Common use of DIRITTO Clause in Contracts

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Decision Correction

DIRITTO. La ricorrente allega di essere stata vittima di un raggiro messo in atto da un rappresentante di un’impresa che commercializza macchinari per uso estetico, il quale le avrebbe prospettato un contratto di affitto o noleggio di macchinari, liberamente risolvibile senza penale, ad un canone mensile di ▇▇▇ ▇▇▇▇, ▇▇, ▇▇ modo ingannevole e creando artatamente confusione sulla tipologia contrattuale proposta, l’avrebbe poi indotta a sottoscrivere un contratto di leasing con la società di leasing [ZZ]. La ricorrente, pur avendo onorato il contratto di leasing in questione per circa due anni, versando i canoni previsti, ne rileva ora la “nullità”, chiedendo la condanna dell’odierna convenuta alla restituzione di quanto illegittimamente percepito, oltre al risarcimento di tutti i danni subiti per la condotta illegittima posta in essere da un rappresentante della società fornitrice [YY], legittimato dalla società di leasing [ZZ]. A suffragio della propria ricostruzione, la ricorrente produce due moduli contrattuali, non firmati e privi dell’indicazione del nome del cliente, in cui si descrivono i rapporti tra le parti. In particolare, in uno dei due documenti si fa riferimento ad un contratto di “affitto/noleggio”, che prevede altresì il passaggio di proprietà al cliente dopo 59 mesi di utilizzo dei macchinari e l’obbligo per il cliente di contrarre un apposito finanziamento con una banca locale. Nel secondo documento vi è regolata, invece, un’opzione di acquisto dei macchinari a favore del potenziale acquirente allo scadere del periodo di prova. Produce, inoltre, il contratto di leasing stipulato con la convenuta, recante la firma della stessa ricorrente in tutte le sue parti. L’asserito vizio del contratto prospettato dalla ricorrente evoca il dolo nella conclusione dei contratti (art. 1439 c.c.) e, benché nel ricorso tale vizio sia qualificato come “nullità”, dall’insieme delle allegazioni formulate, la domanda non può che essere interpretata come richiesta di “annullamento” del contratto per vizio del consenso, quale presupposto idoneo a fondare la richiesta di restituzione dei canoni di leasing versati. In questa prospettiva, si segnala che le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari emanate dalla Banca d’Italia (provvedimento del 12.12.2011), Sez. I, § 4, 2° comma, stabiliscono che “All’ABF possono essere sottoposte tutte le controversie aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono”. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto registrano, pertanto, orientamenti non univoci in merito alla possibilità per l’Arbitro di emanare pronunce con effetto costitutivo. Ciò non di meno, anche a voler ritenere che tale competenza possa essere riconosciuta all’Arbitro, e pertanto valutando nel merito la domanda dell’attuale ricorrente, si osserva che quest’ultima non ha fornito una prova sufficiente dei termini della transazione, poiché fatti che vi pone a fondamento. In particolare non vi è in gran parte dall’inquadramento atti la prova dei raggiri che la ricorrente assume essere stati usati dal rappresentante dell’impresa fornitrice dei macchinari per indurla a ritenere che si trattasse di questi un contratto di affitto/noleggio. Né rappresenta una prova a tal fine sufficiente la produzione dei due moduli contrattuali che dipende l’esito la ricorrente afferma di aver ricevuto dal rappresentante della controversiasocietà fornitrice [YY], perché non è provato in quale contesto essi siano stati consegnati alla cliente e con quale finalità. Nell’accordo transattivo era specificato In sostanza, non solo i raggiri capaci di integrare il dolo contrattuale devono essere provati in modo specifico e rigoroso, ma nella specie mancherebbe anche un’idonea prova presuntiva secondo l’art. 2729 c.c., soprattutto se si considera che «la stessa ricorrente ha prodotto in atti un contratto di locazione finanziaria inequivocabilmente qualificato come tale nell’intestazione e nel testo che essa stessa ha firmato in tutte le sue parti, senza che la sua firma sia stata disconosciuta. Inoltre, nel caso in esame, i raggiri sarebbero stati usati dal rappresentante della società fornitrice [YY] che è terza rispetto alle parti. La ricorrente, infatti, non lo qualifica come rappresentante della società di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteleasing [ZZ] e quest’ultima dichiara trattarsi di un suo mero procacciatore d’affari (legittimato a collocare i contratti di leasing per contro della società di leasing [ZZ]), l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione ma non di un suo rappresentante. In tal caso, ai fini dell’annullamento del contratto, occorrerebbe altresì dimostrare che gli asseriti raggiri siano stati noti al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» contraente che ne ha tratto vantaggio (art. 1439, 2° comma, c.c.). Tutto ciò premesso e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa considerando che anche nel procedimento davanti all’ABF valgono i principi generali in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione onere della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex prova (art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.52697 c.c.), la banca è sempre tenuta il Collegio ritiene non provati i fatti posti a segnalare, a beneficio fondamento della domanda della ricorrente di restituzione delle somme versate alla convenuta in adempimento del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito contratto di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova leasing e conseguentemente assorbito l’esame della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitoriedomanda sul risarcimento del danno.

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Sources: Contract for the Use of Professional Equipment

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini Per quanto concerne la contestazione dell’intermediario circa la qualifica del ricorrente come consumatore, si osserva che la presente controversia verte sull’accertamento della transazionenullità di una fideiussione omnibus rilasciata a garanzia delle obbligazioni di una società cooperativa di cui la parte ricorrente risultava socia. Secondo le affermazioni di parte ricorrente, poiché è tale società era stata costituita dai promissari acquirenti di immobili in gran parte dall’inquadramento costruzione, al fine di questi ottenerne l’assegnazione a seguito del fallimento del costruttore. In proposito il Collegio di ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇, nella decisione n. 5368/2016 ha stabilito che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in “nel caso di puntuale ed esatto adempimento» una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle prestazioni ivi stabiliteobbligazioni di una società commerciale, l’intermediario «nulla più avrà spetta al Collegio giudicante determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a pretendere in relazione tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata”. Nella fattispecie allora esaminata, il Collegio ha rilevato che “non fosse applicabile la normativa in tema risultano agli atti elementi tali da indurre a contestare l’esposizione del ricorrente, che come anticipato si è autoqualificato come “consumatore”. Non emerge il possesso al momento del rilascio della garanzia di semplificazione del procedimento una partecipazione non trascurabile al capitale della società, oppure l’assunzione di cancellazione delle ipoteche […]cariche sociali. Al contrario, la stessa avverrà solo natura di cooperativa edilizia della società garantita e le finalità stesse della garanzia (agevolare la concessione di un finanziamento alla società per la realizzazione degli immobili programmati) lascia ipotizzare che il garante non sia stato mosso esclusivamente da favor societatis ma anche dall’interesse mutualistico a cura diventare proprietario di un immobile. Più di recente, il Collegio di Coordinamento ha ribadito tali principi (decisione n. 14555/20), richiamando il proprio precedente del 2016 e spese l’ordinanza della Corte di Giustizia UE del richiedente»19 novembre 2015 nella causa C-74/15. Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare In tal senso va anche il recente intervento della Suprema Corte (ord. 742/2020) che ha considerato consumatore “il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (a anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questionesenso proprio)”. Orbene, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel nel caso di specie, risulta in atti copia della visura della società cooperativa aggiornata al 17/07/2020, dalla quale non possono desumere gli indici presuntivi della qualifica di “non consumatore” indicati dal Collegio di Coordinamento (“l’amministrazione” della società o “una partecipazione non trascurabile alla società”). La ricorrente non è infatti amministratrice della società; i soci di quest’ultima sono 47. Ne deriva in conclusione che parte ricorrente può effettivamente essere considerata alla stregua di un consumatore. Tanto precisato, l’intermediario, sebbene non abbia formulato una specifica eccezione di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione materiae dell’ABF, ha poi richiamato, nelle proprie controdeduzioni, un orientamento del Collegio di Bologna, espresso nella decisione n. 18418/2019, secondo cui la domanda di nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust esulerebbe dalla competenza ratione materiae dell’ABF. Sulla questione è intervenuto il convenuto Collegio di Coordinamento, con la decisione n. 14555/20, rilevando che: “ … ai sensi dell’art. 33, 2° comma, della legge n. 287 del 1990 (e successive modificazioni), le sezioni specializzate in materia d’impresa sono esclusivamente competenti per «le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle La posizione del Collegio di Coordinamento è stata avallata dalle più recenti decisioni assunte dai Collegi ABF: ex multis Collegio di Bologna, n. 17928/2021e Collegio di Bari n. 13895/2021. L’eccezione è dunque infondata. Infine, in merito all’eccepita genericità delle richieste di parte ricorrente, si rammenta che nel procedimento ABF “il ricorrente è tenuto a formulare una domanda che sia articolata nel petitum (il provvedimento o il bene della vita richiesto) e nella causa petendi (la situazione giuridica giustificatrice della domanda) e a produrre la documentazione dimostrativa” (cfr. Collegio di Coordinamento con la decisione n. 10929/16), potendo, al più, ribadire e puntualizzare, in sede di repliche, la domanda già formulata in sede di ricorso, non essendo ammessa una mutatio libelli (cfr. Collegio di Bologna, n. 21459/2021; Collegio di Torino, n. 4374/2020; Collegio di Roma, decisione n. 4821/2019, Collegio di Milano n. 20926/2021). Orbene, nel caso di specie, la parte ricorrente, in sede di ricorso, chiede l’accertamento della nullità della fideiussione, lamentando che la mancata concessione del mutuo da parte della banca le avrebbe precluso di riacquistare l’immobile oggetto di contratto preliminare di compravendita. In sede di reclamo, l’odierna ricorrente rilevava unicamente la nullità della fideiussione “alla luce della ormai unanime giurisprudenza della cassazione” e lamentava di non essere riuscita ad acquistare l’immobile a causa della mancata concessione del finanziamento. L’intermediario riscontrava il reclamo, interpretando il riferimento all’“ormai unanime giurisprudenza della cassazione” come richiamo agli orientamenti giurisprudenziali in tema di nullità dei contratti di fideiussione che riproducono le clausole del modello ABI ritenute lesive della libertà di concorrenza. Orbene, in sede di ricorso, parte ricorrente non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare alcuna precisazione in merito alle ragioni del fondamento della nullità. È soltanto nelle memorie di replica che la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni ricorrente ha fornito precisazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda alle cause di cancellazione nullità della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.fideiussione:

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Sources: Contract for Sale

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneLa questione dianzi riassunta e sottoposta alla decisione di questo Collegio rientra in ipotesi disciplinata dall’art. 125 quinquies del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB (d. lgs. 1 settembre 1993, poiché è in gran parte dall’inquadramento n. 385) a norma del quale “1. Nei contratti di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «credito collegati, in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteinadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in relazione mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile. 2. La risoluzione del contratto di credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l’obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l’importo che sia possibile applicare stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso. …”. Il dettato della norma evoca, affinché possa pronunciarsi la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema risoluzione del contratto di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]credito al consumo, la stessa avverrà solo a cura e spese necessaria ricorrenza, oltre che dell’avvenuta messa in mora del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivofornitore, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni condizione di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi»1455 cod. Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.bciv. (ai sensi del quale “Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra”) ossia la gravità dell’inadempimento. In proposito, può dirsi che certamente ricorre la prima delle condizioni richieste, poiché il ricorrente ha dato prova di aver inutilmente messo in vigore dal 14 maggio 2011mora il debitore. Riguardo alla seconda condizione richiesta - ossia l’accertamento circa la gravità dell’inadempimento ed anzi ancor prima l’accertamento circa la stessa ricorrenza di un inadempimento del fornitore - deve ricordarsi che la natura strettamente documentale del procedimento che si svolge innanzi a questo Arbitro implica che sia preclusa l’esperibilità di mezzi istruttori quali, per tutti, la Consulenza Tecnica. Ne consegue che ai fini della pronuncia sulla risoluzione del contratto di finanziamento la gravità dell’inadempimento del fornitore deve essere agevolmente rilevabile dai documenti versati agli atti del procedimento e quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" la ricorrenza delle condizioni per la cancellazione delle ipoteche a garanzia risoluzione del collegato contratto di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento)fornitura. In proposito vi è da osservare che è tutt’altro che chiaramente dimostrato, senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimentonell’ambito del presente procedimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5l’inadempimento del fornitore.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si La controversia sottoposta all’esame del Collegio verte sulla ormai nota questione del mancato rimborso da parte dell’intermediario dell’importo della quota non maturata delle commissioni bancarie e finanziarie nonché degli oneri assicurativi corrisposti in occasione della stipulazione di contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio e con delegazione di pagamento, a seguito dell’estinzione anticipata degli stessi contratti. In via preliminare il Collegio è tenuto ad esaminare l’eccezione relativa al valore liberatorio della quietanza sottoscritta dal ricorrente in sede di estinzione del contratto di finanziamento; sul punto, il Collegio di Coordinamento si è pronunciato nella seduta del 5 aprile 2017 con la decisione n. 8827/2017, in occasione della quale ha affermato che: “Ad avviso del Collegio, all’atto di quietanza sottoscritto dal ricorrente non può essere ricondotta l’efficacia preclusiva propria dei negozi rinunciativi o transattivi. La quietanza liberatoria sottoscritta dal ricorrente relativamente al contratto in esame ha contenuto analogo a quella rispetto alla quale si è pronunciato il Collegio di Coordinamento per cui in ossequio a tale pronuncia, questo Collegio ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneche la quietanza sottoscritta dal ricorrente non abbia valore liberatorio sicché le domande formulate dal ricorrente possono essere esaminate nel merito. Il Collegio richiama il costante orientamento dell’ABF secondo il quale, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema estinzione anticipata del prestito contro cessione del quinto della retribuzione/pensione / con delegazione di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non pagamento: (a) sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazionirimborsabili, per la parte non riscossa. Ad ogni modomaturata, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova le commissioni bancarie (comunque denominate) così come le commissioni di intermediazione e le spese di incasso quote; (b) in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci deve essere preso in considerazione al fine della natura individuazione della segnalazionequota parte da rimborsare; (c) l’importo da rimborsare viene stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis, né della relativa decorrenza, non consentendo tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue; (d) l’intermediario è tenuto al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere rimborso a favore del cliente di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitoriesuddette voci, incluso il premio assicurativo (v. Collegio di Coordinamento, decisione n. 6167/2014). Il Collegio richiama, altresì, come il Collegio di Coordinamento, successivamente, abbia espresso i seguenti princìpi generali: (a) l’art. 125-sexies t.u.b. è una norma imperativa che esplicita un criterio di competenza economica non derogabile; (b) di conseguenza, «il ricorso all’autonomia negoziale non può spingersi fino ad escludere ex ante – attraverso la negoziazione di un criterio di rimborso alternativo a quello pro rata temporis – il rimborso di costi versati dal cliente e dovuti per attività o prestazioni non erogate per effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento»; (c) fermo restando quanto precede, nonché la ribadita esigenza di una chiara distinzione tra costi up front e costi recurring, l’autonomia negoziale delle parti può esplicarsi nella individuazione del criterio di maturazione dei costi definiti come recurring, nel senso che tale maturazione può «avere uno sviluppo non strettamente lineare o proporzionale»; (d) quando ciò avviene, anche il rimborso dovuto al soggetto finanziato in caso di estinzione anticipata può – coerentemente – seguire il criterio adottato per la maturazione dei costi recurring, ossia può risultare «non strettamente lineare o proporzionale (come normalmente avviene)»; (e) in conclusione, dunque, «le parti sono libere di determinare i futuri costi recurring e la loro distribuzione nel corso del tempo, ma non la quota di quei costi oggetto di rimborso in caso di estinzione anticipata del finanziamento, la cui determinazione è, in ogni caso, regolata dal principio di competenza economica, da intendersi quale criterio legale di rimborso ex art. 125-sexies TUB» (decisione n. 10035/2016).

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneLe applicazioni più frequenti degli approdi giurispruden- ziali in materia di obbligo di segretezza sono state, poiché è in gran parte dall’inquadramento peral- Nelle gare pubbliche, l’obbligo di questi predisporre adeguate cautele a tutela dell’integrità delle buste contenenti le offerte delle imprese concorrenti “discende necessaria- mente dalla ratio che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» sorregge e provvederà giustifica il ricorso alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione gara pubblica per l’individuazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare checontraente, in ragione quanto l’integrità dei plichi contenenti le offerte dei partecipanti è uno degli elementi sintomatici della natura giudiziale se- gretezza delle offerte e non volontaria dell’ipoteca in questionedella par condicio di tutti i con- correnti, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» assicurando il rispetto dei principi di cancellazione ex artbuon an- damento ed imparzialità, consacrati dall’articolo 97 del- la Costituzione, ai quali deve uniformarsi l’azione am- ministrativa” (Cons. 13St., commi 8- sexies ss.Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862). L’art. 46, comma 1-bis del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntocodice dei contratti pubblici, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della nella sua cancellazionenuova formulazione, può darsi per provata prevede esplicitamente il principio di segretezza delle offerte, e adotta l’indirizzo giurisprudenziale più rigoroso secondo cui la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuoindici anche solo formali (cd. irregolarità) della vio- lazione di tale principio causa l’esclusione dalla proce- dura della concorrente che ha dato luogo all’irregolari- tà. tro, ma non la sua fonte. Ciò postoquelle relative al diverso caso di commistione tra offerta tecnica ed offerta economica, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto con il corollario della necessaria assenza di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»conoscenza da parte dei com- missari degli elementi della seconda al momento della valutazione della prima. Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce afferente ad una gara di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali appalto da aggiudicare con il procedimento «semplificato»criterio del maggior ribasso, la stazio- ne appaltante ha tratto la convinzione della violazione dell’obbligo di segretezza da una serie di elementi for- mali che, unitamente a quanto riscontrato nella proce- dura di appalto n. 37, hanno indotto la commissione giudicatrice a ritenere ragionevole l’assunto secondo cui le offerte delle due concorrenti fossero state elaborate di comune accordo. La soluzione negativa, sostenuta Fermo restando che gli elementi di natura formale sono tutti riconducibili alla collazione e invio delle offerte da un parte della dottrinastessa società di servizi, non pare trovare conferma testuale a questo Collegio che la modalità di predisposizione delle offerte utilizzata dalla società ricorrente sia di per sé violativa del principio in discussione. ▇▇▇▇▇▇, l’obbligo generale di segretezza dell’offerta economica ha lo scopo, come visto, di preservare la commissione giudicatrice da con- dizionamenti nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007sua decisione, n. 5al fine di garantire la par condicio tra concorrenti e il buon andamento del- l’azione amministrativa. Il fatto che entrambi i raggrup- pamenti abbiano utilizzato la stessa società di servizi (soggetto ad essi estraneo) per la collazione e l’invio dei plichi non attesta di per sé né il pericolo di propalazio- ne delle notizie non divulgabili né un accordo elusivo della trasparenza della procedura da parte delle due con- correnti, in assenza di irregolarità tali “da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte”. Tali irregolarità nella procedura di appalto per cui è causa non vi sono state (le buste economiche erano correttamente sigillate e non sono state peraltro aperte) e ciò esclude la viola- zione sia formale che sostanziale del principio di segre- tezza, nei termini ipotizzati dalla stazione appaltante. Ne consegue che la società ricorrente è stata illegittima- mente esclusa dalla gara di appalto n. 36, i cui profili valutativi avrebbero dovuto, in ogni caso, restare auto- nomi rispetto alle violazioni constatate in altre proce- dure. Quanto alla violazione del patto d’integrità, esclusa la lesione dei principi di lealtà, trasparenza e correttezza, che afferiscono direttamente a quello di segretezza delle offerte, l’unica disposizione da ritenersi concretamente applicabile al caso di specie è quella relativa alla dichia- rata assenza “di situazioni di controllo o di collegamen- to (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti” e alla sussistenza o meno di “accordo” con altri partecipanti alla gara. Il Collegio osserva che deve escludersi il ricorrere nel caso di specie di un collegamento formale o sostanziale tra le due concorrenti. Non vi è collegamento formale poiché gli assetti societari e di amministrazione delle so- cietà mandanti e mandatarie dei due raggruppamenti in esame erano del tutto diversi, non vi è collegamento so- stanziale poiché ne mancano alcuni tra gli indici più si- gnificativi (tra cui, in via esemplificativa, lo stesso luo- go di ubicazione delle sedi sociali, l’intreccio di parente- le reciproche o l’aver ricevuto l’attestazione SOA dal medesimo organismo). Decisiva, inoltre, è la circostanza che non siano state aperte le buste economiche; ne consegue che all’amministrazione era ex lege inibito di esprimere valutazioni in ordine ad un eventuale collega- mento sostanziale. Occorre a questo punto verificare se vi siano elementi di fatto tali da far desumere l’esistenza di un previo ac- cordo tra i due raggruppamenti nel coordinare tra di lo- ro le operazioni di gara, e, prima ancora, quale sia il concetto di “accordo” valorizzato dal patto d’integrità. Ritiene il Collegio che per “accordo” tra partecipanti ad una stessa gara possano essere individuate due diver- se fattispecie, una afferente ad un’intesa volta alla co- mune, materiale predisposizione dei plichi, l’altra con- nessa più direttamente ad una modalità fraudolenta vol- ta ad assicurare ad una delle due partecipanti il conse- guimento dell’appalto. In entrambi i casi, la stazione appaltante è onerata di fornire la prova, tramite rilievi formali e deduzioni logi- che gravi e concordanti, dell’avvenuto accordo. Nel caso di specie, come si limita è già ampiamente detto, la comune predisposizione dei plichi non è desumibile né dall’utilizzo da parte di entrambi i raggruppamenti della stessa agenzia di servizi per la collazione e l’invio dei plichi, né da elementi tratti da diversa e autonoma pro- cedura di appalto, in assenza di irregolarità tali “da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte” nell’ambi- to della procedura in esame, e in presenza di una busta economica integra e correttamente sigillata. Analogamente, non è possibile dedurre dagli elementi valorizzati dalla stazione appaltante un accordo fraudo- lento volto ad affermare assicurare ad una delle due partecipanti il conseguimento dell’appalto. Escluso, infatti, che nella specie fosse emersa un’irrego- larità nella chiusura dei plichi, la verifica della stazione appaltante circa l’accordo fraudolento avrebbe dovuto riguardare il contenuto dell’offerta economica contenu- ta nei plichi medesimi. In altre parole, l’amministrazione, in contraddittorio con le disposizioni società concorrenti, una volta proceduto all’e- sclusione, avrebbe dovuto verificare, tramite l’esperi- mento di una gara virtuale, e la conseguente apertura delle offerte economiche anche delle due concorrenti escluse, la sussistenza di ulteriori elementi di fatto, tali da suffragare l’ipotesi una combine tra due o più con- correnti. Nel caso di specie si sarebbe, ad esempio, potuta riscon- trare una distribuzione dei ribassi caratterizzata dalla presenza nella gara di valori concentrati soltanto in de- terminati intervalli, con assenza, cioè, di ribassi in am- pie fasce di valori, o la sussistenza di valori troppo vicini o troppo distanti per essere credibili sul piano tecnico- finanziario in rapporto alle commesse da affidare, il tut- to in armonia con il tentativo di porre in essere una c.d. cordata, sintomatica di una concorrenza soltanto fittizia. La stazione appaltante ha tuttavia ritenuto di dovere procedere all’escussione della cauzione senza chiedere chiarimenti alle imprese coinvolte od operare ulteriori approfondimenti sull’accertamento in concreto della sussistenza di un accordo fraudolento, nonostante lo stesso patto d’integrità postulasse come soltanto “possi- bile” l’inflizione di sanzioni a fronte di condotte lesive del corretto andamento della procedura. È chiaro al riguardo che la discrezionalità consentita al- l’amministrazione dal patto d’integrità non possa essere intesa come arbitrio nell’applicare le sanzioni ma come garanzia procedimentale per le concorrenti di adeguato coinvolgimento in contraddittorio nell’individuazione della sussistenza degli elementi di fatto da porre a soste- gno della contestazione. La richiesta di escussione della fideiussione risulta dun- que illegittima per un duplice ordine di motivi tra di lo- ro inscindibili, da un lato afferenti alla mancata corretta individuazione della condotta lesiva del patto d’integri- tà, dall’altro discendenti dalla totale assenza di contrad- dittorio e di istruttoria che ha caratterizzato il sub-pro- cedimento di applicazione della sanzione. In altre parole, la procedimentalizzazione dell’iter san- zionatorio sarebbe stata nel caso di specie non una inu- tile formalità garantistica ma una modalità di azione re- sa necessaria dal fatto che non erano stati acquisiti nel corso della gara elementi tali da poter sostenere né un’irregolarità formale nella chiusura dei plichi né un collegamento sostanziale, anche nei termini sopra enun- ciati di un accordo, tra le due concorrenti. Resta d’altra parte non comprensibile la ragione della mancata applicazione anche analogica alla fattispecie in esame della disciplina di cui all’art. 1338, comma 8-sexies2 del D.lgs. 163/2006, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte che prescrive che “la stazione appal- tante esclude i concorrenti per i quali accerta che le re- lative offerte sono imputabili ad un unico centro deci- sionale, sulla base di univoci elementi. La verifica e l’e- ventuale esclusione sono disposte dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica”. Ciò, anche in considerazione della circostanza per cui il “comune accordo” va accertato in concreto, e non sem- plicemente presunto, così come statuito dalla giurispru- denza della Corte di Giustizia dell’Unione europea nel caso, da ritenersi speculare a garanzia quello esaminato, della sussistenza di obbligazioni derivanti da contratti un rapporto di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionaticontrollo o collegamento tra imprese concorrenti (cfr. Sez. IV, con 19 maggio 2009, in C-538/07). In definitiva, dunque, il ricorso va integralmente accol- to, salva l’inammissibilità della domanda volta ad otte- nere l’annullamento della comunicazione del provvedi- mento di esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5all’ANAC.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Public Procurement Guidelines

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini La questione sottoposta alla cognizione del Collegio riguarda, relativamente ad un contratto di mutuo fondiario indicizzato al Franco svizzero, l’applicazione della transazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi clausola che dipende l’esito della controversiaregola la c.d. Nell’accordo transattivo era specificato che «rivalutazione del capitale in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteestinzione anticipata. In particolare, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere il ricorrente ritiene che la suddetta clausola sia invalida, in relazione al credito derivante dal rapporto precisato quanto formulata in oggetto» modo del tutto opaco per il consumatore, e provvederà pertanto, previo accertamento della sua illegittimità, chiede la rideterminazione di quanto dovuto per addivenire all’estinzione anticipata. Per la verità, parte attrice chiede, in via principale, che sia dichiarata la nullità dell’intero contratto e, soltanto in via subordinata, che ne sia dichiarata la nullità parziale. In sede di motivazioni del ricorso, tuttavia, formula le proprie argomentazioni esclusivamente con riguardo alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa menzionata clausola. Tanto premesso, si sottolinea che il Collegio di coordinamento di questo Arbitro, si è pronunciato già nel 2015 (tra le altre, Collegio di Coordinamento, decisione n. 5866/15), e, richiamando una decisione della Corte di Giustizia Europea in tema di semplificazione del procedimento clausole abusive inserite in un contratto di cancellazione mutuo indicizzato al franco svizzero, ha ritenuto che la previsione contrattuale – sostanzialmente identica a quella riferita in sede di fatto e il cui contenuto testuale non è ovviamente oggetto di contestazioni tra le parti – che stabilisce un siffatto meccanismo di indicizzazione sia nulla, ed ha ordinato all’intermediario di calcolare il capitale residuo da restituire in sede di estinzione anticipata come differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle ipoteche […]quote già restituite senza praticare, quindi, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» duplice conversione di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipotecacui alla suddetta pattuizione. Sul punto, avendo infine, si segnala che in una recente ordinanza del Tribunale di Roma, depositata il 3 gennaio 2017, il Giudice, adito a seguito dell’inadempimento di una decisione dell’ABF da parte dell’intermediario, ha fatto proprio l’orientamento dei Collegi. Conseguentemente, questo Arbitro, accertata la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza presente giudizio e tenuto conto del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni principio nominalistico di cui all’art. 131277, comma 8-sexies1° comma, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionatic.c., con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni stabilisce che l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui trattasi»si tratta nei sensi che seguono: il capitale residuo che il ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata e quella già corrisposta previamente ricalcolata sostituendo il tasso di interesse ultralegale applicato dalla banca con il tasso di interesse ex art. Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento)117 TUB, senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipotecapraticare la duplice conversione indicata dall’art. Non può trovare accoglimento, invece, 7 di cui è stata dichiarata la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5nullità.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Mutuo Fondiario

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazionePreliminarmente, poiché il Collegio è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito chiamato a valutare la validità e l’efficacia del contratto oggetto della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteInfatti, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]il Confidi resistente, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione attualmente iscritto nella sezione riservata ai confidi ex art. 13155, commi 8- sexies ss.comma 4, del D.L. n. 7/2007TUB per l’attività di concessione di garanzie “collettive” a favore di banche e altri intermediari autorizzati, non è abilitato al rilascio di garanzie nei confronti del pubblico (quali le fideiussioni a favore di enti e amministrazioni pubbliche o a imprese terze e privati in genere, anche se prestate nell’interesse di imprese socie del confidi (così si evince dal comunicato della Banca d’Italia del relativo elenco, aggiornato al 29 dicembre 2015). È decisivo evidenziare La questione non è nuova per l’Arbitro bancario finanziario: appare, quindi, utile riportare le argomentazioni svolte in un rilevante precedente proprio di questo Collegio secondo cui “chiarito, dunque, che l’intermediario non era autorizzato al rilascio di fideiussioni in favore del pubblico, e che la sua condotta si presenta suscettibile di integrare gli estremi anche della fattispecie delittuosa di abusivo esercizio di attività finanziaria ai sensi dell’art. 132 TUB vecchio testo, la questione che però a questo punto si tratta di affrontare – ed è quella realmente decisiva – è se la violazione delle norme pubblicistiche che stabiliscono i presupposti per il legittimo esercizio dell’attività finanziaria sia destinata anche ad avere incidenza ex se sui contratti in cui tale attività si scandisce e a determinarne l’invalidità. Si tratta, per vero, di un problema che involge questioni di vertice della teoria non solo del contratto ma anche dell’impresa, e che si riassume nell’interrogativo se alla qualificazione dell’impresa come “illecita” debba conseguire anche una qualificazione in chiave di nullità dei contratti che essa pone in essere. Il problema è delicato, e lo è in misura ancora più accentuata nel caso che ci occupa, dove ci si confronta con un contratto che si riconduce al paradigma di un contratto tipico, quale appunto la fideiussione, e dove allora è sicuramente più difficile seguire la traiettoria interpretativa consueta, che vorrebbe, in casi del genere, concludere nel senso della nullità virtuale del contratto ai sensi dell’art. 1418, primo comma, cod. civ. Se, infatti, si accede a quell’indirizzo ermeneutico che sottolinea come la nullità virtuale non discenda da ogni violazione di norma imperativa che abbia una qualche connessione con l’attività contrattuale dei privati, ma solo allorché si stabilisca una incompatibilità tra i valori protetti dalla norma e la regola negoziale, si può anche ragionevolmente dubitare che in casi come quello di specie una simile incompatibilità davvero sussista, così come si potrebbe anche dubitare che la qualificazione in chiave di nullità del contratto sia la soluzione più appropriata per la tutela degli interessi individuali coinvolti (e basti pensare, in un contesto come quello che ci occupa, al fatto che affermare la nullità del contratto se, per un verso, significa – ed è quanto rileva nel caso in esame – permettere al debitore garantito di ottenere la restituzione del corrispettivo pagato per il rilascio della fideiussione, per altro verso significa anche accordare un beneficio allo stesso intermediario, il quale potrà evidentemente sottrarsi, evocando la nullità, all’adempimento dei suoi obblighi nei confronti di quanti, tra i beneficiari di garanzie abusivamente rilasciate, al verificarsi dei relativi presupposti, intendessero procedere egualmente alla loro escussione). E tuttavia, pur non potendosi disconoscere che la conclusione della nullità del contratto presenta alcuni profili di criticità, sembra al Collegio che essa sia quella in casi del genere da privilegiare, ancorché sulla base di una considerazione diversa da quella consueta, che invoca genericamente il contrasto con le norme imperative disciplinanti l’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria e, dunque, predica la nullità virtuale del contratto ex art. 1418 c.c. Ritiene, infatti, il Collegio che se, in casi del genere, di nullità dell’atto di autonomia negoziale si può (e si deve) parlare, ciò avviene perché il contratto attraverso cui si scandice l’attività di impresa è caratterizzato – com’è stato detto con espressiva formula in quello che è ancora oggi il fondamentale studio in argomento – da una “inerenza teleologica e strutturale” alla stessa, con la conseguenza che in tali casi è la sua funzione che finisce per risultare illecita, giacché se al contratto non sono stati prospettati elementi sufficienti si comunicasse il disvalore espresso dalla illiceità dell’attività esso fungerebbe da strumento per suffragare conseguire proprio le utilità complessive di un’attività che risulta essere vietata. Insomma, quel che si intende sottolineare è che l’inerenza dell’atto all’attività fa sì che sia la tesi concreta causa negoziale del contratto a risultare illecita, il che è allora quanto consente – in un caso come quello che ci occupa con cui ci si confronta con uno schema contrattuale tipico, quale appunto la fideiussione – di concludere per la nullità” (ABF Napoli decisione n. 6343 del 2014). Successivamente, il tema si è arricchito per la recente decisione del Collegio di Coordinamento, che ha confermato la nullità per violazione di norma imperativa del contratto stipulato dall’intermediario privo delle necessarie autorizzazioni o, comunque, dell’iscrizione di uno dei contraenti in albi o registri tenuti dalla legge (decisione n. 4619/2016). Va sottolineato, peraltro, che il Collegio di Coordinamento ha precisato che la nullità in questione presenta consonanza con la categoria della resistente circa nullità relativa, poiché non vi è estranea l’esigenza di non pregiudicare il contraente che con il suo comportamento non ha dato causa alla nullità; in particolare, si è ritenuto di individuare una ratio comune all’art. 167 del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. 209/2005), a tenore del quale la natura giudiziale dell’ipotecanullità può essere fatta valere solo dal contraente dell’impresa di assicurazione non autorizzata. Sul puntoE, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi in effetti, è evidente l’effetto negativo per il cliente che, nel caso di nullità del contratto di fideiussione stipulato dal confidi non autorizzato come in quello del contratto di assicurazione di cui al citato art. 167, si troverebbe privato della copertura della garanzia nella quale aveva confidato. In tale cornice, va iscritta la fattispecie concreta all’esame del Collegio, nella quale la peculiarità è che l’eccezione di nullità non è stata sollevata dal ricorrente che ha chiesto, invece, la restituzione del premio pagato invocando l’esecuzione del contratto, nella parte in cui era sospensivamente condizionato all’accettazione del beneficiario della garanzia. Tuttavia, il Collegio ritiene di poter addivenire parimenti alla declaratoria della nullità del contratto: innanzitutto, occorre oggi tenere conto dell’orientamento sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di rilevabilità di ufficio e, più in generale, delle cause di invalidità e di inefficacia del contratto (Cass. Sez. Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), nella quale ha trovato sede anche una ricostruzione del valore della categoria dell’invalidità a carattere relativo quale strumento di tutela di interessi generali, che ha condotto all’affermazione della sua cancellazionerilevabilità di ufficio (sia pure non necessariamente seguita dalla sua dichiarazione, può darsi per provata se la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – parte chiede che la specifica tipologia causa sia comunque decisa nel merito o il giudice privilegi una ragione più liquida ai fini della decisione, come ha sottolineato autorevole dottrina). In questo contesto, in assenza di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa un’articolazione del procedimento che consenta di interpellare le parti, il Collegio è chiamato a svolgere una interpretazione complessiva, alla luce del principio, pacifico in giurisprudenza, a tenore del quale, in tema d’interpretazione della domanda, il giudice di semplificazione del procedimento di cancellazione merito è tenuto a valutare il contenuto sostanziale della pretesa, alla luce dei fatti dedotti in giudizio e a prescindere dalle formule adottate; conseguendone “che è necessario, a questo fine, tener conto anche delle ipoteche»domande che risultino implicitamente proposte o necessariamente presupposte, in modo da ricostruire il contenuto e l’ampiezza della domanda giudiziale secondo criteri logicamente corretti e tali da evidenziare la volontà della parte in relazione alle finalità concretamente perseguite dalla stessa” (▇▇▇▇. 26 settembre 2011, n. 19630, e, più recentemente, ▇▇▇▇. 18 marzo 2014, n. 6226). Nel caso di specie, appare evidente che il convenuto ricorrente non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare interesse alla conservazione del contratto, del quale anzi vuole liberarsi essendo venuta meno la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare sua funzione concreta, e chiedendo di ottenere la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce restituzione del premio versato: pertanto, il petitum sostanziale è lo stesso al quale la ricorrente avrebbe diritto con la dichiarazione di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio nullità del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuocontratto, ovvero a favore la restituzione delle prestazioni già eseguite, in ragione della normativa in materia di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi»indebito oggettivo. Ad ogni modoIl Collegio, va detto pertanto, ritiene che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda sia fondata quanto al diritto della società ricorrente di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardoottenere la restituzione delle somme versate pari a € 9.250,00, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema oltre interessi dalla data del reclamo e nonché il ristoro delle spese per assistenza difensiva nella misura equitativamente determinata di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5€ 200,00.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Contract of Guarantee

DIRITTO. Si ritiene Prima di esaminare nel merito la controversia sembra, tuttavia, opportuno dare preliminarmente conto dei termini riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della transazionedecisione. Con riferimento alla documentazione contrattuale versata in atti (contratto di leasing stipulato dalla Ricorrente e contratto di leasing stipulato dalla società cessionaria), poiché non sono percepibili differenze di rilievo tra i due documenti: la modulistica è su carta intestata del Convenuto e riporta i dati del concessionario convenzionato, nonché il timbro dello stesso; il bene concesso in gran parte dall’inquadramento locazione è lo stesso; in entrambi i casi il documento è qualificato come “proposta” di questi contratto. Va sottolineato che dipende l’esito i suddetti documenti prevedono, da un lato, che il contratto si perfezioni al momento dell’accettazione della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento “proposta” da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivodel finanziatore ma, resta da verificare se abbia ragione dall’altro lato, subordinano la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca consegna dell’auto a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»tale accettazione. Nel caso di speciespecie la consegna del veicolo, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizionisia nel primo che nel secondo caso, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato stata contestuale alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con sottoscrizione del modulo. Il Resistente ha dichiarato di non aver mai ricevuto la richiesta di subentro dal concessionario e conseguentemente di non aver mai prestato il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine consenso alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischicessione. Al riguardo, va rilevato che l’Art. 1, comma 3 della Condizioni Generali di Contratto – Parte I – prevede espressamente - in conformità alla disciplina codicistica - il divieto per l’utilizzatore di cedere il contratto senza il previo consenso del concedente. La Ricorrente nella denuncia presentata all’autorità giudiziaria ha dichiarato di essere stata indirizzata dal Resistente a rivolgersi a un concessionario autorizzato per la cessione del contratto di leasing; il Resistente ha dichiarato, invece, nelle controdeduzioni di “interloquire” nei casi della specie direttamente con ogni cliente. Sempre nella denuncia, la Ricorrente ha dichiarato che: a) il concessionario che ha curato la cessione è stato indicato dalla “signora cubana” con cui aveva preso contatto; b) il 30 giugno 2011 ha firmato un modulo “prima di entrare” nel concessionario, poi ha consegnato i documenti, la carta di circolazione, le chiavi dell’auto a una dipendente, all’interno dei locali della concessionaria, e ha lasciato anche la macchina; c) l’8 luglio 2011 ha ricevuto copia del contratto stipulato dalla cessionaria presso un centro commerciale; d) il 14 luglio 2011 ha telefonato alla concessionaria e ha appreso che l’appuntamento fissato per la cessione del contratto era stato rinviato; e) i primi di agosto 2011 si evidenzia è recato presso la concessionaria e ha parlato con un responsabile che secondo in un primo momento ha riconosciuto la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema modulistica e i timbri apposti come propri e successivamente ha affermato che trattavasi di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo un falso. Nelle Condizioni Generali di Contratto sono presenti una clausola risolutiva espressa nel caso di perdita di possesso del bene (sezart. 5.5.4 comma 2) e una penale (art. 8, comma 3), così calcolata: “somma … pari al totale dei seguenti importi, salvo la banca richiesta di maggiori danni: 1) un importo pari al valore attuale, al tasso di leasing concordato nelle condizioni particolari di contratto, di tutti i canoni periodici non ancora scaduti alla data di risoluzione fino alla scadenza della locazione finanziaria; 2) ed un importo calcolato nella misura pari al 4% sull’importo di cui sub 1)”. Il Resistente ha rilevato di aver calcolato il dovuto in base alla clausola sopra riportata non decurtando il valore dell’autoveicolo, in quanto non restituito. Per la determinazione del quantum (complessivi € 45.797,05) sono stati poi considerati anche gli interessi di mora maturati alla data dell’11.10.2011. La Ricorrente ha prodotto copia del pagamento di 4 rate tramite bonifico bancario a favore del Resistente (periodo giugno – settembre 2011) per complessivi € 5.538,39. Il procedimento d’ingiunzione a carico della Ricorrente è sempre tenuta stato avviato dal Convenuto successivamente (09.12.2011) alla presentazione del ricorso all’ABF (fax del 21.11.2011); in ordine alla manifestazione dell’interesse alla prosecuzione della procedura, la Ricorrente nella replica alle controdeduzioni così si è espressa: “Per le ragioni sommarie di narrativa, quindi, le parti ricorrenti insistono nell’accoglimento del ricorso presentato (fatta salva ed impregiudicata ogni altra ragione espressa nell’atto d’opposizione al ricorso per decreto ingiuntivo)”. Questo Collegio è, dunque, chiamato a segnalarepronunciarsi sulla presente vertenza, a beneficio del in virtù di quanto prevedono le sistemaDisposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, i c.ddSez. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioniVI, 2. Svolgimento della procedura, comma 5°, ovvero che “[…] Qualora la controversia sia sottoposta dall’intermediario all’autorità giudiziaria … nel corso del procedimento, la Con riferimento poi alla contestazione mossa dal procuratore della Ricorrente circa la riammissione in termini del Convenuto per la parte non riscossa. Ad ogni modoproduzione delle controdeduzioni, si evidenzia deve fin d’ora rilevare che i ricorrenti - stante la natura ordinatoria del termine individuata dalle “Disposizioni” sull’ABF – la Segreteria Tecnica non hanno fornito ha comunque considerato evidenza idonea a confermare l’avvenuta notifica, la prova nota di trasmissione fax (21.11.2011) allegata al ricorso, in quanto mancante della natura della segnalazionedenominazione del soggetto ricevente. Venendo, né della relativa decorrenzainfine, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentementeall’esame del regolamento contrattuale vigente tra le parti, sono respinte tutte le domande risarcitorie.deve ricordarsi che il contratto stipulato inter partes prevede espressamente che:

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DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto La domanda svolta dal ricorrente concerne l’accertamento della responsabilità della banca emittente in ordine all’avvenuto pagamento di un assegno circolare non trasferibile, nonostante l’originale sia rimasto sempre in possesso del richiedente il titolo (come emerge da produzione documentale). Il pagamento del titolo da parte della banca negoziatrice è avvenuto, a seguito della consumazione di un truffa, oggetto di denuncia alle Autorità in data 6/7/2015, a seguito della presentazione, successiva ad un annuncio di vendita su un sito internet, di una “fotografia” del titolo inviata dallo stesso ricorrente al presunto venditore dell’ autoveicolo. In sede istruttoria, è stato accertato, a seguito dell’esibizione di copia/fronte retro dell’assegno, la evidente contraffazione del titolo, negoziato in data 1/7/2015 tramite procedura di “check truncation” presso diverso intermediario, peraltro non convenuto nel presente giudizio. Va, innanzi tutto, disatteso l’argomento difensivo della banca resistente, secondo cui trattandosi di titolo negoziato in “check truncation”, resterebbe rilevante la circostanza che l’esame della sua regolarità formale avrebbe dovuto essere condotta dalla banca negoziatrice presso cui la copia del titolo è stata presentata per l’incasso. Come è noto, tale procedura consente alla banca negoziatrice di assegni bancari e circolari di chiederne il pagamento alla banca trattaria ed emittente, mediante invio di un messaggio elettronico concernente le informazioni necessarie per la sua estinzione, con la conseguenza che il titolo non viene trasmesso nella sua materialità alla stessa banca trattaria ed emittente (Circolare ABI Serie tecnica n. 33 del 7 ottobre 2010; Circolare ABI Serie tecnica n. 44 del 15 dicembre 2008). E’ evidente che se la predetta procedura resta funzionale, nell’esclusivo interesse delle banche partecipanti all’accordo e al quale resta completamente estraneo il richiedente, alla riduzione dei termini costi di negoziazione, non può ritenersi esclusa ogni responsabilità dell’emittente che ha pagato il titolo. Del resto, come emerso nel presente procedimento, il titolo in oggetto risulta evidentemente contraffatto, posto che l’originale è rimasto nella disponibilità del ricorrente e che si è proceduto al pagamento a seguito dell’invio di una “fotografia” dello stesso. Ne consegue, trattandosi di un assegno pacificamente clonato, il richiamo al noto onere di professionalità e di diligenza, posto a carico della transazionebanca dalla giurisprudenza di legittimità (tra le tante: ▇▇▇▇. 2007, poiché è n. 13777; Cass. 2004, n. 3729) e dall’orientamento dell’ABF (tra le tante: Collegio di Roma, decisione n. 4108/2013; Collegio di Roma, decisione n. 261/2010), secondo cui compete all’intermediario l’obbligo di adottare ogni opportuna cautela volta ad evitare il rischio di clonazione dei titoli di pagamento dal medesimo emessi e la conseguente responsabilità patrimoniale – in gran parte dall’inquadramento difetto di questi che dipende l’esito prova della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «violazione del dovere di custodia degli stessi titoli imputabile al richiedente (nella specie, evidentemente insussistente) – in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]loro clonazione. In sostanza, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione circostanza che la banca nell’affermare accetti di pagare il titolo “al buio” equivale a ometterne volontariamente la sua verifica materiale, con ogni connessa conseguenza in caso di titoli che presentino irregolarità cartolari che solo l’esame materiale del documento consentirebbe di verificare (Collegio di Milano, decisione n. 2989/2015). Esame che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso nel cso di specie, a seguito della materiale trasmissione del titolo, sarebbe stato di tutta ed immediata evidenza. Orbene, se in questi termini può individuarsi una responsabilità della banca emittente (impregiudicato ogni diritto astrattamente vantabile da quest’ultima nei confronti della negoziatrice), non potendo ritenersi che gravi sul richiedente il convenuto non rischio di clonazione di titoli negoziati in “check truncation”, va comunque valutato il comportamento del ricorrente, il quale, con imprudenza, ha fornito alcun elemento indiziario utile inviato la fotografia del titolo al presunto venditore a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce seguito dell’adesione ad una proposta di tali acquisizionivendita, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta semplicemente appresa da un parte della dottrinasito internet (come si ammette nel ricorso), non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni in assenza di cui all’artnecessarie verifiche e di ogni controllo. 13Tale comportamento ha sicuramente inciso sullo sviluppo causale degli eventi ed è rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 1227, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia c.c. (profilo richiamato anche nell’ipotesi di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindiresponsabilità extracontrattuale), a titolo esemplificativomente del quale “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che il risarcimento è diminuito secondo la Circolare n. 139/1991 gravità della Banca d’Italia colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”. In sostanza, detto principio, alla stregua del costante insegnamento della Corte di legittimità (ex plurimis: ▇▇▇▇. 2010/6550; Cass. 2011/6529) può essere evocato anche in tema presenza di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”violazione di normali regole di prudenza, i c.ddquali impongano il comportamento di una determinata attività a tutela di un diritto altrui ovvero allorquando si realizzi un concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno ( Collegio di Napoli, decisione n. 4842/2016). «Crediti passati a perdita» Ne deriva che non può essere riconosciuto in favore del ricorrente, l’intero importo rinveniente nell’assegno circolare clonato, ma che tale somma vada individuata, anche all’esito in applicazione di transazionicriteri equitativi, per la parte non riscossanella diversa misura di Euro 2.500,00. Ad ogni modoPer le motivazioni innanzi esposte, si evidenzia il Collegio dispone che i ricorrenti non hanno fornito la prova l’intermediario evocato nel presente procedimento provveda al pagamento in favore del ricorrente della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere somma di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorieEuro 2.500,00.

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DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto 14. Preliminarmente occorre procedere allo scrutinio delle argomentazioni relative all’asserito difetto di potestas judicandi del TNAS a decidere sulla controversia dedotta in giudizio. 15. La questione non è fondata e deve pertanto essere superata. 16. In effetti, l’art. 2 del Codice TNAS stabilisce, sulla base dell’art. 12 ter dello Statuto CONI, che gli statuti ed i regolamenti delle Federazioni sportive nazionali possano prevedere che le controversie sportive concernenti diritti disponibili e quelle rilevanti nel solo ordinamento sportivo siano decise in sede arbitrale presso il TNAS. A tale normativa del CONI può essere evidentemente riferita la previsione di cui all’ultima disposizione del Titolo V del Regolamento CSAI, relativo alla “Giustizia Sportiva” della CSAI, la quale disposizione federale, dopo aver elencato e disciplinato le competenze degli organi di giustizia della CSAI, fa “salvo il ricorso agli Organi di Giustizia del CONI di cui allo Statuto del CONI” (art 39.5 Regolamento CSAI). Ad avviso del Collegio, tale espressa salvezza determina la devoluzione al TNAS delle controversie alle quali fa esplicito riferimento il combinato disposto dei termini della transazionerichiamati art. 2 del Codice dei giudizi TNAS e 12 ter dello Statuto CONI. Né può ritenersi che tale salvezza si riferisca al solo art. 39 del Regolamento CSAI, poiché dove è inserita la disposizione citata, in gran parte dall’inquadramento quanto gli altri commi di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare tale articolo disciplinano la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], arbitrale istituita presso la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoACI-CSAI, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, con espressa previsione che in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex tale procedura gli arbitri giudicano “inappellabilmente” (art. 1339.2 Regolamento CSAI). Il pertinente regolamento federale esclude dunque che i lodi arbitrali ACI-CSAI possano essere appellati presso gli organi di giustizia del CONI (peraltro, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza secondo un risalente principio di un’ipoteca a garanzia del mutuoesclusione di arbitrati di secondo grado in tale specifico contesto), ma non prevede un’analoga inappellabilità per le decisioni del Tribunale d’Appello della CSAI (cfr. art. 37 Regolamento CSAI), con la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare conseguenza che le disposizioni eventuali doglianze relative alle decisioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte tale organo di ultimo grado federale possano essere devolute alla cognizione all’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI o a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindiquella dei collegi arbitrali del TNAS o a quella del Tribunale Nazionale Antidoping, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia seconda del rispettivo riparto di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5competenze stabilito dallo Statuto del CONI.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Arbitration Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini Il tema concerne la (assunta) responsabilità in contraendo a carico dell’intermediario per l’intervenuta variazione delle condizioni economiche del prestito dal momento dell’avvio delle negoziazioni rispetto a quelle stabilite concretamente al momento della transazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento stipula del contratto. Aldilà di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso ogni possibile considerazione relativa alla intervenuta stipula del contratto di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo mutuo contenente le intese alle quali le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazionesono addivenute, può darsi ed alla impossibilità per provata la sussistenza il Collegio di un’ipoteca a garanzia disporre mezzi istruttori adeguati alla verifica di quanto intervenuto in fase di negoziazione del mutuo, ma certo è che, intanto, nel modulo di domanda del mutuo sottoscritto dai ricorrenti in data 25 luglio 2014 è espressamente stabilita la possibilità di “eventuali modifiche delle condizioni contrattuali intervenute prima della conclusione del contratto”. Inoltre, il prospetto informativo, pure sottoscritto, reca la chiara indicazione dei costi relativi alla stipula del mutuo. Nella precedente mail dell’Agente, viene espressamente dichiarata, proprio nelle prime due righe del messaggio, che la comunicazione riguardava “la fattibilità in linea preventiva dell’opera. La stessa sarà da confermare in fase di istruttoria e delibera”: dunque, l’erogazione stessa del mutuo, così come le condizioni indicate, erano ipotesi da confermare, come apertamente e con gli stessi caratteri della restante parte della mail, veniva esplicitato. Con riferimento all’istanza relativa ai premi assicurativi, dalla nota del 24 novembre 2014 emerge chiaramente la comunicazione ai ricorrenti della circostanza di fatto che “l’indicazione di non avvalersi del finanziamento a copertura delle spese e polizze previsto dal contratto di mutuo risulta frutto di un refuso in quanto peraltro difforme da quanto riportato dalle risultanze contabili che invece risultano perfettamente corrispondenti a quanto concordato in fase di precontrattuale”. In relazione, infine, alla mancata consegna del buono XXX, dalla documentazione prodotta trova conferma l’affermazione dell’intermediario circa la sua fonteesplicitazione, nella documentazione pubblicata dall’intermediario, del fatto che per poter fruire di tale promozione la richiesta di ▇▇▇▇▇ avrebbe dovuto essere sottoscritta tra il 21 febbraio 2014 ed il 21 luglio 2014, termine ultimo non prorogabile, laddove i ricorrenti hanno effettivamente sottoscritto la proposta di mutuo in data 25 luglio 2014. Ciò postoIl ricorso, pertanto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5essere accolto.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Preliminary Agreement for Real Estate Purchase

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]Come detto, la stessa avverrà solo a cura e spese società ricorrente si duole essenzialmente del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio fatto che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto avrebbe applicato (i) commissioni non dovute e (ii) chiesto indebitamente il rimborso delle spese legali sostenute per il recupero del credito ceduto, spese che sarebbero invece già coperte dal corrispettivo contrattualmente pattuito. La prima doglianza, relativa al supposto carattere indebito della commissione “plus factoring” si presenta priva di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»fondamento. Nel caso di speciespecie è documentalmente attestato come le parti abbiano espressamente pattuito che sulla somma anticipata si sarebbe dovuta conteggiare, oltre quella base del 2,3%, una commissione aggiuntiva dello 0,30% a partire dal centottantesimo giorno successivo alla stipula del negozio di cessione; la commissione risulta dunque legittimamente applicata, ed anche correttamente calcolata. Né d’altra parte sembra potersi andare in contrario avviso per il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile solo fatto che l’intermediario ne abbia, erroneamente, omesso la rendicontazione, cogliendo nel segno il rilievo del resistente per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce cui tale errore, pur se si è tradotto in un deficit di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrinatrasparenza sull’andamento del rapporto e sul costo finale dell’anticipazione, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007può di per sé bastare a far decadere l’intermediario dall’esercizio di un diritto che ha precisa e chiara fonte nel contratto, n. 5, e della cui esistenza d’altronde non è immaginabile che la società non si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’artfosse avveduta. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimentoFondata appare, invece, la domanda seconda doglianza avanzata dalla società, là dove lamenta il carattere indebito della richiesta di cancellazione rimborso delle spese legali sostenute dal cessionario per il recupero del credito. Sotto questo profilo osserva il Collegio, per un verso, che essendo la funzione del factoring proprio quella di esternalizzare, affidandole al factor, le fasi della segnalazione gestione e del recupero del credito è coerente, in Centrale dei rischivia di principio, che il corrispettivo pattuito per il servizio, quando determinato in una misura percentuale pari all’ammontare del credito ceduto, vada a remunerare il servizio nel suo insieme, e dunque sia determinato, salva diversa contraria ed espressa pattuizione, già tenendo conto anche delle eventuali spese sostenute per lo svolgimento di tale attività. Al riguardoD’altra parte a queste considerazioni di ordine generale deve aggiungersi che nel caso di specie l’interpretazione delle clausole del contratto depone chiaramente nel senso che le spese per le attività legali di eventuale recupero del credito erano assorbite nella commissione c.d. base. Dirimente appare, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.)sotto questo profilo, la banca pattuizione dell’art. 4 della scrittura integrativa se letta (come del resto impongono i generali principi di ermeneutica contrattuale) in connessione con il disposto dell’art. 8 della medesima: la circostanza, infatti, che le parti abbiano espressamente pattuito - a fronte dell’attribuzione al factor non solo della gestione amministrativa del credito ceduto, ma anche del potere di procedere al suo incasso e di promuovere le azioni giudiziarie necessarie per il recupero - che «la commissione del 2,3% sul valore nominale del credito (..) è sempre tenuta da intendersi quale importo spettante al cessionario per la gestione del credito e per tutte le attività connesse», non lascia adito a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazionidubbi sul fatto che in tale ambito fossero, per espressa volontà delle parti, ricomprese anche quelle giudiziarie strumentali all’incasso del medesimo. Quanto precede sembra obiettivamente assorbente. Né a diversa conclusione si può giungere evocando – come vorrebbe il resistente – la parte disposizione dettata dall’art. 1267 c.c. Il richiamo alla norma del codice civile – che prevede che quando il cedente abbia garantito la solvenza, il cedente oltre a rispondere nei limiti di quanto ricevuto deve anche rimborsare al cessionario le spese sostenute per escutere il debitore ceduto – non riscossaè, all’evidenza, pertinente nel caso di specie. Ad ogni modoGli è che il naturale ambito di operatività della disposizione è rappresentato dal fatto che il cessionario debba attivare la garanzia in conseguenza dell’insolvenza del debitore ceduto, ossia dal caso in cui quest’ultimo non paghi. Solo in questa evenienza si evidenzia giustifica, infatti, che i ricorrenti il cedente debba tenere indenne il cessionario delle spese sostenute per le attività volte all’escussione, appunto perché in caso di insolvenza queste sono inutilmente sopportate; l’applicazione della disposizione non hanno fornito la prova della natura della segnalazionetroverebbe, né della relativa decorrenzainvece, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere alcuna giustificazione nell’ipotesi in cui il debitore ceduto, sia pure a seguito di allegazione un azione giudiziaria di parte. Conseguentementerecupero, paghi, appunto perché in questo caso il cessionario soddisfa attraverso l’incasso del credito un interesse esclusivamente proprio (come del resto nota, seppure ad altro fine, il resistente, il cessionario è il titolare del credito, sicché le attività per il recupero, in caso di incasso del credito, sono respinte tutte le domande risarcitoriesvolte nell’interesse proprio).

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Sources: Factoring Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto Il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità della segnalazione nella Centrale Rischi presso la Banca d’Italia, nonostante il cliente sia addivenuto ad una transazione con l’intermediario e abbia provveduto a eseguirla regolarmente. Infatti, la contestazione della legittimità della segnalazione investe – oltre il profilo formale del mancato preavviso sul quale si tornerà infra – la sussistenza dei termini presupposti di merito per la segnalazione “a sofferenza” che, dal tenore complessivo del ricorso sembra riferirsi alla fase successiva alla conclusione di una transazione con l’intermediario, atteso che il ricorrente ha dedotto che il rapporto si era “regolarizzato già in data 27 febbraio 2014” e che “pertanto non ricorrevano le condizioni per la segnalazione in quanto il sig. [ricorrente] non era insolvibile”. Così delimitato il perimetro della transazionedecisione, poiché è dalla documentazione versata in gran parte dall’inquadramento atti risulta che l’esposizione debitoria a carico del ricorrente era stata oggetto dell’accordo transattivo “a saldo e stralcio”, sottoscritto dalle parti il 27 febbraio 2014, nel quale era convenuto il versamento di questi dieci rate mensili dal 28 febbraio 2014 al 28 novembre 2014, con la precisazione che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere avrebbe considerato definita ogni obbligazione assunta in relazione al alla posizione “a disponibilità maturata”; è pacifico tra le parti che la transazione abbia avuto regolare esecuzione e che l’ultima rata sia stata versata il 27 novembre 2014. Corrispondentemente a tali circostanze risulta anche dal c.d. flusso di ritorno personalizzato esibito dalla resistente – si tratta di un elaborato che la Centrale dei rischi della Banca d’Italia invia ad ogni intermediario partecipante nel quale è descritta la posizione globale di rischio riferibile a ciascuno dei clienti segnalati dall’intermediario medesimo, unitamente alla posizione globale di rischio riferibile ai soggetti “collegati” alla clientela segnalata e ad altre informazioni di corredo - che la segnalazione a sofferenza del ricorrente risalente ad agosto 2011 è cessata a novembre 2014 con l’ultimo pagamento e che la medesima è stata progressivamente aggiornata nell’importo coerentemente con l’esecuzione del piano concordato. Ciò premesso, questo ▇▇▇▇▇▇▇▇ ritiene che le modalità e i contenuti della segnalazione siano corrette alla luce della disciplina applicabile. Infatti, la Circolare n. 139 dell'11 febbraio 1991 - Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi (14° aggiornamento del 29 aprile 2011) – nella Sez, II Cap.II § 1.5. rubricato “Sofferenze”, dispone, tra l’altro, che “La segnalazione di una posizione di rischio tra le sofferenze non è più dovuta quando (…) il credito derivante viene rimborsato dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla debitore o da terzi, anche a seguito di accordo transattivo liberatorio, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio; rimborsi parziali del credito comportano una corrispondente riduzione dell'importo segnalato”. Ed ancora che: “Il pagamento del debito e/o la cessazione dello stato di insolvenza o della situazione ad esso equiparabile non comportano la cancellazione delle ipoteche «ove segnalazioni a sofferenza relative alle rilevazioni pregresse”. A completamento di tali prescrizioni, nella Sez. II, Cap. II, § 5.5, rubricata “Crediti passati a perdita”, si dispone che “confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”. A corredo del chiaro dettato dell’Autorità di vigilanza si richiama il consolidato orientamento dell’Arbitro bancario finanziario che si è più volte pronunciato nel senso che “l’intermediario, anche quando addiviene ad una definizione transattiva in relazione a crediti classificati a sofferenza, sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora sempre tenuto, anche a pagamento eseguito, a procedere alla segnalazione, sebbene limitatamente alla quota parte dell’importo non fosse applicabile la normativa recuperato, in tema quanto non coperto dalla transazione” (ABF Napoli decisioni nn. 6484/2015 e 2519/2012). Dal punto di semplificazione vista del procedimento seguito dall’intermediario per la segnalazione, va innanzitutto ribadito che il preavviso per la segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi è dovuto, ai sensi della disciplina di cancellazione settore, solo per le segnalazioni a carico dei clienti consumatori, sulla premessa che solo questi possano essere effettivamente meno consapevoli delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare checonseguenze derivanti, in ragione termini di pubblicità nel sistema di informazione creditizia gestito dalla Banca d’Italia, dal protrarsi dell’inadempimento e dalla qualificazione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca posizione come “sofferenza” (in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» termini ABF Napoli decisione n. 2066/2015). Un obbligo di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuoinformativa, ma non la sua fonte. Ciò postodi preavviso, nei confronti dei clienti è previsto dalla circolare della Banca d’Italia n. 139: a giudizio dell’Arbitro, tuttavia, l’omessa informativa al cliente non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto consumatore non incide sulla validità della segnalazione, ma può assumere rilevanza quale indice di procurarne la cancellazione a seguito un comportamento non conforme ai principi di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operatobuona fede e correttezza, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»con possibili effetti sul piano risarcitorio. Nel caso di specie, il convenuto non però, l’intermediario ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare depositato la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio nota del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati2 agosto 2011, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione quale informava il cliente della segnalazione in “a sofferenza” presso la Centrale dei rischiRischi, rispetto alla quale nessuna ulteriore comunicazione era dovuta, giacché le segnalazioni relative alla transazione e ai pagamenti progressivamente effettuati rappresentano un aggiornamento della prima iscrizione. Al riguardoPertanto, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5il ricorso va ritenuto infondato.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Controversy Resolution Agreement

DIRITTO. Si La ricorrente lamenta l’inadempimento dell’obbligazione di erogare credito (a determinate condizioni “agevolate”) assunta dall’intermediario convenuto con un contratto di transazione stipulato per regolare una lite in materia di contratti derivati (swap). Chiede quindi la risoluzione del contratto di transazione “con ogni consequenziale declaratoria anche rispetto alla reviviscenza della pretesa” relativa ai contratti derivati oggetto di transazione. Circa le questioni pregiudiziali sollevate dalla convenuta, il Collegio ritiene opportuno dare preliminarmente conto che possa essere accolta, in primo luogo, quella relativa all’assenza di reclamo circa l’applicazione di tassi di interesse asseritamente usurari sui mutui in essere. Parimenti il Collegio ritiene che, visto il tenore della domanda, tesa a ottenere la reviviscenza dei termini contratti derivati, sia degna di pregio la tesi della convenuta, secondo la quale l’ABF difetterebbe di competenza per materia. Nel complesso, quindi, il ricorso deve dirsi inammissibile. Ciò premesso, il Collegio osserva che, nel merito, non parrebbero comunque sussistere elementi sufficienti per l’accoglimento del ricorso. In particolare: - il punto n. 1 della premessa dell’accordo transattivo descrive la vicenda oggetto della transazione, poiché è rappresentato da una serie di contratti derivati (swap) in gran parte dall’inquadramento precedenza conclusi tra le parti e via via estinti, sino all’ultimo contratto derivato, stipulato a febbraio 2007 con scadenza febbraio 2017 ed estinto contestualmente alla transazione; - il punto n. 6 della premessa indica l’intenzione delle parti, “anche al fine di questi che dipende l’esito preservare pro futuro i rapporti commerciali tra loro intercorrenti” di “definire transattivamente ogni possibile contenzioso circa la validità e/o efficacia” delle operazioni contrattuali descritte nella premessa; - l’art. 2 della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «transazione descrive le “reciproche rinunce e/o concessioni”: in caso sintesi, da un lato la ricorrente rinuncia a far valere qualsivoglia diritto/pretesa circa la validità e/o efficacia delle operazioni contrattuali descritti in premessa e si fa carico di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteuna quota del costo necessario ad estinguere anticipatamente l’ultimo contratto derivato, in essere al momento della transazione; dall’altro lato, l’intermediario «nulla più avrà si obbliga a pretendere concedere credito nelle forme e alle condizioni “agevolate” indicate in relazione dettaglio all’art. 2.3 e si fa carico dell’altra quota di costo per l’estinzione anticipata dell’ultimo derivato (avvenuta contestualmente alla transazione, come si evince dalla documentazione versata in atti con le controdeduzioni); - l’art. 3 della transazione esplicita espressamente la “valenza novativa” della transazione; - nel contratto di transazione non risulta pattuito il diritto alla risoluzione per inadempimento. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Cassazione civile, Sez. III, sentenza del 24/02/2015 n. 3598), occorre distinguere la transazione novativa da quella semplice: “nella prima si verifica l'estinzione del rapporto preesistente e la sostituzione di esso con altro oggettivamente diverso per contenuto e fonte costitutiva; nella seconda rimangono fermi il precedente rapporto e la relativa fonte, ma si introducono mutamenti dell'assetto sostanziale dei diritti e degli obblighi che sul piano processuale si configurano come fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato”. Esaminato il contratto di transazione di cui al ricorso in esame e le pattuizioni in esso contenute, il Collegio ritiene che esso abbia contenuto novativo, il che esclude in ogni caso la reviviscenza dei contratti derivati, da considerarsi definitivamente estinti e sostituiti dal nuovo rapporto concluso con la transazione, costitutivo di autonome e oggettivamente diverse obbligazioni (cfr. 15444/2011, Cass. 4455/2006, 7830/2003). Ciò premesso, quanto all’asserito inadempimento dell’intermediario circa il contratto di transazione, dalla documentazione versata in atti risulta un prospetto con le varie linee di credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione conto corrente concesse dall’intermediario (tra cui un’apertura di credito a revoca per € 850.000). I tassi di interesse originariamente pattuiti (nel giugno 2008) sono stati modificati a mano, con sottoscrizione specifica da parte della ricorrente, in attuazione dell’accordo transattivo. Circa la mancata erogazione di nuovi mutui entro il plafond contrattualmente indicato, l’art. 2.3 lett. a) del contratto di transazione subordina l’accoglimento delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema richieste di semplificazione del procedimento mutuo all’esito positivo della relativa istruttoria da condurre secondo il principio di cancellazione delle ipoteche […]buona fede, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente»cui violazione non appare provata. Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoPer quel che concerne, resta da verificare se abbia ragione infine, la banca nell’affermare chelinea di credito per anticipazioni di fatture, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per risulta parimenti provata la sussistenza presentazione di un’ipoteca a garanzia del mutuofatture per importo complessivamente eccedente il plafond esistente (per € 400.000) e, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia l’esistenza di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima un rifiuto ingiustificato della transazione de qua) consente l’operatività banca all’incremento della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5linea esistente.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Contract of Transaction

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto Con la sentenza gravata il Tribunale ha disatteso la domanda degli attuali appellanti, che asserivano di avere condotto per oltre trenta anni, sulla base di un contratto agrario, un fondo di estensione di circa 17 mila mq, comprensivo di un casolare ed un ricovero di animali da cortile, e pretendevano, a seguito della chiusura del fondo ad opera della proprietaria, la somma di euro 10.000,00 a titolo di indennità per migliorie e la condanna alla restituzione dei termini beni mobili rimasti nella disponibilità della transazioneresistente proprietaria e della somma di euro 10.000 a titolo di ristoro dei beni deperibili ed ulteriori euro 3000,00 per risarcimento. Il Tribunale, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere escluso il giudicato eccepito dalla resistente in relazione alla precedente domanda possessoria promossa dai coniugi L.I. -M.M., ha ritenuto la domanda risarcitoria infondata per difetto di allegazione dei beni deperibili presenti sul fondo al credito derivante dal rapporto precisato tempo della loro estromissione, e dei parametri utili per definire il controvalore pecuniario degli stessi, atteso che gli stessi beni non risultano più rinvenibili, né del valore dei frutti in oggetto» relazione alle precedenti annate agrarie. Ha poi ritenuto che la responsabilità fatta valere fosse di natura extracontrattuale e provvederà che imponesse la prova del danno in capo all’attore e che neppure potesse darsi applicazione alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione valutazione equitativa ex art. 131226 cc non sussistendo una impossibilità oggettiva a provare il danno nel suo preciso ammontare. Il Tribunale ha negato di potere dare seguito alla domanda di restituzione dei beni mobili per inesistenza dell’oggetto constatata dallo stesso ctu, commi 8- sexies ss.ed anche di potere far luogo ad una condanna al risarcimento per equivalente dei beni andati perduti nel frattempo per non avere assolto la parte ricorrente all’onere di prova circa la lamentata perdita economica dei beni. Infine, ha disatteso anche la domanda di indennità per miglioramenti ed addizioni escludendo che fosse ravvisabile il consenso del D.L. proprietario del fondo. L’appellante censura la sentenza per avere affermato che nel ricorso non fossero stati indicati i beni deperibili oggetto di domanda risarcitoria né alcun parametro per l’indicazione del controvalore dei beni, come degli animali che sarebbero rimasti nel fondo chiuso della resistente. Viceversa, ad avviso della parte appellante, nel ricorso sarebbe stata compiuta un’elencazione dei beni di cui si chiedeva la restituzione ed inoltre la natura di beni deperibili sarebbe rientrata fra le nozioni di comune esperienza ex art.115 cpc secondo ▇▇▇▇▇ che il giudice avrebbe potuto porre a fondamento della decisione. Sarebbe stato del tutto ultroneo specificare che fossero da qualificarsi come deperibili gli animali da cortile rimasti incustoditi, il vino o l’olio ivi rimasti dal 2013. Inoltre, il mancato rinvenimento dei beni al momento delle operazioni peritali non avrebbe potuto giustificare il giudizio di infondatezza della domanda poiché le dichiarazioni testimoniali avrebbero confortato l’esistenza dei beni. L’indicazione del controvalore dei beni sarebbe stata compiuta in termini complessivi e sarebbe coincisa con il quantum richiesto per la domanda restitutoria. Il teste ▇. avrebbe fornito riscontri sulla presenza dei beni nel terreno. Il teste P. avrebbe confermato che il L.I. aveva sul terreno l’attrezzatura per svolgere l’attività. Quanto alle migliorie il cui diritto è stato negato per mancanza del consenso del proprietario del fondo alla realizzazione, viceversa, la consapevolezza da parte del padre dell’appellata, all’epoca proprietario del fondo, delle migliorie per essere lui presente sul fondo avrebbe di per sé dimostrato il tacito consenso alla realizzazione delle migliorie ed addizioni. La stessa ctu avrebbe individuato il valore delle opere realizzate e delle colture implementate . Il danno sarebbe stato supportato da elementi probatori quali la perdita di disponibilità del fondo a ridosso del periodo autunnale nel quale deducenti provvedevano alla vendemmia e alla raccolta delle olive. Controparte, costituendosi, ha sostenuto l’infondatezza della domanda assumendo che il rapporto non corrispondesse ad un contratto agrario ma fosse dovuto a ragioni di servizio e di amicizia che avrebbe connotato il rapporto con il bene come di mera detenzione. A seguito dell’intimazione formulata nel 2011 dalla proprietaria M.S. di restituire il fondo e non entrarvi più, i rapporti amicali fra le parti sarebbero venuti meno ed i coniugi L.I. avrebbero continuato ad introdursi nel fondo clandestinamente approfittando dell’assenza della proprietaria che si trovava a Torino. Pertanto, in difetto della prova del rapporto agrario, l’azione sarebbe stata infondata e il rapporto avrebbe trovato fondamento su principi di cortesia e liberalità. Nessuna prova sarebbe stata fornita del fatto che l’accesso al fondo fosse stato loro precluso con il cambio di lucchetto poiché nessuno dei testi avrebbe riferito per avere constatato personalmente la circostanza. Anzi uno dei testi, tale ▇. avrebbe confermato che l’accesso a fondo fosse sempre possibile liberamente da una strada vicina alla sua proprietà con ciò confermandosi che, dopo l’iniziale accordo fra le parti di abbandonare il fondo, gli appellanti avessero continuato ad accedervi contro la volontà della proprietaria. L’appello è infondato. Occorre infatti prendere le mosse dalla circostanza di fatto allegata dagli stessi originari ricorrenti che l’inizio del contratto, che si afferma genericamente essere "agrario", senza specificare il tipo, si collocasse a circa trenta anni prima dell’instaurazione del giudizio, incardinato nel febbraio 2016 e pertanto verso il 1986. Pure ammettendo che detta allegazione vada riferita al trentennio antecedente al 2013, epoca in cui essi erano sostanzialmente estromessi dal godimento del fondo dalla proprietaria (circostanza da ritenersi provata anche in via logica in ragione dell’esperimento dell’azione possessoria da parte degli appellanti), le considerazioni espresse di seguito non mutano. Infatti, la materia dei contratti agrari è stata ridefinita dalla legge 3 maggio 1982, n. 7/2007203 che ha vietato la stipulazione di nuovi contratti associativi, prevedendo la conversione di quelli esistenti in contratti di affitto, e ciò entro quattro anni dall’entrata in vigore della legge predetta (salvo quanto stabilito dagli articoli ▇▇-▇▇-▇▇-▇▇). È decisivo evidenziare Va da sé che al Collegio nel caso il contratto che l’appellante afferma esistente fra le parti debba possedere i requisiti propri del contratto di affitto (o ab origine ovvero per effetto di conversione) che viceversa non sono stati prospettati elementi sufficienti neppure allegati. Ed infatti non è stato allegato il pagamento di un canone periodico ad opera del conduttore ed anzi nessun obbligo invero è stato rappresentato in capo allo stesso o a nessuna delle parti. La dazione di "una parte" dei frutti percepiti (così allegata a pagina 2 del ricorso originario senza neppure specificare la quota ed ogni altro dettaglio della regolamentazione dei rapporti) oltre che imprecisata nella entità e nel dato temporale di rifermento e la relativa periodicità, risulta nelle dichiarazioni dei testi sganciata da qualsivoglia obbligo e per suffragare altro neppure connotata da costanza . Il teste ▇., infatti, non spiegava né l’entità del prodotto, né se ciò fosse stato espressamente convenuto fra le parti, né le circostanze di tempo e di luogo che assistevano l’affermazione di avere sentito che L.I. affermasse di dovere preparare "il pacco" dei prodotti per la tesi della resistente circa signora M.S.. Per altro la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo dichiarazione resa in questo giudizio si pone in aperta contraddizione con il fatto che in sede possessoria lo stesso teste avesse ammesso di conoscere le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fontecircostanze solo perché gli avrebbe riferito il figlio dei ricorrenti. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto indubbiamente incide sulla persuasività delle dichiarazioni rese dal teste. Anche il teste P. affermava di procurarne la cancellazione a seguito avere assistito solo due volte alla spedizione di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. olio (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamentouna imprecisata quantità), e ciò in relazione ad un rapporto durato un trentennio, senza specificazioni neppure essere in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda grado di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema fornire alcuna indicazione dell’esistenza di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazioneobblighi fra le parti, né della relativa decorrenzaperiodicità delle rimesse né dell’entità. A fronte di ciò risulta fatto del tutto neutro la coltivazione del fondo ad opera dei ricorrenti in difetto della prova che ciò corrispondesse ad un preciso obbligo cui correlare anche il potere del proprietario- da ultimo la M.S.- di far valere la corretta esecuzione dell’obbligo di coltivazione del fondo con la diligenza del buon padre di famiglia e controllando l’attività degli stessi. ▇▇▇▇ costituisce dimostrazione dell’opposta tesi sostenuta dalla parte resistente ed attuale appellata, la circostanza che lo stesso figlio dei ricorrenti, L.I. ▇▇▇▇▇▇▇, in sede possessoria avesse ammesso che i genitori conducevano "a titolo di amicizia" il fondo. Ciò conforta l’idea che nessun negozio giuridico con precisi e reciproci obblighi fosse mai sorto fra le parti e che tutte le attività poste in essere nel tempo si spiegavano come espressione dei rapporti di cortesia esistenti. L’asserto condotto dal medesimo informatore in sede possessoria che tutte le spese fossero sostenute in proprio dal padre e che questi si occupasse direttamente della coltivazione contattando e retribuendo i trattoristi e coloro che dovevano eseguire operazioni colturali in uno con l’assenza di ogni riferimento a quote dei frutti da rimettere necessariamente sono ulteriori elementi di giudizio. Del resto non a caso, allorché nel 2011 (con lettera datata 24 ottobre 2011) la M.S. intimava al L.I. di liberare il fondo, dichiarando di averglielo affidato gratuitamente perché lo custodisse e lo coltivasse mantenendolo in buono stato e godendo dei frutti maturati, nessuna risposta seguiva da parte del L.I. che significativamente non contestava il titolo della detenzione che indicava la M.S.. Ciò consente di disattendere le domande che fondano la causa petendi sul contratto agrario che si è detto non potesse sussistere fra le parti. Non solo, ma il risarcimento del danno per perdita dell’annata agraria, come affermato già dal Tribunale non può essere accordato in difetto della prova dell’entità del prodotto che potesse essere realizzato in una stagione, da definirsi almeno per relationem al prodotto delle precedenti annate. Per il vero, sul punto l’entità della produzione nell’annata agraria avrebbe dovuto essere in primis allegata nell’atto introduttivo, mentre tale allegazione è del tutto assente. Infine, quanto ai beni –deperibili o meno- ed alle attrezzature che l’appellante afferma fossero rimaste sul fondo al momento in cui gli fu precluso l’accesso dalla proprietaria, va evidenziato che l’appellante non nega che all’atto dell’ispezione da parte del ctu non emergesse sul posto la presenza di alcuno dei beni elencati nell’atto introduttivo, come affermato dal primo giudice (ed infatti gli appellanti si limitano a contrastare l’asserzione del Tribunale quanto alle conseguenze che ne trae e non negano il fatto storico, asserendo che "Nè la circostanza del mancato rinvenimento di tali beni in sede di operazioni peritali può essere posta a fondamento della dichiarata infondatezza della domanda - per come enunciato dall’impugnata sentenza a pag. 8 - atteso che in modo univoco e concordante le dichiarazioni testimoniali hanno confermato la presenza di tali beni e che la stessa non è nemmeno mai stata contestata dalla resistente."). Ciò implica che sia indispensabile non solo una prova rigorosa che cristallizzi lo stato dei luoghi all’epoca della chiusura del fondo, confermando la presenza di tali oggetti fino a tale momento, ma, ciò che più conta, è anche indispensabile, laddove tali oggetti, come nel caso è incontestato, non consentendo siano più rinvenibili, avere degli elementi di giudizio per risalire al Collegio loro controvalore pecuniario, non potendosi ordinare la restituzione di beni non più presenti sul fondo. Nel caso, l’appellante non compie alcuna allegazione in tal senso limitandosi a devolvere al giudicante l’accertamento di tale valore. Ma l’accertamento giudiziale sarebbe stato possibile, anche in via equitativa, fornendo indicazioni sulla natura, tipologia, data di acquisto/produzione, sullo stato di conservazione dei beni ed ogni altro elemento che valesse ad identificarli con precisione, e a consentire di risalire al loro presunto valore, mentre la mera elencazione-spesso assolutamente generica- contenuta nel ricorso non può assolvere a tale funzione. L’appellante per di più, pur avendo evidenziato in relazione ai beni deperibili che essi erano le derrate alimentari conservate quali l’olio ed il vino e gli stessi animali domestici allevati quali galline e pulcini (40 galline e 20 pulcini), ha però omesso ogni dato descrittivo minimo sufficiente a definirne il controvalore, anche in via approssimativa o tendenziale, di tali beni (ad esempio: età e razza delle galline, scopo dell’allevamento…) oltre che di indicare la quantità di olio e di vino che sarebbe stata conservata e conseguentemente andata perduta. Tale lacuna rende la domanda non accoglibile. Circa i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere miglioramenti che indubbiamente- anche se di allegazione entità limitata- sono stati accertati dal ctu, occorre valutare se detta domanda possa essere sganciata dalla causa petendi dell’esistenza di parteun contratto agrario e se in ogni caso possa essere fondata alla stregua della reale situazione esistente fra le parti. ConseguentementeOra, se come ritiene il Collegio, fra le parti è esistito solo un rapporto di mera cortesia, che in via analogica può rapportarsi al comodato, ma improntato più che a veri e propri obblighi a prestazioni rese spontaneamente dalle parti, senza dubbio deve escludersi ogni diritto del detentore alla restituzione dei miglioramenti. Già infatti in relazione all’analogo rapporto obbligatorio, l’art. 1808 cc stabilisce che il comodatario non abbia diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa, avendo solo il diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, solo se queste erano necessarie e urgenti (art.1808 cc "Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa. Egli però ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti."). La stessa Suprema Corte ha ribadito "… il comodatario il quale, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante. L’art. 1808 c.c. non distingue tra spese autorizzate e spese ad iniziativa del comodatario, ma fra spese sostenute per il godimento della cosa e spese straordinarie, necessarie ed urgenti affrontate per conservarla, con la conseguenza che l’eventuale autorizzazione del comodante non è in nessuno dei due casi discrimine per la ripetibilità degli esborsi effettuati dal comodatario. Al comodatario non sono respinte tutte rimborsabili le domande risarcitoriespese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportano miglioramenti, ne’ sotto il profilo dell’art. 1150 c.c., perchè egli non è possessore, ne’ sotto quello dell’art. 936, perché non è terzo anche quando agisce oltre i limiti del contratto, ne’ infine sotto quello dell’art. 1595 c.c., in via di richiamo analogico, perché un’indennità per i miglioramenti è negata anche al locatario la cui posizione è molto simile a quella comodatario. Deve riconoscersi al comodatario soltanto l’ius tollendi per le addizioni" (Cass., civ. sez. III, del 10 luglio 2018, n. 18063). Ovviamente nessuna delle spese affrontate dai coniugi L.I.- M.M. rientra nel novero di quelle necessarie ed urgenti, né ciò è mai stato allegato. Va da sé che nel caso in esame, a fortiori, rispetto al corrispondente rapporto obbligatorio, tutti gli interventi realizzati non possano trovare una contropartita economica, al di fuori di quella che eventualmente spontaneamente possa avere eseguito nel corso del rapporto, al di fuori di qualsivoglia obbligo, il proprietario (come si ricava dal pagamento di alcune somme con vaglia). Pertanto, l’appello va disatteso e confermata, sebbene per le diverse motivazioni esposte, la sentenza di primo grado. Quanto alla regolamentazione delle spese del grado, le stesse seguono la soccombenza e sono liquidate in base al te

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Sources: Affitto Di Fondo Rustico

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneLa questione concerne la responsabilità degli intermediari a seguito del mancato pagamento di un assegno circolare oggetto di contraffazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito dopo la presentazione all’incasso. Nel merito della controversia, si rileva che i fatti a fondamento della stessa sono sostanzialmente pacifici tra le parti: l’avvenuta emissione del titolo, da parte dell’intermediario A, su richiesta del cliente, in data 16/05/2018; il fraudolento incasso presso B del titolo tramite presentazione di clone da parte del beneficiario in data 17/05/2018;la negoziazione del titolo tramite a mezzo procedura interbancaria Check Image Truncation (CIT); la ripresentazione del titolo originale all’emittente (A) da parte della cliente in data 28/05/2018 e contestuale segnalazione di impagato tardivo del titolo da parte dell’emittente (A). Nell’accordo transattivo era specificato Il Collegio ritiene che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitedeve, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione anzitutto, essere valutato il comportamento della società che ha richiesto l’emissione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]titolo, la stessa avverrà solo quale, con imprudenza, ha inviato la fotografia dello stesso (come emerge dalla denuncia alle autorità di P.S.) o, perlomeno, i dati identificativi (come, poi, si afferma in sede di ricorso) al presunto venditore, a cura e spese seguito dell’adesione ad una proposta di vendita, semplicemente appresa da un’inserzione on line, senza aver effettuato le necessarie verifiche. Tale contegno ha sicuramente inciso, sotto il profilo causale, alla verificazione dell’evento dannoso, quanto meno ai sensi dell’art. 1227, comma 1, C.C. Il Collegio ha più volte ravvisato il concorso di colpa del richiedente»danneggiato per avere inviato una copia fotostatica dell’assegno a terzi. Incontestato l’adempimento Questo Collegio non può, dunque, ignorare la circostanza, anch’essa pacifica tra le parti, che la contraffazione dell’assegno circolare è stata agevolata dall’invio per via telematica da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivodella ricorrente a soggetto sconosciuto di copia dello stesso. La stessa ricorrente ha, resta da verificare se abbia ragione quindi, contribuito, con il proprio negligente contegno, alla perpetrazione della truffa di cui è caduta vittima, laddove ha volontariamente fornito al malfattore copia dell’assegno che ha consentito la banca nell’affermare contraffazione. Quanto alla responsabilità degli intermediari, si rappresenta che una recente pronuncia del Collegio di Coordinamento (decisione n. 7283 del 05 aprile 2018) ha risolto i contrasti sorti sul punto tra i vari Collegi, individuando quali siano i comportamenti che devono tenere le gli intermediari emittenti e negoziatori di assegni circolari al fine di non incorrere in responsabilità, nell’ipotesi di contraffazione e/o clonazione dei titoli. A tal proposito, il Collegio di ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ha precisato che le Banche autorizzate ad emettere assegni circolari al fine di non incorrere in responsabilità hanno l’obbligo di garantire assetti organizzativi e controlli interni in grado di assicurare la regolare gestione dello strumento di pagamento; mentre incorre in responsabilità l’intermediario negoziatore che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» davanti a indizi di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò postoirregolarità dell’assegno, non c’è dubbio ponga in essere almeno le cautele sopra indicate, necessarie a ridurre il rischio di frode. Alla luce di tali principi va valutato il comportamento degli intermediari convenuti. In primo luogo giova rilevare che l’intermediario convenuto sia l’assegno è stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto presentato all’incasso il 17/05/2018 in data successiva all’adozione della CIT (procedura interbancaria Check Image Truncation), operativa dal 29 gennaio 2018, in virtù della Circolare ABI - Serie Tecnica n. 12 - 4 luglio 2018 con la quale si realizza, nella sempre più diffusa prospettiva della dematerializzazione, una forma di procurarne presentazione elettronica del titolo, dapprima avviata in via sperimentale nel marzo 1990, successivamente regolata su base convenzionale dall’Accordo interbancario per il servizio di incasso assegni emanato dall’ABI in data 1° luglio 1993 ed infine riconosciuta equivalente alla presentazione al pagamento in forma cartacea dal D.L. 31 maggio 2011, n. 70, c.d. Decreto Sviluppo, così come convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, che ha modificato l’art. 31 del ▇.▇. ▇▇ dicembre 1933, n. 1736. In considerazione del fatto che l’utilizzo della procedura di check truncation, finalizzata ad obiettivi di economicità e di maggiore snellezza nella negoziazione dei titoli, esclude la cancellazione a seguito possibilità per l’emittente o la trattaria di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare visionare l’assegno e saggiarne la correttezza del proprio operatocartolare, provando – senza limitarsi ad affermare – l’orientamento che la specifica tipologia si è formato nei Collegi dell’ABF è nel senso che il rischio connesso al minor livello di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema controllo che essa comporta debba ricadere prevalentemente, nell’ottica di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»una corretta distribuzione dei rischi derivanti dal ricorso al suddetto sistema, sull’operatore bancario che da tale servizio trae vantaggio. Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare tuttavia, integrandosi la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizionicontraffazione dell’assegno circolare nella clonazione del medesimo, senza alcuna modifica dei dati riportati nel titolo originale, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato»evidente che nessuna responsabilità può essere riconosciuta all’intermediario emittente. La soluzione negativaInfatti quest’ultimo ha prodotto copia dei flussi informatici ricevuti in sede di procedura di check truncation, sostenuta da un parte della dottrinache attestano come tutti i dati indicati dalla legge come necessari per poter provvedere al pagamento dell’assegno a seguito di tale procedura fossero stati correttamente inoltrati dalla banca negoziatrice e ricevuti dalla resistente che, pertanto, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007aveva alcun motivo per rifiutare tale pagamento. Il Collegio non ritiene, n. 5dunque, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’artpoter accogliere la domanda di rimborso avanzata dalla ricorrente nei suoi riguardi. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimentoEsaminando, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardoposizione dell’intermediario negoziatore, si evidenzia è detto che secondo la Circolare n. 139/1991 procedura CIT consenta agli intermediari di presentare al pagamento gli assegni in forma elettronica nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente; in particolare è previsto che la presentazione al pagamento in CIT degli assegni circolari/vaglia postali/titoli speciali della Banca d’Italia senza limiti di importo, avvenga mediante i soli dati contabili; la trasmissione dell’immagine è prevista solo laddove il negoziatore rilevi delle incoerenze/anomalie sul titolo che rendono necessaria la valorizzazione del flag “Alert” o il data entry manuale della codeline CMC7. Nel caso specifico, da un confronto delle immagini del titolo originale e di quello contraffatto, non emergono difformità ictu oculi rilevabili tali da indurre la banca negoziatrice ad attivare i prescritti meccanismi di allerta. Tuttavia, ciò non vale a far andare esente da responsabilità la banca negoziatrice. Le circolari ABI Serie Tecnica n. 21 del 12 giugno 2014 e Circolare ABI Serie Tecnica n. 5 del 22 marzo 2016, tra i vari requisiti tecnici e presidi antifrode da esse previsti, introducono l’obbligo di apporre sui titoli di nuova emissione un QR CODE. Il Data Matrix, da inserire, è un codice bi-dimensionale il cui contenuto è leggibile in fase di acquisizione dell'immagine. E’ previsto che, sulla nuova materialità degli assegni, tutte le banche stampino un codice bidimensionale Data Matrix. Sempre la Circolare ABI - Serie Tecnica n. 5 - 22 marzo 2016 aveva fatto obbligo agli intermediari negoziatori di provvedere alla lettura del codice Data Matrix e di segnalare al trattario/emittente le eventuali anomalie riscontrate “quali ad esempio l’assenza o impossibilità di leggere il codice”, e di trasmettere, in tali casi, “al trattario/emittente l’immagine dell’assegno per consentire lo svolgimento delle verifiche di competenza”. La Circolare ABI - Serie Tecnica n. 5 - 22 marzo 2016, sulla Digitalizzazione degli assegni, ha prescritto che a decorrere dal 1° luglio 2016 gli intermediari dovranno obbligatoriamente consegnare alla clientela solo materialità di assegni a nuovo e che, in caso di “nuovi” assegni il negoziatore dovrà svolgere, con la dovuta diligenza, una serie di attività che derivano dall’introduzione dei nuovi requisiti di sicurezza e precisamente: - lettura del codice Data Matrix e comunicazione al trattario/emittente delle informazioni in esso contenute o segnalazione di eventuali anomalie riscontrate quali ad esempio l’assenza o impossibilità di leggere il codice o l’incoerenza tra i dati presenti nel codice e quelli presenti in chiaro sul titolo. La segnalazione di eventuali anomalie dovrà essere effettuata dal negoziatore mediante valorizzazione di apposito campo (“Alert”) del messaggio di presentazione al pagamento della nuova procedura CIT (cfr. successivo parag. 7). Nei casi di specie, anche se l’importo del titolo ammette la presentazione al pagamento mediante i soli dati contabili, il negoziatore dovrà obbligatoriamente trasmettere al trattario/emittente l’immagine dell’assegno per consentire lo svolgimento delle verifiche di competenza. L’assegno oggetto di causa, era di nuova emissione e conteneva tutti gli elementi prescritti dalla Circolare ABI n. 5 del 22.03.2016, compreso il codice Data Matrix. Ad avviso del Collegio, ove l’intermediario negoziatore avesse effettuato le opportune verifiche su tale codice, semplicemente dandone lettura come prescritto, si sarebbe potuto accorgere della contraffazione del titolo ed evitare, così, la truffa perpetrata ai danni della ricorrente. Ciò non risulta essere avvenuto né l’intermediario negoziatore ha mai sostenuto di aver controllato il Codice Data Matrix; infatti, non è presente in atti l’evidenza della segnalazione interbancaria effettuata all’emittente dalla banca negoziatrice. La banca negoziatrice, pertanto, è contravvenuta all’obbligo prescritto in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, requisiti standard per la parte non riscossa. Ad ogni modostampa degli assegni e misure antifrode, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorieprescritti dalla Circolare ABI serie tecnica n. 21 del 12 giugno 2014.

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Sources: Responsibility Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto La questione oggetto di controversia riguarda le conseguenze derivanti dall’assunto inadempimento di un contratto di fornitura sul contratto di credito al consumo ad esso collegato. In via principale, la ricorrente chiede l’accertamento della nullità del contratto di finanziamento ai sensi dell’art. 117 del TUB, per mancanza della sua sottoscrizione. In proposito si rileva che, diversamente da quanto sostenuto, al contratto (allegato agli atti dall’intermediario) è apposta la firma della Cliente, la quale, del resto, ne ha dato esecuzione pagando le relative rate per circa due anni. Quanto al disconoscimento della propria firma, si deve evidenziare che tale eccezione non solo è formulata dalla Ricorrente solo in sede di repliche, ma che in ogni caso esula dalla cognizione di questo Arbitro, il quale non dispone dei termini necessari mezzi istruttori per accertare siffatta falsità, salvi i casi di alterazione grossolana e immediatamente rilevabile icu oculi, circostanza non ravvisabile nella specie (confrontando la sottoscrizione apposta al contratto e la firma della transazioneCliente sul documento di identità allegato al ricorso). Accertata l’assenza di vizi di forma del contratto di finanziamento; evidenziato che nessun rilievo può assumere, ai fini della validità del contratto, la contestata mancata consegna del testo negoziale, oltretutto contraddetta dalle prove offerte dalla controparte, il Collegio è tenuto a verificare la sussistenza, nella specie, dei requisiti per l’operatività dell’art. 125 quinquies TUB, avendo la ricorrente denunciato l’inadempimento del fornitore e, quindi, chiesto, in via subordinata, la risoluzione del contratto di credito. L’Intermediario contesta, con riferimento a tale domanda, la sua stessa legittimazione passiva, in quanto la pretesa della ricorrente si baserebbe sul collegamento fra il contratto di finanziamento, da un lato, e l’inadempimento di un rapporto di fornitura di energia, dall’altro, al quale lo stesso è del tutto estraneo. L’eccezione non trova fondamento in quanto la questione attiene all’applicabilità o meno al caso di specie dell’art. 125-quinquies TUB, il quale, in presenza di un credito al consumo caratterizzato dal collegamento negoziale, pone a carico del soggetto finanziatore il rischio dell’inadempimento di non scarsa importanza da parte del fornitore, consentendo al consumatore di liberarsi da ogni vincolo restitutorio nei confronti dello stesso. Venendo, quindi, al merito, si deve rilevare che se è vero, come da descrizione offerta dalla Ricorrente, che il fornitore le aveva proposto un “pacchetto unico”, composto sia dall’acquisto di due climatizzatori che dalla fornitura di energia e gas, è altrettanto vero che ciò non emerge dal contratto di finanziamento di € 11.000 in cui sono indicati come beni ai quali il prestito è finalizzato soltanto i climatizzatori e la pompa di calore, senza alcun riferimento all’erogazione del servizio di fornitura di energia elettrica e gas; anche la fattura rilasciata alla Cliente dalla società fornitrice per l’importo di € 11.000 segnala la sola fornitura e installazione del “climatizzatore”. I riferimenti alla fornitura di energia compaiono solo in altri documenti allegati dalla ricorrente, oltretutto dal carattere generico (uno reca le tariffe di una ipotetica fornitura di energia; l’altro è una lettera del 6.11.2018 con cui la E. & S. dà alla Cliente il benvenuto nella nuova fornitura di energia elettrica). Dai testi negoziali emerge, in definitiva, che oggetto della fornitura erano i soli climatizzatori e che, di conseguenza, il finanziamento era collegato soltanto al loro acquisto. In tale prospettiva è, quindi, evidente che nella specie non possano ravvisarsi gli estremi dell’inadempimento del fornitore, poiché è in gran parte dall’inquadramento la fornitura di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteenergia elettrica e gas, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora cessata da aprile 2019, non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale rientrava nell’oggetto negoziale e non volontaria dell’ipoteca in questioneera quindi ricompresa nel finanziamento dell’intermediario. Dal momento che il fornitore sembra avere regolarmente adempiuto alla (unica) prestazione cui risultava contrattualmente tenuto, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» posto che la ricorrente nulla eccepisce con riguardo alla consegna dei climatizzatori o alla esistenza di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò postoeventuali difetti, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazioneravvisandosi gli estremi per poter applicare l’art. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie125 quinquies TUB, il convenuto ricorso non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce può essere accolto (nello stesso senso, Collegio di tali acquisizioniMilano, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, decisioni n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. 5899/21 e n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento939/219), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Energy Supply Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini La vertenza qui in esame si incentra sul problema della transazione, poiché rilevanza da conferire alle valutazioni concernenti la previsione contrattuale di interessi moratori ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di usura. La problematica in questione è in gran parte dall’inquadramento stata affrontata da questo Collegio di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere coordinamento con la decisione n. 1875/2014 in relazione al all’ipotesi di un’apertura di credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» ad utilizzo flessibile concessa ad un imprenditore e, quindi, ad un soggetto rientrante, ai fini della procedura dinanzi all’ABF, tra i “non consumatori”. In questa sede viene affrontata con riferimento, come emerge dalla narrativa che precede, ad una ipotesi di mutuo con piano di ammortamento pluriennale, a tasso fisso e provvederà alla cancellazione rate costanti, contratto da soggetti qualificabili quali “consumatori”. La diversità delle ipoteche «ove sia possibile applicare fattispecie oggetto di contestazione, anche per la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema differente qualificazione dei ricorrenti, comporta, secondo quanto evidenziato dall’ordinanza di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]rimessione, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare chenecessità di tenere presenti, in ragione della natura giudiziale una con gli sviluppi argomentativi e non volontaria dell’ipoteca le conclusioni di cui al dianzi citato provvedimento, le peculiarità di quella qui specificamente in questioneesame. Per giungere ad un esito in senso contrario all’accoglimento del ricorso, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13in considerazione delle domande specificamente svolte dai ricorrenti, commi 8- sexies ss.potrebbe essere, del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntoinvero, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – sufficiente constatare che la specifica tipologia proposta operazione di ipoteca rendeva inapplicabile «“sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori – in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, co. 2, c.c. – non trova, in realtà, alcun supporto proprio nella giurisprudenza invocata. Pare il caso, in proposito, di evidenziare – al di là di quanto si concluderà più oltre con riguardo alla stessa applicabilità o meno della vigente disciplina in materia di interessi usurari a quelli moratori – come non sembri che in tal senso deponga, in particolare, Cassazione, 9 gennaio 2013, n. 350, pur correntemente addotta a fondamento di doglianze del tipo di quelle qui prospettate. Dalla lettura di tale decisione, in effetti, emerge come la normativa in tema Cassazione abbia inteso semplicemente ribadire che gli interessi moratori devono essere assoggettati al vaglio di semplificazione del procedimento usurarietà al pari di cancellazione delle ipoteche»quelli corrispettivi, la relativa verifica risultando poi effettuata assumendo, per confrontare la relativa misura col “tasso soglia”, il tasso convenuto autonomamente considerato (nella specie, quale risultante dalla maggiorazione prevista rispetto al tasso degli interessi corrispettivi, senza alcuna forma di cumulo con questi ultimi). Nel caso di specie, dalle pattuizioni richiamate anche dai ricorrenti, emerge con chiarezza che, al momento della conclusione del contratto (a tale momento riferendosi i ricorrenti e non risultando, del resto, mai effettivamente applicati interessi moratori), tanto il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerziatasso degli interessi corrispettivi, quanto quello degli interessi moratori si presentavano di gran lunga inferiori al limite previsto in materia di usura. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioniNe consegue, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativoproprio alla luce della prospettiva seguita dalla Cassazione, l’infondatezza delle domande così come formulate nel ricorso, le quali si richiamano, come accennato, all’effetto usurario della “sommatoria”, in quanto tale, dei due tassi, senza alcun ulteriore riferimento, cioè, alla questione di una diversa eventuale incidenza, in ordine alle valutazioni da operare ai fini della disciplina concernente l’usura, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5peculiarità del dedotto rapporto contrattuale.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Decision of the Coordination College

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini La domanda proposta dal ricorrente è relativa all’accertamento del diritto alla restituzione di quota parte delle voci commissionali relative al finanziamento anticipatamente estinto rispetto al termine pattuito, in applicazione del principio di equa riduzione del costo dello stesso di cui all’art. 125 sexies T.U.B. Occorre ricordare che la norma appena citata dà attuazione, nell’ordinamento italiano, all’art. 16 della transazionedirettiva n. 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, poiché del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori (che ha abrogato la direttiva 87/102/CEE del Consiglio). L’interpretazione di questa disposizione è in gran parte dall’inquadramento stata recentemente offerta dalla Corte di questi che dipende l’esito della controversiaGiustizia UE, con la sentenza dell’11 settembre 2019 n. C-383/18 (c.d. Nell’accordo transattivo era specificato che «sentenza Lexitor), con la quale la CGUE ha affermato che: “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliterimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere per tali intendendosi – alla luce della definizione recata dall’art. 3, lett. g), della stessa direttiva – “tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito derivante dal rapporto precisato e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa particolare i premi assicurativi, se, in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte”. È utile far rilevare che tale principio di diritto – sancito dalla Corte europea previa applicazione di canoni di interpretazione testuali e sistematici, nonché tenuto conto dell’esigenza di scongiurare pratiche elusive del diritto di rimborso anticipato riconosciuto al consumatore – è risultato incompatibile con l’orientamento assunto precedentemente da questo Arbitro, che aveva applicato la norma di equa riduzione del costo del finanziamento quale obbligo di restituzione secondo il criterio proporzionale del pro rata temporis della sola quota delle commissioni e dei costi soggetti a maturazione nel tempo (costi recurring), al fine di evitare, a causa dell’estinzione anticipata del prestito, un’ingiustificata attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore, con esclusione delle voci di costo relative alle attività preliminari alla concessione del prestito (costi up front). Alla luce della suddetta pronuncia della Corte europea, il Collegio di Coordinamento, investito della questione relativa agli effetti della stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoderivanti, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare ha statuito che “(…) l’art.125 sexies T.U.B. deve essere interpretato nel senso che, in ragione caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front” (decisione n. 26525/2019). D’altro canto, non sembra condivisibile l’interpretazione data con la sentenza n. 10489/2019 dal Tribunale di Napoli, che, proprio con riguardo alla questione qui in esame, è stato incline a negare efficacia diretta alla sentenza pregiudiziale e, di riflesso, a reputarla irrilevante per il diritto interno, poiché interpretativa della sola norma della direttiva, non anche di quella nazionale, ossia dell’art. 125 - sexies T.U.B. Non può trascurarsi, infatti, la natura giudiziale dichiarativa che suole attribuirsi alle sentenze emesse in sede di rinvio pregiudiziale, con conseguente applicabilità anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza, come appunto quello oggetto di decisione. Tra l’altro, sempre il Tribunale di Napoli, con la recente sentenza n. 1340/2020, è tornato ad occuparsi di questi temi, giungendo alla conclusione, quanto alla efficacia della sentenza n. C-383/18 della Corte di Giustizia UE, “(…) che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in base al rimborso anticipato del finanziamento include tutti i costi posti a carico del consumatore, senza distinguere tra costi up front e recurring.” Muovendo dalla duplice premessa che le sentenze interpretative della CGUE, per opinione unanime (v., ex multis, Cass. n. 2468/2016; Cass.,n. 5381/2017), hanno natura dichiarativa e di conseguenza hanno valore vincolante e retroattivo per il Giudice nazionale e che si dà prevalenza al diritto europeo rispetto a quello nazionale secondo quanto previsto dall’art. 11 della Costituzione, questo Collegio condivide l’interpretazione data CGUE con la sentenza Lexitor, poi recepita dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 26525 del 17 dicembre 2019, in base alla quale il diritto alla riduzione del costo del credito in caso di anticipata estinzione del finanziamento coinvolge non volontaria dell’ipoteca solo i costi recurring, ma anche quelli up front. Ciò, con la precisazione che - come statuito dallo stesso Collegio di ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇ nella decisione citata - il criterio per la riduzione dei costi up front, in questionemancanza di una diversa previsione pattizia comunque fondata su di un principio di proporzionalità, questa dovrebbe reputarsi esclusa deve essere determinato in via integrativa dal «procedimento semplificato» di cancellazione Collegio decidente secondo equità ex art. 13, commi 8- sexies ss1374 c.c., mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi permane il criterio del D.L. pro rata temporis. Premesso quanto sopra, va rilevato che lo schema contrattuale riporta distintamente due componenti di costo, entrambe dovute a titolo di corrispettivo alla società mandataria e, precisamente, la commissione per il perfezionamento del contratto relativa ad attività istruttorie e preparatorie [lett. a) del contratto] e la commissione di gestione relativa a prestazioni ricorrenti nel corso dell’intera durata del rapporto di cui alla lett. b dello stesso. Secondo la regola contrattuale, è dovuta la retrocessione pro quota solo della seconda componente in caso di estinzione anticipata, in quanto la commissione per il perfezionamento ha natura up front, come confermato dai consolidati orientamenti dei Collegi. Anche le provvigioni dell’intermediario devono ritenersi una voce di costo up front, posto che si riferiscono ad attività inerenti alla fase di instaurazione del rapporto contrattuale, come si evince dalle definizioni contrattuali. In considerazione della natura up front delle suddette voci di costo, e che il contratto di finanziamento in esame non prevede uno specifico criterio di rimborso delle stesse, questo Collegio deve necessariamente procedere ad una integrazione secondo equità del contratto ex art. 1374 c.c. “per determinare l’effetto imposto dalla rilettura dell’art. 125 sexies TUB, con riguardo ai costi up front, effetto non contemplato dalle parti né regolamentato dalla legge o dagli usi” (in questi termini, Collegio di coordinamento, n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca26525/2019). Sul punto, avendo aderendo ancora una volta al condivisibile orientamento del Collegio di Coordinamento n. 26525/2019, il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile appare, nella specie, analogo a quello che le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazionehanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, può darsi costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fontevia negoziale. Ciò postosignifica che l’importo della riduzione dei costi up front può quantificarsi secondo il metodo di riduzione proporzionale pattuito per gli interessi corrispettivi (c.d. curva degli interessi). Per quanto concerne, invece, le imposte e gli oneri erariali, sulla base del più recente orientamento condiviso dai Collegi, si ritiene che non c’è siano rimborsabili, trattandosi di un costo non ristorabile per sua intrinseca natura (considerato anche l’art. 14 della Direttiva sul credito ai consumatori). Voci di costo queste non dirette a remunerare l’intermediario, né oggetto di quantificazione unilaterale da parte di quest’ultimo. Infine, in merito alla richiesta di restituzione degli interessi, si osserva che lo schema contrattuale in esame, con disposizione controversa (cfr. punto 4 di pag. 3 del modulo SECCI), prevede espressamente che “il Cliente avrà diritto al rimborso della quota di interessi e di oneri non ancora maturata; tale quota viene calcolata in proporzione al tempo che rimane tra la richiesta di estinzione e la scadenza naturale del contratto, dividendo ciascun importo massimo per il numero di quote previste dal finanziamento e moltiplicandolo per il numero di rate residue”, alludendo ad una distribuzione lineare degli interessi nel tempo, senza relazione con il capitale che li genera. Tale disposizione contrasta però con altra previsione contenuta nel medesimo SECCI, dove, invece, viene specificato che il rimborso avverrà secondo un piano di ammortamento alla francese con rate che hanno, lungo la durata del rapporto, quote interessi decrescenti e sorte capitale crescente. Tale antinomia contrattuale, configura un “dubbio giuridico” sul senso da assegnare alla disposizione negoziale che appunto regola la retrocessione degli interessi in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il quale dubbio, derivando da un contratto standard (perché concluso mediante il ricorso a condizioni generali e/o moduli e formulari), è destinato ad essere sciolto in via ermeneutica mediante l’applicazione dell’art. 1370 c.c. recante il canone “interpretatio contra stipulatorem”. Ciò, tenendo anche in considerazione l’orientamento condiviso dai Collegi ABF, che, nel caso di clausole contrasti, ritengono necessario da parte dell’intermediario lo storno degli interessi nella misura più favorevole per il cliente, riconoscendo a quest’ultimo l’integrazione dello storno già operato, fino a concorrenza di quanto dovuto secondo il criterio pro rata temporis. Sulla base di ciò, si rileva che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto in sede di procurarne conteggio estintivo ha correttamente decurtato l’importo di € 654,69 a titolo di commissioni mandataria per il perfezionamento/gestione e l’importo di € 487,18 a titolo di provvigioni per l’intermediario. Nulla era dovuto a titolo di imposte e tasse. Per quanto concerne invece la cancellazione a seguito richiesta di transazionerimborso degli interessi corrispettivi, l’intermediario avrebbe dovuto decurtare in sede di conteggio estintivo la quota di interessi pari ad € 3.430,75, calcolata secondo il criterio pro rata temporis, anziché mediante applicare il criterio c.d. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»della curva degli interessi. Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioniPer tale motivo, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con diritto del ricorrente ottenere il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte pagamento della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni somma di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, € 1.396,37 a titolo esemplificativodi restituzione degli interessi corrispettivi, delle ipoteche iscritte al netto dell’importo già decurtato pari ad € 2.033,89 La somma riconosciuta è inferiore rispetto a garanzia quella richiesta dal ricorrente in quanto l’ulteriore importo di obbligazioni derivanti € 534,53 è stato da contratti diversi da quello quest’ultimo determinato erroneamente mediante l’applicazione del criterio pro rata temporis in relazione a tutte le voci di mutuocosto, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipotecaanche quelle avventi natura up front. Non può trovare accoglimento, inveceinfine, la domanda di cancellazione della segnalazione rifusione delle spese legali, in Centrale dei rischi. Al considerazione del fatto che le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, che regolano il presente procedimento, non contemplano alcuna espressa previsione al riguardo, si evidenzia che secondo considerata la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema natura alternativa del procedimento instaurabile. Inoltre, le spese di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti assistenza professionale non hanno fornito carattere di accessorietà rispetto alla domanda principale, con la prova conseguenza che non sono automaticamente rimborsabili nel caso di accoglimento della natura della segnalazione, né della relativa decorrenzamedesima. Infine, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentementeè stata allegato e men che meno provato il fatto della funzionalità dell’intervento del professionista coinvolto ai fini della decisione del presente procedimento avente, sono respinte tutte le domande risarcitorietra l’altro, natura seriale.

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente Ad avviso del Collegio il ricorso va rigettato. L’istanza del ricorrente di accertamento dell’avvenuta risoluzione del contratto di leasing per impossibilità sopravvenuta della prestazione esige, preliminarmente, di tratteggiare i confini della fattispecie che, notoriamente, ricalca la nozione di impossibilità su quella determinante l’estinzione dell’obbligazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1218 e 1256 cod. civ.: pur essendo il tema uno dei più delicati della civilistica, si può ritenere sostanzialmente condiviso che l’impossibilità rilevante debba essere assoluta e oggettiva. Quanto al primo profilo, si può, qui, prescindere dalla scelta tra le varie declinazioni dell’esigibilità della prestazione, giacché è preminente nel caso concreto la valutazione del carattere oggettivo della dedotta impossibilità che, nella prospettazione del ricorrente, andrebbe ricondotta alla cessazione dell’attività professionale in forma associata, che avrebbe reso inutilizzabile il macchinario oggetto del contratto di leasing. Orbene, va, innanzitutto, rilevato che la circostanza non è stata provata nel procedimento, ma, che, comunque, non avrebbe potuto integrare il presupposto della risoluzione ex artt. 1463 ss. cod. civ. In via generale, il carattere oggettivo è escluso allorquando l’impossibilità è conseguente ad un evento che rientra nella disponibilità del debitore; a ciò va aggiunto che, l’ipotesi di cessazione dell’attività di impresa in forma individuale o collettiva, che abbia fondamento in un atto volontario dell’imprenditore, si traduce di fatto in una decisione unilaterale di sottrarsi all’adempimento del contratto. In dottrina si è sottolineato che nessun pregiudizio colpisce la libertà del soggetto che esercita attività di impresa di scegliere di non proseguire l’attività fino alla cessazione dei contratti pendenti, atteso che egli, diversamente, può valutare la convenienza economica, e adottare le decisioni conseguenti, tra l’esecuzione del contratto posticipando la cessazione dell’attività o esporsi alle conseguenze dell’inadempimento. Il ricorrente ha chiesto, inoltre, di inibire (rectius accertare l’insussistenza del diritto) all’intermediario di azionare eventuali “pretese economiche”, senza tenere conto delle proprie contestazioni e del fatto che era stata tempestivamente offerta la restituzione del bene oggetto del leasing. Pur nella sua genericità, si può ritenere che il riferimento sia all’esercizio del locatore dei termini diritti contrattuali e risarcitori conseguenti all’inadempimento contestato all’istante, che presuppone, però, la correttezza dell’applicazione della transazioneclausola risolutiva espressa giusta lettera del 27 novembre 2013. Tuttavia, poiché nessuna delle due parti ha chiesto all’Arbitro di pronunciarsi sulla legittimità della risoluzione contrattuale invocata, questa volta, da parte resistente, pur essendo pacifico che una tale domanda sarebbe rientrata nella competenza dell’Arbitro, stante la natura dichiarativa della relativa cognizione (decisione ABF-Collegio di Napoli, n. 1923 del 2011). In ogni caso, si può procedere considerando che la circostanza del mancato pagamento dei canoni a partire dal mese di giugno 2013 è pacifica tra le parti; ed è in gran parte dall’inquadramento forza di questi tanto che dipende l’esito l’intermediario si è avvalso dei criteri di liquidazione del danno previsti dall’art. 15 del contratto, che pongono a carico dell’utilizzatore inadempiente il pagamento dei canoni maturati fino alla data della controversiarisoluzione, maggiorati degli interessi di mora, e di ogni ulteriore spesa sopportata dal locatore, nonché i danni da deterioramento del bene oggetto del contratto, e quelli conseguenti all’anticipato scioglimento, quantificati nell’importo complessivo di tutti i canoni successivi alla risoluzione, attualizzati al tasso Euribor tre mesi. Nell’accordo transattivo era specificato che «In vero, si potrebbe discutere dell’eccessivo ammontare di tale clausola penale, anche alla luce delle indicazioni recentemente formulate in caso giurisprudenza, secondo cui il concedente non può ricevere vantaggi maggiori di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitequelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare tenuto conto che, anche alla stregua della Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale 28 maggio 1988, recepita con legge 14 luglio 1993, n. 259, il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questionecui si sarebbe trovato se l'utilizzatore avesse esattamente adempiuto (▇▇▇▇. 17 gennaio 2014, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»888). Nel caso di specie, però, la stessa clausola contrattuale prevede che il convenuto locatore riconoscerà al conduttore quanto eventualmente conseguito disponendo del bene all’esito della restituzione, anche procedendo a compensazione con quanto dovuto dall’inadempiente: tale obbligo risulta idoneo a fondare la legittimità della clausola penale, ovviamente a condizione che sia eseguito correttamente, il che comporta che, non ha fornito alcun elemento indiziario utile potendosi configurare un obbligo di risultato a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiestacarico del locatore di collocazione del bene, quest’ultimo si sia, però, diligentemente attivato nella ricerca di un acquirente. Alla luce di tali acquisizionitanto, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con pertanto, il procedimento «semplificato». La soluzione negativaricorso va rigettato, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte invitando peraltro l’intermediario a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (porre in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte essere tutte le domande risarcitorieiniziative necessarie al reperimento di un acquirente, o di altro conduttore, del bene oggetto del contratto di leasing cessato.

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Sources: Contract of Leasing

DIRITTO. Si Preliminarmente, si prospettano due profili di irricevibilità del ricorso. Il primo attiene alla mancata formulazione del preventivo reclamo sulle istanze relative all’illegittimo addebito di interessi di mora, spese e commissioni, nonché a quelle racchiuse nella domanda proposta in via subordinata; e, per quanto nella disamina della corrispondenza tra l’oggetto del reclamo e il perimetro delle domande e delle ragioni presentate all’Arbitro bancario finanziario non si applichi un criterio eccessivamente formalistico, non si può revocare in dubbio l’assoluta novità della questione, di ▇▇▇▇▇ che sul punto il ricorso è inammissibile. Il secondo profilo di irricevibilità – rilevato in via di eccezione anche dall’intermediario – riguarda l’incompetenza temporale dell’Arbitro bancario finanziario per le contestazioni che concernono la legittimità delle clausole contrattuali, atteso che il rapporto di cui si discute si è costituito con contratto del 20 giugno 2008, sicchè il Collegio non può esaminare la validità delle pattuizioni relative al tasso di interesse che era stato fissato nel contratto. Un discorso più complesso riguarda la questione della polizza assicurativa, oggetto di due ordini di contestazioni del ricorrente, l’una relativa all’aumento del premio, disposta unilateralmente dall’intermediario in violazione degli obblighi di comunicazione, e l’altra riferita alla rilevanza di tale premio nella base di calcolo della misura del tasso di interesse con l’esito del superamento del tasso soglia antiusura. ▇▇▇▇▇▇, quanto al primo aspetto, il Collegio ritiene opportuno dare preliminarmente che la disamina del motivo è preclusa dall’incompetenza temporale dell’Arbitro: infatti, anche ove si volesse tenere conto dei termini della transazionedel criterio distintivo fondato sul contenuto del petitum e che conduce a negare o ammettere la competenza temporale a seconda se la domanda evochi, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in rispettivamente, vizi genetici del rapporto oppure effetti del contratto prodottisi successivamente al limite temporale, nel caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitespecie non si perviene a risultati univoci: infatti, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere per un verso, il ricorrente afferma di avere appreso della modifica solo con il documento di sintesi del 13 luglio 2009, tuttavia dal rendiconto allegato alla comunicazione periodica del 6 luglio 2010 sembra evincersi che la rata, maggiorata del premio contestato, abbia trovato applicazione fin dalla scadenza del 29 settembre 2008; pertanto, si deve ritenere che il ricorrente – il quale è onerato della prova della competenza temporale dell’Arbitro, soprattutto laddove il rapporto contrattuale è anteriore al 1 gennaio 2009 deponendo in relazione via generale per l’incompetenza – non abbia adeguatamente dimostrato la riferibilità della contestazione e del petitum al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà periodo di competenza. Da diverso angolo visuale, però, proprio la cristallizzazione degli oneri contrattuali addebitati al ricorrente consente di ritenere fondata la domanda relativa alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema sopravvenuta natura usuraria del tasso di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente»interesse. Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare cheE’ noto, in ragione della natura giudiziale primo luogo, che le Istruzioni per la rilevazione trimestrale del TEGM per le banche e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione gli intermediari ex art. 13107 annoverano – sin dalla loro entrata in vigore dal 1 gennaio 2010, commi 8- sexies ss.giusta il regime transitorio indicato sub D1 delle dette Istruzioni – gli oneri assicurativi derivanti da polizza obbligatoria per legge o per contratto e, comunque, intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del D.L. n. 7/2007credito. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel Entrambe queste condizioni risultano sussistenti nel caso di specie, sicché, applicando il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile criterio di calcolo indicato dalle Istruzioni, si rileva un sistematico sforamento del tasso soglia, che, alla luce delle indicazioni fornite dal Collegio di Coordinamento in materia di usura sopravvenuta (sia pure con qualche perplessità segnalata nei commenti della dottrina sulla idoneità di un giudizio secondo buona fede a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio fondare una sostanziale riscrittura del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamentocontratto), senza specificazioni in ordine determina l’obbligo dell’intermediario a riportare i ▇▇▇▇▇ concordati sotto la soglia di usurarietà, procedendo al ricalcolo delle somme dovute dal ricorrente e provvedendo alla fonte dell’ipotecarestituzione di quelle eccedenti eventualmente già corrisposte. Non può trovare accoglimento, invece, merita accoglimento la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale risarcimento dei rischi. Al riguardodanni non patrimoniali, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere tutto priva di allegazione e di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorieprova.

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Sources: Contratto Di Finanziamento

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare Occorre preliminarmente conto dei termini esaminare l’eccezione di incompetenza dell’ABF formulata dall’intermediario convenuto, il quale sostiene che la richiesta di annullamento “avrebbe dovuto essere proposta avanti all’Autorità Giudiziaria”, stante il collegamento contrattuale tra il finanziamento e il contratto con la società di arredamento, nonché l’asserita necessità di estendere il contraddittorio nei confronti di quest’ultima, alla quale viene imputato dalla ricorrente il comportamento doloso contestato. ▇▇▇▇▇▇, al riguardo, il fatto che la ricorrente si è limitata a chiedere l’annullamento per dolo del contratto di finanziamento, mentre non ha formulato alcuna domanda avente ad oggetto il contratto stipulato con la società di arredamento, né ha ricollegato l’annullamento del contratto di finanziamento ad una richiesta di annullamento del contratto con tale società. Gli addebiti mossi dalla ricorrente all’intermediario convenuto – e le ragioni poste a fondamento della transazionerichiesta di annullamento – prescindono da ogni valutazione sul contratto stipulato con la società di arredamento, poiché è riguardando “le evidenti violazioni delle disposizioni in gran parte dall’inquadramento materia di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso trasparenza bancaria e di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere offerta fuori sede” in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» alle modalità di promozione e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema negoziazione del contratto di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento finanziamento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivodegli agenti della società di arredamento, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiestaciò autorizzati dalla banca. Alla luce di tali acquisizioniconsiderazioni, il Collegio non accoglie l’eccezione di incompetenza formulata dall’intermediario convenuto. Quanto al merito della controversia in oggetto, il Collegio ritiene che la documentazione prodotta in giudizio attesti con ogni evidenza che le modalità di presentazione e offerta dell’operazione di finanziamento da parte degli agenti della società di arredamento sono in effetti state tali da aver potuto seriamente pregiudicare la capacità di giudizio della ricorrente inducendola in errore e, comunque, sono state tali da integrare una palese e grave violazione delle disposizioni vigenti in tema di trasparenza bancaria e offerta fuori sede. In questa prospettiva, rileva in particolare la circostanza che la documentazione preliminare fatta sottoscrivere alla ricorrente e, in primis, l’ordine emesso per l’acquisto di merce dalla società di arredamento, per un valore pari a € 2.880,00 stabiliva modalità di pagamento dilazionato, e nello specifico n. 60 rate di pari importo, senza alcuna indicazione relativa a eventuali interessi dovuti. Più precisamente, va sottolineato come, pur essendo previsto nel suddetto modulo d’ordine uno spazio specificatamente dedicato all’indicazione di T.A.N. e T.A.E.G. applicabili all’operazione, tale spazio veniva nel caso di specie lasciato in bianco. Ad avviso del Collegio, si tratta di circostanze tali da ingenerare, anche secondo la percezione del buon padre di famiglia, un serio affidamento che l’operazione di finanziamento venisse offerta a interessi zero. Analogamente, rileva il fatto che il testo del contratto di finanziamento apparentemente stipulato con l’intermediario – di cui la ricorrente dichiara di non avere ricevuto copia al momento della sottoscrizione, senza che l’intermediario abbia dimostrato il contrario – riporta un T.A.N. e un T.A.E.G. non leggibili. Detto testo contrattuale, inoltre, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato privo dell’indicazione del luogo e della data di stipulazione e, seppur debitamente sottoscritto in ogni sua parte dalla ricorrente, è stato predisposto con un carattere così piccolo che risulta di fatto illeggibile a questo Collegio. Sul punto, la difesa dell’intermediario si incentra sulla corrispondenza con cui, in data 23.6.2010, la banca comunicava alla presunta inconciliabilità ricorrente la propria accettazione del finanziamento, con indicazione delle ipoteche giudiziali con principali condizioni economiche di tale operazione. È vero che detta comunicazione conteneva l’esatta e chiara indicazione di ▇▇▇ e ▇▇▇▇; tuttavia, il procedimento «semplificato»Collegio ritiene che, a tale data, la ricorrente era già stata indotta in errore a causa del comportamento dei soggetti autorizzati dalla banca alla presentazione, promozione e negoziazione del relativo strumento di finanziamento ed aveva già prestato il proprio consenso, che doveva dunque dirsi viziato. La soluzione negativaCiò che rileva, sostenuta infatti, non sono le comunicazioni della banca successive alla stipulazione, bensì quelle ad essa precedenti; e, al riguardo, risulta che prima della stipulazione non sono state fornite alla ricorrente le informazioni previste dalla normativa in materia di trasparenza per assicurare una scelta consapevole da un parte della dottrinacliente e che, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007di contro, n. 5la ricorrente abbia invece ricevuto informazioni o comunque abbia sottoscritto documentazione in grado di ingenerare in lei falsi affidamenti. Alla luce delle difese svolte e della documentazione prodotta, dunque, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sussistano i presupposti per accogliere la domanda della ricorrente e conseguentemente annullare il contratto di finanziamento per dolo determinate ai sensi dell’art. 1439 cod. civ.: sussistono infatti (i) sia l’animus decipiendi, che si limita ad affermare estrinseca nelle modalità di offerta e presentazione dell’operazione di finanziamento, intenzionalmente poco chiare e fuorvianti, oltre che aggressive, (ii) sia la caduta del deceptus in errore, (iii) sia un nesso di causalità tra i due citati elementi. Quanto al primo requisito è peraltro opportuno osservare che, ai sensi del secondo comma dell’art. 1439 cod. civ., il contratto di finanziamento oggetto del ricorso deve ritenersi invalido a prescindere dal fatto che “i raggiri sono stati usati da un terzo”, essendo evidente che l’intermediario non poteva non conoscere le disposizioni modalità di cui all’art. 13offerta e presentazione dell’operazione da parte degli agenti della società di arredamento, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte essendo anzi tenuto per legge a garanzia di obbligazioni derivanti vigilare sull’attività svolta da contratti di mutuo stipulati con tutti i soggetti sopra menzionatiche operano quali intermediari dei propri servizi, con esclusione quindie che esso ne ha al contempo certamente tratto vantaggio. Si ricorda, a titolo esemplificativoin tale ultima prospettiva, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 il Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009, che ribadisce la piena responsabilità del soggetto erogante sulla complessiva attività di collocamento posta in tema essere dalla catena distributiva e la necessità di segnalazione presidiare i rischi operativi e reputazionali insiti in CR comportamenti anomali o irregolari posti in essere. Si richiama, inoltre, il Provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 sulla trasparenza delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.)operazioni e dei servizi bancari e finanziari, la banca cui Sezione II (Pubblicità e informazione precontrattuale) stabilisce che “Nel caso di offerta fuori sede, anche se realizzata attraverso soggetti terzi, i fogli informativi riportano, oltre alle informazioni sull’intermediario committente, i dati e la qualifica del soggetto che entra in rapporto con il cliente (ad esempio, dipendente, promotore finanziario, agente in attività finanziaria) ed eventuali costi ed oneri aggiuntivi derivanti da tali modalità di offerta. Il soggetto che procede all'offerta deve consegnare al cliente, in tempo utile prima che il contratto sia concluso o che il cliente sia vincolato da un’offerta, il documento generale denominato "Principali diritti del cliente" e il foglio informativo; se per il servizio offerto è sempre tenuta prevista una Guida ai sensi del paragrafo 2, questa deve essere consegnata in luogo del documento generale denominato "Principali diritti del cliente". In caso di contratto di finanziamento, viene consegnato al cliente anche un documento contenente i ▇▇▇▇▇ Effettivi Globali Medi (TEGM) previsti dalla legge n. 108/1996 (c.d. “legge antiusura”). L’intermediario committente acquisisce un'attestazione del cliente circa l'avvenuta consegna e la conserva agli atti. (…) L’intermediario committente verifica che il soggetto incaricato dell'offerta rispetti gli obblighi di trasparenza previsti dalla presente sezione. In particolare, se il foglio informativo e i documenti previsti dal paragrafo 2 sono predisposti dal soggetto incaricato dell'offerta, l’intermediario committente ne accerta la conformità alle disposizioni vigenti e l’idoneità a segnalareconseguire pienamente le finalità della disciplina in materia di trasparenza”. Per concludere, a beneficio conferma delle considerazioni cui è giunto il Collegio, non si può evitare di rammentare che l’attività di promozione e negoziazione svolta dalla società di arredamento Jolly S.p.A. è già stata oggetto del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 5.8.2010, ha disposto nei confronti di tale società la sospensione sistemadi ogni attività diretta a promuovere, mediante telemarketing e successive visite al domicilio dei consumatori, una tessera sconti gratuita che celerebbe la vendita di articoli per la casa del professionista, nonché nel sottoporre ai consumatori moduli che non riportano adeguate informazioni circa la loro natura di contratti d’acquisto, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioniL’Autorità ha valutato che “la suddetta pratica potrebbe, per un verso, considerarsi ingannevole in quanto al consumatore sarebbero fornite informazioni inesatte, incomplete o non veritiere con specifico riferimento alle caratteristiche generali dell’offerta promossa, nonché al prezzo e agli oneri da sostenere per aderire alla stessa; per altro verso, la parte non riscossa. Ad ogni modopratica potrebbe risultare aggressiva in quanto, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte per le domande risarcitorie.modalità con cui vengono fatti

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DIRITTO. Si ritiene opportuno La controversia ha ad oggetto il riconoscimento del diritto della parte ricorrente alla restituzione di parte dei costi del finanziamento, a seguito della avvenuta estinzione anticipata di quest’ultimo rispetto al termine convenzionalmente pattuito, dalla quale deriva, come previsto dall’articolo 125-sexies del TUB, il diritto del soggetto finanziato ad ottenere una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi e dei costi “dovuti per la vita residua del contratto”. Preliminarmente occorre tuttavia esaminare l’eccezione preliminare sollevata dall’intermediario resistente in merito all’esistenza di una quietanza liberatoria, preclusiva della proposizione del presente ricorso. Dalla documentazione allegata dalla resistente alle proprie controdeduzioni risulta infatti che il ricorrente ha sottoscritto in data 29 maggio 2020 una “quietanza liberatoria”, nella quale dichiarava espressamente di rinunciare, a fronte delle somme quietanzate, alla corresponsione di ulteriori somme in conseguenza della estinzione anticipata del prestito. Nella decisione n. 8827/2017, il Collegio di Coordinamento si è pronunciato sulla questione concernente il valore liberatorio delle quietanze sottoscritte in occasione dell’estinzione anticipata del finanziamento e, nello statuire che la valutazione deve essere compiuta in concreto - con particolare riferimento al singolo caso - ha concluso nel senso di ritenere necessario che la dichiarazione contenga, da un lato, un preciso riferimento all’oggetto della rinuncia - vale a dire la determinazione quantitativa (ammontare) e causale (titoli delle voci non rimborsate) di ciò cui il cliente rinunciava; dall’altro, che sia espressa in termini non equivoci la volontà del dichiarante di non limitarsi a dare preliminarmente conto dei termini della transazioneatto del pagamento ricevuto, poiché è in gran parte dall’inquadramento ma di questi che dipende l’esito della controversiaabdicare, con effetti estintivi, alla pretesa di ricevere le restanti somme da lui corrisposte a titolo di costi e dall’intermediario non restituite. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitePiù recentemente, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare i Collegi territoriali hanno condiviso che, in ragione della natura giudiziale e generale, le quietanze liberatorie possono essere reputate quali rinunce o transazioni solo se rilasciate contestualmente o in seguito all’estinzione del finanziamento, in quanto solo in quel momento diviene attuale il diritto alle restituzioni degli oneri non volontaria dell’ipoteca in questionematurati. Tanto premesso, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che con riferimento al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, evidenzia il convenuto Collegio che la sottoscrizione della quietanza da parte della ricorrente è avvenuta il 29 maggio 2020, in anticipo rispetto all’estinzione del finanziamento, attestata dalla liberatoria del 31 maggio 2020. In questi casi, è orientamento condiviso dei Collegi ritenere che la quietanza in oggetto non possa avere rilevanza come rinuncia/transazione in quanto sottoscritta antecedentemente al rilascio del conteggio estintivo e quindi prima che l’estinzione sia perfezionata (cfr., nello stesso senso, le decisioni ABF, Collegio di Bologna n. 22101/2019 e Collegio di Napoli, nn. 10555/2020 e 22819/2020). Venendo al merito del ricorso, la consolidata giurisprudenza dei Collegi di questo Arbitro, coerentemente con quanto stabilito peraltro dalla stessa Banca d’Italia negli indirizzi rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, ha affermato fino ad oggi che la concreta applicazione del principio di equa riduzione del costo del finanziamento determinasse la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (cc.dd. recurring) che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale; di contro, si è confermata la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipate (cc.dd. up front). Si è ugualmente consolidato l’orientamento per il quale il criterio di calcolo della somma corrispondente alla “riduzione” dei costi retrocedibili in caso di estinzione anticipata deve essere individuato nel metodo proporzionale puro, comunemente denominato pro rata temporis. In questo quadro interpretativo si inserisce la recente decisione 11 settembre 2019 nella causa C-383/18 della Corte di Giustizia Europea, e la successiva decisione 11 dicembre 2019 del Collegio di Coordinamento di questo ABF. Con domanda di pronuncia pregiudiziale in base all’articolo 267 TFUE il Giudice del Tribunale di Lublino ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di fornire l’esatta interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sui contratti dei consumatori, che ha abrogato la precedente Direttiva 87/102 CEE del Consiglio, ed in particolare di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, includa o meno tutti i costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto. La Corte Europea, con la già ricordata sentenza 11 settembre 2019, (c.d. sentenza LEXITOR), ha fornito alcun elemento indiziario utile risposta a supportare l’antefatto indispensabile tale quesito affermando che l’articolo 16 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Il Collegio di Coordinamento di questo ABF, investito della questione dal Collegio di Palermo con ordinanza del 16 settembre 2019 in relazione alle conseguenze della citata sentenza della CGUE sulla rimborsabilità dei costi non continuativi (c.d. up front), accogliendo parzialmente il ricorso, con decisione dell’11 dicembre 2019, ha enunciato il seguente principio di diritto: “A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art.125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”. “Il criterio applicabile per provare la correttezza della propria inerziariduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni“La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali purché preceduti da conforme reclamo, con il procedimento «semplificato»limite della domanda”. La soluzione negativa“Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring”. “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. Quanto al criterio di riduzione dei costi, sostenuta il Collegio di coordinamento afferma in primo luogo la nullità di ogni clausola che, “…sia pure in modo implicito, abbia escluso la ripetibilità dei costi riferiti ad attività preliminari…”, in quanto contraria a norma imperativa, nullità rilevabile d’ufficio in base al disposto degli articoli 127 TUB e 1418 c.c., clausola da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13ritenersi sostituita automaticamente per il disposto dell’articolo 1419, comma 8-sexies2, D.L. n. 7/2007 «c.c. con la norma imperativa che, già al momento della conclusione del contratto, come si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia deve necessariamente concludere, per la natura dichiarativa della decisione LEXITOR, imponeva la restituzione anche dei costi up front. In secondo luogo, il Collegio di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionaticoordinamento, con esclusione quindirilevato che, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori quanto alla riduzione dei costi diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni recurring, si è in presenza di una lacuna del regolamento contrattuale, osserva che la CGUE non impone al riguardo un criterio di riduzione comune ed unico per tutte le componenti, ma ha affermato che il metodo di calcolo utilizzabile “consiste nel prendere in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e nel ridurne poi l’importo in proporzione della durata residua del contratto”, intendendo la “totalità” non “…come sommatoria, ma come complessità delle voci di costo…”. Le parti, quindi, potranno “…declinare in modo differenziato il criterio di rimborso dei costi up front rispetto ai costi recurring, sempre che il criterio prescelto, con ciò senza escludere la facoltà di estendere il metodo pro rata, sia agevolmente comprensibile e quantificabile dal consumatore e risponda sempre ad un principio di (relativa) proporzionalità…”. Tuttavia, se ciò non accada, spetterà al giudicante, sempre secondo il Collegio di coordinamento, il compito di integrare il regolamento contrattuale incompleto, e, non potendosi procedere a tale fine in via interpretativa, in relazione al contenuto del contratto, né in base ad una disposizione normativa suppletiva, il Collegio afferma che “…non resta che il ricorso alla integrazione “giudiziale” secondo equità (art.1374 c.c.). A questo punto il Collegio di coordinamento, premesso che spetterà ai singoli Collegi territoriali la valutazione dei casi concreti, passa alla decisione del merito del ricorso, in relazione al quale “…ritiene peraltro che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile sia analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Ciò significa che la riduzione dei costi up front può nella specie effettuarsi secondo lo stesso metodo di riduzione progressiva (relativamente proporzionale appunto) che è stato utilizzato per gli interessi corrispettivi (c.c. curva degli interessi) come desumibile dal piano di ammortamento…”, concludendo che si tratta della soluzione da ritenere “…allo stato la più idonea a contemperare equamente gli interessi delle parti contraenti perché, mentre garantisce il diritto del consumatore a una riduzione proporzionale dei costi istantanei del finanziamento, tiene conto della loro ontologica differenza rispetto ai costi recurring e della diversa natura della controprestazione…”, e che “…essa, inoltre, trova un collegamento puntuale nel richiamo alla portata del diritto all’equa riduzione del costo del credito sancito nell’abrogato art. 8 della Direttiva 87/102, di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 4016 della Direttiva 2008/48 costituisce una più precisa consacrazione evolutiva…”. Aggiunge, infine, che “…non ricorre invece alcuna ragione per discostarsi dai consolidati orientamenti giurisprudenziali dell’Arbitro bancario per quanto attiene ai costi ricorrenti e agli oneri assicurativi…”. Questo Collegio, nel dare piena attuazione alla decisione del Collegio di Coordinamento, ed ai principi di diritto esposti nel suo dispositivo, ritiene appropriato, nel merito, in base alla sua autonoma valutazione, il criterio di calcolo adottato nel caso concreto dal Collegio di Coordinamento per la quantificazione dei costi up front da restituire, condividendo pienamente, e qui richiamando integralmente, le argomentazioni poste a fondamento di tale scelta, che individua nella previsione pattizia del conteggio degli interessi il referente normativo da utilizzare al fine di calcolare l’importo di tale restituzione in applicazione del principio di integrazione giudiziale secondo equità. Il Collegio ritiene inoltre, sempre quale principio generale di diritto, che analogo criterio debba essere utilizzato anche in relazione ai contratti stipulati antecedentemente alla Direttiva 2008/48/CE relativa al credito ai consumatori, e nel vigore della precedente direttiva 87/102 CEE. A tale riguardo, appare innanzitutto significativo l’espresso riferimento a tale Direttiva contenuto nel paragrafo 28 della sentenza LEXITOR, nel quale la Corte afferma che l’articolo 16 della nuova Direttiva ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di “equa riduzione” quella “più precisa di “riduzione del costo totale del credito” e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare “gli interessi e i costi”, così come rilevato e confermato anche dal Collegio di coordinamento, come già riportato. A ciò si aggiunga che tale conclusione appare pienamente in accordo con l’orientamento espresso dal Collegio di coordinamento e dai Collegi ABF in merito ai principi che regolavano la materia anche prima dell’introduzione dell’articolo 125-bis t.u.bsexies del TUB. Facendo applicazione di tali principi, rileva il Collegio come la commissione a favore dell’intermediario finanziario abbia natura mista, distinguendosi nel contratto le attività ricomprese nella quota non ripetibile da quelle ricomprese nella quota ripetibile. Tuttavia, le più recenti posizioni condivise dai Collegi ABF hanno ritenuto che tale commissione sia da intendersi interamente recurring in quanto remunera, tra gli altri, gli oneri per le operazioni di acquisizione della provvista e che per il rimborso si debba applicare il criterio pro rata temporis (cfr. le decisioni ABF, Collegio di Bologna nn. 8754/2020 e 29794/2020). E ad analoga deve giungersi quanto alle commissioni di distribuzione dalla cui descrizione emerge lo svolgimento di alcune attività di natura recurring (“pubblicità” e “presidio del territorio”) e ai costi per l’invio delle spese periodiche (già rimborsati in conteggio estintivo). In linea con il richiamato orientamento e tenuto conto dei rimborsi già effettuati in sede di estinzione in conformità alle previsioni contrattuali, deve concludersi per l’accoglimento delle richieste della ricorrente nella misura riportata nella seguente tabella: rate complessive 120 rate scadute 48 Importi Natura Rimborsi dovuti Rimborsi già effettuati Residuo rate residue 72 TAN 4,90% Denominazione % rapportata al TAN 38,48% commissioni a favore dell'intermediario finanziario - ripetibili 425,01 € Recurring 255,01 € 163,53 € 91,48 € commissioni a favore dell'intermediario finanziario - non ripe 991,69 € Recurring 595,01 € 595,01 € commissioni di distribuzione 466,56 € Recurring 279,94 € 279,94 € costo comunicazioni periodiche 22,00 € Recurring 13,20 € 13,20 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € 0,00 € Il Collegio precisa infine che, trattandosi di ricorso presentato successivamente all’entrata in vigore dal 14 maggio 2011delle nuove Disposizioni ABF, quindi ai sensi di quanto previsto nella nota (3) di pag. 25 delle predette Disposizioni, l’importo finale contenuto nelle pronunce di accoglimento è arrotondato all’unità di euro (per eccesso se la prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" cifra dopo la virgola è uguale o superiore a 5; per difetto, se la cancellazione delle ipoteche prima cifra dopo la virgola è inferiore a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento5), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, All’accoglimento del ricorso nei termini sopra indicati consegue la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5corresponsione degli interessi legali dalla data del reclamo al saldo.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Prestito Con Cessione Del Quinto

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneL’ordinanza di rimessione rileva un contrasto di orientamenti, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare cheformatosi tra i collegi territoriali ABF, in ragione ordine ai criteri valutativi da adottare al fine di attribuire carattere di obbligatorietà ovvero di facoltatività alle polizze assicurative che i clienti degli intermediari stipulano collateralmente ai contratti di finanziamento. In particolare, l’ordinanza evidenzia che gli indici di obbligatorietà della natura giudiziale polizza individuati dal Collegio di Roma, e non volontaria dell’ipoteca in questioneche devono ricorrere congiuntamente al momento della erogazione del finanziamento, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» sono: (i) il carattere collettivo della polizza stipulata dall’intermediario con la compagnia assicurativa a copertura del rischio morte, invalidità, perdita involontaria d’impiego del soggetto finanziato; (ii) la contestualità rispetto alla erogazione del finanziamento; (iii) la coincidenza di cancellazione ex artdurata tra finanziamento e copertura assicurativa; (iv) la previsione che il beneficiario dell’indennizzo assicurativo sia soltanto l’intermediario. 13Mentre, commi 8- sexies ss.secondo un orientamento del Collegio di Milano, del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che il carattere di facoltatività può prescindere dalla rigida applicazione di criteri precostituiti, e la questione deve essere risolta sempre con riferimento al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, facendo leva, ad esempio, sugli elementi probatori necessari a denegare la qualifica di polizza facoltativa attribuita all’assicurazione dalle parti del contratto di finanziamento. Ad avviso dello scrivente ▇▇▇▇▇▇▇▇, il convenuto rilevato contrasto deve essere considerato nella prospettiva più generale della pluralità di orientamenti alla stregua dei quali la vexata quaestio può essere affrontata e risolta. Posto che, evidentemente, il problema può porsi solo con riferimento a quelle polizze assicurative rispetto alle quali sia identificabile un collegamento funzionale e non ha fornito alcun già solo occasionale con il finanziamento (su tale profilo si rinvia infra), si registra un primo orientamento tendente a prospettare la massima differenziazione tra collegamento e obbligatorietà. Quest’ultima, costituendo un elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per aggiuntivo e distinto rispetto alla accessorietà, dovrebbe essere provata sulla base di elementi che, ancorché in via presuntiva, depongano in quella direzione, laddove la maggior parte degli indici elaborati dalla giurisprudenza ABF sembrano giustificarsi in ragione del collegamento tra finanziamento e polizza CPI, non già della obbligatorietà del secondo al fine di conseguire il primo. Il difetto di questa impostazione è, tuttavia, la sostanziale impossibilità di provare la correttezza obbligatorietà. Un secondo orientamento, che si potrebbe definire “intermedio” (maturato nel Collegio di Roma), sulla scorta di una valutazione caso per caso, propone di isolare quegli indici che, esprimendo un collegamento particolarmente 'rafforzato', consentono di presumere la obbligatorietà. Rispetto a questo approccio, potrebbe tuttavia osservarsi che non tutti gli indici appaiono determinanti al fine di stabilire con certezza l’obbligatorietà, e di superare, quindi, la qualificazione convenzionale ricavabile dalle pattuizioni contrattuali. Alcuni, infatti, non dicono molto sulla obbligatorietà (e.g.: durata e importo), essendo piuttosto indici del diverso requisito della propria inerziastrumentalità della polizza rispetto all’ammortamento del prestito, e dunque potrebbero svolgere un ruolo di supporto rispetto a quelli maggiormente 'indicativi' (del resto, la prova presuntiva della obbligatorietà si risolve sostanzialmente nella prova di un collegamento particolarmente stretto). Deve perciò impegnarsi In una diversa prospettiva si colloca invece quell’orientamento che, valorizzando il dato della contestualità tra erogazione del finanziamento e stipulazione della polizza assicurativa, perviene essenzialmente al superamento della dicotomia obbligatorietà/facoltatività. Un superamento che, con particolare riguardo al TEG, e dunque alla disciplina anti-usura, trova il suo presupposto ermeneutico e sistematico nell’art. 644, comma 5, c.p., che attrae nella fattispecie, quale solo requisito sufficiente, il collegamento, e in una diversa interpretazione delle “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura” della Banca d’Italia, ove la contestualità è posta in alternativa alla obbligatorietà. La menzionata impostazione ha trovato recente espressione in un arresto della Corte di cassazione, che, stante la funzione nomofilattica delle decisioni del supremo Collegio, indica la direzione da seguire, e orienta la giurisprudenza successiva, compresa quella dell’ABF. Trattasi della sentenza n. 8806 del 5 aprile 2017 (Pres. ▇▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇. ▇▇▇▇▇▇▇▇), la quale, attribuendo centralità ermeneutica al dato normativo tratto dall’art. 644 c.p., e, in particolare, dal comma 5, giunge, come sopra si è anticipato, alla massima ed esaustiva valorizzazione del profilo del semplice “collegamento” fra finanziamento e polizza assicurativa. L’art. 644, comma 5, c.p. stabilisce infatti che «Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioniqualsiasi titolo e delle spese, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificatoerogazione del credito». La soluzione negativacentralità sistematica della norma in questione, sostenuta da un parte applicabile in ogni settore del diritto e non solo in ambito penalistico, è subito evidenziata dai Giudici supremi, a parere dei quali «detto carattere “onnicomprensivo” per la rilevanza delle voci economiche – nel limite esclusivo del loro collegamento all’operazione di credito – vale non diversamente per la considerazione penale e per quella civile del fenomeno usurario. L’unitarietà della dottrinaregolamentazione – così come la centralità sistematica della norma dell’art. 644 per la definizione della fattispecie usuraria sotto il profilo oggettivo, che qui specificamente interessa – si trova sottolineata, del resto, dallo stesso fatto che la legge n. 108/1996 viene a considerare pari passu entrambi questi aspetti (cfr., in particolare, la disposizione dell’art. 4)». Peraltro, il punto di ricaduta interpretativo della norma del codice penale si estende anche alle disposizioni regolamentari. Prosegue infatti la Cassazione: «la centralità sistematica della norma dell’art. 644 in punto di definizione della fattispecie usuraria rilevante non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio può non valere, peraltro, pure per l’intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia. Se è manifesta l’esigenza di una lettura a sistema di queste varie serie normative, pure appare chiaro che al centro di tale sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall’art. 644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse altre disposizioni che intervengono in materia». In questa prospettiva devono pertanto essere valutate le “Istruzioni” rese dalla Banca d’Italia, il cui par. C4 della Sezione I, dedicato giustappunto al trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del 1° giugno 2007TEG, così recita al comma 2, n. 5, che si limita : «le spese per assicurazioni o garanzie intese ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che la polizza venga stipulata per il tramite del finanziatore o direttamente dal cliente. Le assicurazioni sul credito (le cosiddette CPI - Cost Protection Insurance o PPI - Payment Protection Insurance) e quelle per furto e incendio sono ritenute connesse con il finanziamento, e quindi incluse nel calcolo del TEG, anche nei casi in cui trattasiil beneficiario della polizza non sia l’ente creditore». Ad ogni modoLa lettera delle “Istruzioni” prospetta pertanto una rilevanza alternativa tra contestualità e obbligatorietà le quali sembrano essere poste sullo stesso piano, va detto che l’artlasciando spazio all’interpretazione secondo cui, se la stipulazione della polizza assicurativa non è contestuale alla concessione del finanziamento o non ne condiziona l’erogazione, il relativo costo non rientra nel calcolo dell’usurarietà dell’interesse. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima La Cassazione valorizza invece il solo dato della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del sistemacontestualità”, i c.ddlasciando sullo sfondo quello della “obbligatorietà”, anzi obliterandolo del tutto: «la Banca d'Italia ha tra l’altro precisato che restano incluse nel conto di usurarietà “le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ..., se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento”». Mentre, come sopra si è visto, il passo delle “Istruzioni” prosegue aggiungendo: «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, ovvero obbligatoria per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorieottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte».

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Sources: Loan Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- 8-sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Decision Correction

DIRITTO. Si A parere del Collegio giova metter conto all’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dall’intermediario convenuto, il quale ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneche l’obbligo restitutorio debba gravare sul soggetto cui sarebbe stato ceduto il finanziamento de quo. L’eccezione è infondata e non merita accoglimento: in premessa, poiché è risulta per tabulas che parte resistente abbia sottoscritto un contratto quadro con altro intermediario nel mese di aprile 2005 ai sensi del quale – contrariamente a quanto sostenuto nelle controdeduzioni – si impegnava a cedere non già i contratti bensì i “crediti” rivenienti dai finanziamenti di cessione di quote dello stipendio che lo stesso avrebbe, in gran un certo arco di tempo futuro, collocato. In tale accordo si precisava, peraltro, che la gestione del rapporto e degli incassi delle somme dovute dal cliente ceduto rimanesse a carico del cedente. A fronte di tali risultanza documentali, va altresì sottolineato che parte dall’inquadramento convenuta non ha neppure fornito la prova relativa alla circostanza che il finanziamento in esame (recte il credito derivante da detto contratto) fosse stato effettivamente oggetto di questi che dipende l’esito della controversiatrasferimento. Nell’accordo transattivo era specificato che «A fronte di ciò, emerge invece che, ancora alla data del 24 giugno 2009, in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteoccasione del rilascio del conteggio estintivo, l’intermediario «nulla più avrà abbia chiesto il versamento del debito residuo su un conto a pretendere sé intestato, senza precisare che l’incasso sarebbe avvenuto in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» nome e provvederà alla cancellazione per conto di parte terza. In considerazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora evidenze documentali, dunque, non fosse applicabile la normativa in tema solo risulta che l’operazione di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se cessione abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale riguardato i crediti e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuogià i contratti, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio anche che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto abbia continuato a mantenere – nei confronti del ricorrente – la gestione del rapporto negoziale anche nella sua fase esecutiva. Quanto al primo rilievo, la consolidata giurisprudenza di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza questo Collegio ha più volte sottolineato l’irrilevanza – sotto il profilo giuridico – delle intervenute cessioni del proprio operatocredito ovvero del contratto, provando ben potendo il consumatore senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza forza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni norma di cui all’art. 13125-septies t.u.b. – opporre le eccezioni relative al contratto tanto al cedente quanto al cessionario. Tale considerazione, comma 8che si attesta sul piano della ricostruzione giuridica dei rapporti emergenti nei confronti del contraente ceduto, appare viepiù avvalorata anche da una considerazione che invece si attesta sul piano fattuale, e che si fonda sul principio dell’apparenza: risulta, infatti, documentalmente che l’intermediario resistente abbia continua a gestire i rapporti con il ricorrente sino al momento dell’anticipata estinzione, per provvedere alla quale quest’ultimo ha versato le somme necessarie sul conto intestato al primo, in tal guisa mostrandosi di fatto il dominus del rapporto (posto che non aveva mai comunicato l’intervenuta cessione e, quindi, la conseguente gestione in nome e per conto del cessionario). Per le riferite ragioni, dunque, deve essere rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario resistente. La domanda del ricorrente è relativa all’accertamento del proprio diritto alla restituzione di quota parte degli oneri economici connessi al finanziamento anticipatamente estinto rispetto al termine convenzionalmente pattuito, in applicazione del principio di equa riduzione del costo dello stesso, sancita all’art. 125-sexiessexies t.u.b. In conformità alla ormai consolidata giurisprudenza dei Collegi di questo Arbitro, D.L. coerentemente con quanto stabilito peraltro dalla stessa Banca d’Italia negli indirizzi rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, si è affermato che la concreta applicazione del principio di equa riduzione del costo del finanziamento determina la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (cc.dd. recurring) che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale; di contro, si è confermata la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (cc.dd. up front). Dall’esame della documentazione contrattuale risulta che gli importi commissionali siano stati corrisposti “per la conversione e convertibilità da variabile in fisso del saggio degli interessi, per la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione, per le operazioni di acquisizione della provvista, per le perdite dovute alla differenza di valuta tra erogazione iniziale e decorrenza dell’ammortamento, per l’eventuale ritardo di adeguamento dei tassi e della commissione nel periodo di preavviso del mutamento delle condizioni di mercato; considerano inoltre tutte le prestazione e le attività preliminari, conclusive e successive indispensabili per il perfezionamento e l’esecuzione del contratto quali …. il reperimento e l’esame della documentazione, l’istruttoria della pratica, le spese postali e di notificazione, gli oneri della rete di distribuzione del servizio, l’elaborazione dei dati anche ai fini della L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente 97/1991, e le attività prescritte dalla normativa vigente, il costo dell’advertising e dei mezzi di comunicazione, l’incasso l’elaborazione dei dati ed i controllo dei versamenti periodici delle quote di ammortamento con i relativi adempimenti contabili e amministrativi, gli adempimenti per l’eventuale estinzione anticipata, i corrispettivi dovuti alla rete esterna di distribuzione, comprese le provvigione al mediatore creditizio o all’agente in attività finanziaria cui i Cedente ha ritenuto discrezionalmente di rivolgersi, i corrispettivi per gli adempimenti relativi all’attivazione delle garanzie e la loro successiva gestione, l’assistenza fornita al Cedente dopo la stipulazione del contratto, ogni altro servizio e costo dipendente dalla esecuzione di quanto previsto dal presente contratto anche se imprevisto o sopravvenuto” (cfr. art. 14 del contratto). La molteplicità degli adempimenti ivi previsti, senza la necessaria ripartizione delle quote relative alle varie voci commissionali tra quelli preliminari alla conclusione del contratto e quelli soggetti a maturazione nel tempo, determina una complessiva opacità della formulazione della clausola, aggravata dalla sua formulazione unitaria e riferibile alle diverse commissioni previste nel contratto, con la conseguenza che vada riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione dell’importo di euro 142,48 con riferimento alle ipoteche iscritte commissioni bancarie e di euro 612,38 con riferimento a garanzia quelle di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionatiintermediazione. Da ultimo, con esclusione quindiriferimento alla domanda di restituzione del premio assicurativo, a titolo esemplificativoil Collegio non può che confermare il proprio consolidato orientamento, delle ipoteche iscritte a garanzia viepiù avvalorato dalla decisione del Collegio di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello coordinamento di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi»questo Arbitro (cfr. Ad ogni modo, va detto che l’artdec. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamenton. 6167/2014), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invecesussistenza del collegamento negoziale tra contratto di finanziamento e polizza assicurativa, la domanda di cancellazione quale trova nella legge n. 221/2012 il suo riconoscimento normativo; va pertanto disposto il rimborso della segnalazione quota non maturata del premio, calcolata in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio misura proporzionale alla vita residua del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazionifinanziamento anticipatamente estinto, per la parte non riscossaeuro 449,86. Ad ogni modoCosì per il complessivo importo di euro 1.204,72 da ridursi alla minor somma di euro 1.204,28 espressamente richiesto dal ricorrente, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova in ossequio al principio della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di partedomanda ex art. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.115 c.p.c. P.Q.M.

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene Prima di esaminare nel merito la questione all’origine della presente controversia, pare opportuno dare preliminarmente conto sintetizzare alcuni aspetti di particolare rilievo ai fini della decisione. Va, anzitutto, rilevato che non risulta prodotta agli atti la documentazione contrattuale, essendo stato offerto in visione un solo documento, sottoscritto unicamente dall’intermediario, denominato “principali clausole contrattuali caratterizzanti la locazione finanziaria dei termini beni strumentali”. Da tale scritto risulterebbe un «divieto di cessione del contratto», in ragione del quale «l’utilizzatore non potrà cedere il contratto di locazione finanziaria. né locare o cedere in comodato o sotto qualsiasi forma, anche parzialmente, il bene a terzi, senza il preventivo consenso del concedente, il quale, di contro, è autorizzato a cedere i diritti derivanti dal contratto, nonché quelli assicurativi». Nella replica del 29 novembre 2011, la ricorrente ha affermato che, in data 19 novembre 2009, il funzionario della transazione, poiché banca avrebbe anch’esso sottoscritto la “comunicazione di cessione fabbricato” e da tale circostanza desumerebbe «che l’atto di cessione sia perfezionato»; tale affermazione è in gran parte dall’inquadramento netto contrasto con quella contenuta nella “domanda di questi ammissione al passivo” del fallimento della società cedente (datata 11 maggio 2010), ove la società ricorrente sostiene esattamente il contrario, ovvero che dipende l’esito della controversiala cessione dei contratti di leasing non si è mai perfezionata. Nell’accordo transattivo era specificato Infine, va osservato che nel documento di sintesi versato in atti, privo di data, l’odierna ricorrente viene qualificata quale «in caso di puntuale ed esatto adempimentoutilizzatore» delle prestazioni ivi stabilitedel bene locato, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare come se la procedura semplificata»cessione si fosse, invero, perfezionata. Le osservazioni che precedono rendono evidente come gli indizi offerti siano tra loro non poco contrastanti, circostanza, quest’ultima, che comporta necessariamente che questo Collegio debba dare prevalenza agli uni piuttosto che agli altri; «qualora non fosse applicabile la normativa tutto ciò, ovviamente, tenendo anche nel debito conto quanto affermato dalla Suprema Corte in tema di semplificazione cessione del procedimento contratto, ovvero che «nell’ipotesi di cancellazione delle ipoteche […]cessione del contratto, rispetto alla quale il consenso del contraente ceduto può derivare anche da un comportamento tacito concludente, si realizza una successione a titolo particolare nel rapporto giuridico contrattuale, mediante la stessa avverrà solo a cura sostituzione del nuovo soggetto cessionario nella posizione giuridica attiva e spese passiva dell’originario contraente cedente, il che comporta anche il trasferimento del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivovincolo nascente dalla clausola con la quale le parti originarie abbiano validamente stabilito che le controversie insorgenti dal contratto fossero attribuite alla giurisdizione del giudice straniero» (così, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare chetestualmente, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ssCass., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntoS.U., avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 20 novembre 2007, n. 524004, nonché Cass., 15 marzo 2004, n. 5244, secondo la quale «la cessione del contratto si configura essere contratto plurilaterale, che si limita ad affermare perfeziona quando il proponente (o i proponenti, nel caso di proposta comune tra cedente e cessionario) ha notizia dell’accettazione dell’ultimo dei due destinatari, assumendo pertanto imprescindibile rilievo al riguardo (pure) il consenso del contraente ceduto, che, così come quello delle altre parti, può essere espresso anche tacitamente (salvo che le disposizioni per il contratto ceduto siano richiesti particolari requisiti di cui all’art. 13forma, comma 8-sexiesin tal caso da osservarsi anche per la cessione del contratto, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionatie, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti anche da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamentoparte del ceduto medesimo), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipotecapure successivamente (ma sempre che non sia venuto meno) all’accordo tra cedente e cessionario»). Non può trovare accoglimentoOra, inveceritiene questo Collegio che, la domanda di cancellazione tra i diversi indici tra loro contrastanti, debba prevalere l’affermazione – avente carattere confessorio – della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardosocietà odierna ricorrente, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR quale la cessione dei contratti de quibus non si è mai perfezionata. Ne deriva conseguentemente l’infondatezza delle posizioni definite istanze proposte con accordo transattivo (sez. 5.5il ricorso all’origine del presente procedimento, che vanno, pertanto, rigettate.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Financial Lease Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneSul gravame presentato dal sig. ….. la Commissione, poiché accertata la propria competenza ad esaminare il ricorso, considerata l’assenza nell’ambito territoriale di riferimento del Difensore Civico, sia a livello provinciale sia a livello regionale, osserva quanto segue. Con riferimento alla documentazione già ostesa la Commissione non può che ritenere cessata la materia del contendere per avvenuto accesso. Con riferimento, invece, alla documentazione per la quale il chiesto accesso è in gran parte dall’inquadramento di questi stato negato la Commissione osserva che dipende l’esito della controversiail sig. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ….. non ha indicato, né nell’istanza né nel ricorso medesimo, l’interesse diretto concreto ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteattuale sotteso a tale richiesta ostensiva, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca ha fornito, altresì, alcuna indicazione del nesso di strumentalità tra il proprio presunto interesse e i documenti richiesti in questioneostensione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione come prescritto dall’art. 22, comma 1, lett. b, legge n. 241 del 1990 . Tale norma, ai sensi del quale il ricorrente ha formulato la sua istanza, richiede che l’interesse all’accesso corrisponda ad una “situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”: sotto tale profilo il ricorso deve, pertanto, ritenersi inammissibile ex art. 1312 comma 7 lett. b del DPR 184/2006. La Commissione ritiene, commi 8- sexies ss.pertanto, del D.L. n. 7/2007ritiene che l’amministrazione abbia ben operato nel concedere all’istante l’accesso alla documentazione che, con immediatezza, inerisce alla posizione giuridica vantata e che paia strumentale alla tutela della medesima. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti Inoltre, per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntocompletezza di analisi, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – si rileva che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni richiesta di cui all’artai punti 8, 9 , 27 e 30 non si riferisce a documenti esistenti e formati ma avrebbe richiesto un’attività di rielaborazione che non compete alle amministrazioni adite, essendo il diritto di accesso espressamente limitato, ex art. 1322 comma 4 legge 241/’90, comma 8-sexiesai documenti materialmente esistenti. Infine la Commissione ricorda che il diritto di accesso deve trovare un contemperamento nel principio costituzionale di buon andamento della amministrazione - portato dall’art. 97 Cost. - e che pertanto le istanze di accesso formulate non devono, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionatifatto, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (tradursi in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine un intralcio alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5attività dell’amministrazione adita.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Accesso Agli Atti

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto I fatti ed i comportamenti tenuti dalle parti nel corso del rapporto di cui è causa non sono in contestazione. Deve pertanto ritenersi provato, ai fini del decidere, che: - la società ricorrente ha stipulato con la banca resistente un contratto di factoring avente ad oggetto la cessione di pacchetti (o plafond) di crediti non ancora venuti a scadenza; - le modalità di cessione e di garanzia sui crediti ceduti alla banca sono regolate dagli articoli 12 e 13 del contratto; - ai sensi di tali previsioni negoziali era la banca ad indicare le condizioni alle quali era disposta a concedere la garanzia pro soluto sui crediti ceduti; - tra le condizioni indicate dalla banca vi era la scadenza dei termini crediti, che non doveva superare i 120 giorni; - i crediti sui quali la ricorrente invoca la garanzia della transazionebanca scadevano invece a 180 giorni; - la banca ha applicato su tali crediti le commissioni previste per la cessione di crediti pro soluto; - la banca ha provveduto a rimborsare la ricorrente delle maggiori commissioni applicate sulla cessione di crediti pro soluto, poiché è in gran parte dall’inquadramento per un importo pari ad euro 5.095,16, solo dopo la presentazione del ricorso. Questi essendo i fatti ed i comportamenti come dedotti dalle parti, si tratta allora di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso stabilire se la cessione del plafond di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento crediti da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivodella società sia avvenuta pro soluto, resta da verificare se abbia ragione come sostiene la ricorrente, ovvero pro solvendo, come eccepisce la banca nell’affermare cheper sottrarsi alla richiesta della cliente. Stando alle disposizioni contrattuali che regolano il rapporto, l’assunzione della garanzia sui crediti ceduti da parte della banca (i.e. cessione pro soluto) risulta subordinata al rispetto da parte del cedente delle condizioni indicate dal factor, tra le quali figurano i termini di pagamento delle fatture incluse nel plafond. Pertanto, laddove tali requisiti non siano rispettati, i crediti inclusi nel plafond non saranno assistiti dalla garanzia della banca. Orbene, nel caso che occupa, è pacifico che la scadenza dei crediti inseriti nel plafond fosse difforme da quella indicata dalla banca, essendo di 180 giorni anziché di 120; con la conseguenza che per essi la banca non risponde pro soluto. La circostanza, anch’essa pacifica, che l’intermediario abbia sempre applicato alla cessione di tali crediti le (più elevate) commissioni previste per la cessione dei crediti pro soluto, ha indotto la ricorrente a configurare una modifica del contratto per fatti concludenti. Tuttavia, come puntualmente eccepito dalla banca, ai sensi dell’art. 117 t.u.b. i contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi bancari e finanziari devono essere redatti per iscritto a pena di nullità. Pertanto, alla luce di tale precetto, sembra da escludere che il contenuto di un contratto come quello di cui si discute possa essere modificato dalle parti attraverso comportamenti concludenti che stabiliscano un regime diverso da quello indicato nel testo da esse originariamente approvato e sottoscritto. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso non può essere accolto, in ragione quanto i crediti inclusi dalla società nel plafond non rispondevano ai requisiti indicati dalla banca per poter fruire della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fontepro soluto. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne appare comunque censurabile il comportamento della banca la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare quale, per tutta la correttezza durata del proprio operatorapporto, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato applicato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che cliente le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore commissioni previste dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" contratto per la cancellazione delle ipoteche cessione dei crediti pro soluto e solo dopo la presentazione del ricorso ha provveduto a garanzia restituire l’eccedenza. Sussistono dunque i presupposti per rivolgere all’intermediario la raccomandazione di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni rispettare nei rapporti con la clientela le condizioni economiche indicate in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5contratto.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Collegio Di Roma Composition Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneLa controversia ha ad oggetto la domanda di risoluzione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss.125-quinquies TUB, del D.L. n. 7/2007contratto di finanziamento sottoscritto con l’intermediario e collegato al contratto di acquisto di un’autovettura del 2016. È decisivo evidenziare L’art. 125-quinquies TUB, introdotto dal D.Lgs. 141/2010 in recepimento della Direttiva 2008/48/CE, riconosce in capo al consumatore il diritto di domandare la risoluzione del contratto di prestito finalizzato, collegato ad altro contratto di fornitura di beni o servizi, al ricorrere delle seguenti condizioni: − che sia stata inutilmente effettuata la messa in mora del fornitore; − che l’inadempimento del fornitore possa qualificarsi come di non scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c. In presenza di tali presupposti, il finanziatore ha l’obbligo di rimborsare al Collegio consumatore le rate già pagate, mentre la risoluzione del contratto non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntocomporta l’obbligo del cliente di rimborsare al finanziatore quanto versato al fornitore, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia che dovrà essere ripetuto dall’intermediario nei confronti del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»fornitore stesso. Nel caso di specie, il convenuto preteso inadempimento del venditore all’obbligo di eseguire la trascrizione dell’atto di acquisto al Pubblico Registro Automobilistico (PRA) non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare è stato provato. Invero, tale obbligo non può avere fonte legale, dato che la correttezza della propria inerzialegge lo accolla all’acquirente. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce Né una diversa regolamentazione pattizia emerge documentalmente, non potendosi attribuire valore di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali piena prova agli elementi emergenti dalla corrispondenza intrattenuta dall’acquirente con il procedimento «semplificato»titolare dell’agenzia di pratiche auto innanzi al quale il venditore ha stipulato con il compratore l’atto di vendita dell’autovettura. La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, Ne consegue che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5parte ricorrente non può essere accolta.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Not Specified

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, poiché Il ricorso è in gran parte dall’inquadramento meritevole di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso accoglimento nei limiti e per le ragioni di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischiesposte. Al riguardo, si evidenzia che costituisce orientamento consolidato di questo Arbitro quello secondo la Circolare cui: “La questione dei rimborsi spettanti in occasione dell’estinzione anticipata di prestiti concessi contro cessione del quinto e delegazione di pagamento è stata più volte portata all’attenzione dei tre Collegi dell’ABF (v. tra le altre, Decisione n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema 4020 del 25 luglio 2013). Gli approfondimenti effettuati, da ultimo anche da parte del Collegio di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo coordinamento (sezv. dec. 5.5cit.), la banca è sempre tenuta a segnalarehanno consentito di ritenere che, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito in caso di transazioniestinzione anticipata: a) l’intermediario debba restituire, per la parte non riscossamaturata, le commissioni addebitate in sede di stipula; b) in assenza di una “chiara e congrua” ripartizione nel contratto tra oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci debba essere considerato soggetto a maturazione nel corso dell’intero svolgimento del rapporto negoziale; c) in riferimento ai costi recurring, l’importo da rimborsare vada equitativamente stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis (in base al quale l’ammontare complessivo delle spese viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue), giacché trattasi di corrispettivi allo svolgimento di attività amministrative il cui costo, al netto di fattori esogeni, è costante in pendenza di rapporto; d) l’onere economico del contratto di assicurazione, per il collegamento funzionale che lega tale contratto a quello di finanziamento, debba essere annoverato tra i “costi” del credito presi in considerazione dall’art. Ad ogni modo125-sexies, comma 1, TUB ai fini della determinazione del diritto di rimborso del cliente; e) non sarebbe illegittimo, né irrazionale quantificare l’equa riduzione degli oneri assicurativi ponderando il rimborso della quota del premio in funzione del capitale residuo assicurato, purché l’applicazione di tale criterio di rimborso sia espressamente enunciata in contratto; f) in assenza di una siffatta previsione, sia ragionevole quantificare il diritto di rimborso del cliente applicando ai premi versati il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo, e che di conseguenza sono da rilevare pro rata temporis” (ABF dec. 901 del 2015). Con riferimento, poi, al premio per la polizza assicurativa a copertura del rischio vita, va, parimenti disattesa l’ulteriore eccezione preliminare di carenza di legittimazione passiva formulata dall’intermediario, sia sotto il profilo processuale che di merito. In ordine al primo è sufficiente ricordare che “ la legittimazione ad causam consiste nella titolarità del potere e del dovere – rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva – di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dall’attore, indipendentemente dalla effettiva titolarità, dal lato attivo o passivo, del rapporto stesso” e che quando, invece, “ le parti controvertono sulla effettiva titolarità, in capo al convenuto, della situazione dedotta in giudizio, ossia dell’accertamento di una situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della domanda attrice, la relativa questione non attiene alla legitimatio ad causam ma al merito della controversia, con la conseguenza che il difetto di titolarità deve essere provato da chi lo eccepisce e deve formare oggetto di specifica e tempestiva deduzione in sede di merito” ( ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2006, n.20819). Con riferimento al secondo profilo, la stessa eccezione deve essere superata alla luce del collegamento negoziale esistente tra i contratti de quibus. Nella ormai consolidata giurisprudenza dell’ABF, è infatti ampia casistica in cui si è riconosciuta la fondatezza della pretesa del cliente che abbia richiesto all’intermediario collocatore la restituzione di somme già corrisposte ad altro soggetto - anche – per un servizio assicurativo connesso al principale rapporto di finanziamento. Come persuasivamente rilevato “rispetto a queste fattispecie, si evidenzia impone una considerazione unitaria dell’assetto degli interessi globalmente perseguito dalle parti in termini di validità, efficacia e complessiva utilità delle prestazioni dedotte nei contratti. In particolare, le evoluzione del rapporto principale (finanziamento) non possono non riflettersi su quello accessorio (assicurazione) poiché, venuto meno il primo, la persistenza del rapporto assicurativo si rileverebbe, di fatto, privo di causa. Sul punto, si è già pronunciato più volte questo Collegio, riconoscendo – anche in forza del collegamento negoziale sussistente tra contratto di finanziamento e contratto di assicurazione – il diritto del cliente al rimborso della quota parte del premio assicurativo per il periodo di copertura non goduta in esito ad estinzione anticipata del relativo rapporto creditizio” ( ex plurimis, da ultimo anche con riferimento al criterio di calcolo, v. Collegio ABF di Napoli, decisioni nn. 2173/14, 873/13, 769/13, 298/13, 140/13, 46/13, 2613/12, 2612/12, 2610/12, 2280/12, 1720/12, 746/12; nello stesso senso Collegio ABF di Roma, decisioni nn. 1138/13, 1979/12, 491/12; Collegio ABF di Milano, decisioni nn. 2106/14, 980/13, 480/13, 432/13, 2730/12, 2055/12, 776/12, 195/12). Deve, altresì, precisarsi che l’entrata in vigore (il 19 dicembre 2012) dell’art. 22 del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179 (convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012 n. 221) è irrilevante ai fini della controversa de qua. Ed infatti può ribadirsi che “ gli obblighi ivi stabiliti in capo all’impresa di assicurazione non sembrano incidere sul profilo della legittimazione, non sottraendo il finanziatore alla concorrente responsabilità per la restituzione del dovuto a fronte di negozi collegati, rilevando invece ai fini della eventuale azione di regresso” (testualmente, Nel merito, dalla documentazione versata in atti emerge che la formulazione contrattuale della commissione bancaria non descrive analiticamente le attività ivi addebitate al cliente ed è dunque caratterizzata da opacità. Da tale opacità ne deriva, conformemente al più recente orientamento di questo Collegio, il riconoscimento del diritto al ricorrente alla restituzione della quota parte residua alla durata del finanziamento, pari (in applicazione del criterio proporzionale) a 358,28 euro.. Quanto alla commissione di intermediazione, nel caso in esame il ricorrente ne ha chiesto solo in via subordinata la restituzione in base al criterio di calcolo pro rata temporis, perché in principalità egli ne ha chiesto il totale rimborso, per violazione del principio di imparzialità ex art. 1754 c.c. e per mancanza di forma scritta del contratto di mediazione. Sostiene, infatti il ricorrente che non risulta dalla documentazione contrattuale l’intervento di un mediatore – la cui firma peraltro compare in calce al contratto di finanziamento - né che sia stato sottoscritto un contratto per il conferimento dell’incarico di mediazione creditizia. Da ciò il ricorrente deduce che non esistendo un documento scritto comprovante l’incarico che esso stesso avrebbe conferito al mediatore, il contratto stesso è nullo per difetto di forma con la conseguenza ultima che nessuna commissione è dovuta. Al riguardo, il Collegio di Coordinamento ha osservato che effettivamente il Provvedimento dell’UIC del 20704/2005, emanato ai sensi dell’art. 5 comma 1 del D.P.R. n. 287/2000, stabilisce che il contratto debba rivestire la forma scritta dato che la mediazione sarebbe avvenuta tramite l’attività di un intermediario finanziario ex art.106 TUB, ma poiché il contratto è stato eseguito e risulta documentalmente che la provvigione mediatizia è stata pagata, la pretesa nullità del contratto è solo il presupposto di una normale azione di ripetizione dell’indebito, la quale non che svolgersi nei confronti del mediatore stesso. Non sussiste infatti alcuna fonte idonea a configurare l’assunzione di una responsabilità dell’intermediario per l’ipotesi di invalidità del contratto di mediazione; né a tale fine sarebbe idoneo configurare l’ipotesi del collegamento negoziale perché i contratti collegati rimangono contratti distinti ed il collegamento istituisce solo la loro interdipendenza conferendo una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi simul stabunt, simul cadunt (Cfr. Cass. civ., sez. III, 22-03-2013, n..7255): eventualità che nel caso non sarebbe di alcuna utilità per il ricorrente. Diverso sarebbe il caso se a suo tempo il cliente, sulla base del difetto di forma scritta del contratto di mediazione, avesse chiesto o ingiunto all’intermediario di non procedere al pagamento della provvigione a favore del mediatore stesso. Ma una volta che l’intermediario a ciò delegato abbia provveduto al pagamento suddetto, l’azione di ripetizione dell’indebito, fondata sul difetto di forma scritta ad substantiam del contratto che è relativo solo al cliente ed al mediatore, non può rivolgersi nei confronti del solo intermediario che nella fattispecie ha assunto il ruolo di mandatario del cliente, perché diviene palese il difetto di legittimazione passiva del soggetto convenuto. Perciò la domanda principale formulata dal ricorrente a questo riguardo non può accogliersi. Per contro, la formulazione contrattuale della commissione di intermediazione comprende anche attività gestorie (incasso delle somme mensilmente ricevute dall’Ente mandatario) tipicamente recurring. Da tale opacità ex ante ne deriva, conformemente agli orientamenti più volte espressi da questo Collegio (v., tra le tante decisioni, nn. 4086/2012; 2178/2013; 2513/2014 e, in termini, la decisione 482/2014) il riconoscimento del diritto al ricorrente alla restituzione della quota parte residua alla durata del finanziamento, pari (in applicazione del criterio proporzionale ed al netto di quanto già rimborsato) a 2.310,52 euro. Anche in ordine alla quantificazione della quota parte del premio assicurativo da retrocedere, troverà applicazione il metodo di cui all’orientamento dei Collegi ABF già richiamato supra che si è stabilizzato – salvo eccezioni connesse a situazioni non ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione– nel senso di riconoscere un rimborso “parametrato alla durata residua del finanziamento”. In applicazione di tali consolidati principi, consegue il diritto del cliente al rimborso della relativa decorrenzaquota di premio di copertura non goduto in esito all’estinzione anticipata del finanziamento, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere calcolata (sempre in applicazione del criterio proporzionale) in 1.154,65 euro. Così per il complessivo importo di allegazione 3.823,45 euro, oltre agli interessi legali dalla data del reclamo. Non viene riconosciuto il ristoro delle spese di parte. Conseguentementeassistenza difensiva, sono respinte tutte le domande risarcitorieatteso il carattere seriale del ricorso in esame.

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene Ad avviso del Collegio il ricorso non può essere accolto. Preliminarmente, appare opportuno dare preliminarmente conto sintetizzare le pattuizioni del contratto di L’oggetto del contratto è costituito dalla cessione da parte del cliente alla banca, in unica soluzione, secondo quanto previsto dall’art. 3 della L. 52/91, dei termini crediti sorti e insorgendi nei confronti di clienti previamente selezionati sull’accordo delle parti; successivamente, all’effettivo insorgere dei crediti, in corrispondenza con le prestazioni via via eseguite dal cedente, quest’ultimo ne conferma la cessione. La banca, acquistato il credito per un prezzo pari al suo valore nominale, ne cura la gestione e l’incasso, potendo altresì erogare anticipazioni (produttive di interessi) in favore del cedente; incassato il credito la banca provvede infine all’accredito della transazione, poiché è differenza tra l’anticipato (oltre competenze) e l’incassato in gran parte dall’inquadramento favore del cliente. Su questo schema si innesta la possibilità – realizzata nel caso di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «specie – per il cliente di richiedere al factor l’assunzione del rischio del mancato pagamento di un determinato debitore; in caso di puntuale ed esatto adempimento» accettazione, il factor indica al fornitore l’importo del plafond pro soluto accordato (nella presente controversia pari a € 200.000,00); superato il tetto massimo delle prestazioni ivi stabiliteanticipazioni i successivi crediti ceduti si intendono con garanzia pro solvendo. Si tratta, peraltro, di un limite munito del carattere di rotatività, atteso che l’incasso dei crediti da parte del cessionario rende, di volta in volta, nuovamente disponibile l’accordato pro soluto. E’ opportuno, a questo punto, segnalare, nel fascio dei reciproci obblighi delineati a carico delle parti, le clausole rilevanti per la decisione della presente controversia: il fornitore è obbligato inderogabilmente a cedere tutti i crediti vantati nei confronti del debitore determinato (art. 12), e la sanzione per l’inadempimento di tale clausola è la revoca retroattiva del plafond pro soluto da intendersi come mai concesso (art. 15); in ogni caso, la cessione pro soluto è assoggettata ad un termine di scadenza e, comunque, alla facoltà di revoca della banca, con la conseguente vigenza della garanzia pro soluto per le fatture emesse in data antecedente alla cessazione, anche se inviate successivamente, entro il termine contrattuale di trenta giorni (art. 14); quanto all’inadempimento del debitore ceduto, solo su richiesta del fornitore il factor è tenuto all’esperimento delle azioni opportune per il recupero del credito. Ciò premesso, la domanda proposta dalla ricorrente, volta ad ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’intermediario di provvedere all’anticipazione dei crediti recati dalle fatture trasmesse, presuppone la verifica della illegittimità della revoca della garanzia pro soluto su tutti i crediti ceduti, disposta dalla banca. Va ricordato, preliminarmente, che, con lettera del 28 febbraio 2013, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere aveva comunicato di revocare il plafond pro soluto, peraltro, in relazione al credito derivante dal rapporto precisato data coincidente con la naturale scadenza dello stesso, in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare forza del termine stabilito nella nota del medesimo intermediario del 31.7.2012, che concedeva la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]garanzia pro soluto richiesta dalla società ricorrente. In quella stessa data, la società ricorrente emetteva nei confronti del debitore ceduto la fattura contraddistinta dal n. 84/2013, la quale, pertanto, secondo le condizioni contrattuali – che estendevano la garanzia pro soluto ai crediti portati da fatture solo se emesse antecedentemente alla data di cessazione – sarebbe stata oggetto di una cessione pro solvendo. Il profilo dirimente della controversia, però, si colloca a monte del regime contrattuale cui assoggettare il credito di cui alla fattura in questione, giacché è contestata tra le parti la sua stessa avverrà solo consegna al factor: un aspetto di decisiva rilevanza, giacché è su tale circostanza che l’intermediario ha motivato la non operatività della garanzia pro soluto (nota del 2 agosto 2013). Il punto è che era stata la stessa ricorrente a cura riconoscere nei confronti della banca la circostanza del mancato invio: sono state prodotte dall’intermediario due comunicazioni (del 10 e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento 17 luglio 2013), con le quali – a mezzo di un legale – l’odierna istante affermava di voler procedere al recupero dei crediti relativamente a due fatture, tra cui la n. 84, che dichiarava di non avere mai trasmesso al factor: da qui l’applicazione da parte dell’originario di quest’ultimo della decadenza dalla copertura pro soluto. Successivamente, in sede di reclamo, così come di ricorso introduttivo del presente procedimento e di replica alle controdeduzioni dell’intermediario, la ricorrente ha modificato tale prospettazione ed ha sostenuto di avere provveduto al regolare invio anche della fattura n. 84. Produce, a fondamento della sua diversa asserzione, la modulistica compilata e sottoscritta dal proprio rappresentante legale per la conferma della cessione dello specifico credito (così come previsto dall’art. 3 del contratto di factoring), e una mail del 15 aprile 2013, con la quale – tuttavia – si accompagna un generico invio di documentazione relativa ad un credito ceduto in alcun modo identificato. Non può, peraltro, attribuirsi rilievo probatorio della circostanza controversa al fatto che il factor aveva inviato la modulistica per la determinazione del credito ceduto in data 12 aprile 2013, né che i precedenti invii di cessioni e relative fatture erano avvenute sempre a mezzo mail dal contenuto generico: sta di fatto che per gli altri crediti ceduti non vi era stata contestazione, mentre, ad avviso del Collegio, in presenza della perdurante eccezione dell’intermediario, il riconoscimento della stessa ricorrente del mancato invio, in uno alla genericità della mail del 15 aprile, fa ritenere inevasa la prova contraria, di cui l’istante stessa si era onerata in virtù delle sue precedenti ammissioni. Ne deriva la legittimità della condotta tenuta dall’intermediario. Peraltro, va rilevato che quest’ultimo aveva provveduto a corrispondere alla società ricorrente – a titolo di anticipazioni sui crediti ceduti – l’importo di Euro 270.000,00, in forza delle uniche tre richieste inoltrate dal fornitore (che l’anticipazione fosse subordinata alla specifica richiesta era previsto nell’art. 10 del contratto e la ricorrente non ha prodotto documentazione attestante l’inoltro di ulteriore richieste inevase), ed ha precisato, altresì, che l’importo complessivo dei crediti ceduti alla data della cessazione della garanzia pro soluto era pari ad € 449.857,60, e, quindi, ad un importo di gran lunga superiore al tetto massimo previsto; di tale importo ne sono stati recuperati successivamente € 189.688,83, contabilizzati a credito del fornitore, riducendone l’esposizione debitoria. Tale circostanza – che non è stata contestata dalla ricorrente nelle repliche alle controdeduzioni dell’intermediario (dove impugna altri e diversi profili) – determina, in ogni caso, l’infondatezza della pretesa della ricorrente che invoca il disposto degli artt. 12 e 16 del contratto, a tenore dei quali il factor si obbligava a corrispondere l’importo dei crediti ceduti decorsi duecentodieci giorni dalla scadenza della fattura. Ciò in quanto la garanzia pro solvendo, alla luce dell’inadempimento del debitore, comportava il venire meno dei diritti patrimoniali del cedente; ma, anche a volere considerare, in via di ipotesi, vigente l’obbligo del factor di prestare la garanzia pro soluto, parimenti la ricorrente non aveva diritto ad ulteriori anticipazioni oltre quelle già percepite. Quanto al problema dell’insolvenza del debitore ceduto, molte delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoaffermazioni delle parti non sono sostenute da adeguata dimostrazione, resta da verificare se abbia ragione mentre, in ogni caso, la documentazione prodotta non appare sufficientemente significativa per la valutazione della rispondenza al vero dei reciproci addebiti e della conseguente formulazione di un giudizio di responsabilità. Per quanto concerne, poi, l’illegittimo addebito delle commissione previste a fronte della concessione della garanzia pro soluto, la banca nell’affermare ha riconosciuto l’errore e ha dichiarato di avere provveduto al relativo riaccredito. Nelle repliche alle controdeduzioni, la ricorrente ha contestato tale circostanza che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questionerealtà, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per risulta documentalmente provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò postodagli estratti conto prodotti dall’intermediario, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5contestati dall’odierna istante.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Factoring Agreement

DIRITTO. Si Il Collegio ritiene opportuno dare preliminarmente il ricorso parzialmente meritevole di accoglimento. Relativamente alla richiesta di esibizione documentale viene in rilievo l’articolo 119 T.U.B., che al primo comma dispone: “Nei contratti di durata i soggetti indicati nell’articolo 115 forniscono al cliente, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente stesso, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all’anno, una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto”. Il terzo comma della medesima norma prevede che “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”. Nel caso sottoposto all’esame del Collegio, l’intermediario, depositando le proprie controdeduzioni, ha prodotto gli estratti conto relativi alla carta di credito revolving a partire dall’ottobre del 2007, precisando che la documentazione precedente non è più disponibile presso gli archivi della banca. Poiché l’intermediario ha provveduto a segnalare “a sofferenza” il credito vantato nei confronti del cliente, in qualità di soggetto creditore, è tenuto a dar prova del proprio credito esibendo la documentazione relativa all’intero rapporto contrattuale. Tale interpretazione appare coerente anche alla luce del più recente orientamento della Corte di Cassazione, in virtù del quale il creditore, che chiede il pagamento del saldo passivo del rapporto di conto corrente, deve dar conto dell’intera dinamica di svolgimento del rapporto, così producendo tutti gli estratti inerenti al medesimo (Cass. civ., sez. VI, n. 32672/2018). Per tali ragioni, l’intermediario ha l’obbligo di depositare l’intera documentazione relativa alla carta di credito revolving. Relativamente alla richiesta di risarcimento dei termini danni conseguenti alla mancata consegna della transazionedocumentazione, il Collegio ritiene che la domanda non sia meritevole di accoglimento, poiché è parte ricorrente, oltre a non quantificare la propria pretesa, non ha fornito idoneo supporto documentale per avvalorare la sussistenza di un danno specifico conseguente al ritardo nella consegna della documentazione. Al riguardo, sebbene il cliente abbia diritto alla consegna della documentazione, non può considerarsi in gran re ipsa l’eventuale danno derivante dalla mancata consegna della stessa. Incombe pertanto in capo alla parte dall’inquadramento ricorrente l’onere di questi fornire adeguata prova che dipende l’esito il danno subito si concretizzi in un danno foriero di risarcimento alla luce della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «documentazione prodotta in atti (Collegio di Roma, decisione n. 15921 del 20 luglio 2018), non potendosi in ogni caso pretendere il ristoro di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere pregiudizi consistenti in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare meri fastidi o disagi che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questionequanto tali, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» secondo il consolidato orientamento di cancellazione ex art. 13questo Arbitro, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»risarcibili. Nel caso di specie, il convenuto ricorrente ha genericamente dedotto e non ha fornito provato la richiesta di risarcimento del danno, non risultando agli atti alcun elemento indiziario utile che possa indurre il Collegio a supportare l’antefatto indispensabile per provare riconoscere la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio sussistenza del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni pregiudizio di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5viene chiesto il risarcimento.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini Con l'unico mezzo - deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1168, 934 e 1560 c.c., nonché degli artt. 1 e 3 della transazionelegge 6-12-1962, poiché è n. 1643, in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente»all'art. Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007360, n. 5, c.p.c. - il ricorrente censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che l'interruzione dell'energia, in quanto avvenuta su parte dell'impianto compresa nella sfera di disponibilità dell'utente abbia concretizzato spoglio dell'energia medesima. Sostiene, infatti, che nella specie la tutela possessoria non era ammissibile, per essere avvenuto il preteso spoglio su beni - l'energia elettrica ed i cavi conduttori - non ricompresi nel possesso dell'utente, bensì rientranti nella esclusiva disponibilità dell'ente somministrante. Osserva il Collegio che l'impugnata sentenza di è espressamente riferita ad un risalente indirizzo di questa S.C., secondo il quale sono configurabili la detenzione o il possesso dell'energia elettrica e la loro tutelabilità con l'azione di spoglio da parte dell'utente con inizio della consegna, che avviene con l'immissione dell'energia in quella parte della rete sulla quale l'utente esercita, nel proprio interesse, un potere di fatto, mentre, prima di tale fatto, l'energia deve considerarsi come flusso in itinere che soggiace al potere dell'impresa fornitrice, la quale, come può evitare l'ingresso nell'intera rete, o in un segmento di essa, così può, agendo positivamente sulla rete di allacciamento nella parte non detenuta dall'utente, impedire l'immissione in quest'ultima. Un attentato al possesso è, pertanto, ipotizzabile soltanto quando l'atto, che interrompe l'erogazione dell'energia elettrica, avviene nella parte dell'impianto che, a prescindere dall'ubicazione del contatore, si trova nel luogo o nella cosa posseduti dall'utente o comunque nell'orbita del suo potere dispositivo. Se l'intervento positivo del fornitore dell'energia elettrica non abbia inciso in questa sfera, all'utente compete unicamente l'azione contrattuale, in dipendenza degli obblighi che il fornitore ha assunto nella convenzione di fornitura (sent. n. 2084-68; sent. n. 205-64; sent. n. 4222-57; sent. n. 164-1957; sent. n. 1334-52). L'esattezza dei presupposti del menzionato indirizzo viene contestata in radice dal ricorrente, sul rilievo che non è configurabile una situazione di autonomo possesso dell'utente sull'energia elettrica ad esso fornita in base a contratto di somministrazione. Siffatta radicale contestazione impone un riesame critico dell'indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato. Le decisioni nelle quali esso si esprime, dopo aver riconosciuto che l'energia elettrica può costituire oggetto di possesso, in quanto l'art. 814 c.c., qualificando le energie come beni mobili, le rende oggetto di diritti reali e quindi anche di tutela possessoria (sent. n. 1334-52), identificano, nell'ambito del rapporto di somministrazione dell'energia intercorrente tra fornitore ed utente, l'instaurazione del possesso autonomo dell'energia in capo all'utente con la consegna del fluido, concretizzata dall'immissione del fluido nell'impianto privato dell'utente. Avvenuta, in tal modo, la consegna, si ritiene infatti che vi sia possesso autonomo del fluido che occupa quella parte della rete di distribuzione sulla quale l'utente esercita nel proprio interesse un potere di fatto, in quanto il godimento di tale fluido dipende soltanto dalla volontà dell'utente, laddove, prima dell'immissione nella detta parte di rete, il fluido è in itinere e sempre nel potere del fornitore, rispetto al quale l'utente può vantare solo un diritto di credito. Ne consegue che, alla stregua dell'orientamento in esame, è ravvisabile spoglio solo nel caso di intervento diretto sulla parte di impianto, anche se precedente al contatore, che si limita trova nel luogo o nella cosa posseduti dall'utente, mentre un intervento esterno concretizza soltanto violazione degli obblighi contrattuali (o extracontrattuali se ad affermare agire è un terzo). Il criterio spaziale che, alla stregua dell'indirizzo in esame, costituisce il discrimine della concessione, o no, della tutela possessoria dell'utente di energia elettrica la cui somministrazione sia interrotta, agendo sui fili conduttori, dall'ente fornitore, non appare persuasivo sotto il profilo teorico, e si rivela di assai scarsa utilità, sotto il profilo pratico, ai fini di una effettiva tutela dell'utente (mentre è proprio nell'esigenza di una tutela forte, perché sollecita ed incisiva, che le disposizioni va individuato il motivo ispiratore dell'indirizzo giurisprudenziale favorevole all'esperibilità dell'azione di cui all’artspoglio ex art. 131168 c.c.). Se oggetto del possesso è, comma 8-sexiescome affermato in premessa, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia l'energia elettrica, non è dato comprendere perché fatti identici (distacco dei condotti) e produttivi del medesimo effetto pregiudizievole (interruzione dell'erogazione dell'energia) siano, o no, lesivi di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quinditale possesso, a titolo esemplificativoseconda della loro localizzazione, delle ipoteche iscritte e cioè a garanzia seconda della loro incidenza su parte della rete di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello distribuzione ricompresa nella sfera del possesso dell'utente, o su parte esterna a tale sfera. Siffatta differenziazione si giustifica soltanto istituendo una stretta correlazione tra possesso dell'energia e possesso dell'impianto (nella parte ricompresa nella sfera di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamentopossesso dell'utente), senza specificazioni ed elevando, in ordine alla fonte dell’ipotecadefinitiva, quest'ultimo ad oggetto del possesso. Non può trovare accoglimentoMa l'invocata tutela possessoria non mira a conseguire il ripristino dell'integrità materiale dell'impianto privato - ripristino che sarebbe inutile, invecese non accompagnato dalla erogazione dell'energia -, bensì a far riprendere la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5fornitura interrotta.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Risarcimento Del Danno Da Black Out

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare Il Collegio è chiamato preliminarmente conto dei termini ad esaminare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto. Sul punto occorre rilevare, in primo luogo, che il reclamo della transazione, poiché parte ricorrente è in gran parte dall’inquadramento stato indirizzato all’intermediario non convenuto con il quale è stato stipulato il contratto di questi che dipende l’esito pegno oggetto della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato Tale reclamo, tuttavia, è stato riscontrato, come emerge dagli atti versati nel procedimento, dall’intermediario convenuto che, peraltro, sul punto nulla ha rilevato. È evidente, pertanto, che «in tale circostanza abbia ingenerato una situazione di apparenza con conseguente affidamento della parte ricorrente sulla circostanza che il soggetto legittimato passivo del ricorso fosse l’intermediario che, pur non essendo il destinatario del reclamo, aveva dato a questo riscontro. A ciò si aggiunga, per un verso, l’appartenenza di entrambi i soggetti al medesimo gruppo bancario; per altro verso, il collegamento funzionale corrente tra il contratto di leasing garantito e quello di concessione del pegno; per altro verso ancora, la natura del procedimento dinanzi all’ABF. L’eccezione di difetto di legittimazione passiva, quindi, non merita accoglimento. Venendo al merito della controversia, il Collegio reputa opportuno muovere dal dato testuale del contratto costitutivo di pegno su titoli e, segnatamente, dall’art. 6 che sotto la rubrica “Realizzazione del pegno” dispone che “[…] In caso di puntuale inadempimento delle obbligazioni garantite [l’intermediario garantito], senza pregiudizi per qualsiasi altro suo diritto od azione, può far vendere, con preavviso, dato in forma scritta, di 3 giorni – anche ove il costituente sia un soggetto diverso dal debitore – in tutto o in parte ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteanche in più riprese, con o senza incanto, i titoli costituiti in pegno a mezzo intermediari autorizzati o di altra persona autorizzata a tali atti, ovvero, in mancanza, di ufficiale giudiziario. […] sul prezzo netto ricavato [l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al garantito] si rimborsa di ogni suo credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» per capitale, interessi, spese, imposte, tasse e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche ogni altro accessorio, sempre fermo quanto disposto dall’art. 6 […]”. Ebbene, facendo corretto uso dei canoni ermeneutici in materia contrattuale codificati dagli artt. 1362 ss. cod. civ. e valorizzando non solo il testo, ma anche il contesto del dato negoziale non pare corretto attingere alla conclusione che nel caso di specie sia configurabile un patto commissorio e, conseguentemente, se ne debba affermare la stessa avverrà solo a cura sua invalidità. È ormai consolidato l’orientamento della giustizia ordinaria e spese dell’ABF secondo il quale il divieto di patto commissorio trova principale fondamento nell’esigenza di tutelare il debitore da eccessive pressioni del richiedente»creditore, come avviene ogni volta in cui il trasferimento del bene sia rimesso alla discrezionalità di questi, in particolare per quanto concerne l’entità del corrispettivo, senza assicurare la necessaria proporzionalità tra il valore del bene così costituito in garanzia e l’ammontare del credito garantito. Incontestato l’adempimento La giurisprudenza è, inoltre, ferma nel ritenere nullo qualsiasi negozio, quale che ne sia la forma, che venga impiegato per conseguire il risultato dell’illecita coercizione del debitore da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivodel creditore, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare checome accade ogni volta in cui sia ravvisabile un nesso funzionale diretto tra l’obbligazione garantita e il negozio stesso, mentre, come ugualmente noto, non integra il divieto di cui all’art. 2744 cod. civ. l’analogo accordo in cui sia però incluso il c.d. “patto marciano”, in ragione della natura giudiziale forza del quale la vendita del bene, al fine di soddisfare il creditore, deve effettuarsi al valore stimato da un terzo scelto di comune accordo tra le parti e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» con obbligo di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ssversamento dell’eventuale eccedenza al soggetto (già) debitore (cfr., del D.L. tra le tante, ▇▇▇▇. 9 maggio 2013 n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al 10986 e, per la giurisprudenza dell’ABF, Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntodi Roma, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»decisione n. 3724/2013). Nel caso di specie, in primo luogo, si deve rilevare che il convenuto contenuto di significato del dato negoziale deve essere ricostruito nel senso che in caso di escussione del pegno la vendita dei titoli debba essere eseguita con modalità che precludono di configurare la diretta acquisizione della loro titolarità in capo al creditore garantito e, soprattutto, permettono al debitore di ottenere l’eventuale residuo del ricavato dopo la soddisfazione delle ragioni creditorie. A ciò si aggiunga che non vi è alcuna sproporzione tra il valore dei titoli concessi in pegno e il credito garantito che, anzi, si presenta, originariamente, di importo inferiore a quello della garanzia. Neppure condivisibile è l’argomento della parte ricorrente che, focalizzando l’attenzione solo sulla frase “può far vendere”, inferisce da ciò la conclusione che le modalità di vendita dei titoli descritte dal contratto siano alternative all’acquisizione diretta degli stessi da parte del creditore e che la scelta sia rimessa alla discrezionalità di quest’ultimo. Piuttosto, coglie nel segno la ricostruzione semantica dell’intermediario resistente che vi individua, semplicemente, la possibilità o meno di escutere la garanzia; come, peraltro, avvenuto nel caso di specie in cui, nonostante l’esistenza della posizione debitoria, l’intermediario garantito non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare provveduto ad avvalersi della garanzia reale, auspicando un ripianamento del debito. Quanto sopra esposto, e richiamato l’orientamento giurisprudenziale sopra citato, nel caso di specie è configurabile non un patto commissorio, bensì un patto marciano la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali cui validità non può essere messa in discussione con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio conseguente rigetto del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5ricorso.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Pegno Su Titoli

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto Con riferimento alla prima domanda del ricorrente, avente ad oggetto la cancellazione delle segnalazioni a “sofferenza”, il Collegio osserva innanzitutto che la situazione di segnalazione presso la CR della Banca d’Italia è ampiamente giustificata dalla circostanza che la stessa è avvenuta quando il numero di rate scadute e non pagate era oramai pari addirittura a 21 rate, con conseguente ampia plausibilità della valutazione circa la stabile e consolidata incapacità dei termini debitori di onorare i propri debiti (vedi Coll. Coordinamento, decisione n. 611/2014); mentre non v’è prova in atti della transazionesegnalazione presso i SIC e in particolare della tipologia di iscrizione effettuata presso i sistemi di natura “privata”. Com’è noto, poiché inoltre, il preavviso ha finalità meramente informative e la sua omissione o tardività non è in gran parte dall’inquadramento grado di questi che dipende l’esito determinare l’illegittimità della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitesegnalazione qualora sia comprovato il necessario presupposto sostanziale, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare potendo la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]violazione dell’obbligo informativo rilevare, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivotutt’al più, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies sssul piano risarcitorio (cfr., ABF – Roma, decisione n. 1452/2013). Appare, inoltre, evidente che le ragioni (peraltro non dimostrate) che avrebbero originariamente indotto il ricorrente ad assumere la veste di cointestatario del D.L. n. 7/2007mutuo sono del tutto irrilevanti rispetto alla sua corretta qualificazione come condebitore in solido, e pertanto inevitabilmente destinatario della segnalazione, al pari dell’altro cointestatario. È decisivo evidenziare Quanto al presunto accollo intervenuto il 4 aprile 2014 tra i due condebitori, deve osservarsi che al Collegio l’accordo transattivo in atti risulta inidoneo a dimostrare l’esistenza di un vero e proprio accordo liberatorio anche solo inter partes, quanto meno per il fatto che lo stesso ricorrente cita l’esistenza di un ulteriore accordo tra i condebitori, che non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipotecaviene prodotto, con conseguente grave lacunosità del quadro probatorio allegato dalla ricorrente. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò postoInoltre, non c’è dubbio è contestato che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne a far data dal 14 febbraio 2017 la cancellazione segnalazione è stata interrotta, a seguito di transazioneun successivo accordo intervenuto tra la Banca e il contestatario, che ebbe a trasferire su altra posizione di sua esclusiva pertinenza il debito residuo relativo al mutuo. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operatoPertanto, provando – senza limitarsi ad affermare – il Collegio ritiene che la specifica tipologia Banca abbia rispettato le previsioni di ipoteca rendeva inapplicabile «cui alla Circolare della Banca d’Italia, n. 139/1991, Cap. II, Sez. 1, par. 3, secondo cui “La segnalazione in sofferenza di una cointestazione presuppone che tutti i cointestatari versino in stato di insolvenza”, e gli orientamenti dell’AFB (Coll. Coord., n. 611/2014), secondo cui “costituisce orientamento costante di questo Arbitro Bancario e Finanziario quello secondo il quale, ai fini della segnalazione a sofferenza, l’intermediario è tenuto ad operare una valutazione complessiva dell’esposizione debitoria del cliente, finalizzata a verificare se quest’ultima possa considerarsi alla stregua di una stabile e consolidata incapacità di costui di onorare i propri debiti”. In ogni caso, la normativa richiesta cautelare è inammissibile, essendo pacifico (vedi ABF Roma, decisione n. 2127/15) che l’Arbitro sia sprovvisto di tali poteri. Quanto alla richiesta risarcitoria, deve effettivamente darsi conto che la lettera datata 6.9.2011, indipendentemente dalla correttezza o meno dell’indirizzo utilizzato dalla banca, non conteneva il preavviso di segnalazione. Purtuttavia, la richiesta risarcitoria va rigettata, indipendentemente dall’eccezione di inammissibilità della banca per novità della questione rispetto al reclamo. Quanto al danno patrimoniale, non risulta infatti provato che gli impedimenti nell’avanzamento in tema carriera e le difficoltà operative con altri intermediari siano dovute alla contestata segnalazione. Quanto al danno non patrimoniale, risulta determinante l’oggettivo stato di semplificazione grave inadempimento in cui versava il rapporto, dovendosi applicare sul punto l’orientamento dell’Arbitro (vedi la decisione del procedimento Collegio di cancellazione delle ipoteche»Coordinamento, n. 3500/2012), secondo cui “non può essere invocata la lesione della reputazione di buon pagatore quando in atti non esistono elementi atti a convincere che il ricorrente sia tale” (conf., ABF Napoli, n. 3884/14). Nel caso Il ricorrente chiede inoltre informazioni rispetto ad altre operazioni creditizie intrattenute dalla Banca con il cointestatario, ma al riguardo risulta evidente il difetto di specielegittimazione attiva del ricorrente, il convenuto che non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile titolo per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5chiedere dette notizie.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Mutual Loan Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneOsserva il Collegio che, poiché è in gran parte dall’inquadramento secondo recente insegnamento di questi che dipende l’esito della controversia▇▇▇▇. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]7 maggio 2014 n. 18778, la stessa avverrà c.d. “usura soggettiva”, che consentirebbe di reputare indebito anche l’interesse contenuto al di sotto del tasso soglia, presuppone l’accertamento di tre elementi: a) carenza, anche solo momentanea, di liquidità, rispetto a cura una condizione patrimoniale di base nel complesso sana ovvero la circostanza che l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo sia caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore di beni; b) l’accertamento delle prestazioni stabilite nell’atto transattivopredette 'condizioni di difficoltà economica o finanziaria’ in senso oggettivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare cheovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questionemeramente soggettivo, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» ossia sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di cancellazione difficile accertamento ex artpost; c) la coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari (dunque un dolo generico) e la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e della sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti, come tali testimoni di uno specifico dolo del mutuante nell’approfittamento delle precarie condizioni del mutuatario. 13Nel nostro caso, commi 8- sexies ss.la semplice indicazione di uno stato condizione di difficoltà economica o finanziaria non implica un dolo specifico della banca nell’applicare un tasso asseritamente oneroso. Per vero, la grave fattispecie dell’usura soggettiva, per le profonde implicazioni sulla libera negoziabilità delle condizioni del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò postocredito e sulla certezza giuridica dei rapporti, non c’è dubbio si presta quale rimedio di uno stato di bisogno (nell’attuale momento storico- finanziario peraltro ampiamente diffuso); essa postula una rigorosa dimostrazione tanto della oggettivamente apprezzabile situazione di palese disagio economico e finanziario della presunta vittima quanto dell’intendimento illecito dell’’intermediario erogante. Presupposti che l’intermediario convenuto sia nel nostro caso non risultano provati. Il ricorso appare allo stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto privo di procurarne la cancellazione a seguito di transazionefondamento. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad Resta assorbita ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la altra domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5o eccezione.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Loan Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini Il Collegio reputa di dover esaminare in via preliminare l’eccezione sollevata dall’intermediario in merito alla sottoscrizione da parte del ricorrente di una quietanza, che, secondo la ricostruzione presentata dallo stesso intermediario, comporterebbe la rinuncia del ricorrente ad ogni somma ulteriore a quelle ottenute in sede di conteggio estintivo. Secondo il testo della transazionequietanza in atti predisposta dall’intermediario e destinata ad essere sottoscritta prima del pagamento, poiché il ricorrente dichiara “di aver estinto il proprio debito mediante versamento all’intermediario dell’importo indicato nel conteggio estintivo, al netto delle suddette quote ripetibili, nonché di ritenersi pienamente soddisfatto, riconoscendo e dichiarando espressamente e incondizionatamente di aver già ricevuto tutto quanto dovuto [dall’intermediario] a qualsivoglia titolo, causa e ragione con riferimento al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata, non avendo pertanto null’altro a pretendere relativamente al contratto stesso. Per l’effetto, il Cliente rinuncia a qualsivoglia domanda e azione inerente e connessa al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata (…) Con riferimento alla chiusura del contratto, si precisa sin d’ora che, una volta ricevuto il bonifico o assegno richiesto mediante conteggio allegato, [l’intermediario] procederà con la registrazione dell’importo ricevuto, perfezionando così l’estinzione anticipata del contratto, la quale si considererà a tutti gli effetto definitiva”. Il Collegio è consapevole che altro Collegio dell’Arbitro, in gran casi parzialmente analoghi a quello ora in esame, ha talora attribuito a dichiarazioni simili “un significato (…) di rinuncia ad ottenere ulteriori somme riferibili al medesimo finanziamento”, così precludendo la possibilità del cliente di richiedere il rimborso di importi ulteriori a quelli originariamente riconosciuti (Collegio di Napoli, decisione n. 538/2014). In diverso avviso, il Collegio reputa che l’eccezione sollevata dall’intermediario non meriti accoglimento. La dichiarazione ‘liberatoria’ sottoscritta dal ricorrente si pone, infatti, chiaramente come condizione preventiva e necessaria alla (soltanto) successiva estinzione anticipata del contratto ancora in essere, con la conseguenza che la clausola ha effetto modificativo del contratto, logicamente e giuridicamente anteriore e preliminare alla disposizione abdicativa di un diritto di credito già maturato. La clausola appare incompatibile con due norme imperative Per un verso, l’art. 36, secondo comma, lett. b), d.lgs. 206/2005, secondo cui “sono nulle le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di: a) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista”; previsione cui non può che essere data un’applicazione estensiva sulla linea di una completa ed esatto adempimento» efficace tutela del consumatore. Per altro verso, l’art. 125-sexies TUB introdotto dal D.lgs. n. 141/2010, secondo cui “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto” (conformemente a quanto, peraltro, già segnalato nella Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009, nella quale si osserva che in caso di estinzione anticipata del mutuo “l’intermediario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, la relativa quota non maturata”). Giova qui riflettere sulla disciplina generale dell’indebito oggettivo, implicato dall’estinzione anticipata del finanziamento. Le parti sono certamente libere di determinare il corrispettivo; e nessun giudice ab externo potrebbe sindacare la misura di esso. Esse tuttavia hanno l’onere di stabilire ex ante l’oggetto del contratto, e segnatamente l’esatta corrispondenza tra prestazioni pecuniarie e controprestazioni bancarie. È da considerare che il nesso tra prestazione pecuniaria e controprestazione bancaria assuma qui rilevanza causale, sicché ogni attribuzione pecuniaria (interessi o costi del finanziamento) trova causa nella corrispondente controprestazione bancaria, ossia nel servizio reso dall’intermediario. Non interessa qui vagliare il grado di dettaglio con cui le singole prestazioni bancarie siano descritte; rileva piuttosto la chiara e netta separazione tra prestazioni oggettivamente preliminari e prestazioni oggettivamente successive, posteriori alla conclusione del rapporto e relative allo svolgimento di esso. La norma imperativa dell’art. 125 sexies, primo comma, secondo periodo, ha riguardo alla estinzione anticipata del rapporto, la quale determina (per logica prima che giuridica necessità) l’estinzione del sinallagma funzionale tra prestazione pecuniaria e corrispondente controprestazione bancaria (recurring). Con l’estinzione del rapporto vengono infatti meno i servizi bancari (gestione informatica, incasso rata, e altre prestazioni recurring); simmetricamente, si estinguono i debiti pecuniari corrispettivi, sicché l’eventuale pagamento di prestazioni non rese implicherebbe ineluttabilmente un indebito oggettivo. Per meglio comprendere il fenomeno, immaginiamo che il contratto di finanziamento preveda, in luogo del pagamento totale anticipato, un pagamento posticipato rispetto alla corrispondente prestazione recurring. Una volta estinto il rapporto anticipatamente, nessun dubbio che la Banca non potrebbe pretendere il pagamento di prestazioni non rese, ossia delle prestazioni ivi stabilitesuccessive alla estinzione. Se il cliente pagasse, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» egli avrebbe per definizione diritto alla ripetizione dell’indebito. L’autonomia delle parti si ferma alla determinazione dell’oggetto del rapporto, e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora segnatamente del prestazioni recurring e dei relativi corrispettivi. Una volta stabilito tale sinallagma, l’estinzione anticipata implica l’automatico effetto della restituzione degli importi, corrispondenti ai servizi non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]resi. Su questa linea, la stessa avverrà solo misura dell’indebito discende automaticamente dalla corretta determinazione dell’oggetto, recata in contratto. Diremo di più: se anche non ci fosse l’art. 125 sexies, primo comma, il consumatore avrebbe comunque il diritto alla ripetizione delle somme indebite, secondo la disciplina generale dell’art. 2033 c.c. L’art. 125 sexies non fa che applicare al contratto di finanziamento due principi comuni: a) il principio di causalità delle attribuzioni patrimoniali; b) il principio dell’indebito oggettivo Ne segue che la dichiarazione sottoscritta dal ricorrente di rinuncia “a cura qualsivoglia domanda e spese azione inerente e connessa al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata” e prodromica all’estinzione anticipata del richiedente»medesimo contratto deve reputarsi nulla e improduttiva di effetti ai sensi dell’art. Incontestato l’adempimento 36, secondo comma, lett. b), d.lgs. 206/2005 e per violazione dell’art. 125 sexies TUB, per rinuncia preventiva alle azioni conseguenti all’inadempimento dell’obbligo di restituire le somme, che risultano pagate senza causa a seguito dell’estinzione anticipata del finanziamento. A ciò si aggiunga che la richiesta rinuncia “a qualsivoglia domanda e azione inerente e connessa al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata”, quale condizione preliminare per la successiva estinzione anticipata, non appare conforme ai canoni di buona fede e correttezza cui l’intermediario è comunque tenuto nei rapporti con la propria clientela; così come deve escludersi, del resto, una piena consapevolezza da parte dell’originario debitore del ricorrente della disposizione del proprio diritto all’equo rimborso inderogabilmente previsto dall’art. 125-sexies TUB. Nel merito il Collegio, richiamato il proprio costante indirizzo in materia di rimborsabilità delle prestazioni stabilite nell’atto transattivocommissioni e degli oneri non goduti in sede di estinzione anticipata dei contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio per la quota parte non maturata, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare cheovvero secondo il criterio proporzionale ratione temporis, in ragione della natura giudiziale tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies sspoi moltiplicato per il numero delle rate residue (cfr., tra le tante, la decisione, n. 4919 del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio 29.7.2014); considerato che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto resistente non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce applicato detto criterio in sede di tali acquisizioniestinzione anticipata; rilevato, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte commissioni bancarie e alle commissioni di intermediazione, che le medesime difettano di sufficiente specificità al fine di desumerne l’integrale natura up-front, in contrasto con le esigenze di tutela e di inequivoca informazione del consumatore e che, pertanto, devono tutte qualificarsi recurring ai sensi dell’art. 1370 c.c.; posto che, alla stregua di tali criteri, la somma complessivamente da rimborsare risulta pari a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a € 826,15; considerato che vanno riconosciuti gli interessi legali in favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni parte ricorrente; posto che non ricorrono le condizioni stabilite dal Collegio di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" coordinamento per la cancellazione il rimborso delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.spese legali;

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto Va trattato, in via prioritaria, il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce la nullità della sentenza per violazione dell'art. LA GIURISPRUDENZA: le sentenze per esteso 112 c.p.c., per essere viziata da ultrapetizione in quanto la domanda di risoluzione per mutuo consenso non sarebbe mai stata proposta in primo grado. La società attrice aveva agito per la risoluzione del contratto per inadempimento ed il convenuto aveva resistito alla domanda senza proporre domanda riconvenzionale di risoluzione per mutuo consenso sicché la corte di merito avrebbe errato nel dichiarare d'ufficio la risoluzione per mutuo consenso sulla base del comportamento del convenuto e delle sue difese in giudizio. Il motivo è infondato. La risoluzione consensuale del contratto è un fatto oggettivamente estintivo dei termini diritti nascenti dal negozio bilaterale e può essere desunto, salvo i limiti di forma dei negozio solutorio, dalla volontà manifestata dalle parti anche tacitamente. Laddove le parti abbiano allegato in giudizio di non avere interesse alla permanenza degli effetti del contratto, la risoluzione consensuale può essere oggetto di accertamento d'ufficio da parte del giudice anche in sede di legittimità, ove non vi sia necessità di effettuare indagini di fatto. In armonia con tale principio, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha ritenuto che la risoluzione consensuale del contratto non costituisce oggetto di eccezione in senso proprio ma una mera difesa (Cassazione civile sez. 20/06/2012, n. 10201; Cass. 24 maggio 2007 n. 12075 e Cass. 21 novembre 2006 n. 24802), ragione per la quale non è configurabile il vizio di ultrapetizione sol perché la parte abbia chiesto la risoluzione per inadempimento e sia emerso dal processo che volontariamente esse si fossero sciolte dal vincolo contrattuale. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1350 c.c. e 1351 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito ritenuto che il contratto preliminare di permuta del 7.9.2005 fosse stato risolto per mutuo consenso, in assenza di un atto avente forma scritta ad substanbam, pur trattandosi di contratto avente ad oggetto diritti reali immobiliari. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto di motivazione della transazionesentenza in quanto con la proposta di acquisto del terreno oggetto del contratto preliminare di vendita, poiché la promittente acquirente non avrebbe manifesterebbe la volontà di risolvere il contratto precedente e non vi era stata accettazione della proposta da parte del T., con atto avente forma scritta. Poiché all'offerta di acquisto del terreno non era seguita l'accettazione scritta, il contratto solutorio non si sarebbe perfezionato e la proposta unilaterale non avrebbe potuto esplicare alcun effetto estintivo dell'accordo originario. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati. Deve, in primo luogo, essere disattesa la questione, sollevata dal controricorrente in ordine alla qualificazione della scrittura privata dei 7.9.2005 come "lettera di intenti" o "preliminare di preliminare". La Corte di merito, cui è demandata la qualificazione del contratto, ha accertato che, con la scrittura privata del 7.9.2005, le parti avessero concluso un contratto preliminare, obbligandosi a concludere il contratto definitivo. Il ricorso omette di censurare la violazione delle regole di interpretazione del contratto, limita a sostenere, in gran parte dall’inquadramento modo apodittico, che la scrittura privata del 7.9.2005 integrasse un preliminare di questi preliminare da cui scaturiva l'obbligo di contrattare in vista della compravendita e che, a fortiori, anche il negozio solutorio potesse avvenire per facta concludentia. Considerato quindi che dipende l’esito la scrittura privata del 7.9.2005 vada qualificata come contratto preliminare, la quaestio iuris posta all'attenzione del collegio riguarda la forma del contratto solutorio. Per costante giurisprudenza di questa Corte, la risoluzione consensuale di un contratto preliminare riguardante il trasferimento, la costituzione o l'estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della controversiaforma scritta ad substantiam non solo quando il contratto da risolvere sia definitivo e, quindi rientri nella espressa previsione dell'art. Nell’accordo transattivo era specificato 1350 c.c., ma anche quando si tratti di contratto preliminare; la ragione dell'assoggettamento del preliminare alla forma di cui all'art. 1351 c.c. va ravvisata nell'incidenza che «il preliminare spiega su diritti reali immobiliari, sia pure in caso via mediata in quanto con esso le parti assumono l'obbligo di puntuale concludere il definitivo (Cassazione civile sez. II, 22/02/2018, n. 4313; Cassazione civile sez. II, 14/04/2011, n. 8504; Cass. 15 maggio 1998 n. 4906). Il contratto preliminare, infatti, pur avendo efficacia obbligatoria, vincola le parti alla conclusione del contratto definitivo ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere ha efficacia mediata in relazione al credito derivante trasferimento di diritti reali immobiliari. La risoluzione del contratto preliminare necessita quindi del rispetto dei requisiti della forma scritta di cui all'art. 1359 c.c., come espressamente richiesta dailiart,1351 c.c., perché impedisce il verificarsi degli effetti immobiliari derivanti dall'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto precisato contratto preliminare (Cass., Sez. 2, n. 13290 del 26 giugno 2015). Se, infatti, in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]via generale, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento risoluzione per mutuo consenso di un contratto può risultare anche da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoun comportamento tacito concludente, resta da verificare se abbia ragione qualora si tratti di contratti per i quali è richiesta la banca nell’affermare cheforma scritta ad substantiam, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti analoga forme deve essere prevista per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»il negozio solutorio. Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile la risoluzione del contratto preliminare di permuta doveva risultare con atto scritto idoneo a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare rendere manifesto che le disposizioni partì avevano sostituito all'originario contratto di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5permuta un diverso contratto solutorio.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Contratto

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente In via preliminare vanno respinte le eccezioni dell’intermediario secondo cui il ricorso qui esaminato sarebbe inammissibile perché volto ad ottenere dall’ABF solamente un’attività “di consulenza” (siccome volta a valutare la correttezza dell’operato dell’intermediario) che tale Arbitro evidentemente non potrebbe compiere, e comunque con oggetto del tutto generico (la "gestione del c/c"). Deve al riguardo replicarsi, tuttavia, come la funzione di risoluzione alternativa delle controversie espletata da questo Arbitro – “alternativa” evidentemente a quella dell’autorità giudiziaria ordinaria – non possa che comportare, in via di principio, una competenza a conoscere e a pronunciarsi (seppure con effetti diversi) di pari estensione. Di talché, così come il giudice ordinario ben potrebbe essere richiesto di una pronuncia di accertamento (della violazione di obblighi di diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto) pur senza condanna (seppure la prima eventualmente strumentale alla seconda, da richiedersi in un secondo momento), allo stesso modo può esserlo questo Arbitro. D’altra parte, l’oggetto dell’accertamento richiesto a quest’Arbitro (l’accertamento della correttezza della condotta dell’Intermediario “durante tutto il rapporto riguardante la gestione del conto dei corrente”) seppure espresso in termini della transazioneimpropri e generici, poiché è risulta comunque sufficientemente chiarito e perimetrato, nel suo contenuto e nei suoi profili, dalle specifiche circostanze e dalle contestazioni rappresentate nel ricorso: dal quale, in gran parte dall’inquadramento effetti, risulta evidente come si invochi sostanzialmente la nota questione del cd. fido di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso fatto: e cioè, come noto, quella relativa alla condotta di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la una banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale dopo aver concesso per un certo tempo uno sconfino sul conto corrente per un certo ammontare, inopinatamente e non volontaria dell’ipoteca in questioneingiustificatamente chieda al cliente l’immediata e integrale restituzione delle somme risultanti a debito (oltre alla chiusura di ogni servizio di cassa accessorio, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., e così la restituzione del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativocarnet degli assegni, delle ipoteche iscritte a garanzia carte di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuocredito, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5etc.), la così deludendo l’affidamento di fatto ingenerato, nel tempo, nel cliente stesso. Si tratta, quindi, di una serie eterogenea di fattispecie tutte accomunate dalla concessione di credito alla clientela pur in assenza di un’espressa pattuizione tra le parti, e caratterizzate dalla natura occasionale ed eccezionale dell’erogazione che viene effettuata dalla banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito in assenza dei requisiti formali propri dell’ordinaria attività di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere concessione di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitoriecredito.

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Sources: Conto Corrente

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneon il primo motivo del ricorso si denuncia viola- zione e falsa applicazione degli articoli 1326, poiché è 1328 e 1335 Codice civile in gran parte dall’inquadramento relazione agli arti- coli 112, 113, 115 e 116 Codice di questi che dipende l’esito procedura civile e 2697 Codice civile, nonché omessa, insufficiente o con- traddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Nell’accordo transattivo Deduce il ricorrente che la corte di appel- lo non ha esaminato il diverso contenuto ed i diversi ef- fetti delle due lettere di revoca e di accettazione e non ha considerato che, a fronte della coincidenza delle date (19 settembre 1987) della spedizione della prima e della ricezione della seconda, non vi era specificato alcuna prova che l’ac- cettazione fosse pervenuta prima dell’invio della revoca. L’onere della prova incombeva a chi aveva invocato la conclusione del contratto, ossia alla Ferretticasa, la qua- le avrebbe dovuto provare che esso ▇▇▇▇▇▇▇, prima del- l’invio della revoca, fosse stato a conoscenza dell’accet- tazione. Comunque, tenuto conto della detta coinciden- za di date, doveva essere svolta un’indagine per stabilire quale delle due posizioni fosse più tutelata e prevalente. Pertanto è omissiva, insufficiente o contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata in relazione al punto secondo cui l’accettazione sarebbe pervenuta pri- ma della revoca. Il motivo non è fondato. Deve in via preliminare rilevarsi che è passato in giudi- cato il capo dell’impugnata sentenza con il quale è stata risolta la questione, dibattuta tra le parti nei giudizi di merito, relativa alla qualifica da attribuire alla proposta contenuta nell’atto sottoscritto dal Nespoli in data 13 maggio 1987, ossia se trattasi di proposta revocabile o ir- revocabile. Il giudice di secondo grado, contrariamente a quanto sostenuto dalla Ferretticasa nel giudizio di appel- lo, ha ritenuto revocabile la detta proposta svolgendo in proposito specifiche argomentazioni avverso le quali la citata società, pur se risultata vittoriosa per altre ragioni, non ha sollevato censure a mezzo di apposito ricorso in- cidentale che avrebbe dovuto proporre, anche se in via condizionata, per ottenere sul punto una riforma della decisione della corte territoriale. La Ferretticasa si è in- vece limitata a chiedere la rettifica della motivazione della detta decisione «laddove contiene inesatte consi- derazioni giuridiche in tema di irrevocabilità della pro- posta». Al riguardo è appena il caso di osservare che il potere correttivo previsto dall’articolo 384 Codice di procedura civile non è esercitabile nella specie dovendo applicarsi ad un capo della sentenza coperto da giudica- to e di cui si tratterebbe non di modificare e correggere la motivazione (in quanto errata) posta a base di una de- cisione (comunque esatta) ma di riformare la stessa solu- zione data ad una questione dibattuta tra le parti e non oggetto di specifica impugnativa. La questione relativa alla tempestività della revoca della proposta contrattuale al fine di impedire la conclusione del contratto - questione che consiste essenzialmente nell’accertare se il detto effetto impeditivo si produca al- lorché la revoca della proposta sia stata emessa e tra- smessa prima che il proponente abbia avuto conoscenza dell’accettazione, ovvero se sia necessario all’indicato scopo che essa giunga a conoscenza della controparte prima di tale momento - è stata numerose volte affron- tata in giurisprudenza (anche se non di recente) e risolta prevalentemente nel senso che la proposta può essere re- vocata finché il proponente non abbia conoscenza del- l’accettazione dell’altra parte e, quindi, prima che l’ac- cettazione pervenga al suo recapito o al suo indirizzo: di conseguenza il proponente può impedire la conclusione del contratto con la sola spedizione della revoca a pre- scindere dal momento in cui questa sia ricevuta dall’o- blato (tra le tante, sentenze 9 luglio 1981; 9 aprile 1981; 5 aprile 1976 n. 1198; 3 febbraio 1972 n. 282). La detta soluzione si basa essenzialmente su quanto di- sposto dall’articolo 1328 Codice civile che mentre con- sente la revoca della proposta «finché il contratto non sia concluso» - e, a norma dell’articolo 1326 Codice ci- vile, il contratto è concluso al momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’al- tra parte - prevede espressamente che la revoca dell’ac- cettazione deve giungere «a conoscenza del proponente prima dell’accettazione». Pertanto, secondo quanto af- fermato nelle citate sentenze pronunciate in sede di le- gittimità, per la revoca della proposta vale la regola del- la «spedizione» e non quella della «ricezione» anche se la dichiarazione di revoca giunga all’oblato dopo il rice- vimento, da parte del proponente, dell’accettazione. Autorevole parte della dottrina ha però criticato il riferi- to orientamento giurisprudenziale rilevando che l’argo- mento letterale di cui al citato articolo 1328 Codice ci- vile - con riferimento alla specifica menzione sia della possibilità che la proposta venga revocata fino al mo- mento della conclusione del contratto, sia della neces- sità che la revoca dell’accettazione pervenga al propo- nente prima dell’accettazione - non può essere ritenuto decisivo in quanto la detta previsione normativa deve essere valutata non isolatamente ma nel contesto com- plessivo della disciplina dettata dagli articoli 1334 e 1335 Codice civile in tema di atti recettizi e, in partico- lare, di proposta, accettazione e loro revoca. In proposi- to il primo dei citati articoli dispone che gli atti unilate- rali recettizi producono effetto dal momento in cui per- vengono a conoscenza del destinatario, mentre il secon- do precisa che la proposta, l’accettazione e la loro revoca si reputano conosciute al momento in cui giungono al- l’indirizzo del destinatario. Alle dette obiezioni è stato replicato, da altra parte della dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, sostenendo in particolare: a) che la revoca della proposta - pur essendo un atto re- cettizio - opera con effetto retroattivo fin dal momento della sua emissione e, correlativamente, da tale momen- to sospende l’efficacia dell’accettazione che nel frattem- po dovesse pervenire al proponente; b) che la recettizietà della revoca della proposta è «atte- nuata» producendo i suoi effetti tipici sin dall’emissione: infatti «mentre per l’efficacia della revoca dell’accetta- zione, la legge pone l’accento sul momento finale, per la revoca della proposta l’accento è posto sul momento ini- ziale ed il silenzio sui momenti successivi non può che essere colmato che col ricorso al principio, che riprende vigore, della recettizietà, o meglio di quel che può anco- ra applicarsi di esso» (in tal senso la citata sentenza 9 lu- glio 1981 n. 4489); c) che l’adozione di due diverse formule per la revoca della proposta e per quella dell’accettazione sta a signifi- care che il legislatore ha voluto disciplinare in modo di- verso le due revoche; d) che la revoca della proposta opera come causa di ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇, con effetto ex tunc, di quel potere di accetta- zione sorto in capo all’oblato con la conoscenza della proposta. Tutte le dette argomentazioni urtano però contro il dato letterale dei citati articoli 1334 e 1335 Codice civile dai quali non è dato riscontrare una distinzione tra retroatti- vità «piena» e «attenuata», ovvero tra efficacia imme- diata e retroattiva con riferimento al momento in cui l’atto recettizio giunge a conoscenza del destinatario, ov- vero ancora tra i momenti perfezionativi della validità e dell’efficacia di singoli atti unilaterali recettizi. Deve peraltro evidenziarsi che - come rilevato da quella parte della dottrina contraria al riferito prevalente orien- tamento giurisprudenziale - la spiegazione della previsio- ne di indennizzo (di cui alla seconda parte del primo comma dell’articolo 1328 Codice civile) solo per l’ac- cettante (in caso di puntuale ed esatto adempimentorevoca della proposta) e non per il proponente (nell’ipotesi di revoca dell’accettazione) può agevolmente ravvisarsi nell’intento del legislatore di attribuire diversa «meritevolezza dell’affidamento» in quanto «mentre l’accettante può contare sulla conclu- sione del contratto come un risultato normale, il propo- nente non può fare ragionevole affidamento su tale ri- sultato sol perché ha indirizzato all’oblato un’offerta». Non può poi sottacersi che far discendere dallo stesso ca- rattere recettizio della revoca, sia della proposta che del- l’accettazione, la medesima disciplina quanto agli effetti dei rispettivi atti, risponde anche all’esigenza di pari trat- tamento dell’accettante e del proponente non essendo ravvisabile alcuna valida e convincente ragione sostan- ziale tale da giustificare una disciplina che privilegi il proponente (che nell’attuale realtà commerciale è sem- pre più spesso il contraente economicamente più forte) e penalizzi l’accettante. Ciò posto ritiene la Corte che, riconosciuta la natura di atto unilaterale recettizio della revoca della proposta, tra le due sopra precisate interpretazioni delle prestazioni ivi stabilitecitate norme - entrambe astrattamente possibili e sorrette da dati let- terali ricavabili, l’intermediario «nulla rispettivamente, dall’articolo 1328 e da- gli articoli 1334 e 1335 Codice civile - debba essere pre- ferita quella che tuteli maggiormente il destinatario del- l’atto recettizio (ossia, nella specie, l’accettante) sussi- stendo in capo a quest’ultimo un affidamento qualificato sulla conclusione del contratto qualora l’accettazione sia pervenuta al proponente prima dell’arrivo all’accettante della revoca della proposta. Il carattere recettizio di det- ta revoca comporta che il relativo effetto si produca non al momento della sua emissione (indipendentemente dalla conoscenza del destinatario dell’atto) bensì solo dal momento in cui pervenga all’indirizzo dell’accettante. La soluzione prescelta è più avrà a pretendere in relazione aderente al credito derivante principio dell’af- fidamento che ispira la disciplina dettata dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa legislatore in tema di semplificazione del procedimento efficacia degli atti recettizi e risponde meglio alle esigenze di cancellazione delle ipoteche […]garanzia e di certezza dei traffici commer- ciali che verrebbero seriamente compromesse se si con- sentisse al proponente di fornire la prova (anche a mez- zo di testimoni se si aderisce a quella parte della dottrina e della giurisprudenza secondo cui la revoca della propo- sta è in ogni caso libera di forma) di aver affidato a terzi - prima di ricevere l’accettazione - l’incarico o di comu- nicare all’accettante la revoca della proposta ovvero di consegnare la lettera indirizzata all’oblato contenente la revoca della proposta. In definitiva deve concludersi che nella specie - essendo pacifico tra le parti che, come accertato in fatto in sede di merito, la stessa avverrà lettera raccomandata contenente l’accetta- zione della proposta è pervenuta al proponente ▇▇▇▇▇▇▇ il giorno 19 settembre 1987, ossia lo stesso giorno della spedizione della lettera di revoca della proposta giunta però al destinatario solo il 21 settembre 1987 - la corte di merito, nel ritenere tardiva la revoca della proposta, è approdata ad esatta conclusione pur se con motivazione in parte carente ed insufficiente (non essendosi preoccu- pata di affrontare il problema che le era stato prospetta- to in ordine all’individuazione del momento di efficacia della revoca della proposta) che questa Corte provvede a cura correggere ed integrare, a norma dell’articolo 384 Co- dice di procedura civile, nel senso sopra precisato. Con il secondo motivo si denuncia violazione e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare chefalsa ap- plicazione degli articoli 1326 e 1328 Codice civile, in ragione re- lazione agli articoli 112, 113, 115 e 116 Codice di proce- dura civile, e degli articoli 1362 e 1363 Codice civile, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motiva- zione circa un punto decisivo della natura giudiziale controversia. Deduce il ricorrente che la corte di appello, dopo aver qualifica- to la «prenotazione irrevocabile» come proposta di ac- quisto pura e semplice, ha poi errato nel ritenere che la lettera della Ferretticasa spedita il 18 settembre 1987 co- stituisse valida accettazione della proposta. In particola- re, secondo il Nespoli, la corte di merito ha omesso di va- lutare, ai fini interpretativi, sia singolarmente che nel lo- ro insieme, le clausole della proposta di acquisto scritta su modulo prestampato e riempito dalla impresa costrut- trice. Dall’esame di tali clausole (segnatamente quelle indicate sotto i numeri 2 e 3) i giudici del merito avreb- bero dovuto dichiarare non volontaria dell’ipoteca concluso il contratto per mancanza di accettazione (e, più precisamente, per mancanza di una dichiarazione di non accettazione se- condo quanto previsto dalle citate clausole 2 e 3) e per intervenuta valida revoca della proposta. Peraltro l’ipo- tesi disciplinata dall’articolo 1328 Codice civile, secon- do cui la revoca della proposta è valida purché giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione, è difforme da quella di specie in cui era stato fissato un ter- mine per non accettare attraverso una clausola imposta dallo stesso oblato. Inoltre l’accettazione tacita, interve- nuta successivamente alla scadenza del termine per non accettare, non può essere ritenuta valida senza l’ulterio- re accettazione del proponente. Il motivo è infondato. È pacifico nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui l’interpretazione di un atto negoziale costi- tuisce un giudizio di merito incensurabile in cassazione se - come appunto nella specie - congruamente motiva- to. Nel caso in esame la corte territoriale ha proceduto ad un’attenta e dettagliata indagine delle clausole - iso- latamente e complessivamente valutate, ivi comprese quelle indicate dalla ricorrente nel motivo in esame - contenute nell’atto redatto su modulo a stampa e sotto- scritto dal ▇▇▇▇▇▇▇ il 13 maggio 1987. La corte bresciana ha quindi attribuito all’atto esaminato - tenendo conto del significato letterale di dette clausole e del loro colle- gamento logico nel contesto generale del negozio in questione - «il valore di una proposta pura e semplice e quindi revocabile» in quanto il termine di 45 giorni era stato fissato con riferimento non all’impegno del propo- nente ma alla possibilità per l’oblato di rifiutare la pro- posta. La corte territoriale, sulla base della detta interpretazio- ne delle clausole in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa ha poi coerentemente ri- tenuto che, con le lettere datate 18 e 24 settembre 1987, la Ferretticasa - avendo espressamente invitato il propo- nente ▇▇▇▇▇▇▇, secondo quanto previsto nel citato atto del 13 maggio 1987, a presentarsi per la sottoscrizione del contratto preliminare - aveva accettato la proposta dando così vita al contratto vero e proprio e precluden- do la possibilità di revoca di tale proposta. Il giudice di secondo grado ha anche precisato che le dette due lette- re della Ferretticasa non potevano essere interpretate quali nuove proposte - come sostenuto dal «▇▇▇▇▇▇▇ nei motivi di appello - ma avevano un oggetto chiaro ricol- legandosi, senza apportare modifiche, a quello precisato nella proposta come formulata nell’atto del 13 maggio 1987 e che, come sopra rilevato, era determinabile. Il procedimento semplificato» logico-giuridico seguito dal giudice del merito è ineccepibile ed il giudizio di cancellazione ex artfatto in cui si è con- cluso il risultato dell’interpretazione del negozio in que- stione (e, precisamente, della proposta e della successiva accettazione) è fondato su un’indagine condotta nel ri- spetto dei comuni canoni di ermeneutica e sorretto da una motivazione sufficiente ed immune da vizi di logica e da errori di diritto. 13Pertanto, commi 8- sexies ss.anche se il ricorrente sostiene la violazione de- gli articoli 1632 e 1363 e 1366 ▇▇▇▇▇▇ civile svolgendo al riguardo generiche argomentazioni, del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta rilevata corret- ta applicazione dei canoni interpretativi da un parte della dottrinacorte di appello rende manifesto che è stato investito il «risultato» interpretativo raggiunto il che è inammissi- bile in questa sede. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1346 e 1418 Codice civi- le in relazione agli articoli 1350 e 2725 Codice civile, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio 112, 113, 115 e 116 Codice di procedura civile, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Sostiene il ricor- rente che è apodittica l’affermazione della corte di ap- pello secondo cui «l’esatta individuazione dell’oggetto del 1° giugno 2007contratto (o, n. 5meglio, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, della proposta e della successi- va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de quaaccettazione) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.era desumibile dagli stessi e

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Sources: Revoca Della Proposta Contrattuale

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini In via preliminare, il Collegio, atteso un tenore non del tutto perspicuo delle domande formulate dalla ricorrente, per altro assistita da un procuratore, deve scrutinare le eccezioni formulate dall’intermediario in merito alla stessa ammissibilità del ricorso per indeterminatezza della transazionedomanda e per il carattere consulenziale dell’attività richiesta all’Arbitro. Su tali questioni vanno tenuti presenti i pronunciamenti già da tempo resi dal Collegio di ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato nella decisione n. 10929/2016, secondo i quali, premesso che «il ricorrente è tenuto a formulare una domanda che sia articolata nel petitum (il provvedimento o il bene della vita richiesto) e nella causa petendi (la situazione giuridica giustificatrice della domanda) e a produrre la documentazione dimostrativa», non di meno, «l’arbitro ha il potere – dovere di interpretare la domanda, nel senso di enucleare tutte le possibili implicazioni che vi sono contenute. Tale attività si rivela tanto più opportuna in caso una procedura che non prevede l’assistenza professionale … Ma si tratta di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteun potere – dovere che non può esorbitare dai limiti dell’interpretazione (cioè della decrittazione della volontà del ricorrente) per estendersi ad una interpretazione “integrativa” o “additiva”, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante nel senso di esaminare situazioni di fatto non ricavabili dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificatatenore della domanda»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto può osservarsi che, sebbene sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – indubitabile che la specifica tipologia lagnanza fatta valere dalla ricorrente in merito alla corresponsione di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa un costo non computato nel TAEG, sia stata correlata, in tema modo evidentemente non del tutto appropriato, ad una contestazione di semplificazione usurarietà del procedimento contratto (ribadita anche in sede di cancellazione delle ipoteche». Nel caso repliche) che certamente, come tale, non sarebbe suscettibile di speciescrutinio nel merito in quanto meramente affermata dalla ricorrente e comportante, in mancanza di elementi forniti a supporto, lo svolgimento da parte dell’Arbitro di una inammissibile attività di carattere ‘consulenziale’, cionondimeno, ed indipendentemente dalla formulazione della domanda, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare petitum e la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare causa petendi appaiono determinabili, concernendo, il primo (così come formulato nel ricorso), la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce richiesta di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento restituzione di importi logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, quelli corrisposti a titolo esemplificativodi commissione anticipo contante che, in quanto non inclusi nel TAEG, risulterebbero giocoforza corrisposti “in aggiunta” alla misura di quest’ultimo indicata in contratto – e trovando, la seconda, fondamento nella sopportazione di un onere non raffigurato nello stesso TAEG del contratto di credito revolving e nelle conseguenze che per legge ne dovrebbero derivare (pur nei limiti della domanda siccome proposta dalla ricorrente). A riguardo poi delle ipoteche iscritte a garanzia “indicazioni” fornite dalla ricorrente con le proprie repliche, rileva il Collegio che la richiesta relativa all’accertamento della vessatorietà della clausola concernente la commissione di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, anticipo contanti e la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale restituzione di «tutti gli interessi, gli oneri e le commissioni eccedenti il tasso nominale minimo dei rischi. Al riguardobuoni del tesoro annuali», si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, risultano introdotte per la parte non riscossa. Ad ogni modoprima volta in sede di repliche, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo mentre erano assenti nel reclamo prodromico al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitoriepresente ricorso.

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Sources: Credit Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto La questione che questo Collegio deve affrontare per la soluzione del caso in esame riguarda gli effetti dell’inadempimento dell’obbligo di consegna del bene da parte del fornitore, quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di finanziamento tra l’intermediario resistente e il ricorrente, in qualità di consumatore, finalizzato all’acquisto del bene medesimo. In merito alla vicenda all’origine della presente vertenza, pare utile, ai fini della decisione, rammentare i seguenti aspetti: • non risulta contestato il fatto che il contratto sia stato stipulato (in data 31.5.2010 e dunque) prima dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 141/2010; • le parti non hanno prodotto il contratto, ma l’intermediario ha allegato alle proprie controdeduzioni unicamente talune clausole specificatamente approvate dal cliente, ai sensi degli art. 1341 e 1342 del codice civile; • il cliente ha allegato al ricorso le due lettere di ▇▇▇▇▇▇▇, ai sensi dell’art. 1454 del codice civile, inviate, rispettivamente, al fornitore cessato e al fornitore subentrato e poi fallito. Dette lettere sono datate 16.2.2011 e al ricorso non sono allegate le eventuali lettere di risposta; • come confermato dalla convenuta, tutte le rate, nel frattempo maturate, risultano pagate; • la società fornitrice originaria è cessata a fine agosto 2010; • la società fornitrice dei termini della transazione, poiché beni (che è in gran parte dall’inquadramento subentrata alla società che ha originariamente stipulato il contratto di questi che dipende l’esito fornitura dei beni) è stata dichiarata fallita con sentenza del 20.4.2011. Venendo ora all’esame del merito della controversia, giova ricordare, com’è noto, che in ipotesi quale quella appena descritta, ci si trova in presenza di un mutuo di scopo, e cioè di un mutuo concesso esclusivamente per la finalità dedotta in contratto, ovvero l’acquisto di un determinato bene che viene fornito dal venditore convenzionato con il finanziatore. Nell’accordo transattivo era specificato L’operazione negoziale trilaterale prevede che «l’ammontare del finanziamento sia versato direttamente al fornitore, che si impegna a consegnare il bene oggetto della fornitura, mentre il mutuatario-acquirente si obbliga alla restituzione rateale della somma oggetto del finanziamento. E’ dato ormai pacifico, sia in caso dottrina sia in giurisprudenza, che sussista un collegamento negoziale tra il contratto di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitefinanziamento e il contratto di vendita del bene al mutuatario, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione con la conseguenza che i due distinti contratti (mutuo e compravendita), pur mantenendo la loro autonomia causale, appaiono tra loro coordinati al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema fine di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]realizzare un risultato economico unitario. Ora, la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel nel caso di specie, non può dubitarsi che ricorra il convenuto collegamento negoziale tra il contratto di fornitura di servizi ed il contratto di finanziamento, essendo pacifico che il secondo è stato proposto dal fornitore di servizi ed accettato dal ricorrente in occasione della stipulazione del contratto di fornitura. Né può avere particolare rilievo che – come sostenuto dall’intermediario resistente per argomentare la propria istanza di rigetto delle domande formulate dal ricorrente – il rapporto tra il fornitore e il finanziatore fosse o meno “esclusivo”, in quanto, come già si è avuto modo di rilevare in altre occasioni, partendo dalla considerazione che la direttiva 102/87/CE e la conseguente normativa interna di attuazione hanno un intento volutamente protettivo nei confronti del consumatore, deve concludersi che “il rapporto di esclusiva” tra fornitore e consumatore non può essere considerato un presupposto la cui mancanza determinerebbe una modifica in peius della posizione del consumatore, come la Sentenza della Corte di giustizia CE n. 509 del 2009 ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza già chiaramente sancito. Più precisamente, questo Collegio ha già ribadito (cfr. Pronuncia n. 187 del 26.1.2011 e Pronuncia n. 917 del 10.9.2010) che, anche quando art. 125 quinquies TUB non sia applicabile ratione temporis alla fattispecie concreta all’origine della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrinacontroversia, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, può non tenersi conto che si limita ad affermare che le disposizioni la norma citata rappresenta comunque il punto terminale di una evoluzione giuridica di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5non tenersi conto.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Reclamo

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneSecondo quanto stabilito dalle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (Sez. III, poiché § 4), la composizione dell’organo giudicante di questo Arbitro è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in determinata dalla qualità soggettiva del ricorrente, la quale risulta dubbia nel caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione specie. Il ricorso introduttivo del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]presente giudizio è stato infatti presentato da una persona fisica, la stessa avverrà solo quale ha rilasciato alla banca resistente una fideiussione per garantire i debiti di una società commerciale; si pone quindi il problema di stabilire se la ricorrente abbia agito in qualità di consumatore. A tale proposito, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito quanto segue: «Gli articoli 1, paragrafo 1, e 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che tale direttiva può essere applicata a cura un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione stipulato tra una persona fisica e spese del richiedente»un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società» (CGUE, 19 novembre 2015, C-74/15, Dumitru e ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇ contro Banca Comercială Intesa Sanpaolo România SA e altri, sottolineatura aggiunta). Incontestato Con riguardo alla fideiussione rilasciata a favore di una banca, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha ulteriormente precisato quanto segue: «Nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoobbligazioni di una società commerciale, resta da verificare spetta al Collegio giudicante determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia ragione la banca nell’affermare cheagito per scopi di natura privata» (ABF, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» Collegio di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies sscoord., del D.L. decisione n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche»5368 dell’8 giugno 2016). Nel caso di specie, il convenuto non risulta agli atti del procedimento che la ricorrente abbia agito nell’àmbito di una sua eventuale attività professionale ovvero che sia legata da alcun collegamento funzionale con la società commerciale per la quale ha fornito alcun elemento indiziario utile prestato la fideiussione di cui si tratta. Facendo applicazione dei principî sopra esposti, si deve pertanto ritenere che, ai fini del presente giudizio, la ricorrente abbia agito in qualità di consumatore; a supportare l’antefatto indispensabile ciò consegue la composizione di questo Collegio. Venendo all’eccezione pregiudiziale sollevata (a p. 1 s. delle controdeduzioni) dalla banca resistente, si deve rilevare che, ai sensi dell’art. 33, 2° comma, della legge n. 287 del 1990 (e successive modificazioni), le sezioni specializzate in materia d’impresa sono esclusivamente competenti per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce «le azioni di tali acquisizioninullità e di risarcimento del danno, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla presunta inconciliabilità violazione delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui ai titoli dal I al IV». Secondo quanto è stato già chiarito da questo Arbitro (ad es., nella già citata decisione del Collegio di Milano, n. 16588 del 4 luglio 2019), tale disposizione legislativa è applicabile alle domande di accertamento della nullità di intese anticoncorrenziali e di condanna al conseguente risarcimento del danno, ma non alle domande di accertamento della nullità dei contratti stipulati “a valle” di tali intese. Poiché nel presente giudizio si tratta non della nullità dell’intesa anticoncorrenziale raggiunta mediante lo schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI, ma della nullità del contratto di fideiussione stipulato tra una delle banche che hanno partecipato a tale intesa e un suo cliente, l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente è palesemente infondata e deve essere pertanto respinta. Nel merito, si deve anzitutto premettere che la questione della validità dei contratti stipulati “a valle” di intese anticoncorrenziali non è disciplinata dalla legge n. 287 del 1990. Essa è stata pertanto variamente decisa dalla giurisprudenza e costituisce oggetto di un’accesa e sfaccettata discussione dottrinale, la quale non può essere neanche sommariamente riassunta in questa sede. Ai fini del presente giudizio, si deve preliminarmente rilevare che, secondo quanto accertato dal provvedimento della Banca d’Italia di cui si è già detto, lo schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI ha costituito un’intesa anticoncorrenziale diretta a «fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali», risultando così contrario all’art. 132, comma 8-sexies2° comma, D.L. lett. a), della legge n. 7/2007 287 del 1990. Tale disposizione legislativa dev’essere interpretata nel senso che essa vieti altresì di stipulare contratti i quali uniformemente recepiscano i prezzi di acquisto o di vendita o le altre condizioni che un’intesa anticoncorrenziale abbia fissato in precedenza (Cass., sez. I, 12 dicembre 2017, n. 29810). Per le ragioni già chiaramente esposte dalla decisione dell’ABF Milano n. 16558 del 4 luglio 2019, si ritiene provato ai fini del presente giudizio che le clausole contrattuali di cui si tratta siano oggetto di applicazione uniforme e che sostanzialmente riproducano gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI: esse sono state pertanto stipulate in violazione della norma imperativa dettata dall’art. 2, 2° comma, lett. a), della legge n. 287 del 1990. Poiché tale norma è finalizzata a proteggere l’interesse generale alla tutela della concorrenza e del mercato, si deve ritenere che, ai sensi dell’art. 1418, 1° comma, ▇.▇., ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇ (▇▇▇▇., sez. I, 12 dicembre 2017, n. 29810). Si tratta dunque di una nullità parziale del contratto “a valle”, la quale è assoggettata alla disciplina generale dettata dall’art. 1419 c.c. (Cass., sez. I, 26 settembre 2019, n. 24044); in particolare, essa «importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità» (art. 1419, 1° comma, c.c.). Com’è stato più in generale chiarito in dottrina, il riferimento a ciò che le parti avrebbero voluto non è il riferimento a un dato reale ma solo una congettura, che sfugge a ogni obiettivo accertamento, e dalla quale non può quindi dipendere la validità o invalidità del contratto. Ai sensi dell’art. 12 disp. prel. c.c., l’art. 1419 c.c. deve essere piuttosto interpretato teleologicamente, ossia in considerazione della sua ragione giustificativa, che è quella di conservare il contratto salvo che la modifica del contenuto sia tale da non giustificarne obiettivamente il mantenimento. Ciò che si applicano esclusivamente richiede è quindi una valutazione di compatibilità della modifica del contratto con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia la causa concreta di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionatiesso, dovendosi in definitiva accertare se la modifica abbia o no importanza determinante tenuto conto dell’interesse delle parti. Il criterio coincide, così, con esclusione quindiquello previsto dall’art. 1420 c.c. per la nullità parziale in senso soggettivo. In altri termini, si deve ritenere che, qualora la nullità parziale del contratto “a valle” riguardi clausole accessorie, esso resti valido per il resto; qualora invece tale nullità riguardi clausole essenziali, esso sia integralmente nullo, a meno che non siano previsti dalla legge strumenti per integrare la sua lacuna (ad es., secondo quanto prevede l’art. 1474 c.c. a proposito della vendita, ovvero l’art. 117, ult. comma, t.u.b. a proposito dei contratti bancari). A tali fini, le clausole contrattuali sono qualificabili come “accessorie” quando, ove esse non fossero state apposte al contratto, quest’ultimo avrebbe comunque avuto un oggetto determinato (o almeno determinabile), ai sensi degli artt. 1346 ss. c.c.; dev’essere peraltro fatta salva la volontà delle parti contraenti di pattuire (espressamente ovvero tacitamente) che una qualsiasi clausola del loro accordo sia “essenziale”. In base a tale criterio, è indubbio che, ai fini del presente giudizio, le clausole specificamente contestate dalla ricorrente siano da qualificarsi come “accessorie”, cosicché la loro nullità non si estende al resto del contratto. Discende da quanto fin qui osservato che la domanda principale della ricorrente, volta all’accertamento della nullità integrale del contratto da essa stipulato con la banca resistente, può essere accolta solo in parte, ossia limitatamente alle clausole contrattuali che sono state specificamente contestate nel ricorso. Alla nullità (parziale ovvero integrale) del contratto, la quale peraltro può essere fatta valere solo dal ricorrente ed è rilevabile d’ufficio soltanto nel suo interesse, consegue che egli può domandare la restituzione delle prestazioni ivi previste, ove le abbia nel frattempo eseguite. Per quanto obiter dictum in questa sede, si deve rilevare che, ove il ricorrente faccia valere la nullità (parziale ovvero integrale) del contratto, dovrà a sua volta restituire le prestazioni ivi previste, ove l’intermediario resistente le abbia nel frattempo eseguite; resta peraltro fermo che, secondo quanto statuito dall’art. 125 bis, ult. comma, t.u.b., «in caso di nullità del contratto, il consumatore non può essere tenuto a restituire più delle somme utilizzate e ha facoltà di pagare quanto dovuto a rate, con la stessa periodicità prevista nel contratto o, in mancanza, in trentasei rate mensili». Inoltre, la parte che aveva partecipato all’intesa anticoncorrenziale risponderà del danno che abbia cagionato al ricorrente, a titolo esemplificativodi responsabilità extracontrattuale (Cass., delle ipoteche iscritte a garanzia sez. un., 20 febbraio 2005, n. 2207). Nel caso di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invecespecie, la domanda ricorrente non ha esercitato alcuna pretesa restitutoria ovvero risarcitoria nei confronti della banca resistente. Per quanto riguarda il recesso dal contratto di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia fideiussione che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema ricorrente afferma di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.)aver esercitato a partire dal 7 maggio 2018, la banca resistente non ha contestato specificamente tale fatto, il quale può dunque considerarsi pacifico ai fini del presente giudizio. La banca resistente ha tuttavia obiettato (a p. 8 delle controdeduzioni) che, in virtù di quanto statuito nell’art. 4 del suddetto contratto, la ricorrente deve ritenersi comunque obbligata al pagamento di quanto fino a tale data risulti dovuto dal debitore principale. L’obiezione è sempre tenuta a segnalarefondata e deve essere pertanto accolta. Al fine di dare sinteticamente una risposta ai quesiti posti dall’ordinanza di rimessione, a beneficio del “sistema”, questo Collegio enuncia in conclusione i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito seguenti principî di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.diritto:

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Sources: Fideicommissum Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini Oggetto della transazionecontroversia in esame è l’accertamento di un’eventuale responsabilità precontrattuale dell’intermediario convenuto consistente nella ritardata comunicazione del rifiuto di erogazione di un mutuo ipotecario motivata con l’assenza di adeguato merito creditizio dell’istante: il quale, poiché tuttavia, non pare contestare il principio generale (invocato dalla resistente sulla base del costante orientamento di quest’Arbitro ed ancor prima della Suprema Corte di Cassazione) secondo cui l’intermediario ha una piena autonomia decisionale nella valutazione del merito creditizio del proprio cliente e nella conseguente determinazione circa l’erogazione o il diniego di credito: il che, come è in gran parte dall’inquadramento noto, rappresenta non soltanto un diritto del finanziatore, ma un suo preciso dovere allorché il rifiuto di questi che dipende l’esito una richiesta di erogazione di credito sia giustificato dal generale obbligo di sana e prudente gestione al quale l’intermediario è astretto dall’art. 5 Tub. La contestazione del ricorrente verte qui, piuttosto, sulla conformità della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione condotta tenuta della banca circa il tempo intercorso fra la richiesta del ricorrente e la risposta (negativa) fornita dalla banca stessa al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa quadro normativo in tema di semplificazione verifica del procedimento merito creditizio dell’intermediario. Dalla documentazione in atti si evincono, in particolare, le seguenti circostanze, incontestate tra le parti: a) la richiesta di cancellazione delle ipoteche […]finanziamento è stata formalizzata il 6.6.2019 (nel relativo modulo di richiesta del mutuo ipotecario il cliente dichiarava di essere consumatore; tuttavia, nello stesso modulo si legge “finanziamento non rientrante nel credito immobiliare ai consumatori”); b) il ricorrente stesso ammette che, alla fine del mese di luglio 2019, veniva informalmente messo al corrente, tramite comunicazione telefonica, dalla Direzione dell’Agenzia, dell’esito negativo della pratica di mutuo, anche se poi la stessa avverrà solo a cura richiesta è stata formalmente respinta dalla banca soltanto con la comunicazione del 6.9.2019; c) tale comunicazione di ▇▇▇▇▇▇▇ sarebbe stata trasmessa al cliente in data 4.10.2019 (cfr. ricorso e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione controdeduzioni) ed in quest’occasione la banca nell’affermare ha illustrato al cliente le motivazioni del diniego; d) a seguito delle contestazioni del cliente, l’intermediario ha rimborsato alla controparte le spese di ▇▇▇▇▇▇▇, con assegno del 13.12.2019. Viene dunque in considerazione il disposto dell’art. 120-undecies, Tub (“Verifica del merito creditizio”) che, in ragione materia di credito immobiliare ai consumatori, prescrive (al comma 1°) che “prima della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questioneconclusione del contratto di credito, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» il finanziatore svolge una valutazione approfondita del merito creditizio del consumatore (…)”, per poi imporre all’intermediario che, “quando la domanda di cancellazione ex art. 13credito è respinta, commi 8- sexies ss.il finanziatore informa il consumatore senza indugio del rifiuto e, se del caso, del D.L. n. 7/2007fatto che la decisione è basata sul trattamento automatico di dati”. È decisivo evidenziare Ebbene, se – come a questo Collegio pare corretto – si interpreta la norma appena trascritta nel senso che il momento iniziale rispetto al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare quale valutare l’assenza di “indugio” sia quello in cui la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntobanca, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazioneall’esito di una verifica del merito creditizio del cliente condotta in tempi ragionevoli, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non abbia maturato la sua fonte. Ciò postoeventuale decisione di rigettare la richiesta; nel caso di specie non pare effettivamente sussistere una responsabilità precontrattuale della convenuta, non c’è dubbio in quanto è lo stesso ricorrente ad ammettere che l’intermediario convenuto quest’ultima, sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto pure informalmente, gli abbia comunicato a fine luglio la determinazione di procurarne la cancellazione a seguito rifiuto di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza erogazione del proprio operatocredito assunta il 17.7.2019 all’esito dell’acquisizione documentale necessaria ai fini della verifica della solvenza del cliente che, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel nel caso di specie, è piuttosto articolata trattandosi di credito immobiliare garantito da beni in comproprietà. Pare d’altro canto credibile la prospettazione della convenuta secondo cui il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile ritardo nella comunicazione formale sia imputabile a supportare l’antefatto indispensabile per provare richieste di nuove verifiche rese necessarie dai tentativi del cliente di rimodulazione dell’istanza di finanziamento, al fine di renderla effettivamente sostenibile. Del resto, pur volendo assumere come illegittima la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invececondotta dell’intermediario, la domanda di cancellazione del risarcimento del danno (patrimoniale e non patrimoniale) per responsabilità precontrattuale formulata dall’istante non sarebbe comunque accoglibile, in quanto difettano, nella specie, gli ulteriori coelementi costitutivi della segnalazione in Centrale dei rischifattispecie risarcitoria invocata: la sussistenza del danno lamentato e la sua diretta dipendenza causale dalla condotta imputata all’asserito danneggiante. Al riguardoPiù esattamente, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio il risarcimento del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito danno conseguente al comportamento scorretto dell’intermediario presuppone la prova della natura della segnalazionedel pregiudizio patito dal cliente a seguito, né della relativa decorrenzaad esempio, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parteatti impegnativi del proprio patrimonio compiuti nel ragionevole affidamento dell’ottenimento del credito. ConseguentementeCiò è tanto vero che, sono respinte tutte le domande risarcitorienei precedenti esaminati dall’Arbitro, il danno è stato liquidato nei soli casi in cui il ricorrente è riuscito a provarlo documentalmente ed a ricondurlo causalmente all’affidamento deluso (cfr., ad es., ABF Napoli, n. 1529/2013; ABF Roma, nn. 1836/2012 e 3160/2013).

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Sources: Financing Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto La questione sottoposta al Collegio attiene alla presunta vessatorietà (con conseguente nullità) della clausola che individua i costi di intermediazione nell’ambito di un contratto di finanziamento, quale fonte di un significativo squilibrio, a carico del ricorrente, fra i diritti e i doveri derivanti dal contratto (art. 33 Cod. cons.). In particolare, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 34 Cod. cons. (ove si precisa, come dapprima ricordato, che il carattere vessatorio di una clausola non riguarda l’adeguatezza del corrispettivo dei termini della transazionebeni e dei servizi, poiché è purché tale elemento risulti individuato in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversiamodo chiaro e comprensibile), nonché dell’art. Nell’accordo transattivo era specificato che «125-novies TUB (“Intermediari del credito”), ai sensi del quale, in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteintervento di un intermediario del credito, il consumatore deve essere informato dell’eventuale compenso da versare a quest’ultimo per i suoi servizi e detto compenso deve costituire l’oggetto di un preventivo accordo con il consumatore, redatto su supporto cartaceo o altro supporto durevole prima della conclusione del contratto di credito. Ora, con riferimento alla disposizione da ultimo citata, va dato atto che tra il consumatore e l’intermediario «nulla del credito intervenuto nella fase di collocamento del finanziamento (nella specie, un agente in attività finanziaria e non un mediatore creditizio, come erroneamente affermato dal ricorrente) non risulta intercorso alcun accordo preventivo, in merito ai costi di intermediazione. È pur vero, tuttavia, che la norma in oggetto (art. 125-novies, comma 2, TUB), ancorché genericamente riferita all’intera categoria degli “intermediari del credito” - come tale comprensiva anche degli agenti in attività finanziaria – è destinata a disciplinare i soli casi in cui il cliente si rivolge ad un soggetto terzo per ottenere una consulenza nella scelta della più avrà adeguata offerta di finanziamento e/o nell’individuazione di un finanziatore, ossia ad un mediatore creditizio. È solo in questo caso, infatti, che l’intermediario del credito (i.e., mediatore creditizio) ha titolo per richiedere al cliente un compenso per i servizi offerti (essendo l’agente retribuito solo dall’intermediario per conto del quale opera, e non anche dal soggetto finanziato). Tale conclusione è suffragata dalla recente decisione del Collegio di coordinamento n. 9585 dell’1/08/2017, ove, con riferimento ad un caso analogo a pretendere quello in relazione esame, si afferma – superando il precedente orientamento dell’Arbitro richiamato dal ricorrente (Coll. Roma, dec. n. 8014/15) – che “Il rapporto di mandato con l’ente finanziatore, che caratterizza per definizione l’attività dell’agente, porta ad escludere, a pena di un’insanabile incoerenza con il dettato normativo, che tale soggetto, nella fase precontrattuale, possa agire per conto del cliente e quindi che possa richiedere un compenso al credito derivante dal rapporto precisato cliente stesso per l’opera prestata prima della conclusione del contratto. Nel sistema operativo corrente, in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]effetti, la stessa avverrà solo remunerazione è normalmente predeterminata nell’accordo che regola i rapporti fra agente e intermediario ed è da quest’ultimo corrisposta. Pertanto, in base al combinato disposto delle su citate norme del T.U. bancario, il Collegio ritiene che la previsione di cui all’art.125-novies, comma 2, del TUB riguardante la pattuizione diretta del compenso con il cliente, non possa trovare applicazione nei confronti dell’attività di agenzia in attività finanziaria. Tale conclusione è coerente con l’interpretazione espressa nelle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia sulla “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” (Sez. VII, § 4.2.5- Ed. aggiornata al 2011), in cui si legge: “Nei casi in cui l’intermediario del credito può richiedere al consumatore il pagamento di un compenso per i suoi servizi (mediazione creditizia), ai sensi dell’articolo 125-novies, comma 2, del T.U. il compenso è comunicato al consumatore e costituisce oggetto di accordo su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, prima della conclusione del contratto di credito. Ne consegue che il disposto di cui all’art.125-novies, comma 2, del TUB trova piena applicazione nei confronti dei mediatori creditizi, i quali, a cura e spese differenza degli agenti, operano su incarico del richiedente»cliente, cui conseguentemente possono chiedere il pagamento di una provvigione, ma non nei confronti degli agenti in attività finanziaria, posto che questi ultimi agiscono esclusivamente su mandato dell’ente finanziatore”. Incontestato l’adempimento Il Collegio di coordinamento, pertanto, conclude affermando che “la contestata violazione del disposto di cui all’art. 125-novies, comma 2, con riferimento al “compenso”, è infondata, posto che nella fattispecie i costi di intermediazione previsti nel contratto riguardano l’opera prestata da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoun agente in attività finanziaria”, dovendosi peraltro ritenere significativo che – come nel caso in esame – “il ricorrente non abbia in alcun modo dedotto di aver corrisposto direttamente un compenso a favore di un intermediario del credito, su richiesta di quest’ultimo”. Ritenuta dunque l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 125 novies TUB, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare chevessatorietà della clausola relativa alle commissioni di intermediazione – considerate dal ricorrente particolarmente esose ed ingiustificate nell’ammontare - possa dipendere da una mancanza di chiarezza e di comprensibilità delle relative previsioni contrattuali (art. 34 Cod. cons.). Questo Collegio, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizionialtri termini, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità chiamato a verificare se il consumatore potesse o meno comprendere, sulla base del testo contrattuale, le conseguenze economiche derivanti dalla sottoscrizione della clausola (ossia, in sostanza, se abbia concluso il contratto in modo consapevole e informato), restando invece precluso ogni sindacato circa l’equilibrio economico del contratto (vale a dire una valutazione in merito al “giusto prezzo” delle ipoteche giudiziali con prestazioni dedotte nel regolamento contrattuale). Ebbene, a tale proposito, si può osservare come la documentazione negoziale in atti contenga un’indicazione sufficientemente chiara ed intellegibile circa l’ammontare delle commissioni di intermediazione (specificato sub B del prospetto contrattuale), circa l’intervento di un agente in attività finanziaria (comprovato da timbro e sottoscrizione del medesimo, apposti sul modulo contrattuale) e, infine, circa il procedimento «semplificato»tipo di attività svolta dall’intermediario del credito. La soluzione negativaRisulta per via documentale, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5inoltre, che si limita ad affermare il ricorrente abbia ricevuto il modulo relativo alle “Informazioni europee di Base sul Credito ai Consumatori”, contenente il set di informazioni utili che il consumatore ha diritto di ottenere, per poter comprendere e valutare adeguatamente l’offerta di credito. Considerato, dunque, che le disposizioni contrattuali consentivano al ricorrente di cui all’art. 13individuare in modo inequivoco l’importo destinato all’intermediario del credito, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia come anche la tipologia di obbligazioni derivanti attività remunerate da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindidetto importo, a titolo esemplificativoparere di questo Collegio non sussistono elementi tali da far ravvisare una mancanza di chiarezza e di intellegibilità della clausola negoziale relativa ai costi in esame, delle ipoteche iscritte idonea a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. determinarne la vessatorietà (in vigore dal 14 maggio 2011senso analogo si veda ABF Milano, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per dec. n. 6364/15; ABF Napoli, dec. n. 5194/13). Per le ragioni sopra esposte, la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni domanda formulata in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non ricorso non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Commission Agreement

DIRITTO. Si Il Collegio ritiene opportuno dare valutare preliminarmente conto dei termini della transazionela legittimazione passiva dell’intermediario convenuto rispetto alle domande formulate dal ricorrente. Il ricorrente chiede sia (a) “la risoluzione/cancellazione del contratto [di compravendita] per inadempienza del fornitore”, poiché è in gran parte dall’inquadramento sia (b) “la risoluzione/cancellazione del contratto di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007finanziamento”. È decisivo evidenziare con riguardo alla prima di tali domande – ossia la “risoluzione/cancellazione” del contratto di compravendita – che al il Collegio ritiene non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare sussista la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul puntolegittimazione passiva dell’intermediario convenuto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazionee ciò in quanto quest’ultimo non è parte del contratto di compravendita, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò postoche è stato stipulato dal ricorrente con una società terza, non c’è dubbio che convenuta avanti all’ABF. Come osservato in alcune precedenti decisioni (Pronuncia n. 1270/2011) “l’intermediario convenuto sia stato inadempiente non può essere legittimato passivo rispetto all’obbligo volontariamente assunto alla domanda di procurarne la cancellazione a seguito annullamento di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni contratto di cui all’art. 13non è parte e, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invecespecularmente, la domanda di cancellazione annullamento non può essere nemmeno delibata in assenza della segnalazione controparte contrattuale Quanto invece alla domanda di “risoluzione/cancellazione” del contratto di finanziamento, sussiste la legittimazione passiva in Centrale capo all’intermediario convenuto che è parte del suddetto contratto. Con riferimento a tale domanda, inoltre, non merita accoglimento neppure l’eccezione sollevata dalla convenuta, che invoca una sorta di litisconsorzio necessario con la società venditrice, che tuttavia non trova alcun fondamento normativo. L’accertamento dell’inadempimento della società venditrice e della sussistenza dei rischipresupposti per la risoluzione del contratto di compravendita costituisce questione pregiudiziale per la decisione del caso in esame, ma tale accertamento non fa ovviamente stato nei confronti della società venditrice. Al riguardoPassando al merito della domanda di “risoluzione/cancellazione” del contratto di finanziamento, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia ai fini di una corretta decisione il Collegio ritiene di dover preliminarmente rilevare quanto segue: (i) l’oggetto del contratto di compravendita consiste nell’“opera editoriale multimediale” e nelle “merci in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistemaabbinamento”, i c.ddsegnatamente una TV 42” Samsung, un forno SMEG, un lettore DVD blu-ray, una PSP e 5 giochi per PSP; (ii) la clausola “AGG. «Crediti passati GRATUITO” riportata nel contratto, diversamente da quanto sostenuto dall’intermediario convenuto, parrebbe voler includere nell’oggetto del contratto altresì l’aggiornamento dell’opera multimediale; (iii) dalla documentazione in atti emerge che soltanto l’opera multimediale e la TV Samsung sono state effettivamente consegnate dalla società venditrice. Date queste premesse, il Collegio ritiene che la mancata consegna del forno SMEG, del lettore DVD blu-ray, della PSP e di 5 giochi per PSP rappresenti un inadempimento grave della società venditrice alle proprie obbligazioni contrattuali, tale da legittimare la risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1453 e 1455 cod. civ. Ciò tenuto conto del numero e del valore economico dei beni non consegnati, rispetto a perdita» anche all’esito di transazioniquelli consegnati, ma soprattutto del fatto che in simili offerte l’acquirente è indotto all’acquisto proprio dalla molteplicità dei beni che compongono l’offerta, per cui è ragionevole ritenere che, in assenza dei beni non consegnati, il ricorrente non avrebbe concluso il contratto. Ciò detto, come dedotto dal ricorrente, il Collegio ritiene che nel caso di specie trovi applicazione l’art. 125-quinquies del TUB, secondo cui “Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la parte non riscossacostituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile”. Ad Il Collegio dichiara dunque risolto il contratto di finanziamento tra il ricorrente e l’intermediario convenuto, con il conseguente “obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni modoaltro onere eventualmente applicato”, si evidenzia ai sensi del secondo comma del citato art. 125-quinquies TUB. Per completezza, il Collegio rileva che i ricorrenti diritti sanciti a favore del consumatore dall’art. 125-quinquies TUB possono essere fatti valere a prescindere dalla sussistenza di un rapporto di esclusiva – che nel caso in esame non hanno fornito sussiste – tra il soggetto finanziatore e la prova della natura della segnalazionesocietà venditrice (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, né della relativa decorrenzaI sezione, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie23 aprile 2009).

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Sources: Contract of Sale

DIRITTO. La controversia ha ad oggetto la domanda di risoluzione, ex art. 125-quinquies TUB, del contratto di finanziamento sottoscritto con l’intermediario e collegato al contratto di consegna e installazione di un impianto per il trattamento domestico dell’acqua potabile, stipulato con il fornitore inadempiente, e la conseguente restituzione di tutte le rate già pagate. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini rappresenta che contestualmente al contratto di fornitura il cliente ha sottoscritto anche un “abbonamento all’assistenza ordinaria” di durata dodecennale e avente ad oggetto n. 12 interventi di assistenza e manutenzione. L’art. 125-quinquies TUB, introdotto dal D. Lgs. 141/2010 in recepimento della transazioneDirettiva 2008/48/CE, poiché è riconosce in gran parte dall’inquadramento capo al consumatore il diritto di questi domandare la risoluzione del contratto di prestito finalizzato, collegato ad altro contratto di fornitura di beni o servizi, al ricorrere delle seguenti condizioni: - che dipende l’esito della controversiasia stata inutilmente effettuata la messa in mora del fornitore; - che l’inadempimento del fornitore possa qualificarsi come di non scarsa importanza ai sensi dell’art. Nell’accordo transattivo era specificato 1455 c.c. In presenza di tali presupposti, il finanziatore ha l’obbligo di rimborsare al consumatore le rate già pagate, mentre la risoluzione del contratto non comporta l’obbligo del cliente di rimborsare al finanziatore quanto versato al fornitore, che «dovrà essere ripetuto dall’intermediario nei confronti del fornitore stesso. Consta in atti la seguente documentazione: - contratto di fornitura sottoscritto in data 1/08/2019 e avente ad oggetto la consegna e l’installazione di un impianto per il trattamento domestico dell’acqua potabile; - abbonamento di assistenza ordinaria anch’esso sottoscritto in data 1/08/2019; - prospetto delle condizioni finanziarie del 5/08/2019; - contratto di finanziamento sottoscritto l’08/10/2019. L’art. 11 delle Condizioni Generali del contratto di finanziamento, rubricato “Inadempimento del Fornitore/Convenzionato”, riprendendo quanto disposto dall’art. 125- quinquies TUB, statuisce che in caso di puntuale inadempimento da parte del fornitore di beni o servizi, il cliente, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del Contratto di credito e alla restituzione delle rate pagate. In merito è importante rilevare che il collegamento tra il contratto di finanziamento ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliteil contratto di acquisto del servizio non è contestato tra le parti. Con specifico riferimento al recesso dal contratto di fornitura e al grave inadempimento del fornitore, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema ▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇ rappresenta che parte istante dichiara di semplificazione aver esercitato il diritto di recesso nel termine di 14 giorni dalla sottoscrizione del procedimento contratto di cancellazione delle ipoteche […]fornitura. A riprova di quanto affermato, la stessa avverrà solo a cura ricorrente ha depositato in atti la missiva inoltrata alla Società X in data 12/08/2019 e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ssquest’ultima ricevuta il 14/08/2019., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Contract for Delivery and Installation

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente Il ricorso è imperniato sulla dedotta illegittimità della compensazione effettuata dalla banca sul conto dei termini della transazionecorrente personale del ricorrente, poiché mediante addebito dell’importo di € 1.313,45, a fronte del “pagamento di alcune rate arretrate del finanziamento chirografario intestato all’omonima ditta individuale”. Tale addebito (sul quale vi è contestazione) sarebbe stato effettuato – secondo quanto affermato dall’intermediario in gran parte dall’inquadramento sede di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione controdeduzioni – a seguito di transazioneaccordi “informali” intervenuti con il cliente e dallo stesso accettati per “fatti concludenti”. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare I menzionati rilievi pongono la correttezza del proprio operatoquestione dell’ammissibilità, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel nel caso di specie, della compensazione tra crediti e debiti relativi “a conti o rapporti diversi” - i cui effetti si sarebbero prodotti in data 26 marzo 2015 - nella misura in cui uno dei rapporti si configura quale conto personale cointestato con la moglie del ricorrente, e le posizioni a credito e a debito estinte si riferiscono, rispettivamente, al predetto conto personale e al mutuo intestato alla ditta. Per il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare corretto inquadramento della fattispecie, giova premettere che, salvo patto contrario, quando tra la correttezza banca e il correntista esistono più rapporti o più conti, ancorché in monete differenti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente (art. 1853 c.c.). In applicazione della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare regola citata, in linea di principio, la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizionibanca può legittimamente estinguere il debito del cliente riveniente da un conto corrente bancario, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali compensandolo con il procedimento «semplificato»credito risultante su altro conto intestato al medesimo correntista. Il carattere legale della compensazione consente inoltre all’intermediario di non dover chiedere l’autorizzazione al cliente prima di procedere all’estinzione del debito, “fermo restando che dell’intervenuta compensazione – contro la cui attuazione non potrà in nessun caso eccepirsi la convenzione di assegno – la banca darà pronta comunicazione scritta al cliente” (art. 11, Circolare ABI, LG/000906 del 25/2/2005, recante “Condizioni generali relative al rapporto banca-cliente”). La soluzione negativagiurisprudenza non è tuttavia univoca nel ritenere se il meccanismo estintivo ottenuto con la compensazione legale prevista dall'art. 1853 c.c. possa operare anche quando i rapporti sono entrambi in corso, sostenuta da un parte della dottrinacome si è talora affermato (cfr. Cass. n. 3447 del 1986 e n. 6558 del 1997), non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno ovvero sul presupposto che i conti siano preventivamente chiusi (Cass. Civ., sez. I, 3 maggio 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento10208), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Controversy Resolution Agreement

DIRITTO. Si Risulta per tabulas che il contratto per cui è processo è stato unilateralmente predisposto dalla banca, firmato dal correntista, siglato in calce da un funzionario sotto la dicitura ‘per autentica’. Ciò detto, parte attrice argomenta che la firma del funzionario non è idonea ad integrare la richiesta forma scritta ad substantiam per la stipula contrattuale, atteso che essa deve intendersi, sulla base del suo significato letterale, come mera autentica della firma del correntista e non già come manifestazione di volontà dell’Istituto, ciò che rende il contratto nullo con le conseguenze restitutorie sopra indicate. Tanto premesso, ritiene opportuno dare preliminarmente questo Giudice che la prospettazione attorea non possa essere accolta. Infatti, non si ignora che parte della giurisprudenza di merito ha convalidato la - indubbiamente lucida e lineare - tesi propugnata dalla difesa attorea, e che a tali conclusioni sono giunte anche alcune pronunce di questo Tribunale. Tuttavia, ad avviso di questo Giudice è preferibile un’altra ricostruzione, peraltro già proposta da altra giurisprudenza di merito, di questo e di molti altri Tribunali, nell’ambito del vivace dibattito che ha negli ultimi tempi caratterizzato la trattazione della materia qui oggetto di decisione. In particolare, due sono le argomentazioni che portano, ciascuna autonomamente, a ritenere valido il contratto per cuoi è causa. Da una prima angolazione, infatti, si osserva che la firma del funzionario di banca, non potendo in alcun modo avere potere certificativo della firma del cliente, per l’assorbente rilievo che detto potere non spetta a tale funzionario, deve invece più ragionevolmente essere intesa come inequivoca esternazione della volontà negoziale del funzionario, in nome e per conto dei termini dell’istituto, ex art. 2210 c.c., tanto più che il regolamento contrattuale era già stato predisposto dalla banca stessa; che nel corpo del testo si fa ripetutamente riferimento al ‘contratto’ così stipulato; che l’efficacia di tale contratto non risulta subordinata all’approvazione di altro organo della transazionebanca; e che il contratto è poi stato effettivamente eseguito da tutte le parti (così, poiché è tra le tante, cfr. App. Brescia sent. n. 600/2012 est. Orlandini, Trib. Mantova sent. n. 1089/2011 est. ▇▇▇▇▇▇▇▇, Trib. Mantova sent. n. 626/2011 est. ▇▇ ▇▇▇▇▇▇, Trib. Mantova sent. n. 553/2011 est. Aliprandi). Né può opinarsi che il funzionario bancario possa avere agito quale falsus procurator, atteso che, pur se così fosse, si tratterebbe di inefficacia relativa non rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione della parte pseudorappresentata, id est la banca (per la pacifica giurisprudenza, cfr. ex pluribus Cass. n. 24643/2014, Cass. n. 14618/2010, Cass. n. 2860/2008, Cass. n. 3872/2004). Da una seconda angolazione ed in gran modo ancora più radicale, altra parte dall’inquadramento della più recente giurisprudenza, muovendo dalla ratio della norma evidentemente finalizzata alla protezione del correntista contraente debole ed alla valorizzazione di questi esigenze di chiarezza e trasparenza informativa, non ritiene nemmeno necessaria la firma della banca, laddove, come nel caso che dipende l’esito qui occupa, risulti la predisposizione del contratto da parte della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]banca stessa, la stessa avverrà solo a cura firma del correntista e spese la consegna del richiedente»contratto al cliente (principio per la prima volta enunciato dalla nota pronuncia di App. Incontestato l’adempimento Torino n. 595/2012 est. ▇▇▇▇▇; conformi, ex aliis, le successive Trib. Novara n. 569/2012 pres. Quatraro est. Tosi, Trib. Milano 21/2/2012 est. Guidi, Trib. Monza 13/5/2012 est. Giani, Trib. Milano n. 14268/2013 est. Cosentini, Trib. Mantova 16/2/2015 est. ▇▇▇▇▇▇▇▇). L’approvazione scritta da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivodella banca, resta infatti, rende non necessaria l’ulteriore approvazione del proponente, “dal momento che la volontà negoziale è già espressa nel documento da verificare se abbia ragione lui predisposto” e che “la mera carenza formale di firma non potrebbe in ogni caso legittimare la banca nell’affermare né ad impugnare il contratto” né a sottrarsi “alle regole in esso sancite” (espressamente Trib. Milano sent. 14268/2013): infatti, la forma scritta può essere integrata dalla semplice sottoscrizione di un contraente per accettazioni delle dichiarazioni provenienti dall’altro (Cass. n. 23966/2004), e comunque la dichiarazione di volontà di avvalersi della scrittura privata da parte del contraente che non l’abbia sottoscritta, realizza un equivalente della sottoscrizione anche quando non avvenga in sede giudiziale (Cass. n. 22223/2006, Cass. n. 23966/2004 e Cass. n. 8983/2003). Ciò è quanto accaduto nel caso che qui occupa, poiché, anche a volere in ipotesi ritenere non ritualmente firmato il contratto da parte della banca, l’intento di quest’ultima di avvalersi del contratto stesso, così realizzando un equivalente della sottoscrizione, è pacificamente integrato dalla incontroversa esecuzione del rapporto e dalla comunicazione degli estratti conto per sei anni. Discende, in conclusione, che anche a volere ritenere non ritualmente firmato il contratto da parte della banca, deve comunque ritenersi integrato il requisito della forma scritta, ciò che consente di ritenere assorbita l’ulteriore argomentazione difensiva della convenuta in ordine al fatto che, diversamente opinando, si offrirebbe tutela al contraente che, maliziosamente abusando di una posizione di vantaggio conferita dalla legge e della buona fede contrattuale, censura come nullo un contratto bancario eseguito per anni senza contestazioni da entrambe le parti (sul punto, cfr. Trib. Torino sent. n. 2150672011 est. Zappasodi). Le conclusioni di cui sopra in ordine alla validità del contratto stipulato tra banca e correntista, già raggiunte da una cospicua parte della più recente giurisprudenza di merito solo in parte sopra citata, sono ora convalidate anche da una pronuncia della Suprema Corte. In un caso esattamente speculare a quello per cui è processo, la Cassazione ha infatti spiegato che “anche quindi a voler ritenere che non risulti una copia firmata del contratto da parte della banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto risulterebbe comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenziava la volontà di avvalersi del contratto (bastano a tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguenze perfezionamento dello stesso” (▇▇▇▇. Sez. I n. 4564/2012). A tali conclusioni, in ragione della natura giudiziale loro ragionevole persuasività e dell’autorevole avallo della sopra citata giurisprudenza di legittimità, questo Giudice intende conformarsi, dando continuità a quanto già sostenuto con la precedente sentenza di ▇▇▇▇. Reggio ▇▇▇▇▇▇ n. 841/2013. Pertanto, rigettata l’eccezione di nullità del contratto, viene travolta l’intera domanda attorea, che trae linfa da tale dedotta nullità per ritenere non volontaria dell’ipoteca dovuti i pagamenti effettuati sulla base delle prescrizioni contrattuali ed infondata la domanda di pagamento azionata in questionesede monitoria. Inammissibili in quanto del tutto tardive poiché sollevate ben oltre lo spirare delle preclusioni assertive, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» sono infatti le ulteriori doglianze di cancellazione merito proposte per la prima volta in sede di comparsa conclusionale e di replica, relative alla pretesa usurarietà dei tassi applicati, all’anatocismo ed alla illegittimità di specifici addebiti. L’oggettivo contrasto tra il principio di diritto qui enunciato ed alcune pregresse pronunce dell’intestato Tribunale, integrano i motivi che, ex art. 1392 comma 2 c.p.c. ratione temporis vigente, commi 8- sexies ssgiustificano l’integrale compensazione delle spese di lite., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Contratto Bancario

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazioneLa questione sottoposta all’esame del Collegio concerne la presunta violazione, poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore dell’intermediario convenuto, degli obblighi di trasparenza delle prestazioni stabilite nell’atto transattivocondizioni contrattuali, resta da verificare se abbia ragione previsti dal Tub e dalla normativa regolamentare della Banca d’Italia, nonché di correttezza e buona fede in sede di stipulazione di modificazioni contrattuali ad un accordo di factoring, intercorrente tra la banca nell’affermare chee la società ricorrente. Oggetto delle modifiche contestate è la previsione del servizio c.d. Maturity, consistente in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questioneciò, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente si impegna ad assicurare al cedente l’incasso dei crediti ad una data certa e prefissata, così permettendogli di ottimizzare la gestione dei flussi finanziari, e ad contempo ad offrire al debitore ceduto la possibilità di ottenere una ulteriore dilazione del credito originario, con onere finanziario a proprio carico previamente concordato con il factor. Trattasi, dunque, di un servizio accessorio al contratto di factoring che assicura al cedente, tra l’altro, l’indubbio vantaggio della certezza e della stabilizzazione dei propri flussi finanziari in entrata. Tanto premesso, dalle risultanze istruttorie non emergono elementi idonei ad attestare una violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella fase precontrattuale e/o nell’esecuzione del contratto. Ed invero, i contenuti, gli effetti e le condizioni del servizio accessorio offerto dall’intermediario sono, nella specie, chiaramente e compiutamente illustrati nel documento sottoscritto dalla ricorrente; d’altra parte, il servizio accessorio in questione non prospetta, per il cliente, rischi anomali rispetto all’obbligo volontariamente assunto ad una normale operazione di procurarne factoring, sicché priva di pregio è la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operatodoglianza secondo cui l’intermediario non avrebbe, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile rispettato le norme “volte a supportare l’antefatto indispensabile per provare prestare assistenza al cliente, la trasparenza e la correttezza nella commercializzazione dei prodotti, e quelle organizzative e di controllo interno che assicurino una valutazione dei rischi (...)”. Depone in tal senso anche la previsione del diritto del cedente di recedere dall’accordo […]: onde la ricorrente, qualora si fosse successivamente avveduta di un ipotetico pregiudizio derivante dalle modifiche contrattuali convenute con l’intermediario e debitamente accettate e sottoscritte, avrebbe potuto comunque esercitare il recesso entro i termini previsti dal contratto. Il Collegio ritiene altresì pienamente conforme alle previsioni contrattuali sottoscritte dalla ricorrente il comportamento assunto dall’intermediario convenuto nell’esecuzione del contratto. In particolare, la comunicazione inviata al cedente del 18.4.2016 con cui la banca convenuta provvedeva al recesso dall’accordo Maturity, successivamente all’istanza di fallimento promossa dal debitore, avvenuta in data 18.3.2016, e la successiva comunicazione del 27.6.2016, con la quale la medesima banca comunicava all’istante il riaddebito, sono pienamente conformi al disposto dell’art. 4 delle condizioni regolanti il servizio Maturity, secondo cui “In caso di eventuale mancato pagamento da parte del Debitore ceduto del credito entro la scadenza prorogata, siete fin d’ora autorizzati a riaddebitarne il relativo importo, con valuta pari alla data di scadenza originaria del credito, sul conto corrente anticipi a noi intestato presso la Vostra Banca, la cui esposizione ci impegniamo fin d’ora a rimborsarVi a Vostra semplice richiesta, ogni eccezione rimossa ferma restando l’eventuale rinuncia alla garanzia di solvenza da parte Vostra”. Del resto, dalle risultanze in atti emerge chiaramente che l’intermediario convenuto si è avvalso della propria inerziafacoltà prevista da tale clausola soltanto in data 18.4.2016, ossia un mese dopo la presentazione dell’istanza di fallimento […] ed alcuni giorni dopo il deposito […] della domanda di concordato del debitore ceduto: eventi che, per definizione, consacravano la sua impossibilità di regolare adempimento delle proprie obbligazioni. Deve perciò impegnarsi a procurare Né vale, ad avviso del Collegio, imputare all’intermediario convenuto la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce sua presunta conoscenza della situazione economico-finanziaria in cui versava il debitore ceduto e, in particolare, di tali acquisizioni“non aver colto in anticipo i segnali d’allarme”: ciò in quanto, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte dall’esame della dottrinadocumentazione allegata in atti, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007emergono elementi univoci in tal senso, n. 5, che soprattutto se si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di cancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia considera che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.pagamenti sono

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Sources: Factoring Agreement

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini La domanda di nullità non può essere accolta, giacché riposa sul disconoscimento della transazionesottoscrizione, poiché è profilo estraneo alle possibilità istruttorie dell’arbitro bancario. Da accogliere invece la domanda di risoluzione. Giova ricordare come ricorra qui la figura del c.d. “mutuo di scopo”, ossia un mutuo concesso esclusivamente per la finalità dedotta in gran parte dall’inquadramento contratto, ovvero l’acquisto di questi un determinato bene che dipende l’esito viene fornito dal venditore convenzionato con il finanziatore. L’operazione negoziale trilaterale prevede che l’ammontare del finanziamento sia versato direttamente al fornitore, che si impegna a consegnare il bene oggetto della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilitefornitura, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà mentre il mutuatario-acquirente si obbliga alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione restituzione rateale della somma oggetto del procedimento di cancellazione delle ipoteche […], la stessa avverrà solo a cura e spese del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007finanziamento. È decisivo evidenziare dato ormai pacifico, sia in dottrina sia in giurisprudenza, che sussista un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e il contratto di vendita del bene al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare mutuatario, con la tesi della resistente circa conseguenza che i due distinti contratti (mutuo e compravendita), pur mantenendo la natura giudiziale dell’ipotecaloro autonomia causale, appaiono coordinati al fine di realizzare un risultato economico unitario. Sul puntoOra, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in tema di semplificazione del procedimento di cancellazione delle ipoteche». Nel nel caso di specie, non può dubitarsi che ricorra il convenuto collegamento negoziale tra il contratto di fornitura di servizi ed il contratto di finanziamento, essendo pacifico che il secondo è stato proposto dal fornitore di servizi ed accettato dalla ricorrente in occasione della stipulazione del contratto di fornitura. Né può avere particolare rilievo che il rapporto tra il fornitore e il finanziatore fosse o meno “esclusivo”, in quanto, come già si è avuto modo di rilevare in altre occasioni, “il rapporto di esclusiva” tra fornitore e consumatore non può essere considerato un presupposto la cui mancanza determinerebbe una modifica in peius della posizione del consumatore, come la Sentenza della Corte di giustizia CE n. 509 del 2009 ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerziachiarito. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiestaViene in precipuo rilievo l’art. Alla luce di tali acquisizioni125-quinquies (inadempimento del fornitore) del TUB, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007introdotto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di cui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da 141 – Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di mutuo stipulati con i credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti sopra menzionatioperanti nel settore finanziario, con esclusione quindidegli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (pubblicato sulla G.U. n. 207 del 4.9.2010 ed in vigore dal 14 maggio 201119.9.2010, quindi prima a tenore del quale “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso […]”. Nel nostro caso di specie, l’inidoneità del bene appare discendere dalle dichiarazioni dello stesso ▇▇▇▇▇▇▇▇▇, che aveva reso la propria disponibilità alla sostituzione del bene. Deve qui valutarsi la “non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse” della transazione de qua) consente l’operatività parte non inadempiente cui fa espresso riferimento l’art. 1455 cod. civ. È noto che l’orientamento prevalente della procedura "semplificata" giurisprudenza insegna che tale valutazione debba essere operata applicando contestualmente sia un parametro soggettivo sia un parametro oggettivo; infatti, come ancora piuttosto recentemente è stato sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità: “in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, lo scioglimento dell’accordo contrattuale, quando non opera di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva che presuppone da parte del giudicante la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte; tale valutazione viene operata alla stregua di un duplice criterio: in primo luogo, il giudice, applicando un parametro oggettivo, deve verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamentosua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimentosì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; nell’applicare il criterio soggettivo, invece, il giudicante deve considerare il comportamento di entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità nonostante la domanda rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (così, testualmente, ▇▇▇▇., 18-02-2008, n. 3954). Ebbene, nel caso di cancellazione specie non può revocarsi in dubbio che l’inadempimento incida significativamente sul sinallagma. Ciò comporta che l’inadempimento del fornitore, integrando gli estremi della segnalazione non scarsa importanza contemplati dall’art. 1455 cod. civ., determina in Centrale dei rischi. Al riguardocapo al ricorrente il diritto alla risoluzione del contratto di credito ed il conseguente obbligo del finanziatore alla restituzione delle rate già pagate, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema nonché di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 5.5ogni altro onere eventualmente applicato.), la banca è sempre tenuta a segnalare, a beneficio del “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorie.

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Sources: Contract for the Supply of a Boiler

DIRITTO. Si ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei I termini in fatto della transazionecontroversia appaiono chiari e non si rilevano contrasti tra le parti nella relativa narrazione. Nel 1986 e nel 1987 tre soggetti (la odierna ricorrente e altri due soggetti deceduti nel frattempo), poiché sottoscrissero due buoni postali fruttiferi “con pari facoltà di rimborso”. La ricorrente, davanti al diniego del rimborso chiesto dalla stessa iure proprio, quale cointestataria, in virtù della clausola della pari facoltà di rimborso, chiede tutela all'ABF, ritenendo indebite le richieste dell'intermediario che non riconosce la efficacia della prescrizione contrattuale dalla stessa azionata, a causa dell'avvenuto decesso degli altri due cointestatari. A tale proposito, corre immediatamente l'obbligo di osservare che, per entrambi i buoni postali fruttiferi, nelle more del procedimento ABF, sono decorsi i termini trentennali di maturazione. Ciò chiarito, questo Collegio è in gran parte dall’inquadramento sostanza chiamato a valutare se le ragioni giuridiche sostenute dall'intermediario per opporsi al rimborso dei due buoni postali siano valide o meno. Esse possono essere così sintetizzate: l'evento morte di questi un cointestatario determina, per effetto delle norme contenute nel DPR 256/89 (in vigore per i buoni oggetto del ricorso, sebbene abrogate), l'inefficacia della clausola di pari facoltà di rimborso, sì da imporre all'intermediario, al fine di liquidare il dovuto, la quietanza congiunta di tutti i legittimati (compresi quindi gli eredi/successori mortis causa del cointestatario defunto); l'evento morte fa sì che dipende l’esito i buoni postali fruttiferi entrino nell'asse ereditario del defunto e, dunque, l'intermediario è obbligato, a' sensi della controversialegge fiscale, a richiedere la presentazione della dichiarazione debitamente registrata presso la competente Agenzia delle Entrate, in mancanza della quale le somme contenute nei titoli sono sottoposte al ben noto vincolo di indisponibilità a carico degli intermediari. Nell’accordo transattivo era specificato Così riassunte, si deve far presente che «le motivazioni fornite dall'intermediario al diniego di pagare alla cointestataria le somme contenute nei buoni postali sono state fatte proprie da alcuni pronunciamenti ABF, al fine di respingere le istanze dei ricorrenti (ci si riferisce ad esempio a Collegio di Roma n. 11308/2016). Ciò premesso, questo ▇▇▇▇▇▇▇▇ ritiene di non condividere le valutazioni già fatte proprie dai Collegi territoriali e che la domanda della ricorrente sia meritevole di tutela, anche alla luce della copiosa produzione della giurisprudenza ordinaria (di merito e di legittimità) e della prassi ministeriale in caso materia. Si osserva in proposito quanto segue. L'intermediario ritiene che ai buoni postali fruttiferi con pari facoltà di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabiliterimborso sia applicabile, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile ratione temporis, la normativa in tema di semplificazione contenuta nel combinato disposto degli articoli 187 e 203 del procedimento di cancellazione delle ipoteche […]DPR 256/89. In particolare, la stessa avverrà solo a cura e spese tale provvedimento, sebbene caducato a' sensi del richiedente». Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivoDM 19 dicembre 2000, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti continuerebbe ad avere vigenza per suffragare la tesi della resistente circa la natura giudiziale dell’ipotecai due buoni postali fruttiferi (emessi negli anni ottanta). Sul punto, avendo il Collegio osserva che la ricostruzione in tema di successione temporale dei citati provvedimenti normativi sia corretta ma che non sia condivisibile l'estensione ai buoni postali fruttiferi di una norma, quella contenuta nell'art. 187 DPR 256, dedicata in verità ai libretti postali. A mente di tale articolo, infatti, si prevede(va) che “il rimborso a saldo del credito del libretto intestato a persona defunta oppure cointestato anche con la clausola della pari facoltà a due o più persone, una delle quali sia deceduta, viene eseguito con quietanza di tutti gli aventi diritto”. Tuttavia, ritiene questo Collegio che tale norma non sia applicabile ai buoni postali fruttiferi, neppure attraverso il rinvio di cui all'art. 203 DPR 256 (rinvio, in realtà, non esteso all'intera disciplina dei libretti come testimonia l'inciso “in quanto applicabili” ivi contenuto), trattandosi di una disposizione limitativa di diritti e, come tale, da interpretare in modo tassativo e, dunque, da limitare alla sola fattispecie negoziale per la quale è stata formulata, ossia quella dei libretti postali cointestati (anche con clausola della pari facoltà di rimborso). Ne deriva che, come già accertato dalla giurisprudenza ordinaria (cfr. Tribunale di Lecco 20 febbraio 2015), la clausola di pari facoltà di rimborso “costituisce vera e propria obbligazione contrattuale alla quale l'intermediario non si può sottrarre” che si conserva pure in caso di morte, anche in considerazione del fatto che l'articolo citato (art. 187 DPR 256) “nulla dice(va) circa i buoni fruttiferi”. Una tale posizione non è, a ben vedere, estranea neanche ai pronunciamenti dell'ABF. Ci si riferisce alla decisione n. 4540/14 del Collegio di Napoli (confermata nel principio giuridico espresso da successiva decisione del medesimo Collegio n. 6048/16), laddove si legge che “l’importo da rimborsare potrebbe ritenersi infatti retrocedibile al cointestatario sulla base del suo potere dispositivo e indipendentemente dalla successione ereditaria, dovendo piuttosto porsi un problema di cointestazione con eventuali altri coeredi subentranti, risolvibile, però, sulla base delle normali regole di solidarietà interna. La giurisprudenza di legittimità – richiamata da parte ricorrente – ha precisato che non si può “unilateralmente modificare una clausola inserita nel titolo, posto che il vincolo contrattuale tra l'emittente ed il sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti" (Cass. civ. sez. Un. 15.6.2007 n. 13979). La scarsa giurisprudenza di merito esistente sul punto pare confermare questo orientamento, condannando al rimborso del titolo nei confronti del contitolare superstite in casi in cui il buono postale fruttifero è dotato della clausola P.F.R. (Trib. Cosenza 2.7.2010; Trib. Cosenza 31.1.2011, richiamate dalla ricorrente; cfr. anche Trib. Genova, sez. VI, 27.02.2006)”. In tema, dunque, di legittimazione alla richiesta di rimborso per l'intero dell'ammontare dei buoni postali fruttiferi, questo Collegio ritiene che al cointestatario con pari facoltà di rimborso, il quale, nonostante il decesso di altro cointestatario, agisca iure proprio, sulla base delle condizioni contrattuali pattuite al momento dell'emissione del buono, l'intermediario non possa richiedere la quietanza di tutti gli aventi diritto (ossia anche i successori mortis causa dei cointestatari defunti), in quanto richiesta non fondata su una specifica norma di legge e basata su una illegittima e surrettizia modificazione delle condizioni contrattuali (conclusione, questa, lo si sottolinea, perfettamente coerente con quanto statuito dal Collegio di Coordinamento nella decisione n. 5305/13), condizioni che, come ben noto, hanno forza di legge tra le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazionee che, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuopari, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione possono essere modificate solo a seguito di transazioneloro libero accordo modificativo (art. Sull’inadempiente incombe l’onere 1372 c.c.). È del tutto evidente che, in tal modo, l'intermediario si libererà nei confronti del creditore (ossia del singolo cointestatario con pari facoltà di dimostrare la correttezza del proprio operatorimborso) versando l'intero dovuto recante dai buoni, provando – senza limitarsi ad affermare – che la specifica tipologia di ipoteca rendeva inapplicabile «la normativa in omaggio alla disciplina generale in tema di semplificazione del procedimento obbligazioni solidali attive (cfr. art. 1292 c.c.), essendo confinata ai soli rapporti interni tra contitolari – sfera esulante dal sindacato dell'intermediario - la ripartizione di cancellazione delle ipoteche»quanto pervenuto dall'esercizio dei diritti garantiti dalla pari facoltà di rimborso (in questo senso si è espressa anche la giurisprudenza ordinaria con specifico riferimento ai buoni postali, cfr. Nel caso Tribunale di specieAscoli ▇▇▇▇▇▇ 1 marzo 2016. In generale, cfr. Cassazione n. 15231/2002). La seconda ragione con la quale viene opposto il diniego alla liquidazione dei buoni alla ricorrente è costituita dalla necessità di presentazione, a suo carico, della dichiarazione di successione dei contititolari defunti. In assenza, l'intermediario sarebbe impossibilitato a effettuare alcun tipo di pagamento, in quanto sulle somme si sarebbe impresso, a seguito dell'evento morte di uno dei cointestatari, un vincolo di indisponibilità, a mente dell'art. 48 d.lgs. 346/90. Non sfugge a questo Collegio che, in sede ABF, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile Collegio di Coordinamento (la già richiamata decisione n. 5305/13) ebbe a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce statuire, in relazione però alla fattispecie (diversa da quella attuale ed è circostanza questa, lo si vedrà, dirimente) dei libretti di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5risparmio, che si limita ad affermare l'art. 48 d.lgs. 346 “non incide sul profilo relativo alla legittimazione dei cointestatari, che le resta regolata dalle disposizioni del codice civile; essa, peraltro, impone un adempimento che può essere qualificato alla stregua di un vero e proprio vincolo di indisponibilità della somma. Da ciò deriva che la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi, ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 1328 del medesimo t.u., costituisce una condizione senza la quale il debitore può legittimamente opporre il mancato pagamento nei confronti del creditore, pur legittimato ad esigere la liquidazione della intera somma portata dal libretto. Tenuto conto di ciò, la permanenza della legittimazione in capo ai cointestatari nonostante la morte di uno di essi, dunque, è vicenda che attiene esclusivamente al rapporto negoziale inter partes, che non può pregiudicare le posizioni dei terzi, quale in questo caso, deve essere considerata l’Amministrazione finanziaria. Tanto più se i diritti dei terzi siano riconosciuti da una disposizione avente natura imperativa, qual è certamente quella in materia tributaria. È infatti agevole osservare che, ragionando a contrario, l’insussistenza di tale vincolo consentirebbe facili pratiche elusive della normativa fiscale, consentendo agli eredi di evitare il pagamento della imposta sulla successione, semplicemente cointestando un libretto di deposito a risparmio. La disposizione di cui all’art. 48, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti diversi da quello di mutuo, ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la cancellazione delle ipoteche a garanzia di generici "finanziamenti" (qualunque finanziamento), senza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di una impossibilità giuridica sopravvenuta, come descritta dall’ordinanza di rimessione), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la domanda condizione rappresentata dalla presentazione della denuncia di cancellazione successione; non a caso, la normativa speciale prevede l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 53 t.u., nel caso in cui l’istituto di credito provveda comunque alla liquidazione della segnalazione quota ereditaria. Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità che grava sulla quota caduta nell’asse ereditario, possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri contestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano alla presentazione della documentazione successoria”. Conscio di questo orientamento, questo Collegio ritiene che esso vada articolato (nella fedeltà all'insegnamento ivi contenuto) e modulato a seconda della fattispecie negoziale che viene in Centrale rilievo di volta in volta. Orbene, il ricorso odierno attiene a buoni postali fruttiferi, ossia a una forma importante di investimento del risparmio, equiparata, ai fini dell'imposta di successione, ai titoli di stato, perciò pienamente rientrante nel novero di quei titoli che non entrano nell'attivo ereditario, a' sensi dell'art. 12 lett. i) d.lgs. 346/90. Tale esenzione dalla massa attiva (fiscalmente rilevante e su cui si paga l'imposta di successione, al ricorrere delle condizioni di legge) è gravida di conseguenze a livello di redazione della dichiarazione di successione, come testimoniato dalla Risoluzione 13 luglio 1999 n. 115/E del Ministero delle Finanze – Dipartimento delle Entrate, la quale così si è pronunciata in subiecta materia: “chiarito […] il contesto normativo in cui si è pervenuti alla equiparazione dei rischibuoni postali ai titoli di Stato e alla conseguente loro esenzione dal tributo successorio, per quanto riguarda più specificamente la questione […] relativa alla eventuale inclusione o meno di detti titoli nella dichiarazione di successione, si osserva quanto segue. Con risoluzione n. 400203 del 15 luglio 1989, in vigenza quindi dell'art. 49 (diritti ed obblighi a carico di terzi) del più volte citato D.P.R. n. 637 del 19721, la Scrivente ribadiva quanto deliberato [...] in merito alla non tassabilità dei Buoni Ordinari del Tesoro e all'inesistenza di un obbligo da parte del contribuente di denunciarli nella dichiarazione di successione. Al riguardo, si evidenzia considerato che secondo la Circolare il più volte citato art. 48 del vigente Decreto Legislativo 31 ottobre 1990 n. 139/1991 346, fatta eccezione per le disposizioni innovative di cui ai commi 1 e 7 che non rilevano ai fini della Banca d’Italia questione in tema esame – riproduce il contenuto dell'art. 49 del D.P.R. n. 637 del 1972 e tenuto conto della cennata equiparazione a tutti gli effetti tra i buoni postali e i titoli di segnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo Stato, non v'è ragione di ritenere sussistente un obbligo da parte dell'erede di includere detti buoni nella dichiarazione di successione”. Ne consegue che l'inesistenza di un obbligo giuridico a carico del contribuente (sez. 5.5.ossia di quei soggetti che sono gravati dal relativo incombente: fondamentalmente i chiamati all'eredità2), di inserimento dei buoni postali nel documento fiscale prescritto dall'art. 28 d.lgs. 346/90 fa sì che, nei confronti dell'intermediario, non si formi, limitatamente a tali titoli, il ben noto vincolo di indisponibilità di cui parla il richiamato Collegio di Coordinamento. In questo senso, la banca è sempre tenuta a segnalarelettura dell'art. 48 comma 4 del d.lgs. 346/90 dà conforto all'interpretazione testè fornita, a beneficio del laddove si specifica che sistema”le aziende e gli istituti di credito [...] non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture ne' ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte se non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito e' stata fornita la prova della natura presentazione [...] della segnalazionedichiarazione della successione [...] con l'indicazione dei suddetti titoli”. È di tutta evidenza che tale norma lega il dovere di controllo della presentazione della dichiarazione di successione in capo agli intermediari finanziari al solo caso in cui i titoli dagli stessi emessi vadano indicati nel predetto documento tributario. La non debenza dell'indicazione dei titoli fa sì che l'intermediario non possa richiedere legittimamente (e sottoporre a un relativo obbligo anche, in ipotesi, una persona estranea alla delazione ereditaria, come ben potrebbe essere il caso del ricorso odierno) l'esibizione della relativa decorrenzadichirazione di successione, in quanto l'ordinamento non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di allegazione di parte. Conseguentemente, sono respinte tutte le domande risarcitorierichiede che essa contenga alcun riferimento ai titoli in vertenza.

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