Common use of LA FORMAZIONE Clause in Contracts

LA FORMAZIONE. L’assunto secondo cui la digitalizzazione provocherà la totale scomparsa del lavoro è completamente infondato. Essa infatti non pervaderà in egual misura tutti i settori, ma avrà sicuramente un impatto più significativo nel settore manifatturiero rispetto, per esempio, alle attività assistenziali ed infermieristiche. Alcuni esperti prevedono una consistente perdita dei posti di lavoro, mentre altri sostengono che il numero di attività lavorative nate per effetto della digitalizzazione sarà superiore al numero di quelle destinati a scomparire. Si tratta ovviamente di speculazioni, ma è indubbio che uno dei principali effetti della digitalizzazione consisterà nella diversa natura del contenuto della prestazione e delle competenze richieste rispetto a quelli attuali. Conseguentemente, la dequalificazione e la riqualificazione costituiranno aspetti fondamentali dello scenario che va delineandosi. Ciò significa che la formazione professionale svolgerà un ruolo sempre più significativo e che sarà necessario ripensarne i contenuti e l’organizzazione. Un esempio in tal senso ci è fornito dalla Germania: il sistema duale (ovvero un percorso di formazione pratica in azienda integrato con un percorso di istruzione teorica in scuole specializzate) ha rappresentato un modello di buona prassi apprezzato anche a livello mondiale. In questo sistema, sia il corpo docente che i responsabili della formazione in azienda devono soddisfare requisiti precisi, valutati attraverso esami specifici. L’apprendistato, contestualizzato all’interno del sistema duale di formazione professionale, è realizzabile esclusivamente per formare un certo numero di profili professionali riconosciuti come ‘professioni’ dal governo federale tedesco. La lista di queste professione è continuamente aggiornata; nuovi lavori stanno emergendo, mentre altri vanno scomparendo. L’aspetto rilevante tuttavia è che il numero di professioni contenute in suddetta lista si sta riducendo drasticamente; nei primi anni Settanta si contavano infatti più di 600 professioni, mentre ora sono appena 300. Una delle ragioni di questo cambiamento è la diversa prospettiva con la quale si considera lo strumento dell’apprendistato. In passato le professioni erano concepite in maniera rigida, in quanto l’idea era quella di fornire le competenze necessarie limitatamente a una determinata occupazione. Ora, di contro, si intende estendere l’ambito di una certa professione per offrire maggiori possibilità di accesso al mercato del lavoro. Il tentativo quindi non è più quello di concentrarsi esclusivamente sulle competenze specifiche di una determinata professione, ma di erogare conoscenze e di facilitare la capacità di applicarle alle nuove sfide che il mercato pone. Si tratta di un aspetto che diventerà cruciale nel contesto della digitalizzazione. Ciononostante, e per quanto possa essere ancora un valido strumento, il sistema duale non è più sufficiente, in quanto basato sull’idea che l’apprendistato fornisca ai futuri lavoratori tutte le conoscenze e le competenze di cui avranno bisogno nel corso della loro vita lavorativa. A dimostrazione di ciò si può far riferimento al fatto che in passato, il superamento dell’esame finale dopo il periodo di apprendistato equivaleva grosso modo ad una garanzia di successo professionale. Ciò tuttavia non è più concepibile nell’era della digitalizzazione, dove la velocità dell’innovazione tecnologica dà luogo a continui cambiamenti per quanto riguarda i requisiti professionali richiesti, rendendo il periodo di apprendistato svolto all’inizio della propria vita lavorativa insufficiente. Sebbene quindi il valore dell’apprendimento continuo sia indiscutibile, la sua realizzazione pratica presenta non poche criticità. In tal senso, sono diverse le domande che necessitano di una risposta: quali sono le misure da porre in essere per favorire un maggiore accesso ai programmi di apprendimento permanente? Chi eroga questa formazione? Chi paga per essa? E come si può conciliare con l’attività lavorativa? Uno sguardo al contesto tedesco rivela che il 53% delle aziende in Germania ha messo in atto iniziative di formazione e aggiornamento, ma solo un terzo dei lavoratori non qualificati o poco qualificati vi ha partecipato, rispetto a circa il 50% dei lavoratori qualificati e a due terzi degli accademici. Ciò a dimostrazione del fatto che più il lavoratore è qualificato e istruito, maggiori saranno le possibilità che questi prenda parte a programmi di formazione. Si tratta di una situazione allarmante, poiché il rischio di non beneficiare della digitalizzazione è maggiore per coloro con qualifiche nulle o di basso livello. Altri studi mostrano che la percentuale più alta di partecipanti ai corsi di aggiornamento ha tra i 30 e i 49 anni, mentre i lavoratori più anziani costituiscono una minoranza. Significativo è anche il rapporto tra le dimensioni aziendali e i corsi di aggiornamento: meno del 30% dei lavoratori che operano in aziende di piccole dimensioni (da 1 a 9 dipendenti) ha accesso a programmi formativi, rispetto a circa il 40% dei lavoratori in aziende con più di 500 lavoratori. In Germania sono tutti concordi sulla necessità di promuovere una partecipazione più inclusiva all’apprendimento, che potrebbe anche giovare di un quadro normativo più chiaro. Affinché i lavoratori trovino il tempo e le risorse per dedicarsi a programmi di apprendimento continuo, è necessario uno sforzo congiunto non solo delle amministrazioni, ma anche da parte degli attori della contrattazione collettiva e da coloro coinvolti negli schemi di partecipazione dei lavoratori. In Germania, il sindacato dei metalmeccanici è già riuscito a sottoscrivere un contratto collettivo per destinare tempo e risorse agli impegni formativi. Si tratta di un primo passo, ma che mostra la direzione da intraprendere. Sempre in Germania, il parlamento federale ha avviato una discussione su un progetto di legge per migliorare le possibilità di qualificazione attraverso l’erogazione di sussidi da parte delle agenzie interinali, al fine di promuovere i rapporti di lavoro che prevedono programmi di apprendimento. Finora i disoccupati potevano beneficiare di suddetti sussidi, qualora le competenze acquisite favorissero una loro maggiore occupabilità, oppure i lavoratori non qualificati o poco qualificati già occupati, se questi per ragioni personali non avevano accesso al tradizionale sistema di apprendistato. Attualmente i sussidi sono erogati ai dipendenti che hanno terminato un percorso di apprendistato nei seguenti casi: (a) se il corso ha fornito conoscenze e competenze che vanno oltre il mero adattamento ai bisogni attuali, o quelli a breve termine, dell’attività lavorativa; (b) se sono trascorsi quattro anni dal completamento del percorso di apprendistato; (c) se il lavoratore, negli ultimi quattro anni, non ha partecipato ad un programma di formazione finanziato; (d) se la formazione ha luogo fuori dall’azienda in cui il lavoratore è occupato. La normativa di riferimento specifica chiaramente che il sussidio intende sostenere in particolare quei lavoratori impiegati in attività che potrebbero essere sostituite dalla tecnologia o suscettibili a cambiamenti strutturali, al fine di adattare e sviluppare ulteriormente le loro competenze professionali. Il sostegno finanziario viene elargito solo qualora il lavoratore contribuisca ai costi di formazione, salvo non si tratti di lavoratori in aziende con meno di dieci dipendenti e, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, di lavoratori con almeno 45 anni o disabili: in questi casi l’agenzia per il lavoro copre la totalità dei costi. Anche l’azienda i cui dipendenti partecipano a corsi di formazione sovvenzionati ricevono un aiuto economico, in diversa misura a seconda delle dimensioni dell’azienda. Inoltre, per l’agenzia per il lavoro vige l’obbligo di informare tutti i lavoratori in merito alla possibilità di partecipare a corsi di formazione e perfezionamento e ai vantaggi ad essi correlati. Sussistono dubbi sull’efficacia di questa legge nel cambiare l’attuale stato delle cose, in quanto sono i lavoratori già qualificati e non quelli con poche o nessuna qualifica a trarne maggiore beneficio. Il provvedimento inoltre riguarda i soggetti beneficiari di sussidi di disoccupazione, escludendo quindi i lavoratori autonomi. Si tratta di un aspetto che verrà analizzato più avanti in maniera dettagliata, in quanto è necessario innanzitutto concentrarsi su una prospettiva molto più interessante nell’ambito dell’apprendimento permanente. In Germania è in corso un dibattito sui programmi di formazione a tempo parziale (che si sviluppano sia riducendo le ore di lavoro che sotto forma di congedi). L’idea di fondo è quella di mantenere lo stesso livello di occupazione, ma di dedicare regolarmente una parte del tempo di lavoro alla formazione. Questa iniziativa porrebbe evidentemente la questione dei costi, che potrebbero essere sostenuti dal datore di lavoro in collaborazione con il governo federale. Le criticità aumentano laddove si verifichi un incremento dei soggetti che possono accedere a questo schema. Si dovrebbero altresì considerare possibili opzioni a disposizione del datore di lavoro, qualora per una serie di circostanze eccezionali i programmi di apprendimento part-time non siano disponibili. Per queste e altre ragioni, questo schema potrebbe non essere applicabile, se non in un futuro prossimo.

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LA FORMAZIONE. L’assunto secondo cui Le attuali disposizioni di legge, relative alla riduzione delle risorse disponibili e all’aumento dei costi per la digitalizzazione provocherà formazione e per l’ECM, hanno aggravato ulteriormente il carico economico che il personale, ed ogni professionista, deve affrontare. Per ovviare a tale disposizione legislativa, che non ha previsto l’impatto e le conseguenze nell’attuale realtà organizzativa ed economica dei servizi sanitari regionali e considerata la totale scomparsa formazione una leva strategica di grande importanza per il raggiungimento degli obiettivi del lavoro è completamente infondato. Essa infatti non pervaderà in egual misura SSN, si ritiene che il sistema meriti una particolare attenzione e rivisitazione nell’insieme dei diversi momenti formativi per tutti i settoridipendenti della sanità pubblica. Tale attenzione va posta in particolare per la Formazione Obbligatoria aziendale, ma avrà sicuramente l’ECM e per l’aggiornamento e la crescita professionale di tutti i professionisti, anche prevedendo la possibilità di dedicare almeno 1 ora delle 36 ore settimanali alla formazione. Altri istituti che ad oggi richiedono un impatto più significativo nel settore manifatturiero rispettorafforzamento sono ad esempio quelli relativi al diritto allo studio, rivedendo la base di calcolo del monte ore per esempioi permessi. E’ inoltre opportuno chiarire le modalità di fruizione delle 150 ore a favore dei lavoratori che seguono corsi erogati dalle Università telematiche. Leva fondamentale per garantire la formazione sono le risorse economiche e i servizi aziendali dedicati. Pertanto, alle attività assistenziali è necessario garantire in via definitiva ed infermieristicheobbligatoria almeno l’1,5 % del monte salari aziendale per assicurare, attraverso i piani formativi aziendali, concordati con le XX.XX. Alcuni esperti prevedono una consistente perdita dei posti di lavorofirmatarie del CCNL, mentre altri sostengono che il numero di attività lavorative nate per effetto della digitalizzazione sarà superiore al numero di quelle destinati a scomparire. Si tratta ovviamente di speculazioni, ma è indubbio che uno dei principali effetti della digitalizzazione consisterà nella diversa natura del contenuto della prestazione e delle competenze richieste rispetto a quelli attuali. Conseguentementei crediti formativi ai professionisti sanitari, la dequalificazione formazione strategica aziendale e la riqualificazione costituiranno aspetti fondamentali dello scenario che va delineandosil’aggiornamento professionale agli altri professionisti e operatori. Ciò significa che la formazione professionale svolgerà un ruolo sempre più significativo e che sarà necessario ripensarne i contenuti e l’organizzazione. Un esempio in tal senso ci è fornito dalla Germania: Negli anni il sistema duale (ovvero un percorso di formazione pratica in azienda integrato con un percorso di istruzione teorica in scuole specializzate) ha rappresentato un modello di buona prassi apprezzato anche a livello mondiale. In questo sistema, sia il corpo docente che i responsabili della formazione in azienda devono soddisfare requisiti precisi, valutati attraverso esami specifici. L’apprendistato, contestualizzato all’interno blocco del sistema duale di formazione professionale, è realizzabile esclusivamente per formare un certo numero di profili professionali riconosciuti come ‘professioni’ dal governo federale tedesco. La lista di queste professione è continuamente aggiornata; nuovi lavori stanno emergendo, mentre altri vanno scomparendo. L’aspetto rilevante tuttavia è che il numero di professioni contenute in suddetta lista si sta riducendo drasticamente; nei primi anni Settanta si contavano infatti più di 600 professioni, mentre ora sono appena 300. Una delle ragioni di questo cambiamento è la diversa prospettiva con la quale si considera lo strumento dell’apprendistato. In passato le professioni erano concepite in maniera rigida, in quanto l’idea era quella di fornire le competenze necessarie limitatamente a una determinata occupazione. Ora, di contro, si intende estendere l’ambito di una certa professione per offrire maggiori possibilità di accesso al mercato del lavoro. Il tentativo quindi non è più quello di concentrarsi esclusivamente sulle competenze specifiche di una determinata professione, ma di erogare conoscenze e di facilitare la capacità di applicarle alle nuove sfide che il mercato pone. Si tratta di un aspetto che diventerà cruciale nel contesto della digitalizzazione. Ciononostante, e per quanto possa essere ancora un valido strumentoturnover, il sistema duale non è più sufficiente, in quanto basato sull’idea che l’apprendistato fornisca ai futuri lavoratori tutte le conoscenze e le competenze di cui avranno bisogno nel corso della loro vita lavorativa. A dimostrazione di ciò si può far riferimento al fatto che in passato, il superamento dell’esame finale dopo il periodo di apprendistato equivaleva grosso modo ad una garanzia di successo professionale. Ciò tuttavia non è più concepibile nell’era della digitalizzazione, dove la velocità dell’innovazione tecnologica dà luogo a continui cambiamenti per quanto riguarda i requisiti professionali richiesti, rendendo il periodo di apprendistato svolto all’inizio della propria vita lavorativa insufficiente. Sebbene quindi il valore dell’apprendimento continuo sia indiscutibile, la sua realizzazione pratica presenta non poche criticità. In tal senso, sono diverse le domande che necessitano di una risposta: quali sono le misure da porre in essere per favorire un maggiore accesso ai programmi di apprendimento permanente? Chi eroga questa formazione? Chi paga per essa? E come si può conciliare con l’attività lavorativa? Uno sguardo al contesto tedesco rivela che il 53% delle aziende in Germania ha messo in atto iniziative di formazione e aggiornamento, ma solo un terzo dei lavoratori non qualificati o poco qualificati vi ha partecipato, rispetto a circa il 50% dei lavoratori qualificati e a due terzi degli accademici. Ciò a dimostrazione del fatto che più il lavoratore è qualificato e istruito, maggiori saranno le possibilità che questi prenda parte a programmi di formazione. Si tratta perdurare di una situazione allarmantedi costante diminuzione di investimenti economici sul personale e sull’adeguamento degli organici ai reali fabbisogni ha determinato importanti situazioni di stress psicofisico e di disagio organizzativo, poiché con ripercussioni anche sulla qualità dei servizi erogati. Fermo restando la necessità di ripartire con un piano di assunzioni che vada oltre le attuali previsioni, occorre recuperare ulteriori spazi contrattuali in materia di organizzazione del lavoro per ripristinare un benessere organizzativo che coniughi tutele e bisogni individuali di crescita con il rischio di non beneficiare raggiungimento degli obiettivi aziendali. E’ necessario inserire nelle previsioni della digitalizzazione è maggiore contrattazione aziendale la definizione dei criteri per coloro con qualifiche nulle o di basso livello. Altri studi mostrano che la percentuale più alta di partecipanti ai corsi di aggiornamento ha tra i 30 determinazione delle dotazioni organiche a tendere e i 49 anni, mentre i lavoratori più anziani costituiscono una minoranzaconseguenti fabbisogni triennali del personale che tengano conto del reale apporto lavorativo del personale in servizio. Significativo è anche il rapporto tra le dimensioni aziendali Per la conciliazione dei tempi di vita e i corsi di aggiornamento: meno del 30% dei lavoratori che operano in aziende lavoro occorre prevedere l’adozione di piccole dimensioni (da 1 a 9 dipendenti) ha accesso a programmi formativi, rispetto a circa il 40% dei lavoratori in aziende con più modelli di 500 lavoratori. In Germania sono tutti concordi sulla necessità orari e di promuovere una partecipazione più inclusiva all’apprendimento, che potrebbe anche giovare di un quadro normativo più chiaro. Affinché i lavoratori trovino il tempo e le risorse per dedicarsi a programmi di apprendimento continuo, è necessario uno sforzo congiunto non solo delle amministrazioni, ma anche da parte degli attori della contrattazione collettiva e da coloro coinvolti negli schemi di partecipazione dei lavoratori. In Germania, il sindacato dei metalmeccanici è già riuscito a sottoscrivere un contratto collettivo per destinare tempo e risorse agli impegni formativi. Si tratta di un primo passo, ma che mostra la direzione da intraprendere. Sempre in Germania, il parlamento federale ha avviato una discussione su un progetto di legge per migliorare le possibilità di qualificazione attraverso l’erogazione di sussidi da parte delle agenzie interinali, al fine di promuovere i rapporti turni di lavoro che prevedono programmi coniughino l’esigenza di apprendimento. Finora i disoccupati potevano beneficiare di suddetti sussidicontinuità assistenziale con la necessità, qualora le competenze acquisite favorissero una loro maggiore occupabilità, oppure per i lavoratori non qualificati o poco qualificati già occupatie per le lavoratrici, se questi per ragioni di conciliare i tempi di lavoro con le esigenze personali non avevano accesso al tradizionale sistema e familiari. • la previsione di apprendistato. Attualmente i sussidi sono erogati ai dipendenti che hanno terminato un percorso particolari attività di apprendistato nei seguenti casi: (a) se il corso ha fornito conoscenze e competenze che vanno oltre il mero adattamento ai bisogni attualiassistenza, o quelli a breve termineaccoglienza, dell’attività lavorativa; (b) se sono trascorsi quattro anni dal completamento del percorso di apprendistato; (c) se il lavoratore, negli ultimi quattro anni, non ha partecipato ad un programma di formazione finanziato; (d) se la formazione ha luogo fuori dall’azienda in cui il lavoratore è occupato. La normativa di riferimento specifica chiaramente che il sussidio intende sostenere in particolare quei lavoratori impiegati in attività che potrebbero essere sostituite dalla tecnologia o suscettibili a cambiamenti strutturali, al fine di adattare e sviluppare ulteriormente le loro competenze professionali. Il sostegno finanziario viene elargito solo qualora il lavoratore contribuisca ai costi di formazione, salvo non si tratti tutoraggio nelle quali valorizzare l’esperienza professionale del personale in fascia di lavoratori età avanzata • la sperimentazione di modelli organizzativi che favoriscano l’acquisizione di competenze trasversali e meno settoriali, permettendo una maggiore flessibilità nell’utilizzo del personale in aziende fascia di età avanzata Prevedere che nel caso di prestazione di lavoro con meno di dieci dipendenti econtratto part time verticale superiore al 50% dell’orario ordinario, indipendentemente dalle dimensioni dell’aziendadalla modalità di articolazione (se sulla settimana, sul mese o sull’anno) non vengano riproporzionati i permessi ex legge 104 Prevedere un diritto di lavoratori con almeno 45 anni o disabili: prelazione all’aumento della percentuale del part time del personale già in questi casi l’agenzia per il lavoro copre la totalità dei costi. Anche l’azienda i cui dipendenti partecipano a corsi servizio in caso di formazione sovvenzionati ricevono un aiuto economico, in diversa misura a seconda delle dimensioni dell’azienda. Inoltre, per l’agenzia per il lavoro vige l’obbligo di informare tutti i lavoratori in merito alla possibilità di partecipare a corsi di formazione e perfezionamento e ai vantaggi ad essi correlati. Sussistono dubbi sull’efficacia di questa legge nel cambiare l’attuale stato delle cose, in quanto sono i lavoratori già qualificati e non quelli con poche o nessuna qualifica a trarne maggiore beneficio. Il provvedimento inoltre riguarda i soggetti beneficiari di sussidi di disoccupazione, escludendo quindi i lavoratori autonomi. Si tratta di un aspetto che verrà analizzato più avanti in maniera dettagliata, in quanto è necessario innanzitutto concentrarsi su una prospettiva molto più interessante nell’ambito dell’apprendimento permanente. In Germania è in corso un dibattito sui programmi di formazione a tempo parziale (che si sviluppano sia riducendo le ore di lavoro che sotto forma di congedi). L’idea di fondo è quella di mantenere lo stesso livello di occupazione, ma di dedicare regolarmente una parte del tempo di lavoro alla formazione. Questa iniziativa porrebbe evidentemente la questione dei costi, che potrebbero essere sostenuti dal datore di lavoro in collaborazione con il governo federale. Le criticità aumentano laddove si verifichi un incremento dei soggetti che possono accedere a questo schema. Si dovrebbero altresì considerare possibili opzioni a disposizione del datore di lavoro, qualora per una serie di circostanze eccezionali i programmi di apprendimento nuove assunzioni part-time non siano disponibili. Per queste e altre ragioni, questo schema potrebbe non essere applicabile, se non in un futuro prossimoper il medesimo profilo.

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Samples: www.fpcgil.it

LA FORMAZIONE. L’assunto secondo cui la digitalizzazione provocherà la totale scomparsa del lavoro è completamente infondato. Essa infatti non pervaderà in egual misura tutti I continui e i settorirapidi cambiamenti che interessano il mondo sanitario sollecitano i centri formativi delle aziende ad indirizzare, ma avrà sicuramente sempre di più, i professionisti verso un impatto più significativo nel settore manifatturiero rispetto, per esempio, alle attività assistenziali ed infermieristiche. Alcuni esperti prevedono una consistente perdita dei posti apprendimento che consenta loro di lavoro, mentre altri sostengono che il numero far fronte a tali cambiamenti e di attività lavorative nate per effetto della digitalizzazione sarà superiore al numero favorire lo sviluppo di quelle destinati a scomparire. Si tratta ovviamente un servizio sanitario di speculazioni, ma è indubbio che uno dei principali effetti della digitalizzazione consisterà nella diversa natura del contenuto della prestazione e delle competenze richieste rispetto a quelli attuali. Conseguentemente, la dequalificazione e la riqualificazione costituiranno aspetti fondamentali dello scenario che va delineandosi. Ciò significa che la formazione professionale svolgerà un ruolo sempre più significativo e che sarà necessario ripensarne i contenuti e l’organizzazione. Un esempio in tal senso ci è fornito dalla Germania: il sistema duale (ovvero un percorso di formazione pratica in azienda integrato con un percorso di istruzione teorica in scuole specializzate) ha rappresentato un modello di buona prassi apprezzato anche a livello mondiale. In questo sistema, sia il corpo docente che i responsabili della formazione in azienda devono soddisfare requisiti precisi, valutati attraverso esami specifici. L’apprendistato, contestualizzato all’interno del sistema duale di formazione professionale, è realizzabile esclusivamente per formare un certo numero di profili professionali riconosciuti come ‘professioni’ dal governo federale tedescoavanzato. La lista formazione continua in ambito sanitario, promossa in modo sistematico all’inizio degli anni 2000 attraverso i programmi di queste professione è continuamente aggiornata; nuovi lavori stanno emergendoEducazione Continua in Medicina (ECM), mentre altri vanno scomparendo. L’aspetto rilevante tuttavia è che il numero di professioni contenute in suddetta lista si sta riducendo drasticamente; nei primi anni Settanta si contavano infatti più di 600 professioni, mentre ora sono appena 300. Una delle ragioni di questo cambiamento è la diversa prospettiva con la quale si considera lo strumento dell’apprendistato. In passato le professioni erano concepite in maniera rigidaha sicuramente avuto degli ef- fetti positivi, in quanto l’idea era ha promosso una gestione organizzata della formazione nelle aziende sanita- rie, sviluppando una maggiore attenzione all’analisi dei bisogni, alla progettazione, alla realizzazione e alla valutazione formativa, in particolare, ha posto l’attenzione allo sviluppo delle professioni, non solo per quanto attiene alle competenze tecniche, ma anche alle competenze organizzative e relazio- nali. Tutto questo ha permesso di aumentare non solo l’offerta formativa, in termini quantitativi, ma di rispondere in modo specifico ai diversi bisogni formativi dei molteplici destinatari, oltre che porre l’attenzione a modalità innovative per la sanità (es e-learning, FAD…) migliorando le condizioni e le opportunità di apprendimento e sviluppo professionale. La continua sfida della formazione permanente è quella di fornire le competenze necessarie limitatamente a una determinata occupazionefar coinciderei bisogni di salute del citta- xxxx con il bisogno del singolo professionista di sentirsi sempre adeguato ad affrontarli. OraL’adulto ha modalità d’apprendimento radicalmente diverse rispetto ai ragazzi, di contro, si intende estendere l’ambito di una certa professione per offrire maggiori possibilità di accesso al mercato del lavoro. Il tentativo quindi il suo cervello non è più quello di concentrarsi esclusivamente sulle competenze specifiche di una determinata professioneabituato all’insegnamento tipico della scuola, ma sono presenti differenze anche di erogare conoscenze e tipo psicolo- gico; la formazione dell’adulto non è una mera acquisizione di facilitare la capacità di applicarle alle nuove sfide che il mercato pone. Si tratta di un aspetto che diventerà cruciale nel contesto della digitalizzazione. Ciononostanteconoscenze, e per quanto possa essere ancora un valido strumentoma, il sistema duale non è più sufficiente, in quanto basato sull’idea che l’apprendistato fornisca ai futuri lavoratori tutte le conoscenze e le competenze di cui avranno bisogno nel corso della loro vita lavorativa. A dimostrazione di ciò si può far riferimento al fatto che in passato, il superamento dell’esame finale dopo il periodo di apprendistato equivaleva grosso modo ad una garanzia di successo professionale. Ciò tuttavia non è più concepibile nell’era della digitalizzazione, dove la velocità dell’innovazione tecnologica dà luogo a continui cambiamenti per quanto riguarda i requisiti professionali richiesti, rendendo il periodo di apprendistato svolto all’inizio della propria vita lavorativa insufficiente. Sebbene quindi il valore dell’apprendimento continuo sia indiscutibile, la sua realizzazione pratica presenta non poche criticità. In tal senso, sono diverse le domande che necessitano di una risposta: quali sono le misure da porre in essere per favorire un maggiore accesso ai programmi di apprendimento permanente? Chi eroga questa formazione? Chi paga per essa? E come si può conciliare con l’attività lavorativa? Uno sguardo al contesto tedesco rivela che il 53% delle aziende in Germania ha messo in atto iniziative di formazione e aggiornamento, ma solo un terzo dei lavoratori non qualificati o poco qualificati vi ha partecipato, rispetto a circa il 50% dei lavoratori qualificati e a due terzi degli accademici. Ciò a dimostrazione del fatto che più il lavoratore è qualificato e istruito, maggiori saranno le possibilità che questi prenda parte a programmi di formazione. Si tratta di una situazione allarmante, poiché il rischio di non beneficiare della digitalizzazione è maggiore per coloro con qualifiche nulle o di basso livello. Altri studi mostrano che la percentuale più alta di partecipanti ai corsi di aggiornamento ha tra i 30 e i 49 anni, mentre i lavoratori più anziani costituiscono una minoranza. Significativo è anche il rapporto tra le dimensioni aziendali e i corsi di aggiornamento: meno del 30% dei lavoratori che operano in aziende di piccole dimensioni (da 1 a 9 dipendenti) ha accesso a programmi formativi, rispetto a circa il 40% dei lavoratori in aziende con più di 500 lavoratori. In Germania sono tutti concordi sulla necessità di promuovere una partecipazione più inclusiva all’apprendimento, che potrebbe anche giovare di un quadro normativo più chiaro. Affinché i lavoratori trovino il tempo e le risorse per dedicarsi a programmi di apprendimento continuo, è necessario uno sforzo congiunto non solo delle amministrazioni, ma anche da parte degli attori della contrattazione collettiva e da coloro coinvolti negli schemi di partecipazione dei lavoratori. In Germania, il sindacato dei metalmeccanici è già riuscito a sottoscrivere un contratto collettivo per destinare tempo e risorse agli impegni formativi. Si tratta di un primo passo, ma che mostra la direzione da intraprendere. Sempre in Germania, il parlamento federale ha avviato una discussione su un progetto di legge per migliorare le possibilità di qualificazione attraverso l’erogazione di sussidi da parte delle agenzie interinali, al fine di promuovere i rapporti di lavoro che prevedono programmi di apprendimento. Finora i disoccupati potevano beneficiare di suddetti sussidi, qualora le competenze acquisite favorissero una loro maggiore occupabilità, oppure i lavoratori non qualificati o poco qualificati già occupati, se questi per ragioni personali non avevano accesso al tradizionale sistema di apprendistato. Attualmente i sussidi sono erogati ai dipendenti che hanno terminato un percorso di apprendistato nei seguenti casi: (a) se il corso ha fornito conoscenze e competenze che vanno oltre il mero adattamento ai bisogni attuali, o quelli a breve termine, dell’attività lavorativa; (b) se sono trascorsi quattro anni dal completamento del percorso di apprendistato; (c) se il lavoratore, negli ultimi quattro anni, non ha partecipato ad un programma di formazione finanziato; (d) se la formazione ha luogo fuori dall’azienda in cui il lavoratore è occupato. La normativa di riferimento specifica chiaramente che il sussidio intende sostenere in particolare quei lavoratori impiegati in attività che potrebbero essere sostituite dalla tecnologia o suscettibili a cambiamenti strutturali, al fine di adattare e sviluppare ulteriormente le loro competenze professionali. Il sostegno finanziario viene elargito solo qualora il lavoratore contribuisca ai costi di formazione, salvo non si tratti di lavoratori in aziende con meno di dieci dipendenti e, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, di lavoratori con almeno 45 anni o disabili: in questi casi l’agenzia per il lavoro copre la totalità dei costi. Anche l’azienda i cui dipendenti partecipano a corsi di formazione sovvenzionati ricevono un aiuto economico, in diversa misura a seconda delle dimensioni dell’azienda. Inoltre, per l’agenzia per il lavoro vige l’obbligo di informare tutti i lavoratori in merito alla possibilità di partecipare a corsi di formazione e perfezionamento e ai vantaggi ad essi correlati. Sussistono dubbi sull’efficacia di questa legge nel cambiare l’attuale stato delle cose, in quanto sono i lavoratori già qualificati e non quelli con poche o nessuna qualifica a trarne maggiore beneficio. Il provvedimento inoltre riguarda i soggetti beneficiari di sussidi di disoccupazione, escludendo quindi i lavoratori autonomi. Si tratta di un aspetto che verrà analizzato più avanti in maniera dettagliata, in quanto è necessario innanzitutto concentrarsi su una prospettiva molto più interessante nell’ambito dell’apprendimento permanente. In Germania è in corso un dibattito sui programmi di formazione a tempo parziale (formatore che si sviluppano sia riducendo le ore interfaccia con gli adulti, opera sulla modificazione di lavoro che sotto forma tre aree di congedi). L’idea di fondo è quella di mantenere lo stesso livello di occupazione, ma di dedicare regolarmente una parte del tempo di lavoro alla formazione. Questa iniziativa porrebbe evidentemente la questione dei costi, che potrebbero essere sostenuti dal datore di lavoro in collaborazione con il governo federale. Le criticità aumentano laddove si verifichi un incremento dei soggetti che possono accedere a questo schema. Si dovrebbero altresì considerare possibili opzioni a disposizione del datore di lavoro, qualora per una serie di circostanze eccezionali i programmi di apprendimento part-time non siano disponibili. Per queste e altre ragioni, questo schema potrebbe non essere applicabile, se non in un futuro prossimo.competenza:

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