Common use of DIRITTO Clause in Contracts

DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABF, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente.

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Sources: Pegno

DIRITTO. Si premette La controversia sottoposta all’Arbitro ha per oggetto una richiesta di risarcimento del danno a seguito di un furto di identità ed, in particolare i controlli, che l’intermediario ha presentato deve effettuare al fine di identificare il cliente, onde prevenire possibili danni agli interessati ai quali i dati appartengono, oltreché a se stesso. In questi casi, secondo l’orientamento dell’ABF, grava sull’intermediario l’onere di dimostrare di avere posto in essere tutte le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente necessarie cautele al fine di prevenire possibili danni e attestare di avere effettuato controlli adeguati, contraddistinti dal dovuto scrupolo e dalla necessaria diligenza professionale (all.1 controdeduzioni)cfr Collegio Napoli, che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italiadecisione n. 3851/2014). Il cliente eccepisce Quanto alla condotta dell’intermediario resistente il Collegio rileva che, sebbene lo stesso ribadisca di aver eseguito tutte le verifiche prescritte in sede di istruttoria del prestito, non offre prova di tale affermazione. Invero, la convenuta neppure contesta le macroscopiche irregolarità segnalate dal ricorrente nella denuncia alla Polizia allegata al ricorso: che cioè le firme apposte sul contratto di finanziamento erano in modo “evidente” difformi da quelle apposte sul suo documento di identità, così come la fotografia e l’indirizzo di residenza; che la procura busta paga presente nel fascicolo del prestito avrebbe indicato un datore di lavoro differente. Per di più, l’intermediario non si estende ha reso noto se il rapporto di finanziamento sia stato instaurato presso i locali della filiale né se abbia ottenuto l’esibizione del documento falsificato in originale e se abbia provveduto ad effettuare ulteriori verifiche, come prescritto dalla normativa in materia di antiriciclaggio. Anche le note allegate dalla resistente a prova dell’invio del preavviso e dei solleciti di pagamento sono state inviate all’indirizzo contestato dal ricorrente e quindi dallo stesso mai ricevute ma restituite al procedimento innanzi all’ABF, in quanto mittente. Il Collegio pertanto prende atto che non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone è contestato fra le parti il carattere generale della procura. L’eccezione furto di identità ai danni del ricorrente e rileva come l’intermediario resistente non è meritevole abbia assolto l’onere probatorio di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente aver agito con la funzione stessa dell’Arbitrodiligenza professionale per prevenire l’evento dannoso. Dal canto suo, sul ricorrente grava l’onere di provare l’esistenza del danno. Sotto il quale rappresenta profilo del danno patrimoniale, però, lo stesso non produce la nota di diniego di finanziamento da parte dell’altro intermediario, per dimostrare l’esistenza di un sistema pregiudizio da mancato accesso al credito; e quanto al danno da perdita di risoluzione alternativa delle controversieoccasioni economiche, volto allega solo evidenza di un mandato conferito nel novembre 2015 ad assicurare “mezzi faciliuna società di consulenza incaricata di occuparsi per suo conto della acquisizione di uno studio professionale. La domanda risarcitoria non può pertanto essere accolta rispetto a questi profili di danno, efficaciper difetto di prova. Per contro, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti con riguardo al danno non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversiapatrimoniale, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, ha allegato evidenza della propria iscrizione all’albo dei commercialisti/revisori dei conti al fine di provare la società A. stipulava contratto propria qualifica professionale. Circostanza dalla quale è possibile presumere l’esistenza di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e danno alla reputazione professionale che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrenteliquidare in via equitativa come da dispositivo.

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Sources: Identity Theft Complaint

DIRITTO. Si premette Sul ricorso presentato la Commissione osserva che l’intermediario l’istanza d’accesso, per come strutturata e per la mole della documentazione richiesta – relativa a ben nominativi - appare volta ad effettuare un controllo generalizzato sull’operato della amministrazione, inammissibile ex art. 24, comma 3, della Legge 241/’90. L’accesso ex lege 241/’90, infatti, non può essere utilizzato a fini ispettivi per verificare un’attività che si sospetta indebita o di cui si vuole verificare, in via esplorativa, la legittimità. La Commissione, pertanto, al fine di contemperare il diritto di accesso ad atti endoprocedimentali, ai quali la ricorrente ha presentato diritto di accedere, in forza del combinato disposto dell’art. 7 e dell’art. 10 della legge n. 241/1990, ritiene che non potendo parte ricorrente accedere a ….. posizioni, l’Amministrazione resistente consentirà all’accedente di prendere visione di un numero congruo di posizioni tra le proprie controdeduzioni tramite l’Avvcinque e le dieci - significativo ai fini della comparazione -. G.C. Quest’ultimo In tale ambito il ….. concorrente, cui i documenti richiesti in ostensione si riferiscono, non riveste tecnicamente la figura del controinteressato, risultando superflua la notifica allo stesso dell’istanza ricevuta; ciò perché, secondo la giurisprudenza amministrativa e l’indirizzo di questa Commissione, il partecipante ad una procedura selettiva ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente implicitamente accettato che i propri dati personali possano essere resi conoscibili da tutti gli altri concorrenti (all.1 controdeduzioni)per tutte TAR Lazio, che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfrRoma, Sez. albi ed elenchi III, n. 6450/2008, di vigilanza della Banca d’Italiarecente ribadita da T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 15/02/2019, n. 48). Il cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABFL’amministrazione adita dovrà, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimentopertanto, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso consentire l’accesso alla documentazione nei sensi di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso)sopra, con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina oscuramento dei soli dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra societàsensibili o riservati, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità eventualmente contenuti nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrentedocumenti de quibus.

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Sources: Access Request

DIRITTO. Si premette La questione sottoposta a questo Collegio di Coordinamento riguarda in generale lo spazio applicativo del principio dell’onere della prova nel procedimento abf e sollecita più specificamente una soluzione al problema delle conseguenze che l’intermediario ha presentato l’Arbitro bancario deve trarre dalla eventuale carenza o insufficienza del materiale probatorio fornito dal ricorrente che abbia proposto una domanda di rimborso dei costi continuativi del credito ai sensi dell’art.125 sexies TUB. La risposta al quesito esige alcune puntualizzazioni sulle caratteristiche peculiari del procedimento abf e, successivamente, sulla natura della domanda proposta ai sensi dell’art.125 sexies TUB. Come è noto, il “ricorso”, con il quale è formulata la domanda all’Arbitro Bancario, è preceduto necessariamente da una fase interlocutoria diretta tra le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni)parti, attivata da un atto di contestazione denominato reclamo, che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la integra una vera e propria denominazione in quella attuale (cfrcondizione di procedibilità. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce che la procura Tale fase preliminare non si estende al condiziona solo formalmente l’avvio del procedimento innanzi avanti all’ABF, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione ma refluisce e influisce anche sulla decisione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, giacchè il ricorso deve avere ad oggetto la stessa “questione” esposta nel reclamo, il quale dunque diventa utile strumento interpretativo della domanda presentata col ricorso e flessibilmente qualificata dal Collegio. Inoltre ai fini della valutazione del “ricorso” (o meglio, della pretesa) è considerata rilevante anche la documentazione relativa alla fase del reclamo, che l’intermediario ha il dovere di trasmettere alla Segreteria unitamente alle proprie controdeduzioni nei trenta giorni successivi alla comunicazione del ricorso, unitamente a tutta la documentazione utile ai fini della valutazione del ricorso, compresa quella relativa alla fase del reclamo (v. art.1, comma 5, delle Sez. VI delle Disposizioni emanate dalla Banca d’Italia sui sistemi di risoluzione delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari). Questo singolare dovere collaborativo attribuito all’intermediario (ben eccedente il limite del dovere di lealtà sancito nell’art.88 c.p.c., e) il cui mancato assolvimento è sanzionato nelle citate Disposizioni (v. la Sez. VI, art.1 ult. comma, secondo il quale “qualora il ritardo o l’assenza della documentazione dovuta dall’intermediario – anche a seguito di eventuali integrazioni da parte della segreteria tecnica – rendano impossibile una pronuncia sul merito della controversia, l’organo decidente valuta la condotta dell’intermediario sotto il profilo della mancata cooperazione di quest’ultimo allo svolgimento della procedura, anche ai fini di quanto previsto nel paragrafo 4”, secondo il quale “viene resa pubblica, altresì la mancata cooperazione al funzionamento della procedura da parte dell’intermediario”, come “l’omissione o il ritardo nell’invio della documentazione richiesta che abbiano reso impossibile una pronuncia sul merito della controversia”), nonché il potere conferito al Presidente del Collegio di rilevare la eventuale incompletezza della documentazione presentata e di fissare un termine per le integrazioni del caso (Sez, VI par.2) e infine l’affidamento alla Segreteria del compito di svolgere la istruttoria “preliminare” diretta a valutare la sussistenza dei presupposti per la sottoposizione del ricorso al Collegio (v. art. 6, comma 1, della delibera CICR del 29 luglio 2008 n.275) costituiscono le tessere di un composito quadro normativo nel quale emerge enfaticamente il rilievo attribuito all’intervento di soggetti diversi dal ricorrente espone per sanare le eventuali irregolarità o incompletezze del ricorso. Ma tutto ciò è previsto e compiuto, è bene sottolinearlo, soprattutto allo scopo di eliminare gli ostacoli che impediscano la decisione sul merito (che può anche concretarsi però nel suo rigetto per difetto di prova). Deve invece escludersi che l’obbligo di cooperazione dell’intermediario, ancorchè stigmatizzabile e suscettivo di sanzione reputazionale, possa trasformare la sua “contumacia” nell’equivalente di un atto di costituzione invisibile e muto nel procedimento con l’effetto di rendere indiscriminatamente incontroversi tutti i fatti allegati dal ricorrente, a fronte di un principio generale desumibile dall’art.115 c.p.c., che sottrae all’onere probatorio i soli fatti “non specificamente contestati” dal convenuto costituito. E deve parimenti escludersi che tale obbligo di cooperazione possa tradursi nella inversione della distribuzione dell’onere della prova che incombe su chi avanza una pretesa, giacchè a un esito così grave e contrario a principi fondamentali del diritto, civile e processuale, avrebbe potuto pervenirsi solo in data 30/03/2011presenza di una chiara e speciale disposizione derogatoria del principio di uguaglianza delle parti nel processo (pur tenendo conto della natura peculiare del procedimento ABF, per il quale non può affermarsi la società A. stipulava contratto estensione automatica di locazione finanziaria tutte le norme del codice di rito, le cui disposizioni vanno applicate, in assenza di regole particolari, nei limiti della compatibilità). Quel che invece può ammettersi, proprio in virtù del particolare valore attribuito al dovere di cooperazione da parte dell’intermediario nel sistema abf, è che dalla sua mancata costituzione, ed anche dal suo atteggiamento non collaborativo o ancor peggio ostruzionistico nella fase del reclamo, il Collegio possa trarre “argomenti” di prova favorevoli alla tesi del ricorrente, in applicazione dell’art.116, comma 2, c.p.c. e in necessario collegamento con l’intermediario resistente le risultanze istruttorie già acquisite, mentre nel processo civile la contumacia non rileva di per sé a fini probatori e neppure ai sensi dell’art.116 c.p.c. (all. 5 ricorso▇▇▇▇.,13.6.2013, n.14860). Il che però non significa che in virtù della contumacia dell’intermediario sia possibile dare per ammesso o dimostrato il fatto costitutivo della domanda, di cui non sia stata fornita la conferma documentale, come ad es. può accadere se il ricorrente propone una domanda ex art.125 sexies TUB senza dimostrare neppure la estinzione del finanziamento (ove essa non emerga già dalla risposta al reclamo o non sia altrimenti deducibile), onde in detta eventualità la mancata dimostrazione della effettiva estinzione del finanziamento, che non sia almeno suffragata da un principio di prova scritta (e tale non è un semplice conteggio estintivo di incerto finalismo), non essendo per ciò stesso superabile con una integrazione istruttoria, non può che comportare il rigetto della pretesa. Quindi, prendendo subito posizione sull’ultimo profilo problematico prospettato dal Collegio rimettente (peraltro irrilevante in questa controversia, stante la costituzione dell’intermediario), va respinta la tesi che la sanzionabilità reputazionale per la omissione o il ritardo nell’invio della documentazione richiesta all’intermediario possa di per sè implicare un obbligo di mettere a disposizione dell’ABF i documenti rilevanti a sostegno dei fatti esposti dal cliente è socio unico “a prescindere dal comportamento tenuto dal ricorrente e finanche a prescindere dai poteri che al cliente siano riconosciuti dagli artt.117 e 119 TUB”. Anche perché la sanzione di cui si tratta sconta la premessa che l’esito del procedimento possa essere comunque condizionato dalla mancanza di quei documenti. Del resto, mentre il ritardo nella produzione si atteggia semplicemente a intralcio della società L. durata e funzionalità del procedimento, senza minimamente incidere sul suo esito, la mancata produzione di un documento “richiesto” (allall’intermediario costituito o contumace) dal Collegio, per il tramite della Segreteria, e perciò, solo perché richiesto, “dovuto”, conserva il valore comunemente attribuito alla mancata ottemperanza a un ordine del giudice ex art.210 c.p.c.: dalla mancata allegazione del documento “richiesto”, il Collegio può trarre argomenti di prova sfavorevoli alla tesi dell’intermediario e favorevoli al ricorrente. 3 ricorsoPertanto, una volta che il ricorso sia stato depurato da eventuali ragioni di preliminare inammissibilità, per decidere alfine sulla fondatezza della domanda non può che farsi applicazione, “in linea di massima” (stante l’assenza di specifici richiami alle norme generali e avuto riguardo alla natura “valutativa” del responso), delle regole fondamentali del processo civile: il principio dispositivo (artt.99 e 115 c.p.c); la società L. detiene il 50% delle quote principio del contraddittorio (art.101 c.p.c. e 167 c.p.c. ) e il principio dell’onere della società A prova (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorsoart.2697 cc.). In data 25/09/2015tal senso si è già espresso il Collegio di Coordinamento con la decisione n.10929 del 15 dicembre 2016, le nella quale sono stati tra l’altro precisati i limiti cognitivi dell’ABF (“definiti dalla domanda formulata dalla parte ricorrente e dalle argomentazioni di segno contrario, addotte dalla parte resistente, senza che l’arbitro possa esaminare situazioni fattuali diverse da quelle rappresentate dalle parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorsointeressate”). Successivamente E quindi sui principi chiaramente enunciati con quella decisione non è necessario tornare per ribadirli. In questa sede si rende invece opportuna qualche ulteriore osservazione sulle ricadute pratiche delle regole generali del processo civile nel procedimento abf, di cui vanno pure valorizzate alcune particolarità. In relazione al principio dispositivo, non par dubbio che la instaurazione del procedimento abf e la sua stessa continuazione dipendano dall’impulso del ricorrente, che dopo averlo attivato può provocarne l’estinzione con la rinuncia al ricorso o attraverso il promuovimento di un giudizio ordinario o arbitrale; e che può anche condizionarne l’esito concludendo con la controparte un accordo che dissolva la materia controversa. Né vi è dubbio che, sempre in virtù del principio dispositivo, l’ Arbitro bancario non possa andare alla ricerca della verità, ma debba decidere sulla base dei fatti allegati dalle parti e delle prove fornite per supportarli: quindi nei limiti del tema della decisione e del tema della prova come parametrabile sulla scorta delle rispettive deduzioni (non a caso il Codice deontologico per i componenti dell’Organo decidente stabilisce all’art.11, comma 3, che “i componenti del collegio esaminano adeguatamente i fatti e gli argomenti prodotti dalle parti”). A tale riguardo va solo recuperato il rilievo prima attribuito alla fase del reclamo in data 31/05/2017-allquanto, essendo il procedimento abf a contraddittorio “contratto”, articolato cioè nello scambio del ricorso e delle controdeduzioni, ha importanza speciale l’esame degli atti e dei documenti acquisiti anche nella necessaria sede propedeutica (anche se nella prassi non manca lo scambio di successive memorie per precisazioni delle deduzioni già svolte o per portare alla cognizione del Collegio eventi rilevanti intervenuti nel corso della procedura). 15 ricorsoQuanto poi alla prova dei fatti rilevanti (e specificamente contestati), deve convenirsi che poiché l’Arbitro bancario deve decidere secondo diritto (v. art. 3 della Sez. VI delle Disposizioni: la decisione sul ricorso è assunta sulla base della documentazione raccolta nell’ambito dell’istruttoria, applicando le parti hanno pattuito lo svincolo previsioni di titoli legge e regolamentari in materia, ecc.), e quindi anche in base alla regola di giudizio sancita nell’art.2697 c.c., il rischio della mancanza o insufficienza della prova di un fatto controverso non può che essere addossato alla parte che, avendolo affermato, aveva l’interesse a dimostrarlo. Va ricordato però che il rigore di tale regola è stato attenuato già dalla giurisprudenza ordinaria per non pregiudicare la tutela processuale dei diritti (art.24 Cost.), attraverso l’applicazione del cliente criterio della c.d. vicinanza della prova, secondo il quale il rischio per la mancata dimostrazione di un controvalore di € 50.000,00 fatto rimasto incerto nel giudizio deve essere addossato alla parte che si sarebbe dovuta trovare nelle migliori condizioni per provarlo (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00▇▇▇▇., 28.2.2013, n.5025). Alla data Detto criterio è teoricamente applicabile anche nel procedimento abf quale strumento alternativo alla giustizia ordinaria, che deve essere capace di offrire anche allo sprovveduto consumatore, non tenuto all’onere di munirsi dell’assistenza legale, una tutela sostanziale rapida ed efficace dei suoi diritti. Tuttavia non va sottaciuto che proprio nelle controversie bancarie, e quindi anche nel sistema abf, il principio di prossimità della prova non può trarre semplicistica legittimazione dalla disparità economica delle parti in quanto la virtuale asimmetria nelle possibilità di accesso alla documentazione di un rapporto contrattuale è legalmente e almeno in parte compensata dalla norma dell’art.117 del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 TUB secondo cui i contratti bancari devono essere redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorsoCass., 12.9.2016, n.17923). Il cliente riferisce I quali, ove non abbiano ricevuto il documento o ne abbiano perduto il possesso, possono comunque ottenerlo facendone richiesta alla banca ai sensi dell’art.119 TUB e, nel caso di richiesta inevasa, possono se del caso acquisirlo nel corso del procedimento per ordine del Giudice ai sensi dell’art. 210 c.p.c., applicabile analogicamente avanti all’Arbitro Bancario. Senza alcuna riserva è invece applicabile il principio di acquisizione processuale, in virtù del quale le prove prodotte da una parte (ad es. la banca) che non era tenuta a produrle, servono anche all’altra (il cliente) che aveva l’onere di fornirle (Cass.,19.4.2000, n.5126; Cass., 3.5.1996, n.4077). Sulla base di quanto finora illustrato, deve concludersi perciò che il ricorrente che non sia comunque riuscito a fornire la prova dei fatti (costitutivi) rilevanti e controversi posti a base della domanda, non può risultare vittorioso, sempreché alla carenza probatoria non abbia sopperito l’altra parte o non sia marginalmente applicabile a carico della resistente il criterio di vicinanza della prova, ove specificamente giustificato dalla ineguaglianza dei contendenti nelle “concrete” possibilità di accesso al documento (sul punto v. la decisione del Collegio di Napoli, n.6597/2013; e le decisioni del Collegio di Roma nn. 7106/2015 e 7139/2015). Stabilire però quando questo esito si realizzi non è possibile in astratto e dunque spetta ai singoli Collegi risolvere prudentemente la singola controversia alla luce dei principi dianzi ricordati. Un cenno particolare merita tuttavia la ipotesi, tutt’altro che infrequente, in cui il ricorrente abbia fornito una prova documentale non sufficiente (meglio: incompleta) del diritto affermato. In linea concettuale una prova insufficiente equivale a una prova mancante, ma tale enunciato va coordinato nel procedimento abf con la non trascurabile regola sancita nell’art. 8 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF, il quale stabilisce al comma 3 che “ove il Collegio ritenga necessaria una integrazione dell’istruttoria, dispone la sospensione del procedimento”. Premesso che la parte dei titoli costituita in pegno prevista sospensione del procedimento è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento logicamente strumentale alla integrazione della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda istruttoria e che, in ogni casoessendo questa per sua natura documentale, la questione non era trattata in sede deve necessariamente risolversi nell’acquisizione di preventivo reclamo, risultando così inammissibile documenti mancanti (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga cheo, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziariosi dirà tra poco, non di chiarimenti scritti) che siano necessari per la decisione, si pone il quesito se tale disposizione (che si salda con l’art.128 bis TUB) possa tradursi in strumento idoneo per supplire alla inerzia probatoria del ricorrente, quando la prova documentale sia per l’appunto mancante o incompleta. Come è possibile per stato già rilevato, deve senz’altro escludersi che la integrazione istruttoria possa compensare la prova di un fatto del tutto assente, sia perché la integrabilità presuppone logicamente la esistenza di una prova, sia pure “insufficiente”, sia perché altrimenti verrebbe sconvolto il principio “sostanziale” dell’onere della prova senza la chiara presenza di una disposizione deviante. Inoltre, ipotizzare sulla base della norma in discorso la possibilità di una surrogazione del Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni nell’assolvimento dell’onere della prova posto a carico del ricorrente ogniqualvolta si rilevi la carenza di un documento essenziale per la decisione significherebbe rendere il procedimento abf strutturalmente inquisitorio (a favore del cliente, ) e anche nel caso in cui la garanzia risulti prolungato e oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistentecostoso, in favore dell’intermediarioaperta contraddizione con i connotati di rapidità ed economicità (“della soluzione delle controversie”) predicati dall’art.128 bis, sul dossier titoli comma 1, del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrenteTUB.

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Sources: Collegio Di Coordinamento Decision

DIRITTO. Si premette Il ricorso è fondato e va accolto. Non rileva qui l’adeguatezza della motivazione: la richiesta di accesso della ricorrente è di tipo endoprocedimentale, essendo preordinata alla conoscenza di documenti relativi a un procedimento amministrativo che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli coinvolge la sfera giuridico soggettiva dell’accedente, e trovando la relativa regolamentazione nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzionidisposto dell’articolo 10, comma 1, lettera a), della legge n. 241 del 1990, ai sensi del quale: “I soggetti di cui all’articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell’articolo 9 hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall’articolo 24”. A differenza del caso di accesso esoprocedimentale, qui l’interesse della richiedente è considerato dal legislatore in re ipsa, poiché è la stessa partecipazione al procedimento a conferire la legittimazione a prendere visione ed estrarre copia dei documenti afferenti al procedimento a cui si sia preso parte. In tale senso la giurisprudenza è pacifica e costante, sin dalla pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 maggio 1996, n. 727, ove il Supremo collegio ha ritenuto non contestabile che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato il pubblico dipendente sia titolare di una posizione giuridicamente tutelata in relazione alla conoscenza degli atti contenuti nel suo fascicolo personale, senza che ricorra la propria denominazione in quella attuale (cfrnecessità per il medesimo di esternare espressamente la presenza di un concreto e immediato interesse. albi ed elenchi Di recente, nello stesso senso, T.A.R. Lazio, Sez. I quater, 10 marzo 2006, n. 1862. Né appare condivisibile l’asserita genericità della domanda ostensiva: a parere di vigilanza questa Commissione, non essendo necessaria per la validità della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce richiesta di accesso la menzione degli estremi identificativi precisi, appare sufficientemente chiara e precisa la richiesta fatta, dei documenti riguardanti la ricorrente e rilevanti ai fini del procedimento di ridistribuzione delle sedi di servizio, tanto che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABFstessa parte resistente elenca nella sua memoria i documenti che, in quanto non espressamente menzionato nel documentoa questo proposito, ritiene rilevanti. L’intermediario oppone E neppure rileva qui il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole fatto che l’amministrazione, quando riceve la richiesta di accoglimentoaccesso, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro ritenga che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’artdocumenti domandati siano già nella disponibilità del richiedente, stante che, a norma dell’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale2 c. 2 del d.P.R. 12 aprile 2006 n. 184, ma non “Il diritto di accesso si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente esercita con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della stipula del contratto garantitorichiesta e detenuti alla stessa data da una pubblica amministrazione, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”all’articolo 22, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizionecomma 1, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorsolettera e), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra societàdella legge, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolonei confronti dell’autorità competente a formare l’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente.

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Sources: Access Request

DIRITTO. Si premette che l’intermediario La controversia ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato ad oggetto la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza presunta illegittimità della segnalazione nella Centrale Rischi della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce In particolare, il ricorrente contesta la legittimità della segnalazione sotto due distinti profili, da un lato la sua inconciliabilità con l’intervenuto accordo transattivo, da cui deriverebbe l’obbligo di cancellazione della originaria segnalazione in sofferenza e non il suo passaggio a perdita, dall’alto la mancanza di preavviso della segnalazione. Quanto al primo profilo, è opportuno prendere le mosse dalle previsioni contenute nella Circolare n. 139 del 1991 della Banca d’Italia, nella sua versione applicabile alla data della segnalazione contestata, la quale afferma che “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze – crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l’intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero. Confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la procura clientela, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti a sofferenza prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”. Su tale presupposto, deve quindi ritenersi che sotto il profilo sostanziale, vale a dire dei presupposti della segnalazione del credito passato a perdita a fronte dell’intervenuto accordo transattivo, la segnalazione contestata dal ricorrente sia legittima. Secondo il consolidato orientamento di questo Arbitro, l’intermediario, anche quanto addiviene ad una definizione transattiva in relazione a crediti classificati a sofferenza, è sempre tenuto, anche a pagamento eseguito, a procedere alla segnalazione, sebbene limitatamente alla quota parte dell’importo non si estende al procedimento innanzi all’ABFrecuperato, in quanto non espressamente menzionato nel documentocoperto dalla transazione (ABF – Coll. L’intermediario oppone Milano n. 16138/2017; ABF – Coll. Napoli n. 6484/2015, n. 2519/2012, n. 3180/2016; ABF – Coll. Bari n. 6550/2018). Quanto al diverso profilo del preavviso della segnalazione, di cui non vi è prova da parte dell’intermediario e sul quale ricade il carattere generale relativo onere, secondo il consolidato orientamento di questo Arbitro la sua mancanza non costituisce condizione di legittimata della procurasegnalazione, ma violazione di un obbligo di trasparenza, la cui violazione rileva unicamente sotto il profilo risarcitorio (ABF – Coll. L’eccezione del Roma n. 260/2016; n. 10957/2017). Tutto ciò premesso e considerato, la domanda di cancellazione della segnalazione formulata dal ricorrente non è meritevole può essere accolta, stante la sussistenza dei presupposti sostanziali per procedere alla segnalazione, residuando unicamente la possibilità di accoglimentoottenere il risarcimento del danno subito in ragione del mancato preavviso. A tale ultimo riguardo, se si considerapuò ulteriormente chiarirsi che, indipendentemente da una previsione di legge che imponga all’intermediario di comunicare preventivamente al cliente la segnalazione, tale obbligo debba ritenersi esistente in quanto derivante dal generale dovere di correttezza e buona fede che deve notoriamente ispirare l’agire delle parti di un lato che rapporto contrattuale, dal quale originano – oltre agli obblighi rientranti nella procura generale alle liti si fa riferimento prestazione contrattuale – obblighi di protezione autonomi rispetto a questi ultimi, in quanto non rivolti a soddisfare l’interesse creditorio sotteso alla prestazione. Gli obblighi di protezione in parola, per quanto in questa sede interessa, comportano l’obbligo di non pregiudicare la sfera personale e patrimoniale della controparte contrattuale anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”oltre l’oggetto della prestazione obbligatoria principale e la loro violazione comporta, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’artin presenza di un danno, l’obbligo di risarcirlo. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionaleTuttavia, anche la domanda risarcitoria, genericamente proposta dal ricorrente, deve essere rigettata, difettando non solo la prova dell’intervenuto pregiudizio e del nesso di causalità tra la condotta illegittima e il danno subito, ma anche la prova dell’ammontare dei pretesi danni subiti di cui il ricorrente si limita chiede la liquidazione in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. In via generale occorre infatti ribadire che spetta alla parte danneggiata, che chiede il risarcimento del danno subito, l’onere di fornire prova del pregiudizio in concreto subìto ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno (cfr. tra le tante: ▇▇▇▇. 25 marzo 2009, n. 7211), mentre in mancanza della prova del danno non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario è possibile neppure procedere alla liquidazione in via equitativa, in quanto l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e Finanziario2056 cod. civ., coerentemente con presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti, però, obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la funzione stessa dell’Arbitroparte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare. Ciò posto, non è possibile, invece, surrogare, per il tramite della liquidazione equitativa del danno, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversiemancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (così amplius ▇▇▇▇. 30 aprile 2010, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorson. 10607). In data 25/09/2015altri termini, le parti hanno concordato l’aumento come rilevato in dottrina, l’impossibilità di provare il danno cui si riferisce l’art. 1226 c.c. attiene all’impossibilità o difficoltà di prova sull’ammontare, non sull’esistenza del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (alldanno, laddove l’incertezza su quest’ultimo esclude il diritto al risarcimento. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso)Ciò posto, le parti hanno pattuito lo svincolo nel caso di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza specie il ricorrente non fa si è limitato a chiedere il risarcimento del danno subito, da ciò discendere alcuna specifica domanda e cheliquidare in via equitativa, senza neppure dedurre il pregiudizio in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso)concreto subito, con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio conseguenza che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della la relativa domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrentedeve essere rigettata.

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Sources: Centrale Rischi Segnalazione

DIRITTO. Si premette che l’intermediario Relativamente ad entrambe gli affidamenti si rileva quanto segue. Nella comunicazione di avvio dell’istruttoria è stato evidenziato come l’art. 63 comma 2 lett. b) del d.lgs. 50/2016 ammetta la possibilità di affidare un appalto di servizi tramite procedura negoziata senza bando quando i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico, per una serie di ragioni tassativamente indicate dalla norma. Nel caso degli affidamenti posti in essere dal Comune di Mantova viene in rilievo il caso di cui al punto 1 dell’art. 63 comma 2 lettera b) ovvero quando «lo scopo dell’appalto consiste nella creazione o nell’acquisizione di un’opera d’arte o rappresentazione artistica unica». In base a quanto verificato, il Comune di Mantova non ha presentato acquistato delle opere d’arte, poiché le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente opere oggetto di esposizione sono state concesse in prestito dalla Galleria Tret’jakov di Mosca per quanto riguarda la mostra di Chagall, e da altri musei e collezioni internazionali per quanto riguarda la mostra di Braque (all.1 controdeduzioni)Kunstmuseum Picasso di Münster, che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi Museo di vigilanza della Banca d’ItaliaBelfort, Fondazione Maeght di Saint ▇▇▇▇ de Vence, National Gallery di Praga, Museo del Novecento di Milano). Il cliente eccepisce che Inoltre la procura società Mondadori Electa non si estende al procedimento innanzi all’ABFè l’artista di cui le opere d’arte sono frutto di espressione di specifica identità. È stata rilevata, altresì, la violazione del comma 6 dell’art. 63 del d.lgs. 50/2016 in quanto non espressamente menzionato nel documentorisulta espletata, da parte dell’amministrazione comunale, una verifica sulla circostanza per cui i servizi in esame potevano essere forniti unicamente da quel determinato operatore economico attraverso una consultazione preliminare di mercato, di cui occorre dare conto nella motivazione della determina a contrarre (comma 1 dell’art. L’intermediario oppone il carattere generale della procura63 del d.lgs. L’eccezione 50/2016). L’oggetto dell’affidamento è stato quindi qualificato quale appalto di servizi di organizzazione di mostre di cui all’Allegato IX del ricorrente non è meritevole di accoglimentod.lgs. 50/2016 (CPV 79950000 -8), in relazione ai quali, se si considerasotto soglia, da nel MePa è presente un lato bando relativo alla categoria merceologica dei servizi di organizzazione di eventi, tra cui l’organizzazione di mostre ed eventi. La società Mondadori Electa S.p.A. non risulta quindi l’unico operatore economico in grado di offrire il servizio, essendo il mercato dell’organizzazione di mostre ed eventi caratterizzato dalla presenza di una pluralità di operatori economici, che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente vi operano in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso)concorrenza. Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto Comune di locazione finanziariaMantova, il cliente ha rilasciatopertanto, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto avrebbe potuto approvvigionarsi del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da servizio attraverso tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e chestrumento, in ogni caso, modo da garantire la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrenteampia concorrenza tra operatori economici.

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Sources: Affidamento Dei Servizi Di Organizzazione, Gestione E Promozione Di Eventi Culturali

DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’AvvLa questione sottoposta all’Arbitro concerne l’esecuzione di un ordine di bonifico recante l’errata indicazione, da parte dell’ordinante, dell’identificativo unico (IBAN) del beneficiario. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni)In particolare si chiede all’Arbitro di stabilire se sussista una responsabilità dell’intermediario di pagamento di destinazione del bonifico, che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfrricevuto l’ordine erroneo ed ha accreditato i relativi fondi sul conto corrente identificato dall’IBAN, sebbene il titolare del rapporto non coincidesse col beneficiario indicato dall’ordinante. albi ed elenchi In sostanza, il punto è se l’intermediario di vigilanza destinazione del bonifico avrebbe dovuto riscontrare l’esistenza di un’anomalia nell’operazione, a causa della Banca d’Italia)non coincidenza fra beneficiario e titolare del conto da accreditare, e di conseguenza astenersi dal portare a compimento l’ordine di pagamento irregolare. Il cliente eccepisce Collegio di Roma ha rimesso la decisione al Collegio di Coordinamento, riscontrando orientamenti contrastanti espressi dall’Arbitro in materia, che la procura non si estende è regolata in via primaria dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11. Dispone al procedimento innanzi all’ABF, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente riguardo l’art. 83 c.p.c.) concernono 24 d.lgs. 11/2010: «Se un atto giurisdizionaleordine di pagamento è eseguito conformemente all’identificativo unico, ma non esso si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, ritiene eseguito correttamente per quanto concerne il quale rappresenta un sistema beneficiario e/o il conto indicato dall’identificativo unico. Sulla base di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per dato normativo il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui di Milano ha ripetutamente affermato che «laddove l’operazione sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del eseguita conformemente all’identificativo unico fornito dal cliente, essa deve considerarsi corretta, con conseguente esclusione di responsabilità del prestatore del servizio di pagamento anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto l’utilizzatore abbia fornito indicazioni ulteriori come quella, consueta, relativa al credito vantato dall’intermediario. Oggetto nome del ricorso èbeneficiario» (Collegio di Milano, inoltre5/07/2016, la richiesta di svincolo del pegno esistenten. 6149; e nello stesso senso 25/03/2016, in favore dell’intermediarion. 2862; 26/04/2016, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituton. 3808; 24/02/2016, n. 1678). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (allSi esclude pertanto che, ai sensi della vigente disciplina, l’intermediario che riceve il bonifico sia tenuto ad effettuare il c.d. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [controllo di leasingcongruità, vale a dire ad incrociare l’informazione sul beneficiario con quella del titolare del conto di accredito. Per contro, alcune decisioni del Collegio di Roma hanno interpretato in senso restrittivo l’esonero da responsabilità stabilito per l’intermediario che esegue un’operazione di bonifico in conformità ad un IBAN senza rilevare l’incongruenza con il rapporto garantitonome del beneficiario. Al riguardo si osserva che la norma di salvezza (il richiamato art. 24, 3° comma, d.lgs. 11 /2010) si riferisce genericamente al «prestatore di servizi di pagamento» che esegue l’ordine: la disposizione non specifica se con ciò si intenda il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore, quello del beneficiario o entrambi. Tuttavia, considerazioni di ordine sistematico indurrebbero a limitare la previsione al solo prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore. Quest’ultimo (intermediario di partenza del bonifico) non conosce la titolarità del conto di accredito e pertanto nessuna colpa può essergli addebitata per non aver riscontrato l’anomalia nelle istruzioni impartite dal cliente. Viceversa, l’intermediario di arrivo del bonifico possiede l’informazione relativa all’intestazione del conto di accredito e potrebbe facilmente accertare la difformità con il nominativo del beneficiario; non effettuare il controllo di congruità sulle informazioni contenute nell’ordine di bonifico costituisce, da parte sua, una violazione dei doveri di diligenza professionale nella prestazione di servizi di pagamento. Doveri di diligenza e protezione, peraltro, che vincolerebbero l’intermediario di arrivo del bonifico non solo nei confronti del suo cliente (il titolare del conto di accredito) ma anche verso il disponente, in forza del particolare “contatto sociale” instauratosi con l’esecuzione dell’operazione di pagamento. Di qui la responsabilità del prestatore dei servizi di pagamento del ricevente che non si sia attivato per segnalare la discrasia fra IBAN e beneficiario al fine di evitare danni all’ordinante determinati dalla esecuzione dell’accredito a favore di soggetto di verso da quello indicato nell’ordine (così, Collegio Roma, 3/7/2014. n. 4172; 8/10/2015, n. 7845; 19/1/2016, n. 405; 25/3/2016, n. 2841; 8/4/2016, n. 3278; ma diversamente, in un caso in cui l’erronea indicazione dell’IBAN era imputabile ad una mera disattenzione dell’ordinante, Collegio Roma, 14/1/2016, n. 290). La posizione espressa dal Collegio di Roma riprende peraltro un orientamento già sostenuto dalla giurisprudenza con riferimento alla situazione anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 11/2010 (Trib. Como, 7/8/2013, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, 192, con nota di DE PRETIS) e corrisponde una prassi in uso fra le banche prima del passaggio alle nuove procedure di pagamento basate sul sistema SEPA (Single Euro Payments Area): di regola, infatti, il sistema informatico della banca di destinazione del bonifico provvedeva a effettuare in automatico il controllo di congruità fra coordinate bancarie e nominativo del beneficiario. In caso di discordanza, l’accredito veniva sospeso e segnalato al personale di filiale competente, che poteva sbloccare manualmente l’operazione mediante l’inserimento di un codice. Trascorso un certo tempo dal blocco senza che fosse intervenuta l’autorizzazione manuale, il bonifico veniva definitivamente rinviato al mittente. Dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina sui servizi di pagamento, però, molti prestatori di servizi di pagamento hanno adottato procedure di esecuzione dei bonifici che non prevedono più il riscontro automatico fra il nome del beneficiario e la scheda anagrafica dei conti correnti, ritenendo appunto che il citato art. 24 d.lgs. 11/2010 autorizzi tutti gli intermediari coinvolti nell’attuazione dell’ordine di pagamento ad operare unicamente sulla base dell’identificativo unico, con dispensa quindi dal controllo di congruità. Di tanto emerge traccia anche dagli accordi interbancari e dagli orientamenti dell’ABI in materia: prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, un Accordo interbancario sui tempi massimi di esecuzione dei bonifici nazionali (2005) espressamente stabiliva che «l’indicazione del nominativo o ragione sociale del beneficiario deve risultare coerente con l’intestazione del conto identificato in base alle coordinate bancarie» (art. 2, 1° comma, lett. b); ma dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 11/2010, l’accordo è stato considerato superato dalla nuova disciplina dell’art. 24 (Circ. ABI, Serie Tecnica n. 14 – 31/3/2010, p. 14, dove si legge che: «le disposizioni del decreto in tema di identificativo unico superano i principi dell’ordinamento nazionale in base ai quali la banca destinataria rende disponibile l’importo dell’operazione al soggetto beneficiario, individuato sulla base delle informazioni anagrafiche presenti nel messaggio di bonifico con la coordinata bancaria che funge da elemento tecnico di supporto»). Sulla stessa linea si pone, come anticipato il Collegio di Milano, ed anche una recente pronuncia del Tribunale di Firenze prodotta dalla resistente (Trib. Firenze, ord., 9/7/2015, n. 995). In sostanza perciò si contrappongono due teorie: da un lato quella del Collegio di Roma, secondo cui l’art. 24, 3° comma, esprime una regola di responsabilità già ricavabile dai principi generali in tema di mandato e segnatamente dal criterio di diligenza del mandatario (e perciò vale ad esonerare dal controllo di congruità solo l’intermediario del pagatore); dall’altro la posizione del Collegio di Milano, secondo cui la norma ha invece finalità di semplificare le procedure di esecuzione dei bonifici, riducendo gli adempimenti a carico dei prestatori di servizi di pagamento, con la conseguenza di esonerare tutti gli intermediari coinvolti nell’operazione dal verificare la corrispondenza fra IBAN e nominativo del beneficiario. Per dare soluzione al delineato problema interpretativo, occorre dunque risalire alla genesi e alle finalità della disciplina in esame, che come noto è stata introdotta in attuazione della direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (c.d. PSD). In particolare, la norma che qui interessa (art. 24 d.lgs. 11/2010) costituisce la trasposizione dell’art. 74, 2° e 3° comma, della direttiva secondo cui: « Se l’identificativo unico fornito dall’utente è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile, a norma dell’art. 75, della mancata esecuzione o dell’esecuzione inesatta dell’operazione. […] Se l’utente di servizi di pagamento fornisce informazioni ulteriori […] il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell’esecuzione delle operazioni di pagamento conformemente all’identificativo unico indicato dall’utente». Come si vede, neppure la norma comunitaria, nel suo tenore letterale, è univoca sul punto se la stessa si applichi anche all’intermediario di destinazione del bonifico. Tuttavia questa disposizione va collocata nel più generale disegno della direttiva, che è volto a ridurre i tempi e i costi di esecuzione delle operazioni di pagamento (interne e transfrontaliere) e a promuovere l’affermazione di un mercato comunitario dei pagamenti efficiente e concorrenziale. La nuova regolamentazione europea sui servizi di pagamento ha consentito di generare significativi benefici a vantaggio degli utilizzatori: la creazione di un mercato integrato per i pagamenti elettronici in presenza euro, senza distinzione tra pagamenti nazionali e transfrontalieri; la drastica riduzione dei tempi di regolarità nei esecuzione dei bonifici: oggi l’intermediario di pagamento deve assicurare l’accredito del bonifico sul conto del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva a quella di ricezione dell’ordine (art. 69 della direttiva e 20 d.lgs.11/2010), mentre prima erano normalmente necessari almeno tre giorni; la riduzione dei costi di bonifico, particolarmente nel caso di bonifici transfrontalieri nell’area SEPA. Per raggiungere tali risultati, il diritto europeo ha effettuato una esplicita scelta nel senso di uniformare le prassi in uno nell’industria dei servizi di pagamento sulle procedure di trasferimento fondi previste dallo schema SEPA, basate sul principio che il conto di destinazione del bonifico si individua tramite il solo IBAN: tanto al fine di consentire il trattamento completamente automatizzato dell’ordine di bonifico (straight-through processing) secondo gli standards elaborati dal consorzio interbancario SWIFT (cfr. il Rulebook dello schema di bonifico SEPA, documento Sepa ABI Bluebook n. 123. Significativo anche il 1° considerando del regolamento UE n. 260/2012: «il progetto dell’area unica dei pagamenti ed evidenze in euro («SEPA») mira a sviluppare servizi di giudizio pagamento comuni a tutta l’Unione in sostituzione degli attuali servizi di conforto”pagamento nazionali. Quale conseguenza dell’introduzione di standard, norme e prassi di pagamento aperti e comuni e mediante il trattamento integrato dei pagamenti, la SEPA dovrebbe offrire ai cittadini e alle imprese dell’Unione dei servizi di pagamento in euro sicuri, a prezzi concorrenziali, facili da usare e affidabili»). Invece, continuare a richiedere l’effettuazione del controllo di congruità fra IBAN e titolare del conto di accredito implicherebbe ancora un intervento manuale nella realizzazione dell’operazione di pagamento, poiché un funzionario dell’intermediario ricevente dovrebbe verificare gli ordini recanti informazioni incoerenti bloccati dal sistema informatico, al fine di verificare se l’incongruità sia irrilevante (un errore di digitazione, incompletezze marginali del nominativo) oppure costituisca effettivamente indice di anomalia. Altrimenti, si avrebbe lo storno sistematico di tutti i bonifici in cui il nome del beneficiario presenti una qualsiasi differenza con i dati anagrafici posseduti dalla banca di destinazione, con inconvenienti verosimilmente non trascurabili se questa prassi fosse adottata in modo generalizzato in tutti gli Stati membri. Sulla base di queste considerazioni sistematiche, è diffuso convincimento che la direttiva PSD abbia introdotto un nuovo standard di comportamento per tutti gli intermediari coinvolti nella realizzazione di un bonifico, volto a promuovere l’esecuzione dell’operazione esclusivamente sulla base dell’identificativo unico fornito dall’ordinante senza bisogno di effettuare alcun riscontro con le ulteriori informazioni eventualmente contenute nell’ordine. Tale orientamento ispira le normative di attuazione della dichiarazione dell’intermediariodirettiva in alcuni Stati membri. Ad esempio, nel Regno Unito l’art. 74 delle Payment Services Regulations 2009 dispone che «Where a payment order is executed in accordance with the unique identifier, the payment order is deemed to have been correctly executed by each payment service provider involved in executing the payment order with respect to the payee specified by the unique identifier» (corsivo aggiunto). Analogamente, in Germania, il § 675r del codice civile stabilisce che «i prestatori di servizi di investimento coinvolti sono autorizzati ad eseguire un operazione di pagamento esclusivamente sulla base dell’identificativo unico fornito dall’utilizzatore. Se un ordine di pagamento è eseguito in conformità a tale identificativo unico, esso si considera eseguito correttamente con riguardo al beneficiario indicato dall’identificativo unico». Si precisa anzi (3° comma) che è l’intermediario del pagatore (Zahlungsdienstleister des Zahlers) a dover verificare l’assenza di evidenti anomalie dell’IBAN: il che peraltro è in linea con il controllo di conformità che lo stesso Rulebook dello schema di pagamento SEPA richiede all’intermediario di partenza del bonifico di compiere sull’identificativo unico (checking the plausibility of the IBAN: ad esempio, che l’identificativo unico presenti la corretta lunghezza, che contenga i previsti caratteri di controllo, ecc.) prima di immettere l’ordine nel sistema (cfr. Sepa ABI Bluebook n. 123, § 5.7., p. 47 s.). In Austria, poi, la Corte suprema ha affermato che per i bonifici effettuati sulla base delle nuove regole comunitarie non sarà più dovuto il controllo di congruità fra IBAN e beneficiario (OHG, 23/10/2014, 2Ob224/13z). Un ulteriore e significativo riscontro sulla finalità semplificatrice della norma in esame proviene infine dallo stesso legislatore comunitario. Questi ha di recente provveduto ad aggiornare la normativa in tema di servizi di pagamento, sostituendo la direttiva PSD con una nuova direttiva (direttiva UE 2015/2366 del 25/11/2015, o PSD2) in fase di recepimento nel nostro ordinamento. Le previsioni dell’art. 74 PSD sono state trasposte nell’art. 88 PSD2 senza sostanziali modifiche: l’ordine di pagamento eseguito conformemente all’identificativo unico si ritiene eseguito correttamente (1° comma); se l’identificativo unico fornito dall’utente è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile della mancata o inesatta esecuzione dell’ordine di pagamento (2° comma); se l’utente fornisce informazioni ulteriori, il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell’esecuzione delle operazioni di pagamento in conformità all’identificativo unico (5° comma). Tuttavia la PSD2 contiene il seguente considerando (n. 88) che aiuta a comprendere meglio la portata della disposizione: «È opportuno che la responsabilità del prestatore di servizi di pagamento sia limitata all’esecuzione corretta dell’operazione di pagamento conformemente all’ordine di pagamento dell’utente di servizi di pagamento. Qualora i fondi di un’operazione di pagamento arrivino al destinatario sbagliato, a causa di un identificativo unico inesatto fornito dal pagatore, i titoli prestatori di cui servizi di pagamento del pagatore e del beneficiario non dovrebbero essere responsabili, ma dovrebbero cooperare compiendo ragionevoli sforzi per recuperare i fondi, comunicando le informazioni pertinenti». Risulta chiaro pertanto che l’art. 88 PSD2 (identico sul punto all’art. 74 PSD) contempla un’esenzione da responsabilità (c.d. safe harbour) a favore di tutti i prestatori di servizi di pagamento coinvolti nell’esecuzione di un bonifico, e li autorizza ad eseguire l’operazione in conformità all’IBAN fornito dall’utilizzatore senza tenere conto di eventuali ulteriori informazioni contenute nell’ordine quale il nome del beneficiario. Non vi è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta dubbio che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto rinuncia al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito controllo di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente.co

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Sources: Not Specified

DIRITTO. Si premette La controversia concerne la richiesta di cancellazione di segnalazioni nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia del nominativo della ricorrente, in quanto avvenute in assenza in legittimo preavviso da parte dell’intermediario, e la conseguente domanda di risarcimento dei danni morali da stabilirsi in via equitativa. Il ricorso non è fondato. Con riguardo al mancato rispetto dell’ obbligo di preavviso ex art. 4 comma 7 del codice di deontologia emanato dal Garante per la Protezione dei dati Personali, il Collegio rileva dalla documentazione versata in atti una comunicazione di preavviso avviso ex art. 4 antecedente alla segnalazione e su cui si evidenza l’invio da parte dell’intermediario per tramite del canale di posta raccomandata. L’assenza, tuttavia, di una chiara attestazione di ricezione della comunicazione da parte ricorrente rende necessaria la formulazione di ulteriori considerazioni a ragione del mancato accoglimento del ricorso e relative sia alla condizione di validità che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avvil preavviso assume nel caso di specie, sia all’esistenza di presupposti sostanziali per la segnalazione in Centrale Rischi. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioniQuanto al primo aspetto, va osservato che, a seguito dell’aggiornamento delle Istruzioni di Vigilanza del 29 aprile 2011 ( 14° aggiornamento), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale è stato inserito nella Circolare della Banca d’Italia n. 139 un richiamo all’art. 125, comma 3 Tub (cfr. albi ed elenchi cap. 2, sez. 3, par. 9) per cui: «Le informazioni relative alla ristrutturazione del credito e agli inadempimenti persistenti, crediti scaduti e/o sconfinanti da più di vigilanza 90/180 giorni, insieme alla classificazione a sofferenza del cliente, rilevano ai fini degli obblighi di informativa al cliente consumatore previsti dall’art. 125, comma 3 del T.U.B.)». Sul punto, con decisione n. 3203/2013, si è già pronunciato questo stesso Collegio evidenziando che «la disciplina delle segnalazioni nella Centrale dei Rischi gestita dalla Banca d’Italia è differente rispetto alla disciplina delle segnalazioni nei banche dati dei sistemi di informazioni creditizie. In effetti, all’epoca dei fatti non era prescritto il dovere di informare previamente il debitore circa la imminente segnalazione nella Centrale dei Rischi, che costituisce in ogni caso, per gli intermediari, un obbligo di legge la cui validità non è subordinata alla previa informativa del cliente né tantomeno all’acquisizione del suo consenso». Può pertanto introdursi una differenza tra la segnalazione effettuata nella Centrale dei Rischi gestita dalla Banca d’Italia, ove il preventivo avviso non costituisce condizione di validità della segnalazione stessa (cfr. decisione ABF, Collegio di Roma, n. 2484/2011), dalla segnalazione effettuata negli archivi privati gestiti dai sistemi di informazioni creditizie, ove invece la preventiva informazione al cliente assurge – giusta previsione di cui all’art. 4, 7° co., del relativo codice di deontologia e di buona condotta – a requisito di validità della segnalazione (cfr. Decisione 107/2015 del Collegio di Napoli). Quanto al presupposto sostanziale della segnalazione, risulta incontestato tra le parti il raggiungimento, in data 23.07.2013, di un accordo transattivo, che è evidentemente consequenziale ad un debito insoluto di parte ricorrente. La genesi di tale accordo risulta tuttavia dirimente ai fini della valutazione raggiunta dal Collegio circa l’esistenza di ragioni sostanziali a sostegno della segnalazione. L'accordo del luglio 2013 è innanzitutto successivo sia alla prima segnalazione in CR, avvenuta nel marzo del 2013, sia ad un primo accordo transattivo del Gennaio 2013 (quest’ultimo antecedente alla stessa segnalazione in Centrale Rischi) di cui l’intermediario versa in atti documentazione attestante la sua accettazione ad una iniziale proposta avanzata da parte attrice. La ricostruzione testé tracciata, in aggiunta alle considerazioni rilevate dall’intermediario inerenti la sussistenza di comportamenti irregolari in epoche antecedenti al 2013, conduce a considerare prive di pregio le doglianze di parte ricorrente in ordine alla mancata ottemperanza alle disposizione delle Istruzioni di Vigilanza (circolare n.139 dell’11.02.1991 della Banca d’Italia)) essendo la prima segnalazione (marzo 2013) precedente all’accordo transattivo del luglio 2013. Il cliente eccepisce che D’altra parte, il richiamo ad un primo accordo transattivo, ed antecedente alla segnalazione in Centrale Rischi, evidenzia la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABFconsapevolezza di parte ricorrente circa la propria condizione di morosità e le potenziali conseguenze pregiudizievoli del protrarsi di tale condizione. Per quanto esposto, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale la domanda principale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole può essere accolta; di accoglimentoconseguenza, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, ne discende il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito rigetto della controversia, il domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata sarebbe potuta essere accolta in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico considerazione della mancanza in atti della prova del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data concreto pregiudizio economico subito dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrenteparte attrice.

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Sources: Definizione Di Un Accordo Di Fido Su Carta Di Credito

DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’AvvIl Collegio rileva come la presente controversia verta unicamente sul quantum del rimborso dovuto al ricorrente a seguito dell’estinzione anticipata di un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio (sottoscritto nel luglio 2005) e non anche sull’an del diritto del ricorrente al rimborso degli oneri e dei costi anticipati per la quota parte non maturata. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi Preliminarmente va affrontata l’eccezione di vigilanza della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABFincompetenza temporale del Collegio sollevata dall’intermediario, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procuracontratto è stato concluso in data anteriore al primo gennaio 2009. L’eccezione del ricorrente non è meritevole fondata. Questo Collegio ha già avuto modo di accoglimentochiarire in più occasioni che nel caso di richiesta di rimborso di oneri connessi all’estinzione anticipata di un finanziamento, se il ricorrente fa valere una pretesa legata all’esecuzione e all’estinzione del contratto, non alla conclusione o a vizi genetici dello stesso ed è alla data di estinzione (avvenuta nel luglio 2013) che si consideradeve, quindi, far capo per determinare la competenza di questo Collegio (v. per tutte Collegio di Milano, decisione n. 6627/2013). In riferimento, invece, al difetto di legittimazione passiva invocato dall’intermediario, si osserva che, pur non essendo ravvisabile un richiamo espresso (anche) ad una generale rappresentanza processuale del terzo intermediario rappresentato, da un lato lato, questo Collegio ha già chiarito come in tal caso occorra tenere in considerazione che “oggetto di contestazione da parte della ricorrente risulta essere proprio l’attività affidata ed effettivamente svolta dal convenuto e consistente nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a predisposizione del conteggio per l’estinzione anticipata del finanziamento” (Collegio di Milano, decisione n. 2394 del 13 luglio 2012); dall’altro lato, il contratto di finanziamento sottoscritto dalla ricorrente prevede espressamente che qualsiasi collegio arbitrale”Competente per la definizione di eventuali reclami è l’Ufficio Reclami” dell’intermediario resistente (art. 11 del contratto). Ciò premesso, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente il Collegio ritiene opportuno richiamare la disciplina di riferimento. Al riguardo, l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale125-sexies TUB introdotto dal D.lgs. n. 141/2010 prevede che “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e Finanziario, coerentemente con dei costi dovuti per la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversievita residua del contratto” (considerando 4conformemente a quanto, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediarioperaltro, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito già segnalato nella Comunicazione del Governatore della controversiaBanca d’Italia del 10 novembre 2009, il ricorrente espone nella quale si osserva che in data 30/03/2011caso di estinzione anticipata del mutuo “l’intermediario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione relativa quota non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorsomaturata”). In data 25/09/2015particolare, le parti hanno concordato l’aumento la contestazione dell’intermediario resistente in merito all’applicazione del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (allvigente art. 13 ricorso)125-sexies TUB è priva di alcun rilievo. Successivamente (in data 31/05/2017-allAnche il previgente art. 15 ricorso)125 TUB, le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli richiamato dall’intermediario resistente, riconosceva chiaramente il diritto del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo “ad un’equa riduzione del costo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga credito”; ne consegue che, come più volte affermato ribadito da questo Arbitro Bancario FinanziarioCollegio, in assenza di una chiara e precisa distinzione tra costi esauriti all’atto della stipulazione del contratto e costi oggetto di maturazione nel tempo, l’“equa riduzione del costo complessivo del credito” non è possibile può che essere operata secondo il criterio residuale pro rata temporis fatto proprio dal consolidato orientamento di questo Collegio. In riferimento, invece, al rimborso dei premi assicurativi, viene in rilievo – oltre l’accordo ABI-Ania del 22 ottobre 2008 (in cui si dispongono le ‘Linee guida per le polizze assicurative connesse a mutui e altri contratti di finanziamento’), in base al quale “Nel caso in cui il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all’iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del clientestato pagato anticipatamente in soluzione unica, anche il soggetto mutuante restituisce al cliente – sia nel caso in cui il pagamento del premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell’assicuratore – la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata parte di premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato” – l’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/2010, secondo cui “Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato le imprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto al credito vantato dall’intermediarioalla scadenza originaria. Oggetto Essa è calcolata per il premio puro in funzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del ricorso è, inoltre, capitale assicurato residuo; per i caricamenti in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la richiesta di svincolo definizione del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto)rimborso. Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza Le imprese possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto [e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel modulo di leasing, vale a dire il rapporto garantito] adesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in presenza caso di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di confortorimborso”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli Benché tale ultima norma non fosse in vigore all’epoca dei fatti di cui è ricorso erano causa (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015art. Quanto 56 Reg. ISVAP n. 35/2010), rappresenta, tuttavia, un utile criterio di guida nella determinazione del rimborso spettante al cliente in caso di estinzione anticipata. Tale orientamento è stato, infine, confermato dall’art. 22, comma 15-quater, del D.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221), secondo cui “Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri contratti di finanziamento, per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato, le imprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata per il premio puro in funzione degli anni e della frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo”. In linea generale, si segnalano, infine, i ripetuti richiami della Banca d’Italia ad un maggior rispetto della normativa sulla trasparenza: regolarità onde evitare la mancata conoscenza da parte del cliente del diritto alla restituzione delle somme dovute in caso di estinzione anticipata e la concreta applicazione di tale principio, si richiama l’attenzione a uno scrupoloso rispetto della normativa di trasparenza. In tale ambito, è necessario che nei pagamentifogli informativi e nei contratti di finanziamento sia riportata una chiara indicazione delle diverse componenti di costo per la clientela, enucleando in particolare quelle soggette a maturazione nel corso del tempo (a titolo di esempio, gli interessi dovuti all’ente finanziatore, le spese di gestione e incasso, le commissioni che rappresentano il ricavo per la prestazione della garanzia “non riscosso per riscosso” in favore dei soggetti “plafonanti”, il cliente ha allegato evidenze documentali ecc.). L’obbligo di indicare le diverse componenti di costo trova applicazione anche ai compensi spettanti alle diverse componenti della rete distributiva (soggetti di cui agli articoli 106 e 107 TUB, mediatori, agenti). Conseguentemente, le banche e gli intermediari finanziari devono: - assicurare che la documentazione di trasparenza sia conforme alla normativa, tenuto anche conto di quanto sopra indicato; - ricostruire le quote di commissioni soggette a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione maturazione nel corso del tempo, anche al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze fine di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizioneristorare, quanto meno con riferimento ai contratti in essere, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltreclientela che abbia proceduto ad estinzione” (Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009; analogamente, a sostegno più di recente, la Comunicazione della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione Banca d’Italia del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso7 aprile 2011). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente.

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DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni)Il ricorrente agisce davanti al Collegio di Bologna per il rimborso degli interessi passivi versati alla banca resistente, che all’indomani dell’estinzione della società titolare del conto corrente, alla luce di quanto ritenuto dal Collegio di Roma con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione sua decisione n. 3259/2016 ovvero per la restituzione di quanto versato in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce che la procura non si estende misura superiore al procedimento innanzi all’ABFtasso legale, in quanto asserisce che mancava nel contratto di conto corrente una corrispondente pattuizione. E’ dunque possibile evincere dal ricorso, non espressamente menzionato senza un significativo sforzo interpretativo, un petitum ed una causa petendi, che inducono questo Collegio a ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per eccessiva genericità. Lo stesso dicasi per l’eccezione di inammissibilità per asserita violazione del principio del ne bis in idem, atteso che il petitum e la causa petendi del presente ricorso differiscono dai precedenti. Il ricorso è dunque ammissibile ma infondato. Risulta infatti agli atti che il ricorrente, in data 28 gennaio 2013, ha perfezionato con l’intermediario convenuto un piano di rientro in virtù del quale ha rinunciato ad ogni eccezione e riserva con riferimento all’importo di quanto dovuto alla banca resistente per effetto della sua successione nel documentodebito sociale all’indomani dell’estinzione della s.n.c. L’intermediario oppone già titolare del conto corrente di cui si tratta. Tale accordo, benché escluda qualsiasi effetto novativo, deve qualificarsi come transattivo in quanto appare i concreto inteso a porre fine e soprattutto a prevenire future contese, comunque riferite a pretese originantesi dal conto corrente qui in esame, cui si riferisce peraltro anche la decisione del Collegio di Roma n. 3259/2016. In particolare, tale piano di rientro aveva ad oggetto proprio la definizione, in via transattiva, delle reciproche pretese delle parti odierne in relazione alla posizione debitoria intestata alla società , pari a 22.732,35 euro, oltre interessi, quale saldo del c/c n. ***067, di cui lo stesso ricorrente si riconosceva successore alla data di sottoscrizione del piano di rientro. L’accordo contiene il carattere generale della procura. L’eccezione riconoscimento da parte del ricorrente del debito sociale come proprio nonché la rinuncia ad ogni eccezione e riserva in relazione alla somma sopra riportata. Risulta dunque per tabulas che il ricorrente ha rinunciato, a titolo transattivo, a sollevare contestazioni sugli addebiti contabilizzati anteriormente alla sottoscrizione dell’accordo, a loro volta oggetto della ricognizione di debito ivi contenuta da parte del ricorrente. Ne deriva che per questa ragione l’odierno ricorso non è meritevole può essere accolto, risultando ogni altra questione assorbita. D’altro canto questo Collegio ha già avuto occasione di accoglimento, se si considera, da riconoscere natura transattiva ad un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi accordo di riscadenziamento del debito laddove a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema fronte dell’impegno del debitore al pagamento del debito oggetto di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi ricognizione e a basso costo non sollevare eccezioni e riserve circa la somma oggetto di ricognizione l’intermediario abbia concesso il riscadenziamento del debito: “ne deriva che il debitore, per risolvere le controversieutilmente contestare la validità del proprio impegno al pagamento della suddetta somma e, al contempo, del proprio impegno a non sollevare eccezioni circa i rapporti sottostanti, avrebbe dovuto preliminarmente investire il giudice competente dell’accertamento dell’eventuale annullabilità di tale impegno transattivo, una pronuncia estranea alla competenza dell’ABF, in quanto di natura costitutiva” (considerando 4Collegio di Bologna, Direttiva 2013/11/UEdecisione 24 giugno 2019, n. 18176). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente.

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DIRITTO. Si premette ▇▇▇▇’inammissibilità del ricorso per mancato utilizzo della modulistica ufficiale. L’intermediario ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancato utilizzo della modulistica ufficiale da parte della ricorrente. Parte ricorrente ha precisato di avere utilizzato l’apposito modulo ABF integrandolo con degli allegati. Nelle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, sez. VI par. 1, è previsto che l’intermediario ha presentato “Il ricorso è sottoscritto dal cliente (…). Esso è redatto utilizzando la modulistica pubblicata sul sito internet dell’ABF e reperibile presso tutte le proprie controdeduzioni tramite l’Avvfiliali della Banca d’Italia aperte al pubblico”. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente Il ricorso è inizialmente pervenuto in data 27.2.2017 (all.1 controdeduzionin. prot. 260778/17), redatto su carta intestata della ricorrente, completo delle seguenti informazioni: residenza della ricorrente, data del reclamo, dichiarazione che la controversia non è stata sottoposta all’autorità giudiziaria. Successivamente, in data 24.4.2017, è pervenuta dalla ricorrente un’integrazione (n. prot. 543198/17) sul modulo compilato secondo le Disposizioni. L’integrazione è stata inoltrata all’intermediario con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia)nota del 26.4.2017. Il cliente eccepisce Collegio ritiene che il ricorso sia ammissibile tenuto conto anche della giurisprudenza dell’ABF sul punto. Si richiama, ex multis, il Collegio di Napoli, decisione n. 442 del 19.1.2017 che, a proposito del mancato utilizzo della modulistica di accesso al procedimento dinanzi all’Arbitro bancario finanziario, che si trova disponibile sul relativo sito internet, ha ritenuto che “La questione va risolta sul piano sostanziale, nel senso che la procura non redazione del ricorso sulla modulistica ufficiale tende ad assicurare che le domande al Collegio abbiano tutti i requisiti essenziali, quali dati anagrafici, data e sottoscrizione, copia del reclamo, dichiarazione di mancata sottoposizione della controversia all’Autorità giudiziaria, documento di identità della parte ricorrente, copia del versamento del contributo spese”. Ove tutti questi elementi siano desumibili dall’istanza presentata da parte ricorrente, “una interpretazione eccessivamente formalistica dell’obbligo di utilizzare la modulistica dedicata si estende al procedimento innanzi all’ABF, porrebbe in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente contrasto con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema finalità di fornire uno strumento agevole e snello di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere tutte le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto funzione dell’Arbitro può essere comunque adeguatamente svolta perché sono stati allegati gli elementi essenziali dell’atto di accesso al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrenteprocedimento».

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Sources: Mutuo Ipotecario

DIRITTO. Si premette Nel primo motivo viene dedotta sia sotto il profilo del vizio di violazione che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avvex art. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia). Il cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABF, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 360 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziarion. 5, coerentemente con ante vigente la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito erroneità della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento qualificazione del contratto di leasingmutuo in oggetto come fondiario. La Corte ha adottato un criterio meramente nominalistico. Nella specie non è stato raccolto il credito con obbligazioni garantite (ovvero mediante le cartelle di mutuo fondiario). Nel secondo motivo viene dedotta sia sotto il profilo del vizio della violazione di legge che ex art. 360 c.p.c., n. 5, ante vigente l’erroneità della decisione della Corte d’Appello relativa all’inapplicabilità nella specie della normativa antiusura anche qualora il contratto fosse regolato dalla lex specialis. Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla qualificazione del mutuo come "agevolato" senza alcuna giustificazione e con palese illegittimità delle conseguenze (inapplicabilità l. n. 108 del 1996) scaturenti da tale qualificazione, meramente affermate. La censura viene formulata al medesimo fine anche ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. L’esame dei primi due motivi deve essere congiunto per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta ragioni di svincolo”connessione logica. L’indagine da svolgere preliminarmente riguarda l’applicabilità della normativa antiusura al contratto dedotto in giudizio anche qualora fosse realmente qualificabile come mutuo fondiario, regolato ratione temporis dal D.P.R. 21 luglio 1976, n. 7. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario il regime derogatorio della disciplina legale imperativa relativa all’ambito di esplicazione dell’autonomia negoziale in ordine all’applicazione degli interessi passivi, moratori o compensativi, sia limitato alla non vigenza per contratti di mutuo fondiario del 30/03/2011 divieto di anatocismo. L’indice normativo dal quale si trae tale conclusione è dettato dall’art. 14, del D.P.R. sopra citato che così recita: "Il pagamento delle rate di ammortamento dei prestiti non può essere ritardato da alcuna opposizione. Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. La misura degli interessi di mora da corrispondersi dai mutuatari agli enti sulle somme dovute e non pagate, stabilita dal primo comma della L. 17 agosto 1974, n. 397, art. 2, può essere modificata con decreto del Ministro per il tesoro, sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio". Tale deroga, peraltro non è più vigente così come evidenziato dalla pronuncia 22/5/2014 n. 11400 di questa Corte che si riproduce: "Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, (all. 7 ricorsocosiddetto t.u.b.), secondo il quale qualsiasi ente bancario può esercitare operazioni di credito fondiario la cui provvista non è più fornita attraverso il sistema delle cartelle fondiarie, la struttura di tale forma di finanziamento ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragioni della sottrazione al divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c., rinvenibili nel carattere pubblicistico dell’attività svolta dai soggetti finanziatori (essenzialmente istituti di diritto pubblico) e nella stretta connessione tra operazioni di impiego e operazioni di provvista, atteso che gli interessi corrisposti dai terzi mutuatari non costituivano il godimento di un capitale fornito dalla banca, ma il mezzo per consentire alla stessa di far fronte all’eguale importo di interessi passivi dovuto ai portatori delle cartelle fondiarie (i quali, acquistandole, andavano a costituire la provvista per l’erogazione dei mutui). Ne consegue che l’avvenuta trasformazione del credito fondiario in un contratto di finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili, comporta l’applicazione delle limitazioni di cui al citato art. 1283 c.c., e che il mancato pagamento di una rata di mutuo non determina più l’obbligo (prima normativamente previsto) di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte rappresentata dagli interessi corrispettivi, dovendosi altresì escludere la vigenza di un uso normativo contrario". La applicazione ratione temporis del citato art. 4, non autorizza, tuttavia, a ritenere, in mancanza di qualsivoglia indicatore normativo proveniente dalla disciplina di settore e dal sistema legislativo di tutela penale e civile dall’usura, che, limitatamente ai contratti di mutuo fondiario, si possa eludere il divieto di applicazione di tassi usurari in ordine agli interessi corrispettivi dovuti in virtù dell’accensione di un mutuo. La natura del divieto, la sua inderogabilità assoluta, la sanzione penale che ne accompagna la violazione ex art. 644 c.p., così come novellato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 1, e la correlata sanzione civile della non debenza di alcun interesse in caso di superamento del tasso soglia ex art. 1815 c.c., comma 2, così come novellato dalla L. n. 108 del 1996, art. 4, inducono univocamente a ritenere che il sistema antiusura abbia un’ applicabilità generale (con riferimento alle tipologie contrattuali previste dalla L. n. 108 del 1996, art. 2) e non possa desumersene alcuna deroga in via interpretativa essendo necessaria un’espressa indicazione legislativa contraria. - Stabilita l’applicabilità, in astratto ed in via generale, anche ai contratti di mutuo fondiario del sistema normativo antiusura contenuto nella citata L. n. 108 del 1996, occorre verificarne l’incidenza in concreto, ancorchè la questione non sia stata trattata dalla Corte d’Appello, dal momento che, ove se ne dovesse escludere l’applicabilità al contratto in oggetto, in quanto sorto anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, si dovrebbe concludere il giudizio con una statuizione di rigetto con correzione della motivazione in diritto. Sull’efficacia della normativa antiusura sui contratti sorti anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, ma che hanno avuto vigenza anche successivamente ad essa, è intervenuta la legge d’interpretazione d’autentica introdotta dal D.L. 29 settembre 2000, n. 394, art. 1, convertito nella L. 28 febbraio 2001, n. 24, stabilendo che "Ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 ▇.▇., ▇▇▇▇▇ ▇, ▇▇ intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui questi ha dichiarato essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". La norma è stata dichiarata costituzionalmente legittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 29 del 2002, nella quale si afferma "La norma denunciata trova giustificazione, sotto il profilo della ragionevolezza, nell’esistenza di tale obiettivo dubbio ermeneutico sul significato delle espressioni "si fa dare (...) interessi (...1 usurari" e "facendo dare (...) un compenso usurario" di cui all’art. 644 c.p., in rapporto al tenore dell’art. 1815 ▇.▇., ▇▇▇▇▇ ▇, ("se sono convenuti interessi usurari") ed agli effetti correlativi sul rapporto di mutuo. Il D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, nel precisare che i titoli costituiti le sanzioni penali e civili di cui all’artt. 644 c.p., e art. 1815 c.c., comma 2, trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, impone tra le tante astrattamente possibili un’interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche, come modificate dalla L. n. 108 del 1996, che non è soltanto pienamente compatibile con il tenore e la ratio della suddetta legge ma è altresì del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza. La fattispecie sottoposta vaglio della Corte Costituzionale è identica a quella sottoposta al presente giudizio. - Deve, tuttavia, rilevarsi che anche dopo l’intervento legislativo d’interpretazione autentica e l’avallo della Corte Costituzionale gli orientamenti giurisprudenziali, ed in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data particolare quelli di questa Corte manifestano un netto contrasto. - Una delle opzioni interpretative esclude che, all’esito dell’interpretazione autentica intervenuta D.L. n. 394 del 2000, ex art. 1, convertito nella L. n. 241 del 2001, il superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi originariamente convenuti in modo legittimo (senza oltrepassare il limite dell’usurarietà), in corso di esecuzione del rapporto possa determinarne ex artt. 1339 e 1418 c.c., la riconduzione entro il predetto tasso soglia stabilito dalla decorrenza legge così come integrata dai D.M. periodicamente emanati al riguardo. Viene valorizzato, da quest’orientamento, il dato testuale del D.L. n. 394 del 2000, art. 1, ed in particolare la locuzione "indipendentemente dal loro pagamento". La legittimità iniziale del tasso convenzionalmente pattuito spiega la sua efficacia per tutta la durata del contratto [nonostante l’eventuale sopravvenuta disposizione imperativa che per una frazione o per tutta la durata del contratto successiva al suo sorgere ne rilevi la natura usuraria a partire da quel momento in poi. - Questo orientamento, formatosi su fattispecie consistenti in contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, ha trovato recente conferma nella sentenza 29/1/2016 n. 801 così massimata: "I criteri fissati dalla L. n. 108 del 1996, per la determinazione del carattere usurario degli interessi, non si applicano alle pattuizioni di leasingquesti ultimi anteriori all’entrata in vigore di quella legge, vale siano esse contenute in mutui a dire tasso fisso variabile, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, (conv., con modif., dalla L. n. 24 del 2001), che non reca una tale distinzione. In precedenza il medesimo principio è contenuto nella sentenza 19/3/2007 n. 6514 (in motivazione) e 27/9/2013 n. 22204 in motivazione. Si ritiene di non citare le numerose sentenze massimate che affermano i medesimi principi ma riguardano rapporti del tutto esauriti e non ancora in corso al momento della vigenza della L. n. 108 del 1996 (a titolo esemplificativo si citano Cass. 25/3/2003 n. 4380; 19/3/2007 n. 6514 e 17/12/2009 n. 26499). Parallelamente all’orientamento illustrato se ne sviluppato uno speculare di recente confermato dalla pronuncia 17/8/2016 n. 17150 così massimata: "Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte con la L. n. 108 del 1996, art. 4), pur non essendo retroattive, comportano l’inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d’ufficio dal giudice, che il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito". Questa pronuncia, unitamente a molte altre relative a fattispecie identiche non contiene nello sviluppo motivazionale, il riferimento espresso alla citata norma d’interpretazione autentica (D.L. n. 394 del 2002, art. 1) ed evidenze di giudizio di conforto”al successivo avallo della Corte Costituzionale (si richiamano al riguardo anche le sentenze 14/3/2013 n. 6550, faccia n.602 del 2013; 17854 del 2007). Nella pronuncia 31/1/2006 n. 2140 si fa, invece, espresso riferimento, sia pure in termini sinteticia differenza che nelle altre, all’intervenuta legge d’interpretazione autentica della L. n. 108 del 1996, artt. 1 e 4, e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 29 del 2002. Ugualmente il richiamo si ritrova nella sentenza n. 11638 del 2016. - In conclusione, evidenziato il radicale contrasto anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABFsincronico tra i due orientamenti, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediariorimettere la causa al Primo presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite di questa Corte. Da quanto sopra consegue dispone la trasmissione del procedimento al Primo presidente per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite civili. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il rigetto 8 novembre 2016. Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017. Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della domanda legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrentedeterminazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto.

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Sources: Raccolta Di Giurisprudenza

DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’AvvAd avviso di questo Collegio, l’esame della controversia presenta profili di incompatibilità con la possibilità per l’ABF di pronunciarsi nel merito, stante il disposto del par. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni)4, che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione Sez. I delle ‘Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in quella attuale (cfr. albi ed elenchi materia di vigilanza della operazioni e servizi bancari e finanziari’ emanate da Banca d’Italia). Il cliente eccepisce Conformemente a quanto già deciso da questo Collegio in casi del tutto analoghi a quello ora in esame, dalla documentazioni prodotta dalle parti sembrerebbe che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABF, copertura assicurativa in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che sia stata offerta dalla banca come beneficio collaterale al momento della stipula stipulazione di un tipo di contratto di conto corrente. Non emerge che la durata del contratto garantitodi assicurazione sia stata oggetto di specifica promessa da parte dell’intermediario. Così come non emerge che il rapporto assicurativo, oltre a costituire una prestazione accessoria fornita dalla banca, sia altrimenti collegato a quello bancario. La domanda della ricorrente presuppone però un inadempimento dell’intermediario e, più specificamente, l’inadempimento ad un contratto bancario, esulando i contratti assicurativi, in assenza di un chiaro collegamento negoziale, dalla sfera di conoscibilità dell’ABF. La ricorrente chiede, infatti, l’accertamento della responsabilità dell’intermediario e il risarcimento di una somma pari a quella che l’assicuratore gli avrebbe riconosciuto a titolo di indennizzo qualora la copertura assicurativa fosse stata ancora efficace al momento del sinistro: “Ciò invero presuppone che l’intermediario avrebbe acquisito fosse vincolato a mantenere l’efficacia del rapporto assicurativo in corrispondenza alla durata del rapporto di conto corrente e che non avendo fatto ciò si è reso inadempiente rispetto a quest’ultimo rapporto” (Collegio di Milano, decisioni n. 2609 del 26.10.2011). Questa costruzione, però, risulta sfornita di basi probatorie. Ciò che emerge dai documenti forniti al Collegio è che l’intermediario aveva provveduto a stipulare una garanzia polizza collettiva nella forma dell’assicurazione per conto di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantitochi spetta ex art. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza 1891 c.c. e, perciò, assumendo all’interno di quello schema negoziale la veste di contraente, mentre il ricorrente non fa ha assunto la veste di assicurato. Non emerge invece che la durata dei due contratti, quello assicurativo e quello di conte corrente, fosse collegata, né invero emerge che qualche vicenda dell’uno potesse aver influenza sulle vicende dell’altro. Tutto quello che il Collegio può ritrarre da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, che è stato fornito dalle parti è che la questione non era trattata in sede copertura assicurativa si presentava come prestazione accessoria rispetto a quella tipica che ineriva agli obblighi di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto una banca nel contratto di conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto)corrente. Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasingCollegio considera, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediariopertanto, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati prospettata dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio ricorrente solleva problematiche che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data esulano dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto competenza dell’ABF, il Collegio essendo inerenti ad un rapporto assicurativo trilatero e non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrentegià ad un rapporto bancario.

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DIRITTO. Si premette Preliminarmente al merito, il Collegio deve esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso, in considerazione dei rilievi specificamente dedotti dall’intermediario in tema di incompetenza per materia e per valore e in tema di competenza temporale dell’ABF. Quanto alla incompetenza per materia, eccepisce l’intermediario come le richieste della ricorrente siano riferite ad operazioni in derivati finanziari e dunque a servizi e attività d’investimento che, ai sensi della Sez. I, par. 4, delle Disposizioni sui sistemi risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e sevizi bancari e finanziari, sono escluse dalla competenza per materia dell’ABF. La predetta eccezione, nel caso di specie, appare passibile di accoglimento. La Sez. I, par. a) delle suddette disposizioni della Banca d’Italia esclude la competenza dell’ABF per quelle controversie attinenti ai servizi ed attività di investimento ovvero ai servizi che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avvnon siano assoggettati al titolo VI del TUB. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioniCiò premesso, non v’è dubbio che i contratti derivativi integrino servizi ed attività di investimento, essendo “strumenti finanziari” ai sensi dell’art. 1, comma 2°, lett. e), f), h), j) del D.Lgs. n. 58/1998 la cui relativa attività di collocamento (i.e. di sottoscrizione) integra, appunto, “servizi e attività di investimento” ai sensi dell’art. 1, comma 5° D.Lgs. 58/1998. Più complessa appare la verifica della seconda parte della Sez. I, par. a) della suddetta previsione regolamentare, cioè quella volta ad appurare se, per i contratti in derivati dedotti in causa, trovi applicazione, o meno, il Titolo VI del TUB. Come previsto dalla sez. 1 par. 1.1 delle Disposizioni Banca d’Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari (da ora in poi, Disposizioni), può trovare applicazione il Titolo VI del TUB per la sottoscrizione di contratti oggetto di servizi e attività di investimento (nel caso di specie contratti in derivati) nel solo caso in cui tali contratti siano inseriti in “prodotti composti la cui finalità esclusiva o preponderante non sia di investimento”. La sez. 1 par. 3 delle Disposizioni precisa che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato per “prodotti composti” debbono intendersi quegli “schemi negoziali composti da due o più contratti tra loro collegati che realizzano un'unica operazione economica”. Ciò premesso, affinché si verifichi l’effetto dell’applicazione del Titolo VI del TUB ad un “servizio di investimento”, al quale consegue la propria denominazione competenza dell’ABF a valutare il rispetto da parte dell’intermediario della suddetta normativa anche per tale componente di “investimento” del prodotto bancario, occorre che il “servizio di investimento” sia compreso nel singolo schema negoziale predisposto dall’intermediario, schema che preveda più contratti fra loro collegati che, complessivamente, esprimano una finalità (esclusiva o preponderante) diversa da quella di investimento. Il riferimento agli “schemi negoziali” espresso nella definizione di “prodotti composti” è tale da individuare l’unicità dell’offerta del singolo prodotto, così composto. Ed è in quella attuale tal senso che le medesime Disposizioni, al par. 3 sez. II, dispongono che “Nel caso di prodotti composti, gli intermediari predispongono un unico foglio informativo, relativo a tutte le componenti del prodotto offerto. Per i prodotti composti che includono componenti non disciplinate dalle presenti disposizioni (cfrad esempio, perché aventi natura assicurativa), il foglio informativo rinvia agli eventuali strumenti di trasparenza per esse stabiliti dalle normative di settore. albi ed elenchi In ogni caso, il foglio informativo riporta tutti i costi che il cliente deve sostenere, a qualsiasi titolo, in relazione al prodotto composto”. Ciò premesso, un primo elemento costitutivo del “prodotto composto” ai sensi delle Disposizioni deve ravvisarsi nella contestualità dell’offerta e della sottoscrizione delle differenti componenti del prodotto e ciò al di vigilanza della Banca d’Italialà del format contrattuale proposto dall’intermediario (cioè che i due contratti siano compresi in un unico modulo contrattuale o meno). Il cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABFUn secondo elemento costitutivo è invece rappresentato dal collegamento negoziale fra le due componenti volte a realizzare un’unica “operazione economica”. In mancanza del primo, in quanto non espressamente menzionato ovvero, del secondo presupposto, ai fini della applicazione della disciplina di trasparenza bancaria ed ai fini della conseguente individuazione della competenza, o meno, dell’ABF a decidere nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale merito della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole componente “di accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitraleinvestimento”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono non potrà giammai ravvisarsi la sussistenza di un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario “prodotto composto” e Finanziario, coerentemente con dunque dovrà essere negata la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non precludono espressamente alle parti la facoltà di trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domanderelativa competenza dell’ABF. Nel merito della controversiacaso di specie, il entrambi i presupposti sopra menzionati non appaiono sussistere. Il contratto quadro in derivati depositato sub all. 6 ricorrente espone che in riporta la data 30/03/2011, la società A. stipulava del 18 marzo 2005 e risulta anteriore di due anni al contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente mutuo del 13 aprile 2007 (all. 5 ricorsoricorrente). Il cliente è socio unico Anche il collegamento negoziale (e dunque il rapporto di correlazione) tra il mutuo e l’Interest Rate Swap Accrual del 23 febbraio 2007 non appare coerente essendo il mutuo stipulato per un valore capitale di 600.000,00 Euro ed ammontando il Capitale di Riferimento del derivato ad Euro 1.000.000,00. Deve peraltro osservarsi come nelle premesse al contratto quadro sopra menzionato non possa ravvisarsi un collegamento negoziale espresso con rapporti di finanziamento specificamente individuati e, comunque, intercorrenti con l’intermediario, facendosi in tale sede generico riferimento a “operazioni commerciali o finanziarie dalle quali derivano posizioni creditorie o debitorie, in Euro o in valuta, rispetto alle quali (la ricorrente) intende cautelarsi” e prevedendosi, all’art. 1, che “Eventuali successivi mutamenti delle esigenze e motivazioni che hanno indotto le Parti a concludere il contratto-quadro e ciascun contratto derivato specifico su tassi di interesse non influiscono e non hanno effetto alcuno sulla validità e sull’efficacia dei singoli contratti derivati specifici su tassi di interesse”. Al di là della società L. (alleffettiva opponibilità di tali previsioni fra le parti, ai fini che qui ci occupano, i contenuti sopra indicati non possono convergere nel senso di individuare i presupposti per il riconoscimento della natura composta del prodotto asseritamente costituito, da un lato, da un finanziamento riconosciuto dall’intermediario alla ricorrente e, dall’altro, dai derivati sottoscritti, secondo la narrazione della ricorrente, ad esclusivo fine di copertura. 3 ricorso); È, in altri termini, evidente lo iato temporale e sostanziale fra le due componenti e la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento non riconducibilità dell’operazione derivativa nel quadro di una funzione geneticamente ancillare al predetto contratto di locazione finanziariafinanziamento: sicché non può riconoscersi, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggettiin una prospettiva ontologica prima ancora che giuridica, una fideiussione per l’importo ricercata e strutturale combinazione dei due prodotti capace di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto relegare lo swap ad un mero segmento compositivo del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la questione non era trattata in sede di preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di svincolo del pegno esistente, in favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta di svincolo”. Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il rigetto della domanda di svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente.prevalente prodotto

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