Common use of Xxxxxxxxx Clause in Contracts

Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mista, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 548 s. prendesse, tra gli atti tipici cui sia da attribuire la qualifica di disdetta, anche quell’atto che la legge, ora denomina disdetta (art. 1596, 1º co., c.c.), ora licenza (art. 1597, 3º co., c.c.), e con il quale, in una locazione a durata convenzionale, una delle parti comunica all’altra che il rapporto cessera` senz’altro con lo spi- rare del termine contrattualmente previsto(12). E` evidente che questa seconda tipologia di disdetta, anche detta licenza, presenta differenze rispetto alla disdetta che in- terviene in un contratto di locazione «senza determinazione di tempo» (rectius, con causa mistatermine di scadenza previsto ex lege), Padovaat- teso che la licenza del contratto a durata convenzionalmente stabilita ‘‘oppone’’ (nel senso di far valere) la scadenza di un termine che opera automaticamente ed in ordine al quale, 1995quindi, pagla disdetta non costituisce altro che ‘‘una’’ delle moda- lita` di comunicazione dell’intenzione di non volere una rinno- vazione del contratto. 41Tant’e` vero che la legge definisce come non necessaria la disdetta (art. 62 X. XXXXXXXXX1596, op1º co., c.c.), proprio perche´ la scadenza del termine previsto contrattualmente opera indipendentemente dall’atto (di disdetta) stesso. locLa licenza designerebbe, insomma, un’intimazione formale con la quale il locatore comunica al conduttore di considerare ope- rativo il termine finale del rapporto (gia` maturato o prossimo a scadere) e che intende ottenere il rilascio della cosa locata. ultInoltre, per la licenza non occorre il rispetto di alcun termine di preavviso, come invece e` per la disdetta del contratto di locazio- ne con durata legale, non gravando, dal punto di vista temporale, alcun onere su colui che comunica la licenza. citPur tuttavia, l’intervenuta comunicazione della disdetta e/o li- cenza di un contratto di locazione per un tempo determinato dalle parti mette capo al medesimo effetto finale, quale quello di impedire la rinnovazione tacita del contratto. Pertanto, in una prospettiva definitoria, la nozione di disdetta potrebbe estendersi a ricomprendere anche quella seconda ed ulteriore tipologia di disdetta e/o di licenza di cui si fa menzione con riferimento alla locazione con durata convenzionalmente prevista(13). In quest’ottica, il termine licenza finisce per essere individuato come una mera ‘‘variante’’ terminologica della disdetta(14). Ad onor del vero, peraltro, la parola licenza viene utilizzata ‘‘pro- miscuamente’’ dal legislatore, al punto che, come avviene nel- l’art. 1612 c.c., page` associata al recesso. 44Nonostante questa associazione, comunque, il termine licenza, nella materia locatizia, puo` dirsi di buon grado ascrivibile, piu` propriamente, all’area della disdetta, sempre che, anche que- st’ultima, non finisca per confondersi con il recesso(15). 63 Cfr. Cass. sezioni uniteNell’ambito delle locazioni, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti mistiinfatti, si ha registrano diverse ipotesi di recesso legale (per es.: artt. 4, 2º co. e 27, 8º co., l. n. 392/1978)(16) ed e` ammesso un solo schema negozialerecesso convenzionale ad nutum con preavviso (artt. 4, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte 1º co. e 27, 7º co., l. n. 392/1978)(17). Pare, tuttavia, da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti escludere un’assimilazione tra le figure del re- cesso e della disdetta. E il discrimine tra le due sarebbe da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazionericercare nel profilo ‘‘conte- nutistico’’ degli effetti, dal momento che entrambe partecipereb- bero della stessa natura di negozi unilaterali recettizi. La disdetta, per quanto si e` tentato di evidenziare, produce un effetto che puo` qualificarsi come squisitamente ‘‘impeditivo’’, atteso che, applicandolaappunto, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciòimpedisce la rinnovazione tacita del con- tratto che, come rileva X. XXXXXXXXXaltrimenti, opin assenza di disdetta o, comunque, in presenza di una disdetta intempestiva, deriverebbe automatica- mente ope legis. locLa disdetta e` diretta quindi a provocare la ‘‘naturale’’ cessazione del rapporto, attraverso la produzione del particolare effetto, pro- prio della locazione, consistente nell’impedire la rinnovazione del contratto. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- ticheTale effetto rientra nel genus degli effetti estintivi, ma ha grandi riflessi applicativi di questo rappresenta una peculiarita`. Il recesso, invece, determina un effetto estintivo tout court, pro- vocando la ‘‘anticipata’’ cessazione del rapporto che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio si scioglie prima della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritonaturale scadenza(18).

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Xxxxxxxxx. La locazione, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1972, 4, osserva «La legge offre la definizione del contratto, e cioè del mezzo giuridico attraverso il quale viene posto in essere un rapporto di locazione, e non del rapporto stes- do un canone, destinato alla registrazione, inferiore a quello realmente pattuito. Le medesime parti, contestualmente alla stipula del contratto, con controdichiarazione scrit- ta, convengono che il canone indicato nell’accordo registrato debba essere aumentato. Il contratto con causa mistadi che trattasi risulta stipulato nel 2003, Padova, 1995, pagne consegue che la norma di riferimento è quella della originaria formulazione dell’art. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, 13 della L. n. 431 del 1998 secondo cui la quale «nei contratti misti, si ha é nulla ogni pattuizione volta a determinare un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento importo del canone di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causalocazione superiore a quel- lo risultante dal contratto scritto e registrato». La suddetta problematica sorta, e che ha dato vita a pronunciamenti da parte del giudice di merito, con riferimento alle domande svolte nei vari giudizi dalle parti in causa, riveste particolare im- portanza in quanto, oltre ad avere un evidente risvolto fiscale, ha conseguenze sul piano civili- stico. In riferimento a tale ultimo aspetto, si tratta di capire se il contratto contenente un accordo dissimulatorio, diretto a frodare il fisco, sia nullo in tutto o in parte, vale a dire se il contratto venga meno definitivamente e totalmente o se, diversamente, venga sanzionato con la nullità so- lamente l’accordo di maggiorazione del canone. Contribuisce a complicare la questione una norma avente carattere generale e richiamata dal- la stessa Corte di Cassazione, ovvero l’art. 10 della L. 27 luglio 2000 n. 2012 (intitolata “Dispo- sizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”), secondo la quale, in particolare, «Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nulli- tà del contratto». A fronte di questa complessa situazione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza critica la teoria della combinazionen. 18213 del 17 settembre 2015, dal momento offrono una argomentata soluzione al problema attra- verso una preliminare analisi dell’art. 1414 c.c. In sostanza, se è vero che, applicandolasecondo l’art. 1414 c.c., il contratto simulato non produce alcun effetto giuridico tra le parti 4 e qualora le parti abbiano inteso concludere un contratto diverso da quello apparente (c.d. contratto dissimulato) è questo ad avere efficacia tra di esse, purché, ov- viamente, siano presenti i requisiti di sostanza e di forma richiesti dalla legge, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciòdi due negozi giuridici dobbiamo parlare, come rileva X. XXXXXXXXXbensì di una fattispecie complessa 5. Occorre dimenticare, op. loc. ult. cit.quindi, pag. 263chiarisce la Corte, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione la vecchia suddivisione tra negozio simulato e negozio dissimulato (terminologia utilizzata dal ricorrente in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle partiCassazione), poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento siamo in presenza di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà una “unità morfologica” delle manifestazioni di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritovolontà.

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Xxxxxxxxx. La nozione di rimedio nel diritto continentale, cit. 588; MESSINETTI, Sapere complesso e tecniche giuridiche rimediali, in Eur. dir. priv., 2005, 605 s. e XXXXXX, I rimedi, in ALPA – XXXXXXXXX – GUARNERI – XXXXXX – MONATERI – SACCO, La parte generale del diritto. 2. Il contratto con causa mistadiritto soggettivo, Padovain Tratt. Sacco, 1995Torino, pag2001, 107 s. 8 Cfr. 41XXXXXXXXX, La nozione di rimedio nel diritto continentale, cit. 62 X. 591 e DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Xxxxxx, 00000, 49 s. 9 Così XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit. 589. congruo in quanto è nella misura, a mo’ per intendersi di un equo contemperamento degli interessi delle parti. Giusto, detto di un rimedio rispetto al valore protetto, è insomma sinonimo di uno strumento adeguato e flessibile o di necessità (per la sua infungibilità satisfattiva), ma non anche di proporzionale in senso stretto. D’altra parte, se è vero che giustizia contrattuale e rimodulazione giudiziale del regolamento negoziale sono vicende prossime, non è però meno pacifica la constatazione che, almeno nell’esperienza giurisprudenziale corrente, si danno più forme di rettifica della lex contractus che non sono espressione esclusiva, a mo’di suo distillato, di un equo bilanciamento tra valori antagonisti. Quattro esempi, volendo immediatamente dare una concretezza analitica al discorso, possono tornare emblematicamente utili, specie se li si scompone all’insegna di un distico nel quale gli usi virtuosi si alternano ad altri espressione di un Richterrecht influenzato, viceversa, da un modello di “diritto leggero”, coll’appendice di un quinto, foggiato in sede di rideterminazione perimetrale dell’art. 2744 c.c., pagche vede un’effettività della tutela creditoria di recente praticata secondo una metrica proclive ad appannare la legge della par condicio creditorum,. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni uniteAlmeno, sent. 7930/2008questo vuol dirsi, secondo tutte le volte in cui «nei contratti mistiil farsi di un’alienazione solutoria, valida perché non eccedente il valore del debito, si ha un solo schema negozialetrovi ad interferire depauperativamente sul patrimonio del comune debitore10. Prima però, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi scheminell’ordine espositivo, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citusi virtuosi., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mista(a cura di), PadovaRiforma del lavoro, 1995tutte le novità introdotte dalla legge 28 giugno 2012, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXXn. 92, op. loc. ult. cit., pagp. 63, che però accoglie tale soluzione solo in caso di un primo contratto a termine stipulato senza giustificazione per una durata notevolmente inferiore ai dodici mesi; l’A. propende, invece, per la soluzione negativa nel caso in cui la prosecuzione riguardi un primo contratto a termine libero di durata annuale. 44Altra parte della dottrina, invece, ricava dalla esplicita previsione della durata massima pari a 12 mesi e del divieto di proroga l’impossibilità che un primo contratto acausale si protragga in ogni caso oltre tale termine, neppure in virtù della prosecuzione di fatto del rapporto; quasi a voler sottolineare il carattere eccezionale dell’acausalità del primo contratto a tempo determinato. 63 In questi termini, X. XXXXXXX, Flessibilità in entrata: nuovi e vecchi modelli di lavoro flessibile, cit., p. 575 ss.; X. XXXXXXX, Guida pratica riforma del lavoro, Il sole24Ore, 2012, p. 13. contratto è, pertanto, necessaria l’indicazione delle mansioni, al fine di verificare la ricorrenza del requisito dell’equivalenza rispetto ai contratti successivi. Sempre in materia di assunzioni successive, la riforma si è inoltre preoccupata di prolungare l’intervallo di tempo oltre il quale la stipula di un nuovo contratto a termine dopo la scadenza del precedente si considera come assunzione a tempo indeterminato: dai dieci o venti giorni originariamente previsti agli attuali sessanta o novanta, a seconda che il contratto abbia una durata rispettivamente inferiore o superiore ai sei mesi (art. 1, comma 9, lett. g). La modifica, da un lato, si pone a completamento di un più articolato sistema di prevenzione degli abusi (realizzata in primo luogo con l’introduzione ad opera della legge n. 247 del 2007, della durata massima triennale) e, dall’altro, è meramente ricognitiva dell’evoluzione della giurisprudenza comunitaria che ha censurato normative nazionali che prevedevano intervalli troppo esigui tra un contratto e l’altro55. La Corte di Giustizia ha, infatti, ravvisato una legittima successione di contratti in caso di decorso di un termine significativo individuato in tre mesi56. A ben vedere, però, come puntualmente rilevato da attenta dottrina, lo strumento degli intervalli temporali risulta poco confacente agli obiettivi antifraudolenti perseguiti dal legislatore europeo, presentando al contempo serie controindicazioni rispetto alla tenuta del sistema legislativo interno; infatti, se degli intervalli particolarmente ridotti favoriscono addirittura la reiterazione illimitata di contratti a termine, la loro estensione contrasta con la disciplina delle successioni contrattuali, consentendo di ipotizzare l’estinzione del nesso di successione secondo quanto affermato, in linea di principio, dalla stessa Corte di giustizia57. D’altra parte, qualora al momento della scadenza del precedente contratto ricorrano o continuino a sussistere le esigenze che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 368 del 2001, giustificano l’apposizione del termine, 55 Cfr. CassX. XXXXXXXX, La riforma del contratto a termine nella legge 28 giugno 2012, n. 92, in WP 56 Si veda, in particolare, Corte giust. sezioni unite12 giugno 2008 (ord.), sent. 7930/2008(C-364/07), Xxxxxxxxxx, secondo cui «nei “La clausola dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretata nel senso che … soltanto i contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento o rapporti di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso lavoro a tempo determinato che siano separati tra loro da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citlasso di tempo inferiore ai tre mesi possono essere considerati successivi ai sensi della detta clausola”., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistapreliminare, PadovaMilano, 1995Xxxxxxx, 1970; X. XXXXXX, Il contratto preliminare, Xxxxxx, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXX, Il contratto preliminare , in Trattato di diritto privato, a cura di X. Xxxxxxx, Torino, Giappichelli, 2000, pag. 41quasi esclusivamente in rapporto ai contratti di compravendita, questo strumento può essere utilizzato dai privati senza limitazioni di sorta, in rapporto a diversi tipi negoziali, ivi incluso il contratto di appalto, ogni qual volta venga reputato utile o opportuno far sorgere un vincolo giuridico pur in assenza di alcune delle condizioni indispensabili per concludere il contratto definitivo. 62 X. XXXXXXXXXIl contratto preliminare è un mezzo essenziale in quei casi in cui non si può, opda una parte, concludere il contratto definitivo senza il preventivo rilascio di autorizzazioni che chiedono tempo, e dall’altra non si vuole correre il rischio di gravi pregiudizi. locVi possono essere fattispecie in cui la stessa esigenza di prevenzione venga avvertita dall’amministrazione che potrebbe, per ipotesi, essere interessata a ridurre i tempi necessari per la realizzazione dell’opera, individuando subito l’appaltatore mediante le ordinarie procedure e stipulando con questo un contratto preliminare ed assicurandosi così la possibilità di provvedere senza ulteriori indugi alla diretta stipula del contratto definitivo una volta integrate tutte le condizioni necessarie prima mancanti. ultLa mancanza di una disciplina specifica ha indotto la dottrina a interrogarsi sull’ammissibilità dell’impiego del pactum de contrahendo nel settore delle opere pubbliche. cit.L’assenza di una disposizione ad hoc non rappresenta, pagdi per sè, un ostacolo; diversamente dall’attività pubblicistica, informata ai principi di legalità e tipicità e richiedente espresse disposizioni di legge attributive del potere, l’attività privatistica della p.a. 44può estendersi anche oltre quanto tipizzato dall’ordinamento. 63 CfrL’amministrazione può anche concludere contratti atipici. CassL’orientamento negativo rispetto alla possibilità di esperire nei confronti dell’amministrazione l’azione di esecuzione in forma specifica prevista dall’art. sezioni unite2932 c.c. è venuto meno grazie all’intervento dalla stessa Corte 565. di Cassazione22 sulla base della considerazione che quel divieto, sent. 7930/2008funzionale al rispetto della divisione dei poteri, secondo cui «nei contratti mistinon potesse impedire al giudice di adottare una pronuncia costitutiva di un contratto rispetto al quale l’amministrazione non assume la veste di titolare di potestà pubblicistiche, bensì di operatore che, nell’ambito della sua capacità di diritto privato, si ha è obbligato a prestare il proprio consenso alla stipula di un solo schema negozialesuccessivo negozio senza che in quest’ultimo comportamento (dovuto) residuino spazi per l’esercizio di un qualsivoglia potere discrezionale riservato. L’affermata esperibilità dell’azione ex art. 2932 c.c. non ha, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento però, spianato la strada all’utilizzo del contratto preliminare nel campo dei lavori pubblici dove si frappone un ulteriore ostacolo, non già processuale, ma sostanziale, legato all’obbligo imposto dalla normativa di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentresettore di attivare, in quelli complessivia preliminare, si ha complesse procedure di programmazione e progettazione delle opere che producono un’anticipazione dei contenuti dell’appalto, e dei relativi limiti di spesa, tale da rendere sostanzialmente inammissibile o, comunque, inutile l’impiego del preliminare. L’aver imposto la conver- genza preventiva determinazione di tutti gli elementi costitutivi tratti del contratto, nonché, la preordinazione di tutte le condizioni necessarie per l’effettiva esecuzione dello stesso attribuendo al responsabile del procedimento un correlativo obbligo di effettuare, prima dell’approvazione del progetto in ciascuno dei suoi livelli, le necessarie verifiche circa la rispondenza dei contenuti del documento alle effettive disponibilità finanziarie, e all’esistenza dei presupposti di ordine tecnico e amministrativo necessari per conseguire la piena disponibilità degli immobili, se non ha determinato l’insorgenza di un divieto all’utilizzo del preliminare, ne ha comunque di fatto impedito un proficuo utilizzo. 22 Cfr. Sent. Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, XX.XX., 00 novembre 1992, n. 12309, in Vita not., 1993, 802; Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, XX.XX., 0 ottobre 1983, n.5838, in Foro it., 1983, I, 2366; Id., 1 ottobre 2002, n. 14079, in Dir. e giust., 2003, 10, 67 ss.. L’unica alternativa percorribile al fine di soddisfare le esigenze sopradescritte potrebbe essere rappresentata dal nuovo istituto di matrice comunitaria dall’accordo quadro, contemplato dall’art. 59 del d. lgs. n. 163/06, che permette di preselezionare l’appaltatore sulla base di uno schema di contratto soltanto parziale, la cui compiuta definizione viene rimessa al momento della conclusione dei singoli contratti applicativi. Le effettive possibilità di avvalersi di tale strumento nell’ambito dei lavori pubblici, tuttavia, sono state fortemente ridimensionate dalla disciplina di settore che ne ha ristretto l’ambito di applicazione ai soli lavori di manutenzione, escludendone espressamente l’applicabilità per la progettazione e per gli altri servizi di natura intellettuale. Ha, quindi, prevalso un indirizzo limitativo dell’autonomia negoziale dell’amministrazione che si vede preclusa la possibilità di anticipare l’individuazione dell’esecutore di lavori pubblici mediante l’impiego del contratto preliminare o di analoghi istituti. Il contratto d’appalto di opere pubbliche è regolato da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la una disciplina è unitariaspeciale particolarmente dettagliata che ne abbraccia tutti gli aspetti: da quelli esecutivi, come unitaria ne è la causa»sino alla fase del collaudo. La suddetta sentenza critica disciplina dell’appalto di opere, in ragione della sua maggiore specificità, nonché per la teoria sua portata derogatoria rispetto alla disciplina privatistica, si differenzia dalla disciplina dei contratti d’appalto di servizi e forniture. La diversità è dovuta al diverso oggetto, basti pensare che l’opera pubblica produce una trasformazione stabile nel tempo, viene realizzata per l’esercizio di un servizio pubblico, in favore della combinazionecollettività che nella maggior parte dei casi ne usufruisce direttamente (es. strade, dal momento cheospedali, applicandolaaeroporti) ed è destinata a durare nel tempo e, pertanto, per la particolare connotazione pubblicistica, sono state previste peculiari forme di garanzia anche dopo l’ultimazione dell’opera. Le prestazioni dei contratti d’appalto di servizi e forniture sono limitate nel tempo, generalmente, non necessitano di un particolare sistema di garanzie successivamente al completamento del servizio ed hanno per oggetto un’attività svolta direttamente in favore del committente e solo indirettamente in favore della collettività23. L’attività che caratterizza l’appalto di opere pubbliche è quella che rappresenta nel migliore dei modi tutte le peculiarità di cui è portatrice la p.a. nel momento in cui si potrebbe distinguere accinge a stipulare contratti, con una profonda natura derogatoria rispetto ai contratti di diritto comune. Il contratto di opere pubbliche è stato oggetto della prima disciplina speciale, destinata a regolarne tutti gli aspetti, rappresentata dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, denominata ―legge sui lavori pubblici‖ e dal r.d. 25 maggio 1895, n. 350, in ragione della riconosciuta importanza rispetto alle altre figure contrattuali. Il contratto d’appalto di servizi e di forniture, con il quale l’appaltatore si obbliga a fornire un contratto complesso da un contratto collegatodeterminato servizio o determinati beni in favore della 23 In tale ottica i servizi resi direttamente alla collettività sono servizi pubblici (i servizi pubblici essenziali di trasporto, o la raccolta e smaltimento dei rifiuti, ecc.) e non sono ricompresi nelle norme, comunitarie ed interne, relative all’appalto pubblico di servizi, disciplinanti invece le prestazioni effettuate in favore degli enti committenti; malgrado ciòtuttavia, come rileva occorre registrare una disomogeneità nella stessa nozione di appalto pubblico di servizi tra la normativa nazionale e quella comunitaria. Sulla nomenclatura dei servizi contenuta nella direttiva 18 giugno 1992, n. 92/50/CEE e nel decreto di recepimento: X. XXXXXXXXXXXXXXXXX, opP. PISELLI, Le categorie di servizi di cui agli All. loc1 e 2 del d.lgs. ultn. 157/1995, in Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, a cura di F. Mastragostino, Padova, Cedam, 1998, pagg. cit189 ss.; AA.VV., I servizi pubblici, in Trattato di diritto amministrativo, diritto amministrativo speciale, a cura di X. Xxxxxxx, Tomo II, Milano, Xxxxxxx, 2000; X. XXXXXXX, Pubblica amministrazione e servizi pubblici, in Dir. amm., 3, 2003, pag. 263493. Un’interessante analisi in ordine alla nozione stessa di servizio pubblico e alle modifiche del regime di erogazione dello stesso si trova in X. XXXXXXXXXX, «l’accertamento della pluralità I servizi pubblici, intervento al Convegno Dieci anni di riforme amministrative, tenutosi a Roma il 27 maggio 2004, in Giorn. dir. amm., numero speciale, 2004, pagg. 33 ss. pubblica amministrazione, è disciplinato da norme speciali (di contabilità pubblica o unicità delle strutture non può di derivazione comunitaria, o norme ad hoc per le forniture ed i servizi) che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi regolano la formazione della volontà blema appare poco visibiledell’amministrazione e le modalità di scelta del contraente. Tuttavia si tratta di norme che regolamentano l’ appalto solo fino al mo mento dell’ aggiudicazione definitiva. E’ pur vero che il r.d. n. 827/24, quasi nascosto tra le pieghe dogma- ticheriferito a tutti i contratti dai quali derivi un'entrata o una spesa, contiene un’apposita sezione relativa alla fase esecutiva (Sezione III del Capo IV), ma essa è assai scarna rispetto al corpo di leggi e regolamenti successivi che hanno riguardato i soli contratti d’appalto di opere pubbliche. Anche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti i contratti di servizi e forniture non hanno ricevuto una disciplina unitaria; essi sono sostanzialmente regolati dalle stesse norme che disciplinano i contratti di lavori pubblici, dalle direttive comunitarie, dalle disposizioni di recepimento delle stesse per gli appalti sopra la soglia comunitaria ed, in parte, da norme nazionali di settore. Come già accennato, l’opera pubblica produce una trasformazione stabile nel tempo ed è destinata a svolgere una pubblica funzione o ad essere comunque strumentale all’esercizio di un pubblico servizio; è realizzata in favore della collettività che, nella maggior parte dei casi, ne fruisce direttamente (si pensi a strade, ospedali, aeroporti, stazioni ferroviarie, uffici pubblici) ed implica tempi lunghi di esecuzione e notevoli impegni finanziari. Nell’appalto di opera pubblica, sono maggiori i rischi di insuccesso dell’intera operazione, che possono essere evitati con una maggiore ingerenza della p.a. nella fase esecutiva. Negli appalti di servizi e forniture si rinviene poco di tutto quanto è previsto per gli appalti di lavori: innanzitutto, può non esservi la soddisfazione in via diretta di un interesse pubblico determinato; al contratto viene data esecuzione in tempi ridotti rispetto a quelli ordinariamente occorrenti per l ’esecuzione di un’opera, con minimo rischio di contenzioso. Pertanto nel regolamento contrattuale di un appalto di forniture o servizi si trovano molteplici richiami alla disciplina del codice civile e sono poche le clausole del tutto peculiari alla natura pubblicistica del contratto stesso. Le norme del codice civile relative al contratto d’appalto (Capo VII c.c.) sono per la maggior parte riferite al contratto che ha grandi riflessi applicativi ad oggetto la realizzazione di un’opera. A parte la nozione di appalto contenuta nell’art. 1655 c.c. comprensiva sia dell’appalto di opere che possonodi servizi, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridicile norme successive si riferiscono, per lo più, all’appalto d’opera risultando invero incompatibile la loro applicazione integrale alle altre ipotesi; si pensi alle norme sulle variazioni concordate del progetto (art. 1659 c.c.); all'avviso al committente dei difetti della materia (art. 1663 c.c.); alle difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili (art. 1664, comma 2, c.c.); alla rovina e difetti di cose immobili (art. 1669 c.c.). Ciò è dovuto anche alla circostanza che i quali permane l’unica difficoltàcontratti di appalto di servizi sono figure assai duttili ed eterogenee, che possono essere notevolmente diverse tra loro e che soprattutto possono racchiudere elementi di solito facilmente sormontabilefattispecie contrattuali diverse, come la compravendita o la somministrazione. Senza considerare, poi, che il legislatore, nella materia dei servizi, ha preferito talvolta creare norme ad hoc secondo la peculiarità della prestazione resa, piuttosto che dar vita ad una disciplina unitaria. Quanto alle forniture, è lo stesso codice civile a relegarle al diverso ambito dei contratti di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta somministrazione e di vendita, ritenendole così fattispecie estranee all’appalto. Il contenuto del contratto è una delle peculiari caratteristiche dell’appalto di opere pubbliche il quale, invece di essere liberamente determinato dalle parti (stazione appaltante o contraente) o risultare sottoposto alle sole disposizioni del codice civile in materia di appalti, è disciplinato, per la quasi totalità del suo contenuto, dalla normativa pubblicistica di settore, cioè da atti che hanno natura vincolante per le parti a prescindere dal loro consenso24. In particolare, determinano il contenuto dell’appalto pubblico il regolamento di esecuzione delle opere pubbliche e il capitolato generale. Si tratta di disposizioni aventi natura regolamentare ed in quanto tali direttamente applicabili ai contratti di appalto di opere pubbliche, anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a prescindere dall’espresso rinvio che le parti abbiano fatto nel testo dell’accordo che danno vita ad una sorta di “guscio vuoto”contenuto contrattuale predeterminato e obbligatorio, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente lascia poco spazio alla volontà autonomia delle parti, poiché vincolate al rispetto di quanto stabilito in via generale ed astratta da norme di natura regolamentare. L’art. 43 del nuovo regolamento di esecuzione del d.lgs. n. 163/06 stabilisce il contenuto minimo dello schema di contratto predisposto dalle stazioni appaltanti ―per quanto non intende sacrificare nessun profilo causaledisciplinato dal presente regolamento e dal capitolato generale d'appalto‖. Le stazioni appaltanti possono, quand’anche fosse marginale; un elemento quindi, disciplinare esclusivamente gli aspetti residuali. Il legislatore ha ritenuto di debolezza è riscontrabilesovrapporre le proprie disposizioni a quelle eventualmente difformi stabilite dalle parti. Le disposizioni del codice civile ed i principi da queste desumibili hanno valore suppletivo, tuttaviaapplicandosi in assenza di norme speciali, che nella difficoltà gerarchia delle fonti assumono una posizione di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritopreminenza.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaL’atleta professionista e l’atleta dilettante, Padova, 1995, pagin Riv. 41Dir. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citSport., pag1997, afferma: “Attraverso la tecnica redazionale dei cerchi La struttura utilizzata da questo schema risulta essere coerente con il punto di vista scelto per disciplinare il fenomeno sportivo, preso in considerazione con riferimento ai rapporti contrattuali nei quali viene svolta l‟attività sportiva professionistica. 44Questo tipo di rapporti sono oggetto di una valutazione globale da parte dell‟ordinamento quindi, la disciplina prende in considerazione anche la normativa precedente all‟entrata in vigore della legge , introducendo così diverse disposizioni transitorie volte a temperarne la sua portata. 63 CfrPer quanto concerne l‟applicazione della legge , vediamo che l‟art.1 risulta essere una norma programmatica, che riconosce ed incentiva l‟attività sportiva in generale41, ma quella che fissa le coordinate per applicare la legge nei confronti del lavoratore è l‟art. Cass2. sezioni uniteIl secondo articolo della legge in esame, sentlimita l‟applicazione di questa al professionismo previsto dalle discipline regolamentate dal CONI, alle attività sportive che vengono svolte a titolo oneroso e con carattere di continuità, a precise figure di sportivi professionisti. 7930/2008Per sportivi professionisti s‟intendono : gli atleti, secondo cui «nei contratti mistigli allenatori, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l‟attività sportiva a titolo oneroso con caratteri di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentrecontinuità nell‟ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione delle federazioni sportive nazionali, in quelli complessibase alle norme che sono contenute concentrici l’uno iscritto all’altro, si il legislatore ha dapprima tracciato il discrimine tra dilettantismo e professionismo (articolo 2), quindi ha individuato nel campo del professionismo la conver- genza distinzione tra atleta lavoratore subordinato e lavoratore autonomo (articolo 3), infine ha forgiato una disciplina speciale per quanto concerne il rapporto di tutti gli elementi costitutivi tratti lavoro sportivo (articoli 4 e seguenti)”. dalle stesse federazioni in osservanza delle direttive stabilite dal CONI per poter distinguere l‟attività professionistica da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantenequella professionistica. Nell’una come nell’altra ipotesi Tramite l‟art.2 , il legislatore ha delegato alle federazioni la disciplina è unitariadelimitazione del campo applicativo dell‟intera legge n.91, come unitaria ne è identificando così l‟area del professionismo riconosciuto, all‟esterno del quale trova applicazione la causa»tutela generale nei confronti di quegli sportivi che possono definirsi lavoratori subordinati in base all‟art. La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento 2094 del c.c. Possiamo vedere che, applicandolamentre un normale rapporto di lavoro subordinato è qualificato come tale vista l‟attività svolta dal lavoratore, non nel caso del lavoro sportivo è richiesta, preventivamente, la qualificazione risultante dalla norma in commento, il tesseramento42. Quest‟ultimo ed il contratto si potrebbe distinguere distinguono tra loro. Il giocatore che viene tesserato come professionista, stipula con la società sportiva un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciòdi lavoro valido per la federazione, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione anche nelle ipotesi in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra cui le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la parti stipulino prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto xdi lavoro e poi il giocatore sia tesserato, mentre ed infine il giudicecontratto viene depositato presso la federazione. Possiamo così dire che il tesseramento sia il presupposto logico del contratto di lavoro dello sportivo professionista. Nel caso in cui il tesseramento non venisse effettuato , qualificandolo come ypotrebbe scaturire la nullità del rapporto di lavoro dell‟atleta che ne sia privo, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritocon conseguente applicazione dell‟art 2126 c.c.43.

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Xxxxxxxxx. Il contratto nel tempo della crisi, in Eur. dir. priv., 2010, p. 641, dove si legge che: «da una rigorosa applicazione dell’analisi costi benefici rende quantomeno dubbia la vantaggiosità di un’adeguata verifica delle informazioni: il costo per comprendere appieno le informazioni sembra sempre eccedere il guadagno ottenuto. Ad aggravare questa scarsa propensione per l’analisi delle informazioni da parte degli investitori sofisticati ha contribuito poi la fiducia senza riserve nelle valutazioni sintetiche delle agenzie di rating». Una delle spiegazioni fornite alla crisi dei mutui immobiliari americani si fonda sulla incapacità di estrapolare informazioni, anche tra operatori qualificati, incorporate negli strumenti finanziari negoziati. dubbia razionalità, e questo soprattutto in quei settori dove non può essere fornita una descrizione sufficientemente completa sul prodotto. A ben vedere, ad uno stadio più raffinato emerge con causa mistachiarezza che la regolazione deve assumere intensità differenti a seconda del tipo di bene negoziato78, Padovainfatti è possibile ripartire i beni in tre differenti categorie in relazione alle modalità con le quali l’acquirente può conoscerne le qualità effettive: la search goods, 1995l’experience goods e la credence goods. Per la prima categoria di beni, pagbasta un’attenta ricerca prima dell’acquisto; rispetto a questa, la teoria del mandatory disclousure non genera per il consumatore nessun miglioramento in termini di efficienza in quanto può apprendere da solo ciò che gli serve79. 41Nella seconda, occorre viceversa un’esperienza concreta, è il caso, per fare un esempio, dell’automobile usata o del soggiorno presso una struttura alberghiera, qui la mancanza o la laconicità di spiegazioni circa le caratteristiche del prodotto può generare i fenomeni c.d.d. 62 adverse selection e del moral hazard, che determinano una scelta inadeguata del bene che si 78 Una classificazione di beni sulla base delle loro caratteristiche fu proposta da X. XXXXXXXXXXXXXXX, Information and consumer behavior, in 78 Juornal of Low Political Economy, 1970, p. 721; inserirono in questa partizione la categoria delle c.d credence goods: R.R. XXXXX-X. XXXXX, Free competition and the optimal amount of fraud, in 16 Journal of Law and Economics, 1973, p. 67. Per un’analisi maggiormente approfondita delle tre categorie di beni si veda in proposito: L.R. XXXXX, Xxxxxxxxxx the Potencial of Interactive Media Through a New Lens: Search versus Experience Goods, in 41 Journal of Business Research, 1998, p. 195; X. XXXX, Consumer information problems-Causes and consequences, in Party autonomy and the role of information in the internal market, (a cura di) X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxxx-X. Xxxxxxxxxx, Berlin, 2001, p. 80 ss. 79 Così: X. XXXXXX, To what extent are consumer requirements met by public quality policy? In Quality policy and consumer behavior in the European Union, (a cura di) X. Xxxxxx, Xxxx, 0000, p. 247. manifesta soltanto nel momento successivo dell’utilizzo; tali fenomeni però, possono essere arginati per mezzo di un maggiore uso delle informazioni. Per la terza categoria, non basta nemmeno l’esperienza concreta, ed infatti perfino dopo l’acquisto e l’utilizzo, il cliente non è in grado di dare una valutazione puntuale del bene80, classico esempio lo si può ricavare dalla vendita dei servizi bancari e finanziari, ma anche nelle prestazioni mediche o legali, in questi casi, la strategia del mendatory disclosure si mostra inefficace ed inefficiente perché non assicura un miglioramento del servizio e genera inutili costi di transazione. Ciò in quanto a differenza dei prodotti fisici veri e propri, la maggior parte dei servizi finanziari non può essere fatta conoscere per mezzo di un’«etichetta» che ne specifica caratteristiche immutabili; il loro contenuto si realizza e si precisa nel tempo per l’effetto dell’interazione di comportamenti soggettivi del cliente e dell’intermediario ed a seguito di circostanze di carattere macroeconomico che non possono essere puntualmente previste81, con la conseguenza che spesso, i consumatori muniti, di scarsa se non nulla, educazione finanziaria, pur se avvolti da una fitta mole di informazioni non riescono ad effettuare scelte razionali82. La crescente inadeguatezza del modello incentrato sulla disclousure soprattutto in ambito di negoziazione di strumenti finanziari ha spinto il legislatore comunitario ad emanare, ancor prima della crisi economica, la 80 X. XXXX, Consumer information problems-Causes and consequences, op. loccit. ult. cit.p. 84 81 X. XXXXXXXX, pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento I servizi finanziari: il punto di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentrevista dell’economista, in quelli complessiI servizi del mercato finanziario. In ricordo di Xxxxxxx Xxxxxxx, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitariaMilano, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione2009, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citp. 28., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mista, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXXLa retribuzione..., op. loc. ult. cit., pag3 ss. 44La retribuzione a tempo è quella maggiormente praticata dalla contrattazione collettiva poiché imputa al datore di lavoro il rischio del rendimento e della produttività del lavoro. 63 CfrQuesta forma di remunerazione è preferita dalle organizzazioni sindacali perché garantisce tendenzialmente parità retributiva ai prestatori inquadrati al medesimo livello e perché sottrae il lavoratore a quel continuo “stress da esame”59 che altre forme quali, ad esempio, il cottimo, la retribuzione di produttività ecc., implicano. Cass. sezioni uniteQuando il sindacato determina una parte, sent. 7930/2008anche rilevante, secondo cui «nei contratti mistidel trattamento economico in base al tempo di lavoro compie una scelta condivisibile, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento perché sottrae questa quota di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentreretribuzione a qualsivoglia rischio, in quelli complessiconsiderazione del fatto che il lavoratore subordinato svolge la sua prestazione nell’ambito di un’organizzazione produttiva predisposta da altri e sotto le altrui direttive. Al contrario, si ha le organizzazioni sindacali non valorizzano il trattamento economico come risorsa per gestire il capitale umano in modo strategico, quando determinano la conver- genza retribuzione interamente in base al tempo di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantenelavoro. Nell’una Tale scelta presuppone che“il tempo misuri il lavoro come nell’altra ipotesi la disciplina bilancia pesa lo zucchero”60, ma pare contestabile perché non sempre la prestazione lavorativa è unitaria, come unitaria ne valutabile ed organizzabile in base all’orario. Il cottimo è la causa»un’altra forma di remunerazione modellata in funzione della prestazione resa dal lavoratore e viene utilizzato quando le imprese hanno un interesse ad accrescere il ritmo produttivo tramite l’intensificazione del lavoro. Questo sistema consente di perseguire tale obiettivo poiché garantisce aumenti retributivi a quei prestatori che hanno un rendimento superiore a quello dei lavoratori di “normale operosità”. La suddetta sentenza critica la teoria della combinazioneprovvigione fa dipendere il trattamento economico del lavoratore dal numero degli affari trattati o conclusi per il datore di lavoro. Essa consente di migliorare il sinallagma prestazione/retribuzione perché incentiva il lavoratore a concludere il maggior numero di affari possibile per il datore di lavoro. Il trattamento economico complessivo percepito dal lavoratore retribuito tramite provvigioni non può essere inferiore ai minimi dell’art. 36 Cost. Questa 59 X. XXXXXX, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXXIl contratto..., op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito156.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mista(Der Erbschaftsverkauf, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pagp. 34): “Man hat eine Präsumtion dafür aufstellen wollen, das allein dasjenige, was bis zur Zeit des Kaufsabschlusses aus der Erbschaft an den Erben gediehen ist”. 44Della genuinità del passo in esame (e, in particolar modo, della sua chiusa) si è a lungo dubitato in dottrina, a motivo dei riferimenti al ‘quod actum est’ e all’‘id quod plerumque accidit’, da alcuni Autori ritenuti indizi di interpolazione in quanto espressione della diffusa tendenza dei compilatori a sciogliere nodi interpretativi riducendoli a quaestiones facti e ricorrendo a presunzioni 89 . 63 CfrLa dottrina più recente, tuttavia, nel valorizzare il riconoscimento dell’autonomia privata operato dalla giurisprudenza classica, ammette l’autenticità del testo in esame90. CassLa determinazione del quantum (‘ea quantitas spectatur’) deve intendersi quale “traduzione in termini quantitativi del ius heredis di cui il venditore ha disposto”91, vale a dire individuazione delle voci dell’attivo ereditario che diverranno oggetto dell’obbligazione principale del venditore e ricognizione delle passività il cui peso economico l’acquirente sarà chiamato a sopportare. sezioni uniteTale determinazione, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti mistiperaltro, si ha un solo schema negozialelimita ad escludere la rilevanza, al quale vengono apportate al- cune ai fini del regolamento contrattuale, delle variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemiquantitative subite dalla hereditas prima del termine fissato dalle parti, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento ma non preclude che, applicandoladopo detto termine, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò89 Per tutti v. X. XXXXX, come rileva X. XXXXXXXXXSpunti storici e dommatici, op. loc. ult. cit., pag. 263p. 528: “i commissari di Xxxxxxxxxxx, «l’accertamento che brancolano nel buio per la mancanza della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione stipulatio si aggrappano alla emptio consensuale e tirano in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili ballo il quod actum est nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie senso di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché e poi costruiscono una presunzione col plerumque creando così un cumulo di incompatibilità con la stipulatio quanta pecunia”. L’A., dopo aver sostenuto la non intende sacrificare nessun profilo causaleclassicità del passo in commento, quand’anche fosse marginale; un elemento aggiunge: “credo che nel caso dell’alienazione dell’eredità i classici tenessero presente più tosto il momento dell’adizione […] La considerazione bizantina del momento del contratto consensuale è causa di debolezza è riscontrabilealtre interpolazioni”. 90 Affermano la classicità del passo X. XXXXXXXXX (v. Vendita (dir. rom.), tuttaviacit., nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto mistop. 351, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- sent. 478) e Y. XXXXXXXX XXXXXX (Propuesta, le quali cit., p. 89, nt. 118). Sulla questione non si sofferma X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., pp. 162-163) che affronta l’esegesi del passo in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritoprospettiva differente riferirendolo alle stipulationes emptae et venditae hereditatis.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistapresupposto soggettivo delle procedure di cui al Capo II della legge n. 3/2012 quale espressione della nuova concorsualità “debtor oriented”, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ultart. cit., pagp. 20; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, vol. 443, ed. 63 Cfr5 a cura di X. Xxxxxxxxxx, 2014., p. 472; Tribunale di Ravenna, Sez. CassFall., 10 marzo 2017, in xxxxxx.xx. sezioni uniteStrettamente collegata a tale innovazione è la previsione di cui all’art. 271: il debitore, sentqualora la procedura liquidatoria sia stata avviata su iniziativa dei creditori o del pubblico ministero, può chiedere al giudice l’assegnazione di un termine per poter presentare domanda di avvio di una delle procedure alternative di risoluzione concordata della crisi65. 7930/2008Durante la pendenza di tale termine non può essere aperta la procedura di liquidazione controllata e la relativa domanda, secondo cui «nei contratti mistiqualora sia avviata una procedura alternativa, si ha un solo schema negozialedeve essere dichiarata improcedibile. Se, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento contrario, il termine scade senza che il debitore abbia integrato la propria domanda o comunque senza che sia stata aperta una procedura alternativa, il giudice dichiara con sentenza l’apertura della procedura liquidatoria66. Sempre al fine di clausole assunte semplificare il ricorso a tali procedure, il Codice continua a prevedere – analogamente alla legge n. 3/2012 – che il debitore possa presentare personalmente il ricorso con l’assistenza di un OCC. Il concordato minore è l’unica delle procedure da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento sovraindebitamento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento a causa della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la sua maggiore complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione prevede l’assistenza obbligatoria di un contratto difensore67. Diversamente dalla previsione di cui all’art. 14-quinquies, co. 4 della legge n. 3/2012, il Codice non prevede che in nulla la procedura debba avere una durata minima di quattro anni: il legislatore si discosterebbeè limitato a richiedere – coerentemente con le previsioni della Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- sen. 135, le quali in ipotesi potrebbero credere evidenziano l’importanza di aver posto in essere garantire ai debitori un rapido accesso ad una seconda opportunità – che il contratto xprogramma di liquidazione assicuri la ragionevole durata del procedimento68. 65 Vale a dire per poter presentare domanda di avvio della procedura di concordato minore ovvero, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra qualora si possa af- fermare che, a fronte tratti di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65consumatore, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritodomanda di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mista(a cura di), PadovaCommentario alla legge fallimentare, 1995I, pag. 41. 62 Milano, 2010, p. 589 s.; X. XXXXXX, Arbitrato e fallimento, in X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXX (diretto da), op. loc. ult. Fallimento e altre procedure concorsua- li, Milano, 2009, p. 923 ss.; e, di recente, X. XXXXXXXXXX, Fallimento e arbitrato rituale, cit., pagp. 98 ss., anche per citazioni. 44. 63 23 Cfr. Casssupra, nota 6 e autori ivi citati. sezioni unite24 Sul punto E. ZUCCONI XXXXX XXXXXXX, sentCommento sub art. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre808 quinquies, in quelli complessiX. XXXXX (diretto da) Xxxxxxxxx, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263p. 198 ss., «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può la quale esclude espressamente che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto il fallimento possa rientrare tra le pieghe dogma- ticheipo- tesi cui fa riferimento la norma in esame. e non solo quando lo assuma su di sé, volontariamente o ex lege; ma ha grandi riflessi applicativi così non è, come si dirà meglio in seguito 25. Inoltre, mi pare che possonodetta ricostruzione presti il fianco a critica anche rispetto al principio di economia dei giudizi, peraltroche vige senza dubbio sia in materia arbitrale, essere molto utili sia in materia fallimentare: dobbiamo infatti domandarci che senso avrebbe la previsio- ne dell’improcedibilità dell’arbitrato pendente (ex art. 83 bis L. Fall.), se al contem- po il curatore, benché non subentrato nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contrattinorma degli artt. 72 e ss. L. Fall., e precisamente una distinzione tra il criterio rimanesse comunque vincolato alla scelta arbitrale già compiuta dal fallito. Una parte della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabiledottrina propone, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile una diversa lettura del sistema in esame, facendo appello al principio autonomia della clausola compromissoria (ri- spetto al contratto mistodi cui essa fa parte) 26. Osserva infatti come in ambito fallimenta- re non vi sia alcuna disposizione che esplicitamente deroghi all’art. 808, potendosi giungere al paradosso 2° comma, c.p.c.: norma, che quindi si dovrebbe considerare operante anche nell’ipotesi in esa- me. E in virtù di minare le convinzioni delle parti stes- seciò nega che la clausola compromissoria divenga inefficace per la curatela, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere anche se si scioglie il contratto xpendente, mentre cui essa accede. Ma anche questa tesi non convince: il giudicerichiamo del 2° comma dell’art. 808 c.p.c. a tal proposito non mi pare appropriato. L’ipotesi di scioglimento del contratto per sopravvenuto fallimento, qualificandolo come ya mio avviso, ledereb- be le esigenze non può farsi infatti rientrare nell’ambito di certezza dei traffici giuridiciapplicazione di quella disposizione. Probabilmente per tutte queste ragioni Nel caso in esame non si tratta di valutare la giurisprudenza è apparsavalidità della clausola nel sopravvenuto fallimento, nel corso degli anni, particolarmente oscillantené del contratto che la contiene: il fallimento non provoca l’invalidità del contratto, ma sembra – ove previsto – lo sciogli- mento del contratto valido, efficace tra le parti, e opponibile alla curatela. Mi pare invece che in virtù dell’art. 83 bis L. Fall., nonché dei principi generali regolatori della materia, vi siano sufficienti ragioni per accogliere ancor oggi in materia fallimentare la tesi dell’accessorietà della clausola compromissoria rispetto al contratto cui inerisce, quanto meno – per così dire – sul versante degli impedi- menti: vale a dire che quando viene sciolto il contratto pendente, che contiene la clausola compromissoria in virtù della quale si possa af- fermare cheè attivato il procedimento arbitrale, a fronte non solo questo non può proseguire, ma si produce altresì lo scioglimento (e, dun- que, l’inefficacia) di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65tale clausola 27. 25 Sul punto mi permetto di rinviare al § 14, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritodove il tema della supposta successione della curatela al fallito è meglio sviluppato.

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Xxxxxxxxx. Xx contratto di arbitraggio, cit., 1162; X. XXXXXXXX, L‟oggetto del contratto, in Di- ritto civile, diretto da X. Xxxxxx e X. Xxxxxxxx, Obbligazioni, II, Milano, 2009, 336. che, mentre il primo è strutturato in modo da evitare qualsiasi dubbio e contestazione in ordine alla determinazione che sarà effettuata dal terzo – vincolato a precisi parametri ri- sultanti per iscritto – nell‟arbitraggio, invece, all‟arbitratore è concessa maggiore libertà di azione71. Infine, mentre nel biancosegno la valutazione esterna si concreta nel riempimento del foglio e costituisce oggetto immediato della dichiarazione di volontà dei contraenti, nell‟arbitraggio il contenuto della dichiarazione si desumerebbe per relationem dal fatto giuridico altrui72. Nel codice civile italiano vigente il fenomeno per cui uno o più terzi siano incari- cati di integrare il contenuto di un negozio giuridico determinando uno o più elementi vo- lutamente lasciati indeterminati dai contraenti trova regolamentazione in una molteplicità di fonti. Il contratto con causa mistalegislatore del 1942, Padovainfatti, 1995ha recepito i principi che la giurisprudenza aveva elaborato durante la vigenza del codice precedente ed è andato oltre, pagprevedendo una du- plice disciplina73. 41Da un lato, vi è quella a carattere generale, contenuta nell‟art. 62 1349 cod. civ., pri- mo e secondo comma, dall‟altro lato quella costituita da disposizioni codicistiche specifi- che, che disciplinano particolari ipotesi in cui le parti si affidano alla determinazione del terzo per ottenere il completamento del negozio74. Con riferimento alla disciplina speciale dell‟arbitraggio, pur non costituendo essa il cuore della ricerca, si ritiene comunque opportuno darne conto, trattandosi di un profilo cui la dottrina che si occupa del tema dell‟arbitraggio concede sempre ampio approfon- dimento anche perchè, come si vedrà nel prosieguo, spesso presenta – si pensi all‟ipotesi 71 X. XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 2002, 131. Nonostante opinioni di contrario avviso (ad es. X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. in Arbitri e ar- bitratori, cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento 322) vi è chi è giunto a sostenere che il fenomeno del biancosegno avrebbe effetti di clausole assunte tipo pro- cessuale in quanto costituirebbe prova certa della provenienza da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza parte di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può coloro che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativol‟hanno sottoscritto: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.così

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaXx Xx presente saggio vuole evidenziare l’evoluzione nel sindacato giudiziale sull’equilibrio contrattuale avutosi nell’ordinamento italiano tanto per effetto dei principi sovranazionali, Padovaquanto per l’operare della clausola di solidarietà sociale, 1995sancita all’art. 2 della Costituzione italiana, pagla quale, ponendosi come norma non meramente programmatica bensì immediatamente precettiva, sta avendo un 1 Visiting Ph.D student presso il Collège de France e presso il Xxx Xxxxxx Institute di Amburgo, Diplomata alla scuola di specializzazione per le professioni legali, abilitata all'esercizio della professione forense. 41impatto dirompente nel sistema italiano. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione Essa impone alle parti di un contratto divenuto squilibrato obblighi di rinegoziazione anche atipici e altresì al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore. L’utilizzo giurisprudenziale della clausola stessa, come si avrà modo di vedere a proposito del potere giudiziale di riduzione della caparra confirmatoria eccessiva, nonché l’obbligo di rinegoziare un contratto di mutuo divenuto usurario per la variazione del tasso soglia degli interessi, se certo scardina completamente il principio di certezza del diritto, incidendo sull’autonomia contrattuale ancorché lecitamente esplicatasi, rappresenta talvolta una valvola di salvezza per adattare un sistema pressoché rigido alle sopravvenienze che, comportando la caducazione del contratto, costituirebbero un grave pregiudizio per la parte che le deve sopportare. Si pensi ad esempio ad un contratto di mutuo divenuto usurario in un momento successivo alla sua pattuizione. Ancorché la stessa sia stata lecita in quanto originariamente contenuta nei limiti del c.d. tasso soglia, per effetto del superamento dello stesso a causa di una riduzione sopravvenuta del limite oltre il quale gli interessi sono considerati usurari, diventando usuraria potrebbe essere colpita da nullità, con conseguente obbligo immediato di restituire l’intera somma data a mutuo. Se certo non può dirsi nuovo l’obbligo di rinegoziare, certamente una novità è rappresentata dai poteri di intervento giudiziali non solo cassatori bensì anche correttivi, i quali permettono di “correggere” la volontà delle parti al fine del permanere del vincolo contrattuale, e ciò in un senso non solo normativo bensì anche economico. Per altro verso si fa sempre più largo l’idea che gli obblighi di rinegoziazione delle parti possano essere, ove non spontaneamente adempiuti, ottenuti in via coercitiva attraverso l’operare dell’art. 2932 c.c., salvo valutare i problemi che al riguardo si porrebbero in termini di “compiutezza” del programma negoziale. Dopo avere evidenziato dunque l’evoluzione avutasi all’interno dell’ordinamento italiano, mediante uno sguardo anche comparatistico alla stessa problematica, si affronteranno due casi specifici: l’ipotesi della caparra confirmatoria, che in nulla Italia non prevede espressamente un rimedio volto ad una sua riduzione, ove pattuita in misura eccessiva, analogamente a quanto invece si discosterebbeprevede per la penale, portando ai limiti estremi e successivamente si affronterà la tesiproblematica della così detta “usura sopravvenuta”. Entrambe le fattispecie hanno trovato una soluzione grazie appunto all’operare dell’art. 2 Cost., che ha permesso il permanere in vita della pattuizione mediante un suo riequilibrio, non già ad opera della parte, bensì in ultima istanza ad opera del giudice ove la prima non vi provveda da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito Il crescente potere giudiziale di essere più aderente alla volontà delle partiincidere sul regolamento contrattuale, poiché non intende sacrificare nessun profilo causaleper effetto del citato principio costituzionale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali se certo può incidere in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze termini di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsadel diritto e di autonomia contrattuale, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte talvolta rappresenta l’unico strumento di un orientamento risalente che propen- deva tutela per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritoparte debole del rapporto.

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Xxxxxxxxx. Il contratto di opzione, Milano, 2007, p. 36, precisa che l’effetto tipico di ciascuna fattispecie è diverso: l’opzione permette la conclusione del contratto finale con causa mistal’esercizio positivo del diritto di opzione stesso, Padovail preliminare genera un diritto alla conclusione del definitivo. 222 Così X. XXXXXXXXXX, 1995I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, pagMilano, 1954, p. 186. 41Si cfr. 62 anche X. XXXXXXXXXXXXXX, opIl contratto, Bologna, 2011, pp. loc157 ss. ult. cite C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 2000, 2° ed., pagp. 186, il quale nell’enunciare i caratteri distintivi si sofferma sulle regole interpretative che devono individuare l’interesse concretamente perseguito dalle parti. 44Pertanto, in sede di interpretazione dovrà escludersi che si tratti di preliminare se il dichiarante assume un obbligo in ordine al contratto solo se la parte avrà deciso positivamente, configurandosi in tal caso un’opzione o una proposta irrevocabile di un preliminare o di un definitivo. 63 CfrPer la distinzione si ripercorre la sentenza Cass., 26 marzo 1997, n. 2692, in Mass. Foro it., 1997, p. 469: “Il contratto preliminare unilaterale è un contratto in sé perfetto e autonomo, ancorché con obbligazioni a carico di una sola parte, rispetto al contratto definitivo, mentre l’opzione non è che uno degli elementi di un fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente a oggetto l’irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall’accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto”. Cass. sezioni uniteInfatti, sent. 7930/2008nonostante giurisprudenza e dottrina maggioritaria riconoscano la validità di un’opzione gratuita o priva di causa onerosa223, è riscontrabile sul punto una decisione della Corte di Appello di Milano, secondo cui «l’opzione può validamente sorgere solo quando “trovi una contropartita in analoghi impegni - a carattere preliminare o preparatorio - posti a carico della parte nei cui confronti viene fatta la proposta, ovvero venga pattuito per essa un corrispettivo in denaro (c.d. premio)”224. Va da sé che nella prassi sia spesso pattuito un corrispettivo proprio per attribuire una causa all’opzione225. Nondimeno, ove il corrispettivo non sia previsto in modo espresso, il diritto di opzione potrà essere giustificato da un sacrificio non immediatamente quantificabile, ma pur individuabile nella più ampia operazione contrattuale in cui è inquadrato226. 223 Tra gli autori a favore dell’opzione gratuita si segnala: A. TORRENTE e X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, Milano, 1999, p. 491. In giurisprudenza: Cass., 6 aprile 1981, n. 1944, Cass., 6 aprile 1981, n. 1944, in Giust. civ., 1981, I, p. 2272; Trib. Bari, 23 giugno 2009, in Xxxxxxxxx, 0000, x. 000 x xx Xxxx xx. Rep., 2010, voce Contratto in generale, n. 369 e Trib. Milano, 3 ottobre 2013, n. 12213, in Redaz. Xxxxxxx, 2013 e in xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx. 224 Cit. App. Milano, 11 marzo 1997, in Corr. giur., 1997, pp. 805 ss., in Giur. it., 1998, p. 488 e in Riv. not., 1997, II, pp. 1493 ss. che a sua volta richiama altre due sentenze della Cassazione (le quali di fatto riguardano contratti misticon effetti traslativi definiti): (i) Cass., 21 luglio 1965, n. 1299, in Giur. it., I, 1, p. 1412 e (ii) Cass., 20 novembre 1992, n. 24101, in Foro it., 1993, I, p. 1506. Quest’ultima in particolare afferma che: “Nei contratti a prestazioni corrispettive il difetto di equivalenza, almeno tendenziale, delle prestazioni e, a maggior ragione, il difetto tout court della pattuizione di un corrispettivo o comunque della ragione della prestazione prevista comporta l’assoluta mancanza di causa”. Sulla questione si veda X. XXXXXXXX, E’ valida l'opzione c.d. "gratuita"? - il commento, in Corr. giur., 1997, pp. 805 ss. e X. XXXXXXXXXX, Il contratto d’opzione: le problematiche, l’ammissibilità della mancata previsione di un corrispettivo e il rapporto con l’art. 1333 c.c., in Giust. civ., 2005, 7 - 8, p. 298. Successivamente questa tesi è stata confutata dalla stessa Corte d’Appello di Milano (App. Milano, 27 luglio 2011, n. 2280, in I Contratti, 2011, p. 1085, con nota di X. XXXXXXXX, L'opzione e le figure affini: gratuità o onerosità dell'opzione) secondo cui: “Anche a voler prescindere dal rilievo che nella fattispecie in esame l'opzione si inserisce in una complessa operazione economica dalla quale entrambe le parti (appellante e appellato) traggono cospicui vantaggi patrimoniali, va detto che l'opzione, quale figura contrattuale tipica, è dotata di causa meritevole di tutela legale, né si caratterizza come negozio necessariamente od essenzialmente oneroso, ben potendosi ipotizzare tale contratto come a titolo gratuito col quale come noto una sola parte riceve e l'altra sopporta un sacrificio, rimanendo tuttavia estraneo ogni spirito di liberalità in capo a quest'ultima”. Si cfr. X. XXXXXXXX, L'opzione e le figure affini: gratuità o onerosità dell'opzione, commento ad App. Milano, 27 luglio 2011, n. 2280, in I Contratti, 2011, pp. 1085 ss.. 225 Fonda l’opzione su una causa onerosa X. XXXXX, X. Xxxxx e X. Xx Xxxx, Il contratto, in Tratt. dir. civ. (diretto da X. Xxxxx), XX, 0° xx., Xxxxxx, 0000, p. 322. 226 P. DIVIZIA, Patto di opzione con onerosità non apparente. Rielaborazione del concetto di opzione senza corrispettivo nell'ottica notarile, in Vita Not., 2009, 3, p. 1709. Sul punto anche F.C. FOLLIERI e X. XXXXX, L’ammissibilità dell’opzione gratuita. Una questione ancora aperta, in I Contratti, 2015, p. 304. Si veda, inoltre la decisione del Trib. Milano, 24 aprile 2006, in Giur. it., 11, 2006, p. 2093, che statuisce: “L’opzione di vendita di un pacchetto azionario (c.d. "put"), da esercitarsi per un tempo determinato e un prezzo minimo prefissato, non è gratuita, nonostante la mancata pattuizione di un premio, in quanto collegata ad altra Quanto all’applicazione concreta, il contratto d’opzione trova una delle sue migliori applicazioni “nelle mani” dell’imprenditore, consentendo a quest’ultimo di organizzare e pianificare investimenti e relazioni commerciali, con riguardo a disponibilità finanziarie odierne, ma anche future227. A titolo esemplificativo, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere pensi all’utilità che può trarre l’imprenditore nello stipulare un contratto complesso di affitto di azienda, accompagnato da un diritto di opzione d’acquisto della stessa in proprio favore, esercitabile quando abbia avuto modo di constatare “sul campo” i possibili rischi dell’investimento. Come evidenziato, data la somiglianza del contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra opzione con altri istituti giuridici è possibile raggiungere il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: risultato concretizzabile con l’ausilio dell’opzione anche attraverso la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione stipulazione di un contratto preliminare, di una proposta irrevocabile, di un patto di riscatto e persino avvalendosi di una condizione228. L’opzione sembra, però, essere lo strumento più immediato e flessibile per vincolare una parte e rimettere all’altra, quando e se gli parrà conveniente, la conclusione di un contratto229. A ciò si aggiunga, che in nulla si discosterebbeè con l’opzione che la coniugazione tempo-rischio raggiunge una delle sue migliori espressioni, portando ai limiti estremi la tesigiacché, come recentemente ricordato dal Tribunale di Milano, l’opzione è “una fattispecie a formazione progressiva della opzione d'acquisto di quel pacchetto (c.d. "call"), intercorsa tra gli stessi contraenti, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile esercitarsi al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsamedesimo prezzo, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte periodo di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritotempo immediatamente precedente”.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaLa nuova direttiva sui diritti dei consumatori, Padova, 1995, pagin Eur. 41dir. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citpriv., pag2011, 861 ss.; I. XXXX, La direttiva di armonizzazione massima sui diritti dei consumatori, o almeno ciò che ne resta in Contr. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citimpr./Eur., pag2011, 754 ss. 263Conseguentemente, «l’accertamento prima della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione conclusione di un contratto avente ad og- getto contenuti digitali, il professionista è tenuto ad informare il consumatore “in maniera chiara e comprensibile” (art. 6, lett. a-t) sulle caratteristiche prin- cipali dei beni o servizi scambiati, sulla propria identità e sull’indirizzo geogra- fico della sua sede, sulle modalità di pagamento, consegna ed esecuzione, in- clusa la data entro cui il professionista si impegna a consegnare i beni o a pre- stare i servizi, sulla sussistenza di una garanzia legalmente prevista, sulla possi- bilità di servirsi di un meccanismo extra-giudiziale di reclamo e ricorso, non- ché, sulle condizioni, i termini e le procedure per esercitare il diritto di recesso. Il professionista è tenuto a prestare tali informazioni in modo appropriato al mezzo di comunicazione a distanza impiegato, che nel caso dell’e-commerce è la rete internet. L’art. 8, della Direttiva 2011/83/UE prescrive altresì, come obbligatori, alcuni ulteriori adempimenti formali per il commercio a distanza: in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare cheparticolare, a norma dell’art. 8, par. 2, per ogni contratto a distanza conclu- so con mezzi elettronici da cui scaturisca un obbligo di pagamento a carico del consumatore, il professionista deve comunicare a quest’ultimo, in modo chia- ro ed evidente, tutti gli essentialia negotii e alcune disposizioni collaterali della consegna online 26. Sul fronte interno, il decreto legislativo 21 Febbraio 2014, n. 21 ha attuato nel nostro ordinamento la Direttiva in esame, aggiornando il Codice del Con- sumo nella parte che va dall’articolo 45 all’articolo 67. Più specificatamente, il decreto disciplina gli obblighi di un orientamento risalente informazione for- niti nei contratti a distanza e nei contratti negoziati al di fuori dei locali com- merciali, esclusi i contratti di lavoro, quelli relativi al diritto della famiglia e delle successioni, quelli relativi alla costituzione e allo statuto di società e agli accordi di partenariato. In più, fermi restando gli obblighi di informazione previsti dalla Direttiva 2006/123/CE (Direttiva sui servizi del mercato inter- no) e dalla Direttiva 2000/31/CE (Direttiva sul commercio elettronico), la Direttiva sui diritti dei consumatori impone una revisione della disciplina del diritto di recesso. Attraverso la modifica dell’art. 52 del Codice del consumo, infatti, il decreto legislativo n. 21/2014 ha aumentato da 10 a 14 giorni il pe- riodo di tempo concesso al consumatore per esercitare il diritto di recesso, ter- mine che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.verrà computato dal giorno successivo alla conclusione del contratto

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Xxxxxxxxx. La disciplina generale dei rapporti pendenti, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da X. Xxxxxxxx – F.P. Xxxxx – X. Xxxxxxxxx, Torino, 2014, p. 122, la legge fallimentare disciplina, secondo la formula utilizzata dal legislatore nella sezione IV del capo III, gli effetti del fallimento «sui rapporti giuridici preesistenti», cioè su quei contratti a prestazioni corrispettive effettivamente perfezionati prima della dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, che abbiano ad oggetto beni compresi nel fallimento, e che siano contraddistinti dal carattere della opponibilità alla massa dei creditori concorrenti, ma le cui contrapposte prestazioni, alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, siano rimaste ineseguite del tutto, ovvero in parte, da entrambi i contraenti. situazione del terzo, ed è appunto in previsione della definitività degli effetti che la legge cerca di contemperare gli interessi del terzo con quelli dei creditori”4. Con riguardo alla fattispecie in oggetto, deve trattarsi inoltre di rapporti giuridici rispetto ai quali, alla data del fallimento, residuano a carico di ciascuna parte delle prestazioni da eseguire. Ai fini della presente indagine i rapporti che rilevano sono, dunque, quelli bilaterali, perfetti ma non ancora eseguiti in tutto o in parte da entrambi i contraenti al tempo della dichiarazione di fallimento5. Tale fattispecie si riscontra nei contratti di durata, ma può anche ritrovarsi nei contratti ad esecuzione istantanea6. Non rilevano, invece, i rapporti contrattuali che alla data di dichiarazione del fallimento risultano “unilaterali”, in quanto se ad essere obbligato è il contraente in bonis, il diritto alla prestazione compete al fallimento, che lo fa valere tramite i suoi organi; se obbligato è il fallito il credito del contraente in bonis è sottoposto alla falcidia concorsuale. Al fine di considerare il contratto eseguito o meno da una delle parti, è 4Così X. XXXXXX MAGGIORE, Istituzioni di Diritto Fallimentare, Milano, 1994, 269. 5In tal senso, sempre XXXXXXXXX, op.cit., p. 122 secondo cui: «Dal loro ambito sono pertanto esclusi sia i contratti unilaterali, sia quei contratti bilaterali nei quali, in ragione dell'avvenuto integrale adempimento della prestazione ad opera di una parte, residui soltanto il diritto di credito dell'altra parte a ricevere la propria controprestazione, seppure secondo le regole del concorso. In questo caso, infatti, l'originaria struttura bilaterale del contratto, tale alla data del fallimento, è venuta meno, residuando nello schema soltanto un rilievo unilaterale».‌ 6Secondo JORIO, Il contratto con causa mistafallimento, in Trattato di Diritto Commerciale, diretto da Xxxxxxx, Padova, 19952009, pagp.476, per contratto non compiutamente eseguito il legislatore ha voluto indicare sia i contratti di durata le cui prestazioni risultano, rispetto alla data del fallimento, solo in parte eseguite, sia quelli sottoposti a condizione sospensiva che, per loro natura, non sono interamente eseguiti. 41necessario, inoltre, avere riguardo alle obbligazioni fondamentali e “tipiche” che ad ognuna delle parti derivano dal negozio7. 62 A tal proposito, va altresì precisato che un contratto può considerarsi completamente eseguito quando, oltre ad essere state eseguite le prestazioni dovute, esso abbia raggiunto il suo scopo8. Questi essendo i connotati generali dei contratti “pendenti”, vediamo ora a quale disciplina, nell’evoluzione storica del diritto fallimentare, gli stessi sono stati assoggettati. La disciplina degli effetti della dichiarazione di fallimento sui contratti 7Cfr. da ultimo X. XXXXXXXXXXXXXXX, opSub art 72, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da Xxxxxxxxx, Milano, 2010, p. 347, nonchè Cass. loc14 febbraio 2001, n. 2104 in Fallimento, 2001, p.1335: “la stessa Corte ha ritenuto che il contratto di vendita in questione, riguardato ai fini delle disposizioni dell'art. ult. cit72 l.f., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unitedovesse ritenersi già eseguito dalla venditrice alla stregua del principio secondo il quale, sent. 7930/2008doveva aversi riguardo alle obbligazioni fondamentali - e, può aggiungersi, tipiche, secondo cui «nei contratti mistila configurazione normativa e in relazione alla funzione di ciascuno schema contrattuale - che ad ognuna delle parti derivano dal negozio, si ha un solo schema negozialeonde nel caso di vendita, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemila prestazione del venditore deve ritenersi eseguita quando, mentreprima del fallimento, sia intervenuto il trasferimento della proprietà”; ed ancora la fondamentale Xxxx. Sez. I, 30 maggio 1983, n.3708, in quelli complessiDiritto Fallimentare, si ha 1984, II, 122 : “per stabilire se al momento della dichiarazione di fallimento il contratto non sia stato eseguito da entrambe le parti, occorre avere riguardo alle obbligazioni fondamentali che a ciascuna di esse derivano dal negozio e non anche alle prestazioni accessorie: pertanto, in caso di vendita la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi prestazione del venditore deve ritenersi eseguita quando prima del fallimento sia intervenuto il trasferimento della proprietà e la disciplina cosa sia stata consegnata all'acquirente, mentre è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, irrilevante che non siano stati consegnati i titoli e i documenti relativi al diritto trasferito e che non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citsia proceduto alla riproduzione del negozio in forma pubblica”., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistanel diritto inglese, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, p. 268 s. chiarisce che la undue influence è stata “elaborata esclusivamente dall’equity in ordine al principio etico secondo cui «nei contratti mistiuna persona non può approfittare, a danno di un’altra, del rapporto di fiducia o di confidenza esistente tra loro o, per altro verso, dello stato di necessità o di bisogno economico o di debolezza psicologica in cui taluno si ha un solo schema negozialetrovi. […] il dictum […] secondo cui la rilevanza invalidante riconosciuta all’undue influence non sarebbe che ‘a result of inequality bargainig power’ rispecchia bene la realtà giuridica anglosassone in tema di contratto laddove quell’inequality la si intenda riferita non già al rapporto tra prestazione e controprestazione, ma al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno confronto tra le capacità o più dei diversi schemipotenzialità contrattuali delle parti, mentresiano esse economiche che psicologiche”. 79 XXXXXXX-XXXXXXX, in quelli complessiContracts, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contrattip. 440 insistono sulla fairness of bargain and inequality, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64cioè sulla giustizia dello scambio. Purtroppo80 UCC 2-302, queste due ultime tesi applicative presen- tano subsection (1): “if the Court as a matter of law finds the contract or any clause of the contract to have been unconscionable at the time it was made the court may refuse to enforce the contract, or it may enforce the remainder of the contract without the unconscionable clause, or it may so limit the applications of any unconscionable clause ad to avoid any unconscionable result”. 00 Xxx. X.X. XXXXXXXXXX, Contracts, cit., p. 310 ss. correttezza del commercio”. È stato rilevato che: “la previsione del principio di un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione intervento esterno alle parti nella definizione del loro regolamento di autonomia privataattesta il rilievo che ha nella prassi commerciale internazionale il mantenimento in vita del rapporto contrattuale. Il compito attribuito al giudice appare senza dubbio impegnativo, a una sorta dovendosi egli fare interprete delle diverse esigenze di “guscio vuoto”parti sovente economicamente, mera descrizione socialmente e culturalmente assai lontane tra di loro. Si è certamente tenuto presente il ruolo rilevante che ha in questa situazione il ricorso all’arbitrato internazionale, che per le sue caratteristiche meglio può realizzare un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito intervento correttivo condotto al fine di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere rendere il contratto x[…] conforme ai reasonable commercial standards of fair dealing”82 Sotto il profilo funzionale, mentre invece il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra problema si possa af- fermare cheverifica quando, a fronte di eventi improvvisi e costituenti vis maior (un orientamento risalente improvviso aumento dei prezzi, un inaspettato ostacolo nell’esecuzione della prestazione) il contratto non contiene clausole (c.d. hardship clauses) negoziate appositamente dalle parti allo scopo di risolvere i conseguenti problemi di adattamento o di redistribuzione del rischio contrattuale, la cui funzione specifica è quella di comporre in qualche modo il conflitto di interessi determinato dal prodursi di eventi in contrasto con i presupposti dell’iniziativa economico-contrattuale. In difetto della regolamentazione contrattuale, gli ordinamenti di civil law fanno applicazione della c.d. clausola rebus sic stantibus come limite al principio pacta sunt servanda83: il richiamo è alla disciplina della risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione o per eccessiva onerosità sopravvenuta, a cui la dottrina aggiunge la presupposizione e dell’alea implicita. Nella common law - come noto - la responsabilità contrattuale era regolata dal principio della absolute liability enunciato nel caso Paradine v. Jane84, in base al quale nell’ipotesi in cui un obbligo sia assunto volontariamente a mezzo di un contratto, l’obbligato rimane vincolato (e quindi è tenuto al risarcimento dei danni) anche se l’adempimento è divenuto impossibile per causa a lui non imputabile. Nel caso Xxxxxx v. Calwell85 i giudici inglesi fissarono il principio in base al quale nei contratti in cui l’adempimento dipende dalla esistenza dello specifico bene dedotto in obbligazione o della persona che propen- deva deve rendere la prestazione, si può riconoscere una condizione implicita, per cui l’impossibilità della prestazione derivante dal perimento della cosa o della persona costituisce esimente. Successivamente la combinazione65doctrine of impossibility venne estesa dall’ipotesi di distruzione materiale dell’oggetto della prestazione a quella più generale del venir meno dello stato di cose assunto da entrambe le parti quali fondamento del contratto (frustration of purpose): ricorre la frustration quando la legge riconosce che, essa si sia assestata sulla tendenza senza colpa di alcuna delle parti nella sua creazione»parti, essendo fuorviante un obbligo contrattuale non può essere adempiuto in quanto le circostanze nelle quali l’adempimento è richiesto lo renderebbero qualcosa di radicalmente diverso rispetto a quanto era stato pattuito nel contratto86. La regola della frustration prevede pertanto una valutazione astratta rigida alternativa fra mantenimento in vita del contratto nei suoi termini originari e aprioristica risoluzione del rapporto, mancando la possibilità di adattamento del regolamento negoziale ad opera del giudice: ancora una volta la sanctity 82 X. XXXXXX, L’equilibrio delle posizioni contrattuali nei Principi Unidroit, cit., p. 111. 83 Cfr. il classico lavoro di G. OSTI, Revisione critica della teoria della impossibilità della prestazione, in meritoXxx. xxx. xxx., 0000, x. 00. 84 Paradine x. Xxxx, 00 Eng.Rep. 897 (K.B. 1647). Osserva X. XXXXXXX, La morte del contratto, cit., p. 41: “nessun sistema giuridico ha mai messo in pratica una teoria di responsabilità contrattuale oggettiva. Il nostro sistema, durante il secolo scorso, può considerarsi l’unico che abbia proclamato una tale teoria”.

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Xxxxxxxxx. Il contratto La gestione delegata, cit., p. 49; X. XXXXX, Le società, cit., p. 667; si vedano le interessanti conclusioni di X. XXXXXXXX, L’amministrazione collegiale e la delega, cit., p. 311. 101 Si veda X. XXXXXXXXXX, Sistemi di controllo interno e corporate governance, cit.; X. XXXXXXX, Delega di funzioni, cit., p. 106, ritiene che tale scelta sia volta ad evitare eccessivi carichi di lavoro in capo a dirigenti e dipendenti con causa mistaconseguenze potenzialmente dannose sulla regolare gestione. Contra, PadovaX. XXXXXXXX, 1995Noterelle a margine dei nuovi sistemi di amministrazione della società per azioni, pagin Riv. 41soc., 2008, p. 304. 62 102 Cfr. X. XXXXXXXXX, Profili topici della nuova disciplina, cit., p. 504 ss. 103 Si veda X. XXXXXXX, op. loc. ult. cit., pagp. 367. 44di una maggior collegialità nell’esercizio della funzione di vigilanza104. 63 CfrQuesta considerazione trova giustificazione sulla base del nuovo assetto normativo che vede il suo punto cardine nella costante dialettica e collaborazione tra delegati e deleganti e nel preciso obbligo stabilito per i primi di fornire un’informativa periodica ai secondi105. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negozialeIn conclusione, al pari di quanto sostenuto da parte della dottrina, sembra corretto ritenere che il legislatore, con il sesto comma dell’art. 2381, abbia voluto introdurre due indicazioni rilevanti. In primo luogo, ha stabilito il momento spazio- temporale all’interno del quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento richiedere il supplemento di clausole assunte da uno informativa, ossia la seduta del consiglio di amministrazione. In secondo luogo, emerge che il destinatario dell’informazione sollecitata presso l’organo delegato, non può che essere l’intero consiglio. Infatti, le informazioni ulteriori saranno fornite non al singolo amministratore che ne abbia fatto richiesta, ma al plunum, quindi, nel corso di una riunione ordinaria o più dei diversi schemiconvocata ad hoc106. Volendo sintetizzare si può concludere che ove le informazioni dovessero rivelarsi incomplete, mentresuperficiali o del tutto assenti, allora e solo allora, scatterebbe l’obbligo in capo all’amministratore di attivarsi al fine di colmare tali carenze conoscitive. In definitiva, risulta come il legislatore non abbia previsto alcun obbligo, in quelli complessicapo ai consiglieri, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantenecontrollo sull’operato degli amministratori esecutivi “attraverso ispezioni documentali o attraverso relazioni interpersonali”107. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria104 X. XXXXXXXX, come unitaria ne Il concorso mediante omissione degli amm inistratori senza delega nei reati posti in essere dagli amministratori delegati, in Xxx. xxx., 0000, x. 000, xxxxxxx che “è la causa»regola della collegialità che rende necessariamente xxx xxxxx i poteri di intervento del singolo”; X. XXXXXXX, Delega di funzioni, cit., p. 108 ss., sostiene che oggi alla luce delle modifiche introdotte dalla riforma “ sia più difficile affermare l’esistenza di poteri, in capo ai singoli, ulteriori rispetto a quelli espressam ente previsti”. La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva 105 Si veda X. XXXXXXXXXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritop. 367.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaLa struttura, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pagp. 372. 44. 63 5 Cfr. Cass. sezioni uniteP.C. Xxxxxx-Xxxx, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentreEuropäisches Gemeinschaftsrecht und Privatrecht, in quelli complessiXXX, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria0000, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazionep. 14; nonché X. Xxxxxxx, dal momento cheA Common Contract Law, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pagp. 1181 ss.; X. Xxxxxxxxx, La struttura, cit., p. 369. 263tratta all’intervento della legislazione, il diritto europeo dei contratti è fi- glio dell’impostazione della scuola ordoliberale di Xxxxx Xxxx 6. Tale im- postazione costruisce la necessità di un apparato pubblico, limitandola pe- rò allo scopo di fornire le regole di base della concorrenza economica, ri- tenuta la xxx xxxxxxx, xxxx l’unica via, in grado di garantire l’evoluzione verso forme sempre più efficienti di economia, attraverso un processo di selezione degli agenti economici stessi 7. La concorrenza viene, infatti, vi- sta come un «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture processo di scoperta» in grado di risolvere i problemi di in- formazione degli agenti, nella convinzione che lo scopo dell’ordinamento giuridico del mercato debba essere quello di sfruttare al meglio la cono- scenza dispersa fra milioni di agenti economici, che devono venire coor- dinati attraverso regole astratte di correlazione interpersonale, in particola- re attraverso il meccanismo dei prezzi, e quindi, innanzitutto attraverso i principi dell’autonomia privata negoziale 8. Non a caso la principale creazione di tale scuola di pensiero, per quel che concerne l’ordinamento dell’Unione, è stata la costruzione dell’auto- nomia negoziale transfrontaliera concernente le transazioni commerciali bilaterali 9. Una tale autonomia è stata edificata mediante limiti imposti alle legislazioni nazionali. Ovvero le leggi degli stati membri non può possono tangere l’autonomia negoziale transfrontaliera, con la conseguenza che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibiletale autonomia negoziale viene a trovarsi, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di quale legge dei contratti, al di sopra della legislazione nazionale. In tal modo l’ordine economico che risulta dall’attività commerciale transfrontaliera si situa come ordinamento libero dalle influenze dei diritti nazionali, e precisamente una distinzione tra sottoposto ai soli principi del diritto comunitario. Tali principi, tipici dell’ottica ordoliberale, devono tendere solamente ad assicurare il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppocontrollo di quegli enti economici che sarebbero in grado, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltàin virtù del loro stesso potere di mercato, di solito facilmente sormontabilefalsare le regole della concorrenza, quale, lo ripetiamo, processo principe di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente sfrut- tamento della conoscenza dispersa necessaria alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza soluzione dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.problemi

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Samples: Contratto Rugiadoso E Contratto Rude Nel Diritto Europeo E Comunitario

Xxxxxxxxx. Il trasferimento di proprietà nel contratto di vendita nel diritto svizzero, in Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico – comparatistica. Atti del Congresso Internazionale Pisa – Viareggio – Lucca, Tomo I, a cura di X. XXXXX, Milano, 1991, p. 305 ss. 00 X. XXXXXX, Il trasferimento di proprietà nel contratto di vendita nel diritto svizzero, in Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico – comparatistica. Atti del Congresso Internazionale Pisa – Viareggio – Lucca, Tomo I, a cura di X. XXXXX, Milano, 1991, p. 357 ss. 86 E.M. XXXXX XXXXXX XXXXXXX, Los effectos obligatorios de la compraventa en el Codigo Civil Español, in Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico – comparatistica. Atti del Congresso Internazionale Pisa – Viareggio – Lucca, Tomo I, a cura di X. XXXXX, Milano, 1991, p. 341 ss. 87 A. J. XXXX XXXXXXX, La doctrina jurisprudencial consolidata en sede de doble venta judicial immobiliaria, in Diario la Lay, 26 marzo 2009, n. 7143. Ora, è chiaro che un simile modello traslativo, detto di diritto comune per la sua chiara matrice romanistica, realizzi un equo contemperamento degli interessi in gioco, in quanto tutela il terzo dal rischio di acquisti a non domino, subordinando il perfezionamento della fattispecie traslativa ad un successivo atto esteriormente apprezzabile, che dia prova tangibile dell’avvenuto acquisto da parte dell’alienante. Allo stesso tempo, però, se, come si è detto, la causa costituisce elemento essenziale dell’atto di adempimento traslativo e questa si identifica nel negozio a monte, fonte dell’obbligo solutorio, ciò significa che nessun trasferimento potrà perfezionarsi quando il titulus risulti viziato. In altri termini, se il negozio obbligatorio è nullo e, come tale, improduttivo di effetti, ed il negozio di puro trasferimento rinviene in esso la propria giustificazione causale, allora anche l’atto traslativo sarà nullo, per mancanza di causa, con causa mistaconseguente inidoneità a determinare la vicenda reale. Nel BGB88 si afferma, Padovainvece, 1995il modello traslativo pandettistico, pagcaratterizzato anch’esso dalla separazione fra titolo e modo, ma con un sensibile dato caratterizzante, che consente di superare la tradizione di diritto comune e di collocarlo in un orizzonte diametralmente opposto rispetto al sistema consensualistico, il cosiddetto Abstraktionprinzip89. 41Il codice civile tedesco postula, per il trasferimento dei diritti, un criterio di separazione fra un contratto obbligatorio, il Verpflichtungsgeschäft, dal quale scaturisce, in particolare, l’obbligazione di dare in senso tecnico, ed il successivo atto traslativo solutorio, avente natura consensuale e reale. 62 X. XXXXXXXXXIn verità, op. loc. ult. cit.la sequenza traslativa si scinde in tre distinti atti: a monte, pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unitecome si è detto, sent. 7930/2008vi è sempre un contratto obbligatorio causale, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negozialeil cosiddetto negozio fondamentale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento segue per il perfezionamento 88 Commento al BGB a cura di clausole assunte da uno o più dei diversi schemiXxxxxxxx, mentre1991, p. 368 ss. 89 X. XXXXXX, Vendita e trasferimento della proprietà nel diritto tedesco, in quelli complessiVendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico – comparatistica. Atti del Congresso Internazionale Pisa – Viareggio – Lucca, Tomo I, a cura di X. XXXXX, Milano, 1991, p. 287 ss.; X.XXXXXXX, Principio consensualistico ed Abstraktionsprinzip: un’indagine comparativa, in Contratto e Impresa, 1992, p. 889 ss.; X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, vol. II, 2013, p. 358; X. XXXXXXX, Xxxxx note sull’origine della nozione di negozio reale ed astratto, in Tijdschrift voor rechtsgeschiedenis, 1970, p. 315 ss.; P.M. MONATERI, Contratto e trasferimento della proprietà. I sistemi romanisti, 2008, p. 35 ss. della fattispecie traslativa, una seconda fase, che richiede due ulteriori negozi, diversamente disciplinati, a seconda che oggetto del diritto alienato sia un bene mobile o immobile. Per quanto concerne i beni mobili, infatti, il par. 929 BGB prevede che la fattispecie acquisitiva del diritto con funzione solutoria si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico realizzi mediante un negozio risultantenedispositivo astratto accompagnato dalla consegna (Einingung und Übergabe90). Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitariaAnalogamente per i beni immobili, come unitaria ne previsto dai par. 873 e 925 BGB, è necessario un negozio di attribuzione, l’accordo sul trasferimento dei diritti, l’Auflassung, seguito però, come è consueto nelle vicende circolatorie di diritti reali immobiliari, dall’iscrizione sul libro fondiario, il Grundbuch. Ma ciò che, com’è noto, caratterizza tale sistema circolatorio è l’astrattezza del negozio di attribuzione, la causa»sua autonomia rispetto al contratto obbligatorio fondamentale. Il negozio traslativo non rinviene il proprio fondamento nel contratto a monte, ma da esso prescinde, potendo, al più indicare lo scopo dell’attribuzione patrimoniale, lo Zweck. La suddetta sentenza critica causa non è, dunque, elemento di validità del negozio di adempimento traslativo ed il trasferimento si perfeziona, così, anche nell’ipotesi di nullità del contratto fondamentale. Il diritto si trasferisce, pertanto, prescindendo da ogni accertamento a priori circa la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegatogiustificazione causale dell’attribuzione patrimoniale; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto l’atto opera tra le pieghe dogma- ticheparti anche se non menziona la causa91. Tuttavia, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridiciBGB introduce dei correttivi all’astrattezza del negozio traslativo, per i quali permane l’unica difficoltàcui neppure nell’ordinamento tedesco è ammesso in termini di tendenziale assolutezza un trasferimento del tutto svincolato dalla causa. Difatti, di solito facilmente sormontabilese è vero che l’effetto si produce astraendo dalla validità del contratto obbligatorio fondamentale, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta per cui il negozio è valido e perfetto anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere nullità del contratto a monte, che non lo scalfisce nella sua dimensione genetica, è altrettanto vero, però, che si assiste ad un recupero di rilevanza della causalità sotto il contratto xprofilo effettuale, mentre attraverso la Leistungskondiktion, sussumibile nel genus delle azioni di ingiustificato arricchimento. 90 Il par. 929 BGB prevede che “per il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze trasferimento della proprietà di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni una cosa determinata è necessario che il proprietario consegni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente cosa al compratore e che propen- deva per entrambi concordino che la combinazione65, essa proprietà si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritotrasferita”.

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Xxxxxxxxx. Il contratto Ai sensi del presente Accordo, la Regione elegge domicilio in Cagliari, Viale Trento n. 69, presso la Presidenza della Regione; la Fondazione elegge domicilio in Roma, xxx Xxxxxxx 0, xxxxxx xx xxxx xxxxxxxxx xx Xxxxxxxx Healthcare and Research Properties srl. Tutte le comunicazioni inerenti l’Accordo e l’Addendum, successivamente alla loro sottoscrizione, dovranno essere effettuate presso i domicili eletti.” L’Allegato 1 all’Accordo del 28 agosto 2014 è sostituito dall’allegato della delibera della Giunta della Regione Sardegna del 4 dicembre 2018, numero 59/1, con causa mistala quale si approva la riconversione della offerta assistenziale ospedaliera pubblica e privata, Padovacosì come elencate nell’atto di adesione al programma di rimodulazione dei posti letto previsto dalla richiamata delibera e sottoscritto dall’Assessorato dell’Igiene e sanità e dell’assistenza sociale, 1995congiuntamente alle aziende sanitarie e a Mater Olbia SpA. Nell’Allegato 2 all’Accordo, pagl’ultima frase del primo paragrafo e il secondo paragrafo sono sostituite dalle seguenti: “Quale principale consulente di indirizzo clinico e scientifico, la Qatar Foundation Endowment si avvale della Fondazione Policlinico Xxxxxxxx Xxxxxxx, con l’obiettivo di creare le condizioni per trasformare il Mater Olbia in un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) nei tempi e con le modalità regolatorie previste. 41. 62 X. XXXXXXXXXEntro tre mesi dalla sua costituzione, op. loc. ult. cit.il Comitato Scientifico (steering committee) delle attività di ricerca, pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni uniteprevisto alla lettera J) dell’Addendum, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento elaborerà l’aggiornamento delle aree tematiche scientifiche e tecnologiche del polo di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa»ricerca del Mater Olbia sotto riportate. La suddetta sentenza critica la teoria proposta di aggiornamento verrà sottoposta per l’approvazione alla Commissione Paritetica di cui all’articolo 10 dell’Accordo.” Cagliari – Doha, Regione Autonoma della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, opSardegna Il Presidente On. locXxxx. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.Xxxxxxxxx XXXXXXXX

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaL’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma. Motivi ed esito, Padovacit., 1995p. 69 secondo cui ammettere che un lodo ineseguibile diventi immutabile, paganche solo nel contenuto di accertamento, significherebbe precludere per sempre alle parti di ricevere una tutela effettiva davanti al giudice ordinario. 41Chi ottiene un lodo ineseguibile deve poter riproporre la domanda davanti al giudice di primo grado e deve poter ottenere l’accertamento della radicale inefficacia di quel lodo. 62 per sempre alle parti la facoltà di ricevere una tutela effettiva davanti al giudice ordinario135. In definitiva, negare l’inesistenza del lodo, significherebbe attribuire alle parti il potere di rendere arbitrabili controversie che per legge non sono tali. Un diverso orientamento ritiene, invece, che la qualificazione del lodo in termini di nullità e non di inesistenza si ricavi dalla possibilità data alle parti di disporre dei propri diritti, attraverso l’onere di proporre impugnazione entro i termini136. Seguendo il primo dei suddetti orientamenti, che ritengo condivisibile, nell’ipotesi in cui le parti si avvalgano della facoltà di utilizzare il giudizio di impugnazione per nullità per ottenere l’accertamento dell’inesistenza del lodo, non avrà luogo la fase rescissoria davanti alla corte d’appello137. Ciò si ricava dall’art. 830, II comma, c.p.c., che, in seguito alla riforma attuata dal d. lgs. n. 40 del 2006, sancisce che l’impugnazione per nullità del lodo accolta ex art. 829, I comma, n. 1, c.p.c., ha un esito meramente rescindente. L’esito rescindente si impone perché, come già chiarito sia dalla dottrina classica che da quella attuale, l‘impugnazione che ha ad oggetto un provvedimento inesistente, assume la sostanza dell’azione 135 X. XXXXXXXXX, opL’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma. loc. ult. Motivi ed esito, cit., pagp. 69. 44136 P. L. XXXX, sub art. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre829 c.p.c., in quelli complessiX. XXXXXXXXX ( a cura di), si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitariaLe recenti riforme del processo civile, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazionecit., dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva p. 1869 Contra X. XXXXXXXXX, opL’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma. loc. ult. Motivi ed esito, cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture p. 67 secondo cui il conferimento agli arbitri del potere di decidere una controversia non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re costituisce un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privataatto dispositivo del diritto, a una sorta meno che non si attribuisca agli stessi il potere di “guscio vuoto”decidere secondo equità. 137 Secondo X. XXXXXXXXX, mera descrizione di L’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma. Motivi ed esito, cit., p. 70 questa conclusione discende oggi da quanto dispone l’art. 830, comma 2, c.p.c. secondo cui l’impugnazione del lodo, accolta ai sensi dell’art. 829, comma 1, n. 1 c.p.c. ha un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritoesito meramente rescindente.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistacriterio dell’‘utilitas contrahentium’ e il suo superamento nell’età del giusnaturalismo, Padovain ‘Fides Humanitas Ius’. Studii X. Xxxxxxx, 1995V, pagNapoli, 2007, 3087 ss. 41Contra X. XXXXXXXX, ‘Utilitas contrahentium’. 62 Note minime su una ‘regula’ che ‘cacciata dalla porta rientrò dalla finestra’, in Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato, a cura di X. XXXXXXXXXXxxxx, opIII, Napoli, 2008, 310 s., secondo il quale una crisi ci fu, ma fu soprattutto la crisi della dottrina della tripartizione della colpa (in lata, levis e levissima), elaborata a partire dalla stagione dei glossatori e imperante ancora nei trattati di Xxxxxxx, mentre non risultò scalfito il fondamento concettuale su cui poggiava tale dottrina, ossia la regola dell’utilitas. locparticolare, all’art. ult1810, dettato in materia di comodato, che addossava al comodatario la responsabilità per il perimento fortuito della cosa comodata; nonché all’art. cit1224, a proposito della diligenza del buon padre di famiglia da seguire nell’adempimento delle obbligazioni, il quale esonerava il depositario dall’osservanza della regola poco prima enunciata, rinviando all’art. 1843 – secondo cui il depositario, nel custodire la cosa depositata, deve usare la stessa diligenza che usa nel custodire le cose proprie – e manifestando così il chiaro intento di voler diminuire la responsabilità del depositario3. Anche nel sistema italiano vigente, del resto, è proprio nelle norme che regolano la responsabilità del depositario e del comodatario che troviamo traccia dell’utilitas. Così essa, come si dirà, è riecheggiata chiaramente nell’art. 1768, comma 2, cod. civ., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti mistila responsabilità per colpa del depositario è valutata con minor rigore se il deposito è gratuito; e, si ha un solo schema negozialeancora, nell’art. 1805, comma 1, cod. civ., che estende la responsabilità del comodatario al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o caso fortuito, assoggettandolo così a una responsabilità più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa»gravosa rispetto a quella che incombe sul debitore ordinario4. La suddetta sentenza critica la teoria scelta di circoscrivere l’area della combinazione, ricerca ai contratti gratuiti è dettata dal momento fatto che, applicandolaalmeno secondo una parte della dottrina, non si potrebbe distinguere sussisterebbe un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciòcollegamento originario tra l’utilitas e la gratuità. L’idea dell’utilità sarebbe nata proprio nell’ambito dei contratti gratuiti, come rileva X. XXXXXXXXXi quali, opdunque, costituirebbero il punto di vista privilegiato per approfondire la tematica in questione5. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privataMolto significativa, a una sorta questo riguardo, risulta essere, del resto, l’individuazione dell’ambito di “guscio vuoto”operatività dell’utilitas anzitutto con riferimento ai contratti (a titolo gratuito) di comodato e deposito nel testo, mera descrizione fondamentale in materia, della Collatio legum Mosaicarum et Romanarum, tratto dalle Differentiae di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritoErennio Modestino6.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaLa qualificazione degli sportivi professionisti e dilettanti nella Giurisprudenza Comunitaria, Padova, 1995, pag. 41. 62 in 129 Ne parla in questi termini X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. Il diritto comunitario e la libera circolazione degli atleti alla luce di alcuni recenti sviluppi della giurisprudenza, cit., pagp. 919: l’autore ritiene che per alcuni anni ci sia stato un tentativo di eliminare ogni norma federale che si ponesse, anche solo apparentemente, in contrasto con il principio di libera circolazione degli atleti. 44130 Corte di Giustizia, 11 aprile 2000, X. Xxxxxxx c. Ligue francophone de judo et disciplines associées ABL, Ligue belge de judo ASBL, cause riunite C-51/96 e C-191/97, in Raccolta, 2000, pp. 63 Cfr2595-2621 e in Lav. Cassgiur., 2001, III, pp. sezioni unite236-246 con nota di X. XXXXX. 131 Corte di Giustizia, sent13 aprile 2000, X. Xxxxxxxx e Castors Canada Dry Namur-Braine ASBL c. Fédération royale belge des sociétés de basket-ball ASBL, causa C-176/96, in Raccolta, 2000, pp. 7930/20082714-2736. offre degli spunti interessanti132: nel tentativo di risolvere la questione, secondo cui «nei contratti mistiin primis ribadisce che l’attività sportiva è regolata dal diritto comunitario se può essere configurata come attività economica ai sensi dell’art. 2 del Trattato133 e che la semplice circostanza che un’associazione o federazione sportiva qualifichi unilateralmente come dilettanti gli atleti che ne fanno parte non è di per sé tale da escludere che questi ultimi esercitino attività economiche ai sensi dell’art. 2 del Trattato134. I giudici si interrogano quindi su se la prestazione della signora Xxxxxxx, judoka di alto livello, possa rientrare nel concetto di prestazione di servizi già richiamato nella sentenza Xxxxxxx e sancito dall’art. 59 TCE: la risposta risulta essere affermativa, anche se i servizi non sono pagati direttamente da coloro i quali ne usufruiscono -nel caso di specie l’organizzatore della competizione- in quanto viene permesso di produrre uno spettacolo sportivo al quale il pubblico può assistere, che emittenti di programmi televisivi possono ritrasmettere e che può interessare quanti intendono inviare messaggi pubblicitari nonché sponsor135. Nel caso del giocatore di pallacanestro professionista finlandese Xxxxxxxx, la richiesta dell’atleta e della società alla Corte è quella di valutare se una norma di una federazione, in questo caso quella belga, che vieta ad un club di schierare in campo un giocatore comunitario tesserato dopo una certa data sia in contrasto con i principi sanciti dal Trattato: anche in questo caso, come nella vicenda Xxxxxxx, si afferma che gli eventuali limiti alla libertà di circolazione non contrastano con l’art. 48 TCE se non sono diretti a tutelare interessi economici bensì hanno esigenze strettamente di carattere sportivo136. Per ciò che riguarda la qualificazione dell’atleta, ancora una volta la Corte sottolinea che la nozione di lavoratore non deve essere valutata sulla base dei soli ordinamenti nazionali ma ha una portata comunitaria: in tal senso, la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un solo schema negozialecerto periodo di tempo, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento a favore di clausole assunte da uno un’altra 132 Per una ricostruzione puntuale della vicenda Xxxxxxx si rinvia a X. XXXXX, Attività sportiva professionista o più dei diversi schemi, mentreamatoriale secondo il diritto comunitario: il “caso Xxxxxxx”, in quelli complessiLav. giur., si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene2001, III, pp. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva 243-246 e X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. Il diritto comunitario e la libera circolazione degli atleti alla luce di alcuni recenti sviluppi della giurisprudenza, cit., pagpp. 263913-918. 133 Corte di Giustizia, «l’accertamento sentenza Xxxxxxx, punto 41, cit. 134 Corte di Giustizia, sentenza Xxxxxxx, punto 46, cit. 135 Corte di Giustizia, sentenza Xxxxxxx, punto 57, cit. 136 Sul punto v X. XXXXXXXXX, Il diritto comunitario e la libera circolazione degli atleti alla luce di alcuni recenti sviluppi della pluralità o unicità giurisprudenza, cit., pp. 918-919. La dottrina in questione sostiene che in alcuni sport, quali ad esempio il basket, l’apposizione di un termine per i tesseramenti è condizione necessaria per garantire la regolarità della competizione, altrimenti, soprattutto nei momenti cruciali della stagione quali i play-off, le società partecipanti potrebbero procedere ad arruolare tutti i migliori giocatori non qualificatisi con i propri club facendo venir meno la stessa essenza della competizione sportiva. e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle strutture quali riceve una retribuzione137. Un’attenta dottrina ha puntualizzato come si assista così ad un bilanciamento tra il principio di autonomia degli ordinamenti sportivi e il principio dell’assoggettabilità dello sport al diritto comunitario e di conseguenza tra il fine economico e il fine solo sportivo di un’attività138. I principi della sentenza Xxxxxx sono richiamati per la prima volta da un giudice nazionale dal Juzgado de Primera Istancia de Santander nel caso del giocatore di pallamano Xxxx Xxxxxx. L’atleta lamenta la violazione dell’art. 48 TCE da parte di una disposizione emanata dalla Real Federaciòn de Balonmano che fissa in tre il numero massimo di giocatori comunitari ingaggiabili da ciascuna squadra. Il giudice, nell’accogliere la richiesta, riconosce che la qualificazione come disciplina dilettantistica è irrilevante al fine dell’applicazione dei principi di diritto comunitario se nei fatti, come avviene nel caso di specie, la remunerazione percepita è di gran lunga superiore al mero rimborso spese, dando vita così ad una vera e propria attività economica139. La Commissione per le Petizioni della Comunità Europea si occupa invece, sempre in ambito di regole federali spagnole, della conformità al diritto comunitario di alcune disposizioni della Real Federaciòn Espanola de Fùtbol che non può permettono ad un calciatore straniero con più di 23 anni di partecipare ai campionati nazionali amatoriali. L’organo in questione, oltre a rilevare l’esistenza del contrasto, auspica che procedere dall’esame dell’operazione venga fatta una verifica delle normative di tutte le federazioni sportive in concreto realizzata ambito europeo140. L’orientamento della Corte di Giustizia è confermato dal Tribunale europeo di primo grado con le sentenze D. Meca-Xxxxxx e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibileXxxx Xxxxxx c. Commission of the European Communities141 (da qui sentenza Meca-Xxxxxx), quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili riguardante il doping nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contrattinuoto, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.X. Xxxx

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaLa consegna di cosa diversa, PadovaNapoli, 19951987, pag152. 41. 62 116 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. Arbitraggio e determinazione, cit., pag274 s. 117 Il classico caso scolastico del bene immobile oggetto di un contratto e di cui le parti dispongano confidando in una sua ben determinata consistenza ignorando invece che questo si sia, ad esempio, accresciu- to a causa di alluvioni. 44contraenti e che trova di norma una soluzione (meta) processuale, eventualmente anche tramite arbitrato118. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti mistiAll‟opinione di chi ritiene opportuno distinguere oggetto e contenuto del contratto, si ha contrappone invece quella di chi afferma che essi siano avvicinabili tanto da formare un solo schema negozialesol tutto 119 . Di pari passo con tale idea si sviluppa quella secondo cui, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemicoincidendo l‟oggetto del contratto con il suo contenuto, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa»discenderebbe una concezione diversa del rap- porto fra determinazione del contenuto contrattuale e identificazione del bene. La suddetta sentenza critica prima, infatti, consisterebbe nella determinazione della prestazione, mentre l‟identificazione del bene avrebbe carattere diverso in quanto esso costituisce solo uno degli elementi del con- tratto120. Una concezione più cauta afferma poi che l‟oggetto entrerebbe a far parte del con- tenuto del contratto inteso in senso ampio, insieme cioè, ad altri elementi dello stesso ri- messi all‟autonomia privata, fra i quali la teoria causa121. Talora accade che le parti a prescindere da una situazione di conflitto o per evitare di trovarvisi, affidino ad un terzo l‟identificazione di un bene nella sua individualità o di talune sue caratteristiche, da loro descritti invece solo genericamente. Al terzo spetta in questi casi un compito meramente ricognitivo della combinazionerealtà materiale e che richiede il più delle volte precise cognizioni tecniche di cui le parti non sono in possesso. Si avrà allora quella fattispecie di cui si è già fatto cenno, dal momento cheaffine ma distinta dall‟arbitraggio, applicandolache prende il nome di perizia contrattuale122. In chiusura si osserva che la giurisprudenza si è dimostrata molto elastica nell‟interpretare il requisito della determinatezza dell‟oggetto del contratto di cui all‟art. 1346 cod. civ. Ha ritenuto cioè sufficiente l‟indicazione degli elementi essenziali dell‟oggetto, non si potrebbe distinguere il quale può comunque essere identificato con ogni mezzo idoneo, sulla scorta dell‟art. 1362 cod. civ.123. Ciò detto, deve comunque procedersi con molta prudenza nel ri- costruire la volontà negoziale delle parti laddove esse abbiano concluso un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva con 118 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. Arbitraggio e determinazione, cit., pag. 263276 s. 119 X. XXXXXXXXXXXX, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di Dei contratti, cit., 129. 120 G. ALPA-X. XXXXXXX, Xxxxxxx e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64contenuto, cit., 370. Purtroppo121 X. XXXXXXXX, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridiciL‟oggetto del contratto, per i quali permane l’unica difficoltàcit., di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito336.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con collettivo d’impresa, Xxxxxxx, Milano, 1963, p. 2; M. TI- RABOSCHI, L’efficacia temporale del contratto collettivo di lavoro: atipicità dello schema ne- goziale, giuridicità del vincolo e cause di scioglimento, in Dir. rel. ind., 1994, pp. 90-91; sul ruolo che le variabili economiche, politiche, tecnologiche e sociologiche hanno sulla for- Peraltro, questa operazione di adattamento delle «infrastrutture» civili- stiche al contratto collettivo risulta meno complessa di quanto sembri dalla mera enunciazione del principio, soprattutto nel caso che ci occupa. Vero è, infatti, che, a causa mistadi una lacuna interna, Padovail diritto del lavoro è costretto a ricorrere a strumenti e categorie, 1995«infrastrutture e snodi» che appartengono al diritto civile, pagma ciò non significa che tra i due sistemi esi- sta uno scambio unidirezionale, dal diritto civile a quello del lavoro, che rende le categorie del primo totalmente estranee alla realtà del secondo. 41In altre parole, l’interprete non si trova ad utilizzare uno strumento del tutto avulso dal sistema giuslavoristico, né impone a quest’ultimo un para- digma che, per la sua struttura monolitica, interviene modificandolo nei suoi tratti peculiari. 62 In realtà, vi è tra i due ordinamenti una continua dialettica, uno scam- bio di modelli e di soluzioni che creano un circuito di influenze recipro- che, di interazioni ed integrazioni profonde 20, senza che però ciò interferi- sca su «l’indipendenza di ciascuno di essi rispetto all’altro, né tanto meno importi l’assorbimento dell’uno all’interno dell’altro» 21. mazione della fattispecie contratto collettivo vedi ancora X. XXXXXXXXXXXXXXXX, op. loc. ult. Relazioni industriali e procedure concorsuali, cit., pagp. 39. 4420 Esemplare a questo proposito può considerarsi quanto avvenuto con l’emanazione della legge n. 675/1996 in tema di privacy. 63 CfrIl diritto del lavoro, infatti, conosceva già da tempo norme dirette alla tutela della riservatezza intra ed extra aziendale del lavoratore. CassSi pensi agli artt. sezioni unite2, sent3, 4, 5, 6, e 8 dello Statuto dei Lavoratori. 7930/2008Rispetto a tali norme, secondo che l’art. 43, legge n. 675/1996 faceva espressamente salve, e che gli artt. 113 e 144 del d.lgs. 30 giu- gno 2003, n. 196 richiama espressamente, non solo la legge sulla privacy non detta nulla di specifico, ma è ben possibile ipotizzare che il diritto civile guarderà alle soluzioni già ela- borate sul terreno del diritto del lavoro per affrontare almeno alcune delle tematiche che nasceranno dall’applicazione della legge. Dunque, ecco un primo scambio di modelli tra l’uno e l’altro ordinamento. Per altro verso, però, la legge n. 675/1996 ed ora il d.lgs. n. 196/2003, offrono al diritto del lavoro lo strumento per affrancare definitivamente il dirit- to alla riservatezza del lavoratore, sancito dall’art. 8 Stat. Lav. L’aver elevato a diritto auto- nomo quello alla privacy comporta, nel diritto del lavoro, che la norma di cui «nei contratti mistiall’art. 8 Stat. Lav. può valere di per sé e non, come è sempre stata considerata, connessa al divieto di discriminazione di cui agli artt. 15 e 16 Stat. Lav. Ecco, dunque, che si ha completa per que- sto verso il rapporto circolare tra i due ordinamenti. Per un solo schema negozialeapproccio metodologico ana- logo si veda X. XXXXXXX, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento Consuetudini ed usi nel rapporto di clausole assunte da lavoro subordinato, Xxxxxxx, Milano, 2006 ed in part. p. 6 ss. nonché ancora X. XXXXXXX, Diritto del lavoro e diritto pri- vato: uno o più dei diversi schemisguardo dal ponte, mentrecit. Di recente, sul tema, X. XXXXXXXX, Diritto civile e diritto del lavoro. Le prospettive di un’antica vicenda scientifica, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultanteneArg. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa»dir. La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citlav., pag2008, p. 720 non- ché X. XXXXXXXX, Diritto privato e diritto del lavoro, in Arg. 263dir. lav., «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile2009, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritop. 947.

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Xxxxxxxxx. Il vincolo del diritto positivo per il giurista, in Studi in onore di X. Xxxxxx, Milano, Xxxxxxx, 1991; Id., Le fonti private del diritto commerciale. Appunti per una discussione, in Riv. dir. comm., 2008, I, p. 599 ss.; ID., Clausole genera- li,norme generali e principi fondamentali nel diritto commer- ciale. Riflessioni introduttive , in Orizzonti del diritto commer- ciale, 2011. concentrato in poche reti invisibili le decisioni e il potere che incide sulle elementari regole di convi- venza15. L’ordinamento europeo è oramai un assetto dotato di principi costituzionali che sollecitano strumenti preventivi di controllo sugli atti di auto- nomia privata. La Corte di Giustizia indica una xxxxxx xxxxxx xxxxx x xxxxxxxx xxx xxxx xxxxxxxxxxx- xx del mancato rispetto da parte degli intermediari finanziari dell’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione proposta. Si rinvia all’ordinamento interno la “disciplina delle conseguenze delle viola- zioni di tali obblighi, fermo restando il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività previsti dall’art.47 della carta di Nizza”16. Le linee di sviluppo sono sostanzialmente due. Sul piano interno l’uso giurisprudenziale della causa in concreto porta ad ammettere “un controllo dell’equità del contratto da parte del giudice, come variante nazionale domestica di una regola generale di controllo equitativo della giustizia degli scambi che si sta affermando in campo internazionale”17 con tale strumento le norme di organizzazione (di validità) hanno trovato la clausola generale che (so- stituisce l’art.1374 e) incide sull’atto18. Sul piano comunitario il diritto ad un rimedio effet- tivo serve da cornice per ripensare una tutela elimi- nativa degli effetti che consente, con l’aiuto delle Corti, di foggiare interventi integrativi, correttivi, e/o sostitutivi coerenti, con la storicità dell’assetto di interessi, secondo un’attenzione estranea alle in- 15 Mi permetto di richiamare X. XXXXXXX, Il contratto con causa mistasenza numeri e aggettivi, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaXx pagamento traslativo, Padova, 1995, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag765. 4450BRANCA, Delle promesse unilaterali, nel Commentario del c.c. 63 Cfra cura di. CassSCIALOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 1959, 354. sezioni uniteintangibilità delle sfere giuridiche dei terzi (51). Se così è, sentsoltanto una promessa atipica astratta che invade in maniera incontrollata l'altrui patrimonio giuridico deve essere valutata, ex art. 7930/20081987 priva di effetti. In presenza di un negozio traslativo solvendi causa entrambe le evenienze sono, secondo cui «nei contratti mistiperò, scongiurate: l'astrattezza è scongiurata dalla ricezione del fondamento causale dal precedente rapporto obbligatorio; l'invasione incontrollata dell'altrui sfera giuridica, dall'aver il destinatario dell'atto espresso già il proprio consenso alla produzione degli effetti al momento della formazione del vincolo obbligatorio. Sulla base di questa motivazione si può, pertanto, giustificare la possibilità che negozi unilaterali siano produttivi di effetti reali; In terzo luogo, la tesi criticata non consente al destinatario dell'attribuzione patrimoniale di evitare gli oneri di gestione e di manutenzione che ineriscono alla titolarità dei diritti reali. Se tali oneri, si ha sostiene, non appaiano idonei ad escludere dalla portata dell'art. 1333 i contratti ad efficacia reale, nondimeno richiedono almeno l'esistenza di un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento potere di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico rifiuto che non sarebbe concesso aderendo alla concezione del negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causaunilaterale «puro». La suddetta sentenza critica L'osservazione è inconferente perché dimentica che la teoria della combinazionevalutazione di convenienza dell'affare nella sua complessità è stata già operata da entrambe le parti al momento dell'assunzione dell'obbligo (di dare). Non si vede, dal momento chepertanto, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso ragione per concedere un potere di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere rifiuto per evitare oneri di aver posto in essere gestione che il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze destinatario dell'attribuzione patrimoniale sapeva esistenti - perché connessi alla natura del bene trasferito - sin dalla fase di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritocostituzione del vincolo obbligatorio.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistaXx istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società trasnazionale, PadovaBologna, 19952000, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citp. 7ss., pagrileva che la ‘globalizzazione’ costituisce un processo di trasferimento di poteri dagli stati ai mercati (così anche X. XXXXXXX, Chi governa l’economia mondiale?, Bologna, 1998, p. 57, per il quale il fenomeno in esame può essere descritto come ‘un passaggio di consegne’ di poteri dallo Stato ai mercati) che produce significativi effetti ‘dirompenti’ in quella parte del mondo saldamente organizzata intorno al baricentro statale ed alle sue logiche centralizzatrici. 44Sotto questo profilo, la ‘globalizzazione’ non può essere intesa come una vicenda ‘interna’ del capitalismo, in grado di modificare l’assetto e le relazioni economiche, bensì rappresenta di questi ultimi la loro incidenza nella sfera ‘istituzionale’ e della ‘giuridicità’. 63 CfrLa tendenziale pervasività del fenomeno ne scoraggia definizioni generalizzanti, ed impone di saggiarne la reale portata nei diversi settori della conoscenza. Cassdi mediazione politica – non soltanto economica – per governare l’economia, il quesito da scegliere è: il giurista è espressione del potere dell’economia e del primato della politica?». sezioni uniteProblema decisivo è: «Chi regolamenta il mercato internazionale?66». La mondializzazione dei mercati ha operato una grande trasformazione del diritto: non solo la formazione di quel diritto uniforme, sentspontaneo e globalizzato che si sovrappone al diritto degli Stati, ossia la cosiddetta lex mercatoria67; non solo il fatto che «vari ordinamenti statuali manifestano la sempre più pronunciata attitudine, in passato neppure pensabile, a proporsi fuori dai confini nazionali quali modelli per uno shopping del diritto, ed ai cittadini di uno Stato è dato scegliere, per la regolazione dei loro rapporti contrattuali, il diritto di uno Stato terzo»68; ma soprattutto si sono prodotti effetti devastanti nel momento in cui «lo stesso diritto statuale si trasforma al suo interno per adeguarsi alla globalizzazione della odierna società, ed il contratto, che ha valenza universale, è chiamato a prendere il posto prima occupato dalla legge, la cui autorità si arresta ai confini dello Stato, perdendo l’antica capacità regolatrice della società»69. 7930/2008In questo processo di globalizzazione dell’economia e della società, alla crisi della legislazione ha corrisposto un trionfo del diritto contrattuale. Si ravvisa il 66 X. XXXXXXXXXXX, I mobili confini dell’autonomia privata, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 19 ss. 67 X.XXXXXXX, Lex mercatoria, Bologna, 1993, p. 215. 68 X.XXXXXXX, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, p. 34; X. XXXXXXXX, La scelta della legge applicabile al contratto, Napoli, 2003, p. 20 ss., secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, il fenomeno relativo al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento potere di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria designazione autonoma della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina legge applicabile al contratto mistosi presenta come un istituto ‘bifronte’ incline a favorire da un lato il cd. law shopping, potendosi giungere al paradosso e dall’altro, viceversa, si configura quale strumento in grado di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le rispondere adeguatamente alle esigenze di certezza del diritto rilevate nel commercio internazionale sì da favorire l’elaborazione di discipline uniformi e non soltanto ove consenta alle parti contrattuali di determinare lo specifico ordinamento ‘nazionale’ bensì anche là dove si diriga verso l’applicabilità di regole di formazione ‘non statuale’. 69 X.XXXXXXX, Può esistere oggi la linea culturale di una rivista?, in Contratto e impresa, 2002, p. 453; Suggestiva è l’analisi recente di X. XXXXXXX, La cultura del diritto nell’epoca della globalizzazione. L’emergere delle Costituzioni civili, Roma, 2005, il quale evidenzia come a questa “rivoluzione” del diritto globale si accompagni una riconsiderazione delle tradizionali fonti del diritto. A una relativa svalutazione del diritto politico-legislativo corrisponde una simultanea rivalutazione dei traffici giuridicidiritti plurali-societari come risultato dei conflitti intra-societari e del diritto giurisprudenziale quale antenna sensibile per le normatività societarie. Probabilmente per tutte queste ragioni La globalizzazione sfida il sistema del diritto e richiede alle costituzioni civili di porsi il problema delle “esternalità istituzionali”, ossia dei “danni ambientali” non solo individuali provocati dai processi di autonomizzazione. raggiungimento di «uno stadio mai realizzato prima» nella «transizione from status to contract», poiché il contratto è lo strumento che esprimerebbe «al meglio anche l’adesione ad una ratio economica» e, ad esempio, la giurisprudenza funzione delle grandi law firms trasnazionali non sarebbe «tanto quella di interpretare un diritto considerato prescrittivo, quanto quella di contribuire a creare e ad adattare nuovi strumenti giuridici rispetto alle possibilità ed ai bisogni dello scambio»70. Oggi, infatti, «se continuassimo a concepire il contratto come mera applicazione del diritto, e non come fonte di diritto nuovo, ci precluderemmo la possibilità di comprendere in qual modo muta il diritto del nostro tempo»71. Il contratto, quindi, quale strumento cardine della società globalizzata è apparsada intendersi non soltanto come libertà riconosciuta di autodeterminazione ma pure come regola72, nel corso degli annistrumento diretto a disciplinare anche futuri rapporti; la funzione regolatrice del contratto può cogliersi tanto nei rapporti interni tanto in quelli esterni73 a coloro i quali hanno concorso a stabilire la regola. La regola privata, particolarmente oscillanteregola oggettiva, ma sembra si possa af- fermare chemanifesta l’attitudine a disciplinare esaustivamente interi settori dell’esperienza socio-economica atteggiandosi, in tal modo, a fronte strumento per il perseguimento di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65interessi non solo di parte74. Questo nuovo e complesso quadro impone di considerare l’autonomia privata «non tanto nel suo pure indiscutibile atteggiarsi a manifestazione di libertà, essa sibbene nel suo essere manifestazione di ‘potere’, e più precisamente del potere anche dei privati di creare, in concorso con altre fonti, regole oggettive di condotta, o, se si sia assestata sulla tendenza preferisce regole (norme) giuridiche»75. Occorre, 00 X.X. XXXXXXXXX, Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle parti nella sua creazione»istituzioni, essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritoBologna, 2002, p. 82 ss. 71 X. XXXXXXX, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, p. 93.

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Xxxxxxxxx. Il contratto distretto industriale marshalliano come concetto socio-economico, Stato e Mercato n.25, pp. III-28. del prodotto”6. Il distretto italiano non può, quindi, prescindere da una comunità “che è insieme storia, regole non scritte, valori condivisi, e che influisce direttamente sulla produttività e la struttura del distretto7” stesso, realtà socio-economica capace di dominare nicchie di mercato rilevanti e che ha saputo affermare come valore intrinseco del prodotto il made in Italy. E' proprio quest'ultima connotazione che distingue in maniera netta il modello distrettuale anglosassone da quello italiano. All'interno del territorio nazionale italiano si sono via via affermati settori merceologici dominanti nei vari distretti industriali manifatturieri, in special modo si è avuto un notevole sviluppo produttivo per i beni durevoli di consumo come pelletteria, calzature, oreficeria, abbigliamento, ect, nonché di beni per la casa quali le lavorazioni in legno, l'arredamento d'interni, marmi, ect.; tutti processi produttivi connotati da alta intensità di lavoro umano, un basso livello di automazione, nonché un bisogno limitato di investimenti sia nella formazione che nelle attrezzature. Diversi sono stati i fattori che hanno favorevolmente contribuito alla nascita dei distretti italiani. Uno dei principali è stato il carattere prettamente artigianale delle imprese attive nel secondo dopoguerra, nonché l'espansione che il mercato nazionale ebbe proprio in quel periodo insieme ad una certa facilità all'accesso dei mercati internazionali ed un substrato culturale adeguato8. Al fine di ricapitolare quanto sino ad ora espresso sui distretti e la loro intrinseca natura, come oggetto d'analisi che si pone a metà strada tra settore industriale ed impresa, si rendono illuminanti le parole usate dallo stesso Xxxxxxxxx (tra i più autorevoli studiosi del fenomeno dei distretti industriali) che in uno dei suoi scritti li rappresentò come“ un limitato ambito geografico con causa mistala presenza di un insieme di imprese di piccole e medie dimensioni che sono specializzate nelle fasi di uno stesso processo produttivo, Padovacon una cultura locale ben definita, 1995e che presentano una rete di istituzioni locali favorevoli all'attenzione, pag. 41. 62 X. XXXXXXXXXcompetitiva e cooperativa, op. loc. ult. sia fra imprese diverse, sia fra imprese e popolazione lavoratrice”9 Tratti salienti del modello distrettuale italiano, ed assenti in qualsiasi altra formulazione dell'omologo anglosassone, sono quindi la comunità locale, cementata dall'identità collettiva territoriale in cui si riconosce e dall'insieme di valori e tradizioni locali condivisi, tanto che 6 xxx.xxxxxxxxxx-xxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxx-xxxxxxxxx-x-x-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxx/ 7 xxx.xxxxxxxxxx-xxxxxxx.xx cit., pag. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il rapporto giuridico preparatorio, Milano, 1974, p. 3 ss; Xxx negozi preparatori v. anche X. Xxxxx, I contratti preparatori, in Tratt. Xxxxxxxx-Xxxxxxxxx, VII, I contratti di vendita, a cura di Xxxxxxxxx, p. 144 ss; X. Xx Xxxx, Si tratterebbe di un diritto potestativo attribuito al conduttore. In tal senso, il diritto potestativo consiste in un diritto soggettivo46 che si compone nell’attribuzione di un potere ad un soggetto allo scopo di tutelare un proprio interesse che può essere realizzato anche senza la collaborazione di determinati soggetti e si esercita con la dichiarazione del titolare indirizzata al soggetto passivo. Detto potere, avente carattere assoluto, può essere modulato dal titolare in base al concreto interesse che vuole realizzare. Il diritto potestativo è estensibile unilateralmente da parte del titolare in quanto si tratta di una situazione giuridica soggettiva già acquisita nel patrimonio economico-sociale dell’avente diritto. Pertanto, se è vero che si tratta di un diritto potestativo, questo può essere anche rinunziato47 attraverso un negozio unilaterale avente carattere non recettizio. Così non vi sarebbe alcun motivo di negare l’assunzione dell’obbligo di acquisto da parte del condut- tore all’interno del contratto di rent to buy, qualora esso costituisca il reale e concreto interesse perseguito da quest’ultimo. La disciplina in tema di rent to buy dovrebbe in altri termini essere intesa “a maglie larghe” estendendo alla fattispecie anche quelle tipologie contrattuali sviluppatesi nella prassi che possono in qualche modo essere ricondotte alla fattispecie esaminata. In considerazione dell’esiguità del dato normativo in materia di rent to buy, c’è chi48 ritiene preferibile colmare le lacune dando rilevanza, all’interno della pattuizione, al concreto interesse che i contraenti intendono realizzare. Tale ricostruzione può dirsi suffragata proprio dalla previsione di cui all’art. 23, comma 1 bis, introdotto con causa mistala legge di conversione n. 164/2014, Padovadestinato a chiarire quali possano essere le conseguenze in favore del concedente nel caso in cui il conduttore-acquirente non Circolazione immobiliare e contrattazione preliminare, 1995in Riv. dir. civ., pag2011, I, p. 107 ss; R. DE MATTEIS, Contratto preliminare, in xxx.xxxxxxxx.xx, 2013. 4146 Cfr. 62 sul punto P.G. MONATERI, Diritto soggettivo, in Dig. disc. priv., IV, 1990, p. 416 ss.; X. XXXXXXXXX, opDiritto soggettivo, potere, interesse in X. Xxxx, X. Xxxxxxxxx, A Xxxxxxxxx e X. Xxxxxx, P.G. Xxxxxxxx e X. Xxxxx, Il diritto soggettivo in Tratt. locdir. ultciv. citXxxxx, Torino, 2001, p. 24 ss; X. XXXXXXX, il diritto soggettivo in Xxxx xx., pag0000, XX, x. 0 xx; X. XXXXXXXX, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto. 44Linee di una vicenda concettuale in Jus, 1960, p. 149 ss. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, 47Sulla rinunzia al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentre, in quelli complessi, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva diritto potestativo v. X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. citLa rinunzia alla proprietà ed ai diritti reali di godimento, in Studio CNN n. 216-2014/C, p. 1 ss; X. XX XXXXXXX, La rinunzia ai diritti reali: da teoria ad esigenza concreta, in Rivista Notarile, 2014, 3, p. 126 ss; M. F. XXXXXXXXXX e X. XXXXX, Quid Iuris? Le risposte a 100 quesiti di interesse notarile inter vivos, in Diritto Notarile, 2016, p. 6., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in merito.

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Xxxxxxxxx. Il contratto con causa mistavincolo del diritto positivo per il giurista, Padovain Studi in onore di X. Xxxxxx, 1995Milano, pagXxxxxxx, 1991; Id., Le fonti private del diritto commerciale. 41Appunti per una discussione, in Riv. 62 X. XXXXXXXXX, opdir. loc. ult. citcomm., pag2008, I, p. 599 ss.; ID., Clausole generali,norme generali e principi fondamentali nel diritto commerciale. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite, sent. 7930/2008, secondo cui «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentreRiflessioni introduttive , in quelli complessiOrizzonti del diritto commerciale, si ha la conver- genza 2011. elementari regole di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultanteneconvivenza15. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina L’ordinamento europeo è unitaria, come unitaria ne è la causa». La suddetta sentenza critica la teoria della combinazione, dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere oramai un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può assetto dotato di principi costituzionali che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie sollecitano strumenti preventivi di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione controllo sugli atti di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha Corte di Giustizia indica una xxxxxx xxxxxx xxxxx x xxxxxxxx xxx xxxx xxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx rispetto da parte degli intermediari finanziari dell’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione proposta. Si rinvia all’ordinamento interno la “disciplina delle conseguenze delle violazioni di tali obblighi, fermo restando il merito rispetto dei principi di essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; equivalenza e di effettività previsti dall’art.47 della carta di Nizza”16. Le linee di sviluppo sono sostanzialmente due. Sul piano interno l’uso giurisprudenziale della causa in concreto porta ad ammettere “un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al controllo dell’equità del contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il da parte del giudice, qualificandolo come yvariante nazionale domestica di una regola generale di controllo equitativo della giustizia degli scambi che si sta affermando in campo internazionale”17 con tale strumento le norme di organizzazione (di validità) hanno trovato la clausola generale che (sostituisce l’art.1374 e) incide sull’atto18. Sul piano comunitario il diritto ad un rimedio effettivo serve da cornice per ripensare una tutela eliminativa degli effetti che consente, ledereb- be le esigenze con l’aiuto delle Corti, di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni foggiare interventi integrativi, correttivi, e/o sostitutivi coerenti, con la giurisprudenza è apparsastoricità dell’assetto di interessi, nel corso degli anni, particolarmente oscillantesecondo un’attenzione estranea alle invalidità codicistiche e nazionali, ma sembra si possa af- fermare chetipiche, a fronte di un orientamento risalente che propen- deva per la combinazione65invece, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritostrategie rimediali19.

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Xxxxxxxxx. La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 898. Questo Autore si è occupato del tema della giurisdizione anche nel lavoro monografico Il contratto riparto di giurisdizione. Apologia del diritto amministrativo e del suo giudice, Napoli, 2008. come s’è visto, traccia i confini della giurisdizione esclusiva in materia di appalti pubblici69. Alla stregua di detto criterio, per individuare il giudice avente giurisdizione bisogna aver riguardo alla collocazione del comportamento scorretto tenuto della p.A., prescindendo dalla distinzione tra comportamenti costituenti esplicazione di un pubblico potere e comportamenti violativi di obblighi di diritto comune, anche perché in entrambi i casi, se c’è giurisdizione esclusiva, la cognizione sulla controversia è sempre devoluta al giudice amministrativo. Xxxxxx, se si guarda alla collocazione del comportamento illecito, si arriva inevitabilmente alla conclusione che le controversie risarcitorie relative ai danni da annullamento dell’illegittima aggiudicazione rientrano a pieno titolo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché il comportamento scorretto della p.A. si colloca proprio nella sequenza procedimentale relativa all’affidamento del contratto. L’illecito, infatti, si compie nel momento in cui viene emanato l’atto di aggiudicazione illegittimo e non nel momento in cui questo viene annullato su sollecitazione di terzi o dalla stessa pubblica Amministrazione in autotutela, così come affermato dalla Suprema Corte70. E, d’altra parte, in argomento, già con causa mistariferimento al previgente art. 6 della legge n. 205 del 2000, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che con questa ipotesi di giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo è stata “conferita – dopo la caducazione degli atti della fase pubblicistica che hanno costituito in capo all’interessato effetti vantaggiosi (dall’ammissione alla procedura all’aggiudicazione del contratto) – la cognizione, secondo il diritto comune, degli affidamenti suscitati nel privato da tali effetti vantaggiosi ormai venuti meno”71. Questa linea interpretativa – opposta rispetto a quella del Giudice della giurisdizione – è da ritenersi vieppiù confermata oggi, dopo che il legislatore ha arricchito la previsione normativa a cui faceva riferimento la Plenaria con un espresso richiamo anche ai profili risarcitori (mancante nell’art. 6 della l. n. 205/2000)72. Non può infatti essere revocato in dubbio che tale richiamo implichi che devono farsi rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie sui comportamenti scorretti della p.A. posti in essere nella fase di aggiudicazione del contratto. 69 Criterio che, com’è noto, concorre cumulativamente con il criterio soggettivo, secondo cui le procedure di affidamento devono essere “svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale” (art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a.). 70 Cass., S.U., ord. n. 6595/2011. Oltretutto, come evidenziato da X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 901 e ss., la Suprema Corte accomuna due fattispecie, annullamento in autotutela e annullamento giurisdizionale, che sono tra loro profondamente diverse. Così, nel primo caso (autotutela), vi è una ponderazione tra l’interesse pubblico e l’interesse di chi ha fatto affidamento sul provvedimento, che manca nel secondo (annullamento giurisdizionale), dove è sufficiente l’accertamento dei soli vizi di legittimità. 71 Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6. Orientamento condiviso da X. XX XXXXXXX, I nuovi confini tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa, in Il diritto privato della pubblica Amministrazione, a cura di X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXX, Padova, 19952006, pag1162. 4172 Inciso, peraltro, pleonastico, dato che le controversie risarcitorie in tema di giurisdizione esclusiva sono attribuite al giudice amministrativo già in forza dell’art. 62 30 c.p.a. In questo senso, con riferimento alla normativa precedente, anche S.S. XXXXX, Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali, Milano, 2008, 199, nota 5. Né può essere fatto valere come argomento che esclude la giurisdizione amministrativa la circostanza che non si controverte sulla legittimità di un provvedimento amministrativo. Si deve infatti rimarcare che nell’azione risarcitoria, a differenza di quella demolitoria, il giudice amministrativo non è mai chiamato a verificare la legittimità dell’atto o le modalità di esercizio del potere, bensì se il comportamento tenuto dall’Amministrazione sia illecito e produttivo di danno73. Quindi, oggetto della controversia risarcitoria è sempre un comportamento della p.A., e non l’illegittimità dell’atto, che può soltanto rilevare come mera figura sintomatica della illiceità della condotta74. Di conseguenza, se si esclude la giurisdizione del giudice amministrativo perché oggetto del ricorso è un comportamento (e non l’illegittimità di un atto), si dovrebbe arrivare giocoforza alla paradossale conclusione che tutte le controversie in tema di risarcimento del danno – avendo sempre come thema decidendum un comportamento illecito della p.A. – dovrebbero ricadere nella giurisdizione del giudice ordinario, andando così in palese contrasto con la scelta espressamente compiuta dal legislatore in più occasioni. Oltretutto, la mancanza di un atto impugnabile non può essere ritenuta una circostanza decisiva per spostare la giurisdizione dal giudice amministrativo a quello ordinario perché il legislatore delegato, seppure con una discutibile soluzione di compromesso (v. supra, par. 3), all’art. 30 c.p.a. ha riconosciuto in via generale l’autonomia dell’azione risarcitoria. Per cui, di regola, è possibile chiedere unicamente il risarcimento del danno senza impugnare il provvedimento amministrativo con il rimedio caducatorio75. Senza dire, poi, che anche la Corte costituzionale, nel suo inedito ruolo di giudice della giurisdizione76, a partire dalla nota sentenza n. 204 del 2004 (e, successivamente, con le sentenze n. 191 del 2006 e nn. 77 e 140 del 2007), dopo aver precisato che al fine di attribuire la controversia risarcitoria alla giurisdizione del giudice amministrativo occorre guardare all’esistenza di un potere pubblicistico, esclude che la giurisdizione 73 Come evidenziato da F.G. SCOCA, Divagazioni su giurisdizione e azione risarcitoria nei confronti della pubblica Amministrazione, in Dir. proc. amm., 2008, 1 e ss., il quale chiarisce inoltre che esercitando l’azione risarcitoria “non viene in giuoco alcun interesse legittimo, dato che non si contrasta l’esercizio del potere né si controverte circa la validità (e l'efficacia) del provvedimento, ma si discute solo sulla liceità del comportamento dell’Amministrazione e si chiede al giudice di conoscere del provvedimento solo in quanto frazione del comportamento illecito, e di conoscerne in via meramente incidentale, o, comunque, senza che l’accertamento della illiceità della condotta comporti conseguenze in ordine al (la sopravvivenza del) provvedimento e agli (degli) effetti che esso abbia prodotto. Il thema decidendum è diverso: si tratta di accertare l’illecita violazione del diritto e la sussistenza (e la misura) del danno che ne deriva. In questa prospettiva, nella controversia rientra la diretta ed esclusiva considerazione (e tutela) del diritto soggettivo e ne resta fuori qualsiasi riferimento, anche indiretto, ad interessi legittimi” (ivi, 11). Sulla distinzione tra illiceità e illegittimità sia anche consentito rinviare a X. XXXXXXXXXXXXXXX, op. loc. ult. La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, cit., pag177 e ss., ivi ulteriori indicazioni bibliografiche. 44. 63 Cfr. Cass. sezioni unite74 Come è stato chiarito in dottrina “non si è responsabili perché l’atto è invalido; si è responsabili perché l’atto è illecito”: così N. IRTI, sent. 7930/2008, secondo cui Concetto giuridico di «nei contratti misti, si ha un solo schema negoziale, al quale vengono apportate al- cune variazioni mediante l’inserimento di clausole assunte da uno o più dei diversi schemi, mentrecomportamento» e invalidità dell’atto, in quelli complessiForo amm.-Tar, si ha la conver- genza di tutti gli elementi costitutivi tratti da più schemi negoziali ti- pici nella regolamentazione dell’unico negozio risultantene2004, 2770. Nell’una come nell’altra ipotesi la disciplina è unitaria75 Anche se, invero, come unitaria ne si è la causa»già osservato (v. supra, par. La suddetta sentenza critica la teoria 3), il superamento della combinazione, pregiudizialità amministrativa sancito dal momento che, applicandola, non si potrebbe distinguere un contratto complesso da un contratto collegato; malgrado ciò, come rileva X. XXXXXXXXX, op. loc. ult. cit., pag. 263, «l’accertamento della pluralità o unicità delle strutture non può che procedere dall’esame dell’operazione in concreto realizzata e dall’atteggiarsi della volontà blema appare poco visibile, quasi nascosto tra le pieghe dogma- tiche, ma ha grandi riflessi applicativi che possono, peraltro, essere molto utili nel nostro percorso argomentativo: distingue- re un contratto misto da uno complesso significa teorizzare una differenza nella disciplina applicabile a queste due tipologie di contratti, e precisamente una distinzione tra il criterio della prevalenza – i.e. dell’assorbimento – ed il criterio della combi- nazione64. Purtroppo, queste due ultime tesi applicative presen- tano un pregio e un difetto evidenti: la prima facilita notevol- mente il compito degli operatori giuridici, per i quali permane l’unica difficoltà, di solito facilmente sormontabile, di stabilire quale schema funzionale sia prevalente; ciononostante essa presenta anche il vizio di ridurre la complessità, pur sempre espressione di autonomia privata, a una sorta di “guscio vuoto”, mera descrizione di un contratto che in nulla si discosterebbe, portando ai limiti estremi la tesi, da uno strumento negoziale semplice. La seconda teoria ha il merito di legislatore sembra essere più aderente alla volontà delle parti, poiché non intende sacrificare nessun profilo causale, quand’anche fosse marginale; un elemento di debolezza è riscontrabile, tuttavia, nella difficoltà di stabilire quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, potendosi giungere al paradosso di minare le convinzioni delle parti stes- se, le quali in ipotesi potrebbero credere di aver posto in essere il contratto x, mentre il giudice, qualificandolo come y, ledereb- be le esigenze di certezza dei traffici giuridici. Probabilmente per tutte queste ragioni la giurisprudenza è apparsa, nel corso degli anni, particolarmente oscillante, ma sembra si possa af- fermare che, a fronte di un orientamento risalente formale che propen- deva per la combinazione65, essa si sia assestata sulla tendenza delle parti nella sua creazione», essendo fuorviante una valutazione astratta e aprioristica in meritoreale.

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