Common use of Motivi della decisione Clause in Contracts

Motivi della decisione. La motivazione della presente sentenza viene redatta ai sensi dell’art. 132 comma1 n.4) c.p.c., quale novellato dall’art. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.69. Oggetto del presente giudizio è l’appello proposto dalla [Casa di cura], con atto di citazione notificato ai sensi della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale, del 3 marzo 2016, differita ai sensi di quanto previsto dall’art. 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 del Tribunale di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015, con cui era stato così statuito: il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversia.

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Motivi della decisione. La motivazione 2.1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.1809, 1810 cod. civ., 155 c.c. e vizi di motivazione. In via principale invoca i principi desumibili da Cass. 3179/07 e afferma che il comodato di immobile destinato a casa familiare, ove pattuito senza determinazione di tempo, comporta l’obbligo del comodatario di restituire il bene non appena il comodante lo richieda. Deduce che nel caso regolato dalle Sezioni Unite del 2004 era configurabile un vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative familiari, insussistente nel caso di specie, in cui le parti hanno convenuto la concessione in godimento dell’alloggio “quale sistemazione temporanea provvisoria e precaria per i giovani coniugi”. A tal fine rileva che trattasi di una villetta sita in zona di villeggiatura; che la convenuta era già a quel tempo comproprietaria di una residenza estiva della presente sentenza viene redatta propria famiglia di origine posta nel medesimo comune; che attualmente la propria figlia, coniugata con tre bambini, risiede in altro alloggio concesso al ricorrente dallo Iacp, ente che avrebbe richiesto a qual titolo sussista tale occupazione da parte di famiglia non assegnataria. Lamenta che la Corte di appello non abbia valutato tali circostanze, pur rilevanti a suo avviso quale bisogno ex art. 1809 c.c., per ritenere sussistente un comodato precario. Con più “quesiti di diritto” formulati ai sensi dell’art. 132 comma1 n.4) 366 bis c.p.c., quale novellato dall’artchiede alla Corte di stabilire che, in caso di comodato c.d. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.69precario di abitazione destinata a casa familiare, il comodatario è tenuto al rilascio a semplice richiesta del comodante. Oggetto del presente giudizio In subordine, domanda alla Corte di Cassazione di ribadire che l’effettiva destinazione a casa familiare voluta dal comodante è l’appello proposto dalla [Casa desumibile solo da una specifica verifica in punto di cura], con atto di citazione notificato ai sensi fatto; che la verifica della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali comune intenzione delle parti ricevuto sarebbe stata omessa; che nella specie il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale, del 3 marzo 2016, differita ai sensi di quanto previsto dall’art. 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 del Tribunale di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015, con cui bene era stato così statuito: il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa concesso in godimento solo al fine di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversiauna temporanea sistemazione.

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Motivi della decisione. La motivazione domanda di parte ricorrente appare infondata e, pertanto, non meritevole di accoglimento per le motivazioni di seguito enunciate. Con ricorso ex art. 414 c.p.c. i ricorrenti premettevano di essere tutti dipendenti della presente sentenza viene redatta ai sensi dell’art. 132 comma1 n.4) c.p.csocietà Ceva Logistics Italia s.r.l., quale novellato dall’artcon contratto a tempo indeterminato, e di prestare lavoro presso diverse sedi nel territorio italiano, sulla commessa Telecom Italia s.p.a., svolgendo le proprie mansioni (gestione scorte di magazzino per i prodotti Telecom stoccati presso Centri di Raccolta) sulla base del potere direttivo e di controllo esercitato dal committente, secondo le esigenze organizzative di quest'ultimo, ed utilizzando gli indispensabili strumenti di lavoro messi a disposizione da questi. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.69Xxxxxxxxxx, pertanto, accertarsi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra i ricorrenti e Telecom Italia s.p.a. Oggetto del presente giudizio è l’appello proposto dalla [Casa a far data dal 01/03/2003, ovvero con la diversa decorrenza ritenuta di cura]giustizia, con atto condanna della resistente al ripristino dei rapporti di citazione notificato ai sensi della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale, del 3 marzo 2016, differita ai sensi di quanto previsto dall’art. 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 del Tribunale di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015lavoro ovvero alla assunzione, con cui era stato così statuito: il Tribunaleogni conseguenza giuridica ed economica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa con vittoria di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007lite. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti contratto di [Factor]appalto si distingue dalla somministrazione e, in quanto cessionaria del credito oggetto indirettamente, il contratto di appalto lecito da quello illecito, per il fatto che nel primo l'organizzazione dei mezzi necessari fa capo all'appaltatore. Tale organizzazione può anche risultare - tenuto conto dell'attuale evoluzione dei sistemi produttivi, che possono essere incentrati anche solo nella razionale gestione della controversia.forza lavoro

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Motivi della decisione. La motivazione della presente sentenza viene redatta Xxxxx premettere che nella fattispecie la decisione sarà emessa secondo diritto ai sensi dell’art. 132 comma1 n.4) art. 113 II° Co. c.p.c., quale novellato cosi’ come modificato dalla legge 7/4/2003 n° 63. L’attore ha inoltre correttamente incardinato la controversia innanzi al giudice territorialmente competente, nella fattispecie luogo di residenza - o domicilio elettivo - del consumatore ai sensi dell’art. 1469 bis comma 3 n° 19, c.c.. che ha in sostanza introdotto, per le controversie relative ai contratti stipulati da consumatori con professionisti, un foro speciale rispetto a quelli previsti dagli art. 18 e 20 c.p.c., che esclude ogni altro foro previsto dalla legge. Cassazione civile, sez. I, 28.08 2001, n. 11282; Tribunale Roma, 19 luglio 2002; Tribunale Reggio Xxxxxx, 12 luglio 2002. Nel merito, la domanda attorea risulta fondata nei suoi assunti presupposti giuridici e di fatto e va pertanto accolta. Esaminati gli atti e gli scritti difensivi, emerge un dato riferito dall’attore e dal convenuto, cioè la notoria interruzione della somministrazione di energia elettrica avvenuta alle ore 03:25 della notte tra sabato 27 e domenica 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, che in Campania è durata circa 15 - 18 ore. E’preliminare per la risoluzione della fattispecie, la disamina della natura giuridica del contratto di somministrazione prevista dall’art. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.691559 c.c.. Orbene, la somministrazione, detta anche fornitura, è il contratto con il quale una parte (somministrante) si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire, a favore dell’altre parte, (somministrato) prestazioni periodiche o continuative di cose. Oggetto del presente giudizio è l’appello proposto dalla [Casa Il contratto di cura]somministrazione è, quindi, destinato a soddisfare ad intervallo di tempo costante bisogni periodici e continuativi dell’utenza attraverso la costituzione di un rapporto durevole. Secondo l’insegnamento autorevole e consolidato della Corte di Cassazione (sentenza n° 2359/1968) il somministrante assume su di se l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per adempiere la propria obbligazione contrattuale e, ovviamente il rischio (l’alea) connesso alla mancata fornitura. Correttamente l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, con atto delibera 112/03 ha ritenuto che avrebbe dovuto essere operativo un sistema di citazione notificato difesa contro le perturbazioni del sistema elettrico in grado di riconoscere preventivamente eventuali criticità. Al riguardo autorevole magistratura amministrativa (TAR Lombardia Milano, sez. II° 20/11/2002 n° 4515,) ha considerato che “ le prescrizioni attinenti alla produzione, alla regolazione, all’erogazione ed ai livelli di qualità, dettate dall’Autorità per l’energia elettrica, e il gas, ai sensi dell’art. 2 comma 12 lettera h, l. 14 novembre 1995 n° 481, sono suscettibili di tradursi se guardate sotto il profilo dell’adempimento delle prestazioni di un rapporto obbligatorio, in comportamenti attuativi del contratto individuale di utenza, comportamenti doverosi, quindi, nell’ottica dell’esatto adempimento delle reciproche obbligazioni scaturenti dal contratto”. Orbene è evidente l’inadempimento in quanto nel periodo considerato l’utente non ha affatto goduto della somministrazione dell’energia elettrica. Occorre, quindi, accertare se tale inadempimento sia imputabile o meno alla società convenuta. Al riguardo la difesa dell’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. sostiene che con l’avvento del D. L.vo 16/03/1999 n° 79, è stato soppresso il Monopolio delle attività del settore elettrico a suo tempo attribuito all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, poi divenuta E.N.E.L. s.p.a., dalla legge 27 gennaio 1994 n.53 1643/62. Dall’entrata in vigore del suddetto decreto, l’E.N.E.L. s.p.a. ha costituito, per legge, società separate per lo svolgimento di attività connesse all’utilizzo di energia, ed opera solo nel campo della distribuzione di energia elettrica e di vendita ai clienti, mentre le attività di trasmissione e dispacciamento sono riservate allo Stato ed attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.). Giova all’uopo premettere che con atto spedito in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. di legge 6 dicembre 1962 n. 1643 sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica fu istituito l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale, del 3 marzo 2016, differita ai sensi di quanto previsto dall’art. 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 del Tribunale di (omissisENEL), depositata cui fu riservato il 21 ottobre 2015compito di esercitare nel territorio nazionale le attività di produzione, con cui era stato così statuito: il Tribunaleimportazione ed esportazione, definitivamente pronunciandotrasporto, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbitatrasformazione, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] distribuzione e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di leggeart. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione1, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversia.primo

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Motivi della decisione. 1. - Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del C.C.N.L. turismo pubblici esercizi, capo XIV protocollo appalti - cambi di gestione. Lamenta che la sentenza impugnata interpretò erronea- mente la disciplina contrattuale collettiva applicabile al caso di specie, ritenendo che essa imponeva, anche per il personale con funzioni di direzione esecutiva e di elevata professionalità, l’assunzione da parte della società suben- trante senza patto di prova, o in alternativa prevedeva la possibilità di non assumere affatto tale personale. Il motivo è infondato. Come dedotto dalla stessa ricor- rente, l’art. 349, comma 1 del C.C.N.L. 2003 (art. 335 del C.C.N.L. 2010), stabilisce: “La motivazione gestione subentrante assu- merà tutto il personale addetto, in quanto regolarmente iscritto da almeno 3 mesi sui libri paga e matricola della gestione uscente, riferiti all’unità produttiva interessata, con facoltà di esclusione del personale che svolge funzioni di direzione esecutiva, di coordinamento e controllo del- l’impianto nonché dei lavoratori di concetto e/o degli specializzati provetti con responsabilità di coordinamento tecnico-funzionale nei confronti di altri lavoratori”. Il C.C.N.L. 2003, art. 352, (C.C.N.L. 2010, art. 338) prevede: “Le assunzioni saranno effettuate sempre che sussistano le specifiche condizioni previste dalle norme di legge vigenti (nulla osta per l’avviamento al lavoro, libretto sanitario, etc.) ed i rapporti di lavoro così instaurati si intenderanno “ex novo”, senza l’effettuazione del periodo di prova per il personale ai cui al precedente art. 349, comma 1 (art. 335), per il quale peraltro l’azienda uscente è esonerata dall’obbligo del preavviso di cui agli artt. 176 e 177 (186 e 187) del presente sentenza viene redatta contratto. Qualora tali condizioni non sussistessero, la Gestione subentrante ne darà tempestiva comunicazione agli interessati ed alle organizzazioni sindacali ai sensi fini delle possibili regolarizza- zioni delle posizioni entro il termine di trenta giorni”. La disciplina collettiva risulta chiara nel prevedere la possibilità di non assunzione del personale con funzioni di direzione esecutiva, ma che quest’ultimo, una volta decisane l’assunzione, non è soggetto all’effettuazione del periodo di prova, considerato il rinvio di carattere generale a tutto il personale di cui al precedente art. 349, comma 1 (art. 335), all’interno del quale non vi sono argomenti per sostenere che per il personale con funzioni direttive sia prevista, in contrasto col tenore letterale dell’art. 132 comma1 n.4) c.p.c.352 (poi 338), quale novellato dall’artla possibilità di assunzione in prova. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.69La tesi della società, secondo cui l’eventuale assun- zione del personale con funzioni di direzione esecu- tiva non trova quindi fonte nella contrattazione collettiva bensì in “fonti diverse” (non meglio speci- ficate), ivi compresa “la contrattazione sindacale ed individuale”, non può essere seguita. Oggetto La tesi si fon- derebbe sulla incomprensibile possibilità di non assu- mere ed al contempo di assumere al di fuori della disciplina contrattuale collettiva che regolamenta la fattispecie. La ricorrente invoca al riguardo un verbale di accordo sindacale, in tesi del presente giudizio 28.1.13, che tuttavia, in contrasto col principio di autosufficienza, la società non produce né riproduce in ricorso, neppure specificandone adeguata- mente il contenuto. Occorre del resto osservare che la lettera di assunzione prevede un periodo di prova conforme a quanto previsto dal C.C.N.L. per i lavoratori inquadrati nel 3^ livello, richiamando dunque il C.C.N.L. A ciò deve aggiungersi che questa S.C. ha recente- mente affermato che nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimen- tarne la convenienza, sicché è l’appello proposto dalla [Casa di cura]illegittimamente stipu- lato ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con atto esito positivo, per le stesse mansioni, ancorché diversa- mente denominate, e per un congruo lasso di citazione notificato ai sensi della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito in data 5 novembre tempo, a favore dello stesso datore di lavoro o di un precedente datore di lavoro-appaltatore, titolare del medesimo appalto (Xxxx. 1 settembre 2015 all’Azienda U.S.L. di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale, del 3 marzo 2016, differita ai sensi di quanto previsto dall’artn. 17371). 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 del Tribunale di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015, con cui era stato così statuito: il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversia.

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Motivi della decisione. 1.Domanda di accertamento della nullità del contratto di intermediazione finanziaria stipulato tra il B. e la M.P.S. s.p.a. per difetto di sottoscrizione da parte della banca. Gli attori, la sig.ra M. e i germani B., hanno domandato la declaratoria di nullità del contratto avente a oggetto servizi di investimento stipulato il 3.06.93 tra il loro dante causa, Xxxxxxx X. e la banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., perché il testo del contratto era stato sottoscritto solo dal B.. La motivazione domanda è infondata. 1.2.L’art. 117 T.U.B. ratione temporis vigente prescriveva la forma scritta per i contratti stipulati tra ente bancario e cliente sanzionando la violazione con la nullità dell’atto. La disposizione in esame aveva la funzione di soddisfare le esigenze informative del cliente rispetto alla complessità e pluralità dei servizi, anche di investimento, predisposti dalla banca, tutelando il diritto della presente sentenza viene redatta parte debole del rapporto di autodeterminarsi consapevolmente rispetto al compimento delle singole operazioni di investimento. Seguendo il metodo ermeneutico in forza del quale la funzione della disposizione conforma l’interpretazione della disposizione, si deve ritenere l’art. 117 co. 3 T.U.B. prescriveva la necessità della forma scritta del testo del contratto esclusivamente per l’acquisizione della sottoscrizione dell’investitore (cfr. con riferimento alle norme del T.U.F. trib. Novara 2.11.09: “Il requisito della forma scritta, previsto dall'art. 23 T.u.f. - D.Lgs. n. 58 del 1998 - a pena di nullità del contratto di intermediazione finanziaria, deve ritenersi soddisfatto anche nel caso in cui il documento venga sottoscritto esclusivamente dal cliente e non dalla Banca, in quanto la funzione della previsione normativa consiste nel dare certezza, da un lato, alla circostanza che il cliente ha autorizzato la banca a svolgere un determinato servizio, dall'altro, alle modalità di svolgimento dell'investimento delle quali la banca è obbligata a fornire al cliente adeguata informativa”; Corte di Appello Torino 3.04.12: “La previsione di forma contenuta nell'art. 23 del D.Lgs. n. 58/1998 (Tuf) - la cui funzione consiste nell'apprestare una disciplina di protezione del soggetto debole investitore, così da superare la sperequazione in suo sfavore, di tipo conoscitivo e negoziale, nel potere e capacità di determinazione del contenuto normativo dell'accordo - è pienamente soddisfatta dalla sottoscrizione del solo investitore, per l'esaustiva assicurazione, in tal modo, della funzione informativa che essa è destinata ad assolvere”). Peraltro, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 58/98, è stato adottato dalla Consob il Regolamento 11522/98 il cui art. 31 ha espressamente escluso l’applicabilità delle prescrizioni formali dettate dall’art. 30, attuativo della disposizione ex art. 23 T.U.F., per la redazione del contratto di investimento nel caso in cui esso fosse stato stipulato dall’intermediario con un operatore qualificato (cfr. ora art. 58 co. 3 Reg. Consob 16190/07 che relativamente ai sensi contratti aventi a oggetto servizi di investimento o accessori a essi connessi esclude l’applicazione delle regole di condotta di cui agli articoli da 27 a 56 ad eccezione del comma 2 dell’articolo 49). La disposizione regolamentare in esame, attuativa dell’art. 132 comma1 n.4) c.p.c.23 T.U.F., evidenziava, quindi, che la forma scritta era prevista in ragione delle particolari condizioni del soggetto investitore, correlate alla sua posizione “non qualificata”, e, inoltre, per la finalità perseguita dal legislatore di predisporre un sistema di forme dirette a proteggere la libertà di autodeterminarsi rispetto alle singole operazioni d’investimento, consegue, quindi, che deve ritenersi immune rispetto alla sanzione della nullità il contratto che sia sottoscritto unicamente dall’investitore. 0.0.Xx tribunale rileva, peraltro, che la censura di nullità formulata dagli attori è infondata sotto una diversa prospettiva di analisi delle norme applicabili al caso in esame che conduce a ritenere convalidato il contratto avente a oggetto servizi di investimento per cui è causa. 1.3.1.Sotto il profilo teorico si pone il problema, nell’ambito dell’istituto della nullità di protezione, che è la sanzione prevista dalla legge per il difetto di forma scritta previsto per il contratto di intermediazione finanziaria, se, in assenza di una precisa disposizione, sia configurabile il potere della parte “debole” di convalidare il negozio in modo espresso ovvero tramite la sua esecuzione. Si deve precisare, incidentalmente, che è coerente con la funzione della nullità di protezione l’assunto teorico secondo il quale novellato dall’artil contratto viziato, in tutto o in parte, è immediatamente improduttivo di effetti sicché il potere di convalida determina che esso produce, in ragione di essa, effetti ex nunc. 45 comma17 Questa premessa è indispensabile per chiarire che il problema della convalidabilità del negozio sottoposto alla sanzione della nullità relativa deve essere esaminato sulla base dell’art. 1423 c.c. e delle norme che regolano il potere di convalida in caso di nullità relativa nelle sue diverse configurazioni e non in base all’art. 1444 c.c. che disciplina, invece, il potere di convalida del contratto annullabile che riguarda un negozio immediatamente produttivo di effetti. L’art. 1423 c.c. prevede che il contratto nullo non può essere convalidato se la legge 18 giugno 2009 n.69non dispone diversamente. Oggetto Con l’espressione “legge” devono intendersi oltre alle singole norme del presente giudizio è l’appello proposto dalla [Casa di cura]codice anche le norme delle leggi speciali che dettano la disciplina, con atto riferimento a settori particolari, di citazione notificato ai sensi una particolare forma di nullità relativa che è la nullità di protezione, disposizioni suscettibili di applicazione analogica nell’ambito proprio delle nullità di protezione. La ratio delle norme che in tema di nullità di “protezione” riservano la legittimazione a eccepirla alla parte “debole” e riconoscono il potere del giudice di rilevarla d’ufficio deve essere ravvisata, come sostenuto autorevolmente in dottrina, non nella natura disponibile dell’interesse protetto ma nell’esigenza di predisporre una tutela adeguata, in modo immediato, al contraente debole e, in modo mediato, a un interesse generale rappresentato dal regolare funzionamento del mercato, evitando che la parte “forte”, dopo aver determinato il vizio generatore della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito nullità, possa sciogliersi dal vincolo negoziale non più gradito. In caso contrario, se, quindi, nessuna lesione all’interesse del contraente debole è stata realizzata ovvero se questo interesse è stato comunque soddisfatto si ha convalida del contratto (trib. Verona 23 marzo 2010: “In particolare la convenuta ha evidenziato come il M. miri a far dichiarare la nullità di solo alcuni degli ordini di acquisto conclusi in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. esecuzione del contratto di negoziazione titoli invalido (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa perché stipulato in assenza di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizioun contratto quadro fino al 31 maggio 2001 e, da quella data in poi, sulla base di un contratto sottoscritto solo dall’investitore), mentre, con riguardo a tutti gli altri, intenda continuare a beneficiare dei loro effetti ed in particolare a trattenere le cedole acquisite (-)Orbene reputa il collegio che ad un simile contegno possa attribuirsi rilievo nella diversa, e, sotto il profilo sistematico, più corretta, prospettiva della convalida tacita del contratto affetto da nullità relativa. A ben vedere infatti questo istituto, al pari di altri che attribuiscono efficacia sanante di invalidità contrattuali ai comportamenti della parte dell’appellante principaleè espressione del più generale dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, del 3 marzo 2016che non consente l’adozione di comportamenti tra loro contraddittori da parte dei contraenti. In particolare vanno segnalate, differita ai sensi in ordine di quanto previsto dall’art. 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016tempo, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 prima di tutto, due sentenze del Tribunale di Roma, la prima della seconda Sezione Civile del 25 maggio 2005 e l’altra della IX sezione civile dell’11 ottobre 2005, che hanno affermato, invero maniera non sufficientemente argomentata, che ... “la riscossione delle cedole esprime in modo implicito ma pur sempre chiaro ed univoco, la volontà della parte di convalidare tacitamente il negozio annullabile. Al medesimo orientamento va ricondotta la pronuncia del Tribunale di Asti del 29 marzo 2007, che ha affermato che l’adesione da parte dell’investitore all”Ops promossa dall’Argentina configura una convalida tacita del contratto annullabile e una rinunzia implicita all’azione di nullità e di risoluzione del contratto. Invero, si può già osservare, a sostegno della convalidabilità del contratto affetto da nullità relativa di protezione, che se il divieto di convalida del contratto viziato da nullità assoluta appare in sintonia con la natura pubblicistica dell’interesse protetto, viceversa per le nullità relative di protezione l’interesse pubblico alla tutela del mercato è posposto rispetto alla tutela dell’interesse del contraente destinatario della normativa di protezione. Sul punto è stato anche opportunamente rilevato che l’esercizio della nullità selettiva non è sorretto da un interesse pubblico ma è semmai vero il contrario, dal momento che pone a carico dell’intermediario una responsabilità oggettiva per ogni minusvalenza subita dai clienti in modo del tutto indipendente dall’effettivo comportamento tenuto e per un tempo indefinito, incidendo in modo inaccettabile sulla stabilità del mercato e del sistema finanziario. A quanto fin qui detto deve aggiungersi, quale ulteriore considerazione a sostegno della soluzione sopra indicata, che, se la legittimazione allargata a far valere la nullità, sia temperata dal filtro dell’interesse, rappresenta un insormontabile ostacolo operativo alla convalida di un contratto viziato da nullità assoluta, essendo praticamente impossibile individuare a priori la pletora dei soggetti a ciò interessati (omissis“chiunque vi abbia interesse” è la formula utilizzata dall’art. 1421), depositata diverso discorso vale, invece, per la nullità di protezione in esame. Essa, infatti, proprio per la sua “relatività assoluta”, al pari dell’annullabilità classica, rende del tutto agevole l’individuazione dell’unico soggetto legittimato tanto alla convalida espressa che a quella tacita mediante esecuzione volontaria del negozio nella consapevolezza del vizio, secondo lo schema e le condizioni dell’art. 1444 c. civ. (è indubbio che è a tale disciplina rimanda l’art. 1423 cc allorché contempla la possibilità, eccezione, di convalida del contratto nullo). D’altro canto non può convenirsi con quella parte della dottrina che ravvisa un ostacolo all’ammissibilità della convalida in queste ipotesi nel disposto dell’art. 143 C.d.C. che espressamente sancisce la irrinunciabilità dei diritti del consumatore, tra i quali, secondo questa tesi, rientrerebbe anche quello di invocare le nullità relative contemplate dallo stesso codice del consumo. Invero tale rilievo è superabile, come ha osservato altra dottrina, sulla base di un’attenta disamina di altre norme del codice del consumo (artt. 124, 134 comma 10 e 141) che fa emergere come la finalità perseguita dal legislatore sia quella di garantire l’effettiva attribuzione di diritti al consumatore e far sì che egli sia libero di esercitarli o meno e induce, quindi, a circoscrivere la predetta irrinunciabilità alla sola fase antecedente all’insorgere di tali diritti. La medesima sottrina poi reputa che la regola della convalidabilità del contratto affetto da nullità relativa di protezione sia pienamente compatibile con la sussistenza del potere di rilievo officioso di tale vizio da aprte del giudice, nei casi in cui ciò sia previsto espressamente (art. 36 comma 30 Cod. Consumo). Tale potere, infatti, trova un limite intrinseco al suo esercizio nei casi in cui la declaratoria di nullità sia pregiudizievole per il 21 ottobre 2015destinatario delle norme di protezione o, addirittura, qualora sia da questi non voluta poiché, in caso contrario, si verrebbe ad attribuire preminenza alla finalità di tutela dell’interesse pubblico , che è sicuramente sottesa a tutte le ipotesi di nullità, rispetto a quella di tutela del contraente debole, propria della legislazione sopra richiamata. Non va poi trascurato che l’autore di un recente studio dedicato a questi temi ha osservato che non osta alla conclusione della convalidabilità del contratto relativamente nullo nemmeno il disposto dell’art. 1423 cc, poiché tale norma contempla una riserva di legge ma non una riserva espressa. In altri termini la parte finale di tale norma, secondo tale dottrina, va intesa non nel senso che occorra un’espressa previsione di convalida ma nel senso Ma nel senso di un’esplicita ammissione della convalidabilità ogni qual volta dal corpo della previsione risulti atrimenti. A favore della ricostruzione esposta milita, infine, anche la considerazione che essa evita il rischio che l’imprescrittibilità della nullità esaminata possa favorire, come nel caso (-) strategie a “geometria variabile” dell’investitore con portafogli differenziati, volte a far valere ex post la nullità derivata dalle sole operazioni negative o insoddisfacenti”). Il tribunale ritiene, seguendo la finalità che il legislatore persegue con la previsione della nullità di protezione, che sia applicabile analogicamente, nella materia regolata dal diritto finanziario, dell’art. 36 co. 3 cod. cons. che stabilisce, con cui era stato così statuito: riferimento alla nullità di protezione, che essa è un rimedio che opera solo a vantaggio del consumatore. La disposizione in esame attribuisce rilevanza non alla volontà del consumatore ma al suo interesse obiettivizzato nella tutela predisposta dalla norma, di guisa che, pur in presenza di un atto volontario di convalida, se questo non realizza compiutamente l’interesse del consumatore, il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007negozio è sempre nullo. Il contraddittorio era potere di convalida è riconoscibile nei casi in cui, dall’istruttoria processuale, emerga che il contratto sia stato poi integrato nei confronti eseguito e che l’interesse del soggetto debole e quello di [Factor]carattere generale protetti dalla previsione normativa della sanzione negoziale, in quanto cessionaria del credito oggetto della controversiasia stato soddisfatto o comunque non sia stato effettivamente pregiudicato.

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Motivi della decisione. La motivazione domanda è parzialmente fondata e va quindi accolta nei limiti appresso indicati. La pretesa economica, così come azionata dal sig. Manfredonia, è basata su tre contratti stipulati dal sig. Rosi: - il primo, dell’agosto 2006, con l’A.S. Roma s.p.a. per la stagione sportiva 2006/2007; - il secondo, datato 28.8.2007 ed a seguito di variazione di tesseramento avvenuta in pari data (cessione di contratto temporanea con diritto di opzione con accordo di partecipazione – contro opzione), con l’A.C. Chievo s.r.l. in relazione alla stagione sportiva 2007/2008; - il terzo, sempre del 28.8.2007, con l’A.S. Roma s.p.a., presso la quale il sig. Xxxx era ritornato, non avendo l’A.C. Chievo s.r.l. esercitato l’opzione, per la stagione sportiva 2008/2009. Xxxxxx, l’eccezione (prescrizione e decadenza) indistintamente sollevata dal sig. Rosi allo scopo di neutralizzare la domanda del sig. Manfredonia avente ad oggetto i compensi derivanti dai primi due contratti non appare fondata. Per quanto riguarda la decadenza, va detto che il Regolamento Agenti di Calciatori applicabile ratione temporis non stabilisce alcunché circa il compimento di atti e/o attività che l’agente deve porre in essere - con determinate modalità ed entro certi termini – per impedire la decadenza dalla possibilità di far valere il diritto alla corresponsione dei compensi spettantigli. Al contrario, il successivo Regolamento, entrato in vigore in data 1.2.2007, pone espressamente a carico dell’agente l’onere di esercitare “il diritto al compenso, a pena di decadenza, entro il termine della presente sentenza viene redatta stagione sportiva successiva a quella in cui il diritto è maturato” (art. 10, 5° comma, ultimo periodo). Pertanto, in assenza di una specifica disposizione che preveda un termine a pena di decadenza, non è consentito all’interprete creare una norma ad hoc, introducendo così limiti all’esercizio di quel diritto, né invocando una previsione regolamentare all’epoca non già vigente, né mutuandola , per via analogica, dal regolamento FIFA, così come invocato dalla difesa del sig. Rosi. E’ notorio che in materia di decadenza la comminazione va soggetta a regole di stretta interpretazione, non cedevoli alle integrazioni altrimenti consentite dai principi che governano l’interpretazione estensiva. Quanto alla prescrizione, la soluzione della questione non può che essere ricercata alla luce dei principi generali dell’ ordinamento, ai quali non si sottrae l’ordinamento sportivo fuori dell’ambito di esercizio dell’autonomia allo stesso riconosciuta dalla legge n. 280 del 2003. E’ in applicazione di detti, non derogati principi che il diritto del mandatario al pagamento del compenso si deve ritenere prescrittibile soltanto al compimento del termine ordinario decennale. D’altra parte, di tale avviso è anche la giurisprudenza già maturata presso la Camera Arbitrale della FIGC che, in diverse occasioni, ha affermato il seguente principio: “Deve essere, inoltre, respinta l’eccezione proposta dalla medesima parte resistente riguardante la prescrizione, che sarebbe intervenuta ai sensi degli articoli 2956 e 2957 del codice civile, dei crediti maturati . . . con riferimento ai contratti per le stagioni sportive 2000/2001 e 2001/2002. Sul punto, il Collegio ritiene applicabile il termine prescrizionale ordinario . . . Di uguale orientamento, peraltro, sono anche due recenti decisioni di altri Xxxxxxx Xxxxxxxxx (Lodi del 30.6.2005 e del 6.7.2005)” (lodo del 10.4.2009). Stando così le cose, è evidente che, in relazione al reddito percepito dal sig. Rosi nelle stagioni sportive 2006/2007 e 2007/2008 rispettivamente dall’A.S. Roma s.p.a. e dall’A.C. Chievo s.r.l., il diritto del sig. Manfredonia di ottenere il pagamento dei compensi non risulta prescritto, avendo questi promosso il procedimento arbitrale (e dunque fatto esercizio del preteso diritto) ben prima del decorso del termine decennale di prescrizione. Di conseguenza il sig. Xxxx va condannato al pagamento, in favore del ricorrente, della complessiva somma di €. 32.389,17, oltre interessi legali dalla data del 10 ottobre 2009, alla quale si riferisce il ricevimento da parte del debitore dell’unico documento acquisito che sostanzia i minima standard della costituzione in mora. Venendo al compenso preteso dal sig. Manfredonia in ordine al terzo dei suddetti contratti (cioè quello con l’A.S. Roma s.p.a. datato 28.8.2007), si deve rilevare che la domanda, nei modi peculiari della sua formulazione, non può trovare accoglimento. Il ricorrente, infatti, a supporto della propria pretesa, ha allegato la mera circostanza che il sig. Xxxx, dopo la parentesi con l’A.C. Chievo s.r.l., sia ritornato all’A.S. Roma s.p.a. Sennonché il Calciatore, nei propri scritti difensivi, ha dedotto – contrariamente a quanto affermato dall’Agente – che, per la stagione sportiva 2008/2009, il contratto con l’A.S. Roma s.p.a. non ha avuto esecuzione, dato che egli, in realtà, per quella stagione, è stato tesserato per il Livorno Calcio. A fronte di tale deduzione, il sig. Manfredonia, nel corso del procedimento arbitrale, non ha provveduto ad alcuna specificazione contestazione (tantomeno dell’inimputabilità della condotta che la difesa del Calciatore dichiara che questi ha dovuto tenere nel contrarre la relazione col Livorno calcio) né ha operato alcuna emendatio della prima domanda, neppure in termini additivi e di cumulo condizionale con quella originaria, limitandosi esclusivamente a invocare l’applicazione dell’art. 132 comma1 n.4) c.p.c.13, quale novellato dall’art. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.69. Oggetto del presente giudizio è l’appello proposto dalla [Casa di cura], con atto di citazione notificato ai sensi della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale5° comma, del 3 marzo 2016Regolamento Agenti di calciatori. Ora, differita se è vero che ai sensi di tale norma “Il calciatore che concluda un contratto con una società senza l’assistenza del proprio Agente . . . è tenuto comunque . . . a corrispondere (a quest’ultimo) il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico . . .”, è pur vero, però, che questa disposizione deve essere coordinata con quella di cui all’art. 10, 5° comma, primo periodo, laddove è detto che “L’importo del compenso dovuto all’Agente . . . è calcolato in base al reddito lordo annuo del calciatore . . . secondo quanto risulta dal contratto sportivo depositato e ratificato”. Applicando il combinato disposto delle norme testé citate alla fattispecie in esame, si desume che il compenso per l’attività svolta dal sig. Manfredonia, fissato in termini percentuali nel contratto di mandato (“5% del corrispettivo annuo lordo del Calciatore risultante dal contratto di prestazione sportiva depositato”), rimane suscettibile, in considerazione della concreta e oggettiva alterità determinatasi tra la fattispecie normativa e quella effettiva, di venire calcolato piuttosto “in base al reddito lordo annuo del calciatore” che non in base al “corrispettivo annuo lordo del Calciatore risultante dal contratto di prestazione sportiva depositato”. Tuttavia, la parte promotrice dell’arbitrato, senza muovere contestazione specifica alla legittimità della determinazione del Calciatore di contrarre in favore del Livorno Calcio benché assertivamente presa in conseguenza dell’inadempimento dell’Agente, ha escluso in maniera concludente quanto univoca di voler esigere il credito derivante dal rapporto di agenzia in base a quest’ultimo titolo, quello determinato -cioè-, in relazione alla stagione sportiva 2008/2009, dall’avere il calciatore conseguito un reddito da prestazione sportiva con il Livorno Calcio diverso dal corrispettivo previsto dall’artnel contratto sportivo stipulato con l’A.S. Roma s.p.a., e poi sostanzialmente fattosi inefficace. 168bis comma5 c.p.cPertanto, la richiesta del ricorrente [pagamento di un compenso pari ad €. 35.810,48 sul corrispettivo lordo (€. 716.209,77) che il sig. Xxxx avrebbe potuto percepire, per la stagione sportiva 2008/2009, dall’A.S. Roma s.p.a.], quale alternativa che esclude - per la stessa prospettazione attorea- la diversa pretesa riferibile al 27 settembre 2016reddito effettivamente percepito dal resistente (aut aut), gravami entrambi proposti avverso non può essere accolta. Avendo il sig. Manfredonia escluso di avvalersi della diversa ragione della propria domanda e di prendere in qualunque modo (sive sive) le pertinenti conclusioni (anche)in ordine alla pretesa di pagamento del compenso costituito dalla frazione del corrispettivo annuo lordo previsto nel contratto di prestazione sportiva sottoscritto tra il sig. Rosi ed il Livorno Calcio, la sentenza n.2568/2015 domanda, l’unica qui proposta, non può trovare accoglimento. Ai fini della ratio decidendi qui divisata, peraltro, non appare rilevante alcuna delle questioni poste in ordine alla disciplina convenzionale della revoca del mandato senza giusta causa, né la disamina del preteso inadempimento dell’Agente in conseguenza del quale sarebbe stato concluso, senza l’assistenza del sig. Manfredonia, il contratto del sig. Rosi con il Livorno calcio per la s.s. 2008/2009. Le spese per assistenza difensiva, in considerazione del parziale accoglimento della domanda, sono compensate per 1/3, mentre la restante parte, in applicazione del principio della soccombenza, viene posta a carico del sig. Rosi, come per i diritti degli arbitri e del Tribunale Nazionale di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015, con cui era stato così statuito: il TribunaleArbitrato per lo Sport che invero interamente cedono essi pure a carico di quest’ultimo. Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversia.decide:

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Motivi della decisione. Nel presente giudizio l’attore lamenta la violazione dell’impegno assunto dalla F.P. con la lettera 28.4.2007 per la mancata sua nomina ad amministratore della E. s.r.l. e chiede il risarcimento dei conseguenti danni. La motivazione della presente sentenza viene redatta ai sensi dell’artdomanda così come formulata non è fondata e deve pertanto essere rigettata. 132 comma1 n.4) In primo luogo deve essere rigettata l’eccezione di incompetenza sollevata dalla convenuta F.P.. In applicazione degli art. 38, comma 2, 166, 171, comma 2 e 167, comma 2, c.p.c., successivamente alla entrata in vigore del decreto legge n. 35 del 2005, l'eccezione di incompetenza per territorio derogabile è tempestivamente proposta soltanto se contenuta nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione (Cfr. Cass. Sez. Un., 12 maggio 2008, n. 11657). Nel caso in esame la F.P. si è costituita alla prima udienza di comparizione fissata per il giorno 13.5.2009 con conseguente intempestività dell’eccezione proposta. Parimenti infondata deve ritenersi l’eccezione di nullità dell’accordo in esame in quanto attinente ad un diritto (la nomina di un amministratore) che non era nella disponibilità del singolo socio e perché contratto da soggetto che al momento della sottoscrizione non era ancora divenuto socio della società. In relazione al primo punto, sulla scorta della più recente giurisprudenza di legittimità che ha mutato il proprio precedente indirizzo, alcun dubbio può sorgere in relazione alla validità del patto parasociale avente ad oggetto l'espressione del voto nell'assemblea di una società per azioni, chiamata a nominare gli amministratori (cfr. sul punto specifico Cass. n. 14865 del 2001 e Cass. n. 6898 del 2010) tenuto conto che i patti parasociali sono accordi atipici volti a disciplinare, tra i soci contraenti ed in via meramente obbligatoria, i rapporti interni fra di essi e sono vincolanti esclusivamente tra le parti contraenti (cfr. sul punto Cass. n. 5963/08, Cass.n. 15963 del 2007). Sul punto appare del tutto condivisibile quanto statuito dalla Corte di Cassazione circa i patti di sindacato di voto non potendosi ritenere “legittimamente predicabile, al riguardo, né la circostanza che al socio stipulante sia impedito di determinarsi autonomamente all'esercizio del voto in assemblea, né quella che il patto stesso ponga in discussione il corretto funzionamento dell'organo assembleare (operando il vincolo obbligatorio così assunto non dissimilmente da qualsiasi altro possibile motivo soggettivo che spinga un socio a determinarsi al voto assembleare in un ceto modo), poiché al socio non è in alcun modo appunto, impedito di optare per il non rispetto del patto di sindacato ogni qualvolta l'interesse ad un certo esito della votazione assembleare prevalga sul rischio di dover rispondere del suo inadempimento” (Cass. n. 5963 del 2008). Quanto al secondo profilo sollevato, è parimenti noto che “Ai fini della configurazione di un patto parasociale non è essenziale che tutti i partecipanti rivestano la qualità di socio, nulla impedendo di considerare parasociale anche un patto concluso tra soci e terzi, ogni qual volta l'oggetto dell'accordo verta sull'esercizio da parte dei soci di diritti, facoltà o poteri loro spettanti nella società” (Cass. n. 15963 del 2007). Xxxxxx, alla luce della riferita giurisprudenza della Corte di Cassazione, alcun dubbio può sussistere in merito alla validità dell’impegno assunto dalla F.P. quale novellato futuro socio di maggioranza della E. senza contare che F.P. ha assunto la qualità di socia di maggioranza di E. a distanza di solo un mese dalla sottoscrizione dell’accordo. Nel merito tuttavia la domanda di accertamento, a fini risarcitori, dell’inadempimento dell’accordo assunto non può essere accolta tenuto conto del complessivo comportamento delle parti successivamente alla stipula dell’accordo stesso. Xx xxxxxx, nella delibera del 27.5.2005, contestuale all’atto con cui F.P. e il dott. A. tramite la propria fiduciaria – circostanza mai contestata dall’attore – e in adempimento alla lettera di intenti del 28.4.2005, sono divenuti soci della E. s.r.l., la fiduciaria, unitamente agli altri soci, ha votato la nomina a tempo indeterminato del consiglio di amministrazione e, in particolare, ha designato quale amministratore a sé riferibile R.P.. Xxxxxx, l’aver votato la nomina a tempo indeterminato di un amministratore riferibile alla propria quota di minoranza risulta incompatibile con la perdurante validità ed efficacia del patto che voleva la nomina dell’attore quale amministratore per il triennio 1.1.2007 – 31.12.2009. Al riguardo occorre evidenziare che non è vi è alcuna norma che sancisca la nullità delle nomine a tempo indeterminato degli amministratori, non potendosi in tal senso intendere il disposto di cui al secondo comma dell’art. 2383 c.c., norma peraltro formulata per le società per azioni e non richiamata dall’art. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.692475 c.c. Oggetto del presente giudizio in tema di società a responsabilità limitata. In fatto, poi, non vi è l’appello proposto alcuna formale richiesta di adempimento Non supporta la posizione di parte attrice quanto statuito dalla [Casa Corte di cura], con atto di citazione notificato ai sensi della legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] Cassazione con la comparsa di costituzione e risposta depositata sentenza n. 6898 del 2010 in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principale, del 3 marzo 2016, differita ai sensi di quanto previsto dall’art. 168bis comma5 c.p.c. al 27 settembre 2016, gravami entrambi proposti avverso la sentenza n.2568/2015 del Tribunale di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015, con cui era stato così statuito: il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente nel caso ivi esaminato la Corte ha ritenuto non condivisibile la pronuncia della Corte d’Appello laddove quest’ultima ha ritenuto che la pretesa avanzata presentazione di una lista di candidati alla carica di amministratori non comprendente il nome della persona indicata nel patto parasociale doveva intendersi equivalente ad una manifestazione tacita della volontà di recesso – in primo grado dalla [Casa una ipotesi in cui la convenzione di cura] voto era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. priva di (omissis), della somma un termine di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma scadenza. In relazione a tale pronuncia la Corte di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva Cassazione ha correttamente precisato che non si può far coincidere la tacita manifestazione di volontà di recesso dal patto con qualsiasi comportamento incompatibile con i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto vincoli derivanti dalla precedente adesione al patto medesimo perché ciò si porrebbe in antitesi con l’esigenze di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento rispettare il fondamentale principio di riallineamento dei dati esecuzione di contabilità generale e non buone fede del patto di sindacato. Xxxxxx, è evidente che il caso in esame è del tutto diverso atteso che il comportamento incompatibile con l’adempimento del patto è stato tenuto dalla stessa parte che ne lamenta la violazione, la quale, pur beneficiario di un sindacato di voto per la proprio nomina, ha successivamente votato la nomina a tempo indeterminato di altro soggetto designato quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti espressione del socio di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversiaminoranza.

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Motivi della decisione. La motivazione Preliminarmente va dichiarata la carenza di legittimazione passiva di G.R.T.N. (Gestore della presente sentenza viene redatta Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A., in quanto detta società è concessionaria dello Stato soltanto per l’attività di trasmissione e dispacciamento, nella qualità di fornitrice di energia elettrica, ad Enel Distribuzione S.p.A. Nessuna pronuncia può aversi quindi nei confronti di G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A. per la mancata somministrazione di energia elettrica a Enel Distribuzione S.p.A., mancando da parte di quest’ultima, unica titolata a farlo, una richiesta di essere garantita ex articolo 106 del Codice di Procedura Civile. L’azione intentata da parte attrice nei confronti di Enel Distribuzione S.p.A. presenta comunque i profili di responsabilità contrattuale, laddove si riferisce al contratto avente ad oggetto la somministrazione di energia elettrica, e di responsabilità extracontrattuale, laddove venga posta in evidenza la colpa della società convenuta nel non aver saputo né prevedere né evitare l’evento e le sue conseguenze dannose. E’ pacifico che il contratto posto in essere tra l’attore e Enel Distribuzione S.p.A. sia un contratto di somministrazione, regolato dagli articoli 1559 e seguenti del Codice Civile. L’essenza di tale contratto sta nell’obbligazione che il somministrante assume su di sé circa la fornitura di un servizio al somministrato insieme ai rischi della fornitura medesima, costituenti questi l’alea normale del contratto derivante dal proiettarsi delle prestazioni nel futuro (Cass. Civ. 11/07/1968 n. 2359). Inoltre, ai sensi dell’artdell’articolo 1218 del Codice Civile, il debitore che non esegue la prestazione dovuta è tenuta al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo sia derivato da impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile. 132 comma1 n.4L’impossibilità dell’adempimento, tuttavia, non si identifica con una semplice difficoltà ad adempiere ma con un’assoluta impossibilità oggettiva e soggettiva, il cui accertamento è riservato al giudice del merito (Xxxx. Civ. 10/01/2000 n. 170). Nel caso di specie non risulta che Enel Distribuzione S.p.A. abbia provato l’impossibilità della prestazione. Enel Distribuzione S.p.A. si è limitata ad affermare che nella giornata del 28 settembre 2003 la possibilità di somministrazione di energia elettrica è stata preclusa dalla mancata consegna di energia stessa da parte di G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) c.p.cS.p.A. Ma ciò non esonera da responsabilità Enel Distribuzione S.p.A. Difatti, il debitore che non possa eseguire la prestazione dovuta a causa del comportamento di un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio può invocare la conseguente impossibilità della prestazione come causa di esclusione della propria responsabilità soltanto se l’attività del terzo sia prevista come condizione (Xxxx. Civ. 10/02/1984 n. 1024). In sostanza, Enel Distribuzione S.p.A. non può usare G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) S.p.A. come paravento dietro il quale novellato dall’artdeclinare ogni responsabilità nei confronti del creditore. 45 comma17 legge 18 giugno 2009 n.69Spettando al debitore dimostrare di non aver potuto adempiere la prestazione cui fosse obbligato per causa a lui non imputabile, il debitore non può limitarsi a dedurre il fatto ostativo del terzo ma deve altresì dimostrare di avere impiegato la necessaria diligenza per rimuovere gli ostacoli frappostisi all’esatto adempimento (Cass. Oggetto Civ. 18/12/2002 n. 16211). Diversamente, il danno subito dal creditore resterebbe privo di tutela giuridica. Cosa ha fatto in concreto Enel Distribuzione S.p.A. per evitare che in casi del genere di quello di specie l’utente resti privo di energia elettrica? Enel Distribuzione S.p.A. avrebbe dovuto, ad esempio, provare di aver attivato impianti di riserva che, seppure antieconomici, devono essere sempre disponibili per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale. Il quadro che risulta da tale indagine dimostra che Enel Distribuzione S.p.A. non ha tenuto in alcun conto l’eventualità del verificarsi di un black-out. Enel Distribuzione S.p.A. non ha provato quindi che l’inadempimento della prestazione di somministrazione di energia elettrica non fu dovuto a causa a lei non imputabile. Quanto al danno arrecato all’utente, sulla sua esistenza e qualificazione, occorre tracciare un breve excursus. Pur tenendo presente giudizio la nota dicotomia tra il danno patrimoniale e il danno non patrimoniale, nel panorama giurisprudenziale e dottrinario italiano ed europeo si deve registrare una sempre crescente attenzione al valore della persona umana. I diritti della persona vengono tutelati in modo sempre più ampio dalle Carte dei Diritti Fondamentali sopranazionali. Basti citare, ad esempio, l’articolo 7 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 07 dicembre 2000, laddove è l’appello proposto scritto che “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”. Non esiste, è vero, il diritto alla felicità ma l’ampliamento del quadro dei diritti umani prospettato dalla [Casa Carta Europea pone in grande evidenza il diritto personale alla libertà spirituale, economica, politica, culturale, sessuale, professionale, di cura]relazionarsi socialmente agli altri, allo svago, ai divertimenti e a tutte le attività realizzatrici della personalità umana. Non di sola salute vive l’uomo! Ciò significa che oltre il danno patrimoniale e quello non patrimoniale (biologico e morale) esiste, all’interno del danno non patrimoniale, una nuova figura di danno che, senza intaccare il bene salute, sia meritevole di tutela perché trova fondamento nell’articolo 2 della Carta Costituzionale. Perché possa ravvisarsi il “danno esistenziale” occorre che sussistano le seguenti condizioni: a) violazione del diritto alla qualità della vita e/o alla libera estrinsecazione della personalità con modificazioni peggiorative della sfera personale del soggetto leso; b) ingiustizia del danno anche in base a presunzioni di legge; c) nesso di causalità; d) consecutività temporale tra comportamento lesivo; e) mancanza di danno biologico (Tribunale di Milano, 08/06/2000). L’individuazione per il danno esistenziale di una fonte normativa unitaria, rappresentata da un diritto radicato nell’articolo 2 della Carta Costituzionale, risulta perorata anche dalla Corte Suprema di Cassazione, la quale ha affermato che “non solo è il bene della salute a ricevere una consacrazione costituzionale sulla base dell’articolo 32 ma anche il libero dispiegarsi delle attività dell’uomo nell’ambito della famiglia o di altra comunità riceve considerazione ai sensi degli articoli 0 x 00” (Xxxx. Civ. 03/07/2001 n. 9009). Ecco dunque che non è soltanto il diritto alla serenità domestica, nel ristretto ambito della propria abitazione, ad essere violato ma anche la menomazione delle altre attività di svago, sociali e culturali, che solitamente si svolgono al di fuori dell’abitazione familiare e costituiscono corollario alla libera estrinsecazione della personalità che può essere lesa nell’ambito familiare e privato senza che insorga necessariamente una malattia psichica. Si ha allora danno esistenziale ogni volta in cui “si altera il diritto alla normale qualità della vita e/o alla libera estrinsecazione della personalità” (Corte d’Appello di Milano, 14/02/2003). Né possono essere sottaciute le recenti sentenze della Corte Suprema di Cassazione che riprogettano il sistema risarcitorio del danno alla persona, con atto speciale riferimento ai danni non patrimoniali. Xxxxx ricordate le sentenze nn. 7281, 7282 e 7283 del 12/05/2003, che hanno affermato la possibilità di citazione notificato ai sensi riconoscere i danni non patrimoniali anche nell’ipotesi di “colpa civilisticamente presunta”. Inoltre, le sentenze nn. 8827 e 8828 del 31/05/2003 ove viene trattato il nuovo assetto del danno non patrimoniale, risarcibile ex articolo 2059 del Codice Civile. A fondamento della nuova enunciazione viene posto non più l’articolo 185 del Codice Penale bensì l’articolo 2 della Carta Costituzionale che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Vi è quindi danno esistenziale laddove vengano lesi diritti inviolabili e non soltanto in sussistenza di fatti qualificati dalla legge 27 gennaio 1994 n.53 con atto spedito come reati. La prova del danno esistenziale si risolve nella violazione di un diritto inviolabile sicché la sanzione risarcitoria scaturisce dal fatto in data 5 novembre 2015 all’Azienda U.S.L. sé della lesione (“danno-evento”), indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (“danno-conseguenza”), come stabilito da Xxxx. 07/06/2000 n. 7713. Ma anche ove non si accedesse a tale tesi interpretativa, ben può il Giudicante fare ricorso a presunzioni e a nozioni di (omissis) ed a [Factor] e da entrambe tali parti ricevuto il 6 novembre 2015fatto che rientrano nella comune esperienza così come previsto dall’articolo 115, nonché l’appello incidentale proposto da [Factor] con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 11 febbraio 2016, rispetto all’udienza di vocazione in giudizio, da parte dell’appellante principalecomma secondo, del 3 marzo 2016Codice di Procedura Civile. Infatti si ritiene che la prova possa essere agevolata mediante il ricorso, differita in base al prudente apprezzamento del Giudicante, alle presunzioni, ai sensi fatti notori, alle massime di quanto previsto dall’artcomune esperienza, pur senza esonerare il danneggiato dall’onere di allegare i fatti e gli elementi concreti posti a fondamento della richiesta risarcitoria (Corte d’Appello di Milano, 14/02/2003). 168bis comma5 c.p.cNel caso di specie, appare innegabile che parte attrice, per la mancata erogazione di energia elettrica per oltre quindici ore, non abbia potuto attendere alle normali attività realizzatrici della persona umana. al 27 settembre 2016Tale impedimento integra senz’altro un danno di natura esistenziale che non può rimanere sprovvisto di tutela. La liquidazione del danno andrà quantificata in via equitativa, gravami entrambi proposti avverso facendo ricorso all’equità di tipo correttivo o integrativo, essendo particolarmente difficile la sentenza n.2568/2015 quantificazione del Tribunale danno nel suo ammontare (Cass. Civ. 18/11/2002 n. 16202). Il Giudice di (omissis), depositata il 21 ottobre 2015, con cui era stato così statuito: il TribunalePace del Mandamento di Salerno, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbitadecidendo, così provvede: rigetta la domanda proposta dalla [Casa di cura] e dalla [Factor] che condanna in solido al pagamento in favore dell’Azienda U.S.L. di (omissis) delle spese di lite che liquida in € 2.100,00 per compensi oltre accessori di legge. Osserva preliminarmente la Corte che la pretesa avanzata in primo grado dalla [Casa di cura] era relativa alla corresponsione, da parte dell’Azienda U.S.L. di (omissis), della somma di € 437.054,05, somma detratta dalla menzionata Azienda dalla complessiva somma di € 776.462,55, importo indicato nella fattura n.10582 del 30 giugno 2008, detrazione effettuata in base all’asserita comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’importo totale delle prestazioni per l’anno 2007, importo corrispondente ad € 9.126.048,70. Detta detrazione era stata contestata dalla società attrice, deducendosi che la Regione Lazio, con la nota in data 5 agosto 2008, aveva precisato che i dati inviati precedentemente alla Aziende Unità Sanitarie Locali erano ancora oggetto di ulteriori verifiche e dovevano pertanto essere utilizzati quali elemento di riallineamento dei dati di contabilità generale e non quale comunicazione della remunerazione effettiva spettante ai soggetti erogatori per l’anno 2007. Il contraddittorio era stato poi integrato nei confronti di [Factor], in quanto cessionaria del credito oggetto della controversia.:

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