Common use of Conclusioni Clause in Contracts

Conclusioni. La pandemia ha costretto tutti, lavoratori imprese e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativi.

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Samples: www.cgil.lombardia.it, www.fondazionedivittorio.it

Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiDunque, lavoratori imprese un primo livello di innovazione riguarda il miglioramento del livello di dialogo e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticitàcollaborazione tra quanti si trovano ad avere un ruolo sul tema. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente Infatti la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione possibilità di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio fare interagire e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione coniugare assieme politiche del lavoro, degli orari, la sfera delle misure politiche della formazione e politiche socio-sanitarie nell’affrontare un problema comune ha caratterizzato l’elemento innovativo nella possibilità di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase sperimentare forme di profonda incertezza raccordo e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato cooperazione che possono caratterizzarsi anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali livello terri- toriale più grande, come modello di intervento innovativo nei percorsi definiti confronti di fasce di popolazione svantaggiata considerata non più come sola costo, ma anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche come risorsa per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown lo stesso territorio locale (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart workinginnovazione orientata ai processi). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche L’attivazione di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, Tavoli di concertazione provinciale è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come stata un’occasione per sperimentare una modalità di effettuazione co-progettazione tra istituzioni, pubblico/privato, profit/no profit, e per coordinare gli interventi dei singoli attori attorno ad una strategia comune. Nonostante le criticità indicate in premessa, l’alto numero di avvii di percorsi formativi effettuati in questi anni, e il consequenziale effettivo inserimento in azienda di molte delle donne che hanno usufruito di questo strumento, delinea il modello della prestazione lavorativa FPI come validissimo strumento di accompagnamento/inseri- I Quaderni del Servizio Centrale mento lavorativo delle beneficiarie del progetto. Inoltre il lavoro di relazione con le imprese per l’attivazione della FPI nel corso degli anni ha comportato la creazione di un rapporto di fiducia reciproca che determinasse ha facilitato anche gli inse- rimenti diretti in azienda, senza un preliminare percorso formativo, in particolare per le donne con un buon grado di preparazione di base. D’altro canto il fine ultimo della Formazione Pratica in Impresa non è neces- sariamente quello di realizzare un effettivo inserimento lavorativo della donna nella struttura ospitante la formazione, bensì quello di far acquisire alla benefi- ciaria la strumentazione necessaria (sapere – saper essere – saper fare) per po- tersi poi sperimentare anche in altri contesti lavorativi. In effetti, la formazione diventa ancor più efficace quando riesce a dare consapevolezza alla donna del percorso effettuato e di quale sia la sua reale inclinazione lavorativa. In questi anni infatti, non sono stati rari i casi in cui la donna, a formazione pratica conclusa (ma anche prima che la formazione ter- minasse), ha deciso di non rimanere in quel determinato settore lavorativo, per- ché ha maturata l’idea di non essere incline a quella determinata attività. Va da sé quindi che lo strumento formativo non esaurisce le azioni possibili, per un effettivo inserimento della beneficiaria nel contesto produttivo, ma di- venta un buon punto di partenza nella costruzione del percorso socio-professio- nale della donna in programma. In quest’ottica, la FPI prova a rispondere alle esigenze della legge n. 30 del 14 febbraio 2003 sul collocamento denominata “Riforma Biagi”. Se lo scenario che ci troviamo di fronte è quello di una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione riforma del mercato del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e basa i suoi effetti. Se da un lato infatti principi ispiratori sulla flessibilità14 del collocamento, è innegabile chiaro che pur gli stessi soggetti che sono coinvolti in assenza questo processo dovranno necessariamente essere messi in grado di obblighi specifici (poter usufruire di tutti i vantaggi che la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiriforma auspica.

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Samples: www.cittalia.it

Conclusioni. La pandemia COP21 con l’adozione dell’Ac- cordo di Parigi ha costretto dimostrato una certa capacità della diplomazia in- ternazionale di produrre risultati utili alla protezione del clima [4]. Sulla reale capacità di questo multi- lateralismo ambientale di produrre risultati apprezzabili si era sollevato più di un dubbio, visto il “disastro diplomatico” della Conferenza di Copenaghen nel 2009. Quindi l’Ac- cordo di Parigi, anche se non per- fetto e per larga parte incompleto e bisognoso di ulteriori implementa- zioni, ha comunque dimostrato che la Convenzione sui Cambiamenti Climatici – UNFCCC è un ambien- te nel quale tutti gli attori rilevanti, da quelli rappresentanti le istituzio- ni nazionali e locali a quelli dell’area della ricerca e dell’impresa, possono concretamente sviluppare strategie comuni per combattere il cambia- mento climatico, fino a giungere ad un trattato legalmente vincolante che soddisfi le esigenze di tutti. L’Accordo di Parigi ha sancito la vo- lontà politica di potenziare la rispo- sta globale ai cambiamenti climatici fissando l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media del pianeta ben al di sotto dei 2 °C aspi- rando all’obiettivo del 1,5 °C, lavoratori imprese propo- nendosi l’aumento della resilienza dei territori più vulnerabili agli im- patti dei cambiamenti climatici e cittadinipo- nendo le basi per mobilitare risorse adeguate per il raggiungimento degli obiettivi. In realtà molto è ancora da costruire, in quanto l’Accordo di Parigi si presenta come una “Legge Quadro” che, per essere implemen- tata ha bisogno di leggi attuative nei campi più rilevanti, in particolare nel campo della mitigazione, dell’a- dattamento e dei finanziamenti. I prossimi anni, a rivedere le proprie prioritàpartire dalla COP22 a Marrakesh il prossimo dicembre, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone mostreranno davvero se la comuni- tà mondiale è decisa ad affrontare seriamente la questione della tran- sizione verso lo sviluppo sostenibile e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità verso società a bassa emissione di carbonio e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, resilienti ai cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiclimatici [5].

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Samples: www.eai.enea.it

Conclusioni. La pandemia Regione Xxxxxx-Romagna si è posta 3 principali obiettivi con l’introduzione della scheda attuativa “Azioni di contrasto alle disuguaglianze e alla crisi economico sociale generatasi in seguito all’epidemia COVID-19”, ov- vero individuare nuove vulnerabilità, aggregare risorse sia di natura economica che sociale e attivare azioni innovative. Da quanto emerso nel presente report si può dedurre che tutti gli obiettivi siano stati soddisfatti. Dalla lettura delle programmazioni appare evidente che gli elementi di forza rappresentati sono stati: ✓ la capacità di intercettare e rispondere anche alle nuove fasce di popolazione in condizione di vul- nerabilità o fragilità, ovvero persone che non si sono mai presentate ai servizi prima della situazione emergenziale; ✓ l’innovazione e la creatività degli interventi che sono stati promossi per rispondere in modo flessibile e il più possibile tempestivo alle esigenze rilevate; ✓ il lavoro di rete con tutte le realtà istituzionali e non del territorio; ✓ la trasversalità che ha costretto tuttiinteressato la programmazione, lavoratori imprese mettendo in relazione politiche diverse; ✓ l’effetto leva dei fondi regionali che hanno consentito di catalizzare verso tali obiettivi risorse di diver- sa origine. I territori hanno quindi operato in questa fase storica coinvolgendo molteplici risorse umane e cittadiniorganizzative ma anche economiche, a rivedere le proprie prioritàinvestendo in questi interventi finanziamenti di diversa origine, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticitàdi cui per circa un quinto attinti dai propri bilanci comunali. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi ricchezza dei contenuti emersa con questa analisi trasversale pone oggi alcune riflessioni in chiave di evoluzione futura. Un primo aspetto riguarda la diversa enfasi che i territori hanno posto rispetto alla caratterizzazione delle vulnerabilità, poiché andrebbe compreso se tali differenze sono effettivamente legate alle diverse esigenze della popolazione o se, nel tentativo di promuovere azioni di supporto in un anno contesto fortemente destabi- lizzato e molto probabilmente critico, ciascun Ambito distrettuale abbia agito in base alle sensibilità, al sistema di relazioni e alle strutture interne di cui dispone. Nella individuazione dei destinatari ci sono certamente delle trasversalità importanti e parrebbe utile non disperdere la accompagnerà ancora per molti mesiconoscenza acquisita dai territori in questi mesi difficili, cer- cando di comprendere, attraverso un confronto qualitativo tra i diversi territori, la lettura dei profili di nuclei, persone, strutture sociali che ritengono più vulnerabili anche in attesa ottica prospettica. Un secondo aspetto riguarda la tenuta della spinta sussidiaria che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in risposta all’emergenza. Molti territori hanno promosso azioni di rete, di prossimità, di supporto alle persone attraverso una molte- plicità di attori formali e informali, trovando un contesto ineditotessuto territoriale disponibile. Come mantenere attivo tale capitale comunitario è una sfida rilevante, soprattutto in vista di un periodo storico in cui il perdurare della condizione emergenziale e lo sblocco dei licenziamenti potranno portare ad effetti ancora più forti sull’emer- sione delle fragilità. Due elementi importanti appaiono infine rilevanti nell’aver consentito quel “effetto leva” delle risorse allo- cate a livello regionale che si sono più che quintuplicate: l’identificazione di un chiaro obiettivo (vulnerabilità emergenti e impoverimento) e la flessibilità nella risposta attuativa, che hanno consentito di identificare le esigenze in modo aperto e di rispondere attivando ciò che serviva e/o che si poteva fare nei diversi territori. Questa modalità di governance appare un percorso interessante e un utile stimolo di approfondimento nel processo di programmazione multi-livello (Regione-territorio) e multi-attore (pubblico-privato), poiché orien- ta gli sforzi verso un fine comune e condiviso senza voler irrigidire le modalità operative dei diversi soggetti in gioco. Infine, nel tentativo di far emergere gli elementi peculiari, la flessibilità consentita nell’agire ha permesso di provare a percorrere nuove strade nel sostegno dei servizi alle persone con vulnerabilità o fragilità. Tale ger- moglio di innovazione andrebbe valorizzato, curato e riletto per la necessità dare impulso a quel processo di affrontare una situazione innovazione che appare oggi strategico nel sistema dei servizi di welfare, in particolar modo a livello territoriale. SCHEDA ATTUATIVA N. 40 DEL PIANO SOCIALE E SANITARIO Allegato B della Deliberazione di Giunta regionale n. 695 del 22 giugno 2020 Alla luce della crisi economica e sociale preoccupante determinatasi in seguito all’emergenza sanitaria Covid-19 si è valutato opportuno integrare le 39 schede attuative del Piano sociale e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia sanitario regionale 2017/2019 con una ulteriore scheda denominata ”Azioni di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione contrasto alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari disuguaglianze e alla organizzazione del lavoro. Anche crisi economico sociale generatesi in questo frangenteseguito all’epidemia Covid -19”, dedicata a promuovere azioni per contrastare l’emergenza sociale finalizzate a dare supporto a chi si tratta trova in situazione di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, fragilità e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiprecarietà imprevista.

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Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiL’accordo sottoscritto costituisce un netto peggioramento rispetto a quello siglato nel luglio del 1993. Inoltre sono evidenti le differenze tra pubblico e privato con una chiara penalizzazione del settore pubblico nella determinazione e nella tempistica del recupero inflattivo, lavoratori imprese e cittadinirecupero che anche formalmente non viene più garantito, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi ma subordinato alle determinazioni politiche in materia di salute finanza pubblica. In definitiva diventa incerto anche quanto risultava garantito. Il problema del tardivo finanziamento dei contratti pubblici da parte delle Leggi Finanziarie ed il cronico ritardo nella sottoscrizione dei contratti viene eluso, mentre vengono anticipate restrizioni nell’iniziativa sindacale pericolose e sicurezzasenza contropartita. Crediamo che siano molti a non gradire questo accordo, e non solo tra le organizzazioni sindacali che afferiscono alla Cosmed, molti di più di quanti hanno tentato di contrastarlo, ma molti di meno di quanti a consultivo ne verificheranno gli effetti pratici. Esso costituisce una tappa, insieme all’attacco in sede legislativa alle prerogative della contrattazione, di una politica esplicitamente punitiva per i dirigenti e il comparto del pubblico impiego. Confermando il comune obiettivo di una ripresa della crescita economica fondata sull’aumento della produttività e dell’occupazione, cui il settore pubblico contribuisce soprattutto con la qualità e quantità dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese, con la presente intesa le parti danno piena applicazione in tutte le aree e i comparti contrattuali del pubblico impiego all’Accordo quadro sulla riorganizzazione riforma degli assetti contrattuali sottoscritto il 22 gennaio 2009. Le parti convengono sulla necessità di realizzare un sistema di relazioni sindacali che persegua condizioni di produttività ed efficienza del pubblico impiego tali da consentire il rafforzamento del sistema produttivo, lo sviluppo dei processi produttivifattori di occupabilità e il miglioramento delle retribuzioni reali di tutti i lavoratori. Le parti, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro nel confermare un modello di assetti contrattuali su due livelli, esprimono l’essenziale esigenza di realizzare un accordo sulle regole e degli orari di lavorole procedure della negoziazione e della gestione della contrattazione collettiva. Una Le parti ritengono che la contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie collettiva rappresenti un valore per la continuità gestione delle attività produttive, risorse umane nel pubblico impiego e che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento le relazioni sindacali debbano essere tali da determinare nei luoghi di lavorolavoro le condizioni confacenti agli obiettivi generali dell’economia, perseguendo l’incremento dei redditi dei cittadini, delle imprese e degli stessi dipendenti pubblici attraverso la spinta alla competitività, all’innovazione, alla flessibilità produttiva. La Il presente accordo definisce un sistema di relazioni sindacali e un assetto della contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto ineditocollettiva che, con carattere sperimentale e per la necessità durata di affrontare una situazione economica 4 anni, sostituisce le regole pattizie già definite e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia da esso difformi. Come concordato nel Protocollo del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi30 ottobre 2008, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livellonuovo assetto contrattuale avrà decorrenza dal 2010. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per Per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione verifica del contagio e di gestione corretto funzionamento delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzoregole qui definite, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi parti costituiscono un Comitato paritetico - di cui fanno parte rappresentanti dei Comitati di settore e criticità membri designati dalle Confederazioni sindacali rappresentative ai sensi della normativa vigente - quale specifica sede di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento monitoraggio e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e analisi degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativicontrattazione.

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Conclusioni. La pandemia L’analisi condotta nel corso del lavoro ha costretto tutticercato di evidenziare i vantaggi e le criticità del contratto di lavoro intermittente. Nelle intenzioni della legge Xxxxx, lavoratori imprese e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticitàl’introduzione di questo contratto si proponeva di prevenire il ricorso al lavoro nero. La pandemia accompagna ormai possibilità di fare ricorso a un contratto così flessibile avrebbe dovuto, infatti, invogliare le nostre vite piccole imprese a preferirlo rispetto all’impiego di lavoratori irregolari. Ciò avrebbe fornito alcune garanzie (anche se minime) anche agli stessi prestatori, che lavorando in nero sono sprovvisti di qualsiasi tipo di tutela, anche sotto il profilo previdenziale e assicurativo. Questo tipo contrattuale è stato pensato, in particolare, per regolarizzare almeno in parte il fenomeno del caporalato. Il sistema del caporalato è una costante storica del settore agricolo del Sud Europa. Decine di migliaia di lavoratori (italiani e migranti) si muove nelle regioni meridionali, in relazione alla domanda stagionale di lavoro agricolo, offrendo manodopera sottopagata e sfruttata180. Il caporalato è una prassi di mediazione che si nasconde nell’ambito della lunga filiera produttiva che caratterizza alcune colture (ad esempio i pomodori e gli agrumi). Il caporale è l’anello che permette di soddisfare il fabbisogno di lavoro (spesso in nero), collegando i produttori agricoli ai lavoratori migranti mediante «il reclutamento e il trasporto dei braccianti sui campi di lavoro, l’imposizione di condizioni di lavoro disumane e di soluzioni alloggiative degradanti»181. In questo modo si viene a creare un sistema caratterizzato dallo sfruttamento del lavoro, dalla violenza, dall’omertà, dalla discriminazione e dall’assenza dello Stato. Il lavoro a chiamata è stato introdotto per intervenire su tutte le situazioni di lavoro occasionale, ma è stato scarsamente utilizzo da quasi parte delle imprese italiane. Si tratta, quindi, di una forma contrattuale, che non è riuscita del tutto ad «aggredire quella fetta di mercato di lavoro nero, trasformandola in lavoro regolare, seppur a chiamata»182. Un pregio della riforma Biagi è stato quello, però, di offrire nuovi strumenti contrattuali alle aziende, in un anno momento di grande cambiamento dell’economia mondiale, come era l’inizio del nuovo Millennio. 180 Y. Sagnet, X. Xxxxxxxxx, Ghetto Italia. I braccianti stranieri tra caporalato e molto probabilmente sfruttamento, Roma, Fandango Libri, 2015, p. 20. 181 Ivi, p. 21. Dopo il 2003 non è stata più proposta, sino al 2015, una legge che si proponesse di riformare il mercato del lavoro in modo organico. La riforma Fornero è intervenuta, infatti, in modo poco coerente su questa materia. Alla vigilia del Jobs Act, il contratto di lavoro a chiamata costituiva un vantaggio per alcune imprese, ma sanciva la accompagnerà ancora precarietà dei lavoratori assunti. Questi prestatori infatti, qualora avessero perso il posto, o restassero "inutilizzati" per molti mesilunghi periodi, come è possibile attraverso il job on call, incontravano grandi difficoltà a trovare altro impiego, visto l’alto tasso di disoccupazione presente on Italia. Un importante passo avanti è stato fatto con l’art. 17 del d.lgs. n. 81/2015. Questa norma ha riportato le disposizioni dell’art. 38 della legge Biagi, ad eccezione del terzo comma. Esso prevedeva che il prestatore che resta fermo, in attesa della chiamata del datore di lavoro, «non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, né matura alcun trattamento economico e normativo», ad eccezione dell’ indennità di disponibilità, se prevista. Il Jobs Act ha omesso questa previsione, facendo sì che la campagna vaccinale i lavoratori intermittenti vengano ora equiparati agli altri lavoratori, anche quando restano semplicemente in attesa della chiamata. Si tratta di una modifica rilevante, che, come osserva un autore, «rappresenta un segno di civiltà nei confronti di lavoratori, altrimenti considerabili come il punto più alto della precarietà italiana»183. Oggi è difficile immaginare quale possa determinare essere il futuro del lavoro intermittente. Si tratta di un istituto criticato dai sindacati e da una sostanziale immunità nella parte del mondo politico, ma che il legislatore del Jobs Act ha mantenuto allo scopo di offrire uno strumento di assunzione soprattutto di giovani, in un momento di elevata disoccupazione di questo segmento della popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx XxxxxxxxLa riforma del 2015 si è proposta di riorganizzare e di ridurre le forme contrattuali. Si è ritenuto, conferma comequindi, anche che le tipologie contrattuali esistenti non sarebbero state sufficienti a sostituire le funzioni e le caratteristiche del job on call. Questa valutazione sembra corretta, in quanto gli incentivi offerti ai datori di lavoro per la contrattazione le assunzioni a tempo indeterminato incidono poco sull’impiego dei lavoratori a chiamata. Infatti, se in un’azienda c’è bisogno di secondo livelloun lavoratore solo saltuariamente e per un determinato tipo di mansioni, è inevitabile preferire il lavoro intermittente, indipendentemente dagli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato. Il ricorso al job on cali presenta, pertanto, il 2020 sia stato un anno vantaggio rilevante di grandi sfideoffrire un’alternativa legale all’impiego del lavoratore in nero. Xxxxxxxx F., veloci trasformazioniIl lavoro intermittente, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione ripartito e le evoluzioni accessorio, Milano, Xxxxxxx, 2009 Bano F., Contratti flessibili: lavoro a tempo parziale e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumerannolavoro intermittente, in molte circostanzeLav. dir., caratteristiche 2006, p. 307 ss. Xxxxxxx A., Xxxxxx C., Corso di strutturalitàdiritto pubblico, Bologna, Zanichelli, 2008 Xxxxxx X., Il tempo nel contratto di lavoro subordinato, Xxxxxxx, Bari, 2008 Xxxxxx X., Xxxxxx a chiamata e Corte di Giustizia. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure A proposito di protezionefattispecie ed effetti discriminatori, sugli interventi in Riv. it. dir. lav., 2005, II, p. 775 ss. Bellocchi P., Le nuove tipologie di lavoro: il lavoro a chiamata; il lavoro coordinato e continuativo; il lavoro occasionale e accessorio; il lavoro ripartito, in M.T. Carinci (a cura di), La legge delega in materia di salute occupazione e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenzaLegge n. 30/2003, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttiveMilano, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto ineditoIpsoa, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativi2003.

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Samples: dspace.unive.it

Conclusioni. Lo sviluppo di questo progetto ha permesso di sperimentare l’estensione di un approccio che utilizza la metodologia HTA, già in applicata in APSS al processo di valutazione per l’introduzione/dismissione di farmaci/dispositivi medici, alla valutazione di un percorso organizzativo rappresentato, in questo specifico caso da due PDTA innovativi presenti in APSS: • “Valutazione dell’implementazione del modello Percorso Nascita per la gestione della gravidanza a basso rischio nella Provincia Autonoma di Trento”; • “Valutazione di impatto del modello organizzativo del Fast Track per interventi di protesi di anca e ginocchio”. La pandemia sperimentazione ha costretto tuttiportato alla definizione di un nuovo modello di governance dell’innovazione tecnologica capace di ridurre la variabilità clinica, lavoratori imprese razionalizzare i processi organizzativi ottimizzando l’utilizzo delle risorse pur mantenendo prestazioni di elevata qualità. Grazie a questa metodologia sperimentale è possibile monitorare l’intero percorso di cura, dalla presa in carico da parte del sistema sino alla sua uscita, utilizzando in modo sistematizzato ed integrato strumenti quali HTA, linee guida, PDTA, processi di misurazione e controllo delle performance nei diversi setting assistenziali. L’applicazione sinergica di questi strumenti di valutazione dei processi sanitari rende possibile, infatti, fornire una visione di insieme dell’impatto che l’introduzione di un nuovo percorso di cura ha sull’intero sistema: dalle cure erogate fino al fenomeno dei costi. La sinergia creatasi per la prima volta tra un ente centrale del SSN, vocato all’orientamento delle politiche sanitarie sulla base di evidenze scientifiche, ed un’azienda sanitaria, volta alla produzione, acquisizione ed erogazione di servizi sanitari e socio-assistenziali per promuovere e recuperare la salute psico-fisica dei cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi permesso di definire un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesimodello di valutazione di un percorso di cura, in attesa grado di supportare decisioni strategiche aziendali, che non si limita ad esaminare gli aspetti organizzativo-gestionali ma analizza anche l’impatto su aspetti clinici-economici-etici-sociali-legali e di sicurezza. Il modello sperimentato prevede la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità valutazione delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumerannodimensioni caratterizzanti l’HTA sintetizzando, in molte circostanzemodo sistematico, caratteristiche trasparente, imparziale e solido, informazioni su questioni cliniche, economiche, sociali, etiche, legali e di strutturalitàsicurezza connesse all’introduzione dei nuovi percorsi di cura in una realtà aziendale; contribuendo ad individuare scelte strategiche sicure ed efficaci nel rispetto dei principi di universalità ed equità di accesso alle cure che caratterizzano il nostro SSN. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto ineditoIn particolare, per la necessità valutazione dei PDTA, le due sperimentazioni sottolineano la rilevanza di affrontare una situazione economica un coinvolgimento diretto dei pazienti in quanto principali utilizzatori della tecnologia analizzata e sociale preoccupante e difficilela cui prospettiva può essere prezioso indicatore di possibili opportunità/minacce associate alla tecnologia stessa. Questo approccio è stato riconosciuto innovativo anche dal “Centro nazionale per l’eccellenza clinica, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute qualità e la sicurezza delle cure” dell’ISS, che lo ha valutato positivamente, inserendolo, per la prima volta in Italia, tra le best practice (sul lavorosito del Sistema Nazionale Linee Guida è pubblicato e disponibile il materiale prodotto nel corso di questa collaborazione (xxxxx://xxxx.xxx.xx/?x=0000)). In quest’ottica, assurti una possibile evoluzione del percorso fatto è la valutazione, attraverso brevi interviste che prevedono il coinvolgimento, oltre che dei professionisti sanitari, anche dei pazienti, dei due percorsi esaminati in base a due parametri: valore legislativo potenziale e rischio percepito associati alla tecnologia. Considerati i risultati positivi raccolti in questa fase sperimentale, il modello individuato si ritiene possa essere integrato nel processo gestionale dell’Azienda al fine di fornire uno strumento che permetta di formulare scelte strategiche basate su prove di efficacia e si ritiene possa essere trasferito anche ad altre realtà del SSN. 1 Sintesi Sintesi della richiesta Illustrare in massimo 1 pagina: o il motivo per cui viene richiesta la valutazione della tecnologia8 (logica); o gli effetti attesi; o gli aspetti relativi alla sicurezza; o un breve confronto con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare comparatore; o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativieventuali valutazioni già esistenti.

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Samples: Accordo Di Collaborazione Scientifica Iss Apss

Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiNel 2012 è stato pubblicato il primo rapporto sulla contrattazione sociale territoriale in Toscana che tracciava un bilancio delle attività svolte nel triennio 2009-2011, lavoratori imprese collegandosi al monitoraggio compiuto a livello generale dall’Osservatorio nazionale della CGIL, che era appunto iniziato a partire dal 2009. Da allora, ogni anno, è stata raccolta la documentazione relativa alla negoziazione sociale in Toscana ed è stato redatto un rapporto sulla base di un modello, confermato nel corso degli anni, in quanto si ritiene che la stabilità delle classificazioni adottate sia funzionale anche a un confronto sul medio-periodo e cittadinia eventuali ulteriori approfondimenti, che possono esser fatti a rivedere partire dalla nostra base di dati. A partire da questo anno, pur rimanendo l’impostazione del rapporto simile a quella degli anni precedenti, sono state introdotte delle modifiche relative alla metodologia al fine di permettere un monitoraggio della contrattazione sociale utile anche a valutare l’impatto dell’iniziativa sindacale. Per questo sono state calcolate anche le proprie prioritàintese stipulate in anni precedenti, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra ma che abbiano comunque valenza per l’anno di riferimento, in modo da tener conto degli accordi in cui è prevista una pianificazione che va oltre il singolo anno. Anche per quanto riguarda le persone piattaforme è stato adottato il criterio di tenere conto dei documenti con valenza pluriennale. Inoltre, in linea con la metodologia usata dall’Osservatorio nazionale, non sono state conteggiate nella documentazione raccolta le delibere. Questa tipologia di metodologia permette di valorizzare i risultati della contrattazione sociale. Infatti se prendiamo il numero degli accordi relativi al 2017 (69), considerando anche quelli con valenza pluriennale, vediamo che non si discosta molto da quello del 2015 (72), e nelle attività negozialisia di più di 10 punti superiore rispetto a quello del 2014 (58), ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi considerato un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesispartiacque, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni dal momento che si sono già determinate o manifestati in maniera decisa gli effetti della crisi sulla contrattazione sociale. Xxxxxxx, comunque, sottolineare che anche considerando solo gli accordi stipulati nel 2017 (65) è presente un aumento rispetto quelli sottoscritti nel 2016 (59). Anche passando a un esame della propensione contrattuale, si potranno determinare nei prossimi mesirileva una crescita della diffusione territoriale della contrattazione sociale, assumerannocon una copertura di un quarto dei comuni (25% contro il 22% del 2016) e di un terzo della popolazione (33% contro il 26% dell’anno precedente). A parte il 2015, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e tratta della percentuale maggiore degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestireultimi quattro anni, anche nei luoghi definiti essenzialise nel periodo precedente (soprattutto nel 2011-2012, assemblee sindacalianni di picco della crisi) si erano registrate percentuali di copertura più elevate. A una scala di analisi più ravvicinata, organizzatesi notano alcune difformità fra i vari territori, dopo le prime settimanecon alcune province in cui vi è stabilità della contrattazione sociale, altre che segnano una crescita (in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non alcuni casi anche di un certo rilievo), altre ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, da alcuni anni, non si riesce a concludere dei percorsi di negoziazione sociale o in cui vi è stato un ridimensionamento dei comuni coinvolti. Per quanto riguarda i contenuti, la politica locale dei redditi e delle entrate rimane l’area maggiormente trattata, anche perché è una sorta di cornice in cui si possono inserire gli interventi delle altre aree a favore delle fasce più fragili, come quelle socio-assistenziali ed educative riguardo, ad esempio, alle tariffe dei servizi individuali. Nel campo delle imposte sulle abitazioni, la previsione di aliquote agevolate nel caso di contratti a canone agevolato, o nel caso di comodato a figli o parenti, ha un effetto positivo sulle politiche abitative. Nelle intese relative al 2017 continua l’attenzione verso l’adozione del criterio della provenienza del reddito per l’accesso alle esenzioni o alle agevolazioni, dando rilevanza ai redditi da pensione e da lavoro dipendente, in particolare per l’addizionale IRPEF, ma anche in ragione altri ambiti come la tassa sui rifiuti. Al tema dell’equità sociale è strettamente connessa la lotta all’evasione ed elusione fiscale e tariffaria, voce alla quale le amministrazioni si stanno dimostrando sempre più interessate, date, da una parte, la limitatezza di risorse, e, dall’altra, l’aumento delle difficoltà economiche determinate dalla esigenze della popolazione a causa di diversi fattori (invecchiamento, persistere della crisi, accoglienza dei migranti). Come ricordato dai comunicati dello SPI regionale, oltre al recupero di tributi di competenza delle amministrazioni, i comuni possono svolgere per lo Stato centrale attività di accertamento fiscale e contributivo in cambio della corresponsione dell’intera somma accertata almeno fino al 2019. Attualmente soltanto in pochi accordi sono incluse iniziative di questo genere mediante il sistema delle segnalazioni qualificate all’Agenzia delle Entrate, ma si auspica che nel tempo queste attività diventino più strutturate e diffuse, grazie anche allo stimolo propositivo della negoziazione sociale. Il contributo del sindacato ha dovuto è importante anche perché, nel corso degli anni, si è verificata una diminuzione delle somme recuperate in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemiaToscana, come accaduto con i Protocolli nel resto dell’Italia. In diversi accordi si registra poi l’uso delle politiche fiscali e tariffarie ai fini dello sviluppo del territorio, includendo agevolazioni (TARI, imposta di soggiorno, oneri di urbanizzazione) per le imprese che assumono a tempo indeterminato o per la nascita di nuove attività, soprattutto se collocate in zone disagiate o a rischio di spopolamento. Riguardo alle politiche socio-sanitarie e assistenziali, altra area cardine della contrattazione sociale, si rileva non solo negli accordi, ma anche nell’altra documentazione, una particolare attenzione verso la questione del riordino del sistema sanitario regionale, evidenziando l’importanza di mantenere una rete di servizi sul territorio al fine di poter soddisfare le esigenze di salute della popolazione. Nel campo della pubblica amministrazione le voci principalmente trattate sono quelle delle gestioni associate e degli appalti, ma è sempre più presente l’indicazione di politiche di spending review in modo da liberare risorse per il sociale e gli investimenti in opere pubbliche. In effetti, rispetto agli anni passati, nel 2017, si registra un maggiore impegno verso la sicurezza sul lavoromanutenzione del territorio, assurti probabilmente anche grazie all’allentamento del patto di stabilità, con un particolare interesse verso il monitoraggio degli edifici scolastici, ai fini di una ristrutturazione a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCMnorma. Infine si nota un aumento della trattazione delle aree che riguardano aspetti di complemento alla soddisfazione delle esigenze di base come: le politiche culturali, che hanno individuato nei comitati territoriali di socializzazione e aziendali i luoghi per dare sostanzasicurezza; le azioni di contrasto delle discriminazioni e pari opportunità. Nel caso della prima area è opportuno segnalare, efficacia oltre alle consuete attività di socializzazione rivolte prevalentemente agli anziani, la presenza di iniziative culturali intergenerazionali e attuazione alle norme l’inserimento, nel campo della sicurezza, di provvedimenti volti al recupero ambientale e al contrasto di fenomeni illeciti. Nel caso dell’area dedicata all’integrazione e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangentepari opportunità, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemiaregistra una maggiore attenzione al tema dell’immigrazione, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo configurazione di azioni rivolte alla prima accoglienza, ma anche relative a passi successivi finalizzati all’inclusione. Come rilevato per il 2016, nell’insieme, si nota da esigere all’interno dell’orario parte delle delegazioni territoriali un impegno a dare una configurazione sempre più qualitativa alle intese, fornendo alle amministrazioni un contributo di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza stimolo e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiapprofondimento su varie tematiche. IRES - SPI CGIL – CGIL (2010), Primo rapporto sulla contrattazione sociale territoriale, Roma. IRES - SPI CGIL – CGIL (2011), Secondo rapporto sulla contrattazione sociale territoriale, Roma.

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Samples: www.irestoscana.it

Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiIl presente elaborato, lavoratori imprese dopo una ricostruzione dei tratti principali della disciplina del premio di risultato, nonché della normativa riguardante le politiche fiscali e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, contributive di vantaggio messe in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi atto in materia dal legislatore, approfondisce in modo quanto più possibile organico il rapporto sussistente tra salario e produttività, partendo da un breve excursus storico che, sia pure in estrema sintesi, si pone l’obiettivo di salute dare evidenza dell’evoluzione e sicurezzadel conseguente sviluppo delle relazioni industriali rispetto a questa tematica. Come illustrato nel corso della trattazione, sulla riorganizzazione dei processi produttivisin dal 1993271, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari le parti sociali hanno tentato di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia stimolare il ricorso agli ammortizzatori al c.d. salario di produttività, invocando al contempo misure legislative di sostegno che non ha precedentine favorissero la diffusione. Si sono quindi susseguiti negli anni diversi interventi volti a favorire, per intensità specie – come accennato – sul piano contributivo e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orarifiscale, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività connessione tra trattamento retributivo e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione Questo processo, non sempre lineare, ha raggiunto un importante traguardo con l’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2015, n. 208 che, sulla scia di contratti precedenti provvedimenti normativi, ha reintrodotto e reso strutturale un regime di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti fiscalità agevolata per i lavoratori premi di risultato connessi a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. Al riguardo, con lo studio di ricerca svolto si è inteso investigare, anche tramite la ricostruzione dell’intenso dibattito dottrinale occorso in particolari condizionimateria, diverso è il caso l’evoluzione del concetto di retribuzione variabile e più in generale le dinamiche della partita relativa agli orari e corrispettività, con un particolare riferimento all’attualità del precetto costituzionale di cui all’art. 36 Cost.272, alla organizzazione luce dei mutamenti organizzativi del lavoro. Anche in questo frangenteNella trattazione si è rilevato, invero, come, nel contesto economico attuale, connotato dalla globalizzazione dei processi produttivi e dei consumi, la stessa nozione di rapporto di lavoro subordinato (e tutto ciò che da essa discende), si tratta stia sempre di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemiapiù distaccando dagli schemi giuridici tradizionali: si assiste, in altre parole, ad una crescente disarticolazione dei tempi e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione svolgimento della prestazione lavorativa lavorativa, a cui spesso i policy makers non riescono a rispondere con la velocità che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità un mercato concorrenziale imporrebbe di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiavere.

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Samples: Accordo Presso Fusioni Sebine; Accordo Bosch; Accordo Carcano; Accordo Carmo; Accordo Cepi; Accordo Comeca; Accordo Feralpi; Accordo Radaeli Tecna; Accordo Corghi; Accordo Electrolux; Accordo Ima; Accordo Bergomi; Accordo Hitachi Rail Italy; Accordo Oerlikon Graziano; Accordo Siemens; Accordo Lino Manfrotto, Accordo Vitec Group; Accordo fra.bo; Accordo Cifa; Accordo Sersys Ambiente; Accordo Stmicroelectronics; Accordo Nexion; Accordo Brawo; Accordo Capgemini Italia; Accordo Ducati Motor Holding; Accordo Ansaldo

Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiIn conclusione appare utile sollevare alcuni punti cruciali. In primo luogo, i settori del commercio e del pulimento non hanno una lunga tradizione di azione sindacale, per cui si rivela difficile, un pò in tutte le province venete, mobilitare lavoratrici e lavoratori, già penalizzati nella loro aggregazione dalla frammentazione delle imprese. Ma i forti cambiamenti in atto, come ad esempio la liberalizzazione delle aperture domenicali, unitamente alle crisi aziendali che mettono maggiormente in contatto lavoratrici, lavoratori imprese e cittadinirappresentanti sindacali, a rivedere stanno consolidando una storia di azione e rappresentanza sindacale anche in questi settori. Per esempio, le proprie prioritàproteste organizzate dalle organizzazioni sindacali contro la liberalizzazione delle aperture domenicali hanno messo in moto processi di costruzione di identità condivise e di interessi collettivi, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticitàindipendentemente dai risultati concretamente raggiunti. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno dimostrazione più chiara della maggior vicinanza tra lavoratrici, lavoratori e molto probabilmente organizzazioni sindacali è costituita dal crescente numero di iscritti che la accompagnerà ancora per molti mesiFilcams registra e che, in attesa che Veneto, la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazioneporteranno ad essere, nel 2014, la categoria con il maggior numero di membri all’interno della Cgil, un dato di portata storica. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx“movimentismo sindacale” indotto dalla situazione socio-economica attuale non va abbandonato, conferma comepoiché le ricerche internazionali più importanti testimoniano come la vitalità delle organizzazioni sindacali e la loro capacità di coinvolgere, anche oltre ai propri membri, l’opinione pubblica, siano fondamentali per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato loro reputazione e l’efficacia della loro azione. Soprattutto fino a quando le organizzazioni sindacali possono contare su un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto ineditocerto supporto normativo, per la necessità esempio in termini di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale tutela delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativoluoghi di lavoro e di riconoscimento istituzionale (Xxxxxxx, 2004). La relazioneIn particolare, a volte sostenuta dal conflitto potrà risultare utile, per espandere l’area e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione forza dell’influenza sindacale sulla negoziazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi condizioni di lavoro, ridefinizioni turniriuscire ad organizzare quelle persone al momento al di fuori dell’azione sindacale, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratorilavoratori assunti con contratto atipico o gli occupati nelle piccole imprese. Allo stesso tempo sarebbe utile indagareCiò è quanto suggerisce la ricerca “Organizzare i non organizzati” curata dall’Ufficio Politiche Giovanili della Cgil. Particolarmente interessante risulta l’esperienza americana, dove il sindacato attivo nel settore dei cosiddetti servizi poveri ha concentrato il proprio impegno in azioni di community organising. Essenzialmente, tali azioni hanno l’obiettivo di radunare attorno ad una serie di obiettivi non solo lavoratrici e lavoratori ma il più ampio territorio circostante composto da associazioni di vario tipo, al fine di formare coalizioni anche inusuali per raggiungere gli obiettivi prefissati (Rassegna Sindacale, 2013). Altro caso interessante è quello del sindacato tedesco il quale, dopo una fase di declino, sta sperimentando nuove forme di attivismo all’interno e all’esterno delle imprese per riguadagnare consenso e forza (Xxxxxx, 2009). Nei confronti dell’azienda Scheckler, intenta a peggiorare le condizioni di lavoro anche in violazione della legge, il sindacato tedesco dei servizi ha modificato la propria strategia, spostandosi dal modello partecipativo ad uno apertamente conflittuale. Ciò ha incluso tattiche d’azione come l’impegno dei lavoratori sottopagati nelle attività sindacali, conferenze stampa, procedimenti legali, pressioni politiche fino al boicottaggio dei prodotti Scheckler in seguito alla morte di un lavoratore, che ha provocato una diminuzione delle vendite del 40% in alcune aree. Nel caso IG Metall, il sindacato metalmeccanico tedesco, l’azione di rivitalizzazione del sindacato in una fabbrica della cittadina di Siegen, necessaria di fronte ad una strategia cooperativa costituita da concessioni che ne stava erodendo il consenso, non è avvenuta costruendo una coalizione all’esterno dell’impresa, ma promuovendo la mobilitazione dei propri membri. Tale mobilitazione si è snodata lungo tre punti: negoziazioni aggressive a livello aziendale, un impegno proattivo per spingere l’impresa ad incrementare la qualità del prodotto e la produttività, la mobilitazione dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori per reclutare nuovi membri in un’ottica di cambio strategico di posizione. Tornando alla situazione illustrata per il caso Xxxxxxx in Veneto, queste esperienze internazionali in contesti istituzionali molto diversi tra loro dimostrano che l’ottima esperienza degli Enti Bilaterali territoriali, sicuramente da estendere per favorire relazioni industriali collaborative e, soprattutto, per tutelare al meglio tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore, non deve offuscare la capacità di mobilitazione del sindacato, soprattutto nella costruzione di coalizioni in grado di andare oltre il luogo di lavoro. Laddove il sindacato si è orientato in via esclusiva nella gestione del welfare ne è scaturito solitamente un suo progressivo ridimensionamento (Leonardi, 2006). In secondo luogo, c’è la questione della qualità delle relazioni industriali, messe sotto forte pressione sia nel settore del commercio che del pulimento dall’aumentata competizione tra imprese in un periodo di recessione economica. Si è visto come il rapporto tra le parti non sia, in relazione alle modifiche organizzativediversi casi, gli effetti che si possono determinareispirato alla collaborazione e fiducia reciproca, nel medio lungo periodofatto salvo le imprese cooperative, dei cambiamenti e nonostante il positivo dialogo sviluppato all’interno degli Enti Bilaterali. Dall’altro lato, tanto i dirigenti sindacali quanto quelli datoriali hanno manifestato l’importanza di sviluppare rapporti più proficui sul piano, per esempio, dell’organizzazione degli orari di lavoro, anche della concertazione territoriale o di materie, come la formazione, il cui rafforzamento porterebbe risultati positivi a tutti gli attori in ragione dell’introduzione campo. Da questo punto di vista, lo sviluppo della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare contrattazione decentrata, territoriale o aziendale a seconda dei casi, appare ineludibile, poiché solo a tale livello è possibile analizzare in modo strutturale adeguato le diverse forme possibili di organizzazione del lavoro e dell’impresa. Fermo restando che deve trattarsi di un “decentramento controllato” (Xxxxxxxx et al., 2013), le cui regole devono essere condivise nell’ambito di un contratto nazionale la riflessione sulla redistribuzione cui importanza rimane immutata. La contrattazione decentrata dovrebbe evolvere in senso partecipativo, una partecipazione necessaria alle imprese, per le caratteristiche intrinseche della prestazione lavorativa, in particolare nel commercio, dove i dipendenti rappresentano direttamente l’azienda nei rapporti con la clientela; ma ugualmente importante per lavoratrici e riduzione dell’orario lavoratori, al fine di essere valorizzati e gratificati nella loro professionalità, e per le organizzazioni sindacali, che sempre meno possono ricorrere al conflitto come strumento di pressione nelle attività negoziali (Xxxxxx, 2011). In tal modo, sarebbe anche possibile concordare forme di flessibilità d’orario che sappiano rispondere meglio al tema della conciliazione tra lavoro e famiglia in settori così fortemente caratterizzati dalla presenza femminile, questione che oggi rappresenta forse l’ambito negoziale più importante per la qualità della vita lavorativa delle persone e per la stessa Xxxxxxx. Naturalmente, enunciare principi di partecipazione, per quanto sostenuti nella loro utilità da una solida base empirica, è sempre più facile che attuarli nella realtà, ma per facilitarne l’applicazione si può fare riferimento ad alcuni punti emersi dalla ricerca. In primo luogo, i delegati necessitano di un’adeguata preparazione sui temi inerenti l’organizzazione del lavoro, i bilanci aziendali e le strategie d’impresa, come mostra chiaramente il caso della Volkswagen, per potersi confrontare adeguatamente con i responsabili aziendali. In secondo luogo, è emerso in modo chiaro come oggi l’efficacia della contrattazione sia rispetto sempre più funzione delle conoscenze e competenze che i sindacalisti hanno. Sotto questo profilo, si avverte la necessità, per quanto non unanimemente condivisa dai dirigenti sindacali intervistati, di coinvolgere nell’attività sindacale altre categorie di lavoratori oltre a quella operaia, impiegati e quadri, detentori di informazioni pregiate. Si tratta, non bisogna nasconderlo, di un’operazione difficile e forse anche un pò pericolosa, per la maggiore vicinanza che solitamente lega il personale impiegatizio o i cosiddetti lavoratori della conoscenza al principio management aziendale. Ma tale opzione va perseguita per facilitare la contrattazione di merito, che assume può aiutare le stesse aziende, come stanno attualmente dimostrando i confronti sindacali nei casi di crisi e lo sviluppo della partecipazione. Infine, il tema della formazione, utile sia alle imprese, per disporre di un capitale umano più qualificato, che a lavoratrici e lavoratori, per incrementare la propria occupabilità in un periodo di crisi economica e di crescente instabilità occupazionale. La ricerca ha evidenziato come, almeno teoricamente, entrambe le parti sociali considerino le attività formative di grande importanza, ma ciò a livello teorico, poiché, concretamente, la formazione è ancora poco utilizzata, nonostante essa possa essere oggi in gran parte finanziata dai diversi Enti esistenti. Il costo di togliere il personale dalle attività produttive viene ancora giudicato troppo elevato dalle imprese, in una situazione di margini e di personale ridotti. In questa propensione pesa, peraltro, una debole cultura della formazione che storicamente caratterizza le aziende non solo venete ma italiane. Come è possibile uscire da questa situazione di stallo? Una soluzione potrebbe essere costituita dall’attivazione di politiche formative on-the-job, sperimentate con successo in diverse aziende, come diritto soggettivo dimostrato da esigere all’interno dell’orario alcune recenti ricerche in ambito industriale. I dipendenti cioè verrebbero formati, mentre lavorano, da consulenti esterni oppure da tutor aziendali, alternando tale modalità formativa con una parte più classica d’aula, dove analizzare anche teoricamente l’utilità di adottare determinati comportamenti organizzativi, il cosiddetto know-why (Xxxxxxxx e Xxxxxxx, 1994); in una parola, intrecciando sperimentazioni pratiche e approcci teorici. Pur scontando il rischio di un uso improprio da parte delle imprese, come forma di finanziamento, un’attività formativa di questo tipo, qualora adeguatamente pensata e implementata, avrebbe un impatto più immediato in termini di accrescimento della professionalità di lavoratrici e lavoratori, e sarebbe considerata con più attenzione e interesse da parte dei datori di lavoro. La Di conseguenza, è auspicabile che le organizzazioni sindacali, come già fatto con successo in alcune realtà aziendali, possano proporre con sempre maggior convinzione, anche e soprattutto in situazioni di crisi, una formazione è infatti l’altro elemento trasversale sul campo che assumerebbe il rapporto ci consegnacarattere di una concreta politica attiva del lavoro all’interno delle stesse aziende in difficoltà. FormazioneUna pro-attività da attuare, beninteso, con tutte le precauzioni del caso, ovvero concordando con le aziende trasparenza e verifiche, che spesso negli accordi sostiene prevedano anche il coinvolgimento dei funzionari esterni, per verificarne l’efficacia e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativisoddisfazione dei lavoratori.

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Samples: iresveneto.it

Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiLe previsioni presentate sull’andamento del traffico passeggeri delineano una crescita sostenibile con un tasso di incremento medio compreso tra il 4 e il 5%. Tale andamento suffragato dal modello econometrico risulta coerente con un andamento tendenziale rilevato empiricamente su un campione di aeroporti con caratteristiche sufficientemente omogenee rispetto a Cagliari. Pur essendo stato redatto il modello sulla base di parametri di prudenza non si può escludere che lo sviluppo dell’industria turistica nel sud Sardegna consentirà dopo il 2015 un incremento più sostenuto. Ciò potrebbe derivare essenzialmente da due fattori: • Potenziamento dell’industria turistica nel nostro territorio con apertura di nuovi mercati in grado di richiamare nuovi flussi turistici in entrata; • Apertura di nuove rotte verso nuove destinazioni che in futuro potrebbero risultare interessanti per i residenti. Non si deve infatti dimenticare che, lavoratori imprese destinazioni in passato difficilmente raggiungibili e cittadinipertanto non interessanti per il turista orientato a fare viaggi di breve durata, sono oggi diventate, anche grazie all’avvento dei Low Cost, consuete mete di soggiorno. I dati in nostro possesso indicano che tale tipologia di sviluppo nei prossimi anni potrebbe interessare alcuni Paesi dell’est europeo consentendo in tal modo una nuova fase di sviluppo dell’aeroporto di Cagliari. Sulla base delle su esposte considerazioni si evidenzia che le tabelle proposte delineano adeguatamente la dinamica del traffico per quanto riguarda il periodo di vigenza del Contratto di Programma per l’aeroporto di Cagliari Elmas. ENAC, nel condividere l’impostazione metodologica adottata dalla Società per produrre le previsioni di sviluppo delle diverse componenti di traffico presentate in precedenza in questo documento, ritiene che tutte le compagnie aeree operanti sullo scalo di Cagliari, chiamate ad esprimersi nell’ambito della consultazione a rivedere tal fine avviata dall’ENAC, possano contribuire ad una più puntuale analisi della specifica realtà aeroportuale che si intende regolamentare con il Contratto di programma, in ragione dei propri piani di sviluppo dell’attività volativa da e per Cagliari in tali annualità. Si invitano altresì i vettori a fornire le proprie prioritàprevisioni di utilizzo dello scalo cagliaritano, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra indicandone nel dettaglio le persone modalità (tipologia di aeromobili utilizzati, load factor etc.). Si chiede pertanto alle compagnie in argomento di volere responsabilmente partecipare alla costruzione delle stime di traffico 2012-2016 esprimendosi in ordine alla coerenza dei programmi che le stesse intendono attuare in tali annualità sullo scalo di Cagliari – in termini sia di movimenti che di passeggeri e nelle attività negozialimerci trasportate – rispetto al trend indicato dalla SOGAER, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa tenendo conto delle criticità che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche vanno delineandosi nel settore in ragione sia dell’andamento economico del Paese che delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti problematiche maturate nel trasporto aereo a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativimondiale.

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Samples: www.enac.gov.it

Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiIl modello di determinazione dei salari a livello individuale, lavoratori imprese e cittadinipresentato nel paragrafo 4, induce a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticitàqualche riflessione conclusiva. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesiDue, in attesa particolare, sono le domande che il modello suggerisce: 24 ✔ primo, come sia possibile il governo complessivo di un sistema (sia nell’ottica datoriale sia nell’ottica sindacale) in cui il livello negoziale centrale si limita a fissare poche regole (per lo più indirizzi e principi generali), rinunciando a predeterminare comportamenti e a stabilire “ paletti”; ✔ secondo, come le singole amministrazione riescono a “gestire” la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità maggiore complessità, negoziale ed organizzativa, che certamente un modello di questo tipo presenta. Le risposte vanno cercate in almeno due direzioni. Innanzitutto, nella popolazioneforte coesione sociale e nell’elevato livello di partecipazione, che appaiono come caratteristiche dominanti del modello svedese (non solo, quindi, nell’ambito della pubblica amministrazione, qui preso in considerazione). Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx XxxxxxxxAnche gli incontri avuti, conferma come, anche per hanno rivelato che tutte le scelte effettuate sull’evoluzione e lo sviluppo del sistema (compresa la contrattazione più recente innovazione del salario individuale) sono state compiute con un elevato livello di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontarecondivisione e partecipazione. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumerannoColpisce anche, in molte circostanzequesto contesto, caratteristiche la forte tensione che tutte le parti manifestano (sia datori di strutturalitàlavoro pubblici, sia sindacati) nella indicazione delle future mete di sviluppo del sistema e nel superamento delle attuali “criticità” di funzionamento, all’interno comunque di un percorso che tutti sentono “comune”. Una contrattazione Le parti a livello nazionale hanno dedicato molto impegno alla individuazione di principi ispiratori e criteri di riferimento che devono guidare questo percorso comune. In un accordo quadro nazionale sottoscritto da SAGE e dai principali sindacati nel settembre 1997, significativamente intitolato “cooperation for development ”, sono fissati alcuni di tali orientamenti condivisi. L’accordo si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi apre con un preambolo in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello cui si è sviluppata in un contesto inedito, per la parte dal comune riconoscimento della necessità di affrontare un’evoluzione organizzativa e gestionale delle amministrazioni, all’interno di un quadro generale che richiede più efficienza e flessibilità. Si afferma anche che tale cambiamento deve comunque essere guidato dalla esigenza di rispondere al meglio alle domande che provengono dai cittadini. L’accordo prosegue indicando una situazione economica e sociale preoccupante e difficilearannewsletter serie di pre-condizioni affinché possano migliorare le “ performance” delle amministrazioni e, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli oraricontemporaneamente, la sfera delle misure motivazione individuale (una sorta di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso decalogo della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working“ buona organizzazione”). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano : gli obiettivi devono essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro chiari per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e tutti i lavoratori; deve esserci una chiara relazione tra gli obiettivi cha ciascun lavoratore ha nel proprio lavoro ed i risultati conseguiti; l’autorità deve essere “ bilanciata” dalla responsabilità; il lavoro deve essere organizzato in modo tale che l’esperienza, l’abilità e le conoscenza dei lavoratori possano circolare ed essere condivise; deve esserci parità tra i sessi eccetera. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti Si passa quindi a tracciare un quadro dei principi e criteri che si possono determinare, nel medio lungo periododevono guidare i comportamenti del management, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze sindacati e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e dei lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativilivello locale.

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Conclusioni. La pandemia Riprendendo gli argomenti menzionati nell’introduzione dell’elaborato, partendo dagli aspetti tecnici della teoria dei giochi e della contrattazione, è stata costruita un’analisi positiva che descrive le posizioni del Regno Unito e dell’Unione Europea in questa lunga fase di contrattazione della Brexit. Considerando alcuni di strumenti sì preliminarmente proceduto ad introdurli nel dettaglio, andando ad approfondirli a livello teorico. Successivamente si ha costretto tutti, lavoratori imprese e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, preso in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi considerazione alcuni degli eventi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni caso Brexit che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesiverificati dal giorno del Referendum (23 giugno 2016) al giorno di effettiva uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea (31 gennaio 2020). Questi due aspetti, assumerannocaratterizzanti il primo capitolo dell’elaborato, in molte circostanzesono successivamente stati applicati ad un’analisi positiva circa il contesto strategico, caratteristiche di strutturalitàandando ad analizzare le principali tematiche riguardo le quali vengono svolte le trattative. Una contrattazione che Inizialmente si è dovuta concentrare sulle misure proceduto a considerare il semplice caso di protezioneun “gioco” dove non vi erano presenti variabili esterne che influenzassero il payoff, sugli interventi quindi il risultato della rispettiva matrice. Successivamente sono stati introdotti quest’ultimi che hanno permesso di contestualizzare ulteriormente l’analisi, andando a considerare quale giocatore e in materia quale modo questi influenzassero. Procedendo con il secondo capitolo, è stata proposta una seconda matrice, partendo da quella preliminare, nella quale sono state inserite le variabili sopracitate, analizzando di salute e sicurezzaconseguenza il nuovo equilibrio creatosi. Come ultima analisi proposta, sulla riorganizzazione dei processi produttiviconsiderando un’ulteriore variabile, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari una terza matrice ha spiegato in termini analitici come un altro tipo di lavoroaccordo possa garantire un maggior payoff, quindi risultati migliori, ad entrambe le parti rispetto ai vari risultati precedentemente analizzati. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata L’analisi proposta prende in considerazione un contesto ineditodi breve periodo, per la necessità essendo il lungo periodo di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficiledifficile elaborazione dovuta alla scarsità di informazioni a disposizione. Inoltre, come testimonia un’analisi di lungo periodo risulta particolarmente complessa poiché non sono stati ad oggi stabiliti le caratteristiche degli accordi di breve periodo, essendo il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori Regno Unito entrato in una fase di profonda incertezza transizione durante la quale si delineeranno quest’ultimi. Inoltre, le tematiche principali considerate dall’analisi sono state quelle riguardanti la sfera economica e commerciale, particolarmente di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante rilievo per governare una fase di grandi trasformazionil’UK, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse l’ambito concernente la possibilità di migliorare l’ambiente aziendalelibera circolazione dei cittadini europei nel territorio inglese. È necessario sottolineare, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratriciinoltre, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso in questione prende in considerazione aspetti di livello globale, nonché chiama in causa come giocatori degli stati stessi. Questo aspetto è rilevante poiché gli aspetti della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, teoria dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze giochi e della strada contrattazione non vengono attuati espressamente e razionalmente come potrebbe accadere in un contesto tra due semplici individui, dato che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione queste decisioni e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene posizioni hanno effetti su scala economica e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze sociale a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativilivello globale.

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Conclusioni. La pandemia Con l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 e il conseguente lockdown, la casa ha costretto assunto centralità come presidio di protezione della salute pubblica. Restare a casa, però, non ha avuto lo stesso significato per tutti: il sacrificio richiesto ha certamente avuto un impatto maggiore su soggetti vulnerabili (bambini, lavoratori imprese e cittadinianziani, persone con disabilità, donne vittime di violenza domestica, ecc.) a cui è venuto a mancare anche il supporto fondamentale di alcuni servizi in presenza, a rivedere le proprie prioritàpartire dalla scuola. Restare a casa, più in generale, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra reso evidente la condizione di disagio abitativo in cui versano migliaia di famiglie anche in Toscana, di fatto ampliando la forbice delle disuguaglianze interne alle nostre comunità. Famiglie in condizioni di sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali all’interno dell’alloggio e l’insalubrità degli ambienti sono ulteriori elementi che hanno concorso a rendere il periodo dell’isolamento più gravoso di quanto già fosse. Tutti questi elementi, tuttavia, erano preesistenti alla pandemia; l’emergenza sanitaria e sociale ha messo in luce una domanda sociale che le persone Istituzioni hanno fatto fatica a intercettare e nelle attività negozialialla quale non hanno saputo dare risposta. Accanto a tutto ciò sono emersi bisogni “nuovi” e categorie di soggetti in stato di bisogno in precedenza sconosciuti ai servizi, quale diretta conseguenza dell’impatto epidemico sul tessuto economico e produttivo. Di fronte a un siffatto quadro sanitario sociale ed economico, destinato a produrre significativi effetti in uno scenario temporale di ampio respiro, occorrerà perciò approntare risposte rapide, efficaci e che auspicabilmente siano in grado di prevenire le condizioni di disagio. Durante la presentazione del Quarto Rapporto sulle Povertà in Toscana, Xxxxxxxxx Xxxx, docente di Politica Sociale nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento e coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la Povertà in Italia, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai dichiarato che le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesipolitiche sociali sono chiamate, in attesa oggi più che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipomai, a contrattare le politiche industriali. Un valoretenere insieme due principi fondamentali: la PROTEZIONE di tutti coloro che ne necessitano e, quello delle relazioni sindacaliallo stesso tempo, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazioneschiacciandosi sull’emergenza, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, agire sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiPROMOZIONE.

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Conclusioni. A conclusione della presente trattazione, è opportuno svolgere delle riflessioni finali. Come è stato confermato al recente Internet Festival di Pisa del primo fine settimana di ottobre 2015 che diffonde il libro bianco delle start up rivolto al governo, il mondo delle start up è in crescita: quattromila e oltre nuove imprese innovative, circa ventimila gli addetti, una realtà ad oggi in crescita. Nonostante ciò, il settore dei capitali di rischio per finanziare l’avvio di un’attività in Italia è ancora immaturo: nel 2014 gli investimenti in questo settore sono stati lo 0,002% del Pil, contro una media europea dello 0,024%. La pandemia proposta indirizzata al Governo riguarda, in particolare, burocrazia e sistema fiscale, e si articola in diversi punti: agevolazioni per piccole e medie imprese che acquistano da startup innovative; revisione del regolamento Consob sul crowdfunding e dei limiti normativi rivolti agli organismi di investimento collettivo del risparmio per investimenti diretti o indiretti in startup; creazione di Fondi di tipo aperto per garantire la raccolta di almeno un miliardo di euro derivanti dall’industria del risparmio verso le startup; creazione di un Fondo di matching con Cassa Depositi e Prestiti; promozione all’estero del Made in Italy; armonizzazione delle regole di ingaggio dei fondi regionali. In ogni caso, per quanto riguarda prettamente il tema trattato nel presente lavoro, i dati sono incoraggianti. Infatti, secondo quanto emerge dalla Relazione al Parlamento del Ministero dello Sviluppo Economico “Sullo stato di attuazione della normativa a sostegno delle startup e delle PMI innovative del settembre 2015”, il fenomeno delle start up sta assumendo dimensioni interessanti anche sotto il profilo occupazionale: “secondo i dati di fonte camerale, al 30 giugno 2015 le startup innovative impiegavano quasi 20.800 lavoratori (16.861 soci – presumibilmente coinvolti direttamente nell’attività d’impresa come soci lavoratori – e 3.924 dipendenti), circa 2.900 unità in più rispetto al trimestre precedente e 5.800 in più rispetto a fine 2014, quando i soci erano 14.862 e i dipendenti 3.025.” Analizzando più a fondo il fattore capitale umano, si osserva che “un quarto dell’universo complessivo delle startup presenti nel Registro è costituito da imprese giovanili (under 35). Si tratta di un valore più che doppio rispetto al peso percentuale riscontrabile nel totale imprese (12%) e pari a quattro volte il dato relativo alle società di capitale (7%). Tale gap si amplifica notevolmente qualora si osservino tutte le società in cui è presente almeno un giovane nella compagine dei soci o nell’organo amministrativo (41% per le startup vs 13,6% per le società di capitali). Ciò nonostante la prova dei fatti con la realtà ha costretto tuttideluso, lavoratori per lo meno in parte, le aspettative, sia a causa della giovane età delle imprese innovative, che per quanto possano usufruire delle agevolazioni fiscali e cittadinigiuslavoristiche a loro riservate, necessitano comunque di tempo per potersi affermare con risultati migliori, sia per il tradizionalismo tipico italiano che impedisce ciò che aldilà dei confini nazionali accade, invece, con regolarità: conferire maggiore dinamicità e libertà nel fare, nel proporre nuove idee e nel ricevere continui stimoli positivi. Ne è un esempio evidente il sistema universitario italiano, che dedica ancora troppo poco spazio alla formazione dei giovani su come creare e gestire un’impresa, mentre all’estero i corsi dediti all’insegnamento dell’imprenditorialità sono inseriti nel percorso formativo di base degli studenti. Si pensi alla Silicon Valley, il regno dell’innovazione tecnologica e della creazione della ricchezza, dove il fallimento è visto come una fase di apprendimento nel percorso che porta al successo e ciò incentiva molti giovani a tentare nuove sfide imprenditoriali, rendendo, tra l’altro, il mercato del lavoro estremamente dinamico. In altre parole, il cambiamento dell’ambiente imprenditoriale italiano non deve essere solo economico; del resto, promuovendo la visione di un’Italia più favorevole all’innovazione, gli stessi provvedimenti dettati a favore delle start up (ed analizzati nella presente trattazione) hanno implicazioni di natura sociale e culturale, oltre che economica, per il futuro dell’Italia. L’innovazione, infatti, deve essere il fattore chiave per lo sviluppo economico e il paradigma delle politiche economiche e sociali volte alla crescita, con l’obiettivo di: concedere ai giovani e non l’opportunità di trasformare il proprio talento in iniziativa imprenditoriale; garantire un Paese che tende al progresso e che 133 Tutti i dati sono rinvenibili sul sito on line del Ministero dello Sviluppo Economico xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/Xxxxxxxxx_0000_xx_Xxxxxxxxxx-Xxxxxxx_x_XXX_xxxxxxxxxx.xxx vanta una cultura del rischio diffusa, caratterizzato da una maggiore mobilità sociale, dove i luoghi dove si genera la conoscenza, le scuole, dialogheranno maggiormente con i luoghi in cui essa trova concreta applicazione, le aziende; diffondere la cultura del merito e della trasparenza; insegnare che il fallimento non ha solo aspetti negativi e divulgare politiche che, laddove si rivelassero infruttuose, siano in grado di correggere il proprio corso. L’obiettivo finale è che nei prossimi anni la situazione per le giovani realtà italiane possa migliorare, soprattutto in termini di occupazione e, per raggiungere questo traguardo, l’attività imprenditoriale italiana deve ricevere maggior sostegno dall’azione governativa. In un tempo di così profondi cambiamenti, anche in virtù dell’enorme potenzialità delle start up, infatti, sarebbe opportuno che l’attività imprenditoriale venisse sostenuta con un maggiore e più continuo impegno del governo e della comunità nazionale per alzare quantità e qualità dell’imprenditorialità, anche perché possono essere ancora molte le opportunità lavoro offerte dalle start-up. AA. VV., Start-up: dall'idea all'impresa : business plan, metodi di valutazione, canali di finanziamento, a rivedere le proprie prioritàcura di Advance, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone IPSOA, Milanofiori 2001. BACCHINI F., Jobs Act e nelle attività negozialilegge di conversione: l’inizio di una svolta? In Diritto e Pratica del Lavoro, ha evidenziato nuove opportunità 29 / 2014. XXXXXXXXXX X. – Xxxxxxxx X., Come finanziare una start up innovativa, Epc Editore, 2015. BINACCHI A.– XXXXX A., Commisisoni Start-up, Microimprese e nuove criticitàsettori innovativi –Diritto Tributario Nazionale, Fondazione dell’Ordine dei Commercialisti di Milano, quaderno n. 56. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesiXXXXXXX P. - SCAINI F., Le novità del Jobs Act in materia di contratto subordinato a termine, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazioneIl Fallimento, 6 / 2014. Questo focus costruito assieme alla Fondazione XXXXX X., XXXXXXXX G., Il dono. Le sue ambivalenze e i suoi paradossi par. “il Comportamento di donazione, Xx Xxxxxxxx, conferma come2014. CASOTTI A. – XXXXXX M. R. – RAUSEI P., anche Lavoro a tempo determinato – XX 00 xxxxx 0000, x. 00, Xxxxx, 0000; Job act, le novità per la contrattazione di secondo livellole imprese (a cura di) P. RAUSEI, il 2020 sia stato un anno di grandi sfideIpsoa, veloci trasformazioni2014 XXXXXXXXX R., cambiamenti radicali L’imprenditorialità nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione conoscenza e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumerannonell’innovazione, in molte circostanzeL’industria, caratteristiche di strutturalitàXXXIV, n.1, gennaio-marzo 2013. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezioneDAL BON E., sugli interventi in materia di salute Lavoro a termine: acausalità e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimanelimiti, in modalità da remoto Diritto e riprese in presenza solo nella seconda metà Pratica del 2020 Lavoro, 31 / 2014. De MASIS A., Il processo di apprendimento imprenditoriale nelle start-up high-tech: un modello concettuale e non ancora in tutti i luoghi risultati preliminari di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti di studio, Aracne, Roma 2007. XXXXXX X., Dalla Strategia Di Lisbona a Europa 2020, Fondazione Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2011. DI XXXXX X. - GENTILI G., Guida alle Start up innovative, IPSOA, Milanofiori 2013. DI XXXXX X., Creare una start up innovativa. Tutto quello che bisogna sapere per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi diventare un imprenditore di lockdown (utilizzo ferie e permessisuccesso, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoroXxxxxx Xxxxxx, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiMilano 2013.

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Samples: Dipartimento Di Economia E Direzione Delle Imprese

Conclusioni. La pandemia Ancora oggi il governo non è in grado di dire quanti sono coloro che con la fine degli ammortizzatori sociali rischiano di non avere nessun reddito, la “ riforma”, in- fatti, non ha costretto tuttiprevisto di salvaguardare coloro che sono dentro i processi di mobilità. Xxxxx ha anche inasprito il patto di stabilità per i Comuni e ulteriormente tagliato i trasferimenti verso le istituzioni periferiche. Due dati è utile ricordare: la quota na- zionale sul fondo per le politiche sociali da trasferire alle Regioni ammonta a 39 milioni di euro, lavoratori imprese nel 2006 ammontava a 800 milioni, risorse risibili per dare risposte all’assistenza anziani, ai servizi socio educativi per l’infanzia, per contrastare la povertà, e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticitàper l’inclusione. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la nostra contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che sociale si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata svolta in un contesto ineditodi esigenze crescenti, di bisogni di protezione che aumentano per la necessità effetto di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori crisi che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura messo a dura prova le condizioni materiali di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazionifamiglie, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzaticontinuo ridimensionamento, se non addirittura in taluni casi l’azzeramento, di risorse destinate al sociale verso le regioni e i Comuni. Di conseguenza, in molti casi, ci siamo trovati di fronte all’alter- nativa di chiudere i servizi o aumentare la compartecipazione. Tra Scilla e Xxxxxxx: inasprimento del patto di stabilità, impossibilità di fare investimenti che favorissero la ripresa economica, vietato pagare i debiti alle imprese che hanno lavorato. Di fatto un volano che moltiplica le difficoltà al lavoro, spinge i problemi verso un loro ina- sprimento, aumenta il bisogno di protezione sociale che la ristrettezza delle risorse non è in grado di affrontare. Con qualche Comune abbiamo sottoscritto documenti che chiedevano al governo la revisione del patto di stabilità. Abbiamo contrattato con i Comuni l’adozione dell’I- SEE come indicatore per la compartecipazione dei cittadini all’uso dei servizi. In molti casi abbiamo ottenuto una correzione alla misurazione del reddito che tenesse conto, nel caso vi fosse stata una diversità di situazione rispetto all’anno precedente in riferimento a specifici riconoscimenti per all’occupazione dei componenti della famiglia, abbiamo attualizzan- do l’ISEE. Abbiamo anche sottoscritto patti anti evasione. Nel nostro Paese si stima che vi siano circa 200 miliardi di evasione fiscale, se non si aggredisce questa palese ingiustizia difficilmente si potranno risolvere i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari problemi di bilancio e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come affrontare con una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla qualche possibilità di affrontare in modo strutturale riuscita le politiche di sviluppo. I patti anti evasione devono essere verificati nella loro efficacia dobbiamo preten- dere che la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario lotta all’evasione sia una lotta dura, aspra che scoraggi davvero una diffusa propensione a delinquere. È lì dobbiamo montare la guardia, pretendere che tutti i passaggi siano stati effet- tuati, che tutti i soggetti siano stati coinvolti, la Guardia di lavoroFinanza, sia rispetto l’Agenzia delle entrate, i Vigili Urbani. Mettere al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario centro il territorio nella lotta all’evasione fiscale è un punto di lavoroforza, se si intrecciano banche dati, informazioni sugli stili di vita, sui consumi, sui patrimoni dei soggetti evadere diventa difficile. La formazione crisi ha reso i ricchi più ricchi e poveri più poveri. Si sta verificando una polariz- zazione della ricchezza e fasce sempre maggiori di classe media stanno scivolando verso un impoverimento crescente. Nel frattempo l’immatricolazione di auto con un costo superiore a 80 milioni è infatti l’altro elemento trasversale aumentata. Da una verifica fatta risulta che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativi.50% RECUPERARE EQUITÀ

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Samples: Accordo Altri Documenti Delibera Piattaforma

Conclusioni. La pandemia rilettura dei contratti di rete alla luce della letteratura organizzativa ha costretto tutticonsentito di mettere in luce alcuni temi interessanti non solo per analizzare le reti organizzative definite dai contratti, lavoratori ma anche, se non soprattutto, per ricondurre il discorso sui casi ad alcuni temi di portata più ampia: la questione del capitale sociale e il suo rapporto con reti di imprese e cittadinicontratti di rete. L’individuazione di diversi “tipi” di rete, a rivedere caratterizzati da obiettivi diversi e da diverse relazioni tra i nodi ci consente di articolare in modo più complesso il discorso sul capitale sociale. Come abbiamo visto, può essere utile distinguere tra le proprie priorità“fasi” del contratto di rete per riflettere sulle dotazioni e sulle ricadute di capitale sociale. Un primo aspetto riguarda la dotazione di capitale sociale necessaria per la sottoscrizione del contratto: i membri delle reti si conoscevano e interagivano in qualche modo prima di pensare alla possibilità di una aggregazione. Ci deve essere quindi un livello, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone sia pure minimo, di fiducia per accedere alla rete, quale che sia lo scopo di quest’ultima (e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, quindi anche per la contrattazione costituzione di secondo livelloreti che possiamo definire “opportunistiche”, perché finalizzate alla partecipazione ad un bando regionale). Questa dotazione può essere ricondotta almeno in parte al contesto istituzionale locale, e variare quindi a seconda delle esperienze e delle tradizioni territoriali. Una volta costituita, la rete ha bisogno di garantire un certo livello di fiducia e di circolazione delle informazioni per non “fallire”. Le reti meno costose dal punto di vista del capitale sociale iniziale, come quelle che abbiamo definito “per il mercato”, sono a questo punto più esposte al fallimento: se i membri della rete mettono in atto comportamenti opportunistici e la rete non è in grado di proteggere dall’ignoranza, la rete non raggiunge i propri obiettivi, quindi viene sciolta o semplicemente abbandonata. Da questo punto di vista, le reti che abbiamo chiamato “per la produzione” sembrerebbero più solide, perché le relazioni di fornitura richiedono livelli di fiducia maggiori e più intensa circolazione delle informazioni. Per quanto riguarda, infine, la produzione di nuovi livelli di fiducia, abbiamo visto che maggiori sono le dotazioni iniziali di capitale sociale, minori sono i rischi di fallimento. Imprese che decidono di condividere un investimento in ricerca e sviluppo o la realizzazione di un nuovo prodotto devono godere di livelli di fiducia più elevati di quelle che si aggregano per creare un catalogo comune di prodotti complementari. Nel primo caso, il 2020 sia stato un anno contratto di grandi sfiderete può costituire una pratica nella direzione della crescita dimensionale (che essa assuma o meno la forma di una fusione). Nel caso dei contratti più “leggeri”, veloci trasformazionipotrebbero invece prodursi delle esternalità positive da valutare in termini di fiducia e capitale sociale. In alcuni casi, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orariinfatti, la sfera delle misure collaborazione necessaria a stipulare e a formalizzare il contratto diventa un primo banco di sorveglianza prova e controllo, confermano costruisce relazioni più solide tra soggetti che i lavoratori possono influire prima interagivano solo come clienti e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzatifornitori, se non in riferimento a specifici riconoscimenti addirittura come potenziali concorrenti. I contratti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate la commercializzazione o per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemial’internazionalizzazione sembrerebbero quantitativamente più diffusi, e in un certo senso più sensibili alle politiche di incentivazione (ci aspettiamo che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart workingi contratti “opportunistici” assumano prevalentemente questa forma). Questi interventi in alcuni accordi Se è vero che essi possono essere meno rilevanti dal punto di vista della struttura produttiva del nostro paese, a differenza di quanto si consolidano, assumendo le caratteristiche diceva a proposito di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart workingfiliere e catene di subfornitura, è stato in primo luogo pensato come anche vero che, dal punto di vista del capitale sociale, queste reti possono assumente la forma di una misura sperimentazione, di protezione dalla pandemia una prova, di una pratica di capitale sociale che consentisse genera nuove forme di dare continuità a tutte quelle attività fiducia. Alcuni dei casi che potevano essere effettuate da remotoabbiamo analizzato e riportato brevemente suggeriscono questa possibilità, soprattutto quando emergono, all’interno delle reti, evoluzioni che lasciano presupporre crescenti livelli di fiducia e circolazione delle informazioni: una rete per la commercializzazione che introduce nuovi prodotti comuni, una rete per la produzione che instaura rapporti con il Politecnico per la progettazione di un nuovo macchinario, ecc. Gli esempi di evoluzione delle reti che abbiamo riportato lasciano intravedere i veri punti di forza di uno strumento flessibile, che offre una cornice formale alla collaborazione tra imprese senza impedirne successivi ulteriori cambiamenti. Ma dagli stessi esempi emerge anche uno dei risultati più importanti della ricerca: la collaborazione, per quanto “leggera” tra le imprese, genera nuovi tipi di fiducia, che possono consentire scambi di informazioni strategiche non certamente come una modalità di effettuazione previste prima della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione stipula del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavorocontratto. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazionelogica di “sperimentazione” delle aggregazioni promossa dai sostenitori dello strumento esprime le sue possibili ricadute principalmente in termini di capitale sociale, offrendo occasioni e percorsi attraverso i quali l’intensificazione di relazioni face-to-face produce esternalità positive in termini di fiducia, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga possono essere spese all’interno di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativicollaborazioni più complesse.

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Conclusioni. A conclusione della presente trattazione, è opportuno svolgere delle riflessioni finali. Come è stato confermato al recente Internet Festival di Pisa del primo fine settimana di ottobre 2015 che diffonde il libro bianco delle start up rivolto al governo, il mondo delle start up è in crescita: quattromila e oltre nuove imprese innovative, circa ventimila gli addetti, una realtà ad oggi in crescita. Nonostante ciò, il settore dei capitali di rischio per finanziare l’avvio di un’attività in Italia è ancora immaturo: nel 2014 gli investimenti in questo settore sono stati lo 0,002% del Pil, contro una media europea dello 0,024%. La pandemia proposta indirizzata al Governo riguarda, in particolare, burocrazia e sistema fiscale, e si articola in diversi punti: agevolazioni per piccole e medie imprese che acquistano da startup innovative; revisione del regolamento Consob sul crowdfunding e dei limiti normativi rivolti agli organismi di investimento collettivo del risparmio per investimenti diretti o indiretti in startup; creazione di Fondi di tipo aperto per garantire la raccolta di almeno un miliardo di euro derivanti dall’industria del risparmio verso le startup; creazione di un Fondo di matching con Cassa Depositi e Prestiti; promozione all’estero del Made in Italy; armonizzazione delle regole di ingaggio dei fondi regionali. In ogni caso, per quanto riguarda prettamente il tema trattato nel presente lavoro, i dati sono incoraggianti. Infatti, secondo quanto emerge dalla Relazione al Parlamento del Ministero dello Sviluppo Economico “Sullo stato di attuazione della normativa a sostegno delle startup e delle PMI innovative del settembre 2015”, il fenomeno delle start up sta assumendo dimensioni interessanti anche sotto il profilo occupazionale: “secondo i dati di fonte camerale, al 30 giugno 2015 le startup innovative impiegavano quasi 20.800 lavoratori (16.861 soci – presumibilmente coinvolti direttamente nell’attività d’impresa come soci lavoratori – e 3.924 dipendenti), circa 2.900 unità in più rispetto al trimestre precedente e 5.800 in più rispetto a fine 2014, quando i soci erano 14.862 e i dipendenti 3.025.” Analizzando più a fondo il fattore capitale umano, si osserva che “un quarto dell’universo complessivo delle startup presenti nel Registro è costituito da imprese giovanili (under 35). Si tratta di un valore più che doppio rispetto al peso percentuale riscontrabile nel totale imprese (12%) e pari a quattro volte il dato relativo alle società di capitale (7%). Tale gap si amplifica notevolmente qualora si osservino tutte le società in cui è presente almeno un giovane nella compagine dei soci o nell’organo amministrativo (41% per le startup vs 13,6% per le società di capitali). L’aumento della dimensione media risulta quasi omogeneo sul territorio e per attività economica. Fa eccezione il Meridione dove il numero di imprese startup raddoppia nel periodo considerato mentre la crescita nelle altre aree è circa del 50%. Verosimilmente, il consistente aumento registrato nel Mezzogiorno è attribuibile a nuove imprese che, nella fase di avviamento, hanno un numero ridotto di dipendenti.”133 Sembrerebbe, quindi, che la strada intrapresa dal legislatore dia i suoi frutti e sarebbe opportuno continuare a perseguirla. Del resto, il Decreto sviluppo e le leggi successivamente sono state emanate dal legislatore a favore delle start up innovative, co l’obiettivo di favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione (in particolare giovanile), contribuire allo sviluppo di una nuova cultura imprenditoriale più dinamica, creare un contesto maggiormente favorevole all'innovazione, promuovere maggiore mobilità sociale, attrarre talenti in Italia e capitali dall’estero. Ciò nonostante la prova dei fatti con la realtà ha costretto tuttideluso, lavoratori per lo meno in parte, le aspettative, sia a causa della giovane età delle imprese innovative, che per quanto possano usufruire delle agevolazioni fiscali e cittadinigiuslavoristiche a loro riservate, necessitano comunque di tempo per potersi affermare con risultati migliori, sia per il tradizionalismo tipico italiano che impedisce ciò che aldilà dei confini nazionali accade, invece, con regolarità: conferire maggiore dinamicità e libertà nel fare, nel proporre nuove idee e nel ricevere continui stimoli positivi. Ne è un esempio evidente il sistema universitario italiano, che dedica ancora troppo poco spazio alla formazione dei giovani su come creare e gestire un’impresa, mentre all’estero i corsi dediti all’insegnamento dell’imprenditorialità sono inseriti nel percorso formativo di base degli studenti. Si pensi alla Silicon Valley, il regno dell’innovazione tecnologica e della creazione della ricchezza, dove il fallimento è visto come una fase di apprendimento nel percorso che porta al successo e ciò incentiva molti giovani a tentare nuove sfide imprenditoriali, rendendo, tra l’altro, il mercato del lavoro estremamente dinamico. In altre parole, il cambiamento dell’ambiente imprenditoriale italiano non deve essere solo economico; del resto, promuovendo la visione di un’Italia più favorevole all’innovazione, gli stessi provvedimenti dettati a favore delle start up (ed analizzati nella presente trattazione) hanno implicazioni di natura sociale e culturale, oltre che economica, per il futuro dell’Italia. L’innovazione, infatti, deve essere il fattore chiave per lo sviluppo economico e il paradigma delle politiche economiche e sociali volte alla crescita, con l’obiettivo di: concedere ai giovani e non l’opportunità di trasformare il proprio talento in iniziativa imprenditoriale; garantire un Paese che tende al progresso e che 133 Tutti i dati sono rinvenibili sul sito on line del Ministero dello Sviluppo Economico xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/Xxxxxxxxx_0000_xx_Xxxxxxxxxx-Xxxxxxx_x_XXX_xxxxxxxxxx.xxx vanta una cultura del rischio diffusa, caratterizzato da una maggiore mobilità sociale, dove i luoghi dove si genera la conoscenza, le scuole, dialogheranno maggiormente con i luoghi in cui essa trova concreta applicazione, le aziende; diffondere la cultura del merito e della trasparenza; insegnare che il fallimento non ha solo aspetti negativi e divulgare politiche che, laddove si rivelassero infruttuose, siano in grado di correggere il proprio corso. L’obiettivo finale è che nei prossimi anni la situazione per le giovani realtà italiane possa migliorare, soprattutto in termini di occupazione e, per raggiungere questo traguardo, l’attività imprenditoriale italiana deve ricevere maggior sostegno dall’azione governativa. In un tempo di così profondi cambiamenti, anche in virtù dell’enorme potenzialità delle start up, infatti, sarebbe opportuno che l’attività imprenditoriale venisse sostenuta con un maggiore e più continuo impegno del governo e della comunità nazionale per alzare quantità e qualità dell’imprenditorialità, anche perché possono essere ancora molte le opportunità lavoro offerte dalle start-up. AA. VV., Start-up: dall'idea all'impresa : business plan, metodi di valutazione, canali di finanziamento, a rivedere le proprie prioritàcura di Advance, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone IPSOA, Milanofiori 2001. Bacchini F., Jobs Act e nelle attività negozialilegge di conversione: l’inizio di una svolta? In Diritto e Pratica del Lavoro, ha evidenziato nuove opportunità 29 / 2014. XXXXXXXXXX X. – Xxxxxxxx X., Come finanziare una start up innovativa, Epc Editore, 2015. BINACCHI A.– XXXXX A., Commisisoni Start-up, Microimprese e nuove criticitàsettori innovativi –Diritto Tributario Nazionale, Fondazione dell’Ordine dei Commercialisti di Milano, quaderno n. 56. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesiXXXXXXX P. - SCAINI F., Le novità del Jobs Act in materia di contratto subordinato a termine, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazioneIl Fallimento, 6 / 2014. Questo focus costruito assieme alla Fondazione XXXXX X., XXXXXXXX G., Il dono. Le sue ambivalenze e i suoi paradossi par. “il Comportamento di donazione, Xx Xxxxxxxx, conferma come2014. CASOTTI A. – XXXXXX M. R. – RAUSEI P., anche Lavoro a tempo determinato – XX 00 xxxxx 0000, x. 00, Xxxxx, 0000; Job act, le novità per la contrattazione di secondo livellole imprese (a cura di) P. RAUSEI, il 2020 sia stato un anno di grandi sfideIpsoa, veloci trasformazioni2014 XXXXXXXXX R., cambiamenti radicali L’imprenditorialità nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione conoscenza e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumerannonell’innovazione, in molte circostanzeL’industria, caratteristiche di strutturalitàXXXIV, n.1, gennaio-marzo 2013. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezioneDAL BON E., sugli interventi in materia di salute Lavoro a termine: acausalità e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimanelimiti, in modalità da remoto Diritto e riprese in presenza solo nella seconda metà Pratica del 2020 Lavoro, 31 / 2014. De MASIS A., Il processo di apprendimento imprenditoriale nelle start-up high-tech: un modello concettuale e non ancora in tutti i luoghi risultati preliminari di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti di studio, Aracne, Roma 2007. XXXXXX X., Dalla Strategia Di Lisbona a Europa 2020, Fondazione Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2011. DI XXXXX X. - GENTILI G., Guida alle Start up innovative, IPSOA, Milanofiori 2013. DI XXXXX X., Creare una start up innovativa. Tutto quello che bisogna sapere per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi diventare un imprenditore di lockdown (utilizzo ferie e permessisuccesso, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoroXxxxxx Xxxxxx, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiMilano 2013.

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Samples: Dipartimento Di Economia E Direzione Delle Imprese

Conclusioni. La pandemia ha costretto tutti, lavoratori imprese Nell’ultimo ventennio il contesto nel quale le banche e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che gli altri intermediari finanziari italiani si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche trovati a soddisfare gli obblighi di strutturalità. Una contrattazione che si segnalazione imposti dai regolamenti delle autorità è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute diventato sempre più complesso e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cuisfidante, anche in ragione relazione al ritmo decisamente più intenso delle difficoltà economiche determinate dalla crisiinnovazioni regolamentari che è all’origine della continua crescita del volume e della varietà di dati richiesti agli intermediari. La presenza, accanto alla Banca d’Italia, di istituzioni internazionali che possono imporre obblighi segnaletici costituisce un ulteriore elemento di complessità. L'attuale panorama delle segnalazioni raccolte dagli intermediari bancari e finanziari della UE è costituito da diversi domini informativi (statistico, di vigilanza prudenziale e di risoluzione) non integrati tra loro, la cui responsabilità è posta in capo a diverse autorità. Ne conseguono potenziali inefficienze nel processo di raccolta delle informazioni e il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare rischio di una duplicazione dei dati richiesti. In relazione a ciò, da alcuni anni sono state avviate riflessioni e iniziative per realizzare un sistema di segnalazione integrato al fine di semplificare tutto il tentativo processo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio produzione e di gestione delle attività informazioni statistiche per intermediari segnalanti e autorità. Il principio cardine dovrebbe essere "define data once and report once", come richiesto dall’industria bancaria europea (European Banking Federation, 2018); la realizzazione di un tale sistema favorirebbe, inoltre, la condivisione delle informazioni tra le autorità grazie a una governance condivisa. L’art. 430c della CRR ha dato mandato all’EBA di verificare la fattibilità di un tale sistema, a cui l’EBA ha dato seguito pubblicando il relativo studio di fattibilità il 16 dicembre 2021 (European Banking Authority, 2021b). Un altro elemento di complessità riguarda la presenza, accanto alle normative segnaletiche armonizzate a livello europeo, di esigenze informative volte a soddisfare una domanda specificamente nazionale, con costi aggiuntivi per enti segnalanti. Infine, ad alimentare le frequenti innovazioni segnaletiche hanno concorso indubbiamente i numerosi shock registrati negli ultimi anni, a seguito dei quali le autorità – nazionali e internazionali – hanno individuato di volta in volta alcuni gap informativi, pianificando nuove iniziative volte a disporre di un set ancor più completo di dati per monitorare la stabilità del sistema finanziario e prevenire future crisi o limitarne gli effetti. Questi fattori evolutivi rendono il quadro delle segnalazioni sempre più articolato e complesso, con conseguenti, crescenti difficoltà degli enti segnalanti a rispondere nei luoghi tempi richiesti a tali sfide. In Italia, una strategia avviata dalla Banca d’Italia, che continua a produrre risultati concreti dopo oltre trent’anni si fonda su una collaborazione strutturata e su base volontaria con gli enti segnalanti, con l’obiettivo di rendere più efficaci ed efficienti i processi segnaletici. In particolare, come documentato nel presente lavoro, questa collaborazione ha una duplice valenza: ex ante, permette di vagliare con attenzione le nuove proposte di normativa segnaletica al fine di individuare opzioni che favoriscano la produzione di dati di qualità e ne contengano i costi; ex post, tramite la predisposizione della cosiddetta “documentazione PUMA” descrive le logiche di calcolo dai dati di input delle banche agli output richiesti dalle autorità, mettendo a fattor comune le conoscenze normative e l’esperienza operativa dei partecipanti, con il contributo fondamentale dei normatori per la risoluzione degli eventuali dubbi interpretativi. Una contrattazione La longevità della cooperazione PUMA è la dimostrazione del contribuito che questa ha fornito per aumentare il livello qualitativo delle segnalazioni e supportare le banche e gli altri intermediari finanziari nella produzione delle informazioni statistiche. Lo spirito di collaborazione e le frequenti interazioni con il normatore hanno, inoltre, permesso alla Banca d’Italia di accrescere il grado di “sensibilità” verso i costi e le problematiche fronteggiate dagli enti segnalanti. L’approccio italiano della PUMA è stato di esempio per altre autorità in Europa: dapprima l’Austria e, qualche anno dopo, la BCE hanno avviato un’esperienza di cooperazione simile con il rispettivo sistema bancario. L’Austria, pur con alcune differenze di tipo organizzativo, ha replicato l’esperienza italiana su base nazionale; la BCE, in virtù della progressiva armonizzazione a livello europeo delle segnalazioni, ha avviato l’iniziativa di cooperazione BIRD, con il coinvolgimento di un numero significativo di BCN e di banche commerciali europee. Tali esperienze si fondano sul presupposto che il primary reporting rimanga aggregato con poche eccezioni (sia in ambito statistico, quali ad esempio AnaCredit e SHSG, sia in ambito di vigilanza, quali le grandi esposizioni) e che i lavoratori processi di calcolo e la connesse responsabilità in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni merito alla predisposizione dei flussi da trasmettere alle autorità restino una prerogativa degli enti segnalanti. Tuttavia, è in corso un dibattito a livello europeo sul valore dei dati granulari per le autorità e scioperisulla possibilità di trasferire in capo a queste ultime la complessità elaborativa per la produzione degli indicatori aggregati. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione In tale contesto il dibattito si concentra in particolare su due approcci al tempo regulatory reporting: il primo è noto come “RegTech” e si basa sulla produzione di una normativa in formato digitale che guida le elaborazioni di dati aggregati a partire da uno schema di input standardizzato altamente granulare; nel secondo approccio, denominato “data-pull model”, sarebbero direttamente le autorità a estrarre, a seconda dei bisogni, le informazioni da uno schema di input altamente granulare disponibile presso gli intermediari e le elaborerebbero in base alle specifiche esigenze. Tra le soluzioni di cooperazione, quali la PUMA e il BIRD, e quelle basate su schemi di input obbligatori e altamente granulari, quali RegTech e “data-pull”, si ritiene che le prime siano preferibili per una serie di motivi. Innanzitutto, le autorità non subentrano ai segnalanti nell’elaborazione delle informazioni granulari: al di là degli oneri e della complessità computazionale (si pensi, ad esempio, all’enorme problema del Covid? La prima cosa consolidamento dei dati dei gruppi bancari, con una particolare criticità per la raccolta dei dati dalle legal entities extra-europee), l’aspetto più rilevante è che risulta evidente è il ruolo ed il valore i segnalanti devono continuare a rimanere consapevoli e responsabili dei numeri prodotti in quanto questi non rappresentano solo un obbligo segnaletico di natura statistica nei confronti delle relazioni sindacaliautorità, ma piuttosto devono guidare le scelte strategiche aziendali. Un secondo aspetto di cui tenere conto quando si considera una maggiore granularità degli obblighi segnaletici attiene al quadro giuridico sottostante, che definisce i limiti della raccolta granulare e la definizione e l'applicazione delle regole di trasformazione per ottenere gli aggregati di natura prudenziale e di risoluzione necessari alle autorità. Anche nella prospettiva del BIRD, si ritiene che in Italia l’esperienza della cooperazione PUMA continuerà a rappresentare un punto di riferimento essenziale per i produttori dei dati, pur in un quadro in cui occorrerà effettuare alcuni interventi per garantire la piena integrazione tra le due soluzioni. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza possibilità di realizzare questa integrazione dipende comunque dal grado di maturazione che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavorosarà raggiunto dal progetto BIRD, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano al momento tutt’altro che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioniconsolidato, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla sua capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se diventare effettivamente un punto di riferimento per gli enti segnalanti, al pari di quanto si riscontra da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva anni per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativiPUMA.

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Conclusioni. La pandemia ha costretto tuttiIl quadro descritto, pur delineando una performance in parte migliore per la capitale rispetto al resto d'Italia, rileva comunque alcuni punti critici che meritano di essere analizzati. Il processo avviato che induce alla progressiva riduzione delle quote di lavoro standard a fronte di un incremento costante di lavoro atipico, coinvolge in larga parte giovani, donne e persone con titoli di studio medio-alti. A Roma su circa 125.600 lavoratori imprese atipici (in cui comprendiamo i lavoratori a tempo determinato e cittadinii collaboratori), il 58% sono donne e il 59% sono persone fra i 15 e i 34 anni. Il lavoro tradizionale a rivedere tempo indeterminato, del resto, pur essendo molto diffuso anche fra i nuovi rapporti di lavoro, perde terreno a vantaggio delle occupazioni non standard. A Roma i nuovi occupati sono nel 62% dei casi persone di età compresa fra i 15 e i 34 anni, che una volta su due hanno trovato un impiego atipico10. Nella maggior parte dei casi si tratta di lavori occasionali o di cosiddetti contratti a progetto, oppure di occupazioni legate a un periodo di formazione o di impieghi stagionali, prevalentemente nel settore dei servizi sia per gli uomini che per le proprie prioritàdonne. Sono in prevalenza tecnici informatici, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone personale di segreteria, telefonisti e centralinisti, occupati nei call center e nelle società che svolgono servizi per le imprese, oppure commessi e assistenti domiciliari, occupati nel commercio e soprattutto nella grande distribuzione o in attività negozialiparamediche e di assistenza all'infanzia. Ma non mancano i tecnici o i ricercatori con alta formazione, ha evidenziato nuove opportunità i restauratori e nuove criticitàgli specialisti di marketing, occupati prevalentemente nel settore delle produzioni video e cinematografiche (che a Roma costituisce un polo produttivo di grande rilevanza), negli studi pubblicitari o di architettura, nelle società di informatica o di ricerche di mercato. La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione. Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare. La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto ineditoMa, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese. Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello. Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi. Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali. La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione ottenere un quadro completo dell'area legata all'instabilità del lavoro, oltre agli occupati in forme atipiche, si devono considerare anche le persone che hanno perso un lavoro temporaneo e sono alla ricerca di una nuova occupazione. Si tratta di circa 33mila persone, borderliners, che scivolano frequentemente dalla condizione di occupato a quella di inoccupato, perché un contratto scaduto non viene rinnovato o ciò non avviene continuativamente, oppure perché il progetto su cui erano impegnati è terminato e sono, dunque, costantemente attivati nella ricerca di un lavoro che possa colmare il gap temporale. Considerando anche questa componente, l'area dei lavori flessibili a Roma, dunque, comprende circa 158mila persone, pari al 13,5% della popolazione attiva. Se si analizza l'evoluzione occupazionale degli orariultimi 5 anni attraverso il confronto tra la forma contrattuale precedente e l'attuale forma contrattuale, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo, confermano si è può osservare che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti passaggi da forme di occupazione atipiche verso i contratti a tempo indeterminato, pur restando su significativi aspetti dei processi aziendali. Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività. Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate. Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo. Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore. Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori. Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro. La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativi.percentuali

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