Common use of Motivi della decisione Clause in Contracts

Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato La s.p.a. Fina Immobiliare ha rinunciato al ricorso, nei riguardi di Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxx, i quali hanno accettato. Limitatamente al rapporto tra tali parti, pertanto, deve essere dichiarata l'estinzione del processo e nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di Cassazione. Con l'unico motivo addotto a sostegno del ricorso, la società Fina Immobiliare rivolge alla sentenza impugnata due distinte censure, lamentando che erroneamente, ingiustificatamente e contraddittoriamente la Corte di appello ha ritenuto: che il preteso contratto, posto dagli originari attori a fondamento delle loro domande, fosse realmente tale, mentre il realtà si trattava di una semplice minuta priva di valore vincolante; che alle altre parti non fosse addebitabile alcun inadempimento, pur se avevano mancato di rinunciare, come si erano impegnate, al ricorso da loro presentato al Tribunale amministrativo regionale della Campania, per ottenere l'annullamento della concessione edilizia in base alla quale era in corso di realizzazione il complesso turistico e sportivo in questione. Nessuna di queste doglianze può essere accolta. Relativamente alla prima, va rilevato che il giudice a quo non ha affatto contestato, in diritto, i noti principi costantemente enunciati nella giurisprudenza di legittimità in tema di "minuta o puntuazione" (v. docv., oltre al più remoto precedente richiamato sia nel ricorso sia nella sentenza impugnata, da ultimo, Xxxx. 1 attoreo) 16 luglio 2002 n. 10276, 13 maggio 1998 n. 4815, 22 agosto 1997 n. 7857), principi che la società Fina Immobiliare gli addebita di aver ignorato. Invece, proprio facendone applicazione, è pervenuto alla conclusione, in data 16/03/2004 *** *** fatto, che con la scrittura del maggio 1986 le parti avevano inteso concludere una transazione con effetto immediato, non in funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, bensì con volontà attuale di accordo contrattuale. Si verte, dunque, nel campo di valutazioni prettamente di merito, insindacabili in questa sede se non sotto il profilo dell'omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Ma da questi vizi la sentenza impugnata è del tutto immune, poichè la Corte di appello ha concluso dato conto adeguatamente delle ragioni della decisione sul punto, osservando che "nel caso in esame, non ricorrevano particolari ragioni di rilevanza principale o di dettaglio che esulassero dall'essenzialità ormai raggiunta la quale risiede nel fatto che le parti interessate, come si legge nella scrittura, intesero definire nella sua interezza la vertenza amministrativa, l'una costituendo vincoli reali a favore dell'altra e assumendo gli ulteriori patti in narrativa, l'altra rinunciando a far valere le proprie ragioni", sicchè "la reciprocità delle concessioni è, quindi, manifesta e non da adito a dubbi nel riconoscere perfezionatosi non già un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato impegno 'in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***itinerè, attraverso una semplice bozza, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles un vero e proprio regolamento definitivo per iscritto". A tali argomentazioni, esaurienti e logicamente coerenti, la ricorrente ha opposto che invece "erano diversi i punti ancora non definiti, ovvero non perfettamente definiti", ma questa affermazione, tanto perentoria quanto generica, non può certamente giustificare una pronuncia di Cassazione della sentenza impugnata. Nè si può tenere conto delle diffuse deduzioni svolte nella memoria della società Fina Immobiliare, circa le carenze della scrittura in questione, che dimostrerebbero il suo carattere di semplice "minuta": si tratta, infatti, di precisazioni tardive, contenute in un atto con il quale non è consentito non solo formulare nuovi motivi di ricorso, ma neppure specificare, integrare o ampliare quelli originariamente proposti (soggetto risultato inesistentev., per tutte, Cass. 7 luglio 2003 n. 10683). La Una volta stabilita l'"esistenza giuridica del contratto, che...deve ritenersi venuto in essere", ineccepibilmente la Corte di appello ha poi escluso che il contrario risultasse dal comportamento successivo delle parti, da cui secondo la società Fina Immobiliare doveva desumersi che esse avevano inteso dare luogo a fronte del versamento una mera "puntuazione". Si resta nell'ambito di un contributo apprezzamento eminentemente di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo merito e congruamente motivato, che invano la ricorrente pretende di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato censurare in sede di trattative legittimità, insistendo nel sostenere che la mancata formale rinuncia al ricorso amministrativo, da parte dei Minozzi, Xxxxxx ed Xxxxxx, dimostrava che una vera e poi trafuso nel contratto circa propria transazione non era stata conclusa. Infine, è palesemente ininfluente - sicchè non occorreva che il fatto che si trattasse giudice di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa appello la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo prendesse in particolare emerso dalla istruttoria orale considerazione - la circostanza che il documento non fosse stato firmato da tutti coloro che avevano adito il Tribunale amministrativo regionale: la stessa società Fina Immobiliare aveva riconosciuto in buona sostanza quella sede - e ha ribadito in questa - che i sottoscrittori avevano "la tanto reclamizzata consolidata rete rituale veste di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attoremandatari degli assenti", da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliatinè si può aderire, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato perchè contrasta con il provvedimento disposto dell'art. 1392 cod. civ., alla tesi secondo cui "la qualità di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che mandatario non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta che derivare dal conferimento di idonea procura generale o speciale ricevuta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;Notaio".

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. docI ricorsi vanno, anzitutto, riuniti ai sensi dell'articolo 335 cod. 1 attoreoproc. civ. perche' proposti contro la medesima sentenza. Con il primo di quello principale, il Ba., deducendo violazione degli articolo 112 cod. proc. civ., si duole che la sentenza impugnata non abbia rilevato l'inammissibilita' dell'appello del comune laddove contestava l'avvenuto affidamento dell'incarico per iscritto, che non poteva ricavarsi dalla ricordata Delib. n. 19 del 1986, senza considerare che il Tribunale l'aveva fondata anche sui contratti di appalto intercorsi tra il comune e diversi appaltatori; e che tale ratio decidendi non era stata impugnata dall'ente pubblico. Per converso, il comune di Rosa', con il primo motivo del ricorso incidentale, deducendo violazione del Regio Decreto n. 2440 del 1923, articoli 16 e 17, nonche' del Regio Decreto n. 383 del 1934, n. 383 e dell'articolo 1350 c.c., comma 1, addebita alla sentenza impugnata di avere individuato nella menzionata Delib. n. 19 del 1986 e nella lettera di incarico del sindaco il contratto per iscritto richiesto dalla menzionata normativa, senza considerare: a) che la delibera, come confermato dalla c.t.u., riguardava i lavori sugli impianti termici, mentre la parcella era stata richiesta per i lavori relativi agli edifici nel loro complesso; b) che mancava comunque la convenzione contestualmente sottoscritta dalle parti richiesta dalla menzionata normativa, e contenente gli elementi identificativi del rapporto, non rinvenibili neppure nella missiva 28 agosto 1987, priva di qualsiasi specificazione sia in ordine all'attivita' da svolgersi, sia in ordine al compenso pattuito. il collegio ritiene priva di fondamento la censura del professionista e che debba, invece, accogliersi quella contrapposta dell'amministrazione comunale. E', infatti esatto che con riguardo ad una sentenza di primo grado che si articoli in una pluralita' di statuizioni autonome e distinte/ l'atto di gravame, il quale, pur con riferimento generico all'intera pronuncia, contenga in concreto censure specifiche solo contro alcune di dette statuizioni, non consente al giudice d'appello di prendere in esame le altre. Ma nel caso concreto la decisione di primo grado contiene una statuizione unica in merito alla avvenuta conclusione tra le parti di un contratto d'opera professionale, che ha dichiarato sussistente e ricavato da una duplice risultanza istruttoria, costituita sia dalla Delib. n. 19 del 1986, di incarico al professionista, sia dai menzionati contratti di appalto stipulati dall'ente pubblico (con terzi) : considerati "egualmente idonei a comprovare l'affidamento dei vari incarichi" al Ba.; per cui non si tratta di diverse ed autonome rationes decidendi, bensi' di molteplicita' di elementi istruttori acquisiti che il giudice in conformita' al disposto dell'articolo 116 cod. proc. civ., ha collegato e valutato congiuntamente onde giustificare il convincimento cui e' pervenuto. E d'altra parte al comune era data la facolta' di contestare specificamente la ritenuta valenza di ciascuno di essi, cosi' come di contrapporvi una o piu' argomentazioni idonee ad incrinarne il fondamento logico-giuridico; e comunque di assumere una posizione difensiva assolutamente incompatibile con la rilevanza probatoria agli stessi attribuita dalla sentenza di primo grado, cosi' implicitamente escludendola in relazione a tutti: cosi' come l'ente pubblico ha fatto allorche' ha contestato nell'atto di appello la conclusione "fra il comune di Rosa' ed il p.i. Ba. Li. di un contratto d'opera professionale, mancando una convenzione sottoscritta da entrambe le parti"; ed ha percio' escluso in radice che un tal negozio fosse configurabile in presenza di risultanze diverse da essa, quali che esse fossero - deliberazioni di Giunta, contratti tra il comune ed i terzi, o altro ancora - richiedendo comunque un accordo direttamente stipulato tra le parti ed avente per oggetto proprio l'incarico professionale di cui alla Delib. di Giunta n. 19 del 1986. Detta impugnazione, cosi' formulata era altresi' fondata, in quanto la decisione impugnata, a differenza del Tribunale non ha piu' mostrato di dubitare della regola secondo la quale i contratti con i quali le pubbliche amministrazioni - e, pertanto, anche i Comuni -conferiscono incarichi professionali devono essere redatti in forma scritta a pena di nullita' (Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2240, articoli 16 e 17, richiamato per i comuni dal Regio Decreto 3 marzo 1934, n. 383, articolo 87) e devono essere tradotti in documenti formati allo scopo di consacrare la manifestazione della volonta' negoziale; e neppure del conseguente principio che a tal fine e' irrilevante l'esistenza di una deliberazione dell'organo collegiale dell'ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico al professionista, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stesso e dal professionista: anche perche' detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti di quest'ultimo, ma un atto con efficacia interna all'ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volonta' all'esterno e carattere meramente autorizzatorio. E conserva percio' piena autonomia - logica e giuridica - rispetto alla successiva (e solo eventuale) attivita' negoziale esterna dell'ente pubblico, la quale: a) deve "tradursi" nella stipulazione documentale del contratto di opera professionale secondo le disposizioni comuni degli articolo 1325 e 1350 cod. civ., n. 13; b) e' peraltro di competenza di un organo diverso (dalla Giunta), che per i comuni la stessa decisione riconosce essere il sindaco; c) comporta conseguentemente che e' soltanto detto atto contrattuale Quello di cui la menzionata normativa richiede la contestuale sottoscrizione del sindaco, n.q. di rappresentante legale dell'ente e del professionista (Da ultimo, Cass. 19670/2006; 11930/2006; 4635/2006; 1702/2006; 24826/2005); e che il contratto suddetto non puo' essere desunto per implicito da fatti o atti piu' o meno indicativi della volonta' dell'ente pubblico al riguardo, soprattutto se inerenti a rapporti tra quest'ultimo ed i terzi, cui sia rimasto estraneo il professionista: come e' avvenuto per i menzionati contratti di appalto stipulati dal comune di Rosa' con terzi appaltatori, che percio' del tutto correttamente la Corte di appello ha omesso di prendere in considerazione. La decisione impugnata invece ha ritenuto di trarre la prova della sussistenza di detto contratto da una lettera in data 16/03/2004 *** *** 28 febbraio 1986, sottoscritta dal sindaco che informava il Ba. della Delib. Giunta n. 19 del 1986, lo invitava a prendere gli opportuni accordi con l'Ufficio tecnico e l'Assessorato dei L.P. e gli affidava formalmente l'incarico deliberato dalla Giunta; nonche' dalla successiva corrispondenza intercorsa tra le parti che confermava la loro volonta' di dar vita al suddetto rapporto contrattuale (cui il ricorrente aveva gia' cominciato a dare esecuzione). Ma cosi' argomentando non ha considerato che la missiva, come trascritta dalla sentenza, non conteneva la disciplina essenziale del rapporto professionale che avrebbe dovuto intercorrere con il Ba. e soprattutto delle competenze e degli onorari che avrebbero dovuto essergli corrisposti per l'opera da prestare: in conformita' del resto ai principi ripetutamente enunciati da questa Corte per cui detto contratto deve tradursi, a pena di nullita', nella redazione d'un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'Ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili specifiche e puntuali determinazioni in ordine sia alla prestazione da rendere sia al compenso da corrispondere. E non e' percio' ravvisabile non solo nella deliberazione con la quale l'organo collegiale dell'Ente abbia autorizzato il conferimento dell'incarico al professionista, ma neppure ed a maggior ragione, nella lettera con la quale il rappresentante esterno dell'Ente porti a conoscenza del professionista tale intervenuta deliberazione (Cass. 8613/2007; 7962/2003) : trattandosi comunque di atti del procedimento pubblicistico gia' evidenziato, che restano nella sfera della sola amministrazione, ed il cui svolgimento e' preordinato a consentire la futura attivita' contrattuale. Al quale, percio', in base alla normativa avanti ricordata rimane del tutto estranea ed indifferente l'eventuale adesione del professionista in qualsiasi forma espressa (Cass. 7353/2005; 3042/2005; 14570/2004). D'altra parte, il collegio deve ribadire ancora una volta che la legge sulla contabilita' generale dello Stato, cui si richiamano le norme in tema di contratti degli enti locali, consente che, ferma restando la forma scritta, il contratto possa essere concluso a distanza, a mezzo di corrispondenza, quando esso intercorra con ditte commerciali (articolo 17, ultima previsione Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2240, richiamato dal Regio Decreto 3 marzo 1934, n. 383, articolo 87); ma detta ipotesi costituisce una deroga rispetto non soltanto alla regola contenuta nel precedente articolo 16, ma anche a quella posta dallo stesso articolo 17 per cui "i contratti a trattativa privata, oltre che in forma pubblica amministrativa nel modo indicato al precedente articolo 16, possono anche stipularsi per mezzo di scrittura privata firmata dall'offerente e dal funzionario rappresentante l'amministrazione". Sicche', essa non e' prospettabile a sua volta come regola generale per cui in qualsiasi contratto della p.a. la forma scritta ad substantiam deve ritenersi osservata quando il consenso si formi in base ad atti scritti successivi che si atteggiano come proposta ed accettazione tra assenti, ma e' invocabile soltanto in quei negozi in cui, per esigenze di praticita', la definizione del contenuto dell'accordo e' rimessa all'"uso del commercio", sia per quanto concerne i prezzi, che le modalita' di consegna (Cass. 2067/2003; 2832/2002; 13628/2001; 9682/1999). E fra di essi non rientra sicuramente il conferimento di incarichi professionali il quale, come affermato da questa Corte, con ormai numerose decisioni, postula, invece, accordi specifici e complessi, che richiedono la definizione dei vari aspetti del rapporto (tempi, compensi corrispondenti agli impegni di spesa assunti dall'ente, direttive), soprattutto al fine di rendere possibili i controlli istituzionali dell'autorita' tutoria. Sicche' per tali contratti non solo deve escludersi che la manifestazione di volonta' delle parti possa essere implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi, ma deve ritenersi che, salvo le ipotesi in cui specifiche norme lo consentano, il contratto deve essere consacrato in un unico documento nel quale siano specificamente indicate le clausole disciplinanti il rapporto (cass. 10123/2007; 8950/2006; 19638/2005; 22973/2004; 22107/2004). Xxx' anche perche' la delibera della Giunta e la missiva del sindaco che ne da' comunicazione al professionista possono non tradursi in un contratto denominato definitivo, o subire modifiche e dar luogo ad un contratto non avente il medesimo contenuto; e d'altra parte sono soltanto le peculiari pattuizioni di “affiliazione commerciale” quest'ultimo a costituire il momento genetico ex articolo 1372 cod. civ., dei diritti e delle obbligazioni di ciascuna delle parti, (coincidano o meno con quelle previste dallo schema), a consentire l'identificazione dello specifico contenuto negoziale che è incontestato diverra' oggetto dei controlli dell'autorita' tutoria, nonche' i criteri di liquidazione del compenso. Altrimenti verificandosi la situazione ricorrente proprio nel caso concreto in giudizio essere intercorso cui la Corte di appello ha accertato che la delibera di Giunta del 1986 (e la comunicazione del Sindaco) avevano affidato al Ba. (e ad altro professionista) l'attivita' necessaria al conseguimento del solo certificato prevenzione incendi, per un compenso complessivo di lire 14.000.000; che con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***successiva lettera del 28 agosto 1997, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento il Sindaco vi aveva aggiunto anche la progettazione di un contributo di affiliazione ha concesso impianti elettrici ed altri manufatti per la quale il ricorrente aveva chiesto al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; Consiglio dell'Ordine professionale la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza liquidazione di una “rete prima parcella; ed infine che ne aveva ottenuto una seconda (per un compenso complessivo di lire 81.529.080) per l'attivita' di direzione dei lavori svolta, estranea anche all'incarico indicato in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatoquest'ultima missiva, per la commercializzazione quale la sentenza impugnata ha finito per riconoscere che non sussisteva tra le parti alcun contratto per iscritto. Senza considerare, infine, che il compenso per il secondo e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" terzo incarico, costituenti l'oggetto di questo giudizio, verrebbero determinati, proprio come dimostra il xxx è stato affiliato decreto ingiuntivo ottenuto dal ricorrente, successivamente all'espletamento dell'attivita' professionale, ed unilateralmente dal professionista con il sistema della presentazione della parcella. Laddove il legislatore fin dal Testo Unico appr. con Decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1934 ha posto con gli articoli 284 e segg. una serie di disposizioni dal carattere imperativo, rivolte ad una rete impedire che l'ente pubblico territoriale assuma un'obbligazione senza conoscere preventivamente il suo contenuto e l'ammontare della relativa spesa, e senza determinare fin dal momento del perfezionarsi della sua volonta' a contrarre, se e come farvi fronte; e poi recepite nell'ordinamento degli enti locali sia dalla Legge n. 142 del 1990 che dal successivo Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per cui le Sezioni Unite della Corte hanno recentemente affermato che il loro comune principio ispiratore e' l'intendimento di assicurare la regolarita', e soprattutto l'equilibrio economico e finanziario degli enti locali; e che questi obiettivi sono perseguiti in allora inesistente ( e funzione di un rilevante interesse pubblico al buon andamento di dette amministrazioni, in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative certezza e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa trasparenza che ha ormai fondamento costituzionale (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreoarticolo 97), con maggiorazione si' da indurre il legislatore ad attribuire carattere imperativo alle norme finalizzate alla sua tutela: non a caso sanzionate dalla previsione di interessi nullita' testuali (Cass. 13831/2005; 12185/2005). Assorbiti, pertanto gli altri motivi del ricorso principale e di quello incidentale, fondati tutti sul presupposto che tra le parti sia intercorso un valido rapporto contrattuale, il collegio deve cassare la sentenza impugnata in relazione al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldomotivo accolto e decidere nel merito ai sensi dell'articolo 384 cod. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettantiproc. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno civ., posto che non può sic et simpliciter esser ricondotto e' necessario svolgere altra istruttoria. Le domande del Ba. vanno pertanto respinte ed il ricorrente, in aderenza al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizioprincipio legale della soccombenza, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo condannato al pagamento delle spese dell'intero giudizio che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civliquidano come da dispositivo. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;P.Q.M.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato 1. - Col primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 36 c.p.c. (v. docex art. 1 attoreo) 360 c.p.c., n. 4), nonchè il vizio di motivazione della medesima (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello omesso di dichiarare l'inammissibilità della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta dalla Pa., nonostante l'insussistenza delle condizioni prescritte dall'art. 36 c.p.c., ai fini del simultaneus processus. La censura non è fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v'è ragione di discostarsi, la relazione tra domanda principale e domanda riconvenzionale, ai fini dell'ammissibilità di quest'ultima, non va intesa in senso restrittivo, nel senso che entrambe debbano dipendere da un unico ed identico titolo, essendo invece sufficiente che fra le contrapposte pretese sia ravvisabile un collegamento obiettivo, tale da rendere consigliabile ed opportuna la celebrazione del simultaneus processus, a fini di economia processuale ed in data 16/03/2004 *** *** applicazione del principio del giusto processo di cui all'art. 111, primo comma, Cost. (Cass., Sez. 3, n. 27564 del 20/12/2011). Anche un titolo non dipendente da quello fatto valere dall'attore a fondamento della sua domanda può valere a rendere ammissibile la domanda riconvenzionale, purchè sussista con detto titolo un collegamento oggettivo che giustifichi l'esercizio, da parte del giudice, della discrezionalità che può consigliare il simultaneus processus (Cass., Sez. 3, n. 15271 del 04/07/2006; Sez. 2, n. 8207 del 07/04/2006). Nella specie, il giudice di merito ha concluso un contratto denominato ritenuto opportuno il simultaneus processus in ragione dell'indubbio collegamento obiettivo tra la domanda dell'attore e quella della convenuta, che sono entrambe relative al medesimo bene immobile, essendo la pretesa dell'uno collegata a quella dell'altro. Trattasi di “affiliazione commerciale” valutazione discrezionale, che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte riservata all'apprezzamento discrezionale del versamento giudice di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto merito e non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato sindacabile in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” legittimità (v. doc.3) e circa la titolarità Cass., Sez. 1, n. 24684 del vantato marchio04/11/2013; la Autorità Garante della Concorrenza e Sez. 2, n. 4696 del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo12/05/1999), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato I tre motivi di ricorso, fra loro intimamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Con il primo il ricorrente - denunciata la violazione e la falsa applicazione dell'art. 769 c.c.: nonché l'insufficiente e contraddittoria motivazione—sostiene che la convenzione del 29 dicembre 1968, stipulata in relazione all'art. 10, 5° comma, L. 6 agosto 1967. n. 765, al fine di superare il divieto del rilascio della licenza edilizia in carenza delle opere di urbanizzazione primaria e di assicurare la realizzazione dell'urbanizzazione, non possa configurarsi come donazione, mancando l'animus donandi. Con il secondo il ricorrente - denunciata la violazione dell'art. 10. 5 comma. L. 6 agosto 1967, n. 765, in relazione all'art. 24 L. urb. 17 agosto 1942, n. 1150, e degli artt. 1362 ss. c.c. - censura la decisione impugnata per aver ritenuto che il terreno fosse stato ceduto nell'interesse esclusivo del Comune, senza alcun riferimento alla costruzione da realizzare sull'area contigua, in quanto corrispettivo della cessione sarebbe stata la concessione della licenza edilizia. Con il terzo il ricorrente denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo che la convenzione fosse volta a consentire la costruzione del fabbricato sul terreno limitrofo. La censura, articolata nei riassunti motivi, è fondata. La Corte d'appello ha configurato la convenzione del 29 dicembre 1968. con la quale la società Poligono ha ceduto al Comune di Milano l'area oggetto di disputa al fine di poter costruire sul terreno contiguo di sua proprietà, come una donazione (v. doc. 1 attoreo) nulla per mancanza di forma), pervenendo - attraverso una non corretta interpretazione della volontà negoziale ed un inadeguato svolgimento motivazionale - alla conclusione che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso nella convenzione ricorressero tutti i requisiti sostanziali di un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***negozio liberale (il depauperamento del donante, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistentel'arricchimento del donatario e l'animus donandi). La Corte del merito, nel suo orientamento, ha tratto conforto dalla decisione n. 152 del 25 maggio 1973 della Corte suprema (Foro it.. Rep. 1973, voce «Edilizia ed urbanistica», n. 441) la quale - in una fattispecie non inquadrabile nello schema paradigmatico della cessione gratuita prevista dal 5° comma dell'art. 9 L. 6 agosto 1967, n. 765 (che ha sostituito l'art. 28 L. urb. 17 agosto 1942, n. 1150), in quanto si trattava di una convenzione anteriore alla cennata previsione legislativa e non attinente alla realizzazione di opere di urbanizzazione - escludendo che potesse qualificarsi come atto a titolo oneroso l'impegno assunto con atto scritto da un privato di trasferire al Comune un'area da destinare a giardino pubblico quando non risultasse una controprestazione del Comune, non sembra utilizzabile ai fini della risoluzione della diversa fattispecie giuridica oggetto del presente dibattito giudiziale. E poiché, nel caso di specie, la cessione dell'area da parte della società Poligono al Comune di Milano è intervenuta (pr la clausola. n. 3A della convenzione) in relazione all'art. 10, 5° comma, L. 6 agosto 1967, n. 765, e cioè in funzione del superamento del divieto di rilasciare licenze edilizie in difetto di opere di urbanizzazione primaria e dell'obbligo del privato di assicurare la realizzazione dell'urbanizzazione, è alla luce della suddetta normativa che deve porsi il problema della qualificazione giuridica del negozio stipulato tra le parti. Il comma 5 del cit. art. 10 prescrive che la concessione della licenza edilizia è subordinata in ogni caso all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione della loro attuazione entro un triennio da parte del Comune ovvero all'impegno dei privati di procedere alla loro realizzazione contemporaneamente alle costruzioni. Nella specie, la società Poligono, che aveva ottenuto il 28 maggio 1968 la licenza edilizia, dalla quale doveva considerarsi decaduta a norma dell'art. 7 del regolamento edilizio comunale di Milano per non avere iniziato entro il semestre le opere di costruzione non potendo procedere alla edificazione per mancanza nella zona delle opere di urbanizzazione primaria (inerenti alla viabilità, al sistema idrico e fognario, all'illuminazione, ecc.) - si è impegnata alla cessione gratuita dell'area (su cui è stata realizzata la strada prevista dal piano regolatore particolareggiato) in cambio dell'assunzione dell'obbligo da parte del Comune della concessione di una nuova licenza edilizia, mai intervenuta a causa dell'adozione da parte del consiglio comunale di una variante al piano regolatore, comportante la destinazione del terreno della società a fronte verde pubblico. E poiché, in conseguenza di ciò, la società Poligono ha chiesto (con la domanda di risarcimento dei danni) la risoluzione della convenzione per colpa del versamento Comune, per avere questo apportato una modifica al piano regolatore che non consente l'utilizzazione edilizia del suolo di sua proprietà, è con riferimento alla normativa dettata dagli artt. 8 e 10 L. 6 agosto 1967, n. 765 ed alla delineata situazione di fatto, che va determinata la natura giuridica della convenzione intervenuta fra le parti, al fine di stabilire la tutela accordata dall'ordinamento in ordine alle situazioni giuridiche soggettive da essa derivanti. Il problema che, quindi, si pone - in presenza non di un contributo animus donandi, ma dell'intento di affiliazione ha concesso ottenere, in corrispettivo della cessione gratuita, il rilascio di una nuova licenza edilizia - è se la convenzione, con la quale il privato procede alla cessione gratuita di un terreno al xxxx Comune al fine di consentire a questo la realizzazione di una strada (opera di urbanizzazione primaria) e di ottenere la licenza edilizia in ordine ad un fabbricato da realizzare su un suolo contiguo nel rispetto dell'art. 10, 5° comma. Legge n. 765 del 1967 (sostitutivo dell'art. 31 Legge urbanistica n. 1150 del 1942), debba, anziché sussumersi nell'ambito del modello negoziale della donazione, ricomprendersi nella categoria giuridica delle convenzioni urbanistiche. Le convenzioni urbanistiche – la cui utilizzazione è stata determinata, in principi soprattutto da motivi di carattere economico - hanno origini remote (nota particolarmente è quella intervenuta il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; 2 marzo 1878 fra la società ha dichiarato per il risanamento ed il Comune di essere titolare Napoli per la bonifica di alcuni rioni). Verso la fine del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e secolo scorso a causa degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre inadeguati risultati conseguiti in virtù dell'applicazione della L. 25 giugno 1865 n. 2359 sulla espropriazione per pubblica utilità, il cui schema rigidamente autoritativo consentiva la realizzazione dell'interesse pubblico soltanto mediante l'impiego di mezzi amministrativi, il fenomeno ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati notevoli proporzioni. Lo strumento giuridico prevalente usato è stato il cosiddetto accordo espropriativo amichevole, inteso ad evitare, nel procedimento ablatorio, le lungaggini dovute alle formalità dell'espropriazione. Con tale congegno i privati cedevano determinate aree ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza Comuni al fine di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profiliottenere, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza oltre che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005certezza sull'assetto urbanistico, la richiesta concessione della licenza di registrazione costruzione. Trattavasi di cosiddetti contratti ad oggetto pubblico, sostitutivi di (del 15.12.2004 successiva dunque al contrattofasi di) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;procedimenti amministrativi.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doci.- Con atto di citazione ritualmente notificato il 18 marzo 2016 G. C. evocava in giudizio I. P. s.r.l. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso avanti il Tribunale di Verona e premettendo di aver stipulato con la stessa un contratto denominato preliminare di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento compravendita di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender immobile versando caparra e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessoriacconti; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza rilevando che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della convenuta si era resa inadempiente non essendo pervenuta alla stipula del contratto definitivo entro il termine essenziale pattuito, nonostante la diffida, chiedeva la condanna alle restituzioni ed al versamento del doppio della caparra oltre ai danni. Si costituiva I. P. s.r.l. esponendo che il prezzo concordato per la compravendita era di. 180.000; che alcun accordo era intervenuto col C. per le modifiche sicché la domanda risarcitoria non esisteva alcuna nessuna rete avrebbe potuto essere accolta; che il C. aveva commissionato lavori per. 10.000 oltre ad iva e dei quali chiedeva il pagamento oltre all' indennità di affiliatioccupazione stante l' utilizzo del bene, oltre a spese e oneri; che mancava la valida diffida e che essendo risultato stata esercitata l' azione di recesso con la richiesta del doppio della caparra la domanda al risarcimento dei danni ulteriori non avrebbero potuto essere raccolta. Eccepiva l' inesistenza del termine essenziale del contratto; assumeva la mancata cooperazione da parte dell' attore per la scelta del notaio; l' inesistenza del contenuto minimo della diffida e chiedeva il xxxx rilascio nonché l' indennità ed il primo affiliatopagamento degli interventi ed altri oneri. Non risulta Eccepiva anche il mancato esperimento del tentativo di mediazione. Assegnati i termini per memorie, poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005dimesse, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della societàcausa veniva istruita documentalmente e con apposita c.t.u.. Era quindi rimessa alla decisione. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;Le parti dimettevano gli scritti conclusivi.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato 1) Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando l'erronea interpretazione e la mancata applicazione dell'art. 2744 c.c., deducono che, alla luce dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza, nella specie deve ritenersi la sussistenza del dedotto patto commissorio. Dalla documentazione acquisita, infatti, si evince chiaramente che le somme considerate come prezzo della vendita costituivano, in realtà, una serie di prestiti, effettuati da Xx.Xx. (v. docanche per mezzo di società a lui riconducibili) al F. , e successivamente restituiti a mezzo assegni e titoli cambiari da quest'ultimo e dalla sua società (Cisat Italia) al Po. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società vendita, pertanto, costituiva la garanzia per la restituzione dei crediti; tanto che il F. veniva lasciato nella piena disponibilità dell'immobile, a fronte dimostrazione del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso fatto che al xxxx Po. (ergo, alla P.O.F.) nulla interessava dell'immobile, essendo la causa negoziale la restituzione dei debiti e non la compravendita. Con il diritto non esclusivo di vender secondo motivo i ricorrenti denunciano l'erronea interpretazione e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 mancata applicazione dell'art. 1418 c.c.. Deducono che, mentre nell'art. 2 del contratto e negli allegati facenti di compravendita il prezzo, indicato in lire 190.0000.000, viene dichiarato "completamente quietanzato" alla data del rogito, viceversa la scrittura di chiarimento evidenzia che ciò non è, in quanto, oltre a condizionare il pagamento di una quota parte del prezzo ad eventi futuri e incerti, rateizza il residuo importo di lire 52.940.536 in una prima rata di lire 10.000.000 e in successive rate mensili di lire 5.000.000 ciascuna. Sostengono che tale discrasia rende nullo il contratto, destituendo di verità la dichiarazione di quietanza e dimostrando, quindi, che il contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete non si è mai perfezionato. Con il terzo motivo, articolato in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con due censure, i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profiliricorrenti lamentano l'omessa, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazioneinsufficiente o contraddittoria motivazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza primo luogo (3.1.), sostengono che la tanto reclamizzata consolidata rete Corte di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non Appello ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore erroneamente interpretato le somme corrisposte contenute nella scrittura di chiarimento come imputabili ad un prezzo per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative intero definito e quietanzato, e di inadempimenti conseguenza estranee ad un patto commissorio. Affermano, infatti, che alcune voci imputate costituiscono un accadimento futuro e incerto. Le stesse, pertanto, non potevano costituire semplici rate di tal gravita avuto riguardo alle finalità pagamento, e all'equilibrio il giudice di interessi perseguito con merito non poteva attribuire ad esse il contratto - quello semplice valore di far entrare delegazione di pagamento. In secondo luogo (3.2.), i ricorrenti deducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo comodato concesso ai simulati alienanti costituisce indice evidente dello scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;garanzia perseguito dalle parti.

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Samples: Contratto E Inadempimento

Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc1. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società ricorrente, per sostenere la giurisdizione del giudice italiano, afferma che essa ha esercitato un'azione di responsabilità extracontrattuale conseguente alla serie di atti fraudolenti commessi in suo danno dalle parti convenute, le quali, senza distinzione tra i diversi rapporti posti in essere, hanno leso non solo e non tanto i singoli diritti nascenti dai contratti, ma il generale principio del neminem laedere. Alla stessa conclusione si perviene considerando distintamente le posizioni dei convenuti. Con riferimento a fronte SK, Xxxxxxx e Xxxxx, l'azione giudiziaria trova fondamento nella figura del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso dolo del terzo prevista dagli artt. 1439, secondo xxxxx, e 1440 c.c.: in relazione al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; rapporto contrattuale tra la società attrice e Xxxx, infatti, il doloso comportamento tenuto dai detti tre convenuti si configura come lesione del credito da parte del terzo che dà origine ad una responsabilità extracontrattuale. Analoghe argomentazioni valgono per la Beko, la cui responsabilità consiste nell'avere partecipato al disegno doloso ed il cui comportamento ha dichiarato di essere titolare causalmente contribuito alla lesione del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(vsocietà attrice. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa Per la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profiliBeko, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato inoltre, con riferimento al marchio vantato contegno da essa serbato nella fase delle trattative, è configurabile un profilo di responsabilità precontrattuale per avere essa taciuto l'incongruità dell'offerta presentata dalla Commerfin. Inquadrata in ambito aquiliano l'azione promossa dalla ricorrente, la giurisdizione del giudice italiano si individua sulla base dell'art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles del 1968 (giudice del luogo in cui l'evento dannoso si è verificato). Tale luogo, secondo l'interpretazione della giurisprudenza comunitaria, è sia quello ove si è verificata la condotta dannosa, sia quello dove si è prodotto il danno. Nel caso di specie sia l'azione che risultava solo l'evento dannoso si sono prodotti in Italia, poichè la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato fonte del pregiudizio subito dalla società attrice è proprio nel contratto in pubblicità e per giunta effettuata successivamente sè considerato, mentre tutto quanto attiene alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula successiva fase dell'esecuzione del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliatomedesimo rappresenta un semplice sviluppo della catena seriale. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato è possibile, cioè, distinguere tra danno iniziale e danno conseguente, poichè l'uno e l'altro consistono nel pregiudizio patrimoniale subito dalla società attrice come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula effetto del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcunoconcluso. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di E tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che pregiudizio non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare situarsi altrove che presso la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che sede sociale della ricorrente italiana, dove è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro localizzato il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;suo patrimonio.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato Il ricorso è fondato. La ricorrente ha lavorato per la convenuta dal 19.9.2019 in forza di contratto di "collaborazione coordinata e continuativa", dovendosi occupare della sottoscrizione di contratti di telefonia (v. doc. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.lfase. bella persona ricorrente e dep. Il teste collega della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistentene). La società a fronte - ' ha riferito che entrambi lavoravano all'interno del versamento centro commerciale di un contributo ed avevano il compito di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender fermare i passanti e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto proporre le offerte in corso della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3dep. Incrociando gli elementi che emergono dai prospetti in atti con la deposizione del può ritenersi che il lavoro si svolgesse su sei giorni alla settimana ( essendovi un giorno di riposo) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento l'orario fosse di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( otto ore giornaliere (v. doc. 5 fase. ricorrente e dep. ) . Il ha riferito di orari che potevano andare dalle 9.00 alle 19.00, dalle 12.00 alle 20.00 o ancora dalle 9.00-10.00 sino alle 14.00, mentre dai prospetti emergono per lo più turni di 8 ore (v. doc. 5 fase. ricorrente e dep. E' incontestato, infatti, ) . che la società convenuta avesse il proprio stand presso diversi centri commerciali, il che implica un'attività collaboratori, di organizzazione dei essendo impensabile vari che xxxxxxx decidessero autonomamente, durante tutta la settimana, presso quale centro commerciale andare ed in quali fasce orarie. collaboratori offrissero delle disponibilità di massima, cosa che comunque non è stata ben chiarita dal teste , è indubbio che fosse la società a distribuirli presso i vari centri commerciali, indicandogli anche la fascia oraria da osservare. Deve quindi ritenersi attendibile la deposizione del . , laddove ha dichiarato che "i turni venivano indicati dall'azienda settimanalmente tramite messaggi whatsapp", al pari dei trasferimenti da un centro comme rciale all'altro (v. dep. Il teste ha pure aggiunto che ogni tanto il passava dagli stand per controllare il lavoro degli addetti e qualora riscontrasse che non era stato fatto firmare un numero sufficiente dì contratti veniva scritto sul gruppo whatsapp che "così non andava bene" (v. dep. ) . Accertate le modalità dì svolgimento della prestazione, occorre quindi ricordare che in base all'art. 2, comma 1, D.Lgs. 81/15 "a far data dal 1 attoreo ° gennaio 2016, sì applica la disciplina subordinato del rapporto di lavoro anche ai rapporti dì collaborazione prestazioni che dì si lavoro concretano in esclusivamente personali, continuative e le cui modalità dì esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro". Rispetto a tale disposizione, all'esito di un ampio dibattito dottrinale, la Suprema Corte ha recentemente ritenuto che "il legislatore, d'un canto consapevole della complessità e varietà delle nuove forme di lavoro e della difficoltà di ricondurle ad unità tipologica, e, d'altro canto, conscio degli esiti talvolta incerti e variabili delle controversie qualificatorie ai sensi dell'art. 2094 c. c. , si è limitato a valorizzare taluni indici fattuali ritenuti base alla mansione svolta ed al settore dì operatività, ì conteggi allegati al ricorso, elaborati sulla base del VI O livello CCNL Commercio, cui appartengono i \\ lavoratori che compiono lavori che richiedono il possesso di semplici conoscenze pratiche," tra cui esemplificativamente rientrano l'operaio comune o il dimostratore ovvero l'addetto alla propaganda e dimostrazione con mansioni prevalentemente manuali (v. CCNL in atti). I profili del V 0 livello richiedono invece conoscenze e capacità che la ricorrente non aveva o che comunque non erano necessarie nell'espletamento della mansione a cui era addetta. Per quanto attiene, infine, alla domanda riconvenzionale, la convenuta non ha prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento la lettera di dimissioni della lavoratrice, per cui non è divenuto definitivo per mancata impugnazionepossibile stabilire se abbia o meno osservato il periodo di preavviso prescritto. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi og ni caso, poiché allo stand di era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete prevista la presenza di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza 2-3 addetti, è ovvio che la tanto reclamizzata consolidata rete società abbia continuato a corrispondere la locazione anche per i mesi di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attoreluglio ed agosto 2020, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo essendovi altri due soggetti) e per collaboratori che ben potevano rendere la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;prestazione.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente)1. La questione di diritto posta dall'ordinanza di rimessione. La Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a decidere l'impugnazione proposta dalla società Pro Genia srl, ha rimesso gli atti al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite della Corte per la composizione del contrasto, sottoponendo la seguente questione di diritto: Se, in caso di pignoramento dell’immobile e di successivo fallimento del locatore, operi, quale effetto ex lege, la rinnovazione tacita di cui agli artt. 28 e 29 della legge n. 392 del 1978, e se poi la stessa rinnovazione tacita necessiti, o meno, dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560, secondo comma, c.p.c.. Sottolinea l'ordinanza interlocutoria che la giurisprudenza della Corte di cassazione si era espressa in senso favorevole alla necessità dell'autorizzazione, con orientamento costante da Cass. 2576/1970 a fronte Cass. 1639/1999, fino alla pronuncia della stessa terza sezione civile n. 10498 del versamento 2009, che aveva affermato l'opposto principio secondo cui, in tema di un contributo locazione di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto immobili urbani adibiti ad uso non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; abitativo, disciplinata dalla legge sull'equo canone, la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 rinnovazione tacita del contratto e negli allegati facenti alla prima scadenza contrattuale, per il mancato esercizio da parte del contratto ed altresì dato atto locatore, della esistenza facoltà di diniego della rinnovazione stessa, costituisce un effetto automatico scaturente direttamente dalla legge, e non da una “rete manifestazione di volontà negoziale. A quest'ultima impostazione conseguirebbe che, in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali caso di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove pignoramento dell'immobile e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità successivo fallimento del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005locatore, la richiesta di registrazione (rinnovazione non necessiterebbe dell'autorizzazione del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della societàgiudice dell'esecuzione, prevista dall'art. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato560, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudatasecondo comma, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;c.p.c..

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato 2) Preliminarmente, con riferimento alla costituzione tardiva della intimata, va rilevato che la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell'articolo 366 c.p.c., (v. docrichiamato dall'articolo 370 c.p.c., comma 2), l'esposizione delle ragioni atte a dimostrare l'infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato In mancanza di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.ltale atto, essa non può presentare memoria, ma solamente partecipare alla discussione orale (Cass. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente6222/12; 1737/05). La società 3) Con unico complesso motivo di ricorso i promittenti venditori denunciano violazione e falsa applicazione degli articoli 1321, 1322, 1324, 1351, 1362 ss., 1374, 2697 e 2932 c.c.. Invocano le opinioni dottrinali e giurisprudenziali che, contrapponendosi alla corrente di pensiero accolta dai giudici di merito, ha riconosciuto "del tutto ammissibile e lecita la figura del preliminare di preliminare". Sostengono che non può essere negato che sussista un interesse delle parti a fronte creare un "impegno provvisorio", scindendo la contrattazione preparatoria del versamento contratto definitivo di vendita dell'immobile in due fasi. Affermano che la Corte di appello si è erroneamente allineata alle tesi che ritengono nullo per mancanza di causa il c.d. preliminare di preliminare, le quali ignorano il concreto svolgersi delle negoziazioni immobiliari e le esigenze della pratica. Ricordano che il contratto per cui è causa, intitolato "dichiarazione preliminare d'obbligo" conteneva gli elementi essenziali del negozio e prevedeva la stipula di un contributo "regolare preliminare di affiliazione ha concesso al xxxx vendita", qualora il diritto non esclusivo Banco di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì Napoli avesse dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(vassenso alla liberazione dall'ipoteca. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione Parte ricorrente deduce che per grafica dal marchio "Ecoflyregolare preliminare" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma doveva intendersi "formale preliminare", espressione che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali assume oggi maggior significato in relazione alla natura del contrattopossibilità di trascrivere i preliminari redatti "in base alla L. 28 febbraio 1997, n. 30". A ciò si aggiunga Evidenzia la apprezzabilità dell'interesse che la *** *** s.r.lle parti avevano a conoscere, nel percorso negoziale di progressivo avvicinamento, le decisioni dell'istituto bancario che vantava l'ipoteca. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudataIl ricorso, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizioconcluso da congruo e concreto quesito, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali redatto ex articolo 366 bis c.p.c., e completato da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e altra censura per conto contraddittorietà della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;motivazione, e' fondato.

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Motivi della decisione. In via preliminare, il P.G. ha chiesto la rimessione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite di questa corte, poichè la questione che ne forma oggetto risulta, a suo giudizio, a tutt'oggi fonte di contrasto tra le sezioni semplici. A tale richiesta ha aderito la difesa della ATER nelle note di udienza di cui è cenno in narrativa. E’ documentalmente provato ' convincimento del collegio che la valutazione circa l'opportunità dell'invocata rimessione alle sezioni unite debba essere demandata, come di rito, al Primo Presidente, giusta le considerazioni che seguono. E' noto come la giurisprudenza di questa corte abbia seguito, nel tempo, itinerari interpretativi non sempre univoci sul tema dei rapporti tra fideiussione e c.d. Garantievertrag, pur avendo di recente manifestato una sempre maggiore consonanza di pensiero nella strutturazione di una sempre più indispensabile actio finium regundorum tra le due fattispecie. Già all'indomani della (v. docnon felicissima) pronuncia di cui a Cass. 1 attoreoss. uu. n. 7341 del 1987 (nella quale ancora assai nebulosa apparve, ai commentatori e agli interpreti più accorti, la distinzione tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione con clausola solve et repete), le linee portanti dei due istituti verranno più pensosamente esplorate al sempre più nitido delinearsi dei caratteri tipici del contratto autonomo di garanzia , che (sorto alla fine dell'800 in Inghilterra e in Germania per soddisfare evidenti e pressanti esigenze di semplificazione del commercio internazionale), approda (non senza contrasti) che nel nostro Paese con indiscutibile ritardo, attesa la problematica compatibilità della nuova fattispecie con i tradizionali parametri cui dottrina prevalente e giurisprudenza pressochè unanime erano avvezzi a far riferimento in data 16/03/2004 *** *** ha concluso materia negoziale (da un contratto denominato lato, il dogma della accessorietà "necessaria" del negozio di “affiliazione commerciale” che è incontestato garanzia titolato, dall'altro, il requisito della causa negotii tralaticiamente intesa, nonostante la evidente obsolescenza della sua matrice ideologica, come funzione "economico sociale" del negozio quantomeno fino alla recente svolta di questa corte di legittimità di cui alla sentenza 10490/2006, autorevolmente confermata, sia pur in giudizio essere intercorso obiter, dal recentissimo dictum del 2008 delle sezioni unite, con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistentela sentenza n. 26972). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender Iniziali incertezze e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza consistenti disarmonie interpretative trassero linfa dalla assoluta eccentricità di una “rete fattispecie felicemente definita, da un'attenta giurisprudenza di merito (Trib. Torino, 29 agosto 2002), come "un articolato coacervo di rapporti nascenti da autonome pattuizioni tra il destinatario della prestazione (e beneficiario della garanzia), il garante (sovente una istituto di credito), e il debitore della prestazione (ordinante la garanzia atipica)", in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza attuazione di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attorecomplessa operazione economica destinata a dipanarsi, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo della struttura negoziale, attraverso una scansione diacronica di rapporti, il primo (di valuta), corrente tra debitore e creditore, tra cui viene originariamente pattuito l'adempimento di una certa prestazione del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" primo nei confronti dell'altro, il secondo (di provvista), destinato a intervenire tra debitore e futuro garante, con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione esso pattuendosi l'impegno di quest'ultimo a garantire il creditore del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx primo rapporto, il terzo nascente, infine, tra creditore e garante, con quest'ultimo senz'altro obbligato ad adempiere alla prestazione del debitore a semplice richiesta del primo nel caso di inadempimento del secondo (dipendente all'epoca dei fatti rapporti ai quali non risulterà poi inusuale l'aggiunta di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa una quarta convenzione negoziale collegata, quella tra un secondo istituto di mancati finanziamenti " credito controgarante e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudiziobanca prima garante, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici avente lo stesso contenuto del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in primo rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato garanzia). L'elemento caratterizzante della fattispecie in esame verrà, così, sempre più pianamente individuato nell'impegno del garante a pagare illico et immediate, senza alcuna facoltà di opporre al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori creditore/beneficiario le eccezioni relative ai rapporti di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante valuta e non possano di provvista, in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civderoga agli artt. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;1936, 1941 e 1945 x.x., xxxxxxxxxxxxxxx, xx xxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxxx.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato Il ricorso è infondato e non merita accoglimento. Dalla lettura degli scritti difensivi di ognuna delle parti e da quanto riferito dalle stesse in udienza, questa Commissione ritiene, infatti, che non ricorrano, quanto alla fattispecie in esame, gli estremi di cui all’art. 35 del R.A.T. (v. docRegolamento Affiliazione e Tesseramento). 1 attoreoIn riferimento al primo motivo di doglianza avanzato dalla ricorrente (mancata sottoscrizione da parte dei genitori del modulo di tesseramento) valga quanto segue. Pur stigmatizzando il comportamento del Presidente del sodalizio, il quale non ha provveduto a far sottoscrivere il modulo in questione ad almeno uno dei genitori, dalla istruttoria e dalla discussione in udienza è emerso come sia il padre che la madre della giocatrice siano stati sempre a conoscenza (quindi già dal primo tesseramento) che la figlia era affiliata con la ASD Pallavolo Fondi ed infatti hanno confermato di averla accompagnata ripetutamente a tutte le attività agonistiche e non del sodalizio. Del resto lo stesso sig. Xxxxxxxxx Xxxxxxx ha confermato di aver collaborato per circa vent’anni con la ASD Xxxxxxxxx Xxxxx e dunque appare assolutamente inverosimile che sia lui che la moglie fossero all’oscuro della nascita e del perdurare del vincolo associativo per cui è causa. Pertanto, in data 16/03/2004 *** *** presenza di simili comportamenti concludenti ed ammissioni da parte dei genitori della ricorrente, può essere pacificamente ritenuto che la mancata sottoscrizione dei genitori del modulo di tesseramento non sia configurabile come motivo di nullità e/o annullabilità dello stesso ma come mera irregolarità, dunque sanabile, senza che dalla stessa derivi la sanzione dello svincolo coatto dell’atleta. Anche il secondo motivo di ricorso (mancata effettuazione della visita medica) non è fondato. Dall’istruttoria svolta e dalle affermazioni concordi delle parti in udienza, Codesta Commissione ha concluso un contratto denominato potuto conoscere che l’atleta non è stata sottoposta a visita medica per la stagione 2011-2012 ma che la stessa è stata convocata dalla società per detta visita prima per le vie brevi e successivamente con missiva del 7.11.2011 e che comunque la sig.a Xxxxxxx Xxxxxxx – per quanto attiene la stagione in corso – non ha mai partecipato ad alcuna delle attività agonistiche della ASD Pallavolo Fondi. E dunque, pur incombendo sul sodalizio l’onere di “affiliazione commerciale” che è incontestato provvedere a sottoporre alla visita medica di idoneità ogni atleta proprio in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona virtù della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata sottoscrizione anche in tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte senso del versamento modulo di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti tesseramento da parte del contratto ed sodalizio stesso, non può altresì dato atto della esistenza negarsi che, in ogni caso, l’affiliato che non abbia potuto adempiere a tale dovere possa scongiurare la sanzione dello scioglimento del vincolo per giusta causa evitando che l’atleta partecipi all’attività sportiva e pertanto garantendo che quest’ultimo non prenda parte ad allenamenti o partite con le proprie formazioni. Nel caso di una “rete specie, anche a causa del deteriorarsi dei rapporti tra le parti in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa causa, la ASD Pallavolo Fondi non ha adempiuto a tale obbligo anche per il fatto che la sig.a Xxxxxxx Xxxxxxx non si trattasse di “rete è più recata nella stagione in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa corso presso alcuna delle strutture del sodalizio, ma, almeno, la titolarità del vantato marchio; resistente si è potuta giovare della circostanza che la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato giocatrice per l’anno 2011-2012, mai ha partecipato ad allenamenti o partite con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità detto sodalizio e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che tale fatto può, quindi, ritenersi scriminata la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca condotta della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005ASD Pallavolo Fondi, la richiesta quale – peraltro – ha dimostrato di registrazione (aver convocato formalmente a visita l’atleta con lettera del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta7.11.2011. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge Commissione Tesseramento Atleti: - respinge il ricorso proposto dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi sig.a Xxxxxxx Xxxxxxx – per il resto prova tramite dei genitori - disponendo l’incameramento della tassa versata dall’atleta e la restituzione di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto speratoquella corrisposta dal sodalizio. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i siggAffissione albo 23 dicembre 2011 X.xx Il Presidente Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;xxx.xxxxxxxxxxx.xx – xxxxxxxxxx@xxxxxxxxxxx.xx

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato La compagine attrice si duole che a svariati rapporti di conto corrente, succedutesi nel tempo, sia stato applicato l’anatocismo sugli interessi passivi, calcolati interessi indeterminati ed usurari nonché pagate indebite commissioni di massimo scoperto (v. docoltre alla postergazione delle valute nelle operazioni ed all’addebito di spese non pattuite). 1 attoreo) che Xxxxxx, pertanto, la condanna alla restituzione del denaro indebitamente percepito dalla controparte (indicato in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente€ 286.495,12). La società Banca resiste in quanto spiega, nell’evidenziare l’altrui carenza probatoria, di aver adottato la reciproca capitalizzazione degli interessi nonché pattuito le altre condizioni applicate; per il resto, nega di aver imposto tassi usurari. In ogni caso, eccepisce la prescrizione decennale. La causa ha visto il solo espletamento di CTU contabile. Nella relazione pervenuta il 2/5/2016 sono stati presi in rassegna i seguenti rapporti: c/c 10470/a fronte intrattenuto dalla di con la Banca Filiale di ; c/c 15180 intrattenuto dalla di con la Banca Filiale di ; c/c 15088 intrattenuto dalla . di con la Banca Filiale di ; c/c 34587 intrattenuto dalla di e C. s.n.c. già . di con la Banca Filiale di . Tale conto a partire dal 01/11/1996 è divenuto il n. 3458/z presso la medesima filiale della Banca nata dalla fusione della Banca e della Banca ; c/c 12356 intrattenuto dalla di e C. s.n.c. poi oggetto di trasformazione in s.r.l. con la Banca oggetto di cambio di denominazione in s.p.a. e poi incorporata nella Banca . filiale di poi traferito presso la filiale di Viale i. L’esperto ha evidenziato che l’esame della documentazione negoziale riguarda il solo conto corrente 12356, rispetto a cui parte convenuta ha fornito copia di richiesta di apertura di conto corrente del 24/07/1997 debitamente controfirmata dalle parti, ma senza che vi sia riportata alcuna condizione contrattuale. Peraltro, tutti i conti in questione, eccetto in parte qua (v. infra) l’ultimo ora menzionato, sono coperti sicuramente dalla prescrizione perché chiusi oltre dieci anni prima dell’altrui intimazione di mora giudiziale (data di notificazione della citazione: unico dato certo e documentalmente provato nei termini preclusivi). Come è ben noto, la prescrizione decorre, ma nella sola ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto funzione solutoria, dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati (non dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati: ipotesi questa riguardante i soli addebiti aventi funzione ripristinatoria della provvista). Infatti, nell'anzidetta ipotesi ciascun versamento configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché si è tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell' "accipiens" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24418 del 02/12/2010 sopra menzionata). In altri termini, è ripetibile la somma indebitamente pagata e non già il debito sostenuto come illegale. Vero è, infatti, che un pagamento, per dar vita ad un'eventuale pretesa restitutoria di chi assume di averlo indebitamente effettuato, deve tradursi nell'esecuzione di una prestazione da parte di quel medesimo soggetto (il solvens), con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (l'accipiens); e in tanto può definirsi indebito, con conseguente diritto di ripetizione a norma dell'art. 2033 cod. civ., in quanto difetti di una idonea causa giustificativa. Muovendo da tale premessa, le Sezioni unite nella menzionata pronuncia hanno fatto riferimento alla nota distinzione tra atti ripristinatori della provvista ed atti di pagamento compiuti dal correntista per estinguere il proprio debito verso la banca (cfr. Cass. 6 novembre 0000, x. 00000; e Xxxx. 23 novembre 2005, n. 24588), al fine di stabilire se (e quando) sia o meno configurabile un pagamento, asseritamente indebito, da cui possa scaturire una pretesa restitutoria ad opera del solvens. In tale prospettiva è stato osservato che, se pendente l'apertura di credito, il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, è indubbio che non vi sia stato alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto, egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato; nel caso, invece, che, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto "scoperto" (cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento) e non, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere. Invero l'annotazione in conto di una posta di interessi (o di c.m.s.) illegittimamente addebitati dalla banca al correntista comporta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria nei termini sopra indicati in favore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa (allo scopo eventualmente di recuperare una maggiore disponibilità di credito, nei limiti del fido accordatogli), ma non potrà agire por la ripetizione di un contributo pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di affiliazione apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all'atto della chiusura del conto. Conseguentemente il CTU, facendo corretta applicazione di tali principi, ha concesso svolto la rideterminazione del saldo finale per il rapporto - - . C/C 12356/p secondo i c.d. TASSI TUB ovvero saldo finale del conto corrente con esclusione degli interessi anatocistici ed ogni altra spesa ed onere non prevista contrattualmente per i soli dieci anni anteriori alla costituzione in mora): saldo finale del conto corrente 2.865,15 interessi passivi - 6.609,99 interessi attivi SALDO FINALE RIDETERMINATO 3.342,68 saldo finale del conto corrente originario banca - 141.354,17 DIFFERENZA A FAVORE DEL CORRENTISTA 144.696,85. Venendo all’esame dei rilievi sul computo degli interessi usurari, il CTU ha evidenziato che i conteggi sono stati effettuati per il solo conto corrente 12356, unico conto in essere alla data di entrata in vigore della Legge 108/96, e periodo successivo. Ai fini di verificare il superamento dei c.d. “tassi soglia” di cui alla Legge 108/96, sono state adottate differenti metodologie di calcolo ma quella prescelta in questa sede è quella di seguito illustrata. Al riguardo è necessario rimandare alla sentenza della S.C. dell’11 gennaio 2013 n. 602, la quale afferma: “trattandosi di rapporti non esauriti al xxxx il diritto non esclusivo momento dell'entrata in vigore della L. n. 108, va richiamato la L. n. 108 del 1996, art. 1 che ha previsto la fissazione di vender tassi soglia (successivamente determinati da decreti ministeriali), al di sopra dei quali, gli interessi corrispettivi e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare moratori, ulteriormente maturati, vanno considerati usurari (al riguardo, Cass. n. 5324 del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.32003) e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi dell'art. 1419 c.c., comma 2 e art. 1319 c.c., circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento l'inserzione automatica di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole clausole, in relazione ai suddetti profilidiversi periodi, vietandone ulteriore diffusione ( v. docdai tassi soglia.” In tale computo, non si considererà la commissione di massimo scoperto (Cassazione Civile, sez. I, sentenza 22/06/2016 n° 12965), qualora contrattualmente prevista ed applicata fino all'entrata in vigore del D.L. n. 185 del 2008, art. 2- bis (ma nella specie abbiamo visto che il contratto nulla specifica), nonché sino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il TEGM - dal 1997 al dicembre del 2009 - sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d'Italia, non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario, e dato atto che ciò è avvenuto solo dal 1 attoreo prodotto gennaio 2010, nelle rilevazioni trimestrali del TEGM. Tuttavia, nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento decennio non coperto dalla prescrizione non vi è divenuto definitivo per mancata impugnazionestato alcun superamento dei tassi soglia. Ogni altra questione rimane assorbita. Sul suddetto importo, trattandosi di obbligazione pecuniaria sin ab origine, gli interessi legali vanno computati ex art. 2033 c.c. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete particolare, trattandosi di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale somma versata a soggetto in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attorefede, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica sono dovuti gli interessi dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito domanda, mentre il maggior danno derivato al solvens dall'impossibilità di disporre della somma versata è riconoscibile - ai sensi dell'art. 1224, comma secondo, cod. civ. e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatocon decorrenza, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo nel caso di buona fede oggettiva dell'"accipiens", dal giorno della domanda (intesa, in senso tecnico giuridico, come domanda giudiziale) - nei limiti in cui il creditore deduca e correttezza costituisce dimostri, sia pure mediante il ricorso ad elementi presuntivi ed a fatti di comune esperienza con riguardo alle qualità e condizioni personali, che un autonomo dovere giuridico applicabile sia tempestivo rimborso lo avrebbe messo in ambito contrattuale grado di evitare o ridurre gli effetti economici depauperativi che extracontrattuale l'inflazione produce a carico di tutti i possessori di denaro, essendo esclusa l'applicabilità, in via generale, di parametri fissi, quali quelli evincibili dagli indici Istat o dal tasso corrente degli interessi bancari (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. CivSentenza n. 4675 del 13/05/1994): nella specie, niente di tutto questo è stato dimostrato. sezLe spese di causa seguono in proporzione alla reciproca soccombenza. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia condanna la gravità della violazione Banca convenuta alla restituzione di tale dovere giuridico € 144.696,85, oltre agli accessori come meglio spiegato in relazione ad informative essenziali motivazione; condanna la stessa parte al pagamento di 1/2 delle spese processuali che liquida nell’intero, oltre a quelle di CTU già determinate, in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto € 18.000 di contratto; non ha effettuati i corsi cui € 14.500 per compenso di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) Avvocato ed € 4870,52 pari alle somme versate 3.500 per la occupazione esborsi documentati (anche di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreoCTP), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le oltre spese generali, CPA ed IVA come per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;legge.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) on l’unico motivo di impugnazione la società ri- corrente censura la sentenza del tribunale, de- nunciando che il giudice di merito sarebbe in- corso in data 16/03/2004 *** *** ha concluso errore per avere negato che tra le parti fosse sta- to perfezionato un contratto denominato di “affiliazione commerciale” locazione avente ad og- getto la porzione del muro sulla quale era stata autorizza- ta, dietro corrispettivo, la installazione di cartelloni pub- blicitari. Assume che il giudice di appello avrebbe dovu- to, invece, riconoscere alla convenzione stipulata dalle parti la natura di contratto di locazione di immobile ur- bano adibito ad uso diverso dall’abitazione, soggetto alla disciplina di cui all’art. 27 della legge n. 392 del 1978. Il motivo di ricorso, che sostanzialmente riflette la dedot- ta violazione della norma di cui all’art. 1571 Codice civi- le, si rivolge alla decisione di merito del giudice di appel- lo, confermativa della statuizione al riguardo resa in pri- mo grado; della sentenza di secondo grado la società ri- corrente chiede la cassazione, con riconoscimento della durata ex lege del contratto in sei anni; non vi possono es- sere dubbi sul fatto che la impugnazione è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente)specificamen- te diretta a censurare la ratio decidendi comune alle due sentenze del doppio grado di giudizio. La eccezione di inammissibilità del ricorso - che la società resistente I. s.p.a. ha formulato sul presupposto che la impugnazione sembrerebbe diretta contro la sentenza del pretore e non contro la decisione del tribunale resa a fronte seguito del versamento grava- me - deve ritenersi, perciò, manifestamente infondata. Merita, invece, di essere accolto, per quanto di ragione, il motivo di impugnazione, con conseguente annulla- mento della denunciata sentenza sul punto relativo alla riconducibilità non allo schema della locazione, ma a quello di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; contratto atipico della convenzione con la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatoquale, per la commercializzazione durata rinnovabile di un anno e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" dietro pa- gamento di un corrispettivo, alla società in questa sede ricorrente era stato concesso dalla società resistente l’uso di una parte di un muro dell’edificio di sua proprietà per- ché su di essa fossero installati quattro cartelloni o inse- gne pubblicitarie di determinate dimensioni. Il giudice di merito, in base al presupposto che per con- figurare gli estremi della locazione sia necessaria la mate- riale consegna della cosa al conduttore per modo che co- stui si sostituisca interamente al locatore nell’uso del be- ne, ha negato che, nella specie, il xxx è stato affiliato ad una rete negozio possa essere in- quadrato nello schema della locazione, in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione quanto ogget- to di prodotti in relazione ai quali l'affiliante trasferimento non era depositario stato il diritto di marchio alcunogodimento complessivo di una cosa, ma soltanto la facoltà di instal- lare sul muro quattro cartelloni pubblicitari di determi- nate dimensioni per un tempo determinato. L’obbligo Ha aggiun- to che, tale essendo la funzione economico - giuridica del contratto, non aveva alcun rilievo contrario che le parti, nel testo della convenzione scritta, avessero ado- perato termini (locatore, conduttore, canoni) evocativi del rapporto di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale locazione, tanto più che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione nessuno richia- mo risultava fosse stato fatto alla disciplina di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura rap- porto quale dettata dal Codice civile o dalla normativa di settore della legge n. 392 del contratto1978. A ciò si aggiunga Ha precisato, quin- di, che, a conferma che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" concessione del diritto di af- fissione in oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti consiste in un contratto all'art 9; non ha effettuato atipico, estre- mamente significativa era la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato circostanza che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con società concedente non aveva affatto perduto la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo disponibilità della parete dell’edificio, tanto che si sia era espressamente riservata la facoltà di provvedere direttamente a colloca- re qualsiasi altra insegna pubblicitaria sulla parte restan- te del muro ovvero di concedere detta facoltà a terzi. Le argomentazioni svolte dal giudice di merito per esclu- dere che nel caso in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e esame possa ravvisarsi lo schema ti- pico della locazione non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;sono condivisibili.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato Con il 2, logicamente prioritario, motivo la ricorrente denunzia "violazione e falsa applicazione" degli artt.32 e 79 l. loc., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta che nella specie la pattuizione ha avuto ad oggetto aumenti del canone eccedenti il canonedovuto corrispondente a quanto contrattualmente pattuito con la maggiorazione ex indici Istat, e che erroneamente la corte di merito ha dichiarato la nullità della controdichiarazione coeva al contratto, ritenendo che il diritto a non erogare somme eccedenti sorga al momento di conclusione del contratto. Si duole che erroneamente non sia stata nell'impugnata sentenza "prevista quantomeno la nullità della scrittura del 13.6.2006... che prevedeva, nel corso del rapporto di locazione, un aumento del canone da Lire 3.000.000 mensili a Lire 4.000.000, e quindi la pertinente condanna della parte resistente alla restituzione delle somme pagate indebitamente (v. docpari ad Euro 516,45 mensili) a partire dal giugno 2006 a tutt'oggi, maggiorate di interessi e rivalutazione delle singole scadenze all'effettivo soddisfo". 1 attoreo) che Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini e limiti di seguito indicati. Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare in data 16/03/2004 *** *** ha concluso tema di locazione immobiliare ad uso diverso da abitazione, è nullo il patto con il quale le parti di un contratto denominato di “affiliazione commerciale” locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***insanabilmente nullo, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di prescindere dall'avvenuta registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. CivSez. sezUn., 9/10/2017, n. 23601. III sentenza E, conformemente, Cass., 2/3/2018, n. 3462 del 15/02/2007 e Cass4922). Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e Orbene, nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudataspecie, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico contratto di locazione ad uso diverso da abitazione dall'odierna ricorrente originariamente stipulato con il locatore sig. C.G., la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio. In particolare là dove, dopo avere dato atto che nella specie "il locatore sin dall'inizio della locazione, e, in particolare, sin dal 16-6-98, aveva chiesto ed ottenuto dalla stessa conduttrice un canone di Lire 4.000.000 pari ad Euro 2.065,82", ha affermato essere "noto... che il canone di locazione relativo ad immobili ad uso commerciale è nella disponibilità delle parti, che possono liberamente concordarlo", sicchè la "pattuizione, sin dall'inizio del rappresentante rapporto, di un canone maggiore di quello indicato in contratto non incorre... nella sanzione di nullità di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 79, invocato dalla conduttrice", non vertendosi "in ipotesi di aumento di canone nel corso del rapporto". Ancora, là dove ha aggiunto che nemmeno "la pattuizione orale di un canone maggiore di quello risultante dal contratto registrato incorre nella nullità stabilita dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, trattandosi di fatti anteriori all'entrata in vigore della richiamata legge finanziaria". Con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, va osservato come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, per effetto della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso diverso da abitazione, sia legittima la clausola con cui si convenga una determinazione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, purchè ancorata ad elementi certi e predeterminati (idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto della moneta), e sempre che non risulti una sottostante volontà delle parti volta in realtà a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria, e ad eludere pertanto i limiti quantitativi posti dall'art. 32, della legge c.d. "sull'equo canone", incorrendo conseguentemente nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79 l. loc. (v. in particolare Cass., 5/3/2009, n. 5349. Cfr. altresì Cass., 24/3/2015, n. 5849). Orbene, nella specie la pattuizione de qua si appalesa in effetti volta a perseguire proprio siffatta vietata finalità, unitamente a quella di risparmio fiscale per il locatore. Con particolare riferimento alla "finalità fiscale" dell'operazione negoziale nella specie posta in essere dalle parti, va posto in essere rilievo come questa Corte abbia già avuto modo di osservare (con dolo riferimento ad analoga pattuizione, relativa a contratto di locazione ad uso abitativo: x. Xxxx., 3/1/2014, n. 37), che ai fini della relativa interpretazione decisivo rilievo assume la sua natura "sostanziale", della quale sicuro indice rivelatore è anche la causa concreta del negozio, altro e diverso dal contratto scritto e già registrato, dalle parti coevamente (ma anche successivamente o colpafinanco anteriormente) stipulato. In quanto contemplante un canone superiore rispetto all'importo a tale titolo indicato nel contratto scritto e registrato, tale patto risulta in realtà funzionalmente volto a realizzare il risultato di garantire al locatore di ritrarre dal concesso godimento dell'immobile un reddito superiore rispetto a quello assoggettato ad imposta (nel caso, di registro). Esso costituisce allora lo strumento dal locatore piegato al conseguimento di un risparmio d'imposta. La causa concreta di tale patto consente tuttavia di disvelare siffatta finalità di elusione fiscale, deponendo per la conseguente relativa nullità. Siffatto patto non può infatti riconoscersi come valido ed efficace, impingendo nella violazione dell'interesse pubblicistico sotteso alla norma fiscale elusa (x. Xxxx., 5/8/2016, n. 16604). Come questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha (in diverse fattispecie ma) in rapporto termini generali avuto modo di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo affermare, la norma tutelante interessi pubblicistici si profila per ciò stesso come imperativa ed inderogabile, non soltanto nei rapporti tra P.A. e privato (cfr. Cass., Sez. Un., 17/6/1996, n. 5520) ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato anche nei rapporti tra privati (x. Xxxx civXxxx., Sez. sezUn., 17/12/1984, n. 6600. 1 sentV. altresì Cass., 17/12/1993, n. 12495, e, in tema di locazioni, Cass., 4/2/1992, n. 1155. Contra v. peraltro Cass., 22/3/2004, n. 10493 5672; Cass., 20/3/1985, n. 2034. V. anche Cass., 15/12/2003, n. 19190, e, in tema di locazioni, Cass., 17/12/1985, n. 7412, nonchè, da ultimo, Cass., Sez. Un., 17/9/2015, n. 18219). Gli interessi pubblicistici sono infatti indisponibili da parte dei privati, cui non può ritenersi concesso di vanificarli mediante l'adozione di schemi negoziali idonei a pervenire in concreto ad un risultato corrispondente a quello vietato dal legislatore (cfr., Cass., 7/10/2008, n. 24769). A tale stregua, ricostruendo la vicenda in argomento (come affermato dalla corte di merito nell'impugnata decisione e ammesso anche dallo stesso locatore nei propri scritti difensivi) in termini di pattuizione complessa volta a perseguire e realizzare un'elusione fiscale a vantaggio del 24.9.1999;locatore, l'operazione simulatoria (il contratto di locazione e la "pattuizione orale di un canone maggiore di quello risultante dal contratto registrato") posta in essere dalle parti emerge con tutta evidenza nella sua intima realtà di strumento negoziale funzionalmente volto ad eludere i diritti di terzi, e in particolare del Fisco. In considerazione dello scopo pratico dalle parti (e in particolare di una di esse, il locatore) con tale stipulazione appunto perseguito, e pertanto della relativa causa concreta (causa concreta che come questa Corte ha già avuto modo di affermare si sostanzia nell'interesse o scopo pratico anche tacitamente obiettivato che l'operazione contrattuale è specificamente diretta a soddisfare: per l'accoglimento della teoria della causa concreta, con superamento del tradizionale orientamento che ravvisava nella causa l'astratta funzione economico sociale del contratto, x. Xxxx., Xxx. Xx., 00/00/0000, x. 00000; Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 00/0/0000, x. 00000; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 00/0/0000, x. 00000; Cass., 00/0/0000, x. 00000; Cass., 00/0/0000, x. 00000; Cass., 00/0/0000, x. 00000; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Xxxx., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800. Più recentemente x. Xxxx., 00/0/0000, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 1/4/2011, n. 7557. E, da ultimo, Cass., 29/9/2015, n. 19220; Cass., 26/8/2015, n. 17115; Cass., 28/1/2015, n. 1625; Cass., 14/1/2015, n. 405; Cass., 3/4/2013, n. 8100; Cass., 8/2/2012, n. 1875; Cass., 10/01/2012, n. 75), essa si rivela come imprescindibilmente connotata dalla vietata finalità di elusione fiscale, e pertanto conseguentemente affetta da invalidità.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** Firmato Da: MIELE RAFFAELE PASQUA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: b1813 Con atto di citazione ritualmente notificato Costruzioni srl ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato convenuto in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona e al fine di sentir accolte le seguenti conclusioni: “Accertare e dichiarare l’inadempimento della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- Dott.ssa riferito alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso obbligazioni assunte nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento preliminare per cui è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità causa e per giunta effettuata successivamente l’effetto condannarla alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza restituzione delle somme versate dall’attrice a titolo di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati acconto nonché al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula risarcimento del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato lucro cessante consistente nella differenza tra il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che prezzo d’acquisto pattuito al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere preliminare ed il maggior valore commerciale acquisIto dall’immobile al momento in cui l’inadempimento della dott.ssa è divenuto definitivo e cioè € 328.500,00 …. come da valutazione in atti, detratta la somma di € 80.000,00 …. quindi per un già costituito e consolidato sistema totale di rete già sperimentata sul mercato, per € 248.500,00 ….o quella somma maggiore o minore che il Giudice vorrà ritenere equa e/o di giustizia; in via subordinata: accertare la commercializzazione e distribuzione sussistenza dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione requisiti di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcunocui all’art. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 2901 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passivaper l’effetto dichiarare inefficace e quindi revocare l’atto definitivo di compravendita, per atto notaio Fabrizio Bissi del 18.06.2008 Rep. 8502, intervenuto fra gli odierni convenuti e relativo all’immobile sito nel Comune di Roma-Agro Romano loc. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondateLa Lingua e precisamente con accesso già dalla Via apprezzamento di terreno agricolo (con soprastante costruzione al NCEU foglio 1089 part. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate 278 sub. 2 z.c. 7 partita catastale n. 450478, distinto con il numero 68 nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato piano di lottizzazione con il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato conseguente ordine al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civcompetente conservatore dei registri immobiliari)”. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;Firmato Da: MIELE RAFFAELE PASQUA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: b1813

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc20. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che 1. Oggetto del presente procedimento sono due partite , SIENA – PIACENZA del 19 febbraio 2011 ed ALBINOLEFFE – SIENA del 29 maggio 2011, per le quali l’odierno istante è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender stato accusato e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatoriconosciuto responsabile , per la commercializzazione prima, di illecito sportivo ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2 e distribuzione 5 e 6 del C.G.S. ; per la seconda di violazione degli artt. 1, comma 1 e 6 comma 1, e punito con la sanzione della squalifica per mesi nove, per l’applicazione della continuazione con illeciti sportivi piu’ gravi decisi in altro procedimento a carico dello stesso Xxxxxxx con l’irrogazione a carico del Cassano della gravissima sanzione della preclusione a vita . . Ai fini di una corretta e proficua disamina dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" fatti oggetto del presente procedimento, occorre prendere le mosse dagli elementi di prova che tanto la Procura Federale quanto gli Organi giudicanti di Primo e di Secondo Xxxxx hanno posto a fondamento rispettivamente dell’atto di deferimento e delle emanate delibere. Tali elementi risiedono, per la precisione, nelle dichiarazioni rese dai sigg. Xxxxx XXXXXXXXX e Xxxxxxx XXXXXXXX sia all’Autorità Giudiziaria Ordinaria (P.M. e X.X.X. xx Xxxxxxx) sia alla Procura Federale. Il GERVASONI, in particolare, riferisce quanto segue: - Interrogatorio dinanzi al P.M. di Cremona del 27.12.2011: “Quanto alla partita Siena – Piacenza del 19 febbraio 2011, effettivamente gli slavi sono venuti nel nostro albergo per vedere cosa si potesse concordare. Xxxx volevano che noi perdessimo con l’OVER, ma noi eravamo in una posizione di classifica che non era compatibile con una nostra sconfitta e preferivamo giocarcela. Pertanto si decise per un semplice OVER, risultato che venne effettivamente raggiunto in quanto l’incontro si concluse per 3 a 2 per noi. Io, CASSANO e XXXXXXXX abbiamo percepito 20.000 € a testa per il xxx nostro contributo”; - Interrogatorio dinanzi al P.M. di Cremona del 12.3.2012: “Quanto alla partita Siena - Piacenza gli slavi che vennero nel nostro albergo erano XXXXXXXX e XXXXXXXXXX, anche se quest’ultimo aveva un atteggiamento passivo. Oltre all’OVER XXXXXXXX ci propose di perdere: in tal caso la somma pattuita sarebbe stata maggiore. Noi non accettammo di perdere, ma fummo disponibili al semplice OVER. Di questa cosa era informato anche XXXXXXXX ed in un’occasione successiva in cui XXXXXXXX e GEGIC, unitamente a me, vennero a Siena, gli portarono un regalo che non so quantificare, ma che comunque si riferiva al suo contributo”; - Audizione dinanzi alla Procura Federale del 13.04.2012: “D. Come e con chi è stato affiliato concordato l’over di SIENA-PIACENZA del 19.2.2011? X. Xxxxxxxx quanto riferito all’AG sul tipo di accordo raggiunto con gli slavi. D. Solo XXXXXXXXX, XXXXXXX e XXXXXXXX hanno ricevuto € 20.000 a testa per SIENA-PIACENZA? Chi altri era partecipe o a conoscenza dell’accordo? X. Xxxxxxxx che solo noi tre eravamo nella stanza di XXXXXXXX dell’albergo dove eravamo tutti alloggiati, dove io presi i soldi a nome di tutti prima della disputa della partita. Nei giorni successivi ho consegnato ad ognuno di loro la quota parte. XXXXXXXX sapeva dell’accordo in quanto lo stesso mi confermò il fatto nella settimana precedente l’incontro. Come ulteriore specifica rispetto a quanto dichiarato al PM, preciso che il regalo per XXXXXXXX, di cui ho parlato, era costituito da una rete somma di denaro che in allora inesistente ( una occasione successiva, sempre a Siena, XXXXXXXX e GEGIC hanno consegnato allo stesso in buona sostanza pressochè inesistente mia presenza”. Il CAROBBIO, dal canto suo, così si esprime: - Audizione dinanzi alla Procura Federale del 29.02.2012: “Al termine della stagione 2009-2010, consapevole del mio coinvolgimento nelle gare sopra indicate, decisi di interrompere ogni rapporto con gli slavi, evitando anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri con Xxxxxxxxx di affrontare argomenti attinenti ad eventuali combine. Arrivato a Siena, come di consueto, verso la fine del campionato, intorno a marzo, incontrai in un ristorante alla periferia di Siena il GERVASONI, GEGIC e XXXXXXXX, come da loro richiesta e questa fu la prima e l’ultima occasione in cui vidi quest’ultimo; nel xxxxx xxxxx xxxx, xxxx xxxxxx raccontato di SIENA – PIACENZA, già combinata, e di ATALANTA – PIACENZA che si apprestavano a combinare, come ho già riferito al P.M., cercarono di convincermi a manipolare le successive gare del Siena. Offerta che rifiutai categoricamente. GERVASONI mi riferì che SIENA – PIACENZA del 19.2.11, era stata combinata con il coinvolgimento suo, di XXXXXXXX e di CASSANO. Avendo gli zingari preso atto del mio diniego a farmi nuovamente coinvolgere in alterazioni di gare, non mi contattarono più”; - Interrogatorio dinanzi al P.M. di Cremona del 17.04.2012: “Quanto alla partita Siena – Piacenza del 19 febbraio 2011 terminata 2 a 3, confermo quanto ho già dichiarato davanti a lei. Prendo atto delle dichiarazioni di Xxxxx XXXXXXXXX che in particolare riferisce che in occasione di una sua visita, unitamente a XXXXXXXX e GEGIC, posteriore alla partita, mi sarebbe stato dato un “regalo” dai due soggetti) slavi per il mio contributo, ma trattasi di circostanza del tutto falsa. Io da quella partita non ho ricavato assolutamente nulla e per la commercializzazione di prodotti non ne ero affatto informato della combine”. - Audizione dinanzi alla Procura Federale del 10.07.2012: “ADR: in relazione ai quali l'affiliante a SIENA- PIACENZA del 19.2.11, ribadisco di aver appreso dell’avvenuta alterazione della gara dal GERVASONI solo successivamente all’incontro, ed in particolare durante la settimana precedente Atalanta-Piacenza del 19.3.11; confermo che il Xxxxxxxxx, in occasione della cena organizzata con Xxxxx e Xxxxxxxx di cui ho già riferito, mi disse che lui, Xxxxxxxx e Xxxxxxx si erano “venduti” la gara che prevedeva un over; nessun calciatore del Siena era stato coinvolto, anche perché il raggiungimento dell’over non era depositario richiedeva la partecipazione degli avversari; devo peraltro ritenere che, una volta raggiunto l’over, a fine primo tempo vincevamo 2-1, il Piacenza si sia comunque giocata la gara che, poi in effetti ha vinto; ADR: quanto al presunto “regalo” ricevuto dagli zingari nel corso della predetta cena, citato da Xxxxxxxxx, devo precisare che, al termine dell’incontro conviviale, Gegic, vedendomi non disponibile agli inviti che mi aveva formulato durante la cena al fine di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva partecipare ad alterazioni delle gare del Siena, si alzò e correttezza costituisce mi infilò nel taschino € 500,00, invitandomi ad andare a prendere un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contrattocaffè; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con feci commenti, né gli restituii il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;denaro”.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. docCon il primo motivo il ricorrente deduce violazione degli articoli 1453 - 1460 1476 - 1477 c.c.; L. n. 47 del 1985, artt. 1 attoreo) 17 e 40 nonchè vizio di motivazione. Con il secondo motivo il D.deduce violazione dell'art. 116 c.p.c. e vizio di motivazione. Con le enunciate censure il ricorrente sostiene che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che, premessa la destinazione ad uso ufficio dell'immobile per cui è causa, la sua effettiva utilizzazione ad uso abitativo non era stata accompagnata dall'esecuzione di specifiche opere rilevanti ai fini di una declaratoria di nullità L. n. 47 del 1985, ex articoli 17 e 40 ed aggiunge che neppure può essere condiviso l'assunto in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato ordine alla commerciabilità del bene suddetto nonostante l'avvenuto frazionamento. Il D. rileva in senso contrario che dalla espletata Consulenza Tecnica di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso Ufficio erano emersi abusi edilizi consistenti nel frazionamento, nel cambio di destinazione d'uso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento esecuzione di un contributo opere e nell'aumento di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo superficie utile e di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato Acubatura; inoltre il Giudice di Appello non ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato valutato le dichiarazioni rese in sede di trattative interrogatorio formale dalle convenute C.M.A. ed L.A., le quali avevano ammesso che l'immobile per cui è causa e poi trafuso l'appartamento soprastante erano stati uniti negli anni 70 con una scala interna successivamente eliminata, cosicchè i due appartamenti erano stati divisi ed abitati separatamente con la costruzione di una scala esterna. Le enunciate censure, da esaminare contestualmente, sono infondate. Anzitutto la sentenza impugnata, pur dando atto dell'intervenuto mutamento di destinazione dell'immobile in questione rispetto a quella prevista nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” progetto approvato (v. doc.3deposito) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profilieffettiva utilizzazione dello stesso ad abitazione, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che tale mutamento non vi era alcun stato accompagnato dalla esecuzione di opere specifiche, ed ha aggiunto, sulla scia di quanto già affermato dal Giudice di primo grado, che non poteva escludersi che l'aumento di cubatura riscontrato dal Consulente Tecnico d'Ufficio fosse riconducibile allo stesso D., che aveva realizzato cospicui lavori di ristrutturazione del bene; contrariamente all'assunto del ricorrente, quindi, il Giudice di Appello ha preso in esame gli elementi emergenti dalla Consulenza Tecnica d'Ufficio, ma li ha diversamente valutati offrendo una logica motivazione di tale convincimento. La Corte Territoriale ha inoltre escluso una incommerciabilità dell'immobile L. n. 47 del 1985, ex art. 40, per effetto dell'intervenuto frazionamento, rilevando in proposito l'assenso di una prova in ordine alla realizzazione di due distinte unità immobiliari in epoca successiva al 2.9.1967, ed evidenziando invece la circostanza che alla data del 6.5.1970 l'appartamento al piano internato e quello sovrastante già costituivano due distinte unità immobiliari, come tali indicate nell'atto di acquisto concluso dai L. con la venditrice R.; pertanto tale ultima considerazione, non oggetto di specifica censura in questa sede, ha implicitamente indotto la Corte Territoriale a ritenere irrilevanti altri elementi di eventuale segno contrario, in conformità del principio secondo cui spetta al Giudice di merito attingere il proprio convincimento da quelle risultanze probatorie che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso; al riguardo è sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti considerati nel loro complesso, pur senza una esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati o non accolti anche se allegati, perchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, a quelli utilizzati, come appunto nella fattispecie. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 1460 c.c. nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto, sulla base dell'avvenuto rilascio nel 1961 di un certificato per la destinazione ad uso ufficio dell'immobile per cui è causa, che in realtà tale certificato consentisse l'uso del bene come casa di abitazione. Il ricorrente assume invece che si era in presenza della avvenuta vendita di un bene destinato ad uso ufficio e non ad abitazione, come pattuito, circostanza che integrava la vendita di aliud pro alio o, in ogni caso, legittimava una eccezione ex art. 1460 c.c., invero regolarmente sollevata dall'esponente a seguito della opposizione a decreto ingiuntivo di cui al secondo dei tre giudizi sopra menzionati e successivamente riuniti. La censura è fondata. Il Giudice di Appello, nell'aderire al convincimento del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la domanda proposta dal D. di risoluzione della compravendita stipulata tra le parti per la mancata consegna della licenza di abitabilità, ha ritenuto che la accertata destinazione ad uso ufficio a far data dal 16.2.1961 dell'immobile in questione costituiva la prova dell'avvenuto rilascio del certificato di abitabilità. Orbene tale affermazione non può essere condivisa in quanto la ritenuta equivalenza tra destinazione di un immobile ad uso ufficio e destinazione ad uso abitativo contrasta con lo scopo peculiare della licenza di abitabilità nella vendita di immobili destinati ad abitazione, costituendo un elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato caratterizza il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali bene in relazione alla natura sua capacità di assolvere una determinata funzione economico - sociale e, quindi, di soddisfare i concreti bisogni che hanno indotto l'acquirente ad effettuare l'acquisto (Cass. 20.1.1996 n. 442), non vi è dubbio quindi che il certificato di abitabilità, in relazione alla sua evidenziata funzione, assicura il legittimo godimento e la commerciabilità del bene destinato ad abitazione (e non quindi ad uso ufficio), cosicchè la sua mancata consegna, determinando l'acquisto di un bene che presenta problemi di commerciabilità, implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo alla risoluzione del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi , può comunque essere fonte di un quadro danno risarcibile (Cass. 19.7.1999 n. 7681); nè a diverse conclusioni può giungersi sulla base del rilievo del Giudice di ingannevolezza primo grado, cui la Corte Territoriale sembra aver aderito, della concreta utilizzazione del bene ad uso abitativo da parte dei precedenti proprietari e dello stesso D., posto che tale circostanza è irrilevante (vedi in tal senso Cass. 3.7.2000 n. 8880), non incidendo sulla ridotta commerciabilità dell'immobile. Con il quarto motivo il ricorrente, deducendo violazione degli articoli 1439 e 1440 c.c., nonchè vizio di informative e motivazione, censura la sentenza impugnata per aver respinto la domanda di inadempimenti annullamento del Contratto di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio vendita stipulato tra le parti per dolo. Il D. afferma che tale domanda era basata su tre diverse circostanze, poichè i venditori avevano taciuto l'esistenza di interessi perseguito un contenzioso sorto prima del 1981 con il contratto - quello Condominio confinante riguardante la pericolosità del muro di far entrare il xxx in una rete confine successivamente crollato, l'esecuzione di affiliati collaudataopere abusive e l'avvenuto rilascio della licenza di abitabilità solo per uso ufficio, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia era quindi in presenza di un illecito comportamento antigiuridico del rappresentante (posto dei venditori diretto a trarre in inganno l'acquirente, determinandolo a porre in essere una attività negoziale che, senza il dolo, non avrebbe compiuto o avrebbe compiuto a condizioni diverse. La censura è infondata. Il Giudice di Appello, nel disattendere la domanda proposta dal D. ex articoli 1439 e 1440 c.c., ha escluso che il silenzio tenuto dai venditori in merito alla denuncia di danno temuto proposta nei confronti del Condominio di Via (OMISSIS) dal confinante Condominio di (OMISSIS) diversi anni prima della conclusione del Contratto di compravendita stipulato tra le parti fosse stato intenzionalmente diretto a trarre in inganno l'acquirente in ordine alle condizioni dell'immobile, ed inoltre ha aggiunto che l'appellante non aveva indicato alcun elemento specifico dal quale potesse desumersi che l'eventuale conoscenza della menzionata circostanza avrebbe influito sulla determinazione volitiva del D.; a tale riguardo la sentenza impugnata ha anzi evidenziato che una simile conseguenza appariva in contrasto con il cospicuo valore attribuito all'immobile nel Contratto, destinato ad essere limitatamente inciso da eventuali lavori che fossero stati eseguiti sul muro condominiale al fine di assicurarne la stabilità. Orbene tali rilievi, non oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente, sono decisivi soprattutto per quanto attiene alla mancata deduzione da parte dell'appellante di alcun elemento concreto dal quale potersi evincere che, qualora egli avesse conosciuto le sopra evidenziate circostanze, non avrebbe concluso il Contratto o avrebbe comunque preteso di stipulare a condizioni diverse. In linea di diritto deve invero assumersi che, pur potendo il dolo o colpa) omissivo viziare la volontà e determinare l'annullamento del Contratto, tuttavia esso rileva a tal fine solo quando l'inerzia della parte contraente si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia od astuzia, a realizzare l'inganno perseguito; pertanto il semplice silenzio, anche su situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuto l'altro contraente, non costituiscono causa invalidante del Contratto (Cass., 18.10.1991 n. 11038; Cass. 11.10.1994 n. 8295); la reticenza ed il silenzio quindi non sono sufficienti a costituire il dolo se non in rapporto alle circostanze ed al complesso del contegno che determina l'errore del "deceptus", che devono essere tali da configurarsi quali malizia o astuzia volte a realizzare l'inganno perseguito (Cass. 12.2.2003 n. 2104). Orbene nella fattispecie il D., cui incombeva il relativo onere probatorio, non ha dedotto tutti gli elementi necessari ad integrare il preteso dolo omissivo dei venditori con riferimento sia al contesto sopra evidenziato nel quale il silenzio da essi tenuto avrebbe dovuto inserirsi per essere rilevante, sia alla idoneità del silenzio stesso sulle circostanze sopra dedotte dal ricorrente ad incidere sulla determinazione volitiva dell'acquirente. Con il quinto motivo il ricorrente, denunciando violazione degli articoli 1490 - 1492 - 1494 e 1495 c.c. nonchè vizio di xxxxx causale con danno ingiusto provocato motivazione, censura la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda di garanzia per i vizi che caratterizzavano l'immobile, non avendo considerato che la denuncia di tali vizi, essendo essi occulti, non era necessaria, e che l'azione relativa era stata tempestivamente esercitata il 17.2.1994. La censura è infondata. La Corte Territoriale ha rigettato il motivo di appello al terzo ma altresì riguardo proposto dal D. sulla base del rilievo dell'avvenuta maturazione del termine annuale di prescrizione, decorrente dalla consegna della casa, entro il quale deve essere esercitata l'azione di garanzia per i vizi, posto che i fatti (dolosi o colposi) generatori la consegna dell'immobile era avvenuta il 10.12.1991 contestualmente alla stipula dell'atto di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante compravendita, e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;la suddetta azione era stata proposta allorchè il suddetto termine era ampiamente trascorso.

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Samples: Contratto Di Apertura Di Credito:…………………………pg. 74 Cass. 14470/2005:

Motivi della decisione. E’ documentalmente provato 1. Il resistente ha addotto l'inammissibilità del ricorso per Cassazione, ritenendolo tardivo in quanto non sarebbe possibile cumulare due sospensioni dei termini per il periodo feriale. Tale eccezione (v. docin senso lato, in quanto attinente a profilo rilevabile anche d'ufficio) non è fondata. 1 attoreo) che La sentenza impugnata fu depositata il 17 luglio 2000. Da tale data prese a decorrere il termine annuale di decadenza ex art 327 c.p.c. (in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato quanto essa non risulta notificata, com'è incontroverso), termine da calcolare ex nominatione dierum. cioè prescindendo dal numero dei giorni da cui è composto ogni singolo mese o anno, ai sensi dell'art. 155, comma 2, del codice di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***rito civile (Cass., sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente11 agosto 2004, n. 15530; 3 giugno 2003, n. 8850; 7 luglio 2000, n. 9068). n detto termine, dunque, veniva a scadere il 17 luglio 2001, ma esso doveva essere prolungato di 46 giorni (calcolati ex numeratione dierum. ai sensi del combinato disposto degli artt. 155, comma 1, c.p.c. e 1 comma 1, L. n. 742 del 1969: v. giurisprudenza ora cit.) per la sospensione durante il periodo feriale. Pertanto, dopo i primi 14 giorni (17/31 luglio 2001), i residui 32 giorni non giunsero a compimento il 1 Settembre 2001 (ricadente nel c.d. periodo feriale) ma presero a decorrere dopo la detta sospensione, cioè dal 16 settembre 2001 (incluso), giungendo a compimento il 17 ottobre 2001. Poiché il ricorso per Cassazione risulta notificato il 10 ottobre 2001, l'impugnazione si rivela tempestiva. La società tesi del resistente, secondo cui non sarebbe possibile cumulare due periodi di sospensione, non può essere condivisa. Essa non trova riscontro nel dettato normativo ed anzi contrasta con la ratio della legge n. 742 del 1969, che - salve le eccezioni previste - ha comunque inteso evitare il decorso dei termini processuali nell'arco di tempo considerato da tale legge. Il punto, del resto, è stato già trattato da questa Corte, la quale ha affermato il principio secondo cui il termine annuale di decadenza dall'impugnazione che, qualora sia iniziato a fronte decorrere prima della sospensione dei termini durante il periodo feriale, deve essere prolungato di 46 giorni (non dovendosi tenere conto del versamento periodo compreso tra il 1 agosto e il 15 settembre di un contributo ciascun anno) è suscettibile di affiliazione ha concesso al xxxx ulteriore analogo prolungamento quando l'ultimo giorno di detta proroga venga a cadere dopo l'inizio del nuovo periodo feriale dell'anno successivo (Cass., 8 gennaio 2001, n. 200; 20 marzo 1998, n. 2978). Ed a tale principio il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliaticollegio intende dare continuità, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione esso conforme alla lettera ed alla ratio della citata legge n. 742 del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;1969.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato Con ricorso ex artt. 670 e 700 c.p.c. datato 20/07/2017, la X ha adìto l intestato Tribunale, chiedendo: a) autorizzarsi il sequestro giudiziario dell impianto nonché dei suoi componenti, documentazione e know how — di cui al contratto intercorso con la Y s.p.a. fino alla consegna del bene o alla pronuncia di condanna alla consegna del medesimo; b) in subordine, ai sensi dell art. 700 c.p.c., xxxxxxsi (v. doceventualmente con irrogazione di sanzione per ogni singola violazione accertata) alla Y di disporre materialmente o giuridica- mente del suddetto bene e dei suoi accessori sempre fino alla consegna del bene o alla pronuncia di condanna alla consegna del medesimo. 1 attoreo) che A fondamento delle proprie domande, la società istante ha allegato, in punto di fatto, quanto segue. La Y è proprietaria di un sito produttivo ubicato in (omissis), il quale è in corso di dismissione. La X e quest ultima società hanno stipulato, in data 16/03/2004 *** *** ha concluso 18/09/2016, un contratto denominato con il quale è stato pattuito: a) l acquisto (per il prezzo di “affiliazione commerciale” che è incontestato Euro 10.000.000,00) dell impianto industriale ubicato presso lo stabilimento di (omissis), unitamente al know how ed ai documenti necessari per il suo funzionamento; b) il trasferimento (per il prezzo di Euro 200.000,00) di detto impianto dall Italia in giudizio essere intercorso Sri Lanka, ove la Y sta realizzando, in virtù di accordi con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona il Governo locale, un sito produttivo; c) l esecuzione, da parte della legale rappresentante *** ***X, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles delle operazioni di smantellamento, imballaggio, riassemblaggio ed installazione di tale bene (soggetto risultato inesistenteal prezzo di Euro 1.900.000,00); d) il trasferimento del know how e della documentazione relativa al funzionamento dell impianto presso il sito ubicato in Sri Lanka (al prezzo di Euro 1.900.000,00). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di Il corrispettivo totale (Euro 14.000.000,00) avrebbe dovuto essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte così pa- gato: Euro 4.200.000,00 entro giorni sette dalla stipula del contratto ed altresì dato atto della esistenza di il residuo con le modalità indicate in una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali lettera di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra credito” bancaria, il cui contenuto avrebbe dovuto essere concordato fra le parti, da emettersi nel mese di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazionegennaio dell anno 2017. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.200521/09/2016, la richiesta X ha versato la somma di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) Euro 4.200.000,00. Nei mesi seguenti sono proseguite le attività di un marchio diverso sia smantellamento dell impianto ed il Governo dello Sri Lanka ha individuato l area su cui deve sorgere il nuovo stabilimento industriale. In data 11/01/2017, la Y ha trasmesso alla X il progetto di massima relativo alla spedizione delle componenti dell impianto e quest ultima si è attivata per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete porre in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura essere gli adempimenti necessari all esecuzione del contratto. A ciò si aggiunga In data 14/01/2017 e 16/01/2017, la X ha chiesto alla Y di fornire maggiori dettagli rispetto al piano delle spedizioni, atteso che la *** *** s.r.lBanca chiamata ad emettere la “lettera di credito” li riteneva necessari, e la parte venditrice ha fornito dette integrazioni in data 16/01/29017. La X, dal canto suo, si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente attivata per ottenere la suddetta “lettera” ed ha continuato le attività preliminari alla realiz- zazione dello stabilimento in Sri Lanka, sostenendo spese per Euro 10.000.000,00 e segnatamente: non preventivandone altre per Euro 25.000.000,00. proprio interesse alla prosecuzione dei rapporti. Nei mesi di marzo ed aprile dell anno 2017, è stato completato l iter auto- rizzativo in Sri Lanka e nello stesso periodo alcuni componenti del C.d.A. della Y si sono recati sul luogo ove deve essere realizzato il sito produttivo. In data 09/05/2017, la X ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto chiesto alla Y di contratto; non fornire le coordinate bancarie per addivenire all emissione della “lettera di credito”. In data 10/05/2017, tuttavia, la resistente ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare comunicato la risoluzione del contratto e ciò sul presupposto che la società odierna ricorrente non avrebbe rispettato il termine, ritenuto essenziale, per grave inadempimento la finalizzazione della società convenuta “lettera di credito”. Successivamente, i rapporti fra le parti sono continuati ed in data 15/06/2017 la BANCA COMMERCIALE Di ABU DHABI ha trasmesso alla X la bozza finale della “lettera di credito”. A seguito di un incontro con la Y, è emerso che quest ultima avrebbe intenzione di vendere l impianto ad un terzo. In punto di diritto, invece, la X ha allegato, avuto riguardo al fumus boni iuris, quanto segue. Le controversie fra le parti sono state devolute ad un collegio arbitrale avente sede a Zurigo ed amministrato secondo il Regolamento Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale (di seguito anche “International Chamber of Com- merce” o “I.C.C.”) e la legge applicabile è, ai sensi del contratto, quella svizzera. L art. 1453 c.c2 del codice civile svizzero statuisce che “Il manifesto abuso del proprio diritto non è protetto dalla legge”, mentre l art. Ne consegue 107 del codice svizzero delle obbligazioni dispone che, qualora sia assegnato al debitore un termine per l adem- pimento e quest ultimo non sia eseguito, il creditore può domandare l adempi- mento medesimo oppure dichiarare espressamente, ma immediatamente, di rinun- ciarvi e, conseguentemente, recedere dal contratto oppure chiedere il risarcimento del danno. La Convenzione sui Contratti per la condanna Vendita Internazionale di Beni Mobili (di seguito anche “Convenzione”), agli artt. 25 e 64, statuisce che solo l inadem- pimento essenziale può portare alla risoluzione del Contratto, dovendosi, tuttavia, parametrare l essenzialità alle conseguenze ricadenti sull altra parte del contratto. La medesima Convenzione, poi, statuisce che la risoluzione può essere dichiarata solo qualora alla scadenza del termine pattuito sia fissato un nuovo termine per adempiere. Nel caso che occupa, la risoluzione comunicata priva di qualsivoglia effetto, atteso che: a) il termine pattuito non è essenziale, come dimostrato pure dal fatto che la Y ha proseguito nelle trattative sino al mese di aprile dell anno 2017; b) la resistente, né ha manifestato immediatamente, ossia alla scadenza del termine, la volontà di risolvere il contratto, né ha assegnato alla X un ulteriore termine per adempiere. La Y, inoltre, ha agito in mala fede, in quanto ha incassato l acconto e solo dopo diversi mesi dalla scadenza del termine per adempiere, dopo avere intensi- ficato i rapporti con la X, così inducendola a proseguire le attività d estero per la realizzazione del sito industriale, ha improvvisamente manifestato la volontà di recedere dal contratto. Quanto al periculum, invece, la X ha dedotto che la condotta della società convenuta alIa restituzione Y è lesiva dei suoi interessi, in quanto rende impossibile la realizzazione del contributo sito industriale in Sri Lanka e rende vani i cospicui investimenti effettuati; il bene, inoltre, sta per essere alienato a terzi e non è possibile reperirne altro identico sul mercato in tempi brevi. Radicatosi il contraddittorio, si è costituita in giudizio la Y, la quale ha in via pregiudiziale eccepito il difetto di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data giurisdizione del pagamento giudice italiano, stante la malafede clausola compromissoria inserita nell art. 15, comma 2, del contratto, ai sensi della società convenutaquale le parti del presente giudizio hanno consensualmente stabilito di sottoporre l intero rapporto contrattuale e le relative vicende esclusivamente alla legge svizzera e di devolvere ogni controversia derivante e/o connessa ad esso ad un arbitrato internazionale con sede in Svizzera, amministrato secondo il Regola- mento Arbitrale della I.C.C. ed interamente governato dalla legge svizzera. La stessa va altresì condannata stante In via preliminare, invece, la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 Y ha eccepito l inammissibilità del ricorso per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa non essere stato assolto da parte ricorrente l onere probatorio relativo alla lex contractus (doc. 20 attoreolegge svizzera) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo della sussistenza dei presupposti della cautela invocata: siccome il Tribunale adito dovrebbe giudicare applicando la legge straniera non solo per delibare in ordine alla sussistenza del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con fumus boni iuris e del periculum in mora, ma pure in ordine a tutti gli aspetti processuali dell ini- ziativa giudiziale, la Ferrara TVA s.p.a. è risultato X avrebbe dovuto ben evidenziare — non operando, attesa l eccezionale complessità dell attività di ricerca e di interpretazione della legge straniera, il principio jura novit curia — quali sono i criteri posti dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca legge svizzera per l emissione dei fatti di tale società) che l'affare provvedimenti cautelai, ma ciò non ha più avuto seguito " fatto. Inammissibile, sarebbe, sempre secondo la Y, il ricorso per sequestro giudi- ziario ex art. 670 c.p.c., e ciò per due motivi: a) perché detto sequestro non può essere concesso laddove il giudizio di merito tenda, come accade nel caso che occupa, ad attribuire la proprietà o il possesso in conseguenza della decisione su azioni contrattuali oppure la restituzione della cosa di cui altri ne abbia la detenzione in virtù della decisione su azioni personali; b) perché, siccome il codice civile svizzero non conosce il principio del trasferimento consensuale del diritto, ma il principio di astrattezza, per effetto del quale un contratto che ha ad oggetto il trasferimento della proprietà non trasferisce quest ultima per mezzo del mero consenso, ma obbliga l alienante a causa trasferire la proprietà del bene venduto all acquirente, la proprietà dei beni oggetto del contralto non è affatto contro- versa, essendo attualmente in capo alla Y. Nel merito, invece, la società resistente ha eccepito quanto segue. Innanzitutto, al contrario di mancati finanziamenti " quanto afferma parte ricorrente, non esiste alcuna partnership, fra la X e la resistente, avente ad oggetto la realizzazione del sito produttivo all estero: nel caso che occupa viene in rilievo unicamente un contratto di compravendita, per cui la Y è estranea alle vicende fra la X ed il Governo dello Sri Lanka. In secondo luogo, nel caso in esame assume rilievo il solo comportamento tenuto dalle parti del contratto e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno quello posto in essere vari comportamenti causativi da terzi, ossia da società di danno tali esse controllanti o da comportare loro responsabilità esse controllate, nonché dal Governo dello Sri Lanka. Quanto al fumus boni iuris, la resistente ha dedotto quanto segue: a) la Y ha tempestivamente adempiuto a tutte le proprie obbligazioni ed ha messo la X in condizione di adempiere tempestivamente alle proprie; la mancata esecuzione del contratto, pertanto, è imputabile unicamente a quest ultima società, la quale non è stata in grado di ottenere, alla scadenza pattuita, la “lettera di credito” promessa e, di conseguentemente, è inadempiente; b) nel caso di specie, al contrario di quanto afferma la X, non era necessario concedere alcun termine per l adempi- mento e quello pattuito in contratto era senza dubbio essenziale: il codice svizzero delle obbligazioni, infatti, statuisce, dell art. 108, che la fissazione di un termine per l adempimento tardivo del contratto non è necessaria, tra l altro, quando dal contegno del debitore risulti che essa sarebbe inutile e quando dal contratto risulti l intenzione dei contraenti che l obbligazione debba adempirsi esattamente ad un tempo determinato oppure entro un dato termine; c) anche ex art 2043 c.cil dettato letterale dell art. 25 della Convenzione è inequivocabile in tal senso: detto articolo, infatti, statuisce che “Una violazione del contratto commessa da una delle parti è essenziale se causa all’altra parte un pregiudizio tale da privarla sostanzialmente di quello che questa parte era in diritto d’attendersi dal contratto, a meno che la parte inadem- piente non potesse prevedere siffatto risultato e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome una persona ragionevole della stessa qualità, posta nella stessa situazione, pure non l’avrebbe previsto” e per conto della società conducendo consolidata giurisprudenza internazionale la mancanza di una ‘‘lettera di credito” secondo le trattative sfociate nel condizioni pattuite fra le parti è chiaramente riconducibile alla nozione di violazione essenziale del contratto; orbene poichè vige d) sempre la regola Convenzione, all art. 54, stabilisce che “L’obbligo del compratore di pagare il prezzo comprende quello di prendere le misure e di compiere le formalità destinate a permettere il pagamento del prezzo che sono previste dal contratto o dalle leggi e dai regolamenti”, dal che consegue che la Y non può invocare come causa esimente il comportamento tenuto dalla Banca e dal Governo dello Sri Lanka; e) non sono vere la circostanze relative all incontro fra le parti del contratto a Dubai ed alla presenza del management della produzione Y in Sri Lanka, per cui non può sostenersi che la resistente avrebbe tollerato l inadempimento ed indotto la X a confidare nel trasferimento della proprietà del bene oggetto dell accordo contrattuale. Quanto al periculum in mora, invece, la Y ha eccepito, per un verso, che non vi è prova alcuna degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale investimenti effettuati dalla X in se Sri Lanka e, per altro verso, che non è fonte affatto vero che l impianto oggetto del contratto sta per essere venduto a terzi e che comunque di responsabilità contrattuale detto fatto non vi è prova alcuna, neanche indiziaria. All udienza del rappresentante verso 04/08/2017, il terzo; G.D., uditi i procuratori delle parti, si è riservato la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità decisione, concedendo termine per il deposito di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza note e di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;repliche.

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Motivi della decisione. Con il proposto ricorso la societa' CO.GI.FE., denunciando violazione di legge, ultrapetizione - Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, in specie articoli 1 e 9, nonche' violazione e falsa interpretazione dell'articolo 26 del CCNL per le imprese di pulizia del 21 maggio 1993, illogicita' e contraddittorieta', ed ancora violazione del messaggio I.N.P.S. n. 5143 del 14.2.2005, lamenta che la Corte di Appello di Campobasso abbia erroneamente sostenuto che l'orario minimo, assolvendo alla funzione di garantire al lavoratore a tempo parziale un minimo retributivo, sarebbe eluso, se fosse riducibile agli effetti della retribuzione. Altrettanto erroneamente, pertanto, il Giudice a quo avrebbe ritenuto che al lavoratore a tempo parziale di un'impresa di pulizie, anche quando sia impiegato per meno di 14 ore settimanali, debba essere corrisposto un salario ragguagliato all'orario minimo, con la conseguenza che l'impossibilita' di raggiungere detto orario minimo rientrerebbe nell'ambito dei rischi aziendali. Ad avviso della ricorrente, tale lettura degli atti di causa costituirebbe una deviazione dal petitum e dalla causa petendi, concernenti la disciplina previdenziale e non l'entita' e quantita' delle retribuzioni, salvo a non confondere il rapporto previdenziale con il rapporto di lavoro. Il motivo, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, e' infondato. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) ' principio ripetutamente affermato da questa Corte che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 l'interpretazione del contratto e negli allegati facenti parte - individuale o collettivo di diritto comune - e' riservata al giudice del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di trattative legittimita', a un sindacato che e' limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo di una motivazione coerente e poi trafuso nel contratto circa logica. Nell'interpretazione dei contratti, ivi inclusi i contratti collettivi di diritto comune, i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia in forza del quale i canoni strettamente interpretativi - tra i quali risulta prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole - prevalgono su quelli interpretativi - integrativi; l'indagine sulla corretta applicazione di essi compete al giudice di merito e non e' sindacabile in sede di legittimita' se correttamente motivata (ex plurimis, Cass. 25 ottobre 2005 n. 20660). Piu' in dettaglio - secondo la richiamata giurisprudenza - l'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune si risolve in un accertamento di fatto che si trattasse riservato al giudice del merito e, come tale, puo' essere denunciata, in sede di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” legittimita', soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (v. doc.3) articolo 1362 c.c. e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole ss., in relazione ai suddetti profiliall'articolo 360 c.p.c., vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelaren. 3) e tale provvedimento è divenuto definitivo oppure per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete vizio di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attoremotivazione (articolo 360 c.p.c., da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo5), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova ricorrente, tuttavia, di elementi che consentano indicare specificamente il punto ed il modo in cui l'interpretazione si discosti dai canoni di determinare tale danno che ermeneutica o la motivazione relativa risulti obiettivamente carente o logicamente contraddittoria, non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto speratopotendosi, invece, limitarsi a contrapporre - inammissibilmente - interpretazioni o argomentazioni alternative - o, comunque, diverse - rispetto a quelle proposte dal giudice di merito ed investite dal sindacato di legittimita', esclusivamente, sotto i profili prospettati. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro Nella specie, il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore Giudice a quo ha assunto che scandito il suo ragionamento attraverso i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;seguenti passaggi:

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Motivi della decisione. E’ documentalmente Il ricorso va accolto. L’atto di conferimento del mandato de quo è stato allegato al ricor- so; risulta agli atti che detto mandato è stato conferito “in xxx xxxxxxx- xx”, e che è stato regolarmente depositato presso la F.I.G.C., in puntu- ale osservanza delle vigenti disposizioni in materia; risulta, altresì, che l’A.C. Ancona s.p.a. ha sottoscritto il contratto di prestazione sportiva con il calciatore al quale il mandato de quo si riferiva; è documental- mente provato che il corrispettivo pattuito è stato globalmente quanti- ficato in euro 20.000,00, più iva, da corrispondere in due rate di pari importo, e che il termine fissato per il pagamento della prima rata è ampiamente scaduto; vi è prova, infine, che il pagamento, pur ricono- sciuto e promesso in esito a sollecito (v. doce.mail del 1° febbraio 2010, a firma Bontempi della A.C. Ancona s.p.a.), non è avvenuto. 1 attoreo) Le suddette circostanze e i documenti che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso le attestano non vengono contestate dalla Società intimata. Questa si limita ad asserire che il contratto di mandato sarebbe un contratto denominato simulato, senza però allega- re alcun argomento o elemento di “affiliazione commerciale” che è incontestato prova in giudizio essere intercorso merito; e senza allegare al- cunché neppure in merito ai requisiti di cui all’art. 118 c.p.c., necessa- ri a giustificare la formulata richiesta di esibizione ex art. 210 c.p.c. del contratto di mandato che, per lo stesso giocatore, A.C. Ancona s.p.a. avrebbe sottoscritto con l’affiliante *** *** s.r.laltro agente di calciatori. bella persona della legale rappresentante *** ***Xxxxxx, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento dunque, ritenersi sussistenti ed operativi tutti gli elementi costitutivi, così come le condizioni di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare esigibilità del diritto all’utilizzazione reclamato dal ricorrente. A.C. Ancona s.p.a. va, pertanto, condannata al paga- mento della somma richiesta dal ricorrente, con gli interessi legali dal- la data del marchio depositato 25 marzo 2010, data della domanda, al saldo, e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(val rimborso delle spese. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa L’Arbitro unico, definitivamente pronunciando, accoglie il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatoricorso e, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete l’effetto: condanna A.C. Ancona s.p.a.: - al pagamento al sig. Xxxxxxx Xxxx dell’importo di euro 10.400,00, ol- tre interessi legali dalla data della domanda al saldo; - al pagamento delle competenze dell’arbitro, che liquida in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso euro 700,00 oltre accessori di legge decorrenti e rimborsi delle spese documentate di trasferta dalla data del propria sede (Macerata) alla sede dell’arbitrato; - al rimborso a controparte delle spese di lite, che liquida in euro 700,00, oltre accessori di legge; - al pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione integrale dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi diritti amministrativi per il resto prova Tribunale na- zionale di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto speratoarbitrato per lo sport. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano Così deliberato, il 7 giugno 2010, e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda sottoscritto in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;numero tre origi- nali.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. docCon il primo motivo il ricorrente ha prospettato la violazione e/o falsa applicazione del X.X. 00 novembre 1923, n. 2440, artt. 1 attoreo) 16 e 17 nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Il ricorrente deduce che erroneamente la corte territoriale avrebbe ritenuto che il requisito della forma scritta, prescritto da R.D. n. 2440 del 1923, sarebbe soddisfatto solamente dalla sottoscrizione del disciplinare di incarico, essendo al contrario principio assolutamente consolidato quello per il quale il requisito della forma scritta potrebbe essere integrato senza contestualità delle sottoscrizioni delle parti. Il motivo non merita accoglimento. Per il contratto d'opera professionale, quando ne sia parte una pubblica amministrazione e pur ove questa agisca iure privatorum, è infatti, richiesta, in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un ottemperanza al disposto del X.X. 00 novembre 1923, n. 2240, artt. 16 e 17 come per ogni altro contratto denominato di “affiliazione commerciale” stipulato dalla pubblica amministrazione stessa, la forma scritta ad substantiam, che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.lstrumento di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa nell'interesse sia del cittadino, costwitwuwe.ncodmopararzeiomneodirriattociavdile.itarbitrii, sia della collettività, agevolando l'espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d'imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione posti dall'art. bella persona della legale rappresentante *** ***97 Cost.; pertanto, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società il contratto deve tradursi, a fronte pena di nullità, nella redazione d'un apposito documento, recante la sottoscrizione del versamento professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto rappresentare l'Ente interessato nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del contratto rapporto con le indispensabili specifiche e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete puntuali determinazioni in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove ordine sia alla prestazione da rendere sia al compenso da corrispondere (e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profilipluribus, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ17.5.2010 n. 12032; Cass. sez1.4.2010 n. 8000; Cass. III sentSU. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto22.3.2010 n. 6827; Cass. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l26.10.2007 n. 22537; Cass. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto26.1.2007 n. 1752; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9Cass. 19.10.2006 n. 22501; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;Cass.

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Motivi della decisione. Con il primo motivo, la U. spa deduce violazione del dpr 917/86, art. 75, comma 5, (ora art.109 comma 5), ex art.360 c.p.c., n. 3. Sostiene che la tesi della CTR, secondo cui i macchinari dati in comodato non sono mai entrati nel ciclo produttivo della azienda, e non hanno generato ricavi, con ciò venendo meno il requisito della inerenza dei costi, o errata, in quanto la norma di cui al dpr 917/86, art. 75 (T.U.I.R.) deve essere interpretata nel senso che la inerenza dipende dall'esercizio della attività imprenditoriale tesa a formare il reddito di impresa. Con il secondo motivo, deduce insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la CTR, asserendo che dal comodato a società terze non derivavano ricavi alla comodante, non aveva spiegato perchè il comodato, effettuato con le modalità e le finalità di cui sopra, non fosse idoneo a generare ricavi, dato che la merce prodotta all'estero con i macchinari in questione era commercializzata in Italia dalla Un. s.p.a., con conseguimento di ricavi. Con il terzo motivo, deduce omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la sentenza impugnata si era limitata ad accogliere l'appello dell'Ufficio in ordine alla inesistenza dei requisiti per la I primi due motivi, strettamente connessi, devono essere esaminati congiuntamente. E’ documentalmente provato ' stato infatti affermato da questa Corte Cass. n.16826 del 30/07/07 che affinchè un costo sostenuto da un imprenditore sia fiscalmente deducibile dal reddito di impresa non è necessario che questo sia stato sostenuto per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di quel reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato alla impresa in quanto tale, e cioè sia stato sostenuto al fine di svolgere una attività idonea a produrre utili. È stato anche ammessa l'inerenza di costi per acquisto di beni anche se prodromiche all'espletamento di nuove attività consentite dall'oggetto sociale , e quindi non immediatamente produttive di ricavi (v. docCass. 1 attoreon. 7808 del 2008) e, più in generale, nell'ambito delle strategie di gruppo, in cui il fine di profitto deve essere visto in un contesto più ampio rispetto all'imprenditore singolo. Nella fattispecie, è stato infine ritenuto (Cass. n. 465 del 2009) che una attività di impresa può essere svolta anche attraverso un procedimento complesso caratterizzato dalla esternalizzazione di fasi più o meno ampie di produzione, dove un soggetto conserva la proprietà ed il controllo dei beni di produzione affidati a terzi per costruire e fornire i beni richiesti, che cedono così la proprie utilità alla impresa proprietaria e non a quella utilizzatrice. Con la conseguenza che i relativi costi possono essere ammessi al processo di ammortamento in data 16/03/2004 *** *** ha concluso capo al soggetto proprietario concorrendo alla realizzazione del suo programma economico nella misura in cui consentono alla comodante di ottenere i beni prodotti con le macchine date in comodato ad un contratto denominato prezzo inferiore a quello praticabile ove la comodataria avesse dovuto accollarsi l'inerenza dell'acquisto in proprio de beni strumentali necessari alla produzione. Tale principio tuttavia presuppone, come dato di “affiliazione commerciale” fatto, che tutto il rapporto di "esternalizzazione" sia documentato in modo idoneo nel senso che il vantaggio derivante dalla delocalizzazione della produzione sia specifico e predeterminato, sicchè sia percepibile la integrazione tra il ciclo produttivo interno alla impresa e quello affidato a terzi, e la natura e la entità dell'apporto reso dalla attività del terzo al miglioramento dei conti economici della impresa, anche nella forma del risparmio di spesa. In particolare, nel caso in cui la comodatami, come pare di intendere dal ricorso, realizzasse capi finiti e pronti per la vendita, manca la prova di una obbligazione della comodataria a rivendere le merci prodotte alla comodante ad un prezzo predeterminato tale da giustificare la operazione complessiva di delocalizzazione della produzione. Nè può intendersi che il vantaggio economico sia intrinseco alla dazione in comodato delle macchine ai terzi, in quanto è ben possibile che la operazione fosse diretta ad ottenere utilità di tipo diverso, favorendo l'aumento di profitti non già della società comodante, ma delle controllate estere. Anche il terzo motivo è infondato. La motivazione è senza dubbio sintetica, ma condivisibile, nel senso che, ai sensi dell'art. 3 citato, i beni strumentali nuovi acquistati devono appartenere in senso sia contabile che economico a strutture produttive situate nel territorio dello Stato. E' certamente vero che è incontestato indifferente che tali beni dopo l'acquisto siano impiegati nello stato od all'estero, purchè però rimangano nella disponibilità e nell'uso dell'acquirente dei beni. Nella specie, con il comodato ad una società estera l'acquirente si priva della disponibilità e dell'uso dei beni, sui quali, in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona pendenza di contratto, non esercita alcun potere di controllo, demandato invece a soggetto economico non ubicato nel territorio della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliatoStato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante si verifica pertanto il presupposto della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della societàagevolazione fiscale. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di Il ricorso deve essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;quindi rigettato.

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Samples: Comodato Di Beni Strumentali E Detrazione Quote Di Ammortamento Per Il Comodante. Profili Civilistici E Fiscali

Motivi della decisione. E’ documentalmente provato Con l’unico mezzo la ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1662, 1665, 1668, 1260 ss. e 1458 Codice civile in rela- zione all’art. 360 n. 3 Codice di procedura civile censura la sentenza impugnata per avere afferma- to l’inopponibilità, da parte di essa debitrice ce- duta al factor cessionario, della risoluzione del contratto di appalto con l’Impresa Xxxxxxx, avve- nuta ai sensi dell’art. 1662, secondo comma Co- dice civile, dopo la comunicazione e l’accettazio- ne della cessione dei crediti, senza rilevare che: - per regola generale, nel caso di cessione di cre- diti, il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente; - nella specie, trattandosi di acconti corrisposti in corso d’opera sulla base degli stati di avanza- mento dei lavori, si era in presenza di crediti non pieni ed incondizionati, ma incerti e provvisori (v. docatteso che l’unico credito dell’appaltatore al pa- gamento del corrispettivo diventa certo, liquido ed esigibile solo dopo l’ultimazione, la verifica e l’accettazione dell’opera), che non pregiudicano la sussistenza e la misura del credito finale; - che, pertanto, l’avvenuta risoluzione del con- tratto di appalto per inadempimento pacifico dell’appaltatore Impresa Xxxxxxx, non ha impor- tato l’estinzione di tali crediti per fatto sopravve- nuto, ma ne ha impedito l’insorgenza, stante l’ef- ficacia retroattiva della risoluzione ex art. 1 attoreo1458, primo comma, Codice civile. Ancorché non tutte le suesposte prospettazioni siano condivisibili, la doglianza è sostanzialmen- te fondata; e valga il vero. Va innanzi tutto precisato che gli acconti dovuti dal committente in corso d’opera correlati agli stati di avanzamento dei lavori, pur avendo carat- tere provvisorio e non definitivo (nel senso che la loro corresponsione non pregiudica nessuna que- stione circa l’esattezza dell’adempimento dell’appaltatore e la determinazione del credito finale di quest’ultimo), costituiscono veri e pro- pri crediti, per il conseguimento dei quali l’appal- tatore può agire in giudizio senza attendere l’ap- provazione del collaudo (Xxxx. 6 marzo 1980, n. 1513); pertanto la tesi del ricorrente che esclude, con riguardo agli acconti in corso d’opera, la na- tura di crediti perfetti, non è condivisibile. Chiarito quanto innanzi, nella presente causa si verte in tema di factoring, cioè di un istituto che la pratica degli affari ha ripreso dall’esperienza americana: nel factoring si ha una complessa ne- goziazione nell’ambito della quale, essenzial- mente, si configura l’impegno prestato da una parte (factor) di rendersi cessionario di tutto o di una parte dei crediti già maturati o che mature- ranno a favore di un imprenditore a seguito di forniture o scambi di beni o servizi; ed ancorché il nucleo essenziale del negozio sia costituito dal- la cessione dei crediti d’impresa, esso non si esaurisce nella sola cessione, poiché altrimenti non si differenzierebbe dall’istituto tipico disci- plinato dall’art. 1260 ss. Codice civile. Tuttavia fin dalle prime decisioni la giurisprudenza ha ap- plicato pedissequamente, in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un materia di factoring, proprio le norme sulla cessione dei crediti; e mal- grado autorevole dottrina abbia denunciato che una rigida applicazione di tali norme possa ritar- dare sensibilmente la speditezza di un’operazio- ne escogitata, nei paesi di capitalismo avanzato, nel quadro dei nuovi strumenti di finanziamento indiretto delle imprese, anche il recente e singo- lare intervento legislativo in materia (legge 21 febbraio 1991, n. 52 rubricata come “disciplina della cessione dei crediti di impresa”), recita te- stualmente che “resta salva l’applicazione delle norme del codice civile per le cessioni di credito” (art. 1, n. 2, legge cit.). Trattasi di una normativa che lungi - forse intenzionalmente - dal fornire una disciplina organica del contratto denominato di factoring (neppure menzionato con l’espressione anglofo- na a favore della generica dizione di “affiliazione commerciale” che disciplina dei crediti di impresa”), ha quantomeno risolto i dubbi originariamente insorti circa la cedibilità di crediti futuri e di crediti in massa (art. 3); cosic- ché per rinvenire una regolamentazione più com- pleta deve farsi riferimento alla legge 14 luglio 1993 n. 260 di ratifica ed esecuzione della Con- venzione Unidroit sul factoring internazionale di Ottawa del 28 maggio 1988. Ora problema fondamentale - e decisivo ai fini della presente causa - è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***quello di stabilire quali ec- cezioni siano opponibili, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti da parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza debitore ce- duto, al factor-cessionario, poiché a differenza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” stabilito per la delegazione (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. docart. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato1271 Codi- ce civile), per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggettil’espromissione (art. 1272 Codice civile) e per le obbligazioni solidali (art. 1297 Co- dice civile), in tema di cessione dei crediti né il co- dice civile, né la commercializzazione legge n. 52 del 1991 cit. hanno previsto una normativa apposita che disciplini il trasferimento delle eccezioni, così come per le azioni. In dottrina, escluso che la questione possa essere risolta sulla base di prodotti in relazione un generico richiamo ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcunoprincipi espressi dagli artt. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale 1263 (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 effetti della ces- sione sugli accessori del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09credito) e nella fattispecie è indubbia la gravità 1248 Codice ci- vile (inopponibilità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreocompensazione), con maggiorazione ovvero della regola giurisprudenziale per cui il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezio- ni che avrebbe potuto opporre al cedente, si sono distinte due serie di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;eccezioni:

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc1. 1 attoreo) che Con atto notificato il 30 novembre 2011, la ditta V. di P. O. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n 27665/11 emesso dal tribunale di Milano, con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di euro 27.000,00, esponendo che: -era subentrata, con accordo di cessione di contratto nell’accordo di merchandising sottoscritto il 27/1/2009 da S. a favore di R. - Tale accordo consisteva in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato una lettera contrattuale imposta da R. in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza ragione di una “rete serie di incontri precedentemente intercorsi tra i responsabili di R. e i sub-licenziatari in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali occasione dei quali R. aveva presentato il piano marketing; gli ideatori del progetto avevano rappresentato ai sub-licenziatari prospettive di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza grande successo delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatonuove serie animate programmate su Italia 1, per la commercializzazione durata i tre anni, nella fascia oraria 14- 15; orario di punta per il target di ragazzi cui erano rivolte, ottenendo così l’adesione ai contratti; - dopo la stipula del contratto, X. perdeva interesse al progetto e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( non rispettava gli impegni assunti con i sub-licenziatari; dapprima spostava la fascia oraria di programmazione, poi riduceva la programmazione a due volte la settimana e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante spostava su B., quando la ricezione del digitale non era depositario ancora operativa in tutte le regioni, quindi la spostava nuovamente di marchio alcunodomenica; quanto alla serie animata K., oggetto del secondo contratto, interrompeva del tutto la programmazione poco tempo dopo la stipula. L’obbligo - I prodotti realizzati dall’ opponente in forza dei contratti di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 sub-licenza rimasero del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo)tutto invenduti, con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per una perdita economica quantificabile in euro 20.000,00; - vi era una grave sproporzione tra il prezzo e il valore della cosa venduta; la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità clausola contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità minimo garantito era vessatoria in quanto limitativa della facoltà di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;opporre eccezioni.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) Il Giudice a quo ha qualificato il contratto intercorso tra i due coniugi come negozio atipico, denominandolo precario immobiliare, affermando che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte del versamento esso si distingue dal comodato per la presenza di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender corrispettivo, e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatolocazione, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) durata indeterminata e per la commercializzazione finalità della custodia. Ha pertanto ritenuto legittima la domanda proposta da An. Pe. La ricorrente denuncia la violazione dell'art. 1594 e degli artt. dal 1406 al 1410 del c.c., nonché il vizio di prodotti omessa o insufficiente motivazione. Rileva che il rapporto in relazione questione è di sublocazione, ai quali l'affiliante sensi dell'art. 1594 c.c., e adduce, a sostegno del suo assunto, il pagamento dei canoni di locazione, l'intestazione a suo nome delle utenze, la durata pluriennale del rapporto e la carenza della finalità della custodia. Riporta altresì il tenore della comunicazione inviata dal An. Pe. all'Istituto locatore, in data 2.6.1995, che così recita: "il sottoscritto An. Pe., conduttore dell'appartamento dal 1995; di proprietà dell'Ente INPDAP, sito in Xxx Xx. Xx. 00, informo a codesto Ente che al nucleo familiare a voi già noto, risiede e ne domicilia anche la signora Xx. Xx., ex mia moglie, finché lei lo vorrà, motivato dal fatto che la propria figlia An. ha bisogno della propria madre giorno e notte perché è gravemente malata". Sulla base di tale documento, la ricorrente esclude l'ipotesi del precario immobiliare, perché tale rapporto è caratterizzato da una durata rimessa alla volontà del concedente, mentre, nella fattispecie, tale durata era rimessa alla volontà del beneficiario. Il ricorso è fondato e merita pertanto accoglimento. Il Giudice a quo ha infatti omesso di motivare su punti decisivi della controversia. Non ha considerato che nella fattispecie era carente il fine della custodia, come chiaramente rilevabile dal testo della missiva inviata da An. Pe. all'INPDAP, secondo la quale il godimento dell'immobile a favore della Ni. Ma. trova esplicita causale nel compito di assistenza della figlia Xx.. Non ha considerato che la durata del rapporto era rimessa alla volontà della Ni. Ma., come risultante dalla predetta missiva e che tale circostanza rileva non era depositario soltanto nella ipotesi della sublocazione, ma anche nella ipotesi del precario immobiliare, potendo condurre a decisione difforme da quella concretamente assunta con l'impugnata sentenza. La Corte del merito non ha valutato l'entità dell'onere economico posto a carico della Ni. Ma. e consistente nel pagamento del canone, degli accessori e delle utenze, onde verificare se tale assetto contrattuale potesse escludere la gratuità del rapporto, che, come affermato da consolidata giurisprudenza di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale legittimità (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e vedi Cass. CivIII, 15.1.2003 n. 485; Cass. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie III, 4.6.1997 n. 4976), è indubbia compatibile soltanto con la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi previsione di un quadro modus di ingannevolezza entità così modesta da non assumere natura di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenutacontroprestazione. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo)sentenza deve essere pertanto cassata, con maggiorazione rinvio ad altra sezione della Corte di interessi Appello di Roma, che provvederà a nuova esame della fattispecie e al tasso regolamento delle spese del giudizio di legge dalla data degli esborsi al saldocassazione. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;P.Q.M. La Corte

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Samples: Contratto Di Sublocazione Immobiliare Differenze Con Contratto Atipico Cd. "Precario Immobiliare" Durata Della Locazione Sottoposta Alla Volonta' Del Beneficiario

Motivi della decisione. ECon il secondo motivo di ricorso (il primo riguardando la questione di giurisdizione, che edocumentalmente stata dichiarata inammissibile con ordinanza n. 20960/2004 delle Sezioni Unite di questa Corte) il ricorrente ha dedotto violazione dell'art. 116 c.p.c. e degli artt. 1703 e segg. c.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c.,in quanto la Corte d'appello di Palermo, nel ritenere l'esistenza del mandato post mortem, avrebbe fatto erronea applicazione delle risultanze processuali ed avrebbe trascurato di considerare che un simile mandato non poteva essere provato per testimoni, ma doveva risultare da atto scritto. In mancanza di una disposizione testamentaria, che rendesse evidente la volontà della defunta, il luogo della sepoltura avrebbe dovuto essere individuato tenendo presenti le richieste avanzate dai congiunti, prescelti fra quelli a lei più strettamente legati da vincoli, comparando - e dando prevalenza - allo "ius coniugii" rispetto allo "ius sanguinis". Il motivo e’ infondato. Ogni persona fisica puo’ infatti scegliere liberamente circa le modalita’ ed il luogo della propria sepoltura, la legge consentendo espressamente che tra le disposizioni testamentarie rientrino anche quelle a carattere non patrimoniale (v. docart. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***587, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistentesecondo comma c.c.). La società a fronte del versamento Quando manca la scheda testamentaria, tale volontà può essere espressa senza rigore di forma attraverso il conferimento di un contributo mandato ai prossimi congiunti. L'esistenza ed il contenuto di affiliazione un simile mandato costituisce questione di fatto; e nella specie la Corte d'appello, con ampia motivazione che ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza tenuto conto di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i pluralità di elementi (e non soltanto delle risultanze testimoniali), e che appare del tutto corretta sotto il profilo delle norme di legge, ha chiarito le ragioni per le quali era da ritenere da un lato che la de cujus avesse espresso il desiderio di non essere tumulata post mortem nella cappella del marito, dall'altro lato che la sepoltura nella tomba destinata ad accogliere le spoglie della famiglia di A fosse quella più importanti gruppi internazionali rispondente alla volontà delle defunta. Tale conclusione, investendo apprezzamenti di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato fatto riservati al giudice del merito, si sottrarre a sindacato in sede di trattative legittimità; ne’ puo’ darsi alcun rilievo all'argomento fondato sulla comparazione tra "ius coniugii" e poi trafuso nel contratto circa "ius sanguinis", trattandosi di una tesi del tutto nuova che non risulta prospettata e discussa davanti al giudice di merito. Col il fatto terzo motivo il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 90 e segg. c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. in quanto le circostanze da cui era scaturita la controversia avrebbero suggerito quanto meno una compensazione delle spese processuali. Il motivo e’ infondato, dal momento che la Corte d'appello, condannando Tizio alle spese del giudizio della soccombenza ex art. 90 si e’ limitata a fare applicazione della regola della soccombenza ex art. 91 c.p.c. Sotto altro profilo, la decisione del giudice del merito di compensare in tutto o in parte le spese di lite costituisce espressione di un potere discrezionale ad esso conferito dalla legge, potere il cui esercizio e’ incensurabile in sede di legittimità, a meno che la relativa decisione non sia sorretta da ragioni palesemente illogiche, tali cioè da inficiare per la loro inconsistenza lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto. Nella specie, peraltro, la condanna alle spese e’ stata emessa a favore della parte totalmente vincitrice e nei confronti della parte totalmente soccombente. Consegue da quanto sopra che il ricorso deve essere respinto, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, spese che si trattasse di “rete liquidano in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione favore dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto resistenti - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per tenuto conto della società conducendo le trattative sfociate maggiorazione dovuta nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante caso di difensore che assista una pluralità di parti - nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte misura complessiva di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità euro 3.700,00 di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza cui euro 3.600,00 per onorario di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto avvocato, oltre alle spese generali ed agli accessori di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;legge.

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Samples: Contratto Di Apertura Di Credito:…………………………pg. 74 Cass. 14470/2005:

Motivi della decisione. E’ documentalmente provato (v. doc. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente). La società a fronte 1.Con il primo motivo del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che ricorso principale si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole denuncia in relazione ai suddetti profiliall'art. 360 c.p.c., vietandone ulteriore diffusione ( v. doccomma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione degli art. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) 1362 e tale provvedimento è divenuto definitivo 1363 c.c., per mancata impugnazione. In particolare avere la CTR per avere erroneamente interpretato la complessa fattispecie negoziale, in cui s'inseriva il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca rapporto commerciale oggetto della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmentepresente controversia, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005essenzialmente triangolare (produttore - primo acquirente Cobarr - imbottigliatore straniero), la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercatoesente da IVA, anzichè quadrangolare, per la commercializzazione presenza di un quarto contraente (Pepsico) operante sul territorio nazionale; in particolare, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello, in violazione dei criteri di interpretazione letterale e distribuzione sistematica delle clausole della complessa fattispecie negoziale (Big Deal) sottostante alle operazioni riprese a tassazione, avrebbe fondato la decisione su singole clausole dalle quali risultava la volontà di Pepsico di liberarsi dagli impegni di acquisto assunti con la contrattazione originaria attraverso l'indicazione a Italpet di altri acquirenti (Cobarr e gli imbottigliatori) senza valutarle in rapporto alle altre clausole contrattuali (22.1 del Preform And SSP Nomination Agreement; 2, 5, 10, 14, 24.1. del Sale Agreement) dalle quali si evinceva, sebbene Italpet fatturasse direttamente a M&G/ Xxxxxx, l'inserimento di Pepsico nella catena contrattuale delle vendite quale prima cessionaria sul territorio nazionale (essendo le merci vendute franco fabbrica con consegna presso gli stabilimenti della società produttrice Italpet) di molteplici passaggi in territorio nazionale anteriormente all'invio della merce agli ultimi acquirenti esteri (bottlers). Peraltro, la CTR avrebbe, violando la gerarchia dei criteri interpretativi dei contratti, valutato quello residuale del comportamento successivo delle parti, a suo dire, dimostrato dalle modalità di organizzazione dei trasporti che prevedevano il passaggio dei prodotti caratterizzati dalla Italpet a Cobarr e agli imbottigliatori senza transitare da segni distintivi Pepsico. Inoltre, ad avviso della ricorrente, nella analisi letterale delle clausole effettuata dalla CTR, sarebbe mancata alcuna considerazione della rilevanza della clausola "trainantiTake or Pay" che, invece, prevedendo l'obbligo di Pepsico a pagare le differenze non ritirate, comunque, dimostrava l'inserimento di Pepsico nella circolazione delle preforme. 2.Con il xxx è stato affiliato ad secondo motivo denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 36, comma 2, n. 4 del D.Lgs. n. 546 del 1992, 2697 c.c., 58, comma 1, del D.P.R. n. 331 del 1993 e 8, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 172, per avere il giudice di appello qualificato le operazioni in questione come triangolari omettendo di pronunciarsi o comunque incorrendo in una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e omissione di motivazione, sulla questione della sussistenza dei presupposti per la commercializzazione non imponibilità delle operazioni in questione in quanto finalizzate sin dall'origine all'esportazione nei confronti di prodotti soggetti terzi all'estero senza passaggio di proprietà nel territorio nazionale. 3.Con il terzo motivo si denuncia, in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcunoall'art. L’obbligo di buona fede oggettiva 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxxfalsa applicazione degli artt. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata1362, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze1363, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 2697 c.c. e ciò è sufficiente degli artt. 1,2,3,6 comma 4, 10 comma 1, n. 1), 15 e 21 del D.P.R. n. 633 del 1972 per avere la CTR ritenuto illegittima la ripresa Iva sulle somme versate da Pepsico a radicare la loro legittimazione passivaItalpet in applicazione della clausola "Take or Pay" regolata dai punti 8.2. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondatee 8.3. Va sul punto premesso del contratto "Sale and Purchase Agreement" (o Offtake) ritenendo, in violazione dei principi sull'onere della prova e delle norme di ermeneutica contrattuale richiamate, che è pacifico detti pagamenti costituissero delle mere dazioni di denaro con finalità di garanzia di terzi anzichè dei corrispettivi in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte relazione all'obbligazione assunta da Italpet di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità mettere a disposizione mensilmente una certa quantità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;merce programmata.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato 1. La clausola compromissoria, posta da parte istante a fondamento della domanda di arbitrato, è contenuta nella lettera di conferimento di incarico professionale del 23 marzo 2016 (cfr. allegato n. 2 alla domanda di arbitrato), ove le parti hanno fatto esplicito riferimento all’attività di assistenza legale concernente l’azione revocatoria dell’atto di trasferimento immobiliare compiuto dalla Monticello 2008 Srl, pregiudizievole delle ragioni creditorie vantate dalla Appalti Nuovi Srl nei confronti del Sig. Xxxxxx …. e della Montebello Srl, azione sulla quale la Appalti Nuovi Srl contava per raggiungere una auspicata transazione con le controparti entro il 30 settembre 2016 (v. docart. 1 attoreo) che in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato 3.1 della lettera di “affiliazione commerciale” che è incontestato in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.l. bella persona della legale rappresentante *** ***, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistenteincarico). La società a fronte del versamento clausola appare valida ed efficace, espressamente pattuita nonché specificatamente approvata per iscritto mediante doppia sottoscrizione, in relazione alle controversie nascenti dal contratto, non aventi per oggetto diritti indisponibili, trattandosi infatti delle obbligazioni connesse all’esecuzione di un contributo incarico di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto assistenza legale, che, come detto, è stato dalle parti esplicitamente indicato nell’azione revocatoria nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 della Montebello Srl per la tutela del contratto e negli allegati facenti credito vantato dalla Appalti Nuovi Srl. Peraltro, parte istante ha compiutamente rappresentato di aver svolto, sulla base di due distinte lettere di incarico, diverse attività, da un lato quella oggetto del contratto ed altresì dato atto procedimento arbitrale, svolta nell’interesse della esistenza Appalti Nuovi Srl sulla base della lettera di incarico del 23.03.2016; dall’altro quella svolta nell’interesse della Appalti Vecchi S.r.l. sulla base di una “rete in forte sviluppo successiva lettera di incarico del 4.05.2016, correttamente rimunerata ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali esulante pertanto dalla presente controversia; attività distinte e separate, sebbene poi confluite nella medesima scrittura transattiva del 20 gennaio 2017, svolte nell’interesse di autoveicoli”(vdue differenti società, entrambe amministrate dal Sig. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;…..

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Motivi della decisione. E’ documentalmente Deve in primo luogo essere accolta l'eccezione d'incompetenza territoriale dell'adito Tribunale di Verona sollevata dal convenuto. Sin dal primo atto difensivo il convenuto resistente ha infatti dedotto di essere un consumatore , secondo la definizione normativa dell'art. 3, comma 1, lett. a), D.L.vo 06 settembre 2005, n.° 206 ("Codice del consumo"), con la conseguenza che nel caso di specie deve trovare applicazione la disciplina speciale contenuta nel Dlgs. stesso. La norma citata definisce come consumatore "la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta". Tale circostanza di fatto non è in alcun modo contestata dalla controparte (attore) e deve ritenersi pertanto, secondo la previsione dell'art. 115 c.p.c, così come sostituito dall'art 45 c.14 della legge 18 Giugno 2009 n. 69, un fatto provato (v. docche il giudice deve porre a fondamento della propria decisione. 1 attoreo) Il resistente dunque, in quanto consumatore, dev'essere convenuto presso il giudice del luogo nel quale egli ha la residenza o il domicilio, così come emerge da una corretta lettura dell'art. 33 comma 2. lett. u dello stesso D.L.vo 206/2005 che si è dimostrato applicabile al caso di specie. La disposizione sembrerebbe limitarsi a sancire la presunzione di vessatorietà della clausola che, in data 16/03/2004 *** *** ha concluso un contratto denominato tra professionista e consumatore, stabilisce come foro competente una località diversa da quella di “affiliazione commerciale” residenza o domicilio del consumatore; in realtà, secondo l'interpretazione che è incontestato andata ormai affermandosi presso i giudici di legittimità e di merito, il legislatore, tramite la stessa, ha invece voluto introdurre il principio generale in giudizio essere intercorso forza del quale ogni controversia relativa ad un qualsivoglia contratto concluso da un consumatore con l’affiliante *** *** s.r.lun professionista spetta alla competenza esclusiva del giudice del luogo di residenza o domicilio elettivo del consumatore stesso (Cassazione sez. bella persona della legale rappresentante *** ***un. 03/14669,ma anche le più recenti Cass. 08/27911, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente08/24262, 09/20718, 10/9922, per quanto riguarda i giudici di merito : Tribunale Alessandria sez. II, 20 agosto 2011 ). La società Il legislatore, in altri termini, ha inteso introdurre all'interno dell'ordinamento un <<foro del consumatore>> ulteriore e speciale rispetto a fronte quelli già previsti dal codice di rito, un foro che la stessa giurisprudenza della Cassazione considera dal carattere esclusivo (come ribadisce da ultima Cass. 09/20718). Tale intepretazione della norma del versamento codice del consumo è in realtà confermata anche dal dato letterale della disposizione : se è vero infatti che l'art. 33 comma 2. lett. u dello stesso D.L.vo 206/2005 considera vessatoria la clausola che deroga al foro di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx residenza o domicilio del consumatore, ciò implica che il diritto foro competente, salvo eccezioni, non esclusivo di vender e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di può essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete stabilito in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa il fatto nessun luogo che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazione. In particolare il provvedimento de quo ha rilevato che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta di registrazione di un marchio sia diverso da quello vantato in pubblicità e per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula sede del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti dalla data del pagamento stante la malafede della società convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (doc. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per la occupazione di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo), con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza di un comportamento antigiuridico del rappresentante (posto in essere con dolo o colpa) in rapporto di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 del 24.9.1999;consumatore stesso.

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Motivi della decisione. E’ documentalmente provato La domanda svolta dall’arch. Ma. Da. è fondata e deve essere accolta. All’esito della consulenza tecnica d’ufficio, i cui risultati sono stati detta- gliatamente esplicitati dal c.t.u., e che si ritiene immune da vizi logici e me- todologici, e sulla scorta delle produzioni documentali delle parti, è risultato: che la società XX.XX.XX. incaricò l’arch. Da. della progettazione e della dire- zione dei lavori relativi alla “costruzione di un edificio ad uso industriale e di- rezionale con sistemazione esterna al terreno di pertinenza” da realizzarsi in località La Fola del comune di Licciana Nardi; che l’area destinata all’intervento era classificata nel Regolamento Urbanistico del comune di Lic- ciana Nardi come E1, e cioè come zona extraurbana boscata, ed era quindi incompatibile con l’opera richiesta dalla committente; che l’arch. Da. presen- tò al comune la richiesta di rilascio della concessione edilizia, corredata da tutti i pareri e la documentazione necessaria ed esplicitando che il rilascio sa- rebbe potuto avvenire solo dopo l’approvazione della necessaria variante; che il comune diede avvio alla procedura per l’approvazione della variante al pia- no strutturale e al regolamento urbanistico; che le due varianti erano appro- vate dal comune di Licciana Nardi rispettivamente con deliberazioni del 9.5.2005 e del 29.3.2006; che pertanto, a conclusione della procedura, all’area di proprietà della committente COMECA era stata attribuita la desti- nazione produttiva con la creazione del “Comparto Produttivo D4”; che, alla luce della normativa regionale vigente (v. docL.R. n. 1/2005) ogni intervento nella zona avrebbe dovuto essere attuato attraverso un Piano Particolareggiato al fine di assicurare la c.d. 1 attoreo) “perequazione urbanistica”, e quindi con la necessa- ria partecipazione ed il necessario accordo degli altri proprietari della zona in- teressata; che a seguito della presentazione, in data 16/03/2004 *** *** 21.12.2006, del piano particolareggiato ad iniziativa privata da parte del progettista arch. Da., l’amministrazione comunale aveva indetto la riunione volta alla attuazione del comparto edificatorio D4; che alla riunione del 13.6.2007 non si riusciva a trovare un accordo tra le parti idoneo a dare attuazione al comparto produtti- vo; che a seguito del fallimento dell’operazione la società convenuta richiede- va al comune di Licciana un nuovo cambio di destinazione urbanistica dell’area di sua proprietà, ed in particolare la destinazione ad edilizia residen- ziale, per la costruzione di cinque villette bifamiliari. Ciò premesso, è emerso che l’arch. Da., a fronte di un compenso che, per l’opera prestata, doveva essere determinato - sulla scorta delle tariffe profes- sionali vigenti - in circa E 48.000, aveva presentato alla società committente una notula di soli E 22.528,00 in virtù di accordi preventivamente raggiunti tra le parti: infatti, il professionista, nella prospettiva di ricevere in futuro nuovi incarichi dalla società committente e di ottenere un pagamento imme- diato, era addivenuto alla decisione di concedere un forte sconto sul compen- so risultante dalle tariffe professionali; ciò nonostante, la committente non provvedeva al pagamento, e l’arch. Da. instaurava il presente giudizio. Non può essere condivisa la ricostruzione dei fatti che la convenuta pone a fondamento del proprio rifiuto di corrispondere il compenso richiesto dall’arch. Da.. La società Comeca, infatti, deduce di non aver provveduto alla corre- sponsione del compenso richiesto dal professionista a seguito dell’inadem- pimento di questi, che non avrebbe ottenuto - contrariamente all’impegno assunto - il rilascio della concessione edilizia da parte del comune. Anzitut- to, di tale impegno che il progettista avrebbe assunto, non vi è prova, ed anzi appare del tutto inverosimile che un progettista possa impegnarsi in tal senso ed addirittura possa condizionare il proprio diritto al compenso ad una condizione esterna quale è il rilascio della concessione da parte dell’autorità amministrativa. In secondo luogo, la scelta di istituire nell’area in questione una Comparto Produttivo è scelta autonoma e discrezionale dell’autorità comunale, e non può essere imputata al progettista. D’altra parte, poiché la zona nella quale la società committente intendeva edificare il capannone industriale era ricom- presa in area classificata come “zona extraurbana boscata”, per la realizza- zione era comunque necessario ottenere un mutamento della destinazione urbanistica. Le scelte operate in proposito dall’arch. Da. sono state ritenute congrue e appropriate dal c.t.u. e, all’esito dell’esame degli atti di causa, tale con- clusione viene condivisa da questo giudice: il progettista, infatti, ha concluso inteso procedere alla richiesta di una variante al Piano Strutturale e al Regolamen- to Urbanistico, ha corredato le istanze (e i relativi elaborati progettuali) con il prescritto nulla osta del G.O.N.I.P. (Gruppo Organizzato Nuovi Insedia- menti Produttivi) e con il parere di conformità antincendio del Comando Vi- gili del Fuoco. Una volta richiesto il mutamento della classificazione da area boschiva a “Comparto Produttivo”, la definizione dell’intervento doveva necessariamente passare attraverso l’attuazione delle norme di comparto, il cui rispetto preve- de la presentazione di un contratto denominato Piano Particolareggiato. L’arch. Da. provvide anche a tale adempimento, per cui l’amministrazione comunale sottopose il piano a tutti i lottizzanti, il cui accordo era necessario per l’approvazione definitiva. Il “coinvolgimento” di altre aziende, che la società convenuta imputa al proget- tista (cfr. pag. 6 della comparsa conclusionale) è in realtà un passaggio ob- bligato, posto che l’art. 60 della L. R. 1/2005 prevede la c.d. “perequazione” quale strumento per il perseguimento degli obiettivi individuati dagli stru- menti della pianificazione territoriale e per la equa distribuzione dei diritti edi- ficatori per tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di tra- sformazione urbanistica. Ne deriva che non può certo essere imputato al progettista il “coinvolgi- mento” di altri soggetti oltre a quelli originariamente ipotizzati, coinvolgimen- to che la convenuta a più riprese censura nelle proprie deduzioni. Parimenti, quelli che la convenuta definisce come “una serie di insormon- tabili problemi in ordine alla effettiva realizzabilità del progetto così come predisposto dall’arch. Da.” (cfr. ancora pag. 6 della comparsa conclusionale) sono in realtà derivanti dalla mancata prestazione del necessario accordo da parte dei proprietari di altre aree ricomprese nella zona oggetto della tra- sformazione urbanistica, accordo necessario non già per una scelta del pro- gettista, ma in attuazione del già richiamato principio di “affiliazione commercialeperequazionedi cui alla L. R. 1/2005. Non può neppure essere condivisa la censura di ultrapetizione avanzata dalla convenuta all’operato del consulente tecnico d’ufficio (cfr. pag. 14 della comparsa conclusionale): infatti, se è vero che l’arch. Da. non ha richiesto prima del giudizio il compenso per la progettazione particolareggiata del comparto D4, è incontestato anche vero che con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’arch. Da. ha chiesto “il pagamento del compenso dovuto per le prestazioni professionali svolte... quantificato nella somma di E 48.123,23, ovvero in giudizio essere intercorso con l’affiliante *** *** s.r.lquella, maggiore o minore, che risulterà di giustizia...” (cfr. bella persona della legale rappresentante *** ***conclusioni nell’atto di citazione, sebbene nell’intestazione documento risulti indicata tal North Electric Vehicles (soggetto risultato inesistente)riportate senza modificazioni nella prima memoria di cui all’art. La società a fronte del versamento di un contributo di affiliazione ha concesso al xxxx il diritto non esclusivo di vender 183 comma 6 c.p.c. e noleggiare veicoli elettrici e relativi accessori; la società ha dichiarato di essere titolare del diritto all’utilizzazione del marchio depositato e degli altri segni distintivi indicati nell’allegato A; inoltre ha assunto con tal contratto nei confronti dell’affiliato plurimi obblighi specificatamente indicati ai punti 9.10.11 del contratto e negli allegati facenti parte del contratto ed altresì dato atto della esistenza di una “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato in partnership con i più importanti gruppi internazionali di autoveicoli”(v. doc 3 attoreo)- alle prove e documentali acquisite in giudizio è emersa senza ombra di dubbio l’ingannevolezza di quanto affermato in sede di trattative e poi trafuso nel contratto circa precisazione delle conclusioni - con il fatto che si trattasse di “rete in forte sviluppo ed affermata sul mercato” (v. doc.3) e circa la titolarità del vantato marchio; la Autorità Garante solo aggiornamento della Concorrenza e del Mercato con provvedimento di data 7/12/2005 ha accertato la sussistenza di pubblicità ingannevole in relazione ai suddetti profili, vietandone ulteriore diffusione ( v. doc. 1 attoreo prodotto nel sub procedimento cautelare) e tale provvedimento è divenuto definitivo per mancata impugnazionesomma ad E 49.374,39 risultante dalla c.t.u.). In particolare conclusione, sulla scorta delle relazione di consulenza tecnica d’ufficio, deve ritenersi che l’arch. Da. abbia correttamente adempiuto all’incarico pro- fessionale conferitogli da Xx.xx.xx. s.n.c. e che quindi abbia diritto al relativo compenso. Detto compenso è stato oggetto di dettagliata specificazione che viene qui condivisa - da parte del c.t.u. e pertanto viene determinato nella misura da questi indicata. Quanto alla domanda riconvenzionale svolta dalla convenuta, si osserva che il provvedimento de quo suo accoglimento è logicamente incompatibile con l’accoglimento della domanda di parte attrice, atteso che la società convenuta ha rilevato chiesto, in via riconvenzionale, di accertare il grave inadempimento delle obbligazioni con- tratte da parte dell’attore. Ne deriva il rigetto della domanda riconvenzionale. Il rigetto della domanda riconvenzionale esclude la necessità di trattare la causa di garanzia introdotta dall’attore nei confronti di U.G.F. Assicurazioni s.p.a. Le spese del giudizio, che non vi era alcun elemento che suffragasse l’esistenza delle rete di affiliati ed ha altresì constatato vengono liquidate come in dispositivo, in appli- cazione dei criteri stabiliti dal d.m. 10 marzo 2014 n. 55, e con riferimento al marchio vantato che risultava solo la “ semplice richiesta al- lo scaglione di registrazione valore risultante dal decisum, vengono poste a carico della convenuta in osservanza del principio di un marchio diverso da quello vantato in pubblicità cui all’art. 91 c.p.c., sia per quanto attiene ai rapporti tra attore e convenuta, sia per giunta effettuata successivamente alla diffusione dei messaggi in oggetto”. Tali valutazioni sono state ampiamente suffragate dai fatti emersi dalla esperita istruttoria che ha dato contezza quanto attiene alle spese di una generale situazione di ingannevolezza dalle pubblicità e dalle informative contenute negli allegati al contratto essendo in particolare emerso dalla istruttoria orale in buona sostanza che la tanto reclamizzata consolidata rete di affiliati è risultata nel tempo composta in dall’attore, da tal xxxx e da altro affiliato ed addirittura che all’epoca della stipula del contratto non esisteva alcuna nessuna rete di affiliati, essendo risultato il xxxx il primo affiliato. Non risulta poi alcuna registrazione del Marchio indicato dalla società come proprio, risultando solo documentalmente, come accertato dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento di data 7.12.2005U.G.F. Assicurazioni, la richiesta di registrazione (del 15.12.2004 successiva dunque al contratto) di un marchio diverso sia per denominazione che per grafica dal marchio "Ecofly" spacciato per marchio proprio della società. Risultato insomma che al momento della stipula del contratto lungi dal sussistere un già costituito e consolidato sistema di rete già sperimentata sul mercato, per la commercializzazione e distribuzione dei prodotti caratterizzati da segni distintivi "trainanti" il xxx cui chiamata in causa è stato affiliato ad una rete in allora inesistente ( e in buona sostanza pressochè inesistente anche successivamente essendosi poi affiliati solo altri due soggetti) e per la commercializzazione di prodotti in relazione ai quali l'affiliante non era depositario di marchio alcuno. L’obbligo di buona fede oggettiva e correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico applicabile sia in ambito contrattuale che extracontrattuale (x. Xxxx. Civ. sez. III sentenza n. 3462 del 15/02/2007 e Cass. Civ. sez. III sent. N. 5348/09) e nella fattispecie è indubbia la gravità della violazione di tale dovere giuridico in relazione ad informative essenziali in relazione alla natura del contratto. A ciò si aggiunga che la *** *** s.r.l. si è resa inadempiente ai vari obblighi assunti contrattualmente e segnatamente: non ha fornito alcun quadriciclo al xxxx nonostante tali veicoli rientrassero nel "parco veicoli" oggetto di contratto; non ha effettuati i corsi di formazione previsti in contratto all'art 9; non ha effettuato la promessa attività promozionale e pubblicitaria; non ha restituito all'attore le somme corrisposte per fini pubblicitari. Trattasi di un quadro di ingannevolezza di informative e di inadempimenti di tal gravita avuto riguardo alle finalità e all'equilibrio di interessi perseguito con il contratto - quello di far entrare il xxx in una rete di affiliati collaudata, consolidata sul mercato allo scopo di commercializzare i beni mettendogli a disposizione il patrimonio di conoscenze, Know how e ritrovati tecnici dell'affiliante, consentendogli altresì I'uso del marchio e segni distintivi dell' affiliante stesso da comportare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società convenuta art. 1453 c.c. Ne consegue la condanna della società convenuta alIa restituzione del contributo di affiliazione pari in linea capitale ad € 37.800,01 maggiorata di interessi al tasso di legge decorrenti stata determinata dalla data del pagamento stante la malafede della società do- manda riconvenzionale svolta dalla convenuta. La stessa va altresì condannata stante la sua responsabilità contrattuale Si precisa, quanto alla determinazione delle spese, che occorre procedere alla relativa liquidazione sulla base del D.M. n. 55 del 10 marzo 2014, pubbli- cato nella G.U. n. 77 del 2 aprile 2014, in vigore dal 3 aprile 2014. Ciò si ricava indirettamente dalle indicazioni fornite dalla Suprema Corte a risarcire i danni pari ad € 1875,60 per Sezioni Unite a proposito dell’applicazione delle spese promozionali fatte dall'attore e documentate in causa (docdi cui al c.m. 140/2012, secondo cui “In tema di spese processuali, agli effetti dell’art. 41 del d.m. 20 attoreo) ed € 4870,52 pari alle somme versate per luglio 2012, n. 140 f...1 i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe pro- fessionali, sono da applicare ogni qual volta la occupazione liquidazione giudiziale inter- venga in un momento successivo alla data di locali effettuata per svolgere l'attività di affiliato (v. doc 21 attoreo)entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, con maggiorazione di interessi al tasso di legge dalla data degli esborsi al saldo. Non sono invece adeguatamente provate le spese per a quella data, non abbia ancora completato la asserita ristrutturazione dei locali nè quelle per ecoincentivi spettanti. Non vi è poi sufficiente prova ( propria prestazione professionale, an- corché tale prestazione abbia avuto inizio e l'onere probatorio gravava sull'attore) del danno sotto il profilo del mancato guadagno : quanto all'affare "sfumato" con la Ferrara TVA s.p.a. è risultato dalla esposizione del teste Xxxxxxxx Xxxxxxxx (dipendente all'epoca dei fatti di tale società) che l'affare non ha più avuto seguito " a causa di mancati finanziamenti " e non dunque per responsabilità riconducibile ad inadempimenti società convenuta. Non vi è poi per il resto prova di elementi che consentano di determinare tale danno che non può sic et simpliciter esser ricondotto al profitto sperato. Resta da verificare la posizione dei terzi Cristiano e *** ***; va innanzitutto rilevato che è infondata la eccezione di difetto di legittimazione passiva poichè la legittimazione passiva quale condizione dell'azione sussiste ogni qualvolta venga prospettata una domanda in astratto suscettibile di essere rivolta contro il soggetto convenuto in giudizio, attinendo a1 merito la fondatezza o meno di tale domanda; nella fattispecie l'attore ha assunto che i sigg. Xxxxxxx hanno posto in essere vari comportamenti causativi di danno tali da comportare loro responsabilità anche ex art 2043 c.c. e ciò è sufficiente a radicare la loro legittimazione passiva. Nel merito le domande risarcitorie rivolte contro i convenuti Xxxxxxx sono infondate. Va sul punto premesso che è pacifico in causa che essi abbiano agito in nome e per conto della società conducendo le trattative sfociate nel contratto; orbene poichè vige la regola della produzione degli effetti giuridici del negozio concluso dal rappresentante nella sfera del rappresentato il mero inadempimento contrattuale in se non è fonte di responsabilità contrattuale del rappresentante verso il terzo; la giurisprudenza ha poi precisato che la configurabilità di responsabilità extracontrattuale verso i terzi del rappresentante (che eventualmente concorre con la eventuale responsabilità contrattuale del rappresentato) postula non solo che si sia in presenza parte svolta quando an- cora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensi- va di “compenso” la nozione di un comportamento antigiuridico corrispettivo unitario per l’opera comples- sivamente prestata.” (cfr. Cass. SS.UU. 17405/2012). Poiché il momento conclusivo dell’opera del rappresentante (posto in essere professionista deve farsi coin- cidere con dolo o colpa) in rapporto l’ultima attività processuale prestata precedentemente alla deci- sione, e poiché nel presente giudizio la pronuncia della sentenza avviene all’esito della discussione orale della causa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la conclusione dell’attività dei procuratori delle parti coincide appunto con la data dell’udienza di xxxxx causale con danno ingiusto provocato al terzo ma altresì che i fatti (dolosi o colposi) generatori di responsabilità siano riconducibili soltanto ed unicamente al rappresentante discussione, e non possano in alcun modo farsi risalire al rappresentato (x. Xxxx civ. sez. 1 sent. n. 10493 ricade quindi sotto il vigore del 24.9.1999;D.M. 55/2014.

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