Common use of Commento Clause in Contracts

Commento. La cessione della partecipazione in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipico, purché meritevole di tutela, secondo quanto consentito dall’art. 1322 c.c. Sotto il profilo causale, dunque, il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertanto, da individuare in motivi di ordine pubblico, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonio. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).

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Sources: Regola Della Circolazione Di Partecipazioni Sociali

Commento. La cessione Un dipendente con qualifica di apprendista tornitore impugnava il suo licenziamento per giusta causa e chiedeva la condanna della partecipazione in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale Società al pagamento delle retribuzioni che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipico, purché meritevole avrebbe percepito lavorando sino alla scadenza del contratto di tutela, secondo quanto consentito dall’artapprendistato. 1322 c.c. Sotto Sia il profilo causale, dunque, Tribunale sia la Corte d’Appello riconoscevano l’illegittimità del licenziamento e il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti diritto al risarcimento delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle impreseretribuzioni spettanti al lavoratore. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis eraSocietà, pertanto, ricorreva in Cassazione, eccependo la violazione degli art. 8 l. 604/66 e art. 1 D.lgs. 167/2011: la tutela riconosciuta al lavoratore dalla sentenza impugnata era più forte di quella che gli sarebbe spettata se il rapporto fosse stato correttamente qualificato come a tempo indeterminato. La Suprema Corte ha accolto il ricorso della Società, riconoscendo che il legislatore ha previsto anche per gli apprendistati le tutele ordinarie. La Cassazione anzitutto ha chiarito che, pur essendo applicabile al caso di specie la disciplina previgente (L. 25/1955), nulla cambia nel merito dell’oggetto in disamina. Tutte le normative sull’apprendistato (quella applicabile rationae temporis, quella richiamata dal Ricorrente – D.lgs. 167/2011 – e quella ora vigente – D.lgs. 81/2015 –) riconoscono che il contratto di apprendistato è un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico: la prima fase si caratterizza per essere a causa mista (da individuare in motivi una parte lo scambio tra la prestazione di ordine pubblicolavoro e la retribuzione, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio dall’altra lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale), la seconda (eventuale) fase è un rapporto di danaro lavoro subordinato pieno. Di conseguenza, l’apprendistato deve essere assimilato interamente a un rapporto di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnòlavoro ordinario: sul punto, allo stadio di progettoperaltro, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società la stessa Corte Costituzionale ha da tempo esteso la disciplina di cui alla L. 604/66 anche al contratto di apprendistato. Tanto premesso, la quota rappresenta una frazione Corte ha dato atto che nelle proprie difese il controricorrente sosteneva di patrimonioaver chiesto il risarcimento del danno per l’inadempimento contrattuale derivato dal licenziamento illegittimo, ma, come puntualmente osservato dalla Corte, il legislatore ha previsto due regimi tra loro sostitutivi e non alternativi: non si può, quindi, prescindere dalla corretta qualificazione del contratto di apprendistato come contratto a tempo indeterminato o determinato. Sotto questo profiloIn definitiva, una circolazione incontrollata delle partecipazioni la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, evidenziando come l’unica tutela applicabile ad un apprendista licenziato sia quella di s.r.lcui al regime ordinario dei contratti a tempo indeterminato. La Cassazione, infine, ha aggiunto che sarebbe stato onere del Giudice del rinvio accertare la dimensione occupazionale della Società al fine di stabilire quale tutela fosse effettivamente applicabile nel caso di specie. Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO” di Redazione Nella sentenza ▇▇▇▇▇▇▇, di cui alla causa C-386/16 del 26 luglio 2017, la Corte di giustizia ha dovuto stabilire non solo se l’esenzione prevista per le cessioni intraunionali di beni sia applicabile nella specifica vendita “a catena” presa in considerazione, ma anche se la lavorazione avente per oggetto i beni già oggetto di cessione possa incidere sul regime di esenzione ad essa applicabile., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).

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Sources: Not Applicable

Commento. La cessione Con l’ordinanza qui in commento, la Suprema Corte torna ad affrontare una tematica sia di indubbio interesse teorico sia di notevole rilevo empirico, ossia la soggezione degli interessi moratori, previsti dai contratti bancari, alla normativa anti- usura (e dunque le conseguenze civilistiche ove un contratto bancario preveda ab origine interessi moratori eccedenti rispetto al c.d. tasso-soglia). Con encomiabile completezza argomentativa e con accurata ricostruzione esegetica, la Corte di Cassazione – sul solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato1(sia pur non pacifico, non mancando orientamenti contrari)2 – ribadisce che, nella prospettiva della partecipazione normativa anti-usura, non vi è differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori: il divieto di pattuire interessi superiori al saggio massimo legale (il c.d. tasso-soglia) vale infatti per entrambi. In via del tutto incidentale (e, invero, con minore sforzo argomentativo), la Corte di Cassazione ha altresì modo di specificare che: (a) in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipicocaso di interessi corrispettivi ab origine superiori al tasso-soglia, purché meritevole di tutelasarà applicabile l’art. 1815, secondo quanto consentito dall’artcomma, cod. 1322 c.c. Sotto il profilo causaleciv., dunque, il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti con la conseguenza che non richiedono un obbligo saranno dovuti interessi; mentre (b) in caso di forma solenne ad substantiam interessi moratori convenuti in funzione misura superiore al tasso-soglia, non troverà applicazione il citato art. 1815, secondo comma, cod. civ. e, di fronte alla nullità della loro causaclausola, bisognerà attribuire al danneggiato gli interessi al tasso legale. Come è noto, fino all’entrata in vigore l’art. 2 della legge 12 agosto 1993 n.310 Legge n. 108 del 7 marzo 1996 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: seguito anche L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà Legge Anti Usura”)3 vieta di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertanto, da individuare in motivi di ordine pubblico, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonio. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).pattuire

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Sources: Contratto Di Factoring

Commento. La cessione 1. Sullo squilibrio tra i valori delle prestazioni. (4) A detta della partecipazione Suprema Corte, infatti, ciò che rileva ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione è il c.d. petitum sostanziale, ossia, nel nostro caso, il diritto al pagamento di som- me quale compenso per l’attività svolta dal concessionario, non es- sendo invece contestato l’esercizio o il mancato esercizio di poteri amministrativi. (5) Pare inoltre opportuno chiarire che la impugnazione ogget- to del presente giudizio si basa su di una convenzione di arbitrato stipulata anteriormente alla data di entrata in vigore della novella dell’art. 829 c.p.c., avvenuta il 2 marzo 2006 per effetto dell’art. 24 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Da ciò consegue la possibilità per le parti di impugnare il lodo per violazione delle regole di diritto atti- nenti al merito della controversia anche a prescindere da una società a responsabilità limitata costituisce pre- visione legislativa o da una prestazione negoziale loro espressa volontà in tal senso. L’art. 829, comma 3, c.p.c. attualmente in vigore prevede infatti testual- mente che può essere contenuta «[l]’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in qualunque schema contrattuale tipico o non tipicoogni caso l’impu- gnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico». (6) Com’è noto, purché meritevole di tutelacon l’introduzione della disciplina della risolu- zione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta il legisla- tore ha attribuito rilevanza, nel nostro ordinamento giuridico, alla ▇.▇. ▇▇▇▇▇▇▇▇ rebus sic stantibus, secondo la quale il regolamento contrattuale in tanto rimarrebbe vincolante, in quanto consentito dall’artil contesto lamento contrattuale di cui all’art. 1322 1372 c.c. Sotto Si esprime in questi termini BARCELLONA, Appunti a proposito dell’obbligo di rinego- ziazione e gestione delle sopravvenienze, in Eur. dir. priv., 2003, 467, secondo cui uno dei «principi ▇▇▇▇▇▇▇▇, che definiscono il profilo causalesen- so stesso dell’autonomia privata […], è quello che il contratto, e dunque l’accordo raggiunto dalle parti, costituisce per esse la “leg- ge dei loro rapporti”». Per il vero, non è mancato in dottrina chi, già prima dell’introduzione ad opera del legislatore dell’art. 1467 c.c. e, dunque, il trasferimento nonostante la mancanza di una quota sociale potrà espressa previsio- ne normativa in tal senso, aveva proposto di attribuire rilevanza giuridica all’incremento dei costi nell’esecuzione della prestazione che si fosse verificato tra il momento della conclusione del contrat- to e quello della sua esecuzione. A sostegno di tale tesi si affermava che nei contratti a lungo termine si sarebbe dovuta ritenere impli- citamente contenuta una clausola rebus sic stantibus, in base alla quale il contratto avrebbe continuato ad avere efficacia vincolante per le parti soltanto a condizione che, durante la sua esecuzione, si fosse preservato l’originario equilibrio economico. In tal senso ▇▇▇▇▇▇▇▇, La clausola risolutiva rebus sic stantibus, Firenze, 1898, 26. (7) Per la prima tesi, cfr. ▇▇▇▇▇ e DE NOVA, op. cit., 697; per la seconda si v., invece, ▇▇▇▇▇▇▇▇▇, op. cit., 652. (8) In ogni caso l’eccessiva onerosità sopravvenuta va riferita alla prestazione oggettivamente considerata e non alla situazione sog- gettiva in cui si viene a trovare il debitore. Così, tra gli altri, SACCO e DE NOVA, op. cit., 707. Sul punto, cfr. anche la Relazione del Mi- nistro Guardasigilli al Codice Civile del 1942, n. 665. In effetti, sostenere che per il puro e semplice fatto, di per sé considerato, dell’esaurimento dei fondi ac- cantonati dal Comune – che, secondo la logica che pare essere oggetto stata seguita dagli arbitri, avrebbero in qualche misura funto da corrispettivo per l’attività di gestione post mortem dei rifiuti – la prestazione della società Beton sarebbe divenuta eccessivamente one- rosa, equivale ad accedere ad una venditavisione del rapporto contrattuale che potremmo qui definire come “atomi- stica” o “partita”. In altri termini, sia il collegio arbitrale che la Corte di Appello, invece di accedere ad una donazionevisione che tenga conto del complessivo assetto di interessi scaturen- te dalla convenzione stipulata tra le parti, sembrano piuttosto aderire ad una permutaanalisi solo partita delle varie fasi del rapporto contrattuale, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottarefinendo così, per questa tipologia di atto l’ap- punto, per concludere che, esauriti i fondi accanto- nati, l’equilibrio fino ad allora realizzato «era venuto radicalmente a mutare, non solo riducendo il valore della prestazione percepita dalla Concessionaria, ma anzi azzerandolo» (così si ponelegge nel lodo, esclusivamente per quei contratti a p. 25). La valutazione in ordine ad una eventuale sopravve- nuta alterazione del sinallagma tra le prestazioni delle parti – che, se eccessiva, legittima il contraente one- rato a chiedere lo scioglimento del vincolo ex art. 1467 c.c. – non può invece che non richiedono un obbligo di forma solenne conseguire ad substantiam in funzione della loro causauna analisi dell’economia complessiva scaturente dal rapporto contrattuale (9). Come è notoriconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità – peraltro richiamata sia dagli arbitri che dalla Corte di Appello –, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.linfatti, l’eccessiva onerosità sopravve- nuta, ai sensi dell’art. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 1467 c.c., rendevano pacifico «va valutata compa- rando il valore di entrambe le prestazioni al momen- to in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi» (10), traducendosi in un aggravio patrimoniale che alteri l’originario rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra. Limitando il proprio scrutinio alla sola fase succes- siva alla chiusura della discarica ai conferimenti di rifiuti, il Collegio sembra invece aver finito per pren- dere in considerazione la prestazione dovuta dalla so- cietà in sé e per sé, tanto ciò vero che espressamente si riconosce che a fronte della attività di smaltimento dei sottoprodotti nessun corrispettivo era dovuto alla società stessa da parte del Comune. (9) Si v., in dottrina, C. M. BIANCA, Diritto Civile. 5. La respon- sabilità, cit., 385, secondo cui l’aggravio, nei contratti a titolo one- roso, «consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, per cui una prestazione non è più sufficientemente remunerata dall’altra». (10) Cass., 29 maggio 1998, n. 5302, in Giur. it., 1999, 709. Si corre così però il rischio di snaturare il rimedio della risoluzione del contratto per eccessiva onero- sità sopravvenuta, che, da strumento accordato dal legislatore a tutela dell’equilibrio contrattuale origi- nariamente convenuto (11), diverrebbe istituto volto a tutelare la posizione debitoria in sé e per sé consi- derata, ogni qualvolta la prestazione dovesse divenire maggiormente onerosa rispetto a quanto inizialmente previsto (12). In definitiva, per stabilire se il fatto nuovo sopravve- nuto alteri a tal punto l’equilibrio economico origina- riamente convenuto da legittimare la parte onerata a chiedere lo scioglimento del vincolo, le prestazioni dedotte in contratto non possono essere prese in con- siderazione in maniera atomistica. Occorre, al con- trario, avere riguardo all’intera economia scaturente dall’accordo delle parti. Più corretto sarebbe dunque stato – almeno secondo l’impostazione che qui si intende suggerire – ricostru- ire il negozio complessivo assetto di trasferimento interessi divisato dalle parti con il contratto, e, successivamente, valutare se il protrarsi dell’attività di smaltimento dei sottopro- dotti oltre i quindici anni inizialmente previsti fosse in grado di incidere sui costi che la società avrebbe dovuto sostenere a tal punto da alterare radicalmente l’originario equilibrio tra le prestazioni dovute dalle parti (13). (11) ▇▇▇▇▇▇▇, op. cit., 334; ▇▇▇▇▇▇▇▇▇, op. cit., 652. (12) Si può qui aggiungere che non a caso l’istituto in esame è stato collocato nell’ambito del Titolo II del Libro IV del c.c., recan- te la disciplina sul contratto in generale, e non, invece, nel Capo IV, Titolo I, Libro IV, relativo ai modi di estinzione dell’obbliga- zione diversi dall’adempimento, tra cui figura solo l’impossibili- tà sopravvenuta della quota non fosse soggetto prestazione. Si noti inoltre che una simile impostazione precluderebbe di richiedere la risoluzione ex art. 1467 c.c. a fronte dello svilimento della prestazione dovuta dalla controparte. Sul punto vale la pena richiamare le parole di MA- CARIO, Le sopravvenienze, in Tratt. Contr. Roppo, V, Rimedi – 2, ▇▇▇▇▇▇▇, 2006, 631: «“in maniera decisamente pragmatica, ma senza violare alcun canone ermeneutico” dottrina e giurispru- denza ritengono, ormai da tempo, di dover accedere ad alcun onere una diversa interpretazione della formula, più corretta dal punto di formavista teleologico e sistematico dell’art. 1467, non essendo tale l’iscrizione nel libro socisenso che, salvo perché si abbia eccessiva onerosità è necessario (e sufficiente) che si de- termini una notevole alterazione nel rapporto tra le prestazioni – […] indipendentemente dalla circostanza che l’incidenza della sopravvenienza sia «diretta» […] ovvero «indiretta» […], produ- cendosi in entrambi i casi la suddetta alterazione del rapporto di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione socialeequivalenza o, più correttamente, di corrispettività fissato in origine dai contraenti» dovendosi procedere ad una «valutazione comparativa (prima e dopo la sopravvenienza) del rapporto di valore tra le prestazioni». (13) Così anche Trib. Con l’entrata Milano, Sez. spec. Impresa, 3 luglio 2014, n. 8878, in vigore della legge 310 del 1993 il LegislatoreContratti: «La domanda di risoluzione di un contratto con prestazioni corrispettive per eccessiva onerosità sopravve- Di talché, per motivi l’incidenza di ordine pubblicotali ulteriori costi a carico del- la Società Beton non si sarebbe dovuta valutare con esclusivo riferimento alla fase post mortem, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertantobensì avuto riguardo all’equilibrio economico globalmente fissato nell’assetto concessorio, da individuare in motivi di ordine pubblico, in una difesa ulteriore contro determinarsi met- tendo a confronto da un lato il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità valore complessivo delle utilità ricavate e/o secondo le parole ricavabili dalla società dalla gestione della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società discarica – utilità di cui la quota rappresenta una frazione società, con la concessione, aveva ottenuto il diritto allo sfrutta- mento –, e, dall’altro, il peso economico delle obbli- gazioni complessivamente a carico di patrimonioessa. Sotto questo profiloCon la conseguenza che l’esaurimento dei fondi accan- tonati dal Comune cui la società aveva sino ad allora potuto attingere per far fronte ai costi di smaltimento dei sottoprodotti non avrebbe ipso facto comportato, una circolazione incontrollata come invece ritenuto dagli arbitri, l’eccessiva onero- sità sopravvenuta della prestazione gravante sulla so- cietà concessionaria. Al contrario, soltanto nella misura in cui il protrar- si dell’attività di trattamento post mortem dei rifiuti oltre le iniziali previsioni fosse stato tale da alterare radicalmente l’equilibrio contrattuale originariamen- te convenuto – avuto riguardo, per l’appunto, al com- plesso delle partecipazioni di s.r.lutilità ricavate e/o ricavabili dalla Società dalla sfruttamento della discarica –, la stessa avrebbe potuto richiedere, ai sensi dell’art. 1467 c.c., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte lo scio- glimento del patrimonio vincolo contrattuale per l’eccessiva one- ▇▇▇▇▇▇ sopravvenuta della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50)prestazione da lei dovuta.

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Sources: Contratto

Commento. La cessione pronuncia in esame, confermando la più recente giurisprudenza di merito1, confuta la tesi della partecipazione cumulatività tra interessi moratori e corrispettivi ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia oltre il quale gli interessi sono da considerarsi usurari ai sensi della L. 108/1996. A fare da sfondo al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sotteso alla sentenza de qua è la più ampia e controversa quaestio concernente l’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura e, conseguentemente, l’individuazione dei meccanismi di calcolo degli stessi. Le incertezze in materia discendono direttamente dall’intervento operato dal Legislatore del 1996 all’art. 644 c.p. che, nella sua attuale formulazione, al primo comma sembra riferirsi ai soli interessi corrispettivi, laddove invece al quarto comma, attraverso l’inclusione delle “spese” nel computo degli interessi dovuti, pare prescrivere una società valutazione omnicomprensiva che tenga conto anche degli interessi moratori2. Neppure il successivo intervento chiarificatore operato con la Legge di interpretazione autentica n. 24 del 28 febbraio 2001, che ha definito usurari gli interessi richiesti in misura superiore al limite di legge “a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale qualunque titolo” (art. 1, comma 3, L. 108/1996), ha permesso di superare i dubbi interpretativi. Da tali interventi normativi è disceso il consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale che, sebbene dimostrando incertezze con riferimento all’applicabilità agli interessi moratori del medesimo indice di usurarietà previsto per gli interessi corrispettivi, afferma la sostanziale equiparazione delle due categorie ai fini della L. 108/19963. Questo indirizzo si è consolidato con la sentenza della Corte di Cassazione del 9 gennaio 2013, n. 3504, che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipicoha sancito che anche gli interessi moratori rilevano ai fini della valutazione dell’usurarietà degli interessi applicati ad un contratto di mutuo, purché meritevole di tutela, secondo quanto consentito dall’artai sensi del combinato disposto dell’art. 1322 1815 c.c. Sotto e dell’art. 644 c.p.5 Dall’applicabilità della L. 108/1996 agli interessi di mora deriverebbe altresì il profilo causale, dunque, dovere di valutare il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione eventuale carattere usurario alla luce del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezzetasso soglia6, anche attraverso il ricorso alla sommatoria con gli interessi corrispettivi7. Il fondamento giuridico di notevole rilevanzatale ricostruzione sarebbe da ricercarsi nella sostanziale e funzionale 1 Trib. Bari, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitatasez. Lo ratio legis eraIV, pertanto1 luglio 2016, da individuare n. 3674; Trib. Napoli Nord, 20 giugno 2016, n. 939; Trib. Milano, sez. VI, 8 marzo 2016, n. 3021; Trib. Trento, 18 febbraio 2016, n. 161; Trib. Milano, sez. VI, 27 ottobre 2015, n. 11997; Trib. Reggio ▇▇▇▇▇▇, sez. II, 6 ottobre 2015, n. 1297; Trib. Roma, sez. IX, 7 maggio 2015, tutte in motivi di ordine pubblico▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇.▇▇; Trib. Roma, sez. IV, 16 settembre 2014, n. 41860, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonio. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50)▇▇.

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Commento. La cessione sentenza in esame affronta due distinte tematiche: la revocabilità – a norma dell’art. 67, comma 1 n. 2) – di pagamenti posti in essere da un soggetto terzo che, al momento della partecipazione corresponsione, non risulta obbligato in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipicoproprio ad estinguere i debiti del debitore ceduto; nonché, purché meritevole di tutela, secondo quanto consentito l’applicabilità dell’esenzione della revocatoria ex 67 L.F. sancita dall’art. 1322 6 Legge 52/1991 per i pagamenti posti in essere nell’ambito di un contratto di factoring dal debitore ceduto dichiarato fallito. Con riferimento alla prima questione, deve preliminarmente osservarsi che i pagamenti posti in essere da un soggetto terzo rispetto al rapporto obbligatorio (quale è nel caso di specie la società controllante) e indirizzati ad estinguere i debiti dell’imprenditore fallito non sono in linea di principio idonei ad intaccare i diritti del ceto creditorio, avente unicamente ad oggetto il patrimonio del fallito. Fintantoché i pagamenti compiuti sono riconducibili alla sfera patrimoniale di soggetti altri rispetto al fallito, l’azione revocatoria fallimentare – strumento volto alla dichiarazione di inefficacia dei soli atti compiuti dall’imprenditore a ridosso della dichiarazione di fallimento in pregiudizio della par condicio creditorum8 – non sarebbe esperibile in quanto si sarebbe in presenza di pagamenti che non interessano la massa fallimentare. La revocabilità dei pagamenti posti in essere dal terzo sarebbe limitata alle sole ipotesi in cui ricorressero – anche in via alternativa – le seguenti condizioni: che i pagamenti siano stati direttamente compiuti con denaro del fallito, ovvero, che il terzo, a seguito del pagamento dei debiti con denaro proprio, abbia esercitato nei confronti del fallito azione di rivalsa prima della apertura della procedura concorsuale9. Nella pronuncia in commento la Corte ritiene che sussista la seconda delle ipotesi: prima della dichiarazione di fallimento, la controllante avrebbe effettuato pagamenti per conto del fallito, rivalendosi poi nei confronti dello stesso mediante decurtazione dal prezzo per la cessione del ramo d’azienda. Rilievo marginale viene invece attribuito alla non corrispondenza tra l’autore materiale dei pagamenti (la società controllante del debitore ceduto) e il soggetto titolare dei debiti alla cui estinzione i pagamenti erano volti. La Corte invece esclude che le rate siano state versate dal terzo in ragione di un proprio specifico interesse (quale, per esempio, l’adempimento di un proprio obbligo di garanzia10), o in ragione della responsabilità solidale che l’art. 2560 c.c. Sotto il profilo causalestabilisce in capo al cessionario per i debiti dell’azienda ceduta, dunque, il trasferimento di una quota sociale potrà essere entrambe circostanze che avrebbero giustificato l’esenzione dalla revocatoria ex art. 67 L.F.11 Con riferimento invece alla questione concernente l’assoggettabilità dei pagamenti oggetto di una venditagiudizio alla revocatoria fallimentare, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etcla Corte ritiene non possa trovare applicazione l’art. 6 Legge 52/1991. L’accordo transattivo concluso tra il factor ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono debitore ceduto ha prodotto un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causaeffetto novativo del rapporto creditorio originario. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertanto, da individuare in motivi di ordine pubblico, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonio. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).▇▇▇▇▇

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Commento. La Con la pronuncia in esame la giurisprudenza tributaria ha nuovamente l’occasione di pronunciarsi su un tema di notevole rilievo pratico, ribadendo gli approdi esegetici cui è giunta la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Il tema si innesta nello iato tra realtà giuridica e realtà economica riscontrabile nella operazione di cessione della partecipazione in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale pro solvendo del credito, che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipico, purché meritevole comporta l’insorgenza di tutela, secondo quanto consentito dall’art. 1322 c.cspecifiche problematiche sotto il profilo bilancistico e tributario. Sotto il profilo causalegiuridico, dunqueinfatti, il trasferimento l’operazione di una quota sociale potrà essere oggetto cessione dei crediti di una venditaimpresa regolata dalla Legge 21 febbraio 1991, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia n. 52 comporta certamente – fatta salva la cessione con effetti obbligatori di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione crediti futuri determinati – l’effetto reale del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimentocredito in capo al cessionario3, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà ciò anche a voler riconoscere una funzione di forma, espresso nell’artgaranzia alla ▇▇▇▇▇▇▇▇▇. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis eraIl credito ceduto, pertanto, da individuare in motivi ha un unico titolare, che è il Factor, legittimato all’esercizio di ordine pubblicotutte le facoltà nei confronti del debitore ceduto ricomprese nel diritto di credito. Sotto il profilo economico, tuttavia, la garanzia pro solvendo concessa dal cedente – garanzia che costituisce la regola dispositiva contenuta all’art. 4, L. n. 52/1992 per le cessioni di crediti d’impresa e l’eccezione alla regola dispositiva di cui all’art. 1267 c.c. per la cessione ordinaria – comporta la circostanza per cui il cedente si trova esposto all’inadempimento e all’insolvenza del debitore ceduto, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio modo e misura del tutto analoghe a quanto accadeva prima della cessione5. Il credito viene quindi rappresentato in bilancio come se fosse stato trasferito in garanzia a fronte di danaro un prestito ricevuto, con sostanziale mantenimento del rischio di provenienza illecita inadempimento in capo al cedente6. Si tratta in sostanza di parte della Commissione Europea), e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, la stessa era dunque legittimata a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici dedurre per finalità illecite”cassa la maggiore imposta versata a seguito dell’accertamento fiscale. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l3 Cfr. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonioCass. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.lciv., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 200627 giugno 2017, n. 50)15943, in questo Osservatorio, 2017, 3, 2 e Cass. civ. 8 luglio 2015, n. 1420, in Fall., 2016, 164.

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Commento. La cessione Nel caso de quo, la Cassazione ha accolto il ricorso di un ex-lavoratore con contratto di collaborazione a progetto avverso la sentenza della partecipazione Corte territoriale: egli chiedeva in una società primo luogo la trasformazione del precedente contratto di lavoro a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale che può essere contenuta progetto in qualunque schema contrattuale tipico contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e, conseguentemente, la reintegrazione nel proprio luogo di lavoro. Secondo la Corte d’▇▇▇▇▇▇▇, le disposizioni del decreto legislativo 276/03 avrebbero consentito al committente di dimostrare che, nonostante l’assenza di un progetto o non tipicoprogramma di lavoro, purché meritevole tra le parti sarebbe intercorso un rapporto caratterizzato da autonomia. Ciononostante, nel caso di tutelaspecie, secondo quanto consentito dall’art. 1322 c.c. Sotto il profilo causale, dunque, il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione l’istruttoria svolta avrebbe escluso la natura subordinata del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 c.c., rendevano pacifico il fatto che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertanto, da individuare in motivi di ordine pubblicorapporto e, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio assenza di progetto, la Corte di ▇▇▇▇▇▇▇ aveva ricondotto il rapporto stesso nel contratto d’opera professionale ex art. 2222/2230 c.c. A differenza di quanto statuito dai Giudici del merito, pur confermando che il rapporto di lavoro in esame fosse da considerarsi di natura subordinata, la Cassazione ha precisato che in tema di lavoro a “prevenire e reprimere ogni possibile forma progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. 276/03, rationae temporis applicabile, deve interpretarsi nel senso che, nel caso di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”mancata individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti sull’autonomia o sulla subordinazione della prestazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società Nel regime sanzionatorio di cui all’art. 69 comma 1 ammettere la quota rappresenta una frazione prova dell’insussistenza della subordinazione presunta finirebbe, secondo la Cassazione, per legittimare la perpetuazione delle collaborazioni coordinate e continuative anche in assenza di patrimonio. Sotto questo profilouno specifico progetto e programma, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole ogni qualvolta il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).committente

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Commento. La questione particolarmente interessante sollevata dalla suprema Corte, seppure non oggetto di approfondimento, riguarda il patto di incedibilità del credito e la opponibilità al cessionario. Pare utile un sintetico inquadramento della disciplina della cedibilità dei crediti. Il contratto di cessione della partecipazione in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o di credito ha natura consensuale: esso si perfeziona per effetto del solo consenso dei contraenti, cedente e cessionario, ma al perfezionamento del contratto non tipico, purché meritevole di tutela, secondo quanto consentito dall’art. 1322 c.c. Sotto il profilo causale, dunque, consegue sempre il trasferimento del credito dal cedente al cessionario, come accade ad esempio quando il contratto di una quota sociale potrà cessione ha per oggetto un credito futuro. In Ai fini del perfezionamento della cessione del credito non è necessario il consenso del debitore: quest’ultimo è infatti sempre tenuto a pagare e, quindi, è indifferente la persona del creditore. L’opponibilità della cessione nei confronti del debitore ceduto è subordinata all’accettazione, alla notifica o alla avvenuta conoscenza della cessione stessa (art. 1264 c.c.). Il codice civile esclude tuttavia che possano essere oggetto di una venditacessione i crediti personali, una donazionecioè quei crediti che sono strettamente inerenti alla persona del creditore. A titolo di esempio, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottaresono tali i crediti per alimenti che, per questa tipologia legge, sono dovuti a chi versa in stato di atto si ponebisogno; inoltre la cessione è preclusa nelle fattispecie contemplate agli artt. 323 e 378 c.c. con riferimento ai diritti dei minori e dei soggetti sottoposti a tutela o curatela, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati nonché nelle ipotesi previste dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 1261 c.c., rendevano pacifico aventi ad oggetto le situazioni giuridiche patrimoniali, anche diverse dai crediti, oggetto di contestazione giudiziale per i titolari di funzioni inerenti l’amministrazione della giustizia, ivi compresi gli avvocati, procuratori e patrocinatori. Il patto con il fatto quale il creditore ed il debitore prevedono che il negozio credito non possa essere ceduto è perfettamente valido, senza che vi sia necessità di verificare la sussistenza di uno specifico interesse del debitore o del creditore a tale pattuizione. Il patto di incedibilità è opponibile ai terzi che siano venuti a conoscenza della sua esistenza – quantomeno al momento della cessione – e la prova di tale conoscenza deve essere fornita da chi intende contestare il trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di formadel credito, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione socialesia esso il debitore o il creditore. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle impreseIl quesito iniziale trova dunque risposta nelle tre regole fondamentali concernenti le norme sulla cessione. La nuova leggeprima deriva dall’art. 1260, nell’imporre l’onere formale comma 1, c.c. che pone come principio generale, fatti salvi i limiti suddetti, quello della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità libera cedibilità dei crediti; si tratta di trasparenza, allo scopo un principio idoneo ad ingenerare nel cessionario l’affidamento di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis eranormale cedibilità del credito e, pertanto, da individuare di legittimità e regolarità della cessione operata a suo favore. La seconda è desumibile dall’art. 1372 c.c. in motivi base al quale il contratto non produce effetto rispetto ai terzi, se non nei casi previsti dalla legge. E’ assolutamente fisiologico che il cessionario sia estraneo all’accordo di ordine pubblicoincedibilità intercorso - per un interesse che è soltanto di costoro - tra cedente e ceduto. La terza deriva dall’art. 1260, in una difesa ulteriore contro comma 2, c.c. secondo cui solo eccezionalmente il riciclaggio divieto di danaro cessione può essere opposto al cessionario, allorquando si provi (ad onere del cedente o del ceduto) che questi ne era a conoscenza. E’ onere del debitore ceduto provare che il cessionario si trovi nella condizione, non già di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo mera conoscibilità, ma di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio sua effettiva conoscenza del divieto di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione cessione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonio. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.lcredito., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).

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Commento. Nella sentenza in commento il Tribunale di Milano si interroga su uno degli aspetti fondamentali – nonché una delle obbligazioni principali – del contratto di factoring, vale a dire la garanzia della solvenza del debitore o dei debitori ceduti. Più specificamente, la pronuncia in oggetto analizza la questione della sua operabilità nei confronti del factor successivamente allo scioglimento del contratto di factoring e alla retrocessione dei crediti al creditore cedente nonché della natura giuridica della stessa garanzia. La garanzia pro soluto oggetto della controversia era disciplinata da clausola contrattuale pattuita tra le parti, la quale prevedeva l’assunzione da parte del factor del rischio di insolvenza dei debitori ceduti in relazione ad alcuni crediti concordati tra le parti. Orbene, quanto alla fonte normativa regolante tale garanzia, in un primo momento – data l’atipicità del contratto di factoring22 – si era fatto ricorso per analogia all’istituto della cessione della partecipazione in una società a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipico, purché meritevole di tutela, secondo quanto consentito dall’artdei crediti disciplinato dagli artt. 1322 c.c. Sotto il profilo causale, dunque, il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 1260 – 1267 c.c., rendevano pacifico e in particolare all’art. 1267 c.c., norma che regola la garanzia della solvenza del debitore. Tuttavia, l’applicazione di tali articoli alla fattispecie contrattuale del factoring si è rivelata fin da subito del tutto inidonea alle esigenze degli operatori economici e alle prassi contrattuali23. A fronte della tanto auspicata regolamentazione della materia, il fatto legislatore è infine intervenuto – come noto – con la legge 21 febbario 1991, n. 52 (Disciplina della cessione dei crediti di impresa), la quale, all’art. 4 stabilisce che: “Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di forma, non essendo tale l’iscrizione nel libro soci, salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento della partecipazione sociale. Con l’entrata in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova legge, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertanto, da individuare in motivi di ordine pubblicocessionario rinunci, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi tutto o in un mezzo aggiuntivo di lotta parte, alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecitegaranzia”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene Si capovolge radicalmente il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società principio di cui all’art. 1267 c.c.: la quota rappresenta una frazione garanzia della solvenza del debitore grava ex lege sul cedente dei crediti d’impresa costituendo naturale negotii del contratto di patrimoniocessione, prevedendo al contempo la possibilità per il cessionario di rinunziarvi - in tutto o in parte - per iscritto24. Sotto questo profiloAl contrario, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).principio espresso

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Sources: Contratto Di Factoring

Commento. La cessione 1. Rapporto tra l’istituto della partecipazione rappresentazione e la successione legittima nell’individuazione dei chiamati all’eredità. (5) Questo tipo di designazione ha fatto dubitare a parte della dottrina che il contratto di assicurazione possa, in una società questo caso, es- sere annoverato tra i contratti inter vivos: v. infra nt. 28. (6) Esula dal presente lavoro la questione riguardante i criteri di riparto dell’indennizzo qualora il contraente ometta di indicarli poiché, nel caso di specie, la stipulante aveva espressamente stabi- lito che la prestazione assicurativa dovesse essere divisa «in parti uguali». Su tale profilo, per evidenti ragioni di spazio, non si sof- fermerà quindi il discorso. la giurisprudenza di legittimità, risultano perciò cen- trali, per l’identificazione dei creditori della prestazio- ne assicurativa, gli istituti della successione legittima e della rappresentazione, onde verificarne i reciproci rapporti e procedere alla individuazione dei soggetti chiamati all’eredità nel caso in cui concorrano parenti di grado diverso e siano tutti discendenti di fratelli o sorelle del de cuius. Solo tale previa verifica consente, infatti, di individuare i delati e, come si esaminerà a responsabilità limitata costituisce una prestazione negoziale breve, di identificare già in essi i destinatari del cre- dito assicurativo, senza bisogno di alcun altro atto o fatto successivi. Così impostata e giustificata l’indagine, il discorso non può che può essere contenuta in qualunque schema contrattuale tipico o non tipico, purché meritevole di tutela, secondo quanto consentito prendere le mosse dall’art. 1322 c.c. Sotto il profilo causale, dunque, il trasferimento di una quota sociale potrà essere oggetto di una vendita, una donazione, una permuta, una datio in solutum, etc. ed il problema della forma da adottare, per questa tipologia di atto si pone, esclusivamente per quei contratti che non richiedono un obbligo di forma solenne ad substantiam in funzione della loro causa. Come è noto, fino all’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993 n.310 (cd.”legge Mancino”) i trasferimenti delle quote di s.r.l. erano disciplinati dall’art. 2479 c.c. il quale nel III comma disponeva: “L’iscrizione del trasferimento può aver luogo su richiesta dell’alienante o dell’acquirente verso esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, ovvero mediante dichiarazione nel libro soci sottoscritta dall’alienante e dall’acquirente e controfirmata da un amministratore.” La lettera della norma ed il principio generale della libertà di forma, espresso nell’art. 1325 n.4 467 c.c., rendevano pacifico in virtù del quale, quando la delazione a favore del sog- getto «designato a succedere» dalla legge o dal testa- mento – che sia figlio o fratello o sorella del de cuius – non abbia luogo oppure venga meno, opera ex lege una nuova delazione a favore dei discendenti dello stesso. La figura si distingue nettamente da quella della tra- smissione della delazione contemplata dall’art. 479 c.c.: quest’ultima presuppone che una delazione si sia effettivamente verificata, sia perdurante e abbia attri- buito al chiamato a succedere il diritto potestativo di accettare l’eredità, ma che la sopraggiunta morte di costui ne abbia impedito l’esercizio. In questo caso, in deroga al principio di indisponibilità della delazione, il diritto di accettare si trasmette agli eredi del defun- to delato, che divengono chiamati iure trasmissionis al posto del primo. La trasmissione implica dunque che una delazione sussista nel patrimonio del trasmit- tente e che, in quanto situazione giuridica soggettiva facente parte dello stesso, venga acquisita dagli eredi di quest’ultimo (7). Viceversa, nella rappresentazione, benché talvolta se ne discorra in termini (in parte fuorvianti) di «dela- zione indiretta»(8), il rappresentato non è chiamato e, se lo diviene, come in ipotesi di rinunzia, egli perde con effetti retroattivi la delazione a suo favore ex art. 521 c.c., la quale non può così trasmettersi proprio perché venuta meno ex tunc. Il rappresentante è dun- que destinatario diretto di una nuova chiamata a suc- cedere: si tratta di una situazione giuridica soggettiva che si costituisce in modo autonomo nella sua sfera (7) CICU, Successioni per causa di morte, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e ▇▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇▇▇▇▇, 1961, 123. (8) Così, ad esempio, CICU, op. cit., 109-110, secondo cui si tratte- rebb di un’ipotesi di vocazione diretta (in quanto il rappresentante è il solo soggetto direttamente vocato), ma di delazione indiretta (sotto il profilo oggettivo). giuridica, senza alcun trasferimento dal soggetto che non può o non vuole accettare l’eredità (o il legato). Ciò non implica, però, che la vocazione del rappre- sentato divenga del tutto marginale nella vicenda successoria, in quanto il contenuto della delazione del rappresentante risulta formato dagli elementi che avrebbero dovuto inerire alla vocazione precedente, a cui la legge riconosce una, seppur limitata, effica- cia (9). L’affermazione va però correttamente intesa nei suoi limiti: l’ambito di rilevanza della figura del rappresentato si esaurisce nel profilo oggettivo ed egli non ha altra funzione specifica se non quella di essere di riferimento per determinare quanto devo- luto al rappresentante (10), essendo la sua vocazione considerata solo in modo ipotetico. In questo senso si giustifica la locuzione, pur imprecisa, impiegata dal legislatore nell’art. 467 c.c., secondo cui la rappresen- tazione «fa subentrare i discendenti nel luogo … del loro ascendente» (11): il termine «subentrare» assu- me un significato unicamente metaforico, alludendo al fatto che un soggetto acquista un’eredità che, se non si fossero verificati certi eventi, sarebbe stata de- voluta a un altro (12). In ogni caso, sotto il negozio di trasferimento della quota non fosse soggetto ad alcun onere di formaprofilo sog- gettivo, la delazione si realizza pur sempre in modo autonomo in capo al solo rappresentante e il rappre- sentato è escluso dal fenomeno successorio, non essendo tale l’iscrizione nel libro sociser- vendo neppure da tramite dell’eredità dal defunto al rappresentante (13), salvo i casi di obblighi formali determinati da particolari profili causali presenti nel trasferimento ben potendo quest’ultimo essere premorto al de cuius. D’altra parte, l’autonomia della partecipazione socialechiamata dei rappresentanti discende anche dalla let- tura dell’art. Con l’entrata 468, comma 2, c.c., in vigore della legge 310 del 1993 il Legislatore, per motivi di ordine pubblico, prescrisse cui si ammette che i trasferimenti delle quote dovessero rivestire la forma discendenti possano succedere per rappresentazione anche se abbiano rinunciato all’eredità della scrittura privata autenticata ed essere depositati entro trenta giorni per l’iscrizionepersona (9) NICOLÒ, a cura del notaio autenticanteLa vocazione ereditaria diretta e indiretta, presso l’ufficio del registro delle imprese. La nuova leggePrincipa- to, nell’imporre l’onere formale della scrittura privata autenticata intendeva perseguire soprattutto finalità di trasparenza1934, allo scopo di far emergere e rendere visibili ricchezze, anche di notevole rilevanza, che altrimenti sarebbero rimaste confinate nei libri sociali delle società a responsabilità limitata. Lo ratio legis era, pertanto, da individuare in motivi di ordine pubblico, in una difesa ulteriore contro il riciclaggio di danaro di provenienza illecita e quindi in un mezzo aggiuntivo di lotta alla criminalità o secondo le parole della relazione che l'accompagnò, allo stadio di progetto, a “prevenire e reprimere ogni possibile forma di utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite”. L’attenzione del Legislatore verso i trasferimenti delle partecipazioni in società a responsabilità limitata era dovuta alla particolare natura della quota di s.r.l. come bene sostanzialmente di “secondo grado”, ossia di bene il cui valore reale derivava indirettamente dalla ricchezza patrimoniale della società di cui la quota rappresenta una frazione di patrimonio. Sotto questo profilo, una circolazione incontrollata delle partecipazioni di s.r.l176., consentiva una altrettanto incontrollata circolazione dei beni, anche di notevole importanza economica, che facevano parte del patrimonio della società. Le più consistenti ricchezze del Paese si trasferiscono infatti proprio attraverso l'alienazione di partecipazioni societarie e di ciò è ben consapevole il Legislatore, laddove equipara il trasferimento delle ricchezze imprenditoriali al trasferimento di partecipazioni sociali. L’ultimo degli esempi è dato proprio dalla recentissima approvazione della normativa sul patto di famiglia (1). (1) Cfr. legge 14 febbraio 2006 n.55. (G.U. 1° marzo 2006, n. 50).

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Sources: Contratto in Generale