiva costituzione in mora del fornitore che la ricorrente non ha provato di aver mai effettuato. Inoltre, la ricorrente invoca una pronuncia dell’Arbitro circa la risoluzione del contratto di finanziamento per impossibilità sopravvenuta del contratto di prestazione di servizi a cui è collegato. Un simile accertamento presupporrebbe una valutazione nel merito della legge 241/90 e dall’artdomanda della ricorrente ed il Collegio assumerebbe una decisione destinata ad operare direttamente nei confronti di un soggetto ( il fornitore del programma alimentare) che non è neanche parte di questo contenzioso. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza Dalle considerazione svolte discende la dichiarazione di accesso presentata dalla ricorrenteincompetenza per materia dell’Arbitro Bancario Finanziario.
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Sources: Financing Agreement
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato checontroversia riguarda i limiti dello ius variandi riservato all’intermediario, in ordine a un contratto di mutuo stipulato con il ricorrente, che - all’epoca della definizione del regolamento contrattuale - lavorava alle dipendenze dell’intermediario e, in questa veste, aveva potuto accedere a condizioni contrattuali di favore. Occorre preliminarmente chiarire che nel caso di specie non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 118 t.u.b., come peraltro riconosciuto dal medesimo intermediario resistente. La quaestio iuris dibattuta tra le parti riguarda, più specificamente, l’applicabilità delle previsioni dell’accordo sindacale, quale - presumibilmente - trasfuso nel regolamento contrattuale concluso inter partes. L’art. 4 dell’accordo sindacale, dopo avere definito l’importo massimo erogabile e le condizioni di favore pratiche a beneficio dei dipendenti, disciplina, alla lettera g, l’ipotesi di decadenza dalle condizioni agevolate. Prevede tale lettera g: “Il licenziamento del lavoratore per giusta causa o per giustificato motivo nonché le dimissioni volontarie dall’impiego che non comportino passaggio ad altra Bcc aderente alla Federazione, comporteranno la decadenza dalle condizioni agevolate previste dal presente regolamento. In tali casi la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni del tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. Nel contratto di mutuo dovrà essere formalizzata la relativa clausola”. L’art. 3 del contratto di mutuo prevede: “Il tasso di interesse su base annua viene inizialmente stabilito ed accettato nella misura del 1,000% (uno virgola zero zero zero per cento) pari al tasso BCE attualmente in vigore. Successivamente tale tasso potrà subire modifiche in relazione all’istanza alla variazione, in aumento o in diminuzione del detto tasso con un tetto massimo pari al 6% (sei per cento) annuo, il tutto secondo quanto previsto dall’accordo sulle condizioni agevolate dei dipendenti BCC (accordo del 29/07/2008 aggiornamento del 7/04/2009)”. Il suggerimento interpretativo che scaturisce dall’impostazione difensiva dell’intermediario è che il riferimento all’accordo sindacale contenuto all’art. 3 del contratto di accesso mutuo sia sufficiente al fine di applicare, al caso di specie, anche le ipotesi di decadenza dalle condizioni contrattuali agevolate previste nel medesimo accordo sindacale. Questa opzione interpretativa non persuade affatto. In realtà, non appare estensibile il richiamo, contenuto nell’art. 3 del 30/09/2016 contratto di mutuo, alle condizioni di tasso agevolate anche alle ipotesi di decadenza dalle stesse. L’ostacolo a questa interpretazione estensiva è costituito, in effetti, dall’ultimo inciso della lettera g, dell’art. 4 dell’accordo sindacale, che subordina l’operatività della previsione sulle ipotesi di decadenza dal trattamento di favore, alla formalizzazione della relativa clausola nel contratto di mutuo (“Nel contratto di mutuo dovrà essere formalizzata la clausola relativa”). In definitiva, l’operatività di questa previsione non è in possesso di nessun documentoda considerare affatto automatica, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta ma è rimessa alla Commissione nessuna discrezionale valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazionedell’intermediario, che, sempre in accordo con la controparte, poteva recepirla e, quindi, “formalizzarla”, oppure poteva anche non richiamarla, consentendo al mutuatario una posizione di ulteriore favore. Nel caso di specie, è quest’ultima opzione che risulta essere stata esercitata. In virtù del mancato recepimento delle ipotesi di decadenza nel contratto concluso inter partes, al ricorrente-mutuatario è stato, insomma, accordato un trattamento di favore che gli consente di conservare le condizioni contrattuali agevolate anche adesso che non è dipendente dell’intermediario resistente. A soluzione diversa non è possibile pervenire assimilando le norme collettive a condizioni generali di contratto, applicabili al caso di specie anche a prescindere da un puntuale richiamo nel contratto di mutuo concluso tra le parti. Questa conclusione non può essere accolta, perché la disciplina di cui all’art. 1341 c.c. è stata pensata con riguardo alle condizioni unilateralmente predisposte, non alle previsioni frutto della contrattazione collettiva. In aggiunta, il meccanismo di tutela concepito dal legislatore del 1942 nei confronti delle clausole cc.dd. vessatorie, la specifica approvazione per iscritto, preclude l’applicazione, nel caso di specie, di una previsione dell’accordo collettivo che non è stata resa valida ed efficace tramite la sottoscrizione dell’aderente. Anche la giurisprudenza che si è formata in tema di validità ed efficacia di clausole predisposte unilateralmente e destinate a essere applicate ai sensi dell’art.2contratti conclusi per atti pubblici, se è vero che non richiede la specifica approvazione per iscritto di cui al secondo comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 221341 c.c., comma 4 in considerazione della legge 241/90 e dall’artparticolare forma contrattuale, è pur vero che pretende che tali clausole siano “inserite” nel contratto (cfr., ad esempio, Cass. 2n. 18917/2004). In conclusione, comma 2 la domanda del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento ricorrente appare fondata e, pertantoper conseguenza, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentequesto Collegio accerta l’illegittimità della modifica del tasso operata dall’intermediario.
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Sources: Mutuo
DIRITTO. La Commissionecontroversia ha ad oggetto il riconoscimento del diritto della parte ricorrente alla restituzione di parte dei costi del finanziamento, 30/09/2016 contiene anche un’istanza a seguito della avvenuta estinzione anticipata dello stesso rispetto al termine convenzionalmente pattuito, dalla quale deriva, come previsto dall’art. 125 sexies T.U.B., il diritto del soggetto finanziato ad ottenere una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi e dei costi “dovuti per la vita residua del contratto”. Tenuto conto dell’estinzione anticipata e della relativa disciplina pattizia, si richiama la decisione del Collegio di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90Coordinamento ABF n. 26525/2019, ritiene che ha recepito i principi affermati dalla Corte di poter decidere Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza dell’11.9.2019 nella causa C-383/2018 (cd. “sentenza Lexitor”), statuendo che l’art. 125 sexies T.U.B. debba essere interpretato nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato senso che, in relazione all’istanza caso di accesso estinzione anticipata del 30/09/2016 non è finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi di natura up-front ed esclusi solo gli oneri erariali. Con riferimento al criterio per la restituzione degli oneri up-front, il Collegio di Coordinamento ha stabilito che la riduzione dei costi istantanei, in possesso assenza di nessun documentouna diversa previsione pattizia – che sia, comunque, basata su un principio di ▇▇▇▇▇▇proporzionalità – deve avvenire secondo un criterio determinato in via integrativa dal Collegio decidente, nei confronti secondo equità. In quest’ottica, i Collegi territoriali ABF ritengono che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up-front ripetibile debba essere analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, in ragione del citato Ufficio fatto che essi costituiscono la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Diversamente, per i costi di natura recurring nonché per gli oneri assicurativi, continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’Arbitro. A tale proposito, si richiamano le decisioni del Collegio di Coordinamento n. 6167/2014, 10003/2016, 10017/2016 e 10035/2016, nonché le più recenti posizioni condivise dai Collegi ABF, in merito alla distinzione tra voci di costo up-front e recurring e ai criteri per la restituzione dei costi di carattere recurring. Con riguardo agli oneri assicurativi, si richiama il ricorso risulta inammissibile principio per cui il loro rimborso può avvenire secondo una metodologia di calcolo alternativa al criterio pro rata temporis, a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesticondizione che il cliente sia stato messo nelle condizioni di avere ex ante piena cognizione dell’esistenza del criterio alternativo. Nella fattispecie, rilevando, sul punto si osserva che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazioneconsta agli atti documentazione riguardante la pattuizione di un criterio alternativo a quello pro rata temporis per il rimborso del premio assicurativo. Nel caso di specie, l’intermediario ha trasmesso, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accessoquanto concerne la “polizza rischio vita”, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione proposta di assicurazione recante la sottoscrizione della domandaricorrente per l’avvenuto ritiro del fascicolo informativo, anche laddovenonché il fascicolo informativo, in ipotesi, i documenti fossero stati smarritiprivo di sottoscrizione della cliente ma della stessa compagnia assicurativa indicata nel modulo di proposta e con data (ediz. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio marzo 2013) compatibile con quella di titolarità stipula del contratto, riportante la clausola di estinzione anticipata; e, per quanto concerne la “polizza rischio impiego”, la proposta di assicurazione recante la sottoscrizione della RAI ricorrente per l’avvenuto ritiro del fascicolo informativo, nonché il relativo fascicolo informativo della stessa compagnia assicurativa indicata nel modulo di proposta e con data (fx ….. Mhzediz. marzo 2013) ed hacompatibile con quella di stipula del contratto. E’ orientamento condiviso da tutti i Collegi ABF considerare applicabili le condizioni di polizza, pertantoin quanto sono richiamate nel contratto di finanziamento e indicano il criterio di rimborso, sufficientemente delineato anche se non riportano una situazione formula di interesse differenziato rispetto all’ostensione calcolo. Per quanto concerne il rimborso della documentazione richiestaquota non goduta dei premi assicurativi, come descritta nella parte ricorrente dà atto dell’avvenuto rimborso da parte dell’intermediario di 385,30 euro. L’intermediario allega la comunicazione ricevuta dalla compagnia assicurativa, precisando che il rimborso dei premi assicurativi non maturati è avvenuto secondo le condizioni contrattuali portate a conoscenza ex ante della ricorrente al momento della sottoscrizione della polizza. Restano inoltre fermi i già noti principi espressi dai Collegi ABF in fatto tema di rimborsabilità degli interessi legali (dal reclamo al saldo, purché oggetto di domanda: cfr. la decisione del Collegio di Coordinamento n. 5304/2013) e di non ristorabilità delle spese legali, in considerazione della presente decisionenatura seriale del contenzioso in materia di cessione del quinto. Si riporta dunque di seguito una tabella degli importi dovuti, elaborata sulla base degli elementi agli atti e degli orientamenti condivisi tra i Collegi ABF: L’importo non coincide con la somma richiesta dalla ricorrente (1.158,32 euro), che ha utilizzato il criterio pro rata temporis per il rimborso di tutte le voci di costo richieste. Si precisa a riguardo che, trattandosi di ricorso presentato successivamente all’entrata in relazione a tali attivigore, il diritto in data 1.10.2020, delle nuove “Disposizioni sui sistemi di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, cheBanca d’Italia, ai sensi dell’art.2di quanto previsto nella nota 3 di pagina 25 delle predette, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non èl’importo contenuto nelle pronunce di accoglimento è arrotondato all’unità di euro (per eccesso, comunquese la prima cifra dopo la virgola è uguale o superiore a 5; per difetto, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione se la prima cifra dopo la virgola è invitata inferiore a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrente5).
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Sources: Financing Agreement
DIRITTO. Quanto all'eccezione di litispendenza formulata dall'intermediario con riferimento sia al procedimento per decreto ingiuntivo, sia al procedimento di media-conciliazione, dalla documentazione versata in atti risulta che sussista una controversia pendente tra le parti. Ne consegue, secondo la disciplina vigente, l'improcedibilità del ricorso. La Commissionedisciplina (Banca d'Italia, 30/09/2016 contiene anche un’istanza Disposizioni sui sistemi di accesso agli atti risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari Sezione I, Par. IV) prevede infatti che "Non possono essere inoltre proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria, salvo i ricorsi proposti entro il termine fissato dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Anche in questi casi, resta fermo l’ambito della legge 241/90cognizione dell’ABF definito dalle presenti disposizioni." Secondo l'orientamento dell'ABF (Collegio di Milano, ritiene decisione n. 465/2014) “La ratio della disposizione è d’altronde agevolmente intuibile: essendo l’ABF uno strumento e un sistema di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato cherisoluzione alternativa delle controversie, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazioneossia, per il cui sindacato il come sopra chiarito, “subordinato” al giudizio ordinario, ove la parte ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficioabbia già optato per questa seconda soluzione, il suo diritto ad avvalersi dello strumento alternativo deve ritenersi con ciò esaurito. Nel caso, l’iniziativa è successiva al deposito del ricorso avanti all'ABF. Quando è meritevole stata la stessa parte ricorrente a promuovere un’azione ordinaria dopo la proposizione del ricorso ABF, deve comunque applicazione il principio del primato dell’autorità giudiziaria. In altri termini, mentre nel caso in cui, a ricorso proposto, sia l’intermediario ad agire, si pone l’esigenza di accoglimento evitare che la scelta alternativa della parte ricorrente sia compromessa, invece nel caso in relazione cui sia la stessa ricorrente a tutti quegli atti far seguire al ricorso un’azione in giudizio "(e a nulla rileva che l’Amministrazione dichiara si tratti di aver già osteso all’istanteun’azione autonoma piuttosto che di una domanda riconvenzionale) nuovamente deve ritenersi consumato ed esaurito, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa sia pur a riguardo che, in relazione a tali attiposteriori, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta scelta del cliente: a cui non è concesso indirizzarsi a questo Arbitro dopo aver adito l’autorità giudiziaria ma a cui deve invece ritenersi concesso, una volta adito questo Arbitro, di ripensare la sua scelta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 trasferire il giudizio all’autorità giudiziaria sia pur “a pena” di non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti poter più coltivare il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrenteprocedimento alternativo".
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Sources: Leasing Agreement
DIRITTO. La Commissionequestione sottoposta all’Arbitro concerne un contratto di leasing di autoveicoli, 30/09/2016 contiene in relazione al quale il ricorrente ritiene di poter eccepire nei confronti del concedente i vizi del bene fornito. Per il corretto inquadramento della vicenda, occorre in primo luogo osservare che il ricorrente asserisce di aver sottoscritto il leasing in qualità di consumatore, tuttavia risulta che egli abbia sottoscritto il contratto con l’indicazione della propria partita IVA e pertanto deve ritenersi che abbia piuttosto agito in qualità di professionista. Da ciò consegue l’inapplicabilità nel caso in esame della disciplina del credito al consumo contenuta nel Testo unico bancario, con le conseguenza che saranno di seguito puntualizzate. Per comodità espositiva, conviene esaminare per prima la domanda relativa all’accertamento di un vizio genetico del contratto del leasing determinato dalla mancata indicazione del TAEG e dell’ISC. La domanda non risulta fondata. Infatti, l’obbligo di indicare il TAEG è stabilito dall’art. 125- bis TUB e non applicabile nel caso di specie in quanto il ricorrente, come premesso, non può considerarsi un consumatore. E comunque la mancata indicazione non determinerebbe la nullità dell’intero contratto, bensì l’applicazione del TAEG contingentato a norma del 7° comma della medesima norma. Ciò chiarito, le disposizioni di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” della Banca d’Italia del 29 luglio 2009, nella versione precedente le recenti modifiche del 15 luglio 2015, alla sez. II par. 8, stabiliscono: «Il foglio informativo e il documento di sintesi riportano un "Indicatore Sintetico di Costo" (ISC) quando riguardano le seguenti categorie di operazioni indicate nell'allegato alla delibera del CICR del 4 marzo 2003: 1) conti correnti destinati ai consumatori; 2) mutui; 3) anticipazioni bancarie; 4) altri finanziamenti; 5) aperture di credito in conto corrente offerte a clienti al dettaglio», aggiungendo che «Per i mutui, le In sostanza, tale disposizione chiarisce che il TAEG viene indicato anche un’istanza in alcuni contratti conclusi con il “non consumatore”, sia pur diversamente denominato sotto l’acronimo ISC (Indicatore Sintetico di accesso agli atti Costo): le norme di trasparenza estendono il metodo di calcolo del TAEG, previsto per i rapporti di credito consumeristico, anche a taluni rapporti di credito instaurati con soggetti non consumatori (Così Collegio di Milano, decisione n. 4974/2015). Alla luce di tale considerazione, al fine di valutare la fondatezza della pretesa del ricorrente, è necessario verificare se il leasing finanziario rientri nella definizione di “altri finanziamenti” per i quali l’intermediario è tenuto ad indicare l’ISC ai sensi del citato par. 8 nell’ambito del foglio informativo e del documento di sintesi. Soccorre, al riguardo, il par. 1, sez. II, delle Disposizioni di Trasparenza che nel definire l’ambito applicativo della disciplina in materia di pubblicità e informazione precontrattuale stabilisce che esse trovano applicazione, tra gli altri servizi, ai finanziamenti (mutui; aperture di credito; anticipazioni bancarie; crediti di firma; sconti di portafoglio; leasing finanziario; factoring; altri finanziamenti) che non configurano operazioni di credito ai consumatori ai sensi della legge 241/90sezione VII. Viene, ritiene quindi, terminologicamente distinto il leasing finanziario dagli altri finanziamenti, distinzione che non ne consente la confusione allorquando il predetto par. 8 indica gli “altri finanziamenti”, oltre al mutuo e all’anticipazione, tra le tipologie contrattuali che richiedono l’uso dell’ISC. La considerazione che precede vale ad escludere che per il leasing finanziario sia necessaria l’indicazione dell’indicatore in questione nella documentazione consegnata al cliente. Peraltro, il par. 3, sez. II, precisa espressamente che i fogli informativi contengono l’ISC solo se richiesto, quale elemento informativo ulteriore da inserire per volontà del cliente (cfr. Collegio di poter decidere nel merito Roma – decisione n. 1946/16). Nella redazione del contratto di leasing finanziario sottoscritto dalla società ricorrente, pertanto, l’intermediario non ha violato la normativa in materia di trasparenza. Passando alle domande che il ricorsoricorrente rivolge nei confronti dell’intermediario sulla base dei vizi del bene fornito (sospensione delle rate di canone, risoluzione o riduzione del prezzo di vendita, risarcimento del danno), diversamente da quanto sostiene l’intermediario resistente, il relativo esame non esula dalla giurisdizione dell’ABF per il solo fatto di vertere principalmente su presunti vizi e difetti del veicolo oggetto di leasing. Sotto Ed invero è orientamento consolidato dell’Arbitro che l’inadempimento del fornitore possa costituire oggetto di un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato cheaccertamento incidentale rimesso alla competenza dell’ABF in sede di accertamento, in relazione all’istanza via principale, del diritto del ricorrente ad ottenere la risoluzione del connesso contratto di accesso leasing o di finanziamento (fra molti Collegio di Napoli – decisione n. 2575/16; Collegio di Roma – decisione n. 468/16). Ciò posto ed entrando nel merito, una volta esclusa la qualifica di consumatore del 30/09/2016 ricorrente non è può trovare applicazione l’art. 125-quinquies, 3° comma, Tub a mente del quale: « in possesso caso di nessun documentolocazione finanziaria (leasing) il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore dei beni o dei servizi, può chiedere al finanziatore di agire per la risoluzione del contratto. La richiesta al fornitore determina la sospensione del pagamento dei canoni». Per contro, le condizioni generali del contratto di leasing, specificamente approvate dal ricorrente ai sensi dell’art. 1341 c.c., prevedevano all’art. 2: «l’Utilizzatore stesso manleva il Concedente da ogni e qualsiasi responsabilità in ordine alla mancata o ritardata consegna, qualità, rendimento, funzionamento, idoneità, presenza di vizi del veicolo ed inadempimento del Fornitore […] L’Utilizzatore potrà peraltro esercitare nei confronti del Fornitore, a proprio rischio e spese, tutte le azioni spettanti al Concedente-acquirente, esclusa solo l’azione di risoluzione». Inoltre all’art. 3:«Il pagamento dei canoni … non potrà essere sospeso o ritardato per ragione alcuna; ogni eventuale diritto o pretesa dell’Utilizzatore dovrà essere fatto valere in separata sede ». Siffatte clausole di inversione del rischio di fornitura, tipiche del contratto di leasing, non sono in contrasto con la convenzione di Ottawa (art. 5) e sono in linea di principio reputate lecite dalla giurisprudenza. In particolare, in una recente pronuncia (Cass., Sez. Unite , 5- 10-2015, n. 19785), le Sezioni Unite della Cassazione hanno da un lato escluso che al leasing finanziario stipulato da un utilizzatore-professionista possa applicarsi analogicamente l’art. 125-quinquies, 3° comma, Tub, in quanto disciplina speciale consumeristica; dall’altro lato, la richiamata pronuncia ha però offerto un ampio ed organico quadro dei rimedi a tutela dell’utilizzatore nel caso di vizi del bene fornito. In questa prospettiva, la Cassazione ha constatato come il problema trovi spesso soluzione nelle clausole contrattuali che autorizzano l’utilizzatore ad agire direttamente verso il fornitore del bene viziato, manlevando il concedente: «E' proprio la presenza di siffatte clausole normalmente in uso nei moduli contrattuali che consente di configurare il contratto di fornitura alla stregua di un contratto produttivo di alcuni effetti obbligatori a favore del terzo utilizzatore, senza necessità di ipotizzare la presenza di un mandato implicito al contratto di leasing volto ad assicurare all'utilizzatore i diritti di azione riconosciuti dalla legge al mandante nel mandato senza rappresentanza (art. 1705 c.c., comma 2). In questo senso, la pratica commerciale ha elaborato soluzioni idonee a conciliare le istanze di separazione funzionale e dei rischi, così da consentire la realizzazione dell'operazione economica attraverso il coordinamento che l'unitarietà di tale operazione e l'interdipendenza tra le prestazioni naturalmente generano». Nel contempo però la Cassazione ha anche preso in considerazione lo scenario in cui ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇ contrattuali volte a trasferire all’utilizzatore i diritti spettanti al concedente verso il fornitore. In questo caso, osserva la Corte, vi sono alcune azioni che l’utilizzatore può comunque esercitare direttamente nei confronti del citato Ufficio fornitore in forza del collegamento negoziale esistente fra contratto di leasing e contratto di fornitura, ed altri rimedi che invece gli risultano preclusi. In particolare, l'utilizzatore è sempre legittimato a far valere la pretesa all'adempimento del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conseguentemente sofferto. L’utilizzatore non può invece esercitare l'azione di risoluzione (o di riduzione del prezzo) del contratto di vendita tra il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per fornitore ed il concedente (cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso esso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò postoestraneo), in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato una specifica clausola contrattuale con la quale gli venga dal concedente trasferita la propria posizione sostanziale. Tuttavia, prosegue la Cassazione, là dove all’utilizzatore sia preclusa l’azione diretta nei confronti del fornitore, il concedente ha il dovere in forza del principio di buona fede di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire verso quest'ultimo per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. Riportando i principi di diritto delineati dalla Cassazione al caso di specie, è agevole rilevare come le istanze del ricorrente nei confronti dell’intermediario (sospensione del pagamento dei canoni di leasing, disporre che l’intermediario proceda in danno del fornitore) potrebbero tutt’al più essere fondate in presenza dei presupposti della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva risoluzione del contratto, poiché la risoluzione del contratto è l’unico rimedio che, in via base al citato art. 2 delle condizioni generali di principioleasing, sussiste l’utilizzatore non può esercitare direttamente nei confronti del fornitore. Per quanto riguarda gli altri rimedi contrattuali richiesti (risarcimento del danno, riduzione del prezzo) il diritto ricorrente può e deve rivolgere le proprie azioni direttamente nei confronti del fornitore, essendosi impegnato a manlevare il concedente per i vizi della cosa senza sospendere le rate di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisionecanone. Si precisa a riguardo Il Collegio ritiene tuttavia che, in relazione a tali attisul piano probatorio, il diritto ricorrente non abbia assolto l’onere di accesso dimostrare che i vizi del veicolo lo rendano inidoneo all’uso cui è destinato e di gravità tale da giustificare la risoluzione del contratto. Ed invero, nel ricorso egli si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti limita ad denunciare il vizio relativo alla centralina dell’autovettura ed afferma in modo apodittico di essersi rivolto all’intermediario «ricorrendo i presupposti di risoluzione del contratto». Tuttavia, anche a fronte delle contestazioni del resistente, non allega che le denunciate irregolarità abbiano impedito, limitato o reso meno sicura la circolazione del veicolo, né rappresenta i motivi per cui intende rifiutare l’intervento gratuito offerto dal produttore per la correzione del difetto. In sintesi, pur essendo incontestato che il vizio esiste, il ricorrente non ha provato la sussistenza dei presupposti della risoluzione per inadempimento, unica circostanza che nel caso di specie imporrebbe al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazioneconcedente, chein forza del principio di buona fede, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati di agire contro il fornitore in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentevece dell’utilizzatore.
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Sources: Leasing Agreement
DIRITTO. Il ricorrente lamenta di essere vittima di illegittime segnalazioni nella centrale rischi CRIF ad opera dell’intermediario, che avrebbe continuato ad addebitare illegittimamente l’importo delle rate concernenti le polizze assicurative accessorie al contratto di finanziamento principale oramai estinto. Al riguardo, afferma che riteneva scontato che all’atto dell’estinzione del finanziamento principale, relativo all’acquisto dell’autovettura, venissero estinti anche i finanziamenti accessori relativi alle polizze assicurative. L’intermediario contesta che il ricorrente è tenuto al pagamento dei finanziamenti concernenti le polizze assicurative, nonostante l’estinzione del contratto principale. L’eccezione è infondata. E’ ormai consolidato, infatti, l’orientamento di Codesto Arbitro che attribuisce alle polizze assicurative natura meramente accessoria al contratto di finanziamento principale. Nel caso di specie, tale circostanza non risulta validamente avversata dalle evidenze documentali da cui risulta che l’intermediario ha direttamente operato anche come collocatore del contratto accessorio e la documentazione contrattuale fa continuo riferimento alle polizze abbinate. Né l’intermediario ha dimostrato il contrario, sicché deve desumersi che la sottoscrizione delle polizze assicurative costituiva, com’è prassi, condizione necessaria per la concessione del finanziamento ad opera dell’intermediario. Per quanto precede, deve dichiararsi il diritto dei ricorrenti all’estinzione dei finanziamenti collegati alle polizze assicurative in quanto contratti accessori al finanziamento principale. La Commissionevolontà del ricorrente di estinguere anche i finanziamenti accessori risulta chiaramente espressa nella contabile relativa al pagamento estintivo del finanziamento principale, 30/09/2016 contiene anche un’istanza nella quale si legge, tra le note: “rimanendo in attesa per conteggi contabili ad oggi vs. assicurazione.” Pertanto, ad avviso del Collegio, la convenuta, in ossequio ai doveri di trasparenza e buona fede, è tenuta a provvedere al riguardo, predisponendo i conteggi di estinzione dei predetti ulteriori contratti di finanziamento con riferimento alla data di estinzione del finanziamento principale. Ne consegue che il ricorrente non è tenuto al pagamento degli importi dei contratti accessori scaduti successivamente all’estinzione del finanziamento principale, ma a corrispondere il saldo determinato in base al conteggio estintivo alla suddetta data. Pertanto, le segnalazioni operate dall’intermediario convenuto nei sistemi informativi creditizi in funzione di tali pagamenti sono illegittime, tanto più che il ricorrente afferma di esserne venuto a conoscenza non già tramite il preavviso previsto, come condizione di liceità del trattamento, dall’art. 12 d.lgs. 196/2003 e art. 4, comma 7 Codice deontologico, ma avendo ricevuto un diniego di finanziamento da altro intermediario, di cui allega copia. Alla illegittimità delle iscrizioni consegue l’obbligo dell’intermediario convenuto di provvedere alla loro cancellazione. Fermo quanto precede, l’intermediario contesta espressamente che gli insoluti nel pagamento delle rate e le relative segnalazioni in CRIF risalgono ad epoca antecedente all’estinzione del finanziamento principale. Sul punto, però, nessuna delle parti ha prodotto le risultanze CRIF, sicché non è dato al Collegio di verificare il periodo di permanenza delle segnalazioni né a quale insoluto esse facciano riferimento. Al riguardo, non può andare esente da censura il contegno dell’intermediario che ha omesso di prestare la dovuta collaborazione al Collegio versando in atti la documentazione inerente le segnalazioni. Da ultimo, si osserva che la dichiarazione rilasciata da altro intermediario relativa al diniego di finanziamento - prodotta dal ricorrente a supporto della domanda risarcitoria - nulla prova in ordine al nesso di causalità tra le segnalazioni asseritamente illegittime ed il diniego di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90al credito, ritiene di poter decidere nel limitandosi essa a riferire che il finanziamento è stato negato per generiche valutazioni afferenti il merito il ricorsocreditizio del cliente. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato Né d’altra parte il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesifornisce elementi per la valutazione della sussistenza e eventuale quantificazione del danno. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accessoPer quanto precede, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza domanda risarcitoria del ricorrente deve essere rigettata per carenza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrenteprova.
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Sources: Dispute Resolution Agreement
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia Giova puntualizzare in fatto che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è controverso tra le parti l’inadempimento nel pagamento dei canoni di leasing e l’avvenuta segnalazione al Crif. Il Ricorrente contesta tale segnalazione e giustifica l’inadempimento in quanto “riconducibile al furto dell’autoveicolo”, aggiunge di essere stato autorizzato a concedere il veicolo a terzi in comodato; fatto quest’ultimo confermato dall’intermediario, Disputato risulta invece l’evento furto. Tuttavia si deve rilevare che contrariamente a quanto sembra assumere il ricorrente tale evento non esime l’utilizzatore dai suoi obblighi verso il concedente, infatti nei contratti di leasing il rischio della perdita del bene locato grava sull’utilizzatore stesso. Nel caso specifico ciò è espressamente previsto i dagli artt. 21, comma 3, e 23 delle Condizioni generali del contratto di leasing. Giova sottolineare al riguardo che circa il profilo dell’addossamento del rischio della perdita di possesso di nessun documentodel bene in capo all’utilizzatore, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che la dottrina in materia ha già da tempo chiarito che non spetta possono considerarsi vessatorie e non devono essere approvate per iscritto: a) le clausole che attribuiscono all’utilizzatore la custodia del bene essendo la custodia da parte dell’utilizzatore parte integrante del contratto di locazione finanziaria; b) le clausole che addossano all’utilizzatore ogni rischio di deterioramento o la perdita dei beni oggetto del contratto anche se dovuti a caso fortuito o a forza maggiore, essendo l’affermata validità indipendente dalla specifica sottoscrizione a norma dell’art. 1341, poiché la clausola stessa si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità alla Commissione nessuna valutazione disciplina ricavabile in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato via analogica dall’art. 1523 c.c.. Chiarito quindi che il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione era tenuto al pagamento dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso checanoni ed ad indennizzare il concedente per la perdita del bene ed essendo pacifico che non ha adempiuto né all’uno né all’altro obbligo, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, diviene impossibile accogliere la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della sua domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrente.
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Sources: Leasing Agreement
DIRITTO. La Commissionevicenda posta all’attenzione di questo Collegio riguarda gli effetti dell’inadempimento da parte del fornitore di un servizio, 30/09/2016 contiene anche un’istanza quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di accesso agli atti finanziamento tra il ricorrente e l’intermediario convenuto finalizzato al pagamento dell’erogazione del servizio medesimo. Prima di entrare nel merito della questione, il Collegio deve affrontare la questione di rito eccepita dall’intermediario nelle sue controdeduzioni. In proposito si rileva che poiché non risultano evidenze a conferma che la medesima controversia sia stata sottoposta all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria Fallimentare, l’eccezione di parte resistente si fonda su un’illazione e, quindi, deve essere respinta e il ricorso considerato procedibile. Venendo al merito del caso concreto, il Collegio ricorda, innanzitutto, il noto dettato dell’art 25-quinquies del T.U.B. ai sensi della legge 241/90, ritiene del quale “nei contratti di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato checredito collegati, in relazione all’istanza caso di accesso inadempimento da parte del 30/09/2016 fornitore di beni o servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi, ricorrono le condizioni di cui all’art. 1455 del codice civile (co.1). La risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non è in possesso comporta l’obbligo del consumatore di nessun documento, rimborsare al finanziatore l’importo che sia stato già versato al fornitore di ▇▇▇▇▇▇, beni o servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiestifornitore stesso (co. 2).”, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il nonché l’art. 42 del Codice del Consumo secondo cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio“nei casi d’inadempimento del fornitore di beni e servizi, il ricorso è meritevole di accoglimento consumatore che abbia effettuato inutilmente la messa in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il mora ha diritto di accesso della società istante agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che ha lamentato una situazione vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la concessione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento credito ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 clienti del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentefornitore”.
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Sources: Financing Agreement
DIRITTO. La Commissione, 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito Rileva anzitutto il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia Collegio che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documentole domande avanzate dai ricorrenti sono, di ▇▇▇▇▇▇fatto, nei confronti riconducibili a una richiesta principale, ossia “concludere l’istruttoria avviata per la concessione del citato Ufficio mutuo”, e a un’istanza subordinata – “in caso di denegato mutuo” –, concernente il ricorso risulta inammissibile ridimensionamento delle rate mensili versate a causa della dichiarata inesistenza fronte delle prorogate aperture di credito, da ricondurre a misura congrua alle condizioni economiche dei documenti richiestiproponenti; al contempo, rilevandoi clienti, sul punto che sempre in via subordinata, chiedono all’Arbitro di dichiarare compensato, con quanto già pagato a titolo di “interessi elevati [...] ma non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficiodovuti”, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarritiresiduo debito derivante dagli affidamenti. Ciò posto, in mancanza si osserva preliminarmente che la concessione o il diniego di chiarimenti da parte dell’Ispettorato una richiesta di finanziamento comportano una valutazione discrezionale riservata agli istituti di credito, ove una conclusione diversa finirebbe per violare la libertà di iniziativa economica degli intermediari creditizi, riconosciuta dall’art. 41 della in merito all’esistenza Costituzione, ossia la scelta di addivenire o meno alla conclusione dell’accordo (v., tra le altre, Decisione del 23 marzo 2011, n. 590). Nel caso di specie, inoltre, non si rinvengono in atti elementi idonei a integrare ipotesi di responsabilità precontrattuali della documentazione banca resistente nello svolgimento delle trattative con i clienti. Questa ha, infatti, espressamente chiarito ai ricorrenti – come peraltro dagli stessi affermato in ricorso –, le valutazioni di merito creditizio in base alle quali ha ritenuto di non accogliere la richiesta questa Commissione rileva chedi mutuo presentata dagli istanti, rispetto alle quali peraltro non si evincono profili di illegittimità. Dai fatti così come ricostruiti dalle parti emerge, al contempo, la sollecitudine con cui l’intermediario ha accolto, al momento del rogito, la richiesta di apertura temporanea di credito, venendo così incontro alle esigenze di parte attrice di disporre di una transitoria provvista, sufficiente per realizzare i lavori necessari a garantire l’agibilità del fabbricato e sbloccare l’istruttoria di mutuo, nonché a far fronte agli impegni assunti con il venditore. Quanto, poi, alla richiesta di riduzione degli oneri derivanti dall’apertura di credito, ritenuti dai clienti di “misura abnorme e con interessi elevati”, osserva, in via primo luogo, il Collegio, come non sia rinvenibile nell’ordinamento – al di principiofuori di alcune ipotesi eccezionali che non riguardano tuttavia il caso di specie – un diritto in favore del mutuatario di fruire di rinegoziazioni di finanziamenti bancari. Come più volte precisato da questo Arbitro, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed hala modifica dei termini del contratto non può, pertanto, sufficientemente delineato una situazione prescindere dal consenso della banca, nella veste di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiestacontroparte contrattuale (v., come descritta nella parte in fatto della presente decisionetra le altre, Dec. del 20 aprile 2015, n. 3063). Si precisa a riguardo Con riferimento al caso di specie, deve ulteriormente osservarsi che, dalla documentazione disponibile, non si evincono profili di illegittimità nel comportamento dell’istituto quanto alle condizioni economiche pattuite nei contratti di apertura di credito. Come eccepito dalla resistente, peraltro, i clienti, in ricorso, si limitano a formulare “una apodittica petizione circa gli interessi elevati pagati, ma non dovuti”, senza spiegare e tanto meno documentare la presunta illegittimità di tali interessi. In relazione a tali attiquanto precede, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 ricorso non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento epuò, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrenteessere accolto.
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Sources: Mutuo Ipotecario
DIRITTO. La Commissionepresente controversia verte sulla legittimità della modifica delle disposizioni contrattuali relative al costo annuo di una carta di debito, 30/09/2016 contiene anche un’istanza unilateralmente disposta dalla resistente. La questione va decisa, pertanto, sulla base dell’art. 118 TUB, secondo il quale nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà della banca di accesso modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste qualora sussista un giustificato motivo, salvo il diritto del cliente di recedere senza spese dal contratto, ove non intenda accettare la modifica che, con anticipo di almeno due mesi, gli sia stata preventivamente sottoposta. La norma prevede, inoltre, che le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le suddette prescrizioni sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente. Nel caso di specie, è incontestato fra le parti che il contratto attribuisse all’intermediario la facoltà di modifica unilaterale delle condizioni ex art. 118, comma 1, TUB (cd. jus variandi), e che la ricorrente abbia ricevuto la comunicazione relativa alle variazioni contrattuali (indubbiamente peggiorative, considerata l’introduzione ex novo di un canone annuo per l’uso di una carta fino ad allora gratuita) nel rispetto del termine di preavviso minimo. Nel contesto della predetta comunicazione, inoltre, la modifica delle condizioni di contratto viene giustificata richiamando l’introduzione del limite alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento con carta stabilito dal Regolamento UE 2015/751, nonché l’aumento dei costi di emissione e gestione delle carte, conseguente agli atti ai sensi investimenti effettuati dall’intermediario per migliorare i sistemi di sicurezza e adeguarli alle più evolute modalità di utilizzo di tali strumenti (ad es., per operazioni via internet o in modalità contactless). Così inquadrati i termini della legge 241/90questione, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato è innanzitutto opportuno precisare che, in relazione all’istanza mancanza di accesso più precise indicazioni normative, il “giustificato motivo” richiesto dalla legge per l’esercizio dello jus variandi viene usualmente identificato con un evento a carattere specifico, in grado di produrre comprovabili effetti sul rapporto bancario. Tale evento, inoltre, non deve essere imputabile a “scelte di politica commerciale o comunque gestionale che non pongano tanto l’esigenza di mantenere l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni contrattuali delle parti contraenti, quanto piuttosto siano rivolte a salvaguardare il margine di profitto della stessa banca” (su tale profilo v. ABF Torino, dec. n. 4845/17; ABF Roma, dec. n. 1722/15). Si ritiene, infine, che anche la comunicazione della modifica unilaterale debba avere contenuto sufficientemente preciso, tale da consentire al cliente di valutare la congruità della variazione contrattuale rispetto alla motivazione posta a base della stessa (Coll. coord., dec. n. 1889/16). In quest’ottica, dunque, l’Autorità di vigilanza ha stigmatizzato il ricorso a motivazioni (delle variazioni contrattuali) esposte alla clientela in termini del 30/09/2016 tutto generici o scarsamente intellegibili, o l’incoerenza fra le modifiche contrattuali proposte e le relative giustificazioni, richiedendo che la preventiva informativa ai clienti sia chiara, sintetica e completa, verificabile e coerente con la programmata variazione contrattuale, nonché attenta al livello di alfabetizzazione finanziaria che è ragionevole attendersi dai destinatari (comunicazione Banca d’Italia del 5 settembre 2014). Ebbene, nel caso in esame, può assumersi che l’intermediario abbia indicato, quale giustificato motivo della modifica contrattuale, una serie di circostanze sufficientemente specifiche (limite alle commissioni interbancarie introdotto con Regolamento UE 2015/751 del 29 aprile 2015, nonché aumento dei costi operativi derivante da investimenti in campo tecnologico) e intellegibili (anche perché accompagnate da idonee esemplificazioni o spiegazioni), tali quindi da permettere al cliente una valutazione di congruità della modifica rispetto alle motivazioni addotte e di optare, se del caso, per l’eventuale recesso dal contratto. Più in particolare, la resistente afferma che l’imposizione ex lege di un tetto alle commissioni interbancarie (cioè le commissioni riconosciute, per ogni operazione di pagamento, dalla banca che ha convenzionato l’esercente a quella che ha emesso la carta) abbia determinato la necessità di adeguare i costi di rilascio della carta di debito, in conseguenza di un’inevitabile contrazione dei propri ricavi (ricostruzione peraltro non contestata dalla ricorrente, la quale si limita ad obiettare che, per non frustrare lo spirito della legge, la diminuzione dei profitti degli operatori non possa tradursi in uno svantaggio economico per gli utenti). Orbene, è stato chiarito dalle autorità di settore che gli eventi idonei a configurare il giustificato motivo ex art. 118 TUB “possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in possesso termini di nessun documentorischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.)” (v. circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 5574/17); ed ancora, che le modifiche unilaterali possono essere giustificate, fra l’altro, da “costi sopravvenuti alla stipula dei contratti interessati” (delibera del Direttorio della Banca d’Italia n. 197/2017 del 28 marzo 2017). Posto dunque che, nella specie, l’aumento dei costi a carico della ricorrente trova origine in un provvedimento normativo sopravvenuto (ossia in un fattore esterno ed oggettivo, indipendente dalla volontà dell’intermediario e non riconducibile ad inefficienze gestionali del medesimo), in grado di incidere in modo continuativo sugli aspetti economici del rapporto bancario, si può ravvisare la presenza di quel giustificato motivo che legittima la variazione delle originarie condizioni contrattuali. Né può assumere rilevanza, in senso contrario, l’assunto – richiamato anche da recenti decisioni di quest’Arbitro - secondo cui “un intervento normativo (…) non può, di ▇▇▇▇▇▇per sé, rappresentare un evento idoneo a costituire un giustificato motivo oggettivo”, difettando, per un verso, del carattere dell’imprevedibilità (ravvisabile, al più, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile soli provvedimenti necessari e urgenti, come ad es. i decreti legge), e dovendosi considerare, per altro verso, che le nuove norme si limitano talvolta a causa della dichiarata inesistenza fissare dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazionemeri obiettivi, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesiraggiungimento l’intermediario resta libero di organizzarsi nel modo più opportuno (così, ABF Torino, dec. Resta inteso che4845/17). A parere di questo Collegio, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accessoinvero, la precedente consegna stessa formulazione di tale principio (secondo cui un provvedimento normativo non appare ostativa rappresenta, “di per sé”, un giustificato motivo) implica che il medesimo debba essere interpretato ed applicato non in modo assolutistico, ma in base alle circostanze del singolo caso (valutando, ad es., se all’epoca della stipula di un determinato contratto fosse stato già avviato e pubblicizzato l’iter di produzione di un determinato atto normativo, del quale l’intermediario avrebbe potuto tenere conto). In caso contrario, d’altronde, si giungerebbe alla reiterazione della domandadiscutibile conclusione - contrastante, peraltro, con le indicazioni fornite dalle autorità cui sopra si è accennato - secondo cui gli intermediari, salvo casi del tutto eccezionali, non potrebbero validamente invocare un provvedimento normativo sopravvenuto ai fini di una modifica contrattuale, essendo comunque tenuti a prevederne l’adozione (anche laddovese intervenuta, in ipotesi, i documenti fossero stati smarritia distanza di numerosi anni dalla conclusione del contratto con il cliente). Ciò postopremesso, va dato atto che, nel caso in esame: i) nessun elemento autorizza a ritenere che, all’epoca della stipula del contratto di conto corrente e di rilascio della carta, la resistente fosse in condizione di conoscere o di ipotizzare la futura adozione del regolamento sulle interchange fees; ii) detto regolamento non lascia liberi gli intermediari di conseguire determinati obiettivi secondo autonome strategie imprenditoriali, ma li obbliga ad un comportamento puntuale e specifico (contenere le commissioni interbancarie entro limiti quantitativi prefissati), che non consente alcun margine di autonomia. Anche sotto tali profili, dunque, la variazione contrattuale sembra sorretta da un’adeguata motivazione. Né pare corretto affermare che l’aumento dei costi a carico del titolare della carta comporti, di fatto, un’elusione delle norme dettate dal Reg. UE 2015/751, neutralizzando i potenziali vantaggi previsti per i consumatori: nell’ottica del legislatore europeo, infatti, i benefici per questi ultimi paiono collegati, oltre che all’incremento dei livelli di concorrenza e di integrazione del mercato europeo delle carte di pagamento, all’auspicato effetto di una generale riduzione dei prezzi al consumo, derivante dal contenimento delle interchange fees. I prezzi di beni e servizi, invero, incorporano le commissioni pagate dagli esercenti agli intermediari convenzionatori per ogni transazione con carta, ma tali commissioni sono a loro volta determinate sulla base delle commissioni interbancarie versate dagli intermediari acquirer agli intermediari emittenti le carte (v. il preambolo al Reg. UE 2015/751, punti 10 e 11). La riduzione di queste ultime, dunque, dovrebbe volgere a favore dei consumatori, agevolando un calo del prezzo finale delle merci. Più dubbia appare, invece, l’ulteriore argomentazione addotta dalla resistente al fine di giustificare l’introduzione del canone annuo per l’uso della carta di debito (il riferimento è ai maggiori costi per investimenti tecnologici, sostenuti per garantire la sicurezza d’uso dello strumento), potendosi in questo caso rilevare, da un lato, che l’adeguamento alle nuove tecnologie rappresenta una voce di costo normale e prevedibile, di cui l’intermediario deve anticipatamente tenere conto (essendo peraltro tenuto a garantire, nel tempo, la massima sicurezza dei servizi offerti, conformandosi agli standard tecnici più evoluti); dall’altro, che l’incremento degli oneri per il cliente dipenda sostanzialmente da decisioni dell’intermediario di natura commerciale, miranti a preservare i suoi margini di profitto (così, ABF Roma, dec. n. 1722/15, con riferimento, tra l’altro, alle spese per l’introduzione del microchip nelle carte di credito). Considerati, nondimeno, il tenore complessivo delle motivazioni poste a base della modifica contrattuale in questa sede esaminata e le modalità della relativa comunicazione al cliente, questo Collegio ritiene che lo jus variandi sia stato esercitato, nella specie, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste conformità con il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed hadisposto dell’art. 118 TUB. Il ricorso, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrentepuò essere accolto.
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DIRITTO. La CommissioneL’eccezione preliminare di incompetenza dell’Arbitro ratione materiae è da rigettare. Anzitutto occorre ribadire che “il contratto di deposito titoli in amministrazione (cfr. art. 1838 c.c.) rientra tra le ‘operazioni e i servizi bancari e finanziari’, 30/09/2016 contiene di cui al § 4 delle ‘Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie’, emanate dalla Banca d’Italia. È significativo, a tale riguardo, che le ‘Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari’, del pari emanate dalla Banca d’Italia, contemplino il servizio di custodia e amministrazione tra quelli a cui le stesse si applicano. Tale valutazione non è inficiata dalla circostanza che il contratto svolge una funzione normalmente ancillare rispetto alla prestazione di servizi d’investimento. Trattasi, infatti, pur sempre di un contratto avente una causa tipica e non avente come oggetto specifico la prestazione di servizi di investimento e che vale invece a disciplinare, sotto un particolare, delicato profilo, il rapporto fra la banca ed propri clienti, anche un’istanza se questi contemporaneamente rivestano la qualifica di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90investitori e siano come tali interessati da discipline e tutele ulteriori (specificamente dettate dal TUF, ritiene d.lgs. n. 58/1998, e dai relativi regolamenti di poter decidere nel merito attuazione), rispetto a quella applicabile al deposito dei titoli in amministrazione”: così Collegio Centro, decisione n. 4172/2013. Da parte sua il ricorsoCollegio Nord (decisione n. 2126/2013) ha precisato che tale contratto “riveste una funzione normalmente accessoria rispetto alla prestazione dei servizi di investimento. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato cheNella prassi si assiste, infatti, in relazione all’istanza prima battuta alla stipulazione di accesso un contratto c.d. quadro — che il TUF chiama ’contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento’ - con cui l’intermediario assume l’obbligo di attivarsi per conto e nell’interesse del 30/09/2016 non è in possesso cliente, prestando tutti i servizi necessari o utili per l’investimento. A servizio del contratto da ultimo menzionato, si accompagna normalmente la stipulazione - di nessun documentoaltri contratti bancari collegati, di ▇▇▇▇▇▇norma individuabili in un contratto di conto corrente - e/o di deposito titoli. Poiché, nei confronti quindi, ci si trova innanzi ad un’ipotesi di rapporto contrattuale complesso, viene in rilievo il ’criterio della prevalenza delle finalità’ (di investimento o meno) previsto dalle ‘Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia’, utilizzato per l’individuazione della disciplina di trasparenza - quella recata dal TUB in alternativa a quella del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesiTUF - applicabile al ‘prodotto composto’”. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti È evidente allora - come affermato da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio questo Collegio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, decisione n. 2076/2012 - che, ai sensi dell’art.2fini dell’applicazione di questo ‘criterio della prevalenza della finalità’, comma 2 non può “prescindersi dalla evoluzione del D.P.R. 184/2006 quadro ordinamentale successivamente alla previsione della norma codicistica, soprattutto con riguardo agli obblighi derivanti alla banca dalla previsione secondo cui essa deve ‘in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli’. Al riguardo, sembra opportuno ricordare come la Relazione al c.c., nel delineare le finalità del contratto di cui all’art. 1838 c.c., si riferisca all’espletamento, da parte della banca, di un’attività avente ad oggetto la ‘cura di amministrare i titoli’, sostanzialmente corrispondente a quella che potrebbe espletare lo stesso cliente, collocando ’i titoli in cassette di sicurezza’ (e che, appunto, viene affidata alla banca, con l’eventuale sua responsabilità per ‘le conseguenze di ogni trascuratezza’). Da allora, e segnatamente negli anni più vicini (quale riflesso del processo di profonda e continua trasformazione dell’economia), può dirsi, in sintesi, essersi venuta a sviluppare, nell’ordinamento, con quei marcati caratteri di specialità di cui la finale elaborazione del TUF e le sue successive modifiche rappresentano significativa attestazione, un’articolata disciplina settoriale dei ’servizi e attività di investimento’. Sembra evidente, allora, come risulti ormai interamente regalala da una tale disciplina — e non èpuò, comunquedi conseguenza, tenuta ad elaborare dati in suo possesso che considerarsi estranea al fine perimetro della disposizione codicistica (ed alla sua residua portata precettiva) — l’adempimento degli obblighi dell’intermediario funzionali all’attuazione delle strategie di soddisfare le richieste investimento del cliente”. Così, la questione della competenza dell’ABF sembra da risolvere negativamente almeno nei casi, come evidenzia ancora il Collegio di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte Napoli, “in cui l’istanza l’oggetto della doglianza attiene a una contestazione del deficit di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta diligenza dell’intermediario nell’adempimento sì di informazioniobblighi di informazione verso il cliente, come tale inammissibile ma di obblighi che non sono, tuttavia, quelli strumentali all’esercizio dei diritti inerenti ai titoli amministrati che il contratto di deposito demanda pur sempre all’intermediario, ma investono, a ben vedere, un piano completamente diverso, ed anzi antitetico, rispetto alla corretta gestione da parte dell’intermediario degli strumenti finanziari appunto presso di lui ’depositati’, attenendo piuttosto a quello delle scelte di conservazione/liquidazione dell’investimento direttamente da parte del cliente. Un piano, insomma, che è proprio quello della violazione delle generali regole di condotta che incombono all’intermediario ai sensi dell’art. 2221 TUF, comma 4 appunto là dove prescrive che nella prestazione di ‘servizi di investimento e accessori’ l’intermediario operi in modo che il cliente sia sempre informato”. In definitiva - ed è questo il pensiero del Collegio di coordinamento, decisione n. 989/2014 - è alla considerazione della legge 241/90 doglianza fatta valere, nel caso concreto, dal cliente “cui deve aversi riguardo per la decisione circa la competenza o meno, ratione materiae, dell’ABF”. Così ricostruito il quadro d’insieme, nel caso de quo la competenza del Collegio va affermata, poiché in discussione è una vertenza che si incentra proprio sull’amministrazione dei titoli in deposito, senza alcun collegamento né con la gestione degli stessi e dall’artneppure con servizi di investimento ad essi collegati. 2, comma 2 Si tratta cioè di verificare quale sia stato il comportamento tenuto dall‘intermediario nel consentire al proprio cliente/depositante di giovarsi di una facilitazione — liquidata su una carta magnetica (altro elemento tipicamente “bancario”) — connessa al saldo del D.P.R. 184/2006conto titoli. Fatte tali precisazioni Ci si muove cioè esattamente nell’ambito di quello che è il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza contenuto del contratto bancario di accesso presentata dalla ricorrentedeposito titoli in custodia e amministrazione.
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DIRITTO. La CommissioneIn via preliminare, 30/09/2016 contiene la banca resistente ha eccepito la genericità della domanda formulata dalla società ricorrente, sostenendo che quest’ultima mirerebbe ad ottenere una “valutazione” come tale inidonea ad esprimere la soddisfazione di interesse alcuno. L’eccezione è infondata. Premesso che, secondo il consolidato orientamento di questo Arbitro, esso, anche un’istanza in considerazione della natura della procedura tendenzialmente scevra dall’esasperazione formalistica, è tenuto ad applicare con particolare acribia il principio per il quale il giudicante deve individuare il contenuto e la portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, senza limitarsi al tenore meramente letterale delle stesse e prestando invece riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, per come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte richiedente, la domanda svolta dalla ricorrente, espressa con la formula “valutare la legittimità del comportamento della Banca”, è, in tutta evidenza una domanda di accesso agli atti accertamento di diritti come tale pacificamente ricadente fra quelle ammesse ai sensi della legge 241/90Sez. I, ritiene § 4, alinea 2 delle Disposizioni sui sistemi di poter decidere nel merito risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (in breve “Reg. ABF”), là dove si contempla che “all’ABF possono essere sottoposte tutte le controversie aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono”. Viceversa, il ricorsoCollegio deve rilevare d’ufficio l’inammissibilità della connessa domanda di risarcimento del danno. Sotto Oltre ad eccedere per valore i limiti di competenza di questo Arbitro, tale domanda risulta formulata e articolata solo nelle repliche alle controdeduzioni, dunque vuoi tardivamente vuoi attraverso uno scritto irrituale in quanto non previsto dalle norme che governano il procedimento ABF (cfr. in senso analogo Collegio Milano decc. nn. 4264/12 e 3895/12). Nel merito, il denunciato comportamento di cui la ricorrente chiede accertarsi l’asserita illegittimità, consisterebbe in una duplice condotta: per un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato cheverso l’avere artatamente mantenuto in essere l’esposizione debitoria al fine di far maturare interessi, oneri e commissioni sul conto affidato in luogo di ridurne l’esposizione attraverso il ricorso alla garanzia, in relazione all’istanza parallelo concessa dalla ricorrente mediante costituzione di accesso pegno su titoli; per altro verso l’avere escusso la predetta garanzia quando la società aveva già da un anno depositato ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo e in assenza di qualsivoglia ordine in tal senso da parte della ricorrente. Non pare a questo Collegio che il primo comportamento sia suscettibile di censura alcuna. Non essendo minimamente contestata né l’esistenza del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti credito né l’esistenza e la validità del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accessopegno, la precedente consegna scelta della resistente di escutere la garanzia non appare ostativa obbiettivamente sindacabile non esistendo norma alcuna che imponga al creditore di attivare il titolo di garanzia in un momento piuttosto che in un altro, alla reiterazione sola condizione che l’escussione non avvenga in modo abusivo, circostanza che quivi non pare ricorrere ovvero oltre i termini di validità della domandagaranzia medesima, anche laddove, in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti palesemente non spirati al momento della richiesta sua escussione. Discorso diverso richiede la seconda condotta denunciata. La circostanza dell’escussione del pegno dopo l’avvio della procedura concordataria non è di per sé tale da invalidare l’atto satisfattivo. Correttamente la difesa della Banca ha ricondotto la garanzia in questione nell’alveo delle garanzie per obbligazioni finanziarie regolate dal d. lgs. 170/2014 (ossia le obbligazioni contratte fra un intermediario o altro soggetto finanziario ed una persona non fisica), il cui art. 9 preserva la tipologia di garanzie in questione dai limiti imposti dalle procedure concorsuali (altresì espressamente sottraendo siffatte garanzie al disposto dell’art. 203 d. lgs. 58/1998). D’altronde l’art. 4 dello stesso decreto, espressamente al comma 2° prevede l’obbligo del creditore pignoratizio di informare “immediatamente per iscritto il datore della garanzia stessa o, se del caso, gli organi della procedura di risanamento o di liquidazione in merito alle modalità di escussione adottate e detenuti all'importo ricavato”, motivo per il quale la sopravvivenza della garanzia finanziaria alla procedura non può veramente revocarsi in dubbio. L’escussione in pendenza della procedura concordataria non può di conseguenza, per ciò solo, ritenersi illecita o altrimenti abusiva. Quanto precede non esaurisce, tuttavia, l’indagine circa la legittimità dell’escussione che costituisce oggetto della domanda della ricorrente. In effetti, lo stesso art. 4 d.lgs. 170/2014 cit. correttamente evocato dalla pubblica amministrazioneresistente ai fini dianzi menzionati, nel disciplinare l’escussione del pegno, ammette, al comma 1°, tre metodi alternativi (vendita o appropriazione dei beni pignoratizi o utilizzo del contante) premettendo tuttavia la seguente locuzione: “il creditore pignoratizio ha facoltà ... di procedere osservando le formalità previste nel contratto”. Tale ultima precisazione (“osservando le formalità previste nel contratto”) vale a sottoporre la procedura di escussione anche ai precisi, eventualmente diversi accordi intervenuti fra le parti il cui rispetto diviene dunque essenziale ai fini della validità dell’escussione stessa. In altri termini, mentre senz’altro dell’intervenuta escussione deve essere data pronta notizia al debitore (o alla procedura), l’eventuale preventiva informazione circa l’intendimento di escutere non viene disciplinata dalla legge ma neppure questa esclude che le parti possano pattiziamente prevederla. Il rilievo si rende necessario in quanto i vari contratti di pegno susseguitisi nel tempo fra le parti litiganti prevedevano invariabilmente una clausola la quale imponeva alla banca di preavvisare il costituente dell’escussione con almeno 2 giorni di preavviso (5 nel caso in cui il costituente fosse un terzo). Occorre, dunque, verificare se tale formalità, contemplata espressamente nell’accordo inter partes, e dunque costituente, per effetto del richiamo operato nel cit. art. 4 comma 1° alle formalità negoziali, condizione essenziale per la validità dell’escussione sia stata rispettata o meno. La parte resistente ha prodotto una comunicazione del 9 febbraio 2015, in cui si dà atto dell’intervenuta escussione del pegno, senza tuttavia che la stessa precisi quando questa abbia avuto luogo. La parte ricorrente, in sede di ricorso, afferma, invece, che in data 26 e 30 gennaio 2015, aveva ricevuto comunicazione dalla ricorrente e dal gestore di un fondo (le cui quote, insieme ad altri titoli, costituivano oggetto della garanzia in parola) della vendita dei titoli e quote. Non è chiaro se la comunicazione sia avvenuta o meno per iscritto né se la stessa fosse preventiva o successiva all’alienazione dei beni pignoratizi. A fronte di tale deduzione, la resistente non ha fornito prova alcuna di aver preavvisato il debitore, in forma scritta e anteriormente all’escussione: prova che peraltro sarebbe stato agevole amministrare essendo allo scopo sufficiente la produzione delle copie delle presunte comunicazioni nelle date in cui la ricorrente ha sostenuto di averle ricevute. Tanto convince il Collegio che la resistente non abbia reso tali preavvisi scritti alla ricorrente con ciò violando la formalità da essa stessa pattuita nel contratto di pegno. Il che, ai sensi dell’art.2per le suesposte ragioni, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata induce a riesaminare l’istanza di accesso presentata dalla ricorrenteritenere illegittima l’escussione.
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DIRITTO. La CommissioneCosì riassunte le questioni rispettivamente devolute dalle parti litiganti nel presente giudizio d’appello, 30/09/2016 contiene anche un’istanza occorre innanzitutto precisarne la relativa tassonomia. Ciò in ragione del fatto che l’appellante ATAC chiede in via meramente subordinata che sull’originario ricorso sia declinata la giurisdizione amministrativa a favore del giudice ordinario, trascurando che il potere dispositivo della parte esplicantesi nella graduazione delle domande non può essere riconosciuto quando tra le questioni ad esse sottese vi sia quella concernente la giurisdizione del giudice adito. A questo riguardo deve infatti darsi seguito all’insegnamento dell’Adunanza plenaria di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90questo Consiglio di Stato 4 giugno 2011, ritiene n. 10, secondo cui l’esame di poter decidere detta questione assume carattere necessariamente prioritario. E tanto in virtù del condivisibile argomento secondo cui il potere del giudice adito di emettere qualsiasi statuizione, sia in rito che nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di ▇▇▇▇▇▇, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi asseritamente lesi. Resta inteso che, anche in relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non appare ostativa alla reiterazione della domanda, anche laddovepostula che su quest’ultima lo stesso sia effettivamente munito della potestas iudicandi, ossia di quell’imprescindibile presupposto processuale al solo ricorrere del quale è consentito pronunciarsi sulla medesima. Nella citata pronuncia l’organo di nomofilachia della giurisdizione amministrativa ha tra l’altro posto in ipotesirilievo la necessità che sulla domanda non si pronunci in alcun modo il giudice sfornito di giurisdizione, i documenti fossero stati smarritie che la stessa possa invece essere riproposta, completamente impregiudicata, davanti a quello munito di giurisdizione, a mezzo della c.d. Ciò postotranslatio iudicii, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisioneintrodotta per la prima volta dall’art. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non è, comunque, tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso. Parimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 59 della legge 241/90 n. 69/2009 (in seguito alle note decisioni della Corte costituzionale n. 77 del 12 marzo 2007 e delle Sezioni unite civili 22 febbraio 2007, n. 4109), ed ora riprodotto dall’art. 211 del cod. proc. amm. Anche per questo rilievo, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento equindi, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza non si può prescindere dal prioritario esame della questione di accesso presentata dalla ricorrentegiurisdizione.
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