Common use of IL CASO Clause in Contracts

IL CASO. I litiganti avevano concluso nel 1975 un contratto di locazione di un capannone industriale il quale poneva a carico del conduttore il divieto di eseguirvi opere senza il consenso del locatore. Questi, dunque, citava in giudizio il primo per sentirlo dichiarare ina- dempiente e condannato alla riduzione in pristino degli svariati interventi effettuati nel corso del rapporto ed al risarcimento del danno, vedendo accolte le proprie domande in entrambi i gradi di merito. Il conduttore proponeva ricorso per Cassazione soste- nendo fondamentalmente che il rapporto era stato novato da una scrittura privata del 1987, la quale non riproduceva la clau- sola concernente il divieto di esecuzione di opere sull’immobile locato senza il consenso del locatore e che invece precisava che l’immobile veniva «locato nello stato di fatto in cui si trova». Per il ricorrente, numerosi elementi – tra i quali, in primis, la variazio- ne della misura del canone – dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto intendeva estinguere il rapporto sorto nel 1975 e determinava la costituzione di un nuovo regolamento tra le parti. I giudici di legittimita` respingono la predetta argomen- tazione e confermano l’inquadramento della questione effettua- to dalla Corte d’Appello, sintetizzabile, nei suoi tratti essenziali, come di seguito: a) la stipulazione del secondo contratto non importava il consenso del locatore all’esecuzione delle opere sul- l’immobile locato ed era esclusa, pertanto, qualsivoglia ‘‘sanato- ria’’ delle medesime; b) alla scrittura del 1987 deve attribuirsi la natura di contratto modificativo non novativo del rapporto, in quanto non implicante un mutamento dell’oggetto o del titolo di quest’ultimo, ma contenente solo modificazioni accessorie ai sensi dell’art. 1231 c.c.

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IL CASO. I litiganti avevano concluso nel 1975 La sentenza della Suprema Corte origina da un caso di cessione di credito e opponibilità della stessa al debitore ceduto – una Azienda Ospedaliera, dipendente da una Azienda Sanitaria Locale – che aveva contestato l’efficacia formale della notifica e la accettazione della cessione. Il credito nasce da un contratto di locazione fornitura di un’apparecchiatura per la risonanza magnetica tra il debitore ceduto La società creditrice conclude un capannone industriale contratto di cessione del credito con un istituto di credito, il quale poneva - anche in considerazione dell’esaurimento della fornitura - agisce nei confronti del debitore ceduto al fine di recuperare il proprio credito, formulando domanda principale per l’intero e domanda in via subordinata per una somma minore. Una volta instaurato il giudizio di primo grado, il Tribunale adito ha rigettato la domanda della Banca, reputando in primo luogo che, per l’origine del credito ceduto, la cessione avrebbe dovuto rispettare le formalità degli artt. 69 e 70 del R.D. n. 2440 del 1923, a carico suo dire applicabili anche alle A.S.L. In secondo luogo, ha ritenuto che non risultava comunque dimostrata una espressa accettazione dell’Azienda alla cessione. La Corte territoriale, andando in contrario avviso rispetto alla sentenza di primo grado e in accoglimento dei motivi d’appello della Banca, dopo avere rilevato che la cessione era dimostrata solo per l’importo richiesto in via subordinata e avere affermato che risultava comunque una accettazione da parte dell’Azienda, ha escluso l’applicabilità della disciplina dell’art. 69, comma 3, del conduttore il divieto di eseguirvi opere senza il consenso R.D. n. 2440 del locatore. Questi1923 sotto due distinti profili, dunquecioè sia perché essa non trovava applicazione alle amministrazioni non statali, citava sia perché, nella specie, quella disciplina non sarebbe risultata comunque applicabile, in giudizio il primo per sentirlo dichiarare ina- dempiente e condannato alla riduzione in pristino degli svariati interventi effettuati nel corso del rapporto ed al risarcimento del danno, vedendo accolte le proprie domande in entrambi i gradi di merito. Il conduttore proponeva ricorso per Cassazione soste- nendo fondamentalmente che quanto la cessione era avvenuta quando il rapporto era stato novato da una scrittura privata del 1987, la quale non riproduceva la clau- sola concernente il divieto di esecuzione di opere sull’immobile locato senza il consenso del locatore e che invece precisava che l’immobile veniva «locato nello stato di fatto in cui si trova». Per il ricorrente, numerosi elementi – tra i quali, in primis, la variazio- ne della misura del canone – dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto intendeva estinguere il rapporto sorto nel 1975 e determinava la costituzione di un nuovo regolamento tra le parti. I giudici di legittimita` respingono la predetta argomen- tazione e confermano l’inquadramento della questione effettua- to dalla Corte d’Appello, sintetizzabile, nei suoi tratti essenziali, come di seguito: a) la stipulazione del secondo contratto non importava il consenso del locatore all’esecuzione delle opere sul- l’immobile locato ed era esclusa, pertanto, qualsivoglia ‘‘sanato- ria’’ delle medesime; b) alla scrittura del 1987 deve attribuirsi la natura di contratto modificativo non novativo del rapporto, in quanto non implicante un mutamento dell’oggetto o del titolo di quest’ultimo, ma contenente solo modificazioni accessorie ai sensi dell’art. 1231 c.cesaurito.

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IL CASO. La sentenza del Tribunale di Bologna origina da un caso di cessione di credito e opponibilità della stessa al debitore ceduto società in house. I litiganti avevano concluso nel 1975 crediti, la cui cessione e relativa notifica sono state contestate dal debitore ceduto, scaturiscono da un contratto di locazione somministrazione di un capannone industriale energia elettrica concluso il quale poneva a carico del conduttore 22 ottobre 2010 tra il divieto di eseguirvi opere senza il consenso del locatore. Questi, dunque, citava debitore ceduto – la società in giudizio il primo per sentirlo dichiarare ina- dempiente house – e condannato la società creditrice somministrante l’energia elettrica alla riduzione in pristino degli svariati interventi effettuati nel corso del rapporto ed al risarcimento del danno, vedendo accolte le proprie domande in entrambi i gradi di meritoprima. Il conduttore proponeva ricorso per Cassazione soste- nendo fondamentalmente che 16 ottobre 2009 la società creditrice conclude un contratto di cessione del credito con un istituto di credito il rapporto era stato novato quale, nelle more del pagamento da una scrittura privata parte del 1987debitore, conferisce mandato alla società cedente al fine di recuperare il proprio credito. Una volta instaurato il procedimento monitorio, il Tribunale adito emette un decreto ingiuntivo in favore della società cessionaria. Il debitore ceduto instaura in seguito il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo eccependo, inter alia, la quale mancata notifica della cessione del credito poiché effettuata non riproduceva la clau- sola concernente il divieto in conformità Il Tribunale di esecuzione di opere sull’immobile locato senza il consenso del locatore e che invece precisava che l’immobile veniva «locato nello stato di fatto in cui si trova». Per il ricorrente, numerosi elementi – tra i qualiBologna, in primisaccoglimento delle controdeduzioni di parte convenuta in relazione all’avvenuto pagamento di parte del debito ingiunto, la variazio- ne revoca il decreto ingiuntivo condannando l’opponente al versamento del credito residuo e rigettando l’eccezione relativa all’inopponibilità della misura cessione del canone – dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto intendeva estinguere il rapporto sorto nel 1975 e determinava la costituzione di un nuovo regolamento tra le parti. I giudici di legittimita` respingono la predetta argomen- tazione e confermano l’inquadramento credito in ragione della questione effettua- to dalla Corte d’Appello, sintetizzabile, nei suoi tratti essenziali, come di seguito: a) la stipulazione del secondo contratto non importava il consenso del locatore all’esecuzione delle opere sul- l’immobile locato ed era esclusa, pertanto, qualsivoglia ‘‘sanato- ria’’ delle medesime; b) alla scrittura del 1987 deve attribuirsi la propria natura di contratto modificativo non novativo del rapporto, società in quanto non implicante un mutamento dell’oggetto o del titolo house di quest’ultimo, ma contenente solo modificazioni accessorie ai sensi dell’art. 1231 c.cdiritto pubblico.

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IL CASO. I litiganti avevano concluso Nel quadro di un rapporto di factoring, il Cedente cede al Factor i crediti futuri che sarebbero sorti nei successivi 24 mesi. In data 2 gennaio 2004, tale cessione viene notificata al Debitore, senza che però quest’ultimo accetti la cessione stessa. Quindi, l’8 giugno 2004 viene comunicata al Debitore l’emissione di una fattura datata 1 giugno 2004. Il Debitore, tuttavia, oppone in compensazione al Factor un proprio credito nei confronti del Xxxxxxx, sorto nel 1975 un marzo- aprile 2004, dunque successivamente alla avvenuta notifica della cessione. Il Debitore quindi adisce il Tribunale di Milano chiedendo l’accertamento negativo del suo asserito debito nei confronti del Factor per intercorsa compensazione. Il giudice di primo grado accoglie la domanda, dichiarando estinto il debito per compensazione e dunque inesistente il credito oggetto di trasferimento, osservando come nella cessione di crediti futuri l’effetto traslativo si verifichi quando il credito viene ad esistere e non anteriormente, quando cioè il cedente ed il cessionario stipulano il contratto di locazione di un capannone industriale il quale poneva a carico del conduttore il divieto di eseguirvi opere senza il consenso del locatore. Questi, dunque, citava in giudizio il primo per sentirlo dichiarare ina- dempiente e condannato alla riduzione in pristino degli svariati interventi effettuati nel corso del rapporto ed al risarcimento del danno, vedendo accolte le proprie domande in entrambi i gradi di meritofactor. Il conduttore proponeva Factor promuove quindi ricorso in cassazione per Cassazione soste- nendo fondamentalmente la riforma della sentenza di secondo grado. Anche la Suprema Corte conferma la decisione del tribunale: dal momento che il rapporto era stato novato da una scrittura privata debitore ceduto non ha accettato la cessione, troverà applicazione il comma 2 dell’art. 1248 c.c., a norma del 1987, la quale “La cessione non riproduceva la clau- sola concernente il divieto di esecuzione di opere sull’immobile locato senza il consenso del locatore e che invece precisava che l’immobile veniva «locato nello stato di fatto in cui si trova». Per il ricorrente, numerosi elementi – tra i quali, in primis, la variazio- ne della misura del canone – dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto intendeva estinguere il rapporto sorto nel 1975 e determinava la costituzione di un nuovo regolamento tra le parti. I giudici di legittimita` respingono la predetta argomen- tazione e confermano l’inquadramento della questione effettua- to dalla Corte d’Appello, sintetizzabile, nei suoi tratti essenziali, come di seguito: a) la stipulazione del secondo contratto non importava il consenso del locatore all’esecuzione delle opere sul- l’immobile locato ed era esclusa, pertanto, qualsivoglia ‘‘sanato- ria’’ delle medesime; b) alla scrittura del 1987 deve attribuirsi la natura di contratto modificativo non novativo del rapporto, in quanto non implicante un mutamento dell’oggetto o del titolo di quest’ultimoaccettata dal debitore, ma contenente solo modificazioni accessorie ai sensi dell’art. 1231 c.ca questo notificata, impedisce la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla notificazione”.

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IL CASO. I litiganti avevano concluso nel 1975 un Il Factor ha proposto ricorso davanti il Tribunale di Livorno nei confronti del provvedimento con il quale il commissario liquidatore della società creditrice cedente aveva disatteso l’istanza di ammissione al passivo formulata dal Factor. In conseguenza del mancato pagamento da parte del debitore ceduto degli importi fatturati, si chiedeva, con l’istanza, l’ammissione al passivo per i crediti derivanti da operazioni di anticipo su fatture eseguite in forza del contratto di locazione factoring. Il Tribunale di un capannone industriale Livorno aveva respinto il ricorso osservando che il Factor non aveva fornito prova della effettiva erogazione delle anticipazioni per cui era richiesta l’ammissione al passivo. Avverso la sentenza del Tribunale di Livorno, il Factor ha proposto riscorso per Cassazione. In particolare, la Corte Suprema definisce il factoring come contratto atipico complesso, tramite il quale poneva a carico del conduttore il divieto Factor si obbliga ad acquistare, per un periodo di eseguirvi opere senza il consenso del locatore. Questi, dunque, citava in giudizio il primo per sentirlo dichiarare ina- dempiente tempo determinato e condannato alla riduzione in pristino degli svariati interventi effettuati nel corso del rapporto ed al risarcimento del danno, vedendo accolte le proprie domande in entrambi i gradi di merito. Il conduttore proponeva ricorso per Cassazione soste- nendo fondamentalmente che il rapporto era stato novato da una scrittura privata del 1987rinnovabile, la quale non riproduceva totalità o una parte dei crediti di cui un imprenditore è o diventerà titolare. Tendenzialmente, il Factor ha la clau- sola concernente facoltà di pagare all’imprenditore i crediti ceduti, e dunque presta la propria disponibilità a finanziare il divieto fornitore anche tramite il pagamento anticipato dei crediti. A tal proposito, la Corte di esecuzione di opere sull’immobile locato senza il consenso del locatore e che invece precisava che l’immobile veniva «locato nello stato di fatto Cassazione si pronuncia in cui si trova». Per il ricorrenterelazione all’onere probatorio delle anticipazioni versate dal Factor, numerosi elementi – tra i le quali, come chiarito dalla Corte, si collocano sul versante del fatto costitutivo, con la conseguenza che la prova grava sul Factor, senza che quest’ultimo fosse in primis, proposito onerato della formulazione di un’eccezione per la variazio- ne della misura quale la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte titolare del canone – dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto intendeva estinguere il rapporto sorto nel 1975 e determinava la costituzione di un nuovo regolamento tra le parti. I giudici di legittimita` respingono la predetta argomen- tazione e confermano l’inquadramento della questione effettua- to dalla Corte d’Appello, sintetizzabile, nei suoi tratti essenziali, come di seguito: a) la stipulazione del secondo contratto non importava il consenso del locatore all’esecuzione delle opere sul- l’immobile locato ed era esclusa, pertanto, qualsivoglia ‘‘sanato- ria’’ delle medesime; b) alla scrittura del 1987 deve attribuirsi la natura di contratto modificativo non novativo del rapporto, in quanto non implicante un mutamento dell’oggetto o del titolo di quest’ultimo, ma contenente solo modificazioni accessorie ai sensi dell’art. 1231 c.cdiritto.

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