Common use of Conclusione Clause in Contracts

Conclusione. Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale brevemente illustrato si può affermare che sembra ormai trovare riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza di tutela del debitore, quale soggetto debole del rapporto, da indebite pressioni psicologiche del creditore che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenza, altrettanto meritevole di tutela, di facilitare la concessione del credito e di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditore, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore in caso di inadempimento77. L’autonomia privata, nella predisposizione del regolamento contrattuale, deve farsi carico di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità ex art. 2744 c.c. per liberarsi dalla garanzia convenzionale assunta, nonostante la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiusto, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, cit.

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Conclusione. Alla luce Quanto alla possibilità che un offerente possa influenzare la soglia di anomalia rispondendo o meno al soccorso istruttorio, dovrebbe essere attenuata dalla circostanza che l’eventuale soccorso istruttorio non è a conoscenza di tutti gli offerenti ma solo dei singoli destinatari; venuto meno l’obbligo di pubblicare e comunicare le ammissioni e le esclusioni entro due giorni (con la modifica dell’articolo 29 comma 1, del quadro normativo Codice), queste possono essere rese note in un'unica soluzione, nel termine ordinario di cui all’articolo 76, commi 2-bis e giurisprudenziale brevemente illustrato 5, dopo la conclusione dei soccorsi istruttori, lasciando così un buon margine di incertezza agli operatori sulla possibilità di modificare le soglie in base al proprio comportamento omissivo. Come si noterà l’intero procedimento può affermare che sembra ormai trovare riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza iniziare e concludersi senza soluzione di tutela del debitorecontinuità, quale soggetto debole del rapporto, da indebite pressioni psicologiche del creditore che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenza, altrettanto meritevole di tutela, di facilitare la concessione del credito e di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditore, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore fatta salva l’eventuale interruzione in caso di inadempimento77soccorso istruttorio, che tuttavia è inevitabile. L’autonomia privataIn realtà il procedimento funziona (o meglio, sembra funzionare, poi l’applicazione pratica è tutta da vedere) solo se il secondo periodo del comma 5 dell’art. 36 («Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell'avviso con cui si indice la procedura») è inteso come decisione vincolante in via preventiva, nel senso che la stazione appaltante si determini nella predisposizione documentazione di gara con una clausola del regolamento contrattualeseguente tenore «Questa stazione appaltante si avvale della facoltà di cui all’articolo 35, deve farsi carico comma 6, pertanto procederà all’esame delle offerte economiche prima dell’esame della documentazione relativa all’assenza delle cause di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità esclusione ex art. 2744 c.c80 e dei requisiti di qualificazione ex art. per liberarsi 83». Pare invece che una parte della dottrina, ammetta (sulla base di un’interpretazione “aperta” della norma) una decisione condizionata del tipo «Questa stazione appaltante si avvale della facoltà di cui all’articolo 35, comma 6, pertanto procederà all’esame delle offerte economiche prima dell’esame della documentazione relativa all’assenza delle cause di esclusione ex art. 80 e dei requisiti di qualificazione ex art. 83, nel caso i cui le offerte presentate siano in numero superiore a “X”». Una simile soluzione potrebbe essere auspicabile (nel senso che la “semplificazione” perseguita dalla garanzia convenzionale assuntanorma ha un senso se il numero delle offerte è sufficientemente elevato, nonostante la sua inidoneità retrocedendo sino alla scarsa utilità e soccombendo alla diversa esigenza di certezza dell’idoneità degli offerenti se il numero delle offerte è modesto. Per esempio in caso di numero di offerte inferiore a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiusto10 o di gare di interesse transfrontaliero, dove l’esclusione automatica non è ammessa e il ricalcolo della soglia è sostanzialmente ininfluente, l’inversione procedimentale si configura come inutile. Tuttavia, in contrasto disparte la difficoltà di leggere nella norma la possibilità di una scelta condizionata della stazione appaltante (che svolga i suoi effetti una volta che le offerte sono state presentate) ciò comporterebbe la necessità della separazione fisica tra offerta economica e documentazione amministrativa (ripristinando le due “buste”) per far fronte alla possibilità che il numero delle offerte sia inferiore al numero predeterminato come condizione dalla stazione appaltante; con confusione e incertezze per i principi concorrenti sul modo di comportarsi e difficoltà/complessità nella predisposizione della buona fede documentazione di gara (bando e della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europeadisciplinare), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, cit.

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Conclusione. Sulla scorta della ricerca sin qui svolta si può notare come la Corte di Cassazione con la sentenza del 27 marzo del 2008 n. 7638 abbia posto fine ad un dibattito che ha investito per lungo tempo la dottrina e la giurisprudenza: la qualificazione della posizione del promissario acquirente di un contratto preliminare ad effetti anticipati. La Corte con la sua decisione ha considerato non solo il promissario acquirente come detentore ma ha provveduto alla definizione del contratto preliminare ad effetti anticipati come un contratto collegato composto da tre contratti autonomi dotati di una propria causa ma funzionalmente connessi: il contratto preliminare, il comodato e il mutuo gratuito. Mentre relativamente alla qualificazione del promissario acquirente la Corte si trova già d’accordo con precedenti giurisprudenziali e con parte della dottrina lascia un po’ perplessi, invece, la definizione della natura del contratto preliminare ad effetti anticipati. E’ vero che la Cassazione ha affermato che per la qualificazione del contratto è necessario la ricerca del comune intento delle parti da individuare secondo le norme dell’interpretazione previste dal nostro codice civile ma ciò che non condivido è come si può equiparare il godimento anticipato del promissario acquirente alla detenzione del comodatario. Il comodato è un contratto reale ad effetti obbligatori con cui una parte consegna all’altra un certo bene affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire il bene stesso. Viene allora da porsi una domanda: in capo al promissario acquirente l’obbligo di restituzione dove sta? Il contratto preliminare è un titolo provvisorio delle prestazioni del definitivo destinato a far acquisire la proprietà e non vi è alcun obbligo di restituzione. Il comodato, infine, è un contratto a titolo gratuito mentre il godimento proprio del promissario acquirente non lo è. La Corte esclude l’ammissibilità del trasferimento del possesso disgiuntamente dal diritto di proprietà chiamando in causa, seppure indirettamente, la cosiddetta vendita del possesso. Se è vero che il possesso è un situazione di fatto e non un diritto perché consistente in un’<<attività corrispondente>> all’esercizio della proprietà, non suscettibile di autonoma cessione, è pur vero che nel nostro ordinamento esistono istituti che attuano questo trasferimento: si pensi alla vendita di cosa altrui dove il venditore non proprietario vende un bene che non è proprio con l’assunzione dell’obbligo di far acquistare la proprietà al compratore. Questi non può acquistare la proprietà da chi non è proprietario. Per l’acquisto della proprietà <<il venditore è obbligato a procurare l’acquisto al compratore>> ex articolo 1478 del codice civile. E che dire della vendita di riserva della proprietà dove il compratore acquista la proprietà con l’ultima rata di prezzo? E’ vero che la nuova formulazione del’articolo 1470 del codice civile, rispetto a quella del 1865, appare xxxxxx quando dice che il contratto di vendita è un contratto con cui le parti trasferiscono la proprietà o altro diritto verso il corrispettivo sul prezzo ma è altrettanto vero che nel nostro ordinamento non esiste una norma che esplicitamente nega l’ammissibilità dell’alienazione del possesso. A mio parere ci sarebbe proprio l’articolo 1322 del codice civile che permette alle parti di stipulare dei contratti che, pur non rientrando nei cosiddetti contratti tipici, siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico quale potrebbe essere ad esempio la certezza dei traffici giuridici. Dalla ricerca da me svolta, un altro articolo pare importante per poter confutare la tesi: l’articolo 1159 del codice civile che parla dell’usucapione decennale. Se il possesso si acquista solo a titolo originario come è possibile che la norma preveda l’acquisto del possesso da parte di chi non è proprietario? Sembrerebbe ammettere il contrario. Tornando alla decisione della Corte dubbi sorgono anche relativamente al mutuo gratuito. La consegna del prezzo al promittente venditore più che uno scopo di finanziamento avrebbe una funzione di garanzia dell’impegno assunto con la stipulazione del contratto preliminare. Ciò fa pensare, come già espresso da una dottrina, che la previsione del pagamento del prezzo e la consegna del bene abbia già inciso sulle condizioni economiche delle parti e non appare quindi opportuno per coerenza parlare di gratuità della concessione in godimento e della corresponsione del corrispettivo. Alla luce dell’attività di ricerca svolta finora secondo me appare più corretto identificare il contratto preliminare ad effetti anticipati come un contratto preliminare. Difatti con il contratto preliminare ad esecuzione anticipata, quale contratto ad effetti puramente obbligatori, le parti si impegnano alla stipulazione del quadro normativo e giurisprudenziale brevemente illustrato contratto definitivo seppure anticipandone alcuni effetti finali. L’anticipazione in modo totale o parziale di alcuni effetti del contratto definitivo non priva certo quest’ultimo di produrre i suoi effetti. La consegna anticipata del bene rappresenta il presupposto per poter insinuare il possesso in capo al promissario acquirente perché permette di realizzare il primo requisito del possesso ovvero il corpus. Si dovrà certamente tenere conto anche dell’animus che governa il promissario acquirente che certamente non è facilmente dimostrabile ma si può affermare ben certo desumere dal fatto che sembra ormai trovare riconoscimento le parti siano già proiettate verso la stabilizzazione del loro rapporto che si formalizzerà con la conclusione del definitivo. A conferma di ciò si può richiamare anche l’articolo 2645 bis del codice civile in tema di trascrizione del contratto preliminare. Questo articolo contiene una norma che tutela il promissario acquirente trascrivente di fronte ad eventuali trascrizioni o iscrizioni a lui pregiudizievoli riconoscendo un’efficacia prenotativa del contratto definitivo facendo retroagire la trascrizione del definitivo alla trascrizione del preliminare. Il promissario acquirente così pur non acquistando la proprietà acquisterà un “diritto all’acquisto” opponibile ai terzi. Un “diritto all’acquisto” che dà una tutela più marcata e forte di quella che potrebbe essere data a titolo di detenzione. Il potere del promissario acquirente è quello corrispondente a quello del titolare di un diritto reale che non va a riconoscere l’altruità della cosa. Ad obiezione della tesi che ritiene il possesso una situazione di fatto e non un diritto pertanto non suscettibile di cessione separata dal diritto di proprietà, ritengo che è pur vero che il possesso è una situazione di fatto ma esistono situazioni in cui pur ricorrendo elementi costitutivi del possesso sia sganciata dal diritto. Negare ciò comporterebbe l’inspiegabilità dell’acquisto della proprietà mediante usucapione. L’usucapione, infatti, permette per mezzo del possesso protratto per un arco temporale di tempo, che varia in relazione ai vari tipi di bene, di poter acquisire la proprietà del bene realizzando una situazione in cui il possessore non è anche titolare del diritto di proprietà, altrimenti non avrebbe certamente bisogno di attendere tanti anni per diventare proprietario. In considerazione di ciò aderisco alla tesi che ritiene ammissibile la vendita del possesso. Dalla ricerca effettuata inoltre non esiste nel nostro ordinamento una norma che vieti la trasmissione del possesso disgiunta dalla proprietà. Anzi a mio modesto parere non si può prescindere di una norma fondamentale nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza quale l’articolo 1322 del codice civile che rappresenta la “fonte” dei cosiddetti contratti atipici e che permette di poter concludere contratti non previsti dalla legge purché diretti a produrre interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Non riconoscere ciò vorrebbe dire negare l’esistenza di contratti nati dalla prassi come il leasing, factoring, trust etc che hanno ricevuto solo in seguito una disciplina legislativa nel nostro ordinamento. Tra gli interessi meritevoli di tutela nel caso in esame il più rilevante sicuramente è la certezza dei traffici giuridici che l’attribuzione del debitorepossesso e non della detenzione è in grado di garantire. ABBATE A. “Sulla validità del preliminare di vendita del possesso” in I Contratti, quale soggetto debole 1997, I, 51, pag. 470 - 475; ALBERGO M. “ Alienazione del rapporto, da indebite pressioni psicologiche del creditore che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenza, altrettanto possesso. Contratto atipico meritevole di tutela” in Vita Not., 1998, 3, pag. 1422 - 1434; XXXXXX X. “Il preliminare di facilitare la concessione del credito vendita ad effetti anticipati” in Banca Borsa e titoli di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditorecredito, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento1972, II, pag. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. 438 - 458; AMATI S. “La nuova disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione contratto preliminare con particolare riferimento agli effetti della trascrizione del medesimo : profili problematici” xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxx/xxxxx0.xxxx; XXXXXX X. “L’obbligazione”, Milano, Xxxxxxx, 1993; XXXXXXXX X. “Inadempimento del contratto preliminare di sproporzione tra vendita immobiliare e rimedi a favore del promissario acquirente: il credito problema dell'azione di esatto adempimento” in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/Xxxxxxxx.xxx?XX=00; XXXXXXXX, XXXXX e il valore TIMPANO “Immobili da costruire: le novità del D.lgs. 122/05” in xxx.xxx.xx/xxxxxxxxxxx/XXXX000_00.xxx; CAVICCHI D. “La natura del potere del promissario acquirente sul bene che acquisirebbe il creditore ricevuto in caso di inadempimento77consegna ” in I Contratti, 2008, n.11, pag. L’autonomia privata, nella predisposizione del regolamento contrattuale, deve farsi carico di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità ex art. 2744 c.c. per liberarsi dalla garanzia convenzionale assunta, nonostante la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiusto, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, cit.1002 - 1012;

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Conclusione. Alla luce Questa serie di interrogativi apre (ragionevolmente) una prospettiva non di abbandono, ma piuttosto di revisione e ammodernamento del quadro normativo e giurisprudenziale brevemente illustrato sistema. La si può affermare che sembra ormai trovare riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza di tutela potrà realizzare sia sul piano quantitativo, incidendo sul novero degli aventi diritto, e/o sull’entità del debitorediritto medesimo, quale soggetto debole del rapportosia in termini qualitativi, ridefinendo, da indebite pressioni psicologiche del creditore che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenzalato, altrettanto meritevole i presupposti determinativi della fattispecie (svincolata dalla rigidità dello status come criterio esclusivo ed arricchita dalla considerazione di parametri flessibili) e ridisegnando, dall’altro, gli strumenti di tutela, alla luce della ripensata ratio giustificativa della vocazione necessaria. Così che potrà ripetersi, per la discussione che oggi ci occupa, quanto (alle soglie della codificazione) Xxxxxxxx Xxxxxxx scriveva in ordine all’analogo dibattito, che l’aveva preceduta lungo tutto il periodo di facilitare vigenza del Codice del 1865: «controversia lungamente agitatasi... tra i liberisti ad oltranza... che auspicavano una illimitata disponibilità a favore del proprietario» e «coloro che sottolineavano la concessione funzione sociale della famiglia e della proprietà»; «i primi... contendevano per una assoluta libertà di testare... gli altri invece negavano la disponibilità per testamento. E così esageravano gli uni e gli altri». DA XXXXXXXXX XXXXXXX (Competitività e dannosità della successione necessaria – a proposito dei novellati artt. 561 e 563 c.c. – in Giustizia Civile 2006, p.2° - Osservatorio pag. 3) Nei Paesi civili e moderni la legge riconosce ai proprietari il potere di disporre liberamente dei propri beni sia inter vivos sia mortis causa. Nei Paesi quasi civili e quasi moderni, il potere di disporre mortis causa è limitato bensì da una legislazione fortemente di favore per la categoria dei legittimari, ma sono ammessi accordi ante mortem per disciplinare la futura successione. Nei Paesi incivili e arretrati anche questi accordi sono invece tassativamente vietati. L’Italia, ovviamente, nella sua arretratezza e inciviltà (anche) giuridica, è rimasta, con qualche lieve deroga in sede di riforma del credito diritto di famiglia, all’epoca tribale, quando la trasmissione della ricchezza avveniva per stirpi e con indisponibilità assoluta della vicenda successoria. La giurisprudenza, per parte sua, non perde occasione per consolidare questa arretratezza. Così, al de cuius è bensì riconosciuto il potere di consentire operare egli stesso la divisione, con scelta dunque qualitativa dei beni da assegnare, ferma ovviamente l’intangibilità quantitativa della quota di riserva (art. 733 c.c.), ma egli non potrebbe prevedere, ad esempio, l’assegnazione dei beni a un legittimario, con corresponsione, da parte di costui, agli altri legittimari, di una rapida ed efficiente soddisfazione somma di denaro non ricompresa nel relictum, pur se congrua (1: Cass. 12 marzo 2003 n. 3694, in questa Rivista, 2004, I, 471; Cass. 12 settembre 2002 n. 13310, in Giur. it., 2003, 644.), con un’interpretazione fortemente restrittiva dell’art. 735 c.c. Un tale perverso sistema dovrebbe essere smantellato con una semplice norma, che abrogasse la successione c.d. necessaria, limitando la successione tribale legale al solo caso di successione ab intestato. Intervento, questo, non solo radicale e quindi risolutivo, ma anche facile, sul piano del creditoreprocedimento legislativo, posto che spetta al legislatore ordinario stabilire le norme e i limiti della successione testamentaria (art. 42, comma 4, cost.). Dunque la famiglia e la filiazione sono bensì protette a livello costituzionale (art. 29, 30, 31, 37 cost.), ma non nei suoi profili di trasmissione mortis causa della ricchezza, onde la quota di riserva potrebbe anche essere limitata, assai opportunamente e proficuamente, ad un assegno alimentare vitalizio del tipo di quello previsto dall’art. 548, cpv., c.c. per il coniuge separato con addebito o, ancor meglio, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore un assegno assistenzjale in caso di inadempimento77bisogno, del tipo di quello previsto, per il coniuge divorziato, dall’art. L’autonomia privata9-bis 1. lO dicembre 1970 n. 898. Sennonché, nella predisposizione del regolamento contrattualedalla sua entrata in vigore, deve farsi carico il codice civile è stato rivisto, in questa materia, solo in due occasioni, con interventi episodici e settoriali, nel contesto di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanziapiù ampie discipline. La prospettata impostazione è altresì conforme prima volta, oltre tutto, la modifica ha riguardato non già l’abrogazione, ma l’ampliamento della categoria dei legittimari, al canone fine di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide ricomprendervi il coniuge superstite, con un effetto moltiplicatore rispetto alla coeva introduzione della comunione legale, onde al coniuge superstite non solo compete, in sede di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitorescioglimento per morte, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziatola metà dei beni comuni, re melius perpensa, invocare la nullità ex ma anche una quota dell’altra metà del coniuge defunto (art. 2744 191 e 540 ss. c.c.). per liberarsi dalla garanzia convenzionale assuntaIl secondo intervento è stato bensì ancor più occasionale, nonostante ma solo in apparenza più incidente, con riguardo al conflitto tra i legittimari e non già i donatari, ma gli aventi causa da costoro. La ratio legis sarebbe infatti quella di favorire la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiustocircolazione dei beni inter vivos, fermi però tutti i gravosi limiti, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza78 che animano favore dei legittimari, per quanto riguarda la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, citlibertà testamentaria.

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Conclusione. Alla luce Nelle pagine che precedono si è dimostrato che l’aggiudicatario nel caso di mancata stipula del quadro normativo contratto nel termine di legge può, a sua scelta, decidere di scioglier- si dai vincoli ovvero rivolgersi al giudice per ottenere la condanna della la stazione appaltante a firmare il contratto, fermo l’esercizio dei poteri di autotutela. Il giudice davanti al quale l’azione va proposta è quello amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. L’aggiudicatario, in particolare, può proporre l’azione con- tro il silenzio di cui all’art. 31 c.p.a. chiedendo al giudice di provvedere a norma del 1° comma ovvero, ove lo preferi- sca, anche ai sensi del 3° comma. A tal fine non è necessa- rio che presenti un’istanza ad hoc, bastando il decorso del termine di legge dalla data in cui l’aggiudicazione è diven- tata efficace13. Solo per completezza, esulando la questione dai limiti del presente lavoro, si ricorda che l’aggiudicatario, ove il con- tratto non possa essere concluso, può anche proporre una domanda di condanna per responsabilità extracontrattuale il cui accoglimento non deriva dal semplice fatto della man- cata stipula del contratto ma è subordinato alla sussistenza di rigorosi presupposti verificati dal giudice sulla base degli indirizzi della sentenza dell’Adunanza, Plenaria del Consi- glio di Stato n. 5 del 2018. provvedere. Né, in contrario, potrebbe affermarsi che il terzo comma rende facoltativa la domanda di accertamento della prete- sa (“può”) dato che l’elemento letterale non sarebbe comunque determinante se, come sembra di intendere, chi aderisce a questo indirizzo sembra voler assicurare, da una parte, la più ampia tutela all’interessato e, dall’altra parte, evitare il rischio di una moltipli- cazione dei giudizi. Come si è già rilevato nel testo, la limitazione della scelta dell’interessato tra più azioni esperibili deve discende- re direttamente e giurisprudenziale brevemente illustrato chiaramente dalla legge e non può essere intro- dotta in via interpretativa. A ciò si aggiunga che nella specie non si può affermare non tenere conto anche del carattere semplificato e accele- rato del giudizio contro il silenzio che sembra ormai trovare riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza costituiscono altrettanti va- lidi motivi per ritenere che l’aggiudicatario possa scegliere libe- ramente la via da seguire per ottenere la miglior tutela. In un ordi- namento che valorizza ai massimi livelli la durata del processo (cfr, art. 111 Cost. in tema di tutela del debitoreragionevole durata), quale soggetto debole del rapporto, da indebite pressioni psicologiche del creditore è indubbio in- fatti che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenza, altrettanto meritevole di la miglior tutela, di facilitare la concessione in alcuni casi, può essere rappresentata dalla maggior velocità del credito e di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditore, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore in caso di inadempimento77. L’autonomia privata, nella predisposizione del regolamento contrattuale, deve farsi carico di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità ex art. 2744 c.c. per liberarsi dalla garanzia convenzionale assunta, nonostante la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiusto, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, citgiudizio.

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Conclusione. Alla luce Può sembrare paradossale che io vi abbia proposto questa lettura contrattualistica, e incline a valorizzare la corrispettività che si esprime nel contratto di lavoro, dopo che già nell’ormai lontano 1979 Gino Giugni aveva espresso, all’apertura del quadro normativo primo numero di una rivista tanto autorevole quanto fortunata come il Giornale, l’opinione, sia pure a tutt’altro proposito, che “non meno indebolito appare il concetto di corrispettività”378. Altra rilevante operazione dottrinale intese invece come fatto di maturazione dottrinale e giurisprudenziale brevemente illustrato si può affermare l’“aver disancorato la nozione strutturale di retribuzione dalla regola dell’equivalenza scambista, senza perdere contatto con la regola della corrispettività”379. Del resto, la relazione del collega Pascucci ha proposto380 una rilettura del dibattito scientifico sul rapporto tra contratto di lavoro e corrispettività esattamente rovesciata rispetto alla mia, parlando di “tensione tra la dimensione costituzionalistica ed il profilo civilistico del diritto alla giusta retribuzione” che sembra ormai trovare riconoscimento emergerebbe “soprattutto per quanto attiene al profilo della corrispettività”. Se da un lato questo rovesciamento potrebbe indurci a pensare che, ancora una volta, il lavoro pubblico sia un mondo capovolto rispetto a quello del lavoro privato, dall’altro potrebbe far dubitare della fondatezza del percorso qui proposto. Tuttavia, mi auguro che invece questo percorso abbia la sua giustificazione in se stesso: nella fase attuale, di degrado illimitato della condizioni del lavoro pubblico come, sebbene in forme talvolta diverse, di quello privato, è mia convinzione che nell’uno e nell’altro caso la deriva del legislatore verso il ritorno a forme protocapitalistiche di sfruttamento che fanno a meno persino della mercificazione, non riconoscendo un prezzo al lavoro, il diritto civile, come anche ad altro proposito ho sostenuto, sia un Katechon381, una forza frenante aggiuntiva a quella offerta dalle norme costituzionali, e nel caso che ci occupa dall’art. 36, co. 1 Cost., e che dunque il riconoscere pienamente, sul piano teorico e delle conseguenze pratiche, il carattere contrattuale, oneroso e sinallagmatico del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni – almeno del lavoro erogato a seguito di rapporti contrattuali – costituisca una operazione sistematica necessaria e di rilevante valore. La lunga durata delle concezioni non sinallagmatiche del lavoro per le amministrazioni pubbliche, che ho provato a indagare per gli esempi che mi sono parsi più significativi, costituisce infatti oggi il substrato culturale legittimante382 e la via d’ingresso nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza di tutela interventi legislativi, orientamenti interpretativi e prassi amministrative, solidalmente volti, nello specifico campo del debitorelavoro per le amministrazioni pubbliche, quale soggetto debole a quella gigantesca opera di svalutazione del rapportolavoro che è la cifra dominante dell’involuzione dell’Europa a cavallo tra la fine del secolo scorso e la prima parte del secolo attuale. Contro tutto questo, da indebite pressioni psicologiche è operazione non solo di politica del creditore diritto ma proprio strettamente esegetica del sistema argomentarne la illegittimità e infondatezza. Certo, se volessimo discutere il significato filosofico della proposta ermeneutica che possono tradursi ho qui avanzato, ne coglieremmo il lato paradossale, per chi creda in un ingiustificato arricchimento possibile sbocco della modernità in una forma più alta di libertà. Essa si iscrive, mi pare, dentro la logica del creditore ai danni soggetto proprietario lockeano e dello scambio tra equivalenti che esso promuove383, reclamando che alla persona che lavora per le Pubbliche Amministrazioni venga almeno riconosciuta la proprietà prima, quella del debitore – un’esigenzaproprio corpo/mente, altrettanto meritevole e dunque la disponibilità della propria forza lavoro come res munita di tutelaun valore economico. Siamo, di facilitare la concessione quindi, ancora 378 G. Giugni, Diritto del credito e di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditore, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore in caso di inadempimento77. L’autonomia privata, nella predisposizione del regolamento contrattuale, deve farsi carico di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità ex art. 2744 c.c. lavoro (voce per liberarsi dalla garanzia convenzionale assunta, nonostante la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiustoun’enciclopedia), in contrasto con i principi Dir. lav. rel. ind., 1979, pp. 11-49, e qui p. 42. Per una critica della buona fede e riconduzione esclusiva della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564retribuzione alla “corrispettività scambista”, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), v. pure G. Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564Le funzioni della retribuzione, cit., p. 79 (ma l’intero capitolo dedicato all’art. 36 Cost., pp. 1-105). 379 M. D’Antona, Le nozioni giuridiche della retribuzione, in Dir. lav. rel. ind., 1984, pp. 269-302, e qui pp. 279 s. 380 P. Pascucci, La giusta retribuzione nei contratti di lavoro, oggi, paragrafo 2.4 (ma anche 2.3 e 2.5). Ad essi rinvio per tutti i profili generali che non spettava a questa relazione trattare. 381 San Paolo, Seconda Lettera ai Tessalonicesi, 2.7: “τὸ γὰρ μυστήριον ἤδη ἐνεργεῖται τῆς ἀνομίας· μόνον ὁ κατέχων ἄρτι ἕως ἐκ μέσου γένηται” (“Infatti il mistero dell’iniquità è già in atto: c’è solo da attendere che chi lo trattiene sia tolto di mezzo”, op. cit., pp. 85 s.). 382 Ottimistica dunque mi pare purtroppo la valutazione di L. Fiorillo, che già nel 1996 dava per “scomparsa definitivamente la concezione sulla natura alimentare del trattamento economico” e definitivamente acquisito il “principio della corrispettività tra retribuzione e prestazione di lavoro” (L. Fiorillo, La nuova struttura della retribuzione nel lavoro pubblico, in Dir. lav. rel. ind., 1996, pp. 483-499, e qui p. 486). 383 V. su questo per tutti P. Costa, Diritti fondamentali (storia), in Enc. Dir., Annali, 2008, vol. II, pp. 365-417, e su Locke pp. 377- 381.

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