FATTO e DIRITTO. Con ricorso notificato in data 3 maggio 2021 e depositato il successivo 17 maggio la Società Autostrade Meridionali (SAM) ha premesso di essere concessionaria dal 1925 per la progettazione, la costruzione e l’esercizio dell’autostrada A3 Napoli-Salerno in forza di successive convenzioni, l’ultima delle quali sottoscritta nel 1999, da ultimo sostituita dalla Convenzione Unica sottoscritta il 28 luglio 2009 con Anas S.p.A e con scadenza fissata al 31 dicembre 2012. Nell’agosto del 2012, a ridosso della scadenza della Convenzione Unica, l’allora concedente ANAS S.p.A,, sostituito poi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) nel ruolo di concedente (quest’ultimo a partire dal mese di ottobre 2012 ha assunto il ruolo di concedente, ai sensi dell’art. 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dell’art. 11, comma 5, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14), avviava la procedura per il nuovo affidamento. La prima gara per l’individuazione del nuovo concessionario subentrante si concludeva con l’esclusione di tutti i concorrenti, di modo che veniva bandita una nuova procedura di affidamento in data 9 luglio 2019, conclusasi con l’aggiudicazione nel febbraio 2020 alla quale tuttavia non faceva seguito la sottoscrizione del relativo contratto a causa dell’impugnazione degli atti di gara. Ciò considerato, la SAM svolge tuttora in regime di proroga l’attività di concessionaria dell’autostrada A3 Napoli- Salerno, continuando in tale qualità ad adempiere gli obblighi derivanti dal rapporto concessorio e realizzando anche gli investimenti necessari a garantire la sicurezza e i livelli di servizio della rete autostradale gestita. Ed infatti, con nota del dicembre 2012 l’Amministrazione concedente richiedeva alla SAM “di proseguire, a far data dal 1° gennaio 2013, nella gestione della Concessione secondo i termini e le modalità previste dalla Convenzione vigente” e “di porre in essere tutte le azioni necessarie al mantenimento del livello di servizio, con particolare riferimento alla messa in sicurezza, per l’utenza, della struttura autostradale”, con la precisazione che avrebbe comunicato “con un congruo preavviso la data dell’effettivo subentro della Concessione”. La richiesta è stata formulata dal Concedente in applicazione di quanto previsto dall’art. 5.1. della Convenzione Unica, secondo cui il concessionario, anche dopo la scadenza della Convenzione, “resta obbligato a proseguire nell’ordinaria amministrazione dell’esercizio dell’autostrada assentita in concessione e delle relative pertinenze fino al trasferimento della gestione stessa che avrà luogo contestualmente alla corresponsione dell’indennizzo di cui al successivo comma 2” e, cioè, fino al subentro del nuovo concessionario e alla corresponsione del c.d. indennizzo di subentro (cfr. l’art. 5.1). Giova rammentare che il rapporto tra concedente e concessionario è disciplinato dal Piano Economico Finanziario (PEF) che definisce le modalità e gli strumenti per assicurare l’equilibrio economico e finanziario del rapporto concessorio, individuando l’ammontare degli investimenti effettuati e da effettuare e la loro collocazione nel tempo di vigenza della concessione, la remunerazione del capitale investito, oltre ai costi di manutenzione ed esercizio rapportati ai ricavi attesi dalla gestione (attraverso gli incassi dei pedaggi nel periodo di durata della concessione stessa). Con nota n. 24242 del 14 giugno 2019 il MIT chiedeva al «Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità» (NARS) di esaminare una possibile deliberazione del CIPE avente per oggetto l’introduzione di criteri generali «per l’accertamento e la definizione dei rapporti economici riferibili alle società concessionarie autostradali limitatamente al periodo intercorrente tra la data di scadenza della concessione e la data di effettivo subentro del nuovo concessionario». All’esito dell’istruttoria, con delibera 24 luglio 2019, n. 38, il CIPE ha approvato due sistemi di remunerazione relativamente al periodo transitorio: - una remunerazione pari al tasso BCE, incrementato dell’1%, per il capitale investito netto (CIN) rilevato alla scadenza della gestione; - una remunerazione pari al costo medio ponderato del capitale (WACC), di cui alla delibera CIPE n. 39/2007, per i nuovi investimenti assentiti dall’amministrazione concedente ed eseguiti nel periodo transitorio. La società concessionaria, nello stesso arco temporale in cui si è svolto il procedimento sopra descritto, aveva a sua volta trasmesso la nota (datata 24 maggio 2019) con la quale aveva inviato al MIT una proposta di PEF per il periodo transitorio 2013-2022. In mancanza di un espresso riscontro da parte del MIT, la SAM aveva proposto ricorso innanzi al TAR Lazio, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza e la condanna del Ministero ad approvare il PEF proposto e chiedendo altresì, con motivi aggiunti, l’annullamento delle note con le quali il MIT l’aveva sollecitata a presentare un PEF per il periodo transitorio conforme ai criteri generali approvati con la delibera del CIPE 24 luglio 2019, n. 38 nonché l’annullamento anche di tale delibera. Con la sentenza 2 febbraio 2021, n. 1354, il TAR Lazio accoglieva il ricorso della SAM, annullando le note ministeriali impugnate e la deliberazione del CIPE 24 luglio 2019, n. 38, sul presupposto che detta delibera non fosse applicabile retroattivamente alla concessione in essere con la società Autostrade Meridionali scaduta il 31 dicembre 2012 e prorogata secondo i termini della convenzione tra le parti. Conseguentemente ordinava al MIT di adottare la determinazione conclusiva del procedimento per l’esame del PEF proposto con l’istanza della concessionaria, entro trenta giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza. A seguito della pubblicazione della sentenza appena citata, con nota del 2 marzo 2021, il MIT («anche in esecuzione della sentenza TAR Lazio n. 1354/2021», come si legge nella nota) ha concluso il procedimento, rigettando la proposta di PEF della concessionaria, in quanto non conforme alle delibere del CIPE n. 39/2007 e n. 38/2019. In particolare il MIT ha rilevato che la proposta di Piano economico finanziario formulata dalla SAM risulterebbe non coerente con la delibera CIPE n. 39/2007 perché contemplerebbe “parametri unilateralmente assunti che non trovano riscontro nella normativa di riferimento”, in quanto:
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Sources: Concessione Autostradale
FATTO e DIRITTO. Con ricorso notificato Premesso, in data 3 maggio 2021 e depositato fatto, che: - il successivo 17 maggio la Società Autostrade Meridionali Comune di Cattolica (SAMin prosieguo il Comune) ha premesso promosso dinanzi al Tribunale di essere concessionaria dal 1925 Bologna una causa volta a far dichiarare nulli, o altrimenti a far annullare, alcuni contratti per operazioni su strumenti finanziari stipulati negli anni 2003 e 2004 con la progettazioneBanca Nazionale del Lavoro s.p.a. (in prosieguo BNL) ed ha quindi impugnato dinanzi alla Corte d’appello di Bologna la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole: - nella pendenza del conseguente giudizio d’appello, il medesimo Comune, nel dicembre del 2010, ha proceduto in autotutela a dichiarare nulle la costruzione deliberazione di giunta e l’esercizio dell’autostrada A3 Napoli-Salerno le determinazioni dirigenziali in forza di successive convenzioni, l’ultima delle quali sottoscritta nel 1999, da ultimo sostituita dalla Convenzione Unica sottoscritta il 28 luglio 2009 con Anas S.p.A e con scadenza fissata al 31 dicembre 2012. Nell’agosto del 2012, a ridosso della scadenza della Convenzione Unica, l’allora concedente ANAS S.p.A,, sostituito poi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) nel ruolo i contratti di concedente (quest’ultimo a partire dal mese di ottobre 2012 ha assunto il ruolo di concedente, ai sensi dell’art. 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dell’art. 11, comma 5, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14), avviava la procedura per il nuovo affidamento. La prima gara per l’individuazione del nuovo concessionario subentrante si concludeva con l’esclusione di tutti i concorrenti, di modo che veniva bandita una nuova procedura di affidamento in data 9 luglio 2019, conclusasi con l’aggiudicazione nel febbraio 2020 alla quale tuttavia non faceva seguito la sottoscrizione del relativo contratto a causa dell’impugnazione degli atti di gara. Ciò considerato, la SAM svolge tuttora in regime di proroga l’attività di concessionaria dell’autostrada A3 Napoli- Salerno, continuando in tale qualità ad adempiere gli obblighi derivanti dal rapporto concessorio e realizzando anche gli investimenti necessari a garantire la sicurezza e i livelli di servizio della rete autostradale gestita. Ed infatti, con nota del dicembre 2012 l’Amministrazione concedente richiedeva alla SAM “di proseguire, a far data dal 1° gennaio 2013, nella gestione della Concessione secondo i termini e le modalità previste dalla Convenzione vigente” e “di porre in essere tutte le azioni necessarie al mantenimento del livello di servizio, con particolare riferimento alla messa in sicurezza, per l’utenza, della struttura autostradale”, con la precisazione che avrebbe comunicato “con un congruo preavviso la data dell’effettivo subentro della Concessione”. La richiesta è stata formulata dal Concedente in applicazione di quanto previsto dall’art. 5.1. della Convenzione Unica, secondo cui il concessionario, anche dopo la scadenza della Convenzione, “resta obbligato a proseguire nell’ordinaria amministrazione dell’esercizio dell’autostrada assentita in concessione e delle relative pertinenze fino al trasferimento della gestione stessa che avrà luogo contestualmente alla corresponsione dell’indennizzo di cui al successivo comma 2” e, cioè, fino al subentro del nuovo concessionario e alla corresponsione del c.d. indennizzo di subentro (cfr. l’art. 5.1). Giova rammentare che il rapporto tra concedente e concessionario è disciplinato dal Piano Economico Finanziario (PEF) che definisce le modalità e gli strumenti per assicurare l’equilibrio economico e finanziario del rapporto concessorio, individuando l’ammontare degli investimenti effettuati e da effettuare e la loro collocazione nel tempo di vigenza della concessione, la remunerazione del capitale investito, oltre ai costi di manutenzione ed esercizio rapportati ai ricavi attesi dalla gestione (attraverso gli incassi dei pedaggi nel periodo di durata della concessione stessa). Con nota n. 24242 del 14 giugno 2019 il MIT chiedeva al «Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità» (NARS) di esaminare una possibile deliberazione del CIPE avente per oggetto l’introduzione di criteri generali «per l’accertamento e la definizione dei rapporti economici riferibili alle società concessionarie autostradali limitatamente al periodo intercorrente tra la data di scadenza della concessione e la data di effettivo subentro del nuovo concessionario». All’esito dell’istruttoria, con delibera 24 luglio 2019, n. 38, il CIPE ha approvato due sistemi di remunerazione relativamente al periodo transitorio: - una remunerazione pari al tasso BCE, incrementato dell’1%, per il capitale investito netto (CIN) rilevato alla scadenza della gestione; - una remunerazione pari al costo medio ponderato del capitale (WACC), di cui alla delibera CIPE n. 39/2007, per i nuovi investimenti assentiti dall’amministrazione concedente ed eseguiti nel periodo transitorio. La società concessionaria, nello stesso arco temporale in cui si è svolto il procedimento sopra descritto, aveva a sua volta trasmesso detto erano stati stipulati; - la nota (datata 24 maggio 2019) con la quale aveva inviato al MIT una proposta di PEF per il periodo transitorio 2013-2022. In mancanza di un espresso riscontro da parte del MIT, la SAM aveva BNL ha proposto ricorso innanzi al TAR Lazio, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza e Tribunale amministrativo regionale per l’▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇ contestando la condanna del Ministero ad approvare il PEF proposto e chiedendo altresìlegittimità delle deliberazioni comunali da ultimo menzionate e, con motivi aggiunti, l’annullamento delle note con le quali il MIT l’aveva sollecitata a presentare un PEF per il periodo transitorio conforme ai criteri generali approvati ha contestato altresì la legittimità di una successiva nota con la delibera quale il Comune, richiamata la precedente declaratoria di nullità dei provvedimenti sopra indicati, aveva ulteriormente sottolineato le conseguenze di tale nullità sull’efficacia dei contratti per operazioni su strumenti finanziari a suo tempo stipulati con la banca; - la medesima BNL ha quindi proposto istanza per regolamento di giurisdizione, assumendo che la cognizione della controversia in corso dinanzi al tribunale amministrativo, avente sostanzialmente il medesimo oggetto di quella già pendente davanti alla Corte d’appello di Bologna, rientrerebbe nella competenza giurisdizionale del CIPE 24 luglio 2019giudice ordinario; - il Comune ha resistito con controricorso; - il Procuratore generale ha concluso per la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario; - le parti hanno depositato memorie. Considerato, in diritto, che: - le contrapposte difese delle parti, ritenendo che ciò abbia influenza sulla questione di giurisdizione rimessa all’esame di questa corte, dibattono anzitutto il tema della possibilità stessa dell’amministrazione di accertare e dichiarare in ▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇ amministrativi da essa in precedenza posti in essere: possibilità che la banca ricorrente è propensa ad escludere, sul rilievo che un siffatto potere è contemplato dalla legge solo in vista dell’annullamento di atti illegittimi e non sarebbe, perciò, estensibile all’ipotesi della nullità, che ha presupposti e conseguenze diverse, laddove al contrario il comune resistente reputa che la maggior gravità di quest’ultima forma di patologia richiede, a maggior ragione, che l’amministrazione sia legittimata, se non addirittura obbligata, a rilevarla in via di autotutela; il collegio è dell’avviso che la decisione sul riparto di giurisdizione, che questa corte è chiamata a pronunciare, non imponga di prendere posizione, in termini generali, sul tema dinanzi indicato, sembrando sufficiente osservare che, quand’anche non si volesse dare rilievo decisivo alla circostanza che la L. n. 241 del 1990, art. 21- nonies contempla solo il potere della pubblica amministrazione di annullare d’ufficio i propri atti illegittimi, e non pure quello di dichiararli nulli, e si volesse viceversa sostenere che i principi di legalità e correttezza dell’agire amministrativo impongono comunque alla medesima amministrazione di vagliare anche d’ufficio l’eventuale nullità dei propri atti, al fine di non dare corso ai relativi effetti, un tale potere avrebbe tuttavia un fondamento ed una portata, almeno per certi aspetti, diversi da quelli che caratterizzano l’annullamento in via di autotutela di cui al citato art. 21-nonies; infatti, la declaratoria in ▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇ di un atto amministrativo, ove la si ammettesse, in null’altro consisterebbe se non in un’operazione di accertamento della radicale patologia di quell’atto, e pertanto dell’impossibilità che esso produca validamente effetti, con la conseguente affermazione della medesima amministrazione di non essere vincolata da tali effetti; ben diverso è il fenomeno dell’annullamento dell’atto in autotutela, in cui si esplica una potestà discrezionale, rimessa ad un’ampia valutazione di merito dell’amministrazione circa la sussistenza di ragioni d’interesse pubblico - concreto ed attuale - che eventualmente giustifichino la scelta di sopprimere un atto altrimenti destinato a rimanere pienamente efficace nonostante risulti affatto da vizi di legittimità indicati dal precedente art. 21-octies (sostanzialmente corrispondenti a quelli tradizionali dell’atto amministrativo di cui alla L. n. 1034 del 1971, art. 3); a differenza dell’accertamento della nullità, l’annullamento in via di autotutela si realizza quindi tramite una pronuncia avente efficacia necessariamente costitutiva, che modifica la realtà preesistente sotto il duplice aspetto di porre fine alla produzione degli effetti del provvedimento, fino a quel momento efficace ed esecutorio, e di eliminare quelli che l’atto abbia prodotto medio tempore dalla sua emanazione, da considerarsi come mai avvenuta; da siffatta premessa discende, come conseguenza naturale, che la declaratoria con cui l’amministrazione affermi la radicale nullità di un proprio precedente atto amministrativo e l’inidoneità di questo a produrre effetti vincolanti per l’amministrazione medesima, pur se la si voglia considerare in via di principio ammissibile, non configura un atto autoritativo; essa si risolve nella mera ricognizione di una situazione giuridica d’inidoneità dell’atto a produrre ex se effetti di alcun genere, e rispetto a tale situazione l’amministrazione, al contrario di quel che accade per l’annullamento in autotutela (in cui essa, con il solo ausilio dei propri organi, soddisfa per le vie amministrative l’interesse pubblico), non dispone di alcun potere conformativo neppure per sanare o convalidare l’atto nullo, come invece le è consentito per quello invalido (art.21-nonies, comma 2), sicchè deve necessariamente misurarsi con gli eventuali diritti soggettivi che i terzi possano aver acquisito in forza di quell’atto; se è concepibile che, a determinate condizioni, i diritti acquisiti dai terzi si pieghino all’interesse pubblico in virtù del quale l’amministrazione esercita il proprio potere di annullamento d’ufficio di un atto amministrativo illegittimo, la situazione perciò appare diversa quando, al di fuori di ogni esplicazione di autorità e di ogni ponderazione d’interessi, si tratti di accertare in termini oggettivi e vincolanti se un determinato atto debba o meno esser riconosciuto valido e produttivo di effetti dall’ordinamento giuridico; in particolare, ciò appare evidente nell’ipotesi in cui dall’atto amministrativo, della cui eventuale nullità si discute, sia scaturita la stipulazione di un contratto, onde lo stabilire se quell’atto sia o meno idoneo a produrre effetti si riflette in modo immediato e decisivo sulla validità dello stesso contratto e sulla posizione di diritto soggettivo consequenzialmente acquisita dall’altro contraente, innescando, se del caso, il diritto-dovere di disapplicazione dell’atto amministrativo non conforme a legge da parte del giudice chiamato a conoscere del diritto (L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E); in una situazione di tal fatta, che corrisponde a quella prodottasi nella presente vertenza, l’accertamento della nullità degli atti in base ai quali l’amministrazione ha manifestato la propria volontà di stipulare il contratto, se compiuto unilateralmente dalla stessa amministrazione, immancabilmente si traduce nell’affermazione di una delle parti del contratto di non considerare vincolanti gli atti che hanno dato vita al contratto medesimo; l’accertare se un atto di manifestazione di volontà negoziale sia o meno intrinsecamente nullo, e sia stato quindi o meno idoneo a generare un vincolo contrattuale impegnativo per le parti, rientra a pieno titolo nell’alveo della giurisdizione ordinaria, come è confermato d’altronde dalla scelta di agire dinanzi ai Tribunale di Bologna a suo tempo operata dallo stesso Comune (facendo ivi valere ragioni di nullità che - a quanto è dato desumere dalla documentazione prodotta in questa sede dalle parti e dall’esposizione dei fatti contenuta nelle rispettive difese - sono almeno parzialmente coincidenti con quelle poste a base della declaratoria di nullità poi unilateralmente formulata dall’amministrazione), e dal fatto che la sentenza di merito di primo grado, contenente l’implicita affermazione della competenza giurisdizionale del giudice che la ha pronunciata, non risulta sia stata da alcuno impugnata per motivi attinenti alla giurisdizione; non rileva, in contrario, la mera circostanza che la parte della cui manifestazione di volontà negoziale si sta discutendo sia una pubblica amministrazione: poichè, come s’è dianzi chiarito, non entra qui in gioco l’esercizio di alcun potere discrezionale e di apprezzamento del pubblico interesse, ma si tratta unicamente di vagliare la conformità alla regole oggettive dell’ordinamento giuridico di determinati atti, dai quali possono o meno essere scaturiti diritti soggettivi di terzi a seconda che quegli atti siano o meno considerati idonei a produrre effetti (per l’affermazione della giurisdizione ordinaria in ordine alle controversie contrattuali di cui sia parte la pubblica amministrazione, in un caso non identico ma con aspetti simili a quello in esame, si veda Sez. un. 29 maggio 2012, n. 38 nonché l’annullamento 8515); - neppur giova obiettare che la controversia introdotta dinanzi al giudice amministrativo, a seguito dell’impugnazione del contestato atto di autotutela, avrebbe un diverso oggetto, e cioè appunto la validità di quest’ultimo atto amministrativo, del quale invece non si discute nella causa riguardante la validità del contratto; - per le ragioni dianzi chiarite, discutere della validità dell’atto con cui il Comune dichiara di non riconoscere effetti giuridici ai provvedimenti in base ai quali ebbe a stipulare i contratti in questione equivale, nella sostanza, a discutere dell’eventuale sussistenza di ragioni di nullità in grado d’inficiare i vincoli derivanti dalla stipulazione di quei medesimi contratti, da questo solo dipendendo la possibilità per una delle parti di sottrarvisi; - lo stesso Comune contro ricorrente, del resto, riconosce che, anche in seguito alla formulazione di motivi di ricorso aggiunti proposti dal BNL dinanzi al giudice amministrativo, a quest’ultimo è stato chiesto di pronunciarsi sugli effetti giuridici che la declaratoria di nullità degli atti amministrativi prodromici può produrre sui contratti per i quali le medesime parti sono in causa dinanzi al giudice ordinario; - la tesi secondo la quale una tale deliberapronuncia del giudice amministrativo sarebbe consentita, a norma dell’art. Con la sentenza 2 febbraio 2021133 c.p.a., lett. e), n. 13541, e dell’art. 121 c.p.a., non appare condivisibile, oltre che per l’insieme dei rilievi sopra esposti, anche per la considerazione che i contratti per operazioni su strumenti finanziari di cui si discute in causa risultano esser stati stipulati tra il TAR Lazio accoglieva il ricorso della SAM, annullando le note ministeriali impugnate Comune e la deliberazione BNL in base a trattativa privata, di talchè la loro natura di contratti di diritto privato non può essere elisa dalla mera circostanza che, in astratto, l’ordinamento abbia previsto anche alcune disposizioni speciali destinate a valere per simili contratti quando ne sia parte una pubblica amministrazione; - la stipulazione dei contratti in esame non sembra, quindi, riconducibile ad una di quelle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi o forniture menzionate dalla prima delle due disposizioni sopra citate, ed ancor meno pertinente appare la seconda disposizione (a prescindere da qualsiasi discussione sulla corrispondenza della tipologia degli atti amministrativi ivi previsti con quelli in discorso), la quale disciplina le conseguenze sul contratto dell’annullamento giudiziale di atti propedeutici alla stipulazione, ma non dell’accertamento della loro nullità in via di autotutela, riconducibile, come già detto, alla generale azione dichiarativa della nullità di un atto e perciò sempre ammissibile innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria ed espressamente sottratta, invece, al giudice amministrativo, come conferma anche la L. n. 241 del CIPE 24 luglio 20191990, art. 21-septies (recepito poi dall’art. 133 c.p.a., comma 1, n. 38, sul presupposto 5) che detta delibera non fosse applicabile retroattivamente a quel giudice devolve in via esclusiva le questioni inerenti alla concessione nullità dei provvedimenti amministrativi nei soli casi in essere con la società Autostrade Meridionali scaduta il 31 dicembre 2012 e prorogata secondo i termini cui tale nullità dipenda dalla violazione o dall’elusione del giudicato; - da tutto quanto sopra consegue l’affermazione della convenzione tra le parti. Conseguentemente ordinava al MIT di adottare la determinazione conclusiva giurisdizione del procedimento per l’esame del PEF proposto con l’istanza della concessionaria, entro trenta giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza. A seguito della pubblicazione della sentenza appena citata, con nota del 2 marzo 2021, il MIT («giudice ordinario anche in esecuzione della sentenza TAR Lazio n. 1354/2021»ordine alla controversia di cui qui si discute (esulando dal presente regolamento ogni ulteriore valutazione circa la contemporanea pendenza, come dinanzi al medesimo giudice ordinario in grado d’appello, dell’altra controversia già a suo tempo introdotta dal Comune per far accertare la nullità dei più volte menzionati contratti); - le parti riassumeranno perciò la causa dinanzi al giudice ordinario, competente per materia e per territorio, cui si legge nella nota) ha concluso il procedimento, rigettando la proposta demanda di PEF della concessionaria, provvedere anche in quanto non conforme ordine alle delibere spese del CIPE n. 39/2007 e n. 38/2019. In particolare il MIT ha rilevato che la proposta di Piano economico finanziario formulata dalla SAM risulterebbe non coerente con la delibera CIPE n. 39/2007 perché contemplerebbe “parametri unilateralmente assunti che non trovano riscontro nella normativa di riferimento”, in quanto:presente regolamento.
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FATTO e DIRITTO. Con 1.E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 4 agosto 2011 n. 6990, resa in forma semplificata, che ha respinto il ricorso notificato della odierna appellante avverso gli esiti della procedura negoziata di cottimo fiduciario espletata dalla Federazione Italiana Pallacanestro per l’affidamento dei servizi di agenzia di viaggio per il periodo 1° giugno 2011 - 31 maggio 2013. L’appellante, seconda graduata a parità di punteggio con la società ▇▇▇▇▇▇▇ Wagonlit Italia S.r.l., torna a reiterare in data 3 maggio 2021 questo grado le censure già inutilmente fatte valere dinanzi al giudice di primo grado, lamentando la erroneità della gravata sentenza nella parte in cui dette censure ha disatteso; conclude per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, e depositato il successivo 17 maggio per l’annullamento degli atti in quella sede gravati, in riforma integrale della impugnata sentenza. ▇.▇▇ è costituita in giudizio la Società Autostrade Meridionali (SAM) ha premesso di essere concessionaria dal 1925 intimata Federazione nonché la controinteressata aggiudicataria per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione. All’udienza del 6 dicembre 2001 la causa è stata trattenuta per la progettazionesentenza. 3.Con il primo motivo l’appellante torna a prospettare la tesi dell’anomalia dell’offerta della aggiudicataria Viaggi del Perigeo, ove intesa nel senso che lo sconto del 30% offerto dalla concorrente in relazione ai servizi di prenotazione alberghiera e di nolo delle autovetture andasse riferito alla voce delle commissioni a suo favore e non invece – come era da presumere - sul prezzo alla stessa praticato dai fornitori dei distinti servizi. Lamenta che sul punto sia mancata la costruzione necessaria chiarezza e l’esercizio dell’autostrada A3 Napoli-Salerno si duole che l’Amministrazione appaltante non abbia preliminarmente acclarato tale decisiva questione prima di assegnare i punteggi alle offerte in forza gara e che altrettanto non abbia fatto il giudice di successive convenzioniprime cure disattendendo senza congrua motivazione il motivo di doglianza sul punto articolato. La censura non merita condivisione. Dalla documentazione acquisita agli atti si evince in modo inequivoco che la percentuale di sconto offerta dall’aggiudicataria riguardasse effettivamente la sua commissione, l’ultima e non configura quindi un risparmio sul prezzo. E’ stata d’altra parte la stessa stazione appaltante a chiarire che la dicitura “ ristorno di commissione” utilizzata all’All. 4 lett. A della lex specialis dovesse intendersi riferita allo sconto sul premio di commissione e non sul prezzo contrattuale dei servizi offerti, sicchè non potevano sorgere dubbi di sorta in ordine alla corretta interpretazione da dare alla espressione, che andava sicuramente riferita alle commissioni di ritorno dei concorrenti e non già agli sconti sui prezzi dei servizi ( come erroneamente ritenuto dalla odierna appellante). Anche il contratto susseguente alla aggiudicazione, secondo le precisazioni fornite dalla Federazione appellata, avrebbe dovuto essere stipulato nel rispetto di tale interpretazione autentica della lettera della lex specialis , di talchè per un verso risulta tutelata la posizione della stazione appaltante e, per altro verso, nessun vulnus alla par condicio competitorum può ritenersi connesso ad una ipotetica ed insussistente cattiva interpretazione della richiamata clausola di gara. In ogni caso, l’offerta dell’aggiudicataria, così correttamente intesa, non avrebbe potuto considerarsi anomala e quindi sostanzialmente inattendibile, atteso che –come correttamente rilevato dai giudici di primo grado - per giurisprudenza costante, il giudizio di anomalia va riferito alla offerta complessivamente considerata in tutte le sue componenti e non invece in relazione alle singole voci che la compongono ( di recente, Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2011, n. 3675; sez. III, 7 marzo 2011 n. 1419). 4.Quanto alla seconda censura, afferente la pretesa violazione del principio di rotazione di cui all’art. 125, comma 11, d.lgs. n. 163 del 2066, il Collegio osserva che anche tale doglianza non merita condivisione. Quello della rotazione dei soggetti da invitare nelle procedure negoziate è indubbiamente un principio funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle quali sottoscritta imprese affidatarie dei servizi con il sistema selettivo del cottimo fiduciario, ma in quanto tale lo stesso non ha, per le stazioni appaltanti, una valenza precettiva assoluta, di guisa che la sua episodica mancata applicazione non vale ex se ad inficiare gli esiti di una gara già espletata, una volta che questa si sia conclusa con l’aggiudicazione in favore di un soggetto già in precedenza invitato a simili selezioni ( ovvero già affidatario del servizio). Tanto più quando sia rimasto comprovato, come nel 1999caso che ci occupa, che la gara si sia svolta nel rispetto del principio di trasparenza e di parità di trattamento e si sia conclusa con l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa per la stazione appaltante, senza che nel giudizio comparativo tra le offerte abbia inciso la pregressa esperienza specifica maturata dalla impresa aggiudicataria nella veste di partner contrattuale della amministrazione aggiudicatrice. 5.Venendo da ultimo sostituita al terzo motivo d’appello, reiterativo di quello contenuto nel ricorso per motivi aggiunti di primo grado, il Collegio ritiene di confermare quanto osservato dai primi giudici in ordine alla inammissibilità della censura per difetto di interesse. L’interesse all’esame della censura, infatti, in quanto afferente al confronto tra l’offerta della odierna appellante con la seconda graduata a parità di punteggio ( ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇ s.r.l) sarebbe maturato in capo all’appellante soltanto in esito al favorevole scrutinio dei primi due motivi di ricorso, dedotti in primo grado e riproposti in appello, avverso l’aggiudicazione in favore della società “I Viaggi del Perigeo srl”. In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza. 6.Le spese di lite di questo grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 7230/11), come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la società appellante a rivalere le parti appellate costituite delle spese e competenze di questo grado di giudizio e liquida dette spese in euro 2.000,00 ( duemila/00), oltre IVA e CAP come per legge, in favore della Federazione Italiana Pallacanestro ed in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA e CAP come per legge, in favore della società I Viaggi del Perigeo. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati: ▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇, Presidente ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇, Consigliere ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇, Consigliere ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇, Consigliere ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇▇, Consigliere, Estensore Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Comunicato 14 dicembre 2011, n.69 Nello svolgimento dell’attività di vigilanza sul sistema di qualificazione di cui all’art. 6, comma 7, lettera m) del D. Lgs. n. 163/2006, l’Autorità ha riscontrato la sussistenza di alcuni profili problematici, riguardanti il comportamento di alcune SOA nell’adozione dei provvedimenti volti ad adeguare le attestazioni di qualificazione ai mutamenti dei requisiti facenti capo alle imprese, all’esito dei procedimenti di controllo ex art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006. Tali profili problematici sono stati rilevati, in particolare, in relazione all’attività di ridimensionamento delle attestazioni, ove le SOA intervengono con l’esercizio di una nuova attività di attestazione e il rilascio di un diverso attestato, avente l’effetto di riposizionare le imprese nel mercato dei lavori pubblici con l’eliminazione di una o più categorie e/o con la riduzione delle classifiche fino a quel momento possedute; minori problemi sono stati rilevati in relazione all’attività di decadenza posta in essere dalle SOA, al fine di annullare l’attestato dell’impresa non più in possesso dei previsti requisiti minimi, estromettendolo dalla Convenzione Unica sottoscritta realtà giuridica, senza l’emissione di una nuova attestazione. In particolare, in occasione di alcuni eventi riguardanti le imprese attestate, incidenti sul possesso dei requisiti di qualificazione, le SOA hanno comunicato il 28 luglio 2009 venir meno di alcuni requisiti o la sussistenza di intervenute variazioni all’interno delle compagini imprenditoriali con Anas S.p.A e con scadenza fissata conseguente necessità di ridimensionare e/o variare le attestazioni, subordinando il rilascio della nuova attestazione al 31 dicembre 2012. Nell’agosto pagamento del 2012, a ridosso della scadenza della Convenzione Unica, l’allora concedente ANAS S.p.A,, sostituito poi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) nel ruolo di concedente (quest’ultimo a partire dal mese di ottobre 2012 ha assunto il ruolo di concedente, corrispettivo ai sensi dell’art. 36 70, commi 4 e 5 del decreto-legge 6 luglio 2011D.P.R. n. 207/2010 (ex art. 12 del D.P.R. n. 34/2000). Per la risoluzione della questione relativa all’applicabilità o meno delle disposizioni di cui all’art. 70, commi 4 e 5 del D.P.R. n. 98207/2010 all’attività di ridimensionamento delle attestazioni all’esito dei procedimenti ex art. 40 comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, convertitova osservato, come peraltro evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità in precedenti determinazioni, che le SOA svolgono una funzione pubblicistica di certificazione, che sfocia in una attestazione, consistente in un atto unilaterale con modificazionivalore di atto pubblico, dalla legge 15 luglio 2011in quanto proiezione della funzione pubblica esercitata. Tali atti sono destinati altresì ad assumere una particolare efficacia probatoria, in quanto come disposto da ultimo dall’art. 60 del D.P.R. n. 111207/2010 “Fatto salvo quanto stabilito agli articoli 61, comma 6, e 62, l'attestazione di qualificazione rilasciata a norma del presente titolo costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento di lavori pubblici”. Da tali considerazioni ne discende un duplice interesse pubblicistico sotteso all’attività di attestazione: da un lato quello di permettere alle imprese di accedere al mercato dei lavori pubblici solo se in possesso dei requisiti per la qualificazione come disciplinati dal D.P.R. n. 207/2010, che ha sostituito il previgente D.P.R. n. 34/2000 e dall’altro quello di permettere alle medesime imprese di continuare ad operare nel mercato solo se in possesso dei requisiti. A tali interessi corrispondono due distinte attività delle SOA, quella funzionale all’accesso al mercato delle imprese e quella funzionale all’estromissione dal mercato delle medesime imprese. Al riguardo va osservato che espressione di tale seconda funzione è la previsione di cui all’art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, laddove si prevede che “Le SOA hanno l’obbligo di comunicare all’Autorità l’avvio del procedimento di accertamento del possesso dei requisiti nei confronti delle imprese nonché il relativo esito. Le SOA hanno l'obbligo di dichiarare la decadenza dell’attestazione di qualificazione qualora accertino che la stessa sia stata rilasciata in carenza dei requisiti prescritti dal regolamento, ovvero che sia venuto meno il possesso dei predetti requisiti; in caso di inadempienza l'Autorità procede a dichiarare la decadenza dell’autorizzazione alla SOA all'esercizio dell'attività di attestazione”. Tale funzione, rivolta non già a consentire all’operatore di accedere al mercato, bensì, al contrario, a consentire al mercato di espungere quei soggetti per i quali l’attestazione non risulta espressione della reale capacità tecnica ed economica-finanziaria, risulta particolarmente connotata da profili strettamente pubblicistici ed il relativo potere esercitato dalle SOA è obbligatorio e privo di connotati di discrezionalità, risultando vincolato nell’an e nel quomodo. Espressione della medesima funzione è l’attività di aggiornamento/ridimensionamento, ovvero di riduzione della portata abilitante dell’attestazione, quale declinazione del potere di decadenza desumibile in via implicita dalla medesima disposizione dell’art. 1140, comma 5, 9 ter del decreto-legge 29 dicembre 2011, D. Lgs. n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14), avviava la procedura per il nuovo affidamento. La prima gara per l’individuazione del nuovo concessionario subentrante si concludeva con l’esclusione di tutti i concorrenti163/2006, di modo cui ne condivide natura e finalità e rispetto alla quale il privato si trova in posizione di soggezione. Se dunque l’attività prevista dall’art. 40 comma 9 ter del codice dei contratti è un’attività obbligatoria e vincolata, la cui fonte risiede unicamente negli obblighi di legge, la stessa non può rientrare nella disponibilità della SOA e non può risultare oggetto di contrattazione con l’operatore economico, mancando all’uopo la possibilità di prospettare un rapporto sinallagmatico tra prestazione della SOA e pagamento del corrispettivo da parte dell’operatore economico, che veniva bandita una nuova procedura non avrebbe alcun interesse a vedersi ridurre la propria sfera di operatività nel mercato dei lavori pubblici. Alla luce di quanto esposto ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 70 commi 4 e 5 del D.P.R. n. 207/2010 alle attività di decadenza o ridimensionamento, poste in essere dalle SOA ad esito di un procedimento d’ufficio, tenuto conto che l’articolo 70, comma 4 nel prevedere che “Ogni attestazione di qualificazione o di suo rinnovo nonché tutte le attività integrative di revisione o di variazione, sono soggette al pagamento di un corrispettivo determinato, in rapporto all'importo complessivo ed al numero delle categorie generali o specializzate cui si richiede di essere qualificati….”, fa riferimento a quelle prestazioni delle SOA richieste dallo stesso operatore economico per partecipare alle procedure di affidamento in data dei lavori pubblici e che trovano la loro fonte nel contratto di attestazione. Sulla scorta di tali considerazioni si ritiene che le SOA non possono subordinare la pronuncia di decadenza e/o il rilascio dell’attestazione ridimensionata, disposti all’esito del procedimento di cui all’art. 40, comma 9 luglio 2019ter del D. Lgs. n. 163/2006, conclusasi con l’aggiudicazione nel febbraio 2020 alla quale tuttavia non faceva seguito la sottoscrizione del relativo contratto a causa dell’impugnazione degli atti al versamento di gara. Ciò considerato, la SAM svolge tuttora in regime di proroga l’attività di concessionaria dell’autostrada A3 Napoli- Salerno, continuando in tale qualità ad adempiere gli obblighi derivanti dal rapporto concessorio e realizzando anche gli investimenti necessari a garantire la sicurezza e i livelli di servizio della rete autostradale gestita. Ed infatti, con nota del dicembre 2012 l’Amministrazione concedente richiedeva alla SAM “di proseguire, a far data dal 1° gennaio 2013, nella gestione della Concessione secondo i termini e le modalità previste dalla Convenzione vigente” e “di porre in essere tutte le azioni necessarie al mantenimento del livello di servizio, con particolare riferimento alla messa in sicurezza, per l’utenza, della struttura autostradale”, con la precisazione che avrebbe comunicato “con un congruo preavviso la data dell’effettivo subentro della Concessione”. La richiesta è stata formulata dal Concedente corrispettivo da parte dell’impresa in applicazione di quanto previsto dall’art. 5.170, comma 5 del D.P.R. n. 207/2010. Il comportamento delle SOA volto a ritardare il perfezionamento del procedimento di controllo di cui all’art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, consentendo la sopravvivenza dell’ultima attestazione risultante dal casellario informatico e la relativa possibile spendita della Convenzione Unica, secondo cui il concessionariostessa nel mercato dei lavori pubblici, anche dopo se non più adeguata alle reali capacità delle imprese, potrà essere valutato ai fini dell’applicazione delle sanzioni ex art. 73 del D.P.R. n. 207/2010. ha pronunciato la scadenza presente sul ricorso numero di registro generale 820 del 2011, proposto da: Societa' Consortile Per Azioni Sermetra e S.n.c. Euro P.A., rappresentata e difesa dagli avv. Proff. ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇, ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇, avv.ti ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇, con domicilio eletto presso ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇ in Torino, ▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇, 40; Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇, con domicilio eletto presso la stessa in ▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇; Consorzio Per il Sistema Informativo (Csi-Piemonte), rappresentato e difeso dagli avv. ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇, ▇▇▇▇▇▇ ▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇▇▇, con domicilio eletto presso l’avv. ▇▇▇▇▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇ in Torino, ▇▇▇ ▇▇▇▇▇▇▇, ▇; Gestione Esazioni Convenzionate - Gec S.p.A. non costituita in giudizio; del Bando Gara Europea per il servizio di riscossione tassa auto della Convenzione, “resta obbligato a proseguire nell’ordinaria amministrazione dell’esercizio dell’autostrada assentita in concessione Regione Piemonte e delle relative pertinenze fino al trasferimento Entrate degli altri Enti locali piemontesi e funzioni correlate indetta dal C.S.I. Piemonte, Consorzio Servizi Informatici trasmesso alla Commissione della gestione stessa Comunità Europea in data 23.5.2011 e pubblicato il successivo 25.5.2011; dei Capitolati Speciali e degli altri atti e documenti che avrà luogo contestualmente alla corresponsione dell’indennizzo costituiscono parte integrante ed essenziale, nonché di cui al successivo comma 2” e, cioè, fino al subentro del nuovo concessionario e alla corresponsione del c.d. indennizzo ogni atto di subentro (cfr. l’art. 5.1). Giova rammentare che il rapporto tra concedente e concessionario è disciplinato dal Piano Economico Finanziario (PEF) che definisce le modalità e gli strumenti per assicurare l’equilibrio economico e finanziario del rapporto concessorio, individuando l’ammontare degli investimenti effettuati e da effettuare e la loro collocazione nel tempo di vigenza della concessione, la remunerazione del capitale investito, oltre ai costi di manutenzione ed esercizio rapportati ai ricavi attesi dalla gestione (attraverso gli incassi dei pedaggi nel periodo di durata della concessione stessa). Con nota n. 24242 del 14 giugno 2019 il MIT chiedeva al «Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità» (NARS) di esaminare una possibile deliberazione del CIPE avente per oggetto l’introduzione di criteri generali «per l’accertamento e la definizione dei rapporti economici riferibili alle società concessionarie autostradali limitatamente al periodo intercorrente tra la data di scadenza della concessione e la data di effettivo subentro del nuovo concessionario». All’esito dell’istruttoria, con delibera 24 luglio 2019, n. 38, il CIPE ha approvato due sistemi di remunerazione relativamente al periodo transitorio: - una remunerazione pari al tasso BCE, incrementato dell’1%, per il capitale investito netto (CIN) rilevato alla scadenza della gestione; - una remunerazione pari al costo medio ponderato del capitale (WACC), di cui alla delibera CIPE n. 39/2007, per i nuovi investimenti assentiti dall’amministrazione concedente ed eseguiti nel periodo transitorio. La società concessionaria, nello stesso arco temporale in cui si è svolto il procedimento sopra descritto, aveva a sua volta trasmesso la nota (datata 24 maggio 2019) con la quale aveva inviato al MIT una proposta di PEF per il periodo transitorio 2013-2022. In mancanza di un espresso riscontro da parte del MIT, la SAM aveva proposto ricorso innanzi al TAR Lazio, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza e la condanna del Ministero ad approvare il PEF proposto e chiedendo altresì, con motivi aggiunti, l’annullamento delle note con le quali il MIT l’aveva sollecitata a presentare un PEF per il periodo transitorio conforme ai criteri generali approvati con la delibera del CIPE 24 luglio 2019, n. 38 nonché l’annullamento anche di tale delibera. Con la sentenza 2 febbraio 2021, n. 1354, il TAR Lazio accoglieva esso presupposto o consequenziale Visti il ricorso della SAM, annullando le note ministeriali impugnate e la deliberazione del CIPE 24 luglio 2019, n. 38, sul presupposto che detta delibera non fosse applicabile retroattivamente alla concessione i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in essere con la società Autostrade Meridionali scaduta giudizio di Regione Piemonte e di Consorzio Per il 31 dicembre 2012 e prorogata secondo i termini della convenzione tra le parti. Conseguentemente ordinava al MIT di adottare la determinazione conclusiva del procedimento per l’esame del PEF proposto con l’istanza della concessionaria, entro trenta giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza. A seguito della pubblicazione della sentenza appena citata, con nota del 2 marzo 2021, il MIT Sistema Informativo («anche in esecuzione della sentenza TAR Lazio n. 1354/2021», come si legge nella nota) ha concluso il procedimento, rigettando la proposta di PEF della concessionaria, in quanto non conforme alle delibere del CIPE n. 39/2007 e n. 38/2019. In particolare il MIT ha rilevato che la proposta di Piano economico finanziario formulata dalla SAM risulterebbe non coerente con la delibera CIPE n. 39/2007 perché contemplerebbe “parametri unilateralmente assunti che non trovano riscontro nella normativa di riferimento”, in quanto:Csi-Piemonte);
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Sources: Raccolta Normativa