Common use of Relazione illustrativa Clause in Contracts

Relazione illustrativa. Le modifiche proposte tendono ad attuare i criteri di cui alle lett. a) e c) della delega, nella misura in cui semplifi- xxxx le procedure e configurano un procedimento di sorveglianza che garantisce il diritto alla presenza dell’interessato e la pubblicità dell’udienza. In questa prospettiva, passando dalla riscrittura dell’art. 678 c.p.p., si ipotizza di “cucire” il procedimento “ordinario” di sorveglianza sul modello oggi delineato dall’art. 667, comma 4, c.p.p. Tale opzione, invero, consente di snellire l’iter procedurale ed accelerare la decisione, senza sacrificare il contraddittorio, che potrà sempre attuarsi, in via even- tuale e differita, nelle forme contemplate dall’art. 666 c.p.p., a seguito dell’opposizione presentata dal pubblico mini- stero o dall’interessato avverso l’ordinanza adottata de plano dal tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Sembra, peraltro, opportuna una variante nello schema descritto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., implicante l’interpello “cartolare” del pubblico ministero, quando il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla concessione di misure idonee ad incidere sull’an, sul quomodo o sul quando della carcerazione. La possibilità, così assicurata, di tenere conto del punto di vista del pubblico ministero dovrebbe anche favorire l’adozione di provvedimenti mag- giormente ponderati e, per questa via, “frenare” la presentazione di successive opposizioni. In linea con la direttiva di cui alla lett. a), si prevede, invece, il ricorso alla procedura “partecipata” di cui all’art. 666 c.p.p. qualora il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla revoca delle misure alternative alla detenzione. Di più. Non ostandovi la formulazione letterale del criterio di delega, si propone di applicare tale schema procedu- rale anche quando si tratti di decidere sulla revoca delle altre misure ampliative dello status libertatis del condanna- to. La proposta si giustifica, non solo e non tanto in ossequio al contraddittorio, che sarebbe comunque salvaguarda- to dal meccanismo oppositivo ex art. 667, comma 4, c.p.p. – la cui attivazione sospenderebbe l’esecuzione del provvedimento di revoca –, quanto per ragioni di economia processuale: non è revocabile in dubbio, infatti, che il provvedimento di revoca della misura “di favore”, adottato dal giudice inaudita altera parte, si esporrebbe sistema- ticamente all’opposizione dell’interessato. Sembra, poi, coerente estendere la procedura “partecipata” ai casi in cui il tribunale di sorveglianza decide quale giudice del reclamo o dell’appello avverso provvedimenti adottati dall’amministrazione o dal magistrato di sorveglianza: la scelta, se, il più delle volte, è coerente con l’esigenza di supplire, in sede di impugnazione, al deficit di contraddittorio orale che caratterizza l’adozione del provvedimento impugnato, talvolta (si pensi all’appello avverso il provvedimento applicativo di una misura di sicurezza) è funzio- nale ad assicurare, nella fase di controllo della decisione, dinanzi al giudice collegiale, un tasso dialettico corri- spondente a quello sotteso alla decisione controllata. Con un intervento di lifting normativo, sono trapiantate, una volta per tutte, nell’art. 678, comma 3, c.p.p. l’incompatibilità a giudicare, quale componente del tribunale di sorve- glianza, del magistrato che abbia emesso il provvedimento impugnato e il connesso meccanismo di integrazione del collegio con giudici non specializzati, a fronte dell’impossibilità di comporlo con i magistrati di sorveglianza del distretto. Parallelamente, sono soppresse le omologhe previsioni disseminate nel testo della l. n. 354/1975. Quanto alle materie rientranti nella competenza del magistrato di sorveglianza, si circoscrive il ricorso alla procedu- ra di cui all’art. 666 c.p.p. ai soli casi in cui dal provvedimento finale possa derivare una incisiva limitazione della libertà personale dell’interessato (applicazione o trasformazione in peius di misure di sicurezza) o un aggravio del suo status penale (dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere). Mentre è con- gegnata una procedura ad hoc, con contraddittorio eventuale, di tipo cartolare, in vista dell’adozione degli altri provvedimenti – ampliativi della sfera giuridica dell’interessato – attinenti alle misure di sicurezza ovvero alla di- chiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, nonché ai permessi premio. Al r i- guardo, infatti, la necessità di assicurare il controllo del tribunale di sorveglianza, nelle forme ordinarie del proce- dimento di esecuzione, sulla legittimità e fondatezza dei provvedimenti emessi dall’organo monocratico impedisce di far leva, anche ortopedicamente, sul modello previsto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., che assicura sì, a seguito di opposizione, l’attuazione del contraddittorio, ma dinanzi allo stesso giudice che ha adottato il provvedimento inve- stivo dall’atto oppositivo. L’esigenza di preservare la specificità di alcuni modelli decisionali atipici o particolari deviazioni dagli schemi or- dinari di riferimento (artt. 666 e 667, comma 4, c.p.p.), sia nelle materie di competenza del magistrato di sorve- glianza (cfr., a titolo esemplificativo, artt. 30-bis, commi 1 e 2, 35-bis, 47, comma 8, 47-ter, comma 4, 51-bis, 51- ter, 53-bis, comma 1, e 69-bis ord. penit., 2, comma 2, l. n. 207/2003 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), sia in quelle di competenza del tribunale di sorveglianza (v., ad esempio, artt. 14-ter, 18-ter, comma 6, e 30-bis, comma 4, ord. penit., 90-93 e 94 d.P.R. n. 309/1990 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), è garantita da apposite clausole di salvezza allocate nell’art. 678 c.p.p. (comma 1: «Salvo quanto stabilito dai successivi commi 2, 3, 4, 5 e 6 o da sin- gole disposizioni di legge, …»; comma 3: «Se non è diversamente stabilito, …»; comma 5: «Salvo quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, …»). L’obiettivo di semplificazione delle procedure è perseguito anche con la prospettata interpolazione dell’art. 35-bis ord. penit., volta a sostituire l’attuale doppio step procedurale, a contraddittorio necessario, di cui all’art. 666 c.p.p., con il più snello modulo bifasico, a contraddittorio eventuale e differito, richiamato dall’art. 678, comma 1, c.p.p. (sia pure ibridato dalla prevista interlocuzione con l’amministrazione interessata). Non solo. La modifica proposta, sopprimendo il “doppio reclamo” e riservando al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere tanto sul re- clamo contro il provvedimento dell’amministrazione, quanto sull’opposizione ex art. 667, comma 4, c.p.p. avverso l’ordinanza che lo definisce de plano, evita il più dispendioso intervento, in seconda battuta, del tribunale di sorve- glianza. Nella stessa ottica di semplificazione procedurale si colloca, altresì, la proposta applicabilità al giudizio di ottemperanza delle forme di cui all’art. 667, comma 4, c.p.p. in luogo della sequenza a contraddittorio necessario disciplinata dall’art. 666 c.p.p. Funzionali al potenziamento del “diritto alla presenza dell’interessato” sono le modifiche all’art. 69, comma 5, ord. penit., dirette ad estendere, anche per relationem (cfr. art. 21-bis, comma 2, ord. penit.), l’ambito operativo della procedura ex art. 667, comma 4, c.p.p. al decreto di approvazione del programma di trattamento (art. 13 ord. penit.) e a quello con il quale il magistrato di sorveglianza concede o nega al condannato o all’internato l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro all’esterno (art. 21 ord. penit.) o l’autorizzazione all’assistenza all’esterno dei figli mi- nori (art. 21-bis ord. penit.). Nella stessa ottica, si giustificano le modifiche agli artt. 52 e 53 ord. penit., dirette a estendere le rimodulate garan- zie partecipative previste in materia di permessi premio e di necessità alle licenze per detenuti semiliberi e per in- ternati. In proposito, pare opportuno diversificare – intervenendo sul comma 7 dell’art. 30-ter ord. penit. – la tempi- stica del procedimento di reclamo dinanzi al tribunale di sorveglianza in relazione alla diversa natura dei permessi (e, corrispondentemente, delle licenze), circoscrivendo ai permessi (e alle licenze) di necessità la procedura accele- rata prevista dall’art. 30-bis, comma 4, ord. penit. Relativamente alle cadenze contemplate da tale disposizione, la prospettata dilatazione del termine per la decisione del tribunale di sorveglianza – da dieci a quindici giorni – muo- ve dall’esigenza di coordinare lo spatium deliberandi concesso al giudice con il termine dilatorio, anche esso di dieci giorni, previsto dall’art. 666, comma 3, c.p.p. per la comunicazione o notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Nelle procedure di controllo dei provvedimenti limitativi dei diritti fondamentali dell’individuo (artt. 14-ter, 18-ter e 41-bis ord. penit.) sono incuneati termini perentori a pena di caducazione dei provvedimenti impugnati, traendo spunto dal congegno delineato dall’art. 309, commi 5, 9 e 10, c.p.p. La modifica in esame, sebbene non imposta dai criteri della delega, potrebbe favorire, indirettamente, la semplificazione delle procedure ove si ritenesse che alla scadenza del termine per la decisione, oltre alla perdita di efficacia del provvedimento restrittivo, consegua anche l’estinzione del procedimento di controllo per sopravvenuta carenza di interesse in capo al condannato. Infine, in linea con il criterio direttivo di cui alla lett. c), è contemplata la pubblicità dell’udienza ex artt. 666 e 678 c.p.p.: le modalità controversiali di svolgimento e l’elevata posta in gioco che la caratterizzano (tanto più nella nuo- va cornice normativa di riferimento) rendono ineludibile un adeguamento del modello procedurale “partecipato” alle indicazioni provenienti dal Giudice delle leggi (cfr., ex plurimis, Corte cost., 5 giugno 2015, n. 97 e Corte cost., 21 maggio 2014, n. 135) e dalla Corte di Strasburgo (v., tra le altre, Corte eur. dir. uomo, 10 aprile 2012, Xxxxxxxxxx x. Italia e Corte eur. dir. uomo, 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia). In funzione della tutela di valori so- vra/equi-ordinati in conflitto (cfr. artt. 6 § 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo e 14 § 1 Patto internazionale sui diritti civili e politici), si giustifica, poi, il recepimento dei limiti e delle eccezioni alla pubblicità dell’udienza racchiusi nell’enclave normativa degli artt. 471-473 c.p.p. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx 2 CONTRADDITORIO DIFFERITO ED EVENTUALE PER LE PENE BREVI

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Relazione illustrativa. Le modifiche proposte tendono ad attuare i criteri di cui alle lettL’attuazione delle delega dovrebbe proseguire nel cammino, parzialmente già recepito dal d.l. a) e c) della delega, n. 146/2013 conv. nella misura in cui semplifi- xxxx le procedure e configurano un procedimento di sorveglianza l. n. 10/2014 (che garantisce ha introdotto il diritto alla presenza dell’interessato e la pubblicità dell’udienza. In questa prospettiva, passando dalla riscrittura dell’artcomma 1-bis all’art. 678 c.p.p.), si ipotizza di “cucire” il procedimento “ordinario” di sorveglianza sul modello oggi delineato dall’art. 667, comma 4, c.p.p. Tale opzione, invero, consente di snellire l’iter procedurale ed accelerare la decisione, senza sacrificare il contraddittorio, che potrà sempre attuarsi, in via even- tuale e differita, nelle forme contemplate dall’art. 666 c.p.p., a seguito dell’opposizione presentata dal pubblico mini- stero o dall’interessato avverso l’ordinanza adottata de plano dal tribunale o dal magistrato intervento sulla disciplina del procedi- mento di sorveglianza. Sembra, peraltro, opportuna una variante nello schema descritto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., implicante l’interpello “cartolare” del pubblico ministero, quando il tribunale riservando la procedura a maggiore tasso di sorveglianza debba decidere sulla concessione di misure idonee ad incidere sull’an, sul quomodo o sul quando della carcerazione. La possibilità, così assicurata, di tenere conto del punto di vista del pubblico ministero dovrebbe anche favorire l’adozione di provvedimenti mag- giormente ponderati e, giurisdizionalità alle materie per questa via, “frenare” la presentazione di successive opposizioni. In linea le quali si pro- cede con la direttiva di cui alla lett. a), si prevede, invece, il ricorso alla procedura “partecipata” le più garantite forme di cui all’art. 666 c.p.p. qualora il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla revoca (poiché involgenti più direttamente profili afferenti a diritti fondamentali quali la libertà personale) ed estendendo alla sola materia dell’applicazione delle misure alternative alla detenzione. Di più. Non ostandovi la formulazione letterale del criterio di delega, si propone di applicare tale schema procedu- rale anche quando si tratti di decidere sulla revoca delle altre misure ampliative dello status libertatis del condanna- to. La proposta si giustifica, non solo e non tanto in ossequio al contraddittorio, che sarebbe comunque salvaguarda- to dal meccanismo oppositivo ai soggetti ‘liberi sospesi’ ex art. 667656 comma 5 che abbiano da espiare una pena detentiva, comma 4anche se costituente resi- duo di maggior pena, c.p.p. – la cui attivazione sospenderebbe l’esecuzione del provvedimento di revoca –, quanto per ragioni di economia processuale: non è revocabile in dubbio, infatti, che il provvedimento di revoca della misura “di favore”, adottato dal giudice inaudita altera parte, si esporrebbe sistema- ticamente all’opposizione dell’interessato. Sembra, poi, coerente estendere la procedura “partecipata” ai casi in cui il tribunale di sorveglianza decide quale giudice del reclamo o dell’appello avverso provvedimenti adottati dall’amministrazione o dal magistrato di sorveglianza: la scelta, se, il più delle volte, è coerente con l’esigenza di supplire, in sede di impugnazione, al deficit di contraddittorio orale che caratterizza l’adozione del provvedimento impugnato, talvolta (si pensi all’appello avverso il provvedimento applicativo di una misura di sicurezza) è funzio- nale superiore ad assicurare, nella fase di controllo della decisione, dinanzi al giudice collegiale, un tasso dialettico corri- spondente a quello sotteso alla decisione controllata. Con un intervento di lifting normativo, sono trapiantate, una volta per tutte, nell’art. 678, comma 3, c.p.p. l’incompatibilità a giudicare, quale componente del tribunale di sorve- glianza, del magistrato che abbia emesso il provvedimento impugnato e il connesso meccanismo di integrazione del collegio con giudici non specializzati, a fronte dell’impossibilità di comporlo con i magistrati di sorveglianza del distretto. Parallelamente, sono soppresse le omologhe previsioni disseminate nel testo della l. n. 354/1975. Quanto alle materie rientranti nella competenza del magistrato di sorveglianza, si circoscrive il ricorso alla procedu- ra di cui all’art. 666 c.p.p. ai soli casi in cui dal provvedimento finale possa derivare una incisiva limitazione della libertà personale dell’interessato (applicazione o trasformazione in peius di misure di sicurezza) o un aggravio del suo status penale (dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere). Mentre è con- gegnata una procedura ad hoc, con contraddittorio eventuale, di tipo cartolare, in vista dell’adozione degli altri provvedimenti – ampliativi della sfera giuridica dell’interessato – attinenti alle misure di sicurezza ovvero alla di- chiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, nonché ai permessi premio. Al r i- guardo, infattianni uno, la necessità di assicurare il controllo del tribunale di sorveglianzapiù snella e semplificata procedura camerale senza contradditto- rio con possibilità, nelle forme ordinarie del proce- dimento di esecuzione, sulla legittimità e fondatezza dei provvedimenti emessi dall’organo monocratico impedisce di far leva, anche ortopedicamente, sul modello previsto dall’artsu opposizione della parte ex art. 667, 667 comma 4, 4 c.p.p., che assicura sì, di accedere in ogni caso al contraddittorio pieno avanti il Tribunale. Ferme restando le competenze a seguito contraddittorio differito ed eventuale dell’organo mono- cratico di opposizione, l’attuazione del contraddittorio, ma dinanzi allo stesso giudice che ha adottato il provvedimento inve- stivo dall’atto oppositivo. L’esigenza di preservare la specificità di alcuni modelli decisionali atipici o particolari deviazioni dagli schemi or- dinari di riferimento (artt. 666 e 667, comma 4, c.p.p.), sia nelle materie di competenza del magistrato di sorve- glianza (cfr., a titolo esemplificativo, artt. 30-bis, commi 1 e 2, 35-bis, 47, comma 8, 47-ter, comma 4, 51-bis, 51- ter, 53-bis, cui al comma 1, e 69-bis ord. penit., 2, comma 2, l. n. 207/2003 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), sia in quelle di competenza del tribunale di sorveglianza (v., ad esempio, artt. 14-ter, 18-ter, comma 6, e 30-bis, comma 4, ord. penit., 90-93 e 94 d.P.R. n. 309/1990 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), è garantita da apposite clausole di salvezza allocate nell’artall’art. 678 c.p.p. (e i poteri di intervento anticipato del Magistrato di sorveglianza nel- la concessione delle misure alternative e nel differimento della pena ai sensi degli articoli 47 comma 4 e 47-ter comma 1: «Salvo quanto stabilito dai successivi commi 2-quater ord. penit. e 684 c.p.p., 3ove ricorrano le condizioni ivi previste, 4da estendere anche alla concessio- ne anticipata, 5 in tutte le ipotesi, della semilibertà, si ritiene di dover limitare il contraddittorio differito alla conces- sione delle misure alternative da parte del Tribunale nei limiti indicati, allorché l’esiguità della pena consente un’indagine istruttoria più snella da parte del Collegio (che viene comunque mantenuto anche nella sua composi- zione dei giudici Xxxxxxx) lasciando agli interessati (PM e 6 o da sin- gole disposizioni condannato) la facoltà di leggeopposizione. Come emerge già dalla Relazione accompagnatoria, …»; comma 3: «Se Analisi tecnico-normativa (pag. 31 della legge delega) non è diversamente stabilitosolo la revoca ma anche la materia relativa all’applicazione delle misure alternative, …»; comma 5: «Salvo quanto stabilito da specifiche disposizioni in forma prevalente, e, integralmen- te, quelle relative al differimento della pena (artt. 146 e 147 c.p.), al ricovero per infermità psichica (art. 148 c.p.), all’applicazione, esecuzione, trasformazione e revoca delle misure di leggesicurezza (art. 679 c.p.p.) e riesame della per i- colosità (208 c.p.) nonché, …»). L’obiettivo di semplificazione delle procedure è perseguito anche con infine, la prospettata interpolazione dell’arttutela giurisdizionale dei diritti (artt. 35-bis ord. penit., volta a sostituire l’attuale doppio step procedurale, a contraddittorio necessario, di cui all’art. 666 c.p.p., con il più snello modulo bifasico, a contraddittorio eventuale e differito, richiamato dall’art. 678, comma 1, c.p.p. (sia pure ibridato dalla prevista interlocuzione con l’amministrazione interessata). Non solo. La modifica proposta, sopprimendo il “doppio reclamo” e riservando al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere tanto sul re- clamo contro il provvedimento dell’amministrazione, quanto sull’opposizione ex art. 667, comma 4, c.p.p. avverso l’ordinanza che lo definisce de plano, evita il più dispendioso intervento, in seconda battuta, del tribunale di sorve- glianza. Nella stessa ottica di semplificazione procedurale si colloca, altresì, la proposta applicabilità al giudizio di ottemperanza delle forme di cui all’art. 667, comma 4, c.p.p. in luogo della sequenza a contraddittorio necessario disciplinata dall’art. 666 c.p.p. Funzionali al potenziamento del “diritto alla presenza dell’interessato” sono le modifiche all’art. 69, comma 5, ord. penit., dirette ad estendere, anche per relationem (cfr. art. 2135-bis, comma 2, ter ord. penit.), l’ambito operativo va opportu- namente riservata al contraddittorio pieno a salvaguardia della procedura ex artnatura stessa della ‘giurisdizione rieducativa’ in quanto costitutivamente discorsiva, dialettica e multidisciplinare, garanzia fondamentale della qualità dei giudizi prognostici. 667Per questi motivi anche l’intera materia riguardante la concessione delle misure alternative ai soggetti detenuti va esclusa dalla semplificazione legislativa. Del resto va ricordato che la Corte costituzionale ha già previsto, comma 4ancorché a richiesta dell'interessato, c.p.p. al decreto l'udienza pubblica in tutti i procedimenti di approvazione competenza del programma di trattamento (art. 13 ord. penit.) e a quello con il quale il magistrato Tribunale di sorveglianza concede o nega al condannato o all’internato l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro all’esterno (art. 21 ord. penit.) o l’autorizzazione all’assistenza all’esterno dei figli mi- nori (art. 21-bis ord. penit.). Nella stessa ottica, si giustificano le modifiche agli artt. 52 e 53 ord. penit., dirette a estendere le rimodulate garan- zie partecipative previste nei procedimenti in materia di permessi premio e misure di necessità sicurezza avanti al magistrato di sorveglianza, esigenza che mal si concilia con un contraddittorio solo eventuale. Per questi motivi si ritiene anche di adeguare la normativa alle licenze pronunce della Corte cost. introducendo all’art. 678 un ulteriore comma (4°) per detenuti semiliberi e per in- ternati. In propositola previsione, pare opportuno diversificare – intervenendo sul comma 7 dell’art. 30-ter ord. penit. – la tempi- stica del procedimento di reclamo dinanzi a richiesta dell’interessato, dell’udienza pubblica in tutti i procedimenti a contraddittorio pieno avanti al tribunale Tribunale di sorveglianza in relazione alla diversa natura dei permessi (e, corrispondentemente, e nella materia delle licenze), circoscrivendo ai permessi (e alle licenze) misure di necessità la procedura accele- rata prevista dall’art. 30-bis, comma 4, ord. penit. Relativamente alle cadenze contemplate da tale disposizione, la prospettata dilatazione del termine per la decisione del tribunale sicurezza avanti al Mag i- strato di sorveglianza – da dieci a quindici giorni – muo- ve dall’esigenza di coordinare lo spatium deliberandi concesso al giudice con il termine dilatorio, anche esso di dieci giorni, previsto dall’art. 666, comma 3, c.p.p. per la comunicazione o notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Nelle procedure di controllo dei provvedimenti limitativi dei diritti fondamentali dell’individuo (artt. 14-ter, 18-ter e 41-bis ord. penit.) sono incuneati termini perentori a pena di caducazione dei provvedimenti impugnati, traendo spunto dal congegno delineato dall’art. 309, commi 5, 9 e 10, c.p.p. La modifica in esame, sebbene non imposta dai criteri della delega, potrebbe favorire, indirettamente, la semplificazione delle procedure ove si ritenesse che alla scadenza del termine per la decisione, oltre alla perdita di efficacia del provvedimento restrittivo, consegua anche l’estinzione del procedimento di controllo per sopravvenuta carenza di interesse in capo al condannato. Infine, in linea con il criterio direttivo di cui alla lett. c), è contemplata la pubblicità dell’udienza ex artt. 666 e 678 c.p.p.: le modalità controversiali di svolgimento e l’elevata posta in gioco che la caratterizzano (tanto più nella nuo- va cornice normativa di riferimento) rendono ineludibile un adeguamento del modello procedurale “partecipato” alle indicazioni provenienti dal Giudice delle leggi (cfr., ex plurimis, Corte cost., 5 giugno 2015, n. 97 e Corte cost., 21 maggio 2014, n. 135) e dalla Corte di Strasburgo (v., tra le altre, Corte eur. dir. uomo, 10 aprile 2012, Xxxxxxxxxx x. Italia e Corte eur. dir. uomo, 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia). In funzione della tutela di valori so- vra/equi-ordinati in conflitto (cfr. artt. 6 § 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo e 14 § 1 Patto internazionale sui diritti civili e politici), si giustifica, poi, il recepimento dei limiti e delle eccezioni alla pubblicità dell’udienza racchiusi nell’enclave normativa degli artt. 471-473 c.p.psorveglianza. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx 2 CONTRADDITORIO DIFFERITO ED EVENTUALE PER LE PENE BREVI3 CONCESSIONE IN VIA ANTICIPATA DELLA SEMILIBERTÀ

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Relazione illustrativa. Le modifiche proposte tendono ad attuare i criteri di cui alle lett. a) e c) della delega, nella misura in cui semplifi- xxxx mirano a semplificare le procedure e configurano un procedimento di sorveglianza che garantisce il diritto alla presenza dell’interessato e la pubblicità dell’udienza. In questa prospettiva, passando dalla riscrittura dell’art. 678 c.p.p., si ipotizza di “cucire” il procedimento “ordinario” di sorveglianza sul modello oggi delineato dall’art. 667, comma 4, c.p.p. Tale opzione, invero, consente di snellire l’iter procedurale ed accelerare la decisione, senza sacrificare il contraddittorio, che potrà sempre attuarsi, in via even- tuale e differita, nelle forme contemplate dall’art. 666 c.p.p., a seguito dell’opposizione presentata dal pubblico mini- stero o dall’interessato avverso l’ordinanza adottata de plano dal tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Sembra, peraltro, opportuna una variante nello schema descritto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., implicante l’interpello “cartolare” del pubblico ministero, quando il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla concessione di misure idonee ad incidere sull’an, sul quomodo o sul quando della carcerazione. La possibilità, così assicurata, di tenere conto del punto di vista del pubblico ministero dovrebbe anche favorire l’adozione di provvedimenti mag- giormente ponderati e, per questa via, “frenare” la presentazione di successive opposizioni. In linea con la direttiva di cui alla lett. a), si prevede, invece, il ricorso alla procedura “partecipata” di cui all’art. 666 c.p.p. qualora il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla revoca delle misure alternative alla detenzione. Di più. Non ostandovi la formulazione letterale del criterio di delega, si propone di applicare tale schema procedu- rale anche quando si tratti di decidere sulla revoca delle altre misure ampliative dello status libertatis del condanna- to. La proposta si giustifica, non solo e non tanto in ossequio al contraddittorio, che sarebbe comunque salvaguarda- to dal meccanismo oppositivo ex art. 667, comma 4, c.p.p. – la cui attivazione sospenderebbe l’esecuzione del provvedimento di revoca –, quanto per ragioni di economia processuale: non è revocabile in dubbio, infatti, che il provvedimento di revoca della misura “di favore”, adottato dal giudice inaudita altera parte, si esporrebbe sistema- ticamente all’opposizione dell’interessato. Sembra, poi, coerente estendere la procedura “partecipata” ai casi in cui il tribunale di sorveglianza decide quale giudice del reclamo o dell’appello avverso provvedimenti adottati dall’amministrazione o dal magistrato di sorveglianza: la scelta, se, il più delle volte, è coerente con l’esigenza di supplire, in sede di impugnazione, al deficit di contraddittorio orale che caratterizza l’adozione del provvedimento impugnato, talvolta (si pensi all’appello avverso il provvedimento applicativo di una misura di sicurezza) è funzio- nale ad assicurare, nella fase di controllo della decisione, dinanzi al giudice collegiale, un tasso dialettico corri- spondente a quello sotteso alla decisione controllata. Con un intervento di lifting normativo, sono trapiantate, una volta per tutte, nell’art. 678, comma 3, c.p.p. l’incompatibilità a giudicare, quale componente del tribunale di sorve- glianza, del magistrato che abbia emesso il provvedimento impugnato e il connesso meccanismo di integrazione del collegio con giudici non specializzati, a fronte dell’impossibilità di comporlo con i magistrati di sorveglianza del distretto. Parallelamente, sono soppresse le omologhe previsioni disseminate nel testo della l. n. 354/1975. Quanto alle materie rientranti nella competenza del magistrato di sorveglianza, si circoscrive il ricorso alla procedu- ra di cui all’art. 666 c.p.p. ai soli casi in cui dal provvedimento finale possa derivare una incisiva limitazione della libertà personale dell’interessato (applicazione o trasformazione in peius di misure di sicurezza) o un aggravio del suo status penale (dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere). Mentre è con- gegnata una procedura ad hoc, con contraddittorio eventuale, di tipo cartolare, in vista dell’adozione degli altri provvedimenti – ampliativi della sfera giuridica dell’interessato – attinenti alle misure di sicurezza ovvero alla di- chiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, nonché ai permessi premio. Al r i- guardo, infatti, la necessità di assicurare il controllo del tribunale di sorveglianza, nelle forme ordinarie del proce- dimento di esecuzione, sulla legittimità e fondatezza dei provvedimenti emessi dall’organo monocratico impedisce di far leva, anche ortopedicamente, sul modello previsto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., che assicura sì, a seguito di opposizione, l’attuazione del contraddittorio, ma dinanzi allo stesso giudice che ha adottato il provvedimento inve- stivo dall’atto oppositivo. L’esigenza di preservare la specificità di alcuni modelli decisionali atipici o particolari deviazioni dagli schemi or- dinari di riferimento (artt. 666 e 667, comma 4, c.p.p.), sia nelle materie decisioni di competenza del magistrato di sorve- glianza (cfr.glianza, a titolo esemplificativo, artt. 30-bis, commi 1 e 2, 35-bis, 47, comma 8, 47-ter, comma 4, 51-bis, 51- ter, 53-bis, comma 1, e 69-bis ord. penit., 2, comma 2, l. n. 207/2003 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), sia in quelle di competenza del tribunale di sorveglianza (v., ad esempio, artt. 14-ter, 18-ter, comma 6, e 30-bis, comma 4, ord. penit., 90-93 e 94 d.P.R. n. 309/1990 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), è garantita da apposite clausole di salvezza allocate nell’art. 678 c.p.p. (comma 1: «Salvo quanto stabilito dai successivi commi 2, 3, 4, 5 e 6 o da sin- gole disposizioni di legge, …»; comma 3: «Se non è diversamente stabilito, …»; comma 5: «Salvo quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, …»). L’obiettivo di semplificazione delle procedure è perseguito anche con la prospettata interpolazione dell’artparticolare nella materia dei reclami giurisdizionali ex art. 35-bis ord. penit., volta a sostituire l’attuale doppio step procedurale, a contraddittorio necessario, di cui all’art. 666 c.p.p., con il più snello modulo bifasico, a contraddittorio eventuale e differito, richiamato dall’art. 678, comma 1, c.p.p. (sia pure ibridato dalla prevista interlocuzione con l’amministrazione interessata). Non solo. La modifica proposta, sopprimendo il “doppio reclamo” e riservando al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere tanto sul re- clamo contro il provvedimento dell’amministrazione, quanto sull’opposizione ex art. 667, comma 4, c.p.p. avverso l’ordinanza che lo definisce de plano, evita il più dispendioso intervento, in seconda battuta, attuazione del tribunale di sorve- glianza. Nella stessa ottica di semplificazione procedurale si colloca, altresì, la proposta applicabilità al giudizio di ottemperanza delle forme di cui all’art. 667, comma 4, c.p.p. in luogo della sequenza a contraddittorio necessario disciplinata dall’art. 666 c.p.p. Funzionali al potenziamento del “diritto alla presenza dell’interessato” sono le modifiche all’art. 69, comma 5, ord. penit., dirette ad estendere, anche per relationem (cfr. art. 21-bis, comma 2, ord. penit.), l’ambito operativo della procedura ex art. 667, comma 4, c.p.p. al decreto di approvazione del programma di trattamento (art. 13 ord. penit.) e a quello con il quale il magistrato di sorveglianza concede o nega al condannato o all’internato l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro all’esterno (art. 21 ord. penit.) o l’autorizzazione all’assistenza all’esterno dei figli mi- nori (art. 21-bis ord. penit.). Nella stessa ottica, si giustificano le modifiche agli artt. 52 e 53 ord. penit., dirette a estendere le rimodulate garan- zie partecipative previste in materia di permessi premio e di necessità alle licenze per detenuti semiliberi e per in- ternati. In proposito, pare opportuno diversificare – intervenendo sul comma 7 dell’art. 30-ter ord. penit. – la tempi- stica del procedimento di reclamo dinanzi al tribunale di sorveglianza in relazione alla diversa natura dei permessi (e, corrispondentemente, delle licenze), circoscrivendo ai permessi (e alle licenze) di necessità la procedura accele- rata prevista dall’art. 30-bis, comma 4, ord. penit. Relativamente alle cadenze contemplate da tale disposizione, la prospettata dilatazione del termine per la decisione del tribunale di sorveglianza – da dieci a quindici giorni – muo- ve dall’esigenza di coordinare lo spatium deliberandi concesso al giudice con il termine dilatorio, anche esso di dieci giorni, previsto dall’art. 666, comma 3, c.p.p. per la comunicazione o notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Nelle procedure di controllo dei provvedimenti limitativi dei diritti fondamentali dell’individuo (artt. 14-ter, 18-ter e 41-bis ord. penit.) sono incuneati termini perentori a pena di caducazione dei provvedimenti impugnati, traendo spunto dal congegno delineato dall’art. 309, commi 5, 9 e 10, c.p.p. La modifica in esame, sebbene non imposta dai criteri della delega, potrebbe favorire, indirettamente, la semplificazione delle procedure ove si ritenesse che alla scadenza del termine per la decisione, oltre alla perdita di efficacia del provvedimento restrittivo, consegua anche l’estinzione del procedimento di controllo per sopravvenuta carenza di interesse in capo al condannato. Infine, in linea con il criterio direttivo di cui alla lett. c), è contemplata la pubblicità dell’udienza ex artt. 666 e 678 c.p.p.: le modalità controversiali di svolgimento e l’elevata posta in gioco che la caratterizzano (tanto più nella nuo- va cornice normativa di riferimento) rendono ineludibile un adeguamento del modello procedurale “partecipato” alle indicazioni provenienti dal Giudice delle leggi (cfr., ex plurimis, Corte cost., 5 giugno 2015, n. 97 e Corte cost., 21 maggio 2014, n. 135) e dalla Corte di Strasburgo (v., tra le altre, Corte eur. dir. uomo, 10 aprile 2012, Xxxxxxxxxx x. Italia e Corte eur. dir. uomo, 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italiaa). In funzione della Inoltre le stesse sono finalizzate a rendere più effettivo il rimedio giurisdizionale, con conseguente più pronta tutela di valori so- vra/equi-ordinati in conflitto (cfr. artt. 6 § 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo delle persone detenute e, in ultima istanza, maggior rispetto della loro dignità, in attuazione del criterio di cui alla lett. r). A tal fine si propone di rendere esplicito che l’ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza è immediatamente esecutiva e 14 § 1 Patto internazionale sui che l’eventuale reclamo non ne sospende l’esecuzione. Resta ferma la possibilità di richiedere al magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento la sospensione dell’esecuzione in attesa della decisione sull’impugnazione. Conseguentemente si propone di intervenire anche sul comma 5, disponendo che il procedimento per l’ottemperanza possa essere attivato immediatamente, ove il provvedimento non trovi esecuzione da parte dell’amministrazione interessata, senza attendere l’esperimento delle impugnazioni. In tal modo viene mutuata integralmente la disciplina dell’ottemperanza dal processo amministrativo ove è prevista la possibilità, così come stabilito dall’art. 114 comma 4 lett. c) d.lgs. n. 104/2010, di ottenere l’esecuzione coattiva del provvedimento anche prima della sua definitività (nel giudizio amministrativo anche le sentenze del t.a.r. non ancora passate in giudicato sono infatti passibili di ottemperanza). L’art. 35-bis, con le descritte modifiche, rispon- derebbe in modo assai più efficace alla sua funzione inibitoria rispetto ai comportamenti dell’amministrazione che arrechino un grave pregiudizio all’esercizio di diritti civili e politici)delle persone detenute, si giustifica, poi, riducendo i tempi dell’esecuzione ed eliminando così anche i reclami ripetitivi che il recepimento dei limiti e delle eccezioni alla pubblicità dell’udienza racchiusi nell’enclave normativa degli arttdetenuto che ha ottenuto un provvedimento favorevole è costretto a fare prima di vederlo concretamente eseguito. 471-473 c.p.p. Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx 2 CONTRADDITORIO DIFFERITO ED EVENTUALE 5 PER LE PENE BREVIUN MODELLO ESECUTIVO CHE FAVORISCA IL RICORSO A MISURE PENALI DI COMUNITÀ

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Relazione illustrativa. L’articolo 6 disciplina il collegio consultivo tecnico, prevedendone l’obbligatorietà per appalti di valore superiore a un dato importo. Il collegio, oltre ai compiti descritti nell’articolo 5 (in tema di sospensione e modifiche dell’opera), ha funzione di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche (enunciato linguistico idoneo a sussumere sia controversie che problematiche di ordine tecnico emergenti nel corso della realizzazione dell’opera) di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto stesso. Le modifiche proposte funzioni del collegio tendono quindi ad attuare i criteri avvicinarsi a quelle del Dispute Board che costituisce ormai la prassi nella contrattualistica internazionale di cui alle lett. a) e c) della delega, nella misura in cui semplifi- xxxx le procedure e configurano un procedimento di sorveglianza che garantisce il diritto alla presenza dell’interessato certo rilievo e la pubblicità dell’udienza. In questa prospettiva, passando dalla riscrittura dell’art. 678 c.p.p., si ipotizza di “cucire” il procedimento “ordinario” di sorveglianza sul modello oggi delineato dall’art. 667, comma 4, c.p.p. Tale opzione, invero, consente di snellire l’iter procedurale ed accelerare la decisione, senza sacrificare il contraddittorio, che potrà sempre attuarsi, in via even- tuale e differita, nelle forme contemplate dall’art. 666 c.p.p., a seguito dell’opposizione presentata dal pubblico mini- stero o dall’interessato avverso l’ordinanza adottata de plano dal tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Sembra, peraltro, opportuna una variante nello schema descritto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., implicante l’interpello “cartolare” del pubblico ministero, quando il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla concessione di misure idonee ad incidere sull’an, sul quomodo o sul quando della carcerazione. La possibilità, così assicurata, di tenere conto del punto di vista del pubblico ministero dovrebbe anche favorire l’adozione di provvedimenti mag- giormente ponderati e, per questa via, “frenare” la presentazione di successive opposizioni. In linea con la direttiva di cui alla lett. a), si prevede, invece, il ricorso alla procedura “partecipata” di cui all’art. 666 c.p.p. qualora il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla revoca delle misure alternative alla detenzione. Di più. Non ostandovi la formulazione letterale del criterio di delega, si propone di applicare tale schema procedu- rale anche quando si tratti di decidere sulla revoca delle altre misure ampliative dello status libertatis del condanna- to. La proposta si giustifica, non solo e non tanto in ossequio al contraddittorio, che sarebbe comunque salvaguarda- to dal meccanismo oppositivo ex art. 667, comma 4, c.p.p. – la cui attivazione sospenderebbe l’esecuzione del provvedimento di revoca –, quanto per ragioni di economia processuale: non disciplina è revocabile in dubbio, infatti, che il provvedimento di revoca della misura “di favore”, adottato dal giudice inaudita altera parte, si esporrebbe sistema- ticamente all’opposizione dell’interessato. Sembra, poi, coerente estendere la procedura “partecipata” ai casi in cui il tribunale di sorveglianza decide quale giudice del reclamo o dell’appello avverso provvedimenti adottati dall’amministrazione o dal magistrato di sorveglianza: la scelta, se, il più delle volte, è coerente con l’esigenza di supplire, in sede di impugnazione, al deficit di contraddittorio orale che caratterizza l’adozione del provvedimento impugnato, talvolta (si pensi all’appello avverso il provvedimento applicativo di una misura di sicurezza) è funzio- nale ad assicurare, nella fase di controllo della decisione, dinanzi al giudice collegiale, un tasso dialettico corri- spondente a quello sotteso alla decisione controllata. Con un intervento di lifting normativo, sono trapiantate, una volta per tutte, nell’art. 678, comma 3, c.p.p. l’incompatibilità a giudicare, quale componente del tribunale di sorve- glianza, del magistrato che abbia emesso il provvedimento impugnato e il connesso meccanismo di integrazione del collegio con giudici non specializzati, a fronte dell’impossibilità di comporlo con i magistrati di sorveglianza del distretto. Parallelamente, sono soppresse le omologhe previsioni disseminate nel testo della l. n. 354/1975. Quanto alle materie rientranti nella competenza del magistrato di sorveglianza, si circoscrive il ricorso alla procedu- ra di cui all’art. 666 c.p.p. ai soli casi in cui dal provvedimento finale possa derivare una incisiva limitazione della libertà personale dell’interessato (applicazione o trasformazione in peius di misure di sicurezza) o un aggravio del suo status penale (dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere). Mentre è con- gegnata una procedura ad hoc, con contraddittorio eventuale, di tipo cartolare, in vista dell’adozione degli altri provvedimenti – ampliativi della sfera giuridica dell’interessato – attinenti alle misure di sicurezza ovvero alla di- chiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, nonché ai permessi premio. Al r i- guardo, infatti, la necessità di assicurare il controllo del tribunale di sorveglianza, nelle forme ordinarie del proce- dimento di esecuzione, sulla legittimità e fondatezza dei provvedimenti emessi dall’organo monocratico impedisce di far leva, anche ortopedicamente, sul modello previsto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., che assicura sì, a seguito di opposizione, l’attuazione del contraddittorio, ma dinanzi allo stesso giudice che ha adottato il provvedimento inve- stivo dall’atto oppositivo. L’esigenza di preservare la specificità di alcuni modelli decisionali atipici o particolari deviazioni dagli schemi or- dinari di riferimento (artt. 666 e 667, comma 4, c.p.p.), sia nelle materie di competenza del magistrato di sorve- glianza (cfr.contenuta, a titolo esemplificativo, arttnelle norme FIDIC. 30-bisLa previsione pertanto è diretta ad allineare i grandi appalti di opere pubbliche interne alle prassi internazionali. Il collegio deve essere nominato prima dell’inizio dell’esecuzione dell’opera, commi 1 è composto da tre componenti o cinque in caso di particolare complessità dell’opera e 2di eterogeneità delle professionalità richieste e, 35-bisall’atto della costituzione, 47gli viene fornita copia dell’intera documentazione inerente il contratto. Vengono quindi descritte le modalità con cui opera il collegio, comma 8, 47-ter, comma 4, 51-bis, 51- ter, 53-bis, comma 1, e 69-bis ord. penit., 2, comma 2, l. n. 207/2003 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998)nonché il valore da attribuire alle relative determinazioni, sia in termini pubblici (con effetti sulla disciplina della responsabilità del funzionario) che in termini privatistici (presunzione relativa di inadempimento). Si prevede, ancora, a fini deflattivi che l’esecuzione delle determinazioni del collegio abbia natura transattiva, salva diversa volontà manifestata espressamente dalle parti. dell'opera. I componenti del collegio possono essere scelti dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti e che il terzo o il quinto componente, con funzioni di presidente, sia scelto dai componenti di nomina di parte. Nel caso in cui le parti non trovino accordo sulla nomina dell’ultimo componente entro il termine indicato al comma precedente, questo è designato entro i successivi cinque giorni dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per le opere di interesse nazionale, ovvero dalle Regioni, dalle Province autonome o dalle città metropolitane per le opere di rispettivo interesse, tra ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto e alla specifica conoscenza di metodi e strumenti elettronici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM), maturata per effetto del conseguimento di un dottorato di ricerca ovvero di una dimostrata pratica professionale per almeno cinque anni nel settore di riferimento. Il collegio consultivo tecnico si intende costituito al momento della designazione del terzo o del quinto componente. La nomina del collegio consultivo tecnico è consentita anche per opere differenti da quelle di competenza del tribunale di sorveglianza superiori alla soglia indicata (v., ad esempio, artt. 14-ter, 18-ter, comma 6, e 30-bis, comma 4, ord. penit., 90-93 ) e 94 d.P.R. n. 309/1990 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), è garantita da apposite clausole di salvezza allocate nell’art. 678 c.p.p. per fasi differenti (comma 1: «Salvo quanto stabilito dai successivi commi 2, 3, 4, 5 e 6 o da sin- gole disposizioni di legge, …»; comma 3: «Se non è diversamente stabilito, …»; comma 5: «Salvo quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, …»). L’obiettivo In tale ultimo caso, il sesto comma prevede che il collegio tecnico fornisce ogni forma di semplificazione delle procedure assistenza tecnica e giuridica necessaria, proponendo anche soluzioni tecniche più vantaggiose, nella fase di programmazione e progettazione e in quella di affidamento dei contratti pubblici. L’assistenza è perseguito anche con la prospettata interpolazione dell’art. 35-bis ord. penit.fornita, volta a sostituire l’attuale doppio step proceduraletra l’altro, a contraddittorio necessario, mediante l’espressione di cui all’art. 666 c.p.p., con il più snello modulo bifasico, a contraddittorio eventuale e differito, richiamato dall’art. 678, comma 1, c.p.p. (sia pure ibridato dalla prevista interlocuzione con l’amministrazione interessata). Non solo. La modifica proposta, sopprimendo il “doppio reclamo” e riservando al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere tanto sul re- clamo contro il provvedimento dell’amministrazione, quanto sull’opposizione ex art. 667, comma 4, c.p.p. avverso l’ordinanza che lo definisce de plano, evita il più dispendioso intervento, in seconda battuta, del tribunale di sorve- glianza. Nella stessa ottica di semplificazione procedurale si colloca, altresì, la proposta applicabilità al giudizio di ottemperanza delle forme di cui all’art. 667, comma 4, c.p.p. in luogo della sequenza a contraddittorio necessario disciplinata dall’art. 666 c.p.p. Funzionali al potenziamento del “diritto alla presenza dell’interessato” sono le modifiche all’art. 69, comma 5, ord. penit., dirette ad estendere, anche per relationem (cfr. art. 21-bis, comma 2, ord. penit.), l’ambito operativo della procedura ex art. 667, comma 4, c.p.p. al decreto di approvazione del programma di trattamento (art. 13 ord. penit.) e a quello con il quale il magistrato di sorveglianza concede o nega al condannato o all’internato l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro all’esterno (art. 21 ord. penit.) o l’autorizzazione all’assistenza all’esterno dei figli mi- nori (art. 21-bis ord. penit.). Nella stessa ottica, si giustificano le modifiche agli artt. 52 e 53 ord. penit., dirette a estendere le rimodulate garan- zie partecipative previste in materia di permessi premio e di necessità alle licenze per detenuti semiliberi e per in- ternati. In proposito, pare opportuno diversificare – intervenendo sul comma 7 dell’art. 30-ter ord. penit. – la tempi- stica del procedimento di reclamo dinanzi al tribunale di sorveglianza in relazione alla diversa natura dei permessi (e, corrispondentemente, delle licenze), circoscrivendo ai permessi (e alle licenze) di necessità la procedura accele- rata prevista dall’art. 30-bis, comma 4, ord. penit. Relativamente alle cadenze contemplate da tale disposizione, la prospettata dilatazione del pareri resi nel termine per la decisione del tribunale di sorveglianza – da dieci a quindici giorni – muo- ve dall’esigenza di coordinare lo spatium deliberandi concesso al giudice con il termine dilatorio, anche esso massimo di dieci giorni. L’osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità del funzionario per danno erariale, previsto dall’artsalvo il dolo. 666I componenti del collegio consultivo tecnico hanno diritto a un compenso a carico delle parti e proporzionato al valore dell’opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni assunte. In caso di ritardo nell’assunzione delle determinazioni è prevista una decurtazione del compenso stabilito in base al comma 3precedente da un decimo a un terzo, c.p.pper ogni ritardo. Il compenso è liquidato dal collegio consultivo tecnico unitamente all’atto contenente le determinazioni, salva la emissione di parcelle di acconto, in applicazione delle tariffe richiamate dall’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27, aumentate fino a un quarto. Non è ammessa la nomina di CTU. Ogni componente del collegio consultivo tecnico non può svolgere tale attività per più di 5 incarichi contemporaneamente e comunque per un numero non superiore a 10 incarichi ogni due anni. In caso di ritardo nell’adozione di tre determinazioni o di ritardo superiore a 60 giorni nell’assunzione anche di una sola determinazione, i componenti del collegio non possono essere nuovamente nominati come componenti di altri collegi per la comunicazione o notificazione dell’avviso durata di fissazione dell’udienzatre anni decorrenti dalla data di maturazione del ritardo. Nelle procedure Il ritardo ingiustificato nell’adozione anche di controllo dei provvedimenti limitativi dei diritti fondamentali dell’individuo (artt. 14-teruna sola determinazione è causa di revoca del collegio e, 18-ter e 41-bis ord. penit.) sono incuneati termini perentori a pena di caducazione dei provvedimenti impugnati, traendo spunto dal congegno delineato dall’art. 309, commi 5, 9 e 10, c.p.p. La modifica in esame, sebbene non imposta dai criteri della delega, potrebbe favorire, indirettamentetal caso, la semplificazione delle procedure ove si ritenesse che alla scadenza stazione appaltante può assumere le determinazioni di propria competenza prescindendo dal parere del termine per la decisione, oltre alla perdita di efficacia del provvedimento restrittivo, consegua anche l’estinzione del procedimento di controllo per sopravvenuta carenza di interesse in capo al condannato. Infine, in linea con il criterio direttivo di cui alla lett. c), è contemplata la pubblicità dell’udienza ex artt. 666 e 678 c.p.pcollegio.: le modalità controversiali di svolgimento e l’elevata posta in gioco che la caratterizzano (tanto più nella nuo- va cornice normativa di riferimento) rendono ineludibile un adeguamento del modello procedurale “partecipato” alle indicazioni provenienti dal Giudice delle leggi (cfr., ex plurimis, Corte cost., 5 giugno 2015, n. 97 e Corte cost., 21 maggio 2014, n. 135) e dalla Corte di Strasburgo (v., tra le altre, Corte eur. dir. uomo, 10 aprile 2012, Xxxxxxxxxx x. Italia e Corte eur. dir. uomo, 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia). In funzione della tutela di valori so- vra/equi-ordinati in conflitto (cfr. artt. 6 § 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo e 14 § 1 Patto internazionale sui diritti civili e politici), si giustifica, poi, il recepimento dei limiti e delle eccezioni alla pubblicità dell’udienza racchiusi nell’enclave normativa degli artt. 471-473 c.p.p. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx 2 CONTRADDITORIO DIFFERITO ED EVENTUALE PER LE PENE BREVI

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Relazione illustrativa. Le Tra i problemi connessi alla realizzazione delle opere pubbliche vi è quello dei tempi e delle cause della sospensione della loro esecuzione che possono derivare da motivi imputabili all'appaltatore, alla stazione appaltante, a terzi o a cause di forza maggiore (anche per mancanza di disponibilità economica o per delle modifiche proposte tendono ad attuare i criteri di cui alle lettche devono essere apportate all'opera o al progetto o per autorizzazioni o altri atti necessari o ancora per crisi o insolvenza dell’appaltatore). a) e c) della delegaL’articolo 5 è diretto a intervenire, nella misura derogando alla normativa vigente, sulle ipotesi in cui semplifi- xxxx è possibile sospendere l’esecuzione dell’opera pubblica, indicandole in modo tassativo, e, quindi, limitando radicalmente le procedure ipotesi in cui le parti o anche l’autorità giudiziaria possano sospendere l’esecuzione delle opere. Le norme hanno carattere transitorio e configurano un sono applicabili agli appalti il cui valore sia superiore a una data soglia. Sono in ogni caso salvaguardate le ipotesi di sospensione previste o derivanti dall’applicazione di norme penali, del codice delle leggi antimafia, di vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione, di gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica, gravi ragioni di pubblico interesse o gravi ragioni di ordine tecnico idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera. Le norme sono destinate, quindi, a derogare alle cause e al procedimento di sorveglianza che garantisce il diritto alla presenza dell’interessato e la pubblicità dell’udienza. In questa prospettiva, passando dalla riscrittura dell’art. 678 c.p.p., si ipotizza di “cucire” il procedimento “ordinario” di sorveglianza sul modello oggi delineato dall’art. 667, comma 4, c.p.p. Tale opzione, invero, consente di snellire l’iter procedurale ed accelerare la decisione, senza sacrificare il contraddittorio, che potrà sempre attuarsi, in via even- tuale e differita, nelle forme contemplate dall’art. 666 c.p.p., a seguito dell’opposizione presentata dal pubblico mini- stero o dall’interessato avverso l’ordinanza adottata de plano dal tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Sembra, peraltro, opportuna una variante nello schema descritto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., implicante l’interpello “cartolare” del pubblico ministero, quando il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla concessione di misure idonee ad incidere sull’an, sul quomodo o sul quando della carcerazione. La possibilità, così assicurata, di tenere conto del punto di vista del pubblico ministero dovrebbe anche favorire l’adozione di provvedimenti mag- giormente ponderati e, per questa via, “frenare” la presentazione di successive opposizioni. In linea con la direttiva di cui alla lett. a), si prevede, invece, il ricorso alla procedura “partecipata” di cui all’art. 666 c.p.p. qualora il tribunale di sorveglianza debba decidere sulla revoca delle misure alternative alla detenzione. Di più. Non ostandovi la formulazione letterale del criterio di delega, si propone di applicare tale schema procedu- rale anche quando si tratti di decidere sulla revoca delle altre misure ampliative dello status libertatis del condanna- to. La proposta si giustifica, non solo e non tanto in ossequio al contraddittorio, che sarebbe comunque salvaguarda- to dal meccanismo oppositivo ex art. 667, comma 4, c.p.p. – la cui attivazione sospenderebbe l’esecuzione del provvedimento di revoca –, quanto per ragioni di economia processuale: non è revocabile in dubbio, infatti, che il provvedimento di revoca della misura “di favore”, adottato dal giudice inaudita altera parte, si esporrebbe sistema- ticamente all’opposizione dell’interessato. Sembra, poi, coerente estendere la procedura “partecipata” ai casi in cui il tribunale di sorveglianza decide quale giudice del reclamo o dell’appello avverso provvedimenti adottati dall’amministrazione o dal magistrato di sorveglianza: la scelta, se, il più delle volte, è coerente con l’esigenza di supplire, in sede di impugnazione, al deficit di contraddittorio orale che caratterizza l’adozione del provvedimento impugnato, talvolta (si pensi all’appello avverso il provvedimento applicativo di una misura di sicurezza) è funzio- nale ad assicurare, nella fase di controllo della decisione, dinanzi al giudice collegiale, un tasso dialettico corri- spondente a quello sotteso alla decisione controllata. Con un intervento di lifting normativo, sono trapiantate, una volta per tutte, nell’art. 678, comma 3, c.p.p. l’incompatibilità a giudicare, quale componente del tribunale di sorve- glianza, del magistrato che abbia emesso il provvedimento impugnato e il connesso meccanismo di integrazione del collegio con giudici non specializzati, a fronte dell’impossibilità di comporlo con i magistrati di sorveglianza del distretto. Parallelamente, sono soppresse le omologhe previsioni disseminate nel testo della l. n. 354/1975. Quanto alle materie rientranti nella competenza del magistrato di sorveglianza, si circoscrive il ricorso alla procedu- ra di cui all’art. 666 c.p.p. ai soli casi in cui dal provvedimento finale possa derivare una incisiva limitazione della libertà personale dell’interessato (applicazione o trasformazione in peius di misure di sicurezza) o un aggravio del suo status penale (dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere). Mentre è con- gegnata una procedura ad hoc, con contraddittorio eventuale, di tipo cartolare, in vista dell’adozione degli altri provvedimenti – ampliativi della sfera giuridica dell’interessato – attinenti alle misure di sicurezza ovvero alla di- chiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, nonché ai permessi premio. Al r i- guardo, infatti, la necessità di assicurare il controllo del tribunale di sorveglianza, nelle forme ordinarie del proce- dimento di esecuzione, sulla legittimità e fondatezza dei provvedimenti emessi dall’organo monocratico impedisce di far leva, anche ortopedicamente, sul modello sospensione previsto dall’art. 667, comma 4, c.p.p., che assicura sì, a seguito di opposizione, l’attuazione del contraddittorio, ma dinanzi allo stesso giudice che ha adottato il provvedimento inve- stivo dall’atto oppositivo107 c.c.p. L’esigenza di preservare la specificità di alcuni modelli decisionali atipici o particolari deviazioni dagli schemi or- dinari di riferimento (artt. 666 e 667, comma 4, c.p.p.ragioni tecniche), sia nelle materie alle ipotesi di competenza del magistrato sospensione previste dal Codice civile (e, in particolare, all’eccezione di sorve- glianza (cfr., a titolo esemplificativo, artt. 30-bis, commi 1 e 2, 35-bis, 47, comma 8, 47-ter, comma 4, 51-bis, 51- ter, 53-bis, comma 1, e 69-bis ord. penit., 2, comma 2, l. n. 207/2003 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998inadempimento), sia alla disciplina in quelle tema di competenza del tribunale crisi dell’impresa (art. 72 ss. legge fallimentare, nonché alle altre ipotesi previste in tema di sorveglianza (v.concordato, ad esempio, arttaccordo di ristrutturazione dei debiti) e alla ipotesi in cui è possibile giudizialmente sospendere l’esecuzione dell’opera. 14-ter, 18-ter, comma 6, e 30-bis, comma 4, ord. penit., 90-93 e 94 d.P.R. n. 309/1990 e 16, comma 6, d.lgs. n. 286/1998), è garantita da apposite clausole di salvezza allocate nell’art. 678 c.p.p. (comma 1: «Salvo quanto stabilito dai successivi commi 2, 3, 4, 5 e 6 o da sin- gole disposizioni di legge, …»; comma 3: «Se non è diversamente stabilito, …»; comma 5: «Salvo quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, …»). L’obiettivo di semplificazione delle procedure è perseguito anche con la prospettata interpolazione dell’art. 35-bis ord. penit., volta a sostituire l’attuale doppio step procedurale, a contraddittorio necessario, di cui all’art. 666 c.p.p.Pertanto, con il più snello modulo bifasico, a contraddittorio eventuale e differito, richiamato dall’art. 678, comma 1, c.p.p. (sia pure ibridato dalla prevista interlocuzione con l’amministrazione interessata). Non solo. La modifica proposta, sopprimendo il “doppio reclamo” e riservando al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere tanto sul re- clamo contro il provvedimento dell’amministrazione, quanto sull’opposizione ex art. 667, comma 4, c.p.p. avverso l’ordinanza che lo definisce de plano, evita il più dispendioso intervento, in seconda battuta, del tribunale di sorve- glianza. Nella stessa ottica di semplificazione procedurale riferimento alla disciplina della crisi dell’impresa si colloca, altresì, la proposta applicabilità al giudizio di ottemperanza delle forme di cui all’art. 667, comma 4, c.p.p. in luogo della sequenza a contraddittorio necessario disciplinata dall’art. 666 c.p.p. Funzionali al potenziamento del “diritto attribuisce prevalenza all’interesse alla presenza dell’interessato” sono le modifiche all’art. 69, comma 5, ord. penit., dirette ad estendereprosecuzione dei lavori connessi alla celere realizzazione dell’opera, anche per relationem (cfrsollecitare, all’adozione dei provvedimenti di competenza, le autorità e gli organi che a vario titolo intervengono nella gestione della crisi dell’impresa. art. 21-bisAnche nei casi di sospensione si prevede che, comma 2in breve termine, ord. penit.)il collegio consultivo tecnico, l’ambito operativo della procedura ex art. 667dopo averne accertati i presupposti, comma 4debba indicare le modalità con cui proseguire, c.p.p. al decreto di approvazione del programma di trattamento (art. 13 ord. penit.) in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera e le eventuali modifiche necessarie per la realizzazione dell’opera a quello con il quale il magistrato di sorveglianza concede o nega al condannato o all’internato l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro all’esterno (art. 21 ord. penit.) o l’autorizzazione all’assistenza all’esterno dei figli mi- nori (art. 21-bis ord. penit.). Nella stessa otticaregola d’arte, si giustificano le modifiche agli artt. 52 e 53 ord. penit., dirette a estendere le rimodulate garan- zie partecipative previste in materia di permessi premio e di necessità alle licenze per detenuti semiliberi e per in- ternatiindicandone i costi. In propositocaso di ritardo superiore a 30 giorni all’anno, pare opportuno diversificare – intervenendo sul per qualsiasi motivo non giustificato dalle cause di sospensione descritte nel medesimo articolo, è prevista la possibilità per la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, di sostituire l’impresa designata, ricorrendo a una delle diverse soluzioni alternative descritte nel quarto comma 7 e che possono anche condurre alla nomina di un commissario ad acta. L’inadempimento di una delle parti alle proprie obbligazioni non costituisce adeguata causa di sospensione dei lavori, salvo che ricorra una delle cause tassative di legittima sospensione dell’opera. Si interviene anche sulla fase giudiziale chiedendosi di valutare in ogni caso l’interesse pubblico alla sollecita realizzazione dell’opera. La disposizione non interviene e sono quindi fatte salve le previsioni in tema di scioglimento del rapporto contrattuale per risoluzione nonché in tema di modifica del contratto in corso di esecuzione. Per la regolazione dei rapporti tra le parti che conseguono alle risoluzioni di diritto previste nei commi 4 e 5 si applica la disciplina dell’art. 30-ter ord. penit. – la tempi- stica del procedimento di reclamo dinanzi al tribunale di sorveglianza in relazione alla diversa natura dei permessi (e, corrispondentemente, delle licenze), circoscrivendo ai permessi (e alle licenze) di necessità la procedura accele- rata prevista dall’art. 30-bis, comma 4, ord. penit. Relativamente alle cadenze contemplate da tale disposizione, la prospettata dilatazione del termine per la decisione del tribunale di sorveglianza – da dieci a quindici giorni – muo- ve dall’esigenza di coordinare lo spatium deliberandi concesso al giudice con il termine dilatorio, anche esso di dieci giorni, previsto dall’art. 666, comma 3, c.p.p. per la comunicazione o notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Nelle procedure di controllo dei provvedimenti limitativi dei diritti fondamentali dell’individuo (artt. 14-ter, 18-ter e 41-bis ord. penit.) sono incuneati termini perentori a pena di caducazione dei provvedimenti impugnati, traendo spunto dal congegno delineato dall’art. 309108, commi 5, 9 e 10, c.p.p. La modifica in esame, sebbene non imposta dai criteri della delega, potrebbe favorire, indirettamente, la semplificazione delle procedure ove si ritenesse che alla scadenza del termine per la decisione, oltre alla perdita di efficacia del provvedimento restrittivo, consegua anche l’estinzione del procedimento di controllo per sopravvenuta carenza di interesse in capo al condannato. Infine, in linea con il criterio direttivo di cui alla lett. c), è contemplata la pubblicità dell’udienza ex artt. 666 e 678 c.p.pda 5 a 9.: le modalità controversiali di svolgimento e l’elevata posta in gioco che la caratterizzano (tanto più nella nuo- va cornice normativa di riferimento) rendono ineludibile un adeguamento del modello procedurale “partecipato” alle indicazioni provenienti dal Giudice delle leggi (cfr., ex plurimis, Corte cost., 5 giugno 2015, n. 97 e Corte cost., 21 maggio 2014, n. 135) e dalla Corte di Strasburgo (v., tra le altre, Corte eur. dir. uomo, 10 aprile 2012, Xxxxxxxxxx x. Italia e Corte eur. dir. uomo, 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia). In funzione della tutela di valori so- vra/equi-ordinati in conflitto (cfr. artt. 6 § 1 Convenzione europea dei diritti dell’uomo e 14 § 1 Patto internazionale sui diritti civili e politici), si giustifica, poi, il recepimento dei limiti e delle eccezioni alla pubblicità dell’udienza racchiusi nell’enclave normativa degli artt. 471-473 c.p.p. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx 2 CONTRADDITORIO DIFFERITO ED EVENTUALE PER LE PENE BREVI

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