LA RISOLUZIONE UNILATERALE DEL CONTRATTO DEI CALCIATORI PROFESSIONISTI
Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico
LA RISOLUZIONE UNILATERALE DEL CONTRATTO DEI CALCIATORI PROFESSIONISTI
PROBLEMI ATTINENTI ALLA RISARCIBILITÀ DEL DANNO IN AMBITO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
RELATORE:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx XXXXXXX CORRELATORE:
Prof. a.c. Avv. Xxxxx XXXXXXXXXX
TESI DI LAUREA DI:
Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx: 774018
ANNO ACCADEMICO: 2014-2015
INDICE
Premessa 1
Introduzione 4
CAPITOLO I L'ORDINAMENTO SPORTIVO
CALCISTICO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
1. L'ordinamento sportivo internazionale 6
1.1 Il C.I.O. 7
1.2 La F.I.F.A. 10
1.3 Lo statuto F.I.F.A: principi generali e contenuto 13
1.4 La disciplina dello status di membro F.I.F.A. 15
2. La Confederazione calcistica europea: la U.E.F.A. 18
3. L'ordinamento sportivo nazionale 21
3.1 Il C.O.N.I. 21
3.2 La Federazione Italiana Giuoco Calcio 28
CAPITOLO II
IL SISTEMA DI GIUSTIZIA SPORTIVA CALCISTICA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
1. La giustizia sportiva a livello internazionale 30
1.1 Il Player's Status Commitee 31
1.2 Il Dispute Resolution Chamber 32
1.3 L'ultimo grado di giudizio: il Tribunal Arbitral du Sport 37
2. Il sistema di giustizia in ambito U.E.F.A. 42
3. La giustizia sportiva a livello nazionale 44
3.1 Le diverse tipologie di giustizia sportiva 44
3.2 I rapporti tra giustizia sportiva e ordinaria 46
3.3 La clausola compromissoria ed il ruolo del Collegio Arbitrale 51
3.4 Gli organi nazionali di giustizia sportiva 54
CAPITOLO III
LE FONTI REGOLAMENTARI NELL'AMBITO
DEI TRASFERIMENTI NAZIONALI ED INTERNAZIONALI DEI CALCIATORI PROFESSIONISTI
1. Fonti regolamentari nell'ambito F.I.F.A. 60
1.1 Il Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori: la
ratio della sua introduzione e principi generali 60
1.2 Disposizioni e contenuti del R.S.T.P. 63
1.3 L'evoluzione storica del rapporto di lavoro sportivo: la sentenza
Xxxxxx 65
1.4 Gli effetti della sentenza Xxxxxx sulla disciplina in tema di
trasferimenti di calciatori professionisti 69
2. Fonti regolamentari nell'ambito F.I.G.C. 70
. 2.1 Le norme organizzative della F.I.G.C. sui trasferimenti e
le cessioni del contratto 72
CAPITOLO IV
LE FONTI NORMATIVE NAZIONALI: LA LEGGE
23 MARZO 1981, n. 91 SUL PROFESSIONISMO SPORTIVO
1. Il c.d. "vincolo sportivo": natura giuridica 76
2. Il rapporto di lavoro sportivo prima dell'introduzione della
Legge n. 91/81 80
3. Contenuto e finalità della Legge n. 91/81 82
CAPITOLO V
IL CONTRATTO CALCISTICO PROFESSIONISTICO ALLA LUCE DELLA L. n. 91/81
1. La costituzione del rapporto di lavoro sportivo 91
2. Gli elementi essenziali del contratto calcistico nei professionisti 94
3. La durata del contratto 104
4. Profili d'invalidità del contratto 106
CAPITOLO VI
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO CALCISTICO IN AMBITO NAZIONALE
1. La risoluzione consensuale del contratto calcistico 111
2. La risoluzione unilaterale del contratto nell'ambito della
disciplina nazionale
3. Il recesso ante tempus dal contratto di lavoro calcistico a tempo determinato: riferimenti codicistici
4. I casi giurisprudenziali della giustizia sportiva nazionale
118
121
124
CAPITOLO VII
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO CALCISTICO NELLA DISCIPLINA INTERNAZIONALE
1. La risoluzione unilaterale del contratto in ambito internazionale 127
2. La risoluzione contrattuale per giusta causa e per giusta causa sportiva 130
3. Il divieto di recesso durante una stagione sportiva 140
4. La giurisprudenza della giustizia sportiva internazionale 141
CAPITOLO VIII
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO CALCISTICO
SENZA GIUSTA CAUSA NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
1. La risoluzione senza giusta causa a livello internazionale 144
2. L'evoluzione giurisprudenziale del Dispute Resolution Chamber
e del T.A.S. 149
CAPITOLO IX
LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO IN CASO DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO CALCISTICO SENZA GIUSTA CAUSA
IN XXXXX XXXXXXXXXXXXXX
0. La ratio dell'art. 17 del Regolamento F.I.F.A. 164
2. Il calcolo dell'indennità: i criteri applicativi dell'art. 17 R.S.T.P. 167
3. La giurisprudenza del T.A.S. in tema di risarcibilità del danno 175
4. La predeterminazione dell'indennità: le buy-out clauses 188
5. Il c.d. "Periodo protetto" e le sanzioni sportive 190
6. La giurisprudenza del Dispute Resolution Chamber in tema
di sanzioni sportive 193
CAPITOLO X
I CRITERI UTILIZZATI PER IL CALCOLO
DEL RISARCIMENTO DEL DANNO IN CAMPO NAZIONALE
1. La determinazione del risarcimento del danno in caso di recesso
ingiustificato da parte delle società 196
2. Il recesso ingiustificato del calciatore professionista: la determinazione convenzionale del danno risarcibile
197
CAPITOLO XI
COMPARAZIONE CON ALTRI ORDINAMENTI SPORTIVI IN TEMA DI RISARCIBILITÀ DEL DANNO IN CASO
DI RISOLUZIONE SENZA GIUSTA CAUSA
1. Il problema del danno risarcibile affrontato in Spagna:
la previsione del Real Decreto 1006/1985 203
1.1 La forzatura dell'art.16 del Real Decreto 1006/1985:
il caso Xxxxxxx
1.2 La predeterminazione di un'indennità eccessiva: la giurisprudenza del Tribunal Supremo
207
212
2. La determinazione dell'indennizzo nell'ordinamento sportivo francese 217
3. Il calcolo della "compensation" nel Regno Unito 219
4. Il calcolo dell'indennità nell'ordinamento sportivo portoghese 221
Conclusioni 223
Bibliografia 227
PREMESSA
In questo elaborato si vuole cercare di ricostruire la fattispecie della risoluzione unilaterale del contratto dei calciatori professionisti, focalizzando l'attenzione, in particolare, sulla risoluzione senza giusta causa del contratto sportivo e sui problemi che ne derivano circa il metodo di calcolo più adeguato dell'indennità dovuta dalla parte inadempiente.
Punto di partenza per il raggiungimento di questo scopo è la disamina dell'ordinamento sportivo. In particolare viene esaminato l'ordinamento sportivo sia nell'ambito internazionale, analizzando le istituzioni più rilevanti nell'ambito sportivo calcistico (C.I.O. e F.I.F.A.), sia nell'ambito europeo (U.E.F.A.), nonché nell'ambito nazionale, prendendo in considerazione il C.O.N.I. e la Federazione calcistica italiana di riferimento, ossia la F.I.G.C.
La trattazione prosegue, poi, attraverso l'esame della giustizia sportiva, dapprima a livello internazionale, prendendo in particolare considerazione gli organi di giustizia sportiva della F.I.F.A., cioè il Dispute Resolution Chamber (D.R.C.) e il Tribunal Arbitral du Sport (T.A.S.) le cui pronunce e gli orientamenti giurisprudenziali ricoprono un ruolo primario per il raggiungimento dell'obbiettivo perseguito da questo elaborato, e successivamente a livello nazionale, vagliando le caratteristiche e le particolarità degli organi di giustizia sportiva italiana.
Si ritiene poi opportuno, analizzare le fonti regolamentari fondamentali agli scopi di questo elaborato. Nello specifico, vengono esaminati con particolare attenzione il Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori della F.I.F.A., il quale, attraverso il capo IV rubricato “Mantenimento della stabilità contrattuale tra professionisti e società” disciplina espressamente le dinamiche della risoluzione unilaterale del contratto dei calciatori professionisti in ambito internazionale, nonché le N.O.I.F. ossia le norme organizzative interne della F.I.G.C., al fine di valutare quali disposizioni sono previste a livello nazionale circa la risoluzione unilaterale posta in essere da una parte del contratto.
Inoltre, sempre in ambito nazionale, vengono considerate le fonti normative di riferimento dell'ordinamento sportivo in Italia, prestando particolare attenzione ai
contenuti e alle finalità della L. n. 91/1981.
In seguito, si esaminano le caratteristiche principali del contratto sportivo calcistico in generale, analizzando, in particolare, i suoi elementi essenziali ed i suoi profili d'invalidità.
Successivamente, lo studio si focalizza sull'analisi della risoluzione del contratto sportivo, punto nodale di questa trattazione, valutando tale disciplina dapprima in ambito nazionale facendo anche chiaro riferimento alle pronunce della giurisprudenza italiana in merito, e poi, in ambito internazionale, considerando in primo luogo le ipotesi di risoluzione unilaterale del contratto calcistico per giusta causa e giusta causa sportiva previste rispettivamente dagli artt. 14 e 15 del Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, ed in secondo luogo, la disciplina della risoluzione unilaterale senza giusta causa disciplinata dal Regolamento F.I.F.A., in particolare, prendendo in considerazione le pronunce di maggior rilievo della giurisprudenza internazionale.
In base agli orientamenti della giurisprudenza internazionale esaminati in tali pronunce, si può affrontare il problema attinente alla risarcibilità del danno in ambito internazionale a seguito della risoluzione unilaterale del contratto senza giusta causa. Infatti, viene trattato in modo specifico l'art. 17 del Regolamento F.I.F.A., articolo di fondamentale importanza per gli scopi di questo elaborato, poiché disciplina espressamente le conseguenze di una risoluzione contrattuale senza giusta causa.
In particolare, dopo aver analizzato la ratio di detto articolo ed i criteri in esso contemplati per il calcolo dell'indennità dovuta dalla parte contrattuale inadempiente, vengono prese in considerazione le già citate pronunce rilevanti della giurisprudenza internazionale al fine di valutare le diversità dei criteri utilizzati per il calcolo dell'indennizzo.
Inoltre, vengono analizzati anche altri aspetti significativi dell'art.17, come ad esempio la previsione del c.d. “Periodo protetto”, entro il quale la risoluzione unilaterale senza giusta causa non produrrà in capo alla parte inadempiente soltanto l'obbligo di corrispondere alla controparte un risarcimento del danno, ma anche la previsione di sanzioni sportive a suo carico.
Al fine di fornire un esaustivo quadro anche di quest'ultima dinamica dell'art. 17,
vengono ricercati i casi giurisprudenziali rilevanti attinenti al tema delle sanzioni sportive previste espressamente dal Regolamento F.I.F.A.
Il problema della risarcibilità del danno conseguente ad una risoluzione unilaterale senza giusta causa viene poi affrontato anche in ambito nazionale, al fine di valutare quali criteri di calcolo possono essere utilizzati per quantificare l'ammontare dell'indennità dovuta nel nostro ordinamento sportivo.
Infine, si ritiene opportuno valutare i criteri utilizzati in alcuni ordinamenti sportivi europei per quantificare l'indennità dovuta a seguito di una risoluzione unilaterale senza giusta causa di un contratto sportivo calcistico. Per questo motivo si analizzano i criteri previsti dall'ordinamento spagnolo, prendendo in considerazione le disposizioni previste dal Real Decreto 1006/1985, dall'ordinamento francese e dal Regno Unito, nonché dall'ordinamento portoghese al fine di poter descrivere esaurientemente tutte le tematiche attinenti al tema oggetto di questo elaborato.
INTRODUZIONE
Il tema della risoluzione contrattuale dei calciatori professionisti si pone come una delle tematiche più importanti e complesse del diritto sportivo calcistico sia in ambito internazionale sia in quello nazionale.
Tale importanza è evidenziata dal principio fondamentale su cui si basa l'intero Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, ossia il mantenimento della stabilità contrattuale tra calciatori professionisti e società calcistiche.
Infatti scopo principale del Regolamento è di contemperare da un lato l'esigenza di mobilità degli atleti, attraverso la possibilità di risolvere unilateralmente il contratto all'avversarsi di certe condizioni e, dall'altro, il bisogno delle società sportive di avere la certezza dei contratti stipulati, disponendo l'obbligo del risarcimento del danno e, nei casi più gravi, comminando anche sanzioni sportive a carico della parte contrattuale che ha risolto senza giusta causa il contratto sportivo.
Le significative problematiche che si pongono in relazione a questo tema, si evidenziano, in particolare, nel calcolo dell'indennità dovuta dalla parte che ha risolto unilateralmente ed ingiustificatamente il contratto da parte dell'autorità competente. Tale difficoltà nasce, in ambito internazionale, dalla genericità dei criteri contemplati dall'art. 17 del Regolamento F.I.F.A. e dalla mancanza, invece, in ambito nazionale, di disposizioni specifiche in merito da parte dell'ordinamento sportivo italiano.
Per questo motivo, al fine di raggiungere gli scopi di questo elaborato, si ritiene opportuno considerare gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul punto.
In particolare, si ritiene opportuno in ambito nazionale analizzare i pareri dottrinali più rilevanti al fine di poter individuare i criteri considerati più adeguati di calcolo dell'indennità in conseguenza della risoluzione unilaterale del contratto senza alcuna giusta causa.
In ambito internazionale, invece, vengono prese in considerazione le pronunce della giurisprudenza F.I.F.A. più rilevanti in relazione a questo tema, al fine di evidenziare le differenze che si sono prodotte nel calcolo dell'indennizzo a seguito della risoluzione contrattuale senza giusta causa del contratto calcistico e di individuare, inoltre, gli indirizzi giurisprudenziali correnti in merito.
Pertanto, l'incertezza applicativa delle previsioni dell'art. 17 del Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori si riflette sull'autorità F.I.F.A. chiamata a quantificare l'indennizzo dovuto a seguito della risoluzione unilaterale senza giusta causa del contratto sportivo calcistico, la quale, molto spesso, si è trovata in difficoltà nell'applicazione dei criteri previsti dal sopracitato articolo del Regolamento.
È doveroso, inoltre, sottolineare che la difficoltà nell'individuazione della corretta compensazione dovuta alla parte lesa a causa della risoluzione unilaterale del contratto, testimoniata dalla discordanza delle pronunce della giurisprudenza internazionale sul punto, ha prodotto, nel corso degli anni, veementi polemiche nel mondo calcistico date proprio dalla mancanza di criteri certi per il calcolo della compensazione.
Alla luce di queste problematiche, si vuole, pertanto, cercare di identificare in questo elaborato i criteri che si possono ritenere più corretti per la quantificazione dell'indennizzo dovuto e che siano inoltre conformi alle predette esigenze perseguite dal Regolamento F.I.F.A., nonché di individuare le possibili soluzioni proposte dalla dottrina per attenuare tali difficoltà.
CAPITOLO I
L'ORDINAMENTO SPORTIVO CALCISTICO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
1. L'ordinamento sportivo internazionale
In relazione alla tematica relativa all'ordinamento sportivo internazionale assume particolare rilevanza la questione concernente la natura di ordinamento giuridico in senso stretto.
È necessario, pertanto, che sia configurabile una “comunità reale”, intesa come categoria di soggetti che rispettano le stesse regole. In altri termini si può parlare di un'organizzazione costituente un'unità di soggetti tendenti al raggiungimento di fini collettivi, in vista del quale può chiedersi il sacrificio degli interessi propri dei singoli.
In questo contesto, pertanto, affinché si possa affermare l'esistenza di un ordinamento sportivo, è necessario che coloro che praticano uno sport diano vita a formazioni sociali e che queste ultime si sostanzino soltanto in un un ordinamento di formazione spontanea, che presenti, almeno in parte, regole organizzative proprie. Tutto ciò può riscontrarsi con riferimento alle norme poste in via del tutto autonoma dal C.I.O. e dalle Federazioni Sportive Internazionali, ai fini della configurazione dei propri organi di governo, nella materia disciplinare e in sede di regolamentazione dell'attività sportiva.
Le regole poste dal C.I.O. e dalle Federazioni Sportive Internazionali si collocano
1 X. XXXXXXXXXX, Diritto Sportivo, 2009, p. 19.
Dal punto di vista organizzativo l'ordinamento sportivo internazionale si presenta rigido, gerarchico e chiuso ed è costituito da una serie di strutture piramidali che possono essere suddivise in diverse tipologie, tra le quali possono individuarsi:
• il tipo delle “organizzazioni semplici”, cioè costituite da individui, al quale appartiene il C.I.O.;
• il tipo delle “organizzazioni composte”, ossia formate da associazioni di associazioni munito di una struttura federativa, nel cui ambito rientrano le Federazioni Sportive Internazionali.
1.1 Il C.I.O.
Nell'ambito dell'ordinamento sportivo a livello internazionale, ricopre un ruolo di vertice il C.I.O. (Comitato Internazionale Olimpico), nato nel 1894 sulla spinta del barone Xxxxxx xx Xxxxxxxxx, che aveva lo scopo di riportare a nuova vita i Giochi Olimpici della Grecia Classica. Esso si può definire come un'organizzazione sovranazionale non governativa, senza scopo di lucro, con personalità giuridica di tipo privatistico, pur se dotato di un'estrema rilevanza a livello mondiale, in quanto ente esponenziale del movimento olimpico internazionale3. Tale specifica caratteristica ha peraltro portato a ritenere che il C.I.O. potesse essere considerato un'entità molto simile ad un vero e proprio soggetto di diritto internazionale, non solo perché esso è in grado di negoziare con i singoli Stati, spesso in una posizione di contraente privilegiato, la conclusione di accordi riguardanti l'organizzazione dei
2 J.A.R. XXXXXXXX, International Sports Law, 1988, p. 1.
3 Con tale definizione si intendono quegli enti che non siano stati costituiti a seguito di un accordo fra singoli Stati, ma la cui struttura organizzativa sia comunque basta su principi democratici e sia compatibile con il diritto interno dello Stato di appartenenza, si sviluppi a livello transnazionale, sia composta da individui e non da organi che rappresentino degli Stati ed inoltre, nel perseguire un interesse internazionale, non si prefigga uno scopo di lucro. In tal senso, F.X. XXXX XXXXXX, Il comitato Internazionale olimpico e i giochi olimpici: aspetti di diritto internazionale, in Riv. Dir. Sport, 1995, 255.
Giochi Olimpici, ma anche in quanto svolge funzioni di tipo amministrativo e giurisdizionale in merito a tutte le attività sportive legate ai Giochi Olimpici.
Inoltre il C.I.O. è assimilabile, come affermato dalla Corte di Giustizia CE in relazione alla disciplina dell'attività sportiva, ad una vera e propria impresa, esercitando un'attività economica a tutti gli effetti, a prescindere dal fatto che i profitti derivanti dallo sfruttamento dei diritti connessi allo svolgimento dei giochi siano impiegati ai fini dell'ulteriore sviluppo del movimento olimpico.
Funzione primaria del C.I.O. è l'organizzazione del Giochi Olimpici, sovrintendendo al loro svolgimento, nonché di incoraggiare l'organizzazione anche di altre competizioni, vigilando sull'osservanza dei principi formulati nella Carta Olimpica, la quale rappresenta lo statuto dell'ordinamento sportivo internazionale, e delle regole sportive fondamentali contenute in un corpus di norme, chiamate “Regole Olimpiche”4.
Fanno parte del C.I.O., oltre alle Federazioni Sportive Internazionali, anche i Comitati Olimpici Nazionali (per l'Italia, il C.O.N.I.) e, per ogni disciplina olimpica, le Federazioni Sportive Nazionali.
Il rapporto esistente fra il C.I.O. e ciascun Comitato Nazionale Olimpico (C.N.O.) è di tipo associativo, ovvero è basato sul riconoscimento unilaterale del singolo Comitato nazionale da parte del C.I.O., al quale consegue l'abilitazione del C.N.O. per la successiva selezione dei propri atleti ai fini della partecipazione ai Giochi Olimpici.
Ai fini di tale riconoscimento, in particolare, i singoli C.N.O. devono prevedere, all'interno della loro struttura organizzativa, gli eventuali membri del C.I.O. della Nazione interessata, oltre che le Federazioni Nazionali la cui specifica disciplina sportiva è ricompresa nel programma olimpico.
Il C.I.O. esercita, nei confronti dei C.N.O., poteri di controllo, approvandone gli Statuti ed i Regolamenti, i quali devono allinearsi ai requisiti fissati dalla Carta Olimpica. L'osservanza di quest'ultima condizione conferisce il diritto ai C.N.O. di inviare i propri atleti ai Giochi Olimpici.
Pertanto i C.N.O. hanno il delicato compito di preservare l'integrità dei valori e dello
4 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, Lezioni di diritto sportivo, 2009, p. 26.
sviluppo del Movimento Olimpico, sotto la supervisione ed il controllo del C.I.O.
Il sistema sportivo internazionale si articola, poi, in una serie di Federazioni, finalizzate all'organizzazione delle diverse discipline sportive.
Le varie Federazioni sportive Internazionali (F.S.I.) si possono definire come organizzazioni non governative di tipo composto, in quanto raggruppano in sé altri enti in una struttura federale. Esse sono, solitamente, associazioni private dotate di personalità giuridica nell'ambito dell'ordinamento statale in cui hanno la sede.
Le F.S.I. hanno una struttura interna variabile, ma è possibile distinguere un sistema tripartito ricorrente in tutte le tipologie di F.S.I.; tale sistema si compone di:
• un organo assembleare a carattere rappresentativo molto vasto, comprendente ogni membro e fornito di tutti i poteri, cui è demandata la funzione normativa, esso è l'organo sovrano in quanto forma la volontà sociale, approva e modifica gli statuti e i regolamenti;
• un organo a carattere rappresentativo più ristretto, che ha funzioni di carattere esecutivo;
• un organo di tipo burocratico, che assicura il funzionamento corretto dell'organizzazione.
Le F.S.I. sono improntate al rispetto dei principi fondamentali della neutralità, dell'imparzialità e dell'unitarismo. In particolare, quest'ultimo esprime l'esigenza di avere, nell'ambito delle Federazioni Internazionali, una sola associazione affiliata o un solo gruppo di queste per ciascun Paese.
Tra i loro scopi principali si annoverano l'incoraggiare e il facilitare la pratica dello sport di specie, organizzare, eventualmente, le competizioni e soprattutto promulgare le regole in materia sportiva alle quali tutte le Federazioni Nazionali affiliate
5 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 22.
debbono attenersi, pena il potenziale disconoscimento internazionale e la conseguente esclusione degli associati da tutte le manifestazioni sportive organizzate dall'apparato delle Federazioni Sportive Internazionali.
Pertanto le F.S.I., rappresentando gli organismi che il C.I.O. riconosce come esclusivi rappresentanti dello sport a livello mondiale, assumono un ruolo fondamentale di controllo e di amministrazione nello svolgimento delle diverse discipline sportive a livello continentale, nazionale e locale, attraverso l'attività svolta dai numerosi organismi che agiscono a livello decentrato.
Tale sistema può essere concepito come una struttura di tipo piramidale, con al vertice un organismo operante a livello mondiale (nel settore del calcio, la F.I.F.A.) seguito dalle confederazioni continentali, le quali raccolgono nel proprio seno le diverse Federazioni nazionali per ogni singolo continente (in Europa, per il settore calcio, la U.E.F.A.) ed infine, dalle Federazioni Sportive Nazionali (rappresentate in Italia, sempre per il calcio, dalla F.I.G.C.).
1.2 La F.I.F.A.
La F.I.F.A. (Fédération Internazionale de Football Association) rappresenta la Federazione internazionale posta al vertice dell'ordinamento calcistico mondiale.
Tale Federazione è un'associazione di diritto privato dotata di personalità giuridica, ai sensi dell'art.60 del Codice Civile Svizzero, la cui sede centrale si trova a Zurigo.
6 X. XXXXXXX, Non si fa goal solo sul campo: come districarsi fra Circolari, Norme, Regolamenti, Statuti, Decisioni, Codici, in ambito calcistico internazionale e nazionale, 2012, p. 19 ss.
Per quanto riguarda la struttura organizzativa interna, la F.I.F.A. è composta da diversi organi, tra i quali:
• Il Congresso: rappresenta il supremo organo legislativo ed è composto dai delegati delle Federazioni affiliate. La sua attività è sostanzialmente costituita da: l'approvazione del bilancio F.I.F.A.; l'emanazione dei provvedimenti relativi all'affiliazione delle Federazioni alla F.I.F.A.; l'elezione del Presidente; l'approvazione delle modifiche allo Statuto ed al Regolamento di Applicazione.
Tutte le decisioni prese in sede di Congresso, ad eccezione delle elezioni, sono prese a voto palese ed è richiesta la maggioranza semplice. È invece richiesta una maggioranza qualificata, con la maggioranza assoluta dei componenti ed il voto favorevole di almeno tre quarti dei presenti, laddove si tratti di decisioni relative alle modifiche allo Statuto F.I.F.A., all'emanazione di provvedimenti relativi alla revoca dell'affiliazione delle Federazioni nazionali.
L' art 29 dello Statuto F.I.F.A. prevede infine che le delibere del Congresso entrano in vigore dopo 60 giorni dalla chiusura del Congresso, salvo diverso termine indicato dal Congresso stesso per quella specifica decisione.
• il Comitato Esecutivo: rappresenta l'organo esecutivo, ed è composto da 25 membri tra cui il Presidente F.I.F.A. che lo presiede. Le competenze di tale organo sono previste in via residuale rispetto a quelle del Congresso, in particolare nomina i membri delle commissioni permanenti e degli organi giudicanti, inoltre redige i regolamenti per l'organizzazione delle Commissioni permanenti e ad hoc, decide la sede e la data delle gare dei tornei F.I.F.A., nonché il numero di squadre partecipanti per ciascuna Confederazione.
• il Presidente: rappresenta la F.I.F.A. sotto il profilo legale, egli ha diverse responsabilità, come l'attuazione delle delibere approvate dal Congresso e dal
Comitato Esecutivo per mezzo della Segreteria Generale, sovrintende l'operato della Segreteria Generale stessa, mantiene i rapporti tra la F.I.F.A. e le Confederazioni, le sue affiliate, gli organi politici e altre organizzazioni internazionali.
• La Segreteria Generale: svolge compiti amministrativi in seno alla F.I.F.A., in particolare in tema di esecuzione delle decisioni degli organi F.I.F.A., a supporto dei quali provvede anche alla redazione dei verbali, e di gestione della contabilità.
• Il Comitato d'emergenza: si occupa di tutte le questioni che richiedono una definizione immediata nel periodo che intercorre tra due riunioni del Comitato Esecutivo. È composto dal Presidente della F.I.F.A. e da un membro di ciascuna Confederazione scelto tra gli affiliati dell'Associazione.
Inoltre l'organigramma della F.I.F.A. comprende anche degli organi giudicanti, puntualmente elencati dallo Statuto F.I.F.A. Essi sono:
7 Nello specifico il Comitato Organizzatore per la Coppa del Mondo F.I.F.A. si occupa dell'organizzazione della Coppa del Mondo F.I.F.A. in conformità ai disposti del regolamento vigente per questa competizione, all'elenco dei requisiti e al contratto con l'associazione organizzatrice. La Commissione per lo Status dei Calciatori provvede alla definizione e al controllo del rispetto del Regolamento a disciplina dello status e dei trasferimenti dei calciatori e determina anche lo status dei calciatori in relazione alle varie competizioni della F.I.F.A. La sfera di competenza della commissione è disciplinata dal Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori. La Commissione di consulenza televisiva e marketing offre consulenza al Comitato Esecutivo in ordine alla stesura e all'attuazione di contratti tra la F.I.F.A. e i suoi partner commerciali/televisivi e analizza le strategie di marketing e televisive messe a punto.
• La Commissione Disciplinare, la cui funzione è regolata dal Codice Disciplinare della F.I.F.A. Essa può irrogare sanzioni nei confronti di affiliati, club, dirigenti, calciatori ed agenti di calciatori. Tali sanzioni possono consistere in ammende, ammonizioni, sospensioni, espulsioni, divieto di partecipare a qualsiasi attività calcistica, ecc..
• La Commissione Etica, la cui funzione è regolata dal Codice Etico della F.I.F.A., si occupa, in particolare, di verificare l'integrità e l' indipendenza dei membri della Commissione Audit e Compliance8.
• La Commissione d'Appello, che ha la responsabilità di esaminare gli appelli presentati contro le decisioni della Commissione Disciplinare che non siano dichiarate definitive ai sensi del relativo regolamento della F.I.F.A. e le decisioni adottate dalla Commissione per lo Status dei Calciatori in relazione all'ammissibilità dei calciatori in seno alle squadre rappresentative.
Le decisione emesse dalla Commissione d'appello sono irrevocabili e vincolanti in capo a tutte le parti interessate. È fatta comunque salva la possibilità di adire il C.A.S./T.A.S. di Losanna, che viene a configurarsi come l'ultimo grado di giudizio.
1.3 Lo Statuto F.I.F.A.: principi generali e contenuto
Lo Statuto della F.I.F.A. è un insieme di normative che disciplina e regolamenta l'attività della stessa F.I.F.A. Lo statuto si pone pertanto come uno strumento normativo fondamentale per l'analisi della Federazione mondiale di riferimento. L'ultimo versione dello Statuto è stata approvata nel Congresso alle Mauritius del 30 e 31 Maggio 2013 ed è entrato in vigore il 31 Luglio 2013. Innanzitutto, come ho avuto modo di analizzare nel paragrafo precedente, lo statuto dispone gli scopi che la
F.I.F.A. si prefigge (nel capo I rubricato “Disposizioni Generali”), nel capo II
8 La Commissione Audit e Compliance si occupa principalmente di garantire la completezza e l'affidabilità della contabilità, nonché di verificare i bilanci di esercizio, i bilanci consolidati e la relazione della società di revisione esterna.
rubricato “Ammissione” dispone poi una serie di norme che disciplinano lo status di affiliato F.I.F.A. da parte delle varie federazioni nazionali, argomento che approfondirò con maggior attenzione nel capitolo successivo.
Lo Statuto inoltre prevede espressamente ed in modo specifico i compiti dei propri organi.
Di particolare importanza poi è l'art. 26 dello Statuto F.I.F.A. che prevede al comma 1 che: “La responsabilità di apportare variazioni allo Statuto, al Regolamento a disciplina dell'applicazione dello Statuto e al Regolamento interno del Congresso è demandata al Congresso”, e al comma 3 prevede che dette modifiche sono adottare solo se appoggiate da tre quarti delle affiliati presenti ed aventi diritto di voto.
Accanto allo Statuto il Congresso F.I.F.A. ha previsto anche un apposito Regolamento di Applicazione dello Statuto che disciplina e specifica in maniera puntuale alcuni contenuti dello Statuto stesso, in particolare:
• la richiesta di affiliazione alla F.I.F.A .da parte di una Federazione nazionale;
• le partite tra squadre nazionali o tra società affiliate a Federazioni diverse;
• gli agenti organizzatori di gare e gli agenti dei calciatori;
• le regole del gioco del calcio11;
• gli arbitri e gli assistenti arbitrali internazionali.
1.4 La disciplina dello status di membro F.I.F.A.
Tale disciplina è prevista agli art. dall'8 al 20 del Titolo II dello Statuto F.I.F.A. rubricato “Ammissione”, che indicano l'iter di affiliazione alla F.I.F.A., regolamentando l'acquisizione, la perdita provvisoria (c.d. “sospensione”) e la perdita definita dello status di membro F.I.F.A. Ogni provvedimento di tal genere è rimesso alla facoltà del Congresso. Il rapporto tra la F.I.F.A. e le Federazioni calcistiche nazionali è definibile come di “ supremazia necessaria” del primo sul secondo. In particolare la Federazione calcistica internazionale riconosce (mediante la c.d. “affiliazione” delle varie Federazione nazionali) soltanto quegli ordinamenti calcistici nazionali che ad essa si conformino; in pratica, qualora una Federazione nazionale non si voglia conformare alle “direttive” della F.I.F.A., questa può “disconoscerla” (mediante la c.d. “ revoca dell'affiliazione”), ovvero addirittura espellerla dall'ordinamento calcistico internazionale, con la conseguenza di non ammettere più le sue squadre (la Nazionale o le squadre di “club”) alle competizioni calcistiche organizzate in sede mondiale13. Vi è pertanto un rapporto di vera e propria “supremazia gerarchica” della F.I.F.A. sulle Federazioni calcistiche nazionali. Tale rapporto gerarchico non si esplica soltanto nel senso dell'osservanza delle regole “tecniche”14, ma si estende anche a vari aspetti istituzionali della vita della F.I.F.A. stessa.
Per quanto riguarda l'iter pratico di affiliazione, lo status di membro F.I.F.A. si
11 Queste sono disposte dall'I.F.A.B., la quale si riunisce annualmente, e le sue decisioni sono vincolanti per tutte le Federazioni nazionali affiliate, in modo da garantire l'uniformità delle regole tecniche.
12 Particolare è la situazione delle Associazioni Britanniche( Football Association, Scottish Football Association, Football Association of Wales, Irish Football Association). Esse sono riconosciute dalla F.I.F.A. come singole affiliate.
13 Per esempio, la F.I.F.A. World cup.
14 Per esempio, le regole di gioco.
acquisisce mediante un provvedimento di affiliazione, che segue ad una richiesta formulata alla Segreteria generale. Per ogni paese viene riconosciuta una sola associazione
Ciò è previsto dall'art 10 dello Statuto F.I.F.A. che specifica inoltre, in relazione alla definizione di “paese” esso deve essere inteso come uno stato indipendente riconosciuto dalla comunità internazionale.
L'ammissione può tuttavia essere richiesta anche da un'associazione che risiede in una regione che ancora non ha ottenuto l'indipendenza, previa autorizzazione della Federazione del paese da cui l'associazione richiedente dipende.
Da sottolineare che l'affiliazione alla F.I.F.A. di una Federazione nazionale può essere deliberata dal Congresso soltanto quando la Federazione nazionale, sia da almeno due anni membro provvisorio della rispettiva Confederazione.
La richiesta di affiliazione deve essere inoltre corredata dallo Statuto legalmente valido dell'associazione richiedente che dovrà contenere obbligatoriamente alcuni disposti: impegno ad uniformarsi sempre allo Statuto, ai regolamenti e alle decisioni della F.I.F.A. e delle Confederazioni di appartenenza, impegno ad uniformarsi alle regole del gioco in vigore.
Inoltre le aspiranti affiliate devono allegare anche una dichiarazione che riconosca l'autorità del T.A.S., come ultimo giudice delle controversie.
Ritenuta completa la documentazione la F.I.F.A. invia la richiesta alla Confederazione di appartenenza della Federazione richiedente che decide se ammettere o meno, come proprio membro provvisorio la Federazione nazionale.
Trascorsi, poi, due anni dall'ammissione, la Confederazione deve inviare alla F.I.F.A. una relazione nella quale devono essere inseriti tutti gli elementi rilevanti per la descrizione dell'attività nel paese in questione (ad esempio il numero dei club affiliati e dei giocatori tesserati, la qualità e la diffusione sul territorio nazionale delle strutture e degli impianti calcistici, ecc.).
È compito del Comitato Esecutivo, dopo aver valutato tale relazione, decidere se chiedere al Congresso di ammettere o meno una Federazione, che ha comunque la possibilità di esporre davanti al Congresso stesso, i motivi alla base della propria richiesta.
In caso di esito positivo della valutazione suddetta, il Congresso, qualora a sua volta ritenga che la Federazione richiedente soddisfi tutti i requisiti previsti, emana il provvedimento di affiliazione.
Una volta formalizzata l'affiliazione, la nuova affiliata acquista una serie di diritti e doveri.
Nello specifico i diritti che nascono in capo alla nuova affiliata sono: la possibilità di partecipare al Congresso, la nomina dei candidati alla presidenza F.I.F.A., la partecipazione a programmi di assistenza e sviluppo della F.I.F.A., la partecipazione alle gare e alle competizioni organizzate dalla F.I.F.A..
L'affiliazione però comporta anche il sorgere di alcuni obblighi in capo alle affiliate, come l'osservazione dello Statuto e di altri regolamenti della F.I.F.A., di rispettare ed attenersi alle decisioni del T.A.S. emesse ai sensi dell'art 60, paragrafo 1 dello Statuto F.I.F.A., di versare la propria quota di affiliazione, di gestire la propria attività in modo indipendente, garantendo l'assenza di interferenze da parte di terzi nella gestione di queste stesse attività.
La violazione di questi obblighi da parte di qualsiasi affiliata ha come conseguenza l'applicazione di una serie di sanzioni. Infatti è demandata al Congresso la possibilità di sospendere, con effetto immediato un'affiliata; anche il Comitato Esecutivo però ha la facoltà di sospendere un'affiliata nel caso in cui abbia violato in modo ripetuto e grave i propri obblighi da affiliata.
Come conseguenza di un'eventuale sospensione l'affiliata perde i diritti di affiliazione, e le altre affiliate devono astenersi dall'avere contatti, di natura sportiva, con l'affiliata sospesa.
Oltre alla sospensione il Congresso ha anche la facoltà di irrogare sanzioni più significative, come l'espulsione dell'affiliata. Questa misura drastica può essere irrogata all'avverarsi di alcune condizioni: per esempio quando l'affiliata risulta inadempiente agli obblighi economici imposti dalla F.I.F.A.; quando l'affiliata commette violazioni gravi allo Statuto, ai regolamenti, alle decisione, o al Codice Etico della F.I.F.A.; quando l'affiliata perde lo status di Federazione rappresentativa dell'associazione calcistica del proprio paese.
Inoltre, affinché l'espulsione sia valida, è necessaria la presenza della maggioranza
assoluta delle affiliate aventi diritto di voto in sede di Congresso, mentre la mozione per l'espulsione dovrà essere adottata da una maggioranza di tre quarti dei voti validi espressi.
Un'ulteriore modalità di perdita dello status di membro F.I.F.A., è costituita dalla possibilità per l'affiliata di rinunciare all'affiliazione alla F.I.F.A. Tale rinuncia deve pervenire tramite un “avviso di rinuncia” presso la Segreteria Generale. Con riferimento alla validità della rinuncia esiste una preclusione legata al soddisfacimento di oneri economici, cioè la rinuncia all'affiliazione non è valida fino a quando l'affiliata rinunciante non soddisfa gli obblighi economici nei confronti della F.I.F.A. e delle altre affiliate.
Esistono però anche Federazioni calcistiche che non sono sotto l'egida della F.I.F.A., esse rientrano nel c.d. Non F.I.F.A.-Football, cioè tutto quell'insieme di partite e tornei di calcio disputate al di fuori del controllo della F.I.F.A., tra nazionali che non fanno parte della Federazione mondiale calcistica di riferimento, tra nazionali affiliate esclusivamente alla varie Confederazioni della stessa, entità sub-nazionali, isole, colonie, regioni autonome, aventi riconoscimento internazionale scarso o nullo ed incerte possibilità di ottenerlo in futuro.
Alcune di queste Nazionali hanno formato delle associazioni autonome, come il New Federations Board, che agisce come sodalizio temporaneo deputato all'organizzazione di tornei tra i suoi membri, nell'ambito di un progetto di cooperazione con la F.I.F.A. finalizzato all'affiliazione delle singole Federazioni statali alla Federazione mondiale di riferimento.
2. La Confederazione calcistica europea: LA U.E.F.A.
Direttamente subordinate ai principi e alle regole della F.I.F.A. si collocano (quindi ad un livello intermedio tra la F.I.F.A. e le Federazioni nazionali) le Confederazioni continentali, che sono previste dall'art. 20 dello Statuto F.I.F.A. e sono associazioni tra Federazioni nazionali del medesimo continente.
Le Confederazioni riconosciute dalla F.I.F.A., cui spetta l'organizzazione e la supervisione dell'attività sportiva nelle rispettive aree sono 6: Confederation
Sudamericana de Futbol (C.O.N.M.E.B.O.L.), Asian Football Confederation (A.F.C.), Union of European Football Association ( U.E.F.A.),Confederation of North, Central American and Caribbean Association Football ( C.O.N.C.A.C.A.F.), Oceania Football Association ( O.F.C.).
Esse sono innanzitutto deputate all'organizzazione delle competizioni continentali per le squadre nazionali, anche giovanili, o di club, e in generale collaborano con la
F.I.F.A. nell'adempimento delle proprie attività, svolgendo anche una funzione di vaglio preliminare delle richieste di affiliazione attraverso la concessione di uno status di affiliata provvisoria all'associazione che ne fa richiesta. Le Confederazioni rivestono anche un ruolo “politico”, nel senso che eleggono i Vice Presidenti ed i membri del Comitato Esecutivo F.I.F.A., oltre alla facoltà di istituire comitati che collaborino con i relativi organi della Federazione internazionale, ed al reperimento dei fondi necessari all'assolvimento delle proprie funzioni
A questo proposito verrà trattato di seguito in modo più specifico la Confederazione europea, denominata solitamente con l'acronimo U.E.F.A.
La U.E.F.A.( Union of European Football Association) è l'organo di governo del calcio europeo. È la Federazione di riferimento per le Federazioni nazionali europee, comprende inoltre anche alcune Federazioni extraeuropee: Russia, Turchia, Cipro, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Israele e Kazakistan.
Dal punto di vista storico la U.E.F.A. nacque nel 1956 per impulso delle Federazioni nazionali di Francia, Belgio e Italia. Essa inoltre ha sede a Nyon, in Svizzera, ed è una società iscritta nel registro delle imprese, ai sensi del codice civile elvetico.
Compito precipuo della U.E.F.A. è l'organizzazione delle competizioni continentali europee, sia per Nazioni, sia per club.
Gli organismi attraverso i quali agisce la U.E.F.A. Sono:
• Il Congresso U.E.F.A.: esso è l'organo di controllo supremo della Federazione continentale europea. Si tiene solitamente un Congresso Ordinario ogni anno, al quale partecipano i rappresentanti delle 54 Federazioni affiliate. Può essere inoltre eccezionalmente essere indetto un Congresso Straordinario da parte del Comitato Esecutivo per discutere di argomento di stringente importanza.
Il Congresso si occupa in particolare delle questioni concernenti le elezioni del Presidente U.E.F.A., dei membri del Comitato Esecutivo e dell'elezione dei membri europei del Comitato Esecutivo F.I.F.A. Inoltre analizza e verifica le richieste di affiliazione e decide sull'esclusione e sospensione di associazioni affiliate.
• Il Comitato Esecutivo U.E.F.A.: esso è il supremo organismo esecutivo della
U.E.F.A. Questo organo è composto dal Presidente U.E.F.A. e da altri 15 membri eletti dal Congresso U.E.F.A.
Il Comitato Esecutivo U.E.F.A. può adottare regole e decisioni su tutte le questioni che non rientrano nella giurisdizione legale o statuaria del Congresso U.E.F.A. o di un altro organo. Esso principalmente ha la funzione di amministrare la U.E.F.A., salvo nei casi in cui tali attività siano state delegate.
In particolare questo organo è deputato a svolgere un controllo generale dell'amministrazione U.E.F.A., a definire la struttura organizzativa della Federazione europea e a regolamentare e supervisionare l'attività contabile.
Il Comitato Esecutivo si riunisce generalmente ogni 2 mesi ed è convocato direttamente dal Presidente, che può anche convocare terze parte alle riunioni in qualità di consulenti.
• Il Presidente U.E.F.A.: egli rappresenta la U.E.F.A. e presiede il Congresso U.E.F.A., oltre che le riunioni del Comitato Esecutivo U.E.F.A.
Nell'ambito delle sue responsabilità, si consulta con il Comitato Esecutivo. Egli è eletto per un mandato di 4 anni dalle Federazioni affiliate in occasione del Congresso U.E.F.A.
• Panel di emergenza U.E.F.A.: è composto da 5 membri del Comitato Esecutivo U.E.F.A. È autorizzato a prendere e far applicare decisioni finali su temi urgenti che ricadono nell'autorità del Comitato Esecutivo U.E.F.A.
Oltre a questi organi principali, la U.E.F.A. è composta anche da organi di Amministrazione della Giustizia U.E.F.A., ovvero dagli organi disciplinari della
U.E.F.A.15, dal Consiglio Strategico Calcio Professionistico( P.F.S.C.)16 e da numerosi comitati e panel. Questi ultimi in particolare hanno il compito di mettere in atto le politiche della U.E.F.A. nell'ampio spettro del calcio europeo. Si occupano di temi vari che riguardano per esempio lo status e i trasferimenti dei calciatori, l'arbitraggio, le finanze dei club, le competizioni U.E.F.A. Inoltre hanno la funzione di consulenza nei confronti del Comitato Esecutivo U.E.F.A., il quale può anche delegare alcuni suoi incarichi proprio ad uno di questi comitati.
3. L'ordinamento sportivo nazionale
L'ordinamento sportivo italiano è composto da diverse organizzazioni che permettono lo svolgimento dell'attività sportiva. In questo contesto si possono disporre su una scala gerarchica le diverse strutture che compongono l'ordinamento:
• il C.O.N.I;
• le Federazioni Sportive Nazionali (F.S.N.);
• le Leghe.
3.1 Il C.O.N.I.
All'apice di questa scala gerarchica si trova il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I), esso è un ente pubblico cui è demandata l'organizzazione dello sport nazionale e la promozione della diffusione della pratica sportiva sul territorio nazionale.
15 In particolare, gli organi disciplinari della U.E.F.A. sono la Commissione Disciplinare, Etica e di Controllo e la Commissione di Appello; si rinvia, per una più approfondita analisi di questi organi, al capitolo successivo. (cap.2 par 2)
16 Il P.F.S.C. riunisce i principali portatori d'interesse del calcio europeo, ovvero la U.E.F.A., i club, le leghe professionistiche e le associazioni dei calciatori, al fine di cercare una collaborazione per trovare soluzioni comuni ai problemi che affliggono il calcio.
Gli argomenti di discussione, all'interno del P.F.S.C., vengono determinati direttamente dai suoi membri ed hanno oggetto principalmente: le competizioni U.E.F.A. per club e il calendario degli incontri, le posizioni dei club professionistici all'interno del panorama calcistico europeo, gli aspetti finanziari e commerciali del calcio europeo e le tematiche inerenti all'Unione Europea.
Il C.O.N.I venne istituito con la legge 16 Febbraio 1942 n. 426 con compiti di autogoverno dello sport italiano.
Questa legge istitutiva ha subito, successivamente, profonde modifiche che hanno portato alla completa riorganizzazione dell'ente C.O.N.I.
Tale riorganizzazione ha preso le mosse dal D.Lgs. 23 Luglio 1999, n. 242 denominato “Riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano”, adottato in seguito alla delega conferita al governo dall'art. 11, comma 1, lett. b della legge 15 Marzo 1997, n. 59 (c.d. “legge Bassanini”).
In particolare questo decreto legislativo (c.d “decreto Melandri”) ha introdotto importanti modifiche rispetto alla legge istitutiva 426/1942, ridisegnando le finalità, l'organizzazione e la stessa collocazione del C.O.N.I. all'interno del governo dello sport.
Il decreto Xxxxxxxx innanzitutto ha riconosciuto espressamente la personalità giuridica di diritto pubblico al C.O.N.I., sottolineando inoltre che esso ha sede in Roma (art.1 D.Lgs 242/1999).
Questa specificazione mancava nella legge istitutiva del 1942 che si limitava infatti ad attribuire personalità giuridica all'istituto senza chiarirne però la natura.
Ancora più significativo nel decreto Melandri è l'esplicito inserimento, per la prima volta, del C.O.N.I. nell'ordinamento sportivo internazionale e l'attribuzione ad esso di un'ampia potestà statuaria. Infatti la legge istitutiva del C.O.N.I 426/1942 non conteneva alcun riferimento all'ordimento sportivo internazionale. Solo con il D.P.R 530/1974 e successivamente con il D.P.R. 157/86 venne riconosciuto in modo esplicito questo legame, ma i principi dell'ordinamento sportivo internazionale e gli indirizzi del Comitato Internazionale Olimpico (C.I.O.) erano intesi esclusivamente
17 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 34.
come poteri ispiratori dell'attività dell'ente.
Invece con l'introduzione del D.Lgs 242/1999 i principi dell'ordinamento nazionale e gli indirizzi del C.I.O. sono evocati esplicitamente proprio nella disposizione dedicata alla potestà statuaria del C.O.N.I.
La sua caratteristica peculiare è, quindi, il suo conformarsi, per espressa dicitura del Legislatore, alle disposizioni provenienti sia dall'ordinamento statale, integrato dal diritto comunitario, sia da quello sportivo internazionale.
Altre innovazioni importanti introdotte dal decreto Xxxxxxxx attengono all'espressa previsione della partecipazione degli atleti e dei tecnici agli organi delle Federazioni e del C.O.N.I.
Questa previsione normativa mira a garantire gli interessi dei destinatari, attraverso la loro partecipazione diretta agli organi di gestione degli enti.
Un'altra significativa novità apportata dal predetto decreto riguarda la trasformazione delle Federazioni sportive nazionali (F.S.N.) in persone giuridiche di diritto privato, della cui analisi si rinvia successivamente .
Altra importante normativa in materia è il D.L. 138/2002 convertito in Legge n.178/2002. Con esso il Legislatore ha voluto trasferire ad una società per azioni costituita per legge (la C.O.N.I. Servizi S.p.A.) le attività strumentali del C.O.N.I. stesso, disciplinando anche i rapporti tra la società per azioni ed il C.O.N.I. e stabilendo che tutti le relazioni, anche di natura economica-finanziaria, tra la società per azioni ed il C.O.N.I. siano determinate su base annuale da un apposito contratto di servizio.
In tema di evoluzione legislativa dell'ente pubblico C.O.N.I. è importante sottolineare anche l'importanza di una più recente normativa, cioè il D.Lgs 15/2004 (il c.d. “decreto Pescante).
Questo decreto si caratterizza per l'introduzione di alcune novità, in particolare:
18 M. T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, 2012, p. 27 ss.
1. riguardo alla configurazione del C.O.N.I., in particolare con riferimento alla distinzione tra controllore e controllanti.
2. Vengono accresciuti i poteri di vigilanza e controllo sulle organizzazioni sportive.
3. Introduzione di regolamenti in tema di funzionamento delle F.S.N.
Per quanto riguarda le funzioni proprie del C.O.N.I, è molto utile prendere come riferimento lo Statuto C.O.N.I del 2004. Infatti, all'art. 1 comma 1 dello statuto, si disciplinano le funzioni dell'ente pubblico. Il C.O.N.I viene inteso come “un'autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive”.
Inoltre agli art. 2-3 dello Statuto C.O.N.I. del 2004 il Legislatore precisa gli obbiettivi dell'ente, cioè la cura e il coordinamento dell'organizzazione delle attività sportive a livello nazionale e l'emanazione di principi e regolamenti per garantire il corretto svolgimento delle gare e delle competizioni.
È doveroso poi accennare alla struttura organizzativa interna del C.O.N.I. Esso si compone di diversi organi, tra cui i più importanti sono il Consiglio Nazionale e la Giunta Nazionale. Essi sono organi collegiali con funzioni diverse: infatti il Consiglio Nazionale è il maggior organo rappresentativo e deliberativo del C.O.N.I, si occupa principalmente del coordinamento dell'attività sportiva nazionale e dell'armonizzazione dell'azione delle Federazioni Sportive Nazionali, nonché di porre i principi e le regole generali vincolanti per tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico sportivo19. La Giunta Nazionale invece è l'organo di indirizzo, esecuzione e controllo dell'attività amministrativa del C.O.N.I.; essa definisce gli obbiettivi e i programmi dell'ente e ne verifica l'esatto adempimento.
Altro organo collegiale presente nella struttura organizzativa dell'Ente è il Collegio di Revisione dei Conti, esso svolge compiti prevalentemente nell'ambito della contabilità dell'Ente.
All'interno del C.O.N.I, oltre agli organi collegiali appena descritti, sono presenti anche organi in composizione monocratica, essi sono Il Presidente del C.O.N.I ed il Segretario Generale.
19 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 31.
Il Presidente ha sia compiti di garanzia, come per esempio la funzione di assicurare l'attuazione delle delibere del Consiglio Nazionale e della Giunta, sia funzioni di stimolo in ordine all'adozione di provvedimenti da parte della Giunta.
Il Segretario Generale invece svolge compiti sia che ineriscono in particolare alla gestione amministrativa dell'Ente stesso, attuando gli indirizzi generali stabiliti dalla Giunta sia funzioni che attengono alla predisposizione del bilancio del C.O.N.I. Infine bisogna sottolineare che il C.O.N.I, per legge, è retto dal principio di democraticità, infatti sia nel Consiglio Nazionale sia nella Giunta Nazionale sono presenti, oltre i Presidenti delle Federazioni, come membri di diritto, anche i rappresentanti degli atleti e tecnici sportivo, come membri elettivi.
Sotto l'egida del C.O.N.I. ci sono le Federazioni Sportive Nazionali, esse sono le uniche organizzazioni autorizzate e riconosciute a rappresentare i vari sport a livello agonistico sul territorio nazionale.
Le Federazioni Sportive Nazionali hanno destato per lungo tempo un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale in ordine alla natura giuridica delle stesse, dibattito nato dall'ambiguità con la quale le Federazioni vengono qualificate dall'art. 5 della legge istitutiva n. 426/1942 come “organi del C.O.N.I.” e, come tali, partecipi della natura pubblica dell'Ente.
Questo discussione vedeva contrapposte due scuole di pensiero che qualificavano in modo differente le Federazioni Sportive Nazionali
Una prima tesi sosteneva la natura pubblicistica delle Federazioni, in ragione del perseguimento delle stesse di scopi di natura pubblicistica. Tesi sostenuta anche dalla giurisprudenza civile (Cass. Civ., sez. un., sent. n. 2725/1979) che aveva confermato la natura pubblicistica delle Federazioni in quanto organi di un ente pubblico.
Una seconda tesi, invece, rivendicava la natura privatistica delle Federazioni, in ragione della atecnicità della definizione di “organi del C.O.N.I.” e dell'autonoma soggettività di cui sono dotate.
Sia la giurisprudenza che la dottrina giunsero, successivamente, a conclusioni molto simili sul punto. Entrambe sottolinearono la natura “mista” delle Federazioni. Infatti esse presentavano una natura pubblicistica in quanto esercitavano su delega del
C.O.N.I e privatistica in virtù delle specifiche ed autonome attività proprie distaccate
dal quelle delegate dall'Ente.
Sul punto molto rilevante fu la pronuncia del Consiglio di Stato nel 1995, con la quale accolse espressamente la doppia natura degli organismi in questione.
Il dibattito si risolse grazie al D.L. n. 242/1999 il quale, oltre a confermare all'art.1 la personalità giuridica pubblica del C.O.N.I, sancì definitivamente la personalità giuridica di diritto privato delle Federazioni.
La previsione della “valenza pubblicistica di specifici aspetti dell'attività delle Federazioni non mette in dubbio la configurazione giuridica delle stesse21. Infatti la natura privatistica di esse è espressamente affermata, inoltre è evidente che un soggetto privato può svolgere funzioni pubbliche22.
20 Assumono “valenza pubblicistica” alcune attività delle F.S.N. come: l'ammissione e l'affiliazione di società, associazioni sportive e di singoli tesserati, la revoca a qualsiasi titolo e modificazione dei provvedimenti di ammissione o affiliazione, il controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici, la prevenzione e la repressione del doping.
21 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, Dispensa di diritto dello sport, Università XXXXX Xxxxx Xxxxx, 2012, p. 89.
22 Circa la posizione della giurisprudenza sulla natura delle F.S.N. si veda in particolare l'opinione della Giustizia Ordinaria attraverso Cass, Sez, Un, 11/10/2002, n. 14530: “La Federazione Sportiva va considerata alla stregua di un ente pubblico, allorché compie attività finalizzata alla tutela di interessi pubblici. Tra queste attività rientra quella di promozione dello sport, e l'attività di promozione a sua volta può consistere nella mera diffusione di un periodico. Ne consegue che è volto alla cura di un interesse pubblico, e come tale soggetto alle regole dell'evidenza pubblica, il procedimento col quale la Federazione individua un soggetto cui affidare la realizzazione e la stampa di un periodico.” ed anche la posizione della Giustizia Amministrativa in merito: Cons, Stato, Sez VI, 10/10/2002, n. 5442: “Le Federazioni Sportive Nazionali, pur sorgendo come soggetti privati, in presenza di determinati presupposti assumono la qualifica di organi del
C.O.N.I. e partecipano alla natura pubblica di questo. L'elemento discriminante per individuare il limite tra le due funzioni svolte dalle federazioni è quello della natura dell'attività svolta: in caso di applicazione di norme che attengono alla vita interna della Federazione ed ai rapporti tra società sportive e tra le società stesse e gli sportivi professionisti, le Federazioni operano come associazioni di diritto privato; quando invece l'attività è finalizzata alla realizzazioni di interessi fondamentali ed istituzionali dell'attività sportiva, devono essere considerate organi del C.O.N.I. Solo gli atti di quest'ultimo tipo, posti in essere dalle Federazioni, in qualità di organi del C.O.N.I., sono esplicazione di poteri pubblici, partecipano della natura pubblicistica e sono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo”.
Esse tuttavia rimangono assoggettate al controllo del C.O.N.I. sia in fase di costituzione (attraverso l'istituto del riconoscimento a fini sportivi, che è condizione per l'ottenimento della personalità giuridica di diritto privato), sia nel corso della loro attività (infatti è rimesso alla Giunta Nazionale del C.O.N.I. sia il potere di controllo sulle Federazioni Sportive Nazionali, sia l'approvazione del bilanci ed anche la determinazione dei contributi federali alle stesse).
Per quanto concerne le funzioni, ciascuna Federazione provvede a dettare le regole per ogni singola disciplina sportiva e a gestire il potere disciplinare in caso di loro violazione, coadiuvando il C.O.N.I. nell'organizzazione e al potenziamento degli sport sul territorio nazionale.
Inoltre, su delega del C.O.N.I. stesso, le Federazioni hanno competenza circa il riconoscimento delle società che intendono organizzare attività sportiva, conferendo alle stesse la qualità di società sportive all'interno dell'ordinamento sportivo.
Infine fanno parte dell'ordinamento sportivo nazionale anche le Leghe, che hanno assunto sempre più rilevanza nel nostro ordinamento sportivo, in particolare nel mondo del calcio.
Esse possono essere qualificate come organismi associativi di natura privatistica, composte dalle società sportive, già affiliate alle rispettive Federazioni, che hanno lo scopo prevalente di rappresentare le società ad esse affiliate nella stipulazione degli accordi di lavoro e nella predisposizione dei contratti “tipo”, rilevanti per la stipulazione dei contratti individuali degli atleti professionisti.
In particolare,nel settore del calcio, le Leghe associano società sportive, sia di tipo professionistico sia dilettantistico, ai fini dello svolgimento delle attività agonistiche a livello nazionale ed internazionale. Nella regolamentazione federale è l'art. 7 dello Statuto F.I.G.C. a prevedere che “le società che si avvalgono delle prestazioni di
23 X. XXXXXXXXX, Ordinamento sportivo ed organizzazioni collettive: Federazioni, Leghe, associazioni, 2009, consultabile sul sito web xxx.xxxxxxx.xxx.
atleti professionisti e che disputano i campionati nazionali professionistici, formano una o più associazioni, la cui denominazione sociale, in qualunque modo espressa, deve contenere l'indicazione di Lega e un esplicito riferimento al professionismo”, mentre “le società ed associazioni che si avvalgono esclusivamente delle prestazioni di atleti non professionisti e che disputano campionati non professionistici formano un'associazione denominata Lega Nazionale Dilettanti(...)”
Inoltre, in via generale, compito precipuo delle Leghe, è di predisporre le manifestazioni, il calendario delle partite di Campionato e delle altre competizioni nazionali e di fissare i criteri per l'iscrizione alle proprie competizioni.
3.2 La Federazione Italiana Giuoco Calcio
Nell'ambito calcistico la Federazione di riferimento, avente compiti di coordinamento e di controllo del calcio in Italia, è la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.).
Lo stesso Statuto della F.I.G.C., all'art. 1 comma 1, chiarisce la natura di questa federazione, essa viene infatti definita come: “un'associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato federata al Comitato
Olimpico Nazionale Italiano avente lo scopo di promuovere e disciplinare l'attività del giuoco del calcio e gli aspetti ad essa connessi”.
Inoltre sempre lo Statuto F.I.G.C., all'art.1 comma 4 sottolinea che la F.I.G.C. è l'unica federazione sportiva italiana riconosciuta dal C.O.N.I., dalla U.E.F.A. e dalla F.I.F.A., per ogni aspetto riguardante l'attività calcistica in campo nazionale ed internazionale.
Per quanto riguarda poi le funzioni e le competenze della F.I.G.C. è sempre lo Statuto, attraverso art. 3 rubricato “Funzioni e obbiettivi della F.I.G.C.”, ad enumerare, in modo preciso e dettagliato, i suoi compiti.
La F.I.G.C. infatti, al fine di promuovere e disciplinare l'attività calcistica, esercita in particolare le seguenti funzioni:
• la cura delle relazioni calcistiche internazionali;
• la disciplina sportiva e la gestione tecnico-organizzativa ed economica delle squadre nazionali;
• le funzioni regolatrici di garanzia, con particolare riferimento alla giustizia sportiva, agli arbitri e ai controlli delle società;
• la promozione e la cura dei vivai nazionali;
• la tutela medico-sportiva;
• la disciplina dell'affiliazione alla F.I.G.C. di società ed associazioni nonché la disciplina del tesseramento delle persone;
• la determinazione dei criteri di promozione, retrocessione e iscrizione ai campionati.
CAPITOLO II
IL SISTEMA DI GIUSTIZIA SPORTIVA CALCISTICA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
1. La giustizia sportiva calcistica a livello internazionale
L'ordinamento calcistico, come un vero e proprio ordinamento autonomo, può vantare la presenza di organi di giustizia deputati a risolvere le controversie che insorgano tra associati, affiliati e le stesse Federazioni.
Nonostante tale espressa deroga, le parti possono comunque preferire portare le loro vertenze innanzi agli organi di giustizia sportiva; ciò per alcune ragioni:
• la celerità del giudizio;
• la preparazione specifica dei giudicanti;
• la maggiore facilità di eseguire le decisioni25.
Nei paragrafi successivi verranno analizzati in particolare gli organi della giustizia
24 Data la settorialità della deroga, si ritiene che l'indicazione di un tribunale ordinario vale quale riferimento al tribunale del lavoro
25 X. XXXXXXXXX, Diritto dello sport. Ordinamento, giustizia e previdenza, 2014, p. 263 ss.
sportiva che hanno competenza riguardo le controversie concernenti i rapporti di lavoro in materia calcistica a livello internazionale; pertanto verranno analizzati in modo approfondito il Player's Status Commitee, il Dispute Resolution Xxxxxxxx ed infine verrà trattato il T.A.S. di Losanna, l'ultimo grado di giudizio per le controversie sportive.
1.1 Il Player's Status Commitee
Occorre innanzitutto analizzare il Player's Status Commitee (P.S.C.), l'organo che si occupa in particolare di supervisionare e di controllare che sia rispettato il Regolamento F.I.F.A. sullo Status e i Trasferimenti dei Calciatori (R.S.T.P.).
In particolare il Player's Status Commitee è competente sulle seguenti materie:
• le controversie tra un'associazione o un club ed un allenatore in materia di rapporti di lavoro, a meno che non sia istituito a livello nazionale un collegio arbitrale autonomo;
• le controversie relative allo status ed al tesseramento dei giocatori, xxx comprese quelle relative al rilascio del transfer;
• le vertenze relative al trasferimento internazionale di minori;
• le controversie relative alle questioni di cui all'Allegato 1 (“Messa a disposizione del calciatore per le squadre nazionali”).
Questo elenco però non ha carattere esaustivo, in quanto si prevede espressamente una competenza in via residuale del Player's Status Commitee su ogni controversia instaurata sulla base delle norme previste dal Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, eccezion fatta per quelle espressamente riservate alla cognizione del Dispute Resolution Chamber ex. art. 24 R.S.T.P.
In composizione ordinaria la Commissione decide in presenza di almeno 3 membri. In alcuni casi, invece, il Presidente o una persona da lui designata può decidere in funzione di giudice unico. Questo avviene però solo al ricorrere di particolari condizioni, nello specifico:
• nei casi di particolare urgenza;
• laddove non sussistano difficoltà dal punto di vista fattuale o giuridico;
• nelle decisioni che riguardano il rilascio del CIT provvisorio.
Le decisioni prese dalla Commissione sia in composizione collegiale sia in composizione monocratica, sono suscettibili di ricorso in appello innanzi al T.A.S. di Losanna.
1.2 Il Dispute Resolution Chamber
Un altro organo di particolare importanza nell'ambito della giustizia calcistica internazionale è il Dispute Resolution Chamber. Esso rappresenta un tribunale arbitrale indipendente istituito dalla F.I.F.A. al fine di risolvere dispute legali tra privati, sulla base di una pari rappresentanza dei calciatori e dei club e di un presidente indipendente.
Per quanto riguarda il diritto applicabile, così come stabilito dall'art. 2 del Regolamento per le Procedure del Player's Status Commitee e del Dispute Resolution Chamber, vengono applicati lo Statuto ed i Regolamenti F.I.F.A., tenuto conto di tutti gli accordi pertinenti, la legge vigente e i contratti collettivi nazionali, nonché la specificità della materia sportiva.
Per quanto riguarda le sue specifiche competenze, il D.R.C. si occupa in particolare:
• delle controversie tra società e calciatori in materia di rapporti di lavoro, a meno che non sia istituito a livello nazionale un collegio arbitrale
autonomo27 ;
• delle controversie relative all'indennità di formazione e al meccanismo di solidarietà fra società appartenenti a diverse Federazioni;
Anche il D.R.C., come il Player's Status Commitee, decide in presenza di almeno 3 membri, eccezion fatta per le ipotesi in cui è istituito un giudice monocratico. Questi casi sono espressamente previsti dal Regolamento per lo Status e i Trasferimenti dei Calciatori:
• per le vertenze il cui valore non supera i 100.000 Franchi Svizzeri;
• per le vertenze relative al calcolo dell'indennità di formazione;
• per le vertenze relative al calcolo del contributo di solidarietà, ma in questo caso, il giudice monocratico del D.R.C. è tenuto a sottoporre le questioni fondamentali e di particolare rilevanza al giudice collegiale del D.R.C.29
Inoltre anche contro le decisione prese dal D.R.C. in sede di giudizio, è possibile, per la parte interessata, ricorrere in appello innanzi al T.A.S. di Losanna, per espressa previsione dell'art. 63 dello Statuto F.I.F.A. Gli appelli possono essere presentati entro 21 giorni dalla notificazione della decisione.
Le linee guida per i procedimenti innanzi al Player's Status Committee e al Dispute Resolution Chamber sono previste nell'apposito Regolamento che disciplina il ricorso di fronte a questi organi e le loro rispettive competenze30. Il Regolamento in
28 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 264.
29 Per “questioni fondamentali” si intende una circostanza mai affrontata nelle decisioni precedenti, o in relazione alla quale sussiste un contrasto giurisprudenziale o comunque ogni tipo di situazione avente un impatto rilevante sull'applicazione ed interpretazione del Regolamento.
questione, ora in vigore, è quello approvato il 1 Dicembre 201231.
Questo Regolamento innanzitutto disciplina la competenza dell'uno e dell'altro organo, affidando la decisione sul riparto di giurisdizione al Presidente del Player's Status Commitee32.
Per quanto riguardo nello specifico il procedimento davanti a questi organi di giustizia, esso si avvia inoltrando un'istanza alla Segreteria Generale F.I.F.A., la quale dopo aver valutato che nulla osti al suo esame, la inoltra alla controparte.
Il giudizio sulla meritevolezza dell'istanza ad essere esaminata, verte sugli elementi che devono essere contenuti nell'istanza stessa. L'art. 9 del Regolamento al riguardo dispone che le istanza devono essere inoltrate
alla Segreteria Generale della F.I.F.A. e devono contenere:
• nominativo ed indirizzo delle parti;
• nominativo ed indirizzo dell'eventuale legale rappresentante e la relativa procura;
• l'istanza o richiesta;
• la descrizione del caso, le motivazioni dell'istanza o proposta;
• la documentazione inerente alla controversia, ovvero contratti e precedente corrispondenza relativa al caso nella versione originale e, ove necessario, l'eventuale in una delle lingue ufficiali F.I.F.A. (prove);
• i nominativi e gli indirizzi di eventuali altre persone fisiche e giuridiche coinvolte nel caso in questione (prove);
• il valore della controversia, qualora la stessa abbia carattere patrimoniale;
• il giustificativo del pagamento di eventuali anticipi in ordine a procedure avanzati innanzi al Player's Status Commitee o al giudice unico, ovvero in ordine a procedure relative a controversie o compensi per la formazione del
32 Art. 3 del Regolamento F.I.F.A.
33 Art. 6 del Regolamento F.I.F.A.
giocatore ovvero al meccanismo di solidarietà;
• data e firma valida.
Le istanze presentate dalla parti che non rispettano i sopracitati requisiti sono rispediti al ricorrente per la relativa correzione, con l'indicazione che le petizioni non conformi non potranno essere evase.
Le istanze dal contenuto improprio o inammissibile sono invece respinte immediatamente.
Relativamente poi all'udienza34, essa si svolge generalmente in assenza delle parti, le quali, laddove le circostanze lo rendano necessario, potranno essere convocate.
Le prove vengono valutate in base al principio del libero convincimento del giudice, tenendo conto della condotta delle parti nel corso dei procedimenti, con particolare riferimento alla mancata adesione ad una convocazione, al rifiuto di rispondere alle domande poste o di produrre le prove richieste.
Gli stessi organi giudicanti hanno la possibilità di assumere prove d'ufficio, non presentate dalle parti.
L'art. 13 del Regolamento prevede la particolare ipotesi nella quale l'Amministrazione F.I.F.A. può avanzare una proposta alle parti in merito alla risoluzione della controversia, come alternativa alla decisione degli organi giudicanti. Tale proposta può essere avanzata solo se la controversia in oggetti riguardi l'indennità di formazione del calciatore e il meccanismo di solidarietà ovvero se non presenti tematiche particolarmente complesse in ordine ai fatti o sotto il profilo legale, ovvero nei casi il cui il Dispute Resolution Chamber abbia una chiara e indiscussa competenza.
Le parti, dopo il ricevimento della proposta F.I.F.A., hanno 15 giorni di tempo per
34 L'udienza è disciplinata dall'art. 11 del Regolamento sulle procedure dei due organi. 35 Art. 12 del Regolamento F.I.F.A.
richiedere per iscritto una decisione formale dall'organo competente; in difetto, la proposta viene considerata accolta e vincolante in capo a tutte le parti.
La decisione finale del Player's Status Commitee e del Dispute Resolution Chamber36, ai sensi dell'art. 14 del Regolamento, vengono pronunciate a maggioranza semplice previa deliberazione a porte chiuse. Ogni membro presente ha diritto a un voto, compreso il Presidente, e non è consentito astenersi. In caso di parità di voti, il voto del Presidente avrà efficacia decisiva.
Le decisioni, poi, vengono notificate alle parti per iscritto e devono contenere i seguenti elementi:
• la data della decisione; nel caso in cui la decisione sia stata adottata tramite circolare, si fa riferimento alla data in cui è terminata la procedura circolare;
• i nomi delle parti e gli eventuali rappresentanti;
• i nomi dei membri che hanno preso parte alla decisione adottata dall'organo procedente
• le istanze presentate dalle parti;
• una breve presentazione del caso;
• le motivazioni della decisione;
• le decisioni circa la valutazione delle prove;
• i fatti alla base della decisione.
L'art. 15 del Regolamento prevede la possibilità per gli organi giudicanti di decidere di non rendere note le motivazioni di una decisione e di comunicare esclusivamente i fatti attinenti alla decisione medesima.
Le parti hanno a disposizione 10 giorni, dalla data della comunicazione dei fatti attinenti alla decisione, per richiedere per iscritto le motivazioni della decisione, in assenza la decisione sarà pienamente vincolante e sarà inoltre decaduto il diritto spettante alle parti di ricorrere in appello.
Le decisioni poi devono essere rimesse direttamente alle parti, con copia per le rispettive Federazioni di appartenenza e, qualora rivestano un interesse generale, possono essere pubblicate dalla Segreteria Generale F.I.F.A. nella forma stabilita dal Player's Status Commitee e dal Dispute Resolution Chamber37. In qualunque caso la divulgazione delle decisioni deve essere improntata sulla discrezione e la cautela; infatti dietro richiesta motivata di una parte, alcuni elementi della decisione possono essere esclusi dalla pubblicazione.
1.3 L'ultimo grado di giudizio: il Tribunal Arbitral du Sport
Il Tribunal Arbitral du Sport c.d. T.A.S. (denominazione francese) o Court of Arbitration for Sport c.d. C.A.S. è un ente indipendente che concretizza pienamente: “l'antica esigenza di limitare, se non escludere, l'intervento del giudice statale, autentico convitato di pietra al tavolo della giustizia sportiva”38. Più precisamente, è un organo arbitrale, equidistante dalle parti coinvolte, che fornisce servizi allo scopo di facilitare la risoluzione delle controversie in materia sportiva per mezzo di norme procedurali adeguate alle specifiche esigenze del mondo dello sport39.
Esso ha sede a Losanna, in Svizzera, ed è stato fondato dal C.I.O. nel Marzo del 1983 sotto l'impulso dell'allora Presidente X.X.Xxxxxxxxx che, a partire dai primi anni '80 lamentava la mancanza di una giurisdizione arbitrale specializzata nel dirimere le controversie sportive, attraverso la creazione di uno Statuto e di un Regolamento specifici.
In origine tale organismo si occupava della risoluzione di controversie di carattere privato relative a diritti disponibili collegati al compimento dell'attività sportiva in virtù della sottoscrizione di un'apposita clausola compromissoria. Nel corso degli anni, però, il numero delle materie sottoposte alla cognizione del T.A.S./C.A.S. aumentò sensibilmente e si riscontrarono notevoli perplessità circa l'indipendenza e l'autonomia che il T.A.S. avrebbe potuto mantenere laddove le controversie
37 Come ad esempio nella forma sintetica di un comunicato stampa (art. 19 del Regolamento F.I.F.A.).
00 X. XXXXXXXX, Il Tribunal Arbitral du Sport: struttura, funzioni, esperienze, in Riv. Arb., 2000, p.
39 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 245.
sottopostegli avessero coinvolto proprio quei soggetti (il C.I.O.) che avevano contribuito a crearlo e che ne garantivano la sopravvivenza.
Per risolvere questi problemi40 nel 1994 è stato varato un apposito Regolamento, il Codice dell'Arbitrato in materia sportiva, con cui il T.A.S./C.A.S. ha assunto sempre più una propria autonomia ed indipendenza.
Ma l'autonomia del T.A.S. è stata raggiunta soprattutto grazie alla creazione di un organo ad hoc, cioè il Consiglio Internazionale per l'Arbitrato Sportivo (C.I.A.S.).
Il C.I.A.S. ha il compito fondamentale di sovrintendere alla gestione del T.A.S. ed il suo finanziamento41. Tale struttura è composta da membri autorevoli ed indipendenti nominati per un periodo rinnovabile di 4 anni e dotati di competenza giuridica di alto livello, in modo tale da assicurare un'equilibrata presenza di tutte le componenti dello sport internazionale; cioè le Federazioni Internazionali, l'Associazione di comitati olimpici nazionali, il C.I.O., gli atleti.
Al C.I.A.S. spettano prevalentemente funzioni di carattere organizzativo come per esempio l'adozione e modificazione dello stesso Codice dell'Arbitrato in materia sportiva, la nomina dei Presidenti delle Camere in cui è organizzato il T.A.S.
In sintesi, il ruolo del C.I.A.S., ai sensi dell'art S2 del Codice dell'Arbitrato Sportivo, è quello di facilitare la risoluzione di controversie in materia sportiva attraverso l'arbitrato o la mediazione, nonché di salvaguardare l'indipendenza del T.A.S. e i diritti delle parti.
Tale struttura svolge inoltre funzioni di carattere finanziario, come per esempio l'amministrazione del Fondo per il funzionamento del T.A.S., e di carattere giurisdizionale, come per esempio la decisione in tema di revocazione e ricusazione degli arbitri.
Per quanto attiene ai profili funzionali il T.A.S. svolge sia funzioni arbitrali che conciliative, e può essere adito per qualsiasi controversia sportiva, a condizione però
40 Nel 1993 infatti il Tribunale Federale Svizzero, in merito ad una controversia insorta tra un atleta e la Federazione Equestre Internazionale (F.E.I.) evidenziò che il T.A.S. presentasse uno stretto collegamento con il C.I.O. ma che, nonostante ciò, avesse la natura di un vero e proprio tribunale arbitrale (il testo completo di questa decisione è consultabile, in traduzione italiana, in Riv. Dir. Sport, 1994, p. 509 ss.)
41 Il C.I.A.S. “a pour mission de favoriser le règlement des litiges en matière de sport par la voie de l'arbitrage et de sauvegarder l'indèpendance du TAS et les droits des parties, a cet effet, il assure l'administration et le financement du T.A.S.” art. S2 Code.
che le parti (atleti, club, Federazioni, sponsor, ecc.) gli abbiano assegnato la competenza a decidere mediante un compromesso o una clausola compromissoria42. Nello specifico, per quanto riguarda il settore del calcio, è doveroso ricordare il protocollo d'intesa raggiunto nel Dicembre 2002 dalla F.I.F.A. e dal C.I.A.S.43 con il quale si è attribuito al T.A.S. la competenza in ultima istanza sulle controversie nate in seno alla Federazione calcistica internazionale di riferimento o a quelle continentali (come per esempio le controversie nate nelle Federazioni U.E.F.A.), fermo restando che le questioni assegnabili sono solo quelle di natura giuridico- economica, con esclusione, quindi di quelle disciplinari.
In particolare, nell'espletamento delle funzioni arbitrali l'organo opera in composizione collegiale ed è costituito da tre arbitri scelti attraverso un apposito Albo predisposto dal C.I.A.S., di cui due scelti dalle parti in causa ed il terzo designato di comune accordo. In particolare, gli arbitri devono esercitare la loro funzione in assoluta obbiettività ed indipendenza, e a tal fine, al momento della loro designazione, devono sottoscrivere una specifica dichiarazione facendo presente l'esistenza o meno di potenziali conflitti d interessi (c.d. disclose44).
Nell'esercizio invece delle funzioni conciliative il conciliatore del T.A.S. è scelto da un altro apposito Albo depositato presso lo stesso C.I.A.S.
Dal punto di vista procedimentale, coloro che desiderano ricorrere innanzi al T.A.S. devono sottoscrivere una richiesta il cui contenuto deve rispettare le disposizioni del Codice dell'Arbitrato in materia sportiva.
Il T.A.S. esercita i suoi compiti attraverso l'attività di due camere: una Camera d'arbitrato ordinario e una Camera arbitrale d'appello.
Le competenze delle due camere sono nettamente differenti; infatti per quanto riguarda l'oggetto della controversia la Camera d'arbitrato ordinario ha competenza riguardo le questioni nascenti da un contratto in cui è prevista una clausola compromissoria che rinvia la risoluzione della controversia al T.A.S.; nello specifico
42 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 541.
44 X. XXXXXX, La giustizia sportiva nella sua dimensione internazionale: il Tribunal Arbitral du Sport di Losanna, p. 32-33 in X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX , F.G. SCOCA, M.R. SPASIANO,
Ordinamento sportivo e calcio professionistico: tra diritto e economia, 2009.
possono essere sottoposte alla giurisdizione della Camera ordinaria:
• contratti di sponsorizzazione tra atleti e società commerciali;
• contratti di lavoro;
• contratti di licenza per l'utilizzazione dell'immagine;
• contratti di fornitura dell'equipaggiamento sportivo;
• responsabilità civile dell'organizzatore di manifestazioni;
• controversie riguardanti la nazionalità sportiva dei giocatori.
Con riguardo al diritto applicabile, la procedura ordinaria, secondo l'art. R45, è disciplinata dalle regole di diritto scelte dalle parti o, in mancanza di scelta, secondo il diritto svizzero, ma le parti hanno anche la facoltà di permettere agli arbitri di giudicare secondo equità.
Invece la procedura di appello è prevista per l'impugnazione delle decisioni disciplinari emesse dagli organi di giustizia sportiva delle varie Federazioni o associazioni, sempre che questo sia previsto nei rispettivi Statuti federali.
In particolare il T.A.S., esercitando le sue funzioni di organo di appello, deciderà nel merito di:
• decisioni delle F.S.N. o delle associazioni sportive o di altri organi giudicanti nel settore sportivo, laddove il regolamento che ne disciplina il funzionamento lo prevede espressamente;
• le controversie attribuite espressamente dalle parti a tale organo;
• contro le decisioni emanata dal Dispute Resolution Chambers45.
In merito al diritto applicabile anche in caso di procedura di appello le parti hanno la
45 Ai sensi dell'art. 64 comma 3, Statuto F.I.F.A.
46 Ai sensi dell'art. R47, Codice dell'Arbitrato in materia sportiva.
Inoltre, tra le regole costituenti il corpus generale, è meritevole di nota la disposizione dell'art. R63, concernente l'interpretazione della sentenza, con procedimento che ora è previsto anche per errori materiali o di calcolo, nell'eventualità in cui il dispositivo sia “peu clair, incomplet, èquivoque ou que ses èlèments sont contradictoires entre eux ou avec les mofits”.
Il T.A.S. infine, opera anche in funzione conciliativa48. È stata infatti introdotta una procedura non vincolante ed informale, fondata sull'accordo delle parti, attraverso la quale le stesse si impegnano a negoziare in buona fede, con l'assistenza di un mediatore (designato nell'ambito di un'apposita lista tenuta dal T.A.S.) la soluzione di una controversia legata allo sport. Il ruolo del mediatore è di aiutare le parti a trovare una soluzione alla controversia, anche se non potrà mai imporre una decisione finale alle stesse49.
La mediazione T.A.S. può essere invero esperita solo per controversie che non mettano in gioco una decisione assunta in un'organizzazione sportiva: pur potendo essere oggetto di arbitrato (attraverso la procedura d'appello disciplinata dal Codice T.A.S.) le questioni disciplinari sono escluse dalla mediazione. Caratteristiche salienti della mediazione in seno al T.A.S. sono l'estrema flessibilità, dipendendo in tutto e per tutto (dall'avvio del procedimento, alla procedura in cui si svolge, all'effetto che produce) dal consenso delle parti, e la particolare riservatezza delle questioni trattate e delle proposte formulate.
47 X. XXXXXX, op. cit., p. 35.
49 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 245.
2. Il sistema di giustizia in ambito U.E.F.A.
Anche nell'ambito delle singole Confederazioni continentali sono presenti organi di giustizia che hanno il compito di dirimere le controversie tra gli associati delle Federazioni loro affiliate.
Per quanto riguarda in particolare gli organi di giustizia propri della Confederazione continentale europea, cioè la U.E.F.A.; essi si suddividono tra:
• gli organi disciplinari U.E.F.A., ovvero la Commissione Disciplinare, Etica e Controllo e la Commissione di Appello;
• gli ispettore Etici e Disciplinari;
• l'Organo di Controllo Finanziario dei Club.
Le normative in merito a questi organi sono specificate nei Regolamenti Disciplinari
U.E.F.A. o in altri regolamenti specifici adottati dal Comitato Esecutivo.
I membri di tutti gli organi di giustizia U.E.F.A. sono eletti direttamente dal Comitato Esecutivo.
1) La Commissione Disciplinare, Etica e di Controllo
La Commissione Disciplinare, Etica e di Controllo è formata da un Presidente e nove ulteriori membri. Come regola generale questo organo prende le proprie decisioni alla presenza di tutti i membri, ma è comunque autorizzata a procedere alla presenza di almeno tre membri
2) La Commissione di Appello
La Commissione di Appello è formata da un Presidente e undici ulteriori membri. Come regola generale, questo organo prende le proprie decisioni alla presenza di almeno tre membri. Eccezionalmente il Presidente, o un membro che agisca da Presidente ad hoc, può prendere autonomamente decisioni concernenti ricorsi che
sono manifestamente inammissibili, fondati o infondati.
La Commissione di Appello ha competenza per i ricorsi contro le decisioni della Commissione Disciplinare, Etica e di Controllo in conformità al Regolamento Disciplinare in vigore al momento della decisione. Tali regolamenti possono prevedere che un caso sia posto direttamente all'attenzione della Commissione di Appello in circostanze urgenti, con particolare riferimento all'ammissione o all'esclusione dalle competizioni U.E.F.A.
3) Gli Ispettori Etici e Disciplinari
Gli ispettori Etici e Disciplinari sono nominati dal Comitato Esecutivo, essi rappresentano la U.E.F.A. nei procedimenti prima dell'attivazione della Commissione Disciplinare, Etica e di Controllo e la Commissione di Appello.
4) L'Organo di Controllo Finanziario dei Club
L'Organo di Controllo Finanziario dei Club è formato da un Presidente e da un numero necessario di altri membri determinati dal Comitato Esecutivo U.E.F.A.
Tale organo prende le proprie decisione alla presenza di almeno tre membri, eccezionalmente, se disposto espressamente dai regolamenti specifici adottati dal Comitato Esecutivo U.E.F.A., il Presidente o un membro che agisce come Presidente ad hoc, può prendere le decisioni autonomamente.
L'Organo di Controllo Finanziario dei Club ha competenza in ordine a tutte le questioni specificate all'interno dei regolamenti adottati dal Comitato Esecutivo U.E.F.A.
3. La giustizia sportiva calcistica a livello nazionale
È necessario affrontare, a questo punto della trattazione, il complesso tema della giustizia sportiva nell'ambito nazionale.
In particolare la funzione assegnata alla giustizia sportiva è quella di assicurare che nell'ambito dell'ordinamento sportivo siano osservate le norme che regolano lo svolgimento dell'attività sportiva, nonché le disposizioni disciplinari contenute nei Regolamenti. In questo senso la giustizia sportiva racchiude, in sostanza, tutti quegli istituti previsti non dalla legge statale bensì dagli Statuti e dai Regolamenti Federali per definire le controversie che sorgono tra gli atleti, le associazioni di categoria, e le Federazioni.
Nello specifico, nei paragrafi che seguono, si analizzerà in primo luogo la classificazione risalente della giustizia sportiva, che la suddivide in quattro categorie diverse; in secondo luogo verrà affrontata la questione del rapporto tra la giustizia sportiva e la giustizia ordinaria; in terzo luogo necessario sarà far riferimento alla presenza, negli Statuti federali e nei Regolamenti delle Federazioni, di clausole compromissorie, che obbligano i tesserati e gli affiliati a deferire le controversie economiche tra essi insorte ad appositi collegi arbitrali. Infine è doveroso delineare, brevemente, il quadro della giustizia sportiva nazionale, facendo riferimento, prima alla giustizia sportiva esofederale (presso il C.O.N.I.), e poi alla giustizia sportiva endofederale (cioè nell'ambito delle singole Federazioni), con chiaro riferimento, relativamente a quest'ultima, agli organi di giustizia sportiva della F.I.G.C.
3.1 Le diverse tipologie di giustizia sportiva
Innanzitutto occorre evidenziare che, a seconda dei vari tipi di rapporti e materie che possono formare oggetto delle singole controversie tra i soggetti dell'ordinamento sportivo, nell'ambito della giustizia sportiva si possono distinguere, secondo una tradizionale e risalente classificazione50 accolta sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, quattro differenti tipologie :
00 X. XXXXXX, X.XXXXX, Xx diritto sportivo, 2011, p. 431.
• giustizia tecnica: garantisce il corretto svolgimento e l'organizzazione delle competizioni sportive, che devono svolgersi nel rispetto delle norme federali e con la partecipazione esclusiva degli atleti abilitati. Pertanto l'oggetto di tale intervento attiene principalmente al rispetto delle regole tecniche e all'omologazione dei risultati;
A differenza poi delle altre fattispecie di giustizia, prima analizzate, la giustizia economica non è prevista in tutte le Federazioni e spesso è devoluta ad un apposito Collegio Arbitrale esterno alla F.S.N., per evitare potenziali conflitti d'interesse;
51 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 233-234.
52 X. XXXXXXXX XXXXXXXXXX, L'evoluzione dei rapporti tra fenomeno sportivo e ordinamento statale, 2011, p. 211.
53 L. DI NELLA, Il fenomeno sportivo nell'unitarietà e sistematicità dell'ordinamento giuridico, Riv.
Dir. Sport, 1999, p. 53.
3.2 I rapporti tra giustizia sportiva e ordinaria
Dopo aver rappresentato i vari tipi di giustizia sportiva, occorre ora affrontare il tema del rapporto fra la giustizia sportiva e la giustizia ordinaria, che si colloca in quello più generale del rapporto tra ordinamento sportivo e statale.
Infatti attribuire all'ordinamento sportivo la qualità di ordinamento giuridico di settore, in quanto riconosciuto dall'ordinamento statale in ragione della meritevolezza socio-giuridica degli scopi perseguiti e caratterizzato da un significativo margine di autonomia, ha portato a domandarsi, in ordine ai limiti di operatività di detta autonomia e sulla possibilità di ingerenza dell'ordinamento statale sulle questioni proprie dell'ordinamento sportivo.
Nell'affrontare tale questione, è stato messo in evidenza che, nell'insieme dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento generale, oltre a settori di specifica competenza statale (come la disciplina della costruzione di impianti sportivi) oppure di competenza esclusivamente sportiva (come lo svolgimento delle gare, assegnazione dei punteggi, la valutazione dei risultati, ecc.), ci sono altri settori caratterizzati da potenziali conflittualità e sovrapposizioni degli ordinamenti suesposti, tra i quali particolare menzione merita la giustizia sportiva.
Infatti, nonostante dottrina e giurisprudenza enunciano costantemente l'autonomia dell'ordinamento sportivo, in sede attuativa di tale principio non di rado si sono registrati episodi di mortificazione della suddetta autonomia.
Bisogna, al contrario, sottolineare che anche un esteso riconoscimento dell'autonomia dell'ordinamento sportivo non può cancellare la natura settoriale e derivata di tale ordinamento rispetto a quello statale, il quale, per la sua natura originaria e sovrana, risulta invece impermeabile di fronte a forme di compressione ed ingerenza, capaci di rinnegarne i principi fondamentali.
Seguendo questa logica, molti giudici statali hanno ribadito, attraverso numerosi interventi, che l'autonomia dell'ordinamento sportivo deve pur sempre sottoporsi al sindacato del giudice statale, in quanto gli atti dell'organizzazione sportiva sono in alcuni casi idonei ad incidere su posizioni soggettive meritevoli di tutela statale; tra questi interventi giurisprudenziali va ricordato in particolare il primo “caso Catania”.
Tale caso giudiziario si presentò allorquando il Catania Calcio inoltrò ricorso al
T.A.R. Sicilia dopo che la F.I.G.C., a causa di vicende finanziarie della società siciliana, aveva proceduto alla revoca dell'affiliazione della società calcistica etnea, e di conseguenza essa era stata esclusa dal relativo campionato di calcio di serie C/1, stagione 1993/1994.
In seguito il Consiglio di Giustizia siciliano55 accogliendo in parte il ricorso della F.I.G.C., statuì che la giurisdizione del giudice amministrativo sussisteva solo con riguardo al provvedimento di revoca dell'affiliazione e non anche per quanto atteneva alla delibera di non iscrizione al campionato.
Successivamente la questione fu rimessa, per ragioni territoriali, al T.A.R. del Lazio56, che annullò solo il provvedimento di revoca dell'affiliazione.
In seguito il Consiglio di Stato57 pose fine a questa complessa questione statuendo che, pur mantenendosi la competenza del giudice amministrativo in materia di impugnazione dei provvedimenti di revoca dell'affiliazione, in quanto provvedimenti amministrativi che incidono sullo status del soggetto, anche la delibera di non ammissione costituisce espressione della potestà pubblicistica demandata alle Federazioni dal C.O.N.I. ed è quindi assoggettata alla giurisdizione amministrativa.
Come si può ben intuire da questo caso giudiziale, i rapporti tra i due ordinamenti furono idonei a creare numerosi conflitti giurisdizionali.
Al fine di chiarire definitivamente quali fossero le questioni in ambito sportivo ad assumere rilevanza per l'ordinamento statale fu emanato il decreto legge 19 Agosto 2003, n. 220, recante “disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”, poi convertito nella Legge 17 Ottobre 2003, n.280.
L'intervento del Legislatore fu necessario dal ripresentarsi di un altro “caso Catania”.
54 T.A.R. Sicilia, ordinanza 29 Settembre 1993, n. 929.
55 Cons. giust. amm. Sicilia, ordinanza 9 Ottobre 1993, n. 536.
56 T.A.R. Lazio, 23 Giugno 1994, n. 1361.
57 Cons. Stato, 30 Settembre 1995, n. 1050.
In particolare all'art. 1, comma 2 della L. 280/2003 si configura il c.d. “ principio di rilevanza” che sancisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo “salvi i casi di rilevanza” per l'ordinamento statale.
Nello specifico, all'art. 2 della Legge si specificano le controversie la cui competenza è propria dell'ordinamento sportivo:
• le questioni inerenti all'osservanza e all'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statuarie dell'ordinamento sportivo nazionale;
• le questioni concernenti i comportamenti che rilevano sul piano disciplinare, che portano all'irrogazione e all'applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
Queste questioni appena enunciate, sono casi in cui l'ordinamento statale non ravvisa interessi giuridicamente rilevanti; ne deriva pertanto, sul piano processuale, che tali situazioni non possono essere più qualificate come diritti soggettivi né come interessi legittimi, sicché ne risulta esclusa ogni tutela giurisdizionale statale.
Viene devoluta invece alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, ai sensi dell'art.
Infine è da richiamare l'art. 3 comma 2 della Legge che statuisce la competenza del
T.A.R. del Lazio per le controversie di natura amministrativa60.
Rilevante, a questo punto della trattazione, è analizzare il concetto del c.d. vincolo di giustizia.
Ogni singola Federazione si è dotata infatti di un sistema di giustizia autonomo, specializzato in virtù della disciplina di appartenenza, ma pur sempre vincolato e collegato ai principi emanati dalle istituzioni sia internazionali, come il C.I.O., sia nazionali, cioè il C.O.N.I., tra cui, ultimi in ordine di emanazione, i principi di giustizia sportiva.
59 X.XXXXXXXXXX, op. cit., p. 525.
60 Tale scelta deriva dalla consapevolezza della portata, spesso ultraregionale, dei provvedimenti in materia sportiva, e dalla circostanza che la sede del C.O.N.I. e delle altre Federazioni ha sede a Roma.
61 In particolare, lo Statuto della F.I.G.C. disciplina il vincolo di giustizia all'art. 30, disponendo al
In sintesi, tale vincolo si estrinseca in due obblighi fondamentali agli aderenti, il primo dei quali ha per oggetti l'accettazione ed il rispetto delle norme tecniche e dei provvedimenti federali nello svolgimento delle gare e nelle fasi successive ad esse.
Per quanto concerne la natura del vincolo di giustizia, la giurisprudenza63 ha affermato la natura negoziale di tale vincolo, che costituisce un presupposto fondamentale dell'ordinamento sportivo, essendo finalizzato a garantire l'autonomia degli interessi settoriali dall'ordinamento statuale.
Con riferimento poi agli effetti del vincolo di giustizia, sia dottrina che giurisprudenza hanno sempre limitato l'ambito di efficacia del vincolo. Nello specifico l'applicazione del vincolo di giustizia viene negata con riferimento ai diritti indisponibili e agli interessi legittimi, che, in considerazione del loro intrinseco collegamento con un interesse pubblico, non possono formare oggetto di una rinuncia preventiva, generale ed illimitata alla giurisdizione statale.
comma 2 che: “...I soggetti di cui al comma precedente (i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l'ordinamento federale), in ragione della loro appartenenza all'ordinamento settoriale sportivo o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla F.I.G.C., dalla F.I.F.A., dalla U.E.F.A., dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell'attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico...”.
62 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 35.
63 Cass. n.4351/1993; Cass. 28 Settembre 2005, n. 18919, in Riv. dir. ed economia dello sport, n.3.
64 X. XXXXXXXXXX, op cit., p. 520-521.
Inoltre il vincolo di giustizia, contrariamente a quanto sostenuto da parte della dottrina, deve essere tenuto distinto dalla clausola compromissoria. Infatti il vincolo di giustizia determina l'obbligo in capo all'associato di non adire la giustizia ordinaria ma di rimettersi alle decisioni e al giudizio della giustizia sportiva, mentre la clausola compromissoria è uno strumento presente negli Statuti e nei Regolamenti delle Federazioni sportive con cui generalmente gli associati si impegnano a devolvere ad appositi Collegi Arbitrali le controversie sorte tra società e tesserati e non devolute ad altri organi federali.
Il tema della clausola compromissoria, verrà analizzato in maniera più approfondita, nel paragrafo successivo.
3.3 La clausola compromissoria ed il ruolo del Collegio Arbitrale
Con il termine “clausola compromissoria” si intende quella previsione, posta dallo Statuto e nei Regolamenti delle Federazioni nazionali, con la quale si obbligano i tesserati e gli affiliati a deferire ad appositi collegi arbitrali le controversie economiche tra essi insorte.
Con tale clausola le parti derogano la giustizia ordinaria e si impegnano ad accettare i lodi arbitrali emessi dagli arbitri e a darvi esecuzione.
Con riferimento alla clausola compromissoria è possibile tracciarne l'ambito soggettivo e l'ambito oggettivo.
Quanto al primo profilo, gli arbitri possono decidere solo quelle questioni nate tra società e soggetti tesserati, escludendo così dalla loro competenza le controversie in
00 X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., p. 441.
cui sono parte in causa la Federazione sportiva, nonché terzi estranei, non tesserati o affiliati66.
Quanto all'ambito oggettivo, occorre individuare le controversie arbitrabili, cioè quei contenziosi che possono essere assoggettati alla competenza del Collegio Arbitrale.
La dottrina è unanime nell'individuare i tipi di controversie arbitrali. Infatti, prendendo le mosse dalla distinzione elaborata dalla stessa dottrina sulle tipologie di giustizia sportiva (giustizia tecnica, economica, disciplinare, amministrativa), si ritiene che i contenziosi deferibili ai collegi arbitrali siano solo quelli di natura economica, che possono insorgere tra gli associati della Federazione.
In tale materia infatti, il vincolo di giustizia non genera situazioni contrastanti con le norme imperative dell'ordinamento statale, in quanto si tratta di controversie aventi ad oggetto diritti disponibili.
La previsione dell'inserimento della clausola compromissoria all'interno dei contratti di lavoro dei calciatori professionisti è contenuta nella Legge 23 Marzo 1981, n.91. In particolare l'art. 4 di detta Xxxxx prevede espressamente la possibilità di inserimento di tale clausola nei contratti.
Dal punto di vista strutturale elemento costitutivo di qualsiasi procedura arbitrale è la terzietà e l'indipendenza funzionale, oltre che personale, dei componenti del collegio arbitrale. Non potrà, infatti, integrare un arbitrato sportivo l'ipotesi in cui l'ente chiamato a dirimere la controversia sia un organo collegato alla Federazione, in quanto il rischio che il giudizio finale sarebbe riconducibile alla volontà della Federazione risulterebbe elevato.
00 X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., p. 447.
68 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 529.
I motivi che stanno alla base del frequente utilizzo di questo strumento al posto dell'ordinario ricorso alla giurisdizione statale risiedono in particolare nella maggiori speditezza della decisione e nel maggior contenimento dei costi rispetto alla giurisdizione dello Stato.
Un questione particolarmente dibattuta inerente all'arbitrato sportivo, concerne la sua configurazione come arbitrato rituale o irrituale.
Nell'arbitro rituale la controversia si risolve con un provvedimento che è paragonabile ad una vera e propria sentenza dotata di efficacia esecutiva nell'ordinamento statale (idonea a produrre effetti in relazione all'esecuzione forzata, all'iscrizione ipotecaria, alla trascrizione e all'annotazione nei registri immobiliari).
Nel caso invece di arbitrato irrituale, l'arbitro è considerato un mediatore amichevole che non pone in essere alcun atto giurisdizionale ma la controversia viene composta mediante un negozio giuridico.
Sia la dottrina69 che la giurisprudenza sono ormai concordi nel ritenere che l''arbitrato sportivo abbia natura irrituale. In particolare la Suprema Corte70, in relazione ad un arbitrato della F.I.G.C. statuì espressamente che si trattasse di un procedimento che per sua natura e definizione avesse natura irrituale.
Le formalità ed i termini procedurali sono disciplinati attraverso il c.d. Regolamento di funzionamento ad hoc e le decisioni che vengono emesse dal Collegio Arbitrale, in qualità di organi decisorio scelto dalle parti in causa, sono immediatamente esecutive e non impugnabili in ragione del preventivo assunto dalle parti stesse al momento dell'adesione alla Federazione di appartenenza. Tali provvedimenti prendono il nome di lodi e sono protetti dal vincolo di giustizia72.
00 X. XXXXXXXX, L'arbitrato del lavoro sportivo nel calcio, 2004, p. 31 ss. 70 Cass., sez. lav., 6 Aprile 1990, n. 2889.
71 X. XXXXXXXX, I regolamenti dei Collegi Arbitrali nel calcio, in Riv. Dir. ed economia dello sport, Vol. VIII, fasc. 1, 2012, p. 129.
72 Nello Statuto della F.I.G.C. ciò è previsto all'art. 30 comma 1.
Ancor prima però della normativa federale, la stessa legge sul professionismo sportivo (L. n.91/81) aveva prescritto espressamente l'inserimento di specifiche clausole compromissorie nei contratti collettivi di lavoro sportivo che prevedevano la possibilità, data alle parti, di deferire ad un collegio arbitrale la risoluzione delle controversie riguardanti l'attuazione del contratto di lavoro.
Il presupposto fondamentale per l'accesso alla tutela attraverso il collegio arbitrale è che entrambe le parti risultino legate all'ordinamento sportivo e, quindi, che per le società si sia costituito un rapporto di affiliazione e che i calciatori siano regolarmente tesserati.
3.4 Gli organi nazionali di giustizia sportiva
È doveroso, a questo punto della trattazione, delineare il quadro degli organi che delineano il sistema di giustizia sportiva a livello nazionale, sia dal punto di vista esofederale (presso il C.O.N.I.) sia dal punto di vista endofederale (con specifico riferimento agli organi di giustizia propri della F.I.G.C.).
Momento fondamentale in tal senso è rappresentato dalla riforma della giustizia sportiva entrata in vigore l' 1 Luglio 2014.
Tale riforma è andata a modificare in modo sostanziale i rapporti tra la giustizia
esofederale ed endofederale.
73 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 130.
74 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 131.
In particolare, prima dell'entrata in vigore della recente riforma, il sistema di giustizia del C.O.N.I. si componeva:
• del Tribunale Nazionale per l'Arbitrato dello Sport (T.N.A.S.);
• dell'Alta Corte di Giustizia Sportiva (A.C.G.S.).
Quest'ultimo organo, in particolare, era deputato a decidere in ultimo grado quelle controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili o per le quali le parti non avevano pattuito la competenza arbitrale.
Tale sistema, come già accennato in precedenza, è stato profondamente modificato con l'entrata in vigore della riforma del Luglio 2014.
La riforma ha perseguito tre fondamentali obbiettivi:
• garantire e preservare l'autonomia delle singole Federazioni nell'amministrazione della giustizia;
• responsabilizzare gli organi della giustizia federale, rafforzando il potere di controllo del C.O.N.I.;
• garantire il rispetto del principio di legalità nell'ordinamento sportivo.
Infatti il nuovo art. 12 dello Statuto del C.O.N.I. prevede l'istituzione di due nuovi organi:
• Il Collegio di Garanzia dello Sport: istituito in sostituzione dell' A.C.G.S., esso è competente per tutte le decisioni che non sono impugnabili dinanzi agli organi di giustizia federale.
La competenza di questo nuovo organo è limitata alla violazione delle norme di diritto e all'omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della
75 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 151.
controversia oggetto di disputa tra le parti76.
• La Procura Generale dello Sport: essa sostituisce il T.N.A.S., ha il compito di coordinare e vigilare le attività svolte dalle Procure Federali. In particolare, la nuova riforma, ha dato la facoltà alla Procura Generale di avocare a sé, se ricorrono certi presupposti77, l'attività inquirente non ancora conclusa, mediante provvedimento motivato.
Per quanto concerne invece la giustizia endofederale della F.I.G.C., occorre evidenziare preliminarmente che l'attuale normativa della F.I.G.C., rispetto alla passata, denota la scelta di predeterminare il trattamento sanzionatorio nell'intento di ridurre il margine di discrezionalità attribuito agli organi giudicanti.
L'attuale quadro della Giustizia Sportiva sorge dal combinato dello Statuto F.I.G.C. e del Codice di Giustizia Sportiva.
È l'art. 33 dello Statuto F.I.G.C. infatti a disciplinare l'ordinamento della Giustizia Sportiva, disponendo che: “gli organi relativi agiscono in condizioni di piena indipendenza, autonomia, terzietà e riservatezza, assicurate da specifiche norme e che il Codice di Giustizia Sportiva disciplina i casi di astensione e ricusazione dei giudici. Le norme relative all'ordinamento della Giustizia Sportiva devono poi garantire il diritto di difesa e sono ammessi i giudizi di revisione e di revocazione nei casi previsti dal Codice di Giustizia Sportiva”.
76 Il Collegio di Garanzia dello Sport, grazie alla sua funzione propriamente nomofilattica, ha facoltà molto simili alla Corte di Cassazione. Ha quindi la facoltà di riformare la decisione impugnata, oppure di rinviare all'organo di giustizia federale competente.
78 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 155.
Per quanto concerne poi le funzioni degli organi di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. e alle relative procedure, si prevede, ai sensi dell'art. 33 comma 7 dello Statuto F.I.G.C., che esse siano stabilite dal C.G.S. stesso, che può anche prevedere la costituzione di organi specializzati per particolari materie.
L'art. 34 dello Statuto F.I.G.C. invece si occupa di disciplinare l'organigramma della Giustizia Sportiva, disponendo anche che la F.I.G.C. è incaricata di garantirne il veloce ed efficiente funzionamento assicurandole i mezzi ed il personale necessari.
Per quanto riguarda la struttura interna della Giustizia Sportiva della F.I.G.C., essa si compone dei seguenti organi:
• Corte di Giustizia Federale;
• Commissione Disciplinare Nazionale;
• Giudici Sportivi Nazionali;
• Commissioni Disciplinari Territoriali;
• Giudici Sportivi Territoriali;
• Procura Federale.
La Corte di Giustizia Federale è disciplinata dall'art. 31 C.G.S. ed ha sostituito i vecchi istituti della Corte di Appello Federale e della Corte Federale. È composta da almeno cinquanta componenti, compreso il Presidente e i Presidenti di sezione, si articola in almeno quattro sezioni con funzioni giudicanti ed in una sezione con funzioni consultive.
Essa giudica in secondo grado i ricorsi presentati contro le decisioni dei Giudici Sportivi Nazionali e della Commissione Disciplinare Nazionale.
Inoltre è preposta al giudizio in tema di:
• procedimenti di revisione e revocazione;
• requisiti di eleggibilità dei candidati alle cariche federali e alle incompatibilità dei dirigenti federali;
• interpretazione delle norme statuarie e delle altre norme federali;
Per quanto poi concerne la regolamentazione dei Giudici Sportivi (art. 29 C.G.S.), essi sono articolati a livello nazionale e territoriale. I Giudici Sportivi Nazionali sono competenti in primo grado per i campionati e le competizioni a livello nazionale, mentre i Giudici Sportivi Territoriali sono giudici di primo grado competenti per i campionati e le competizioni a livello territoriale.
Lo stesso art. 29 C.G.S. si occupa specificamente delle competenze dei Giudici Sportivi e del procedimento per instaurare il giudizio.
L'organo della Procura Federale è disciplinato dall'art. 32 C.G.S., il quale evidenzia che tale organo ad oggi svolge sia funzioni requirenti che inquirenti, tranne quelle attribuite alla Procura Antidoping del C.O.N.I. per le violazioni delle norme in materia di doping. Essa strutturalmente si articola in sezioni e si compone di un Procuratore Federale, di un Procuratore Federale Vicario, di Vice Procuratori Federali, di Sostituti Procuratori Federali e di Collaboratori. Per quanto riguarda i requisiti per le nomine provvede l'art. 35 dello Statuto F.I.G.C.
La Procura Federale si articola in Sezioni Regionali cui sono preposti Sostituti Procuratori delegati dal Procuratore Federale. Le Sezioni Regionali svolgono le funzioni requirenti ed inquirenti nei procedimenti di competenza in primo gradi delle Commissioni Disciplinari Territoriali.
Per quanto riguarda, infine, la Commissione Disciplinare (art. 30 C.G.S.) essa si compone:
• di una Commissione Disciplinare Nazionale: composta da almeno quindici membri, si occupa dei procedimenti di primo grado instaurati su deferimento del Procuratore Federale, nonché dei procedimento di secondo grado contro
79 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 165.
le decisioni delle Commissioni Disciplinari Territoriali.
• di Commissioni Disciplinari Territoriali: composte da almeno sette membri, si occupano dei procedimenti di primo grado instaurati su deferimento del Procuratore Federale, nonché dei procedimenti di secondo grado contro le decisioni dei Giudici Sportivi Territoriali.
CAPITOLO III
LE FONTI REGOLAMENTARI NELL'AMBITO DEI TRASFERIMENTI NAZIONALI ED INTERNAZIONALI DEI CALCIATORI PROFESSIONISTI
1. Fonti regolamentari in ambito F.I.F.A.
Dopo aver esaminato l'ordinamento calcistico internazionale e nazionale, facendo particolare riferimento alla struttura interna della F.I.F.A., nel contesto internazionale, e della F.I.G.C., nel contesto nazionale, e dopo aver analizzato il sistema di giustizia sportiva nell'ambito del calcio internazionale e nazionale, è doveroso, a questo punto della trattazione, illustrare le fonti regolamentari proprie della F.I.F.A. e della F.I.G.C., prestando particolare attenzione a quei Regolamenti che disciplinano i trasferimenti internazionali e nazionali dei calciatori professionisti.
Per questo motivo, di seguito, verrà preso in considerazione il Regolamento F.I.F.A. sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori e le Norme Organizzative Interne della F.IG.C., meglio conosciute con l'acronimo N.O.I.F.
1.1 Il Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori: la ratio della sua introduzione e principi generali
Il Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori (R.S.T.P.) vide la luce in seguito alle pressioni della Comunità Europea sulla F.I.F.A. affinché disciplinasse in maniera specifica il sistema dei trasferimenti dei calciatori, rimasto “scoperto” dopo l'emanazione della c.d. “sentenza Xxxxxx” che aveva rivoluzionato lo stesso sistema dei trasferimenti dei calciatori, ponendo il calcio professionistico di fronte
all'obbligo di dover azzerare tutti quei parametri che fino ad allora avevano disciplinato l'apparato dei trasferimenti internazionali. Infatti, a seguito della predetta sentenza, venne abolita l'indennità di preparazione e promozione e di conseguenza i club adottarono delle misure alternative, per preservare comunque un forte controllo sulla mobilità dei calciatori. Ciò fu possibile esercitando pressioni sui calciatori affinché rinnovassero periodicamente i loro contratti per evitare che giungessero alla scadenza, eludendo così il regime di libera circolazione. La stessa F.I.F.A. prevedeva, nei suoi regolamenti, il divieto di trasferimento a quei giocatori che avevano prematuramente interrotto il rapporto lavorativo, favorendo in questo modo la politica dei rinnovi ad oltranza dei contratti da parte dei club80. Proprio in relazione a tale situazione che si era venuta a creare, la Commissione Europea81 raggiunse un accordo con la F.I.F.A., il c.d. “Accordo di Bruxelles” il 5 Marzo 2001, avente ad oggetto la codificazione dei principi per la modifica delle normative F.I.F.A. Riguardanti i trasferimenti internazionali dei calciatori professionisti.
Tali principi, necessariamente vincolanti per la F.I.F.A. furono trasfusi nel Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, emanato dal Comitato Esecutivo della F.I.F.A. nella riunione svoltasi in contemporanea a Buenos Aires e a Zurigo il 7 Luglio 2001.
Tale Regolamento, nella sua versione originaria, si limitava ad includere all'interno dell'ordinamento calcistico i principi contenuti nel citato Accordo di Bruxelles.
In seguito, è stato oggetto di alcune rettifiche e revisioni dovute soprattutto al frequente mutamento della normativa comunitaria, in materia di libera circolazione dei cittadini e lavoratori, senza che però ne risultassero modificate le disposizioni dettate dalla Commissione Europea nell'Accordo di Bruxelles e già recepite nel precedente Regolamento.
La versione attuale del Regolamento è stata approvata dal Comitato Esecutivo
F.I.F.A. il 27 Settembre 2012 ed è entrata in vigore l'1 Dicembre 2012.
80 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 238.
81 Si parla con riferimento a tale accordo di un “gentlemen agreement” tra la F.I.F.A. e l' U.E. con esso le parti posero fine al procedimento di infrazione che l'U.E. aveva avviato nel 1998 avente ad oggetto il sistema dei trasferimenti dei calciatori. Nello specifico, veniva criticata la Circolare n. 616 adottata dalla F.I.F.A. l'anno precedente nella quale vietava ai giocatori di risolvere unilateralmente il contratto con la società di appartenenza.
In relazione, poi, ai principi generali dettati del Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, innanzitutto occorre sottolineare che esso ha lo scopo di definire: “le regole generali e vincolanti relative allo status e all'idoneità dei calciatori a partecipare alle attività del calcio organizzato e al loro trasferimento fra società appartenenti a Federazioni differenti82”.
Il Regolamento stesso, ai sensi dell'art. 1 comma 3 R.S.T.P., evidenzia che, anche se è previsto espressamente che il trasferimento dei calciatori fra società affiliate alla stessa Federazione è regolato dai regolamenti promulgati a livello nazionale83, sussistono una serie di disposizioni vincolanti nell'ambito nazionale, che devono essere introdotte, senza alcuna modifica, nei regolamenti di ciascuna Federazione affiliata.
Successivamente il Regolamento enumera una serie di principi cui gli stessi regolamenti devono conformarsi:
• il rispetto dei contratti stipulati;
• in caso in cui ricorra una giusta causa, il contratto può essere risolto da entrambe le parti senza conseguenze negative;
• il calciatore può risolvere il contratto per giusta causa sportiva;
• il contratto non può essere risolto durante lo svolgimento di una stagione sportiva;
• in caso di risoluzione unilaterale del contratto senza giusta causa, deve essere determinata un'indennità, il cui ammontare può essere stabilito direttamente nel contratto;
• laddove ricorra l'ipotesi precedente, alla parte inadempiente possono anche essere comminate sanzioni sportive.
82 Il riferimento è al par. 1 “Disposizione introduttiva” del R.S.T.P.
1.2 Disposizioni e contenuti del R.S.T.P.
Per quanto riguarda l'aspetto contenutistico del Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori occorre innanzitutto sottolineare come l'art. 2 del Regolamento di cui si tratta, opera un'espressa distinzione concernente lo status dei calciatori. Infatti evidenzia la differenza tra calciatori dilettanti e professionisti, definendo i primi in via residuale rispetto ai professionisti, qualificati invece come colore che: “abbiano stipulato un contratto scritto con una società e che in cambio della propria prestazione ricevano un pagamento superiore alle spese effettivamente sostenute nell'esercizio della prestazione calcistica”.
Lo stesso art. 5 contiene un'altra disposizione basilare, cioè quella per cui, a seguito del tesseramento l'atleta accetta di aderire allo Statuto e ai Regolamenti della F.I.F.A., delle Confederazioni e delle Federazioni Nazionali.
Tale Passaporto deve essere allegato, per il trasferimento dei calciatori professionisti, all'International Transfer Certificate (CIT) o “ transfer”.
Si tratta di un certificato che viene rilasciato da una Federazione nazionale ad un'altra Federazione nazionale per consentire che il calciatore sia tesserato presso una società affiliata ad una diversa federazione nazionale. In sostanza, in caso di trasferimento del calciatore da una società di una Federazione ad una società appartenente ad un'altra Federazione (c.d. “trasferimento internazionale”), il calciatore può essere
84 Secondo la parte iniziale del Regolamento, denominata “Definizioni” per Calcio Organizzato si intendono tutte le competizioni che sono organizzate sotto il patrocinio della F.I.F.A., delle Confederazioni e delle Federazioni Nazionali, o da esse autorizzate.
85 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 250.
tesserato con la propria nuova società, soltanto se la Federazione nazionale della società cedente abbia rilasciato il transfert e questo sia stato ricevuto dalla Federazione nazionale della società cessionaria.
Il rilascio del transfert si pone come una condizione necessaria87 per ottenere il tesseramento, quindi obbligatorio in caso sia di trasferimento internazionale a titolo definitivo sia in caso di cessione del calciatore a titolo temporaneo (c.d “prestito”).
Inoltre il Certificato è sempre rilasciato a titolo gratuito e non è sottoponibile né a condizione né a termine88. Esso deve anche essere obbligatoriamente rilasciato dalla Federazione nazionale della società cedente, salvo nel caso in cui sussista una controversia in atto tra la società cedente e la società cessionaria: in tal caso la società cedente, la società cessionaria o l'atleta stesso possono inoltrare un ricorso alla F.I.F.A., ai sensi dell'art. 22 R.S.T.P., la cui decisione dovrà intervenire entro 60 giorni.
L'art. 10 poi consente di cedere un calciatore a titolo temporaneo, purché ciò avvenga sulla base di un contratto scritto fra il medesimo e la società interessata.
Un altro principio fondamentale previsto dal Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori è quello del mantenimento della stabilità contrattuale tra società e calciatori professionisti ed è disciplinato al capo IV (artt. 13-18) del Regolamento F.I.F.A.
A tal proposito è previsto che: “Il contratto tra un professionista e un club può terminare solo alla scadenza o per mutuo accordo fra le parti89” e che: “Un contratto non può essere risolto unilateralmente nel corso di una Stagione agonistica90”.
Fondamentale inoltre è l'art. 17 che stabilisce le conseguenze della risoluzione
86 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 190.
87 Ai sensi dell'art. 9 R.S.T.P. e dell'art. 2 dell'Allegato n. 3 R.S.T.P., tale certificato non è invece necessario in caso di trasferimento internazionale di calciatori aventi età inferiore a dodici anni, nonché per la disputa di partite amichevoli o di prova.
88 L'iter relativo al rilascio del CIT è disciplinato dall'Allegato n. 3 R.S.T.P. 89 Ex art. 13 R.S.T.P.
90 Ex art. 16 R.S.T.P.
unilaterale del contratto senza giusta causa, prevedendo il pagamento, a carico della parte inadempiente di una somma che viene determinata secondo criteri di cui si tratterà in maniera approfondita nel prosieguo della trattazione.
Occorre sottolineare che le norme previste al capo IV del Regolamento, chiamato espressamente “Mantenimento della stabilità contrattuale fra professionisti e società” tendono a contemperare due opposte esigenze: da un lato, l'interesse delle società alla stabilità dei rapporti contrattuali con i propri tesserati, dall'altro la libertà di circolazione dei giocatori.
Tale bilanciamento viene a realizzarsi attraverso l'espressa previsione:
• del divieto di risoluzione unilaterale del contratto nel corso di una stagione agonistica, salvo in caso di: risoluzione contrattuale per giusta causa, risoluzione contrattuale per giusta causa sportiva;
• di una durata minima e massima dei contratti di prestazione sportiva e un c.d. Periodo protetto, che verrà analizzato nel prosieguo della trattazione;
• di pesanti sanzioni in caso di recesso unilaterale di una delle parti senza giusta causa (ex. art. 17 R.S.T.P.).
1.3 L'evoluzione del rapporto di lavoro sportivo: la sentenza Xxxxxx
Dopo aver analizzato le disposizioni e i principi generali che disciplinano il Regolamento principe nell'ambito dei trasferimenti internazionali dei calciatori, è doveroso fare un passo indietro, cioè occorre descrivere quella sentenza fondamentale statuita dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea il 15 Dicembre 1995, che stravolse radicalmente il sistema dei trasferimenti internazionali vigenti al tempo e che portò come conseguenza indiretta anche la redazione del Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, di cui si è parlato nel paragrafo precedente: tale sentenza fu la c.d. Sentenza Xxxxxx.
La vicenda che condusse a questa storica sentenza, prese le mosse dal giocatore
belga Xxxx Xxxx Xxxxxx che dopo aver disputato alcune stagioni nella squadra belga dello Standard Club di Liegi sottoscrisse, nel 1988, un contratto biennale con la società Royal Club Liegeois (R.C.L.) con uno stipendio pari a 75.000 franchi, oltre vari premi ed indennità.
Alla scadenza di tale contratto, nel 1990, l' R.C.L., non volendo più avvalersi delle prestazioni sportive di Xxxxxx, propose di versare allo stesso giocatore uno stipendio mensile lordo pari a 30.000 franchi, conformemente alle normative proprie del Regolamento della Federazione calcistica belga (U.R.B.S.F.A.).
A questa richiesta però il calciatore rispose in maniera negativa, e per questo motivo fu inserito in “lista trasferimento”, cioè nell'elenco dei giocatori cedibili. In seguito , sempre rispettando le disposizioni del Regolamento della Federazione belga e le normative previste dalla U.E.F.A., l'R.C.L. fissò , in assenza di accordi diversi, a
Infatti secondo il Regolamento U.E.F.A. sui trasferimenti del 1990, il calciatore alla scadenza del contratto che lo legava ad una squadra era libero di stipulare un nuovo contratto con qualsiasi altra squadra. Tuttavia la società di destinazione era tenuta a versare alla squadra di origine un'indennità di trasferimento, di formazione o promozione che, in assenza di accordi tra le due società, era determinato da una commissione di esperti nominati dalla U.E.F.A. stessa.
Successivamente, nel Luglio dello stesso anno, la squadra francese di seconda divisione del U.S. Dunkerque offrì a Xxxxxx un contratto per una cifra pari a 90.000 franchi belgi.
In base agli accordi intercorsi tra le due squadre, il Dunkerque si impegnava a pagare all'R.C.L. una somma equivalente a 120.000 franchi belgi ed acquisiva un'opzione irrevocabile per il trasferimento a titolo definitivo del calciatore a fronte di un ulteriore esborso di 4.800.000 franchi belgi. Tuttavia l'R.C.L. dubitando della solvibilità del club transalpino, non richiese alla U.R.B.S.F.A. di trasmettere all'omologa Federazione francese il certificato di trasferimento dell'atleta, cioè il
91 X. XXXXXXX, Xxxxxxxx alla libera circolazione dei calciatori: osservazioni a margine della sentenza Xxxxxx, in Giust. Civ. , 1996, I, p. 619 ss.
transfer, documento senza il quale non si sarebbe potuto perfezionare il trasferimento di Xxxxxx00. Per questo motivo il 3 Agosto 1990 il Dunkerque annullò la sua domanda di registrazione per Xxxxxx presso la Federazione francese.
Occorre evidenziare che il sistema vigente in ambito U.E.F.A. all'epoca dei fatti, sistema basato sulla presenza dell'indennità di preparazione e promozione, prevedeva la possibilità sia per la U.E.F.A. sia per le Federazioni nazionali di comminare misure disciplinari ai club che rifiutassero il pagamento della compensazione citata.
Tale normativa veniva applicata non tenendo in considerazione la nazionalità del calciatore il cui tesseramento avesse determinato il pagamento dell'indennizzo. Inoltre tale Regolamento U.E.F.A. prescriveva un massimo di tre giocatori stranieri nelle competizioni europee per club.
Dopo diverse pronunce del Tribunale di primo grado, la questione giunse alla Corte di Appello di Liegi che decise di sospendere il giudizio e richiese alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi sulla questione.
In particolare la Corte di Giustizia era chiamata a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle alcune questioni, cioè se gli artt. 48, 85, 86 del Trattato CE vadano interpretati nel senso che vietano:
• che una società calcistica possa pretendere di percepire il pagamento della somma di denaro allorché un giocatore tesserato per la stessa società, dopo la scadenza del contratto con essa stipulato, viene ingaggiato da una nuova società calcistica;
• che le Associazioni o Federazioni sportive, nazionali ed internazionali,
92 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 178.
possano includere nei rispettivi regolamenti norme che limitano la partecipazione di giocatori stranieri, cittadini dei Paesi aderenti alla Comunità Europea, alle competizioni che organizzano.
La sentenza della Corte di Giustizia del 15 Dicembre 1995 accolse il ricorso di Xxxxxx, dichiarando l'illegittimità del sistema degli indennizzi fissati dalle varie Federazioni, in quanto lesivo del diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione Europea.
In particolare la Corte di Giustizia stabilì che: “Sono inapplicabili, in quanto confliggenti con l'art. 48 del Trattato CE, le norme emanate da associazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione. L'art. 48 del Trattato CE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri dell'Unione Europea. Con riferimento alle rivendicazioni relative all'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione, l'effetto diretto dell'art. 48 del Trattato CE non si produce con riferimento alle indennità che siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia”.
Il principio della libera circolazione dei lavoratori, ai sensi dell'art. 48 del Trattato CE, sul quale si fonda il dispositivo della sentenza Xxxxxx, insieme ai principi di libertà di circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, costituisce uno degli assi portanti della nozione di mercato comune e in quanto tale “non tollera attenuazioni o eccezioni”. Nella visione della Corte, il giocatore professionista che entra a far parte dell'ordinamento sportivo con ciò stesso, non può subire una limitazione così grave
all'esercizio di un diritto fondamentale attribuitogli direttamente dal Trattato94.
In questo modo la Corte di Giustizia ridisegnò i principi vigenti in tema di mercato lavorativo calcistico, statuendo in primo luogo l'illegittimità delle norme dei regolamenti federali che prevedevano limiti al tesseramento e alla utilizzazione di un certo numero di giocatori comunitari che una società può annoverare tra le sue fila, in secondo luogo sancì l'illegittimità dei regolamenti federali che prevedevano il diritto per le società di avere un'indennità di preparazione e promozione derivante dal trasferimento di un proprio calciatore ad un'altra società, anche dopo la scadenza del rapporto contrattuale.
1.4 Gli effetti della sentenza Xxxxxx sulla disciplina in tema di trasferimenti di calciatori professionisti
Gli effetti connessi all'emanazione della sentenza sul caso Xxxxxx sono stati rilevanti sulla disciplina dei trasferimenti dei calciatori professionisti.
Come effetto diretto delle innovazioni portare dalla sentenza Xxxxxx, le società calcistiche hanno provveduto a rinnovare periodicamente i contratti per evitare che questi giungessero a scadenza, in questo modo eludendo il regime di libera
94 X. XXXXXXX, La sentenza Xxxxxx: verso il tramonto degli ordinamenti giuridici sportivi?, Riv.
95 X. XXXXXXX, L'ordinamento giuridico del giuoco calcio, 2011, p. 99.
circolazione e conservando le condizioni per un sistema di trasferimenti ancora largamente basato sulle cessioni di contratto. Da tale situazione di fatto si ebbe l'esigenza di adottare un regolamento idoneo a disciplinare al meglio i trasferimenti dei calciatori professionisti, cioè il Regolamento sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori, di cui si è trattato in precedenza.
Pertanto la Corte di Giustizia, attraverso la sentenza Xxxxxx, partendo da una fattispecie concreta concernente la libera circolazione delle persone ed in particolare dei lavoratori nel settore dello sport professionistico, ha aperto scenari fortemente innovativi con conseguenze che sono andate ben oltre la decisione del caso concreto.
2. Fonti regolamentari nell'ambito F.I.G.C.
Nell'ambito della regolamentazione nazionale riguardante il contratto calcistico professionistico un ruolo rilevante è rivestito dalle Norme Organizzative Interne (N.O.I.F.) della F.I.G.C.
Le N.O.I.F. rappresentano una normativa regolamentare emanata dalla F.I.G.C. stessa per disciplinare alcuni aspetti di carattere specifico come l'organizzazione, la struttura e l'attività della Federazione, il tesseramento e il trasferimento dei calciatori, la costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro tra atleta e società, nonché il trattamento economico delle parti dello stesso.
Esse sono emanate dal Consiglio Federale della F.I.G.C., essendo, ai sensi dell'art. 27 comma 1 dello Statuto F.I.G.C., l'organo normativo, d'amministrazione e di indirizzo generale della Federazione nazionale.
Per quanto concerne l'ambito di applicazione, le N.O.I.F., essendo fonte regolamentare di origine nazionale, si applicano a quei soggetti che sottostanno alla
96 X. XXXXXXX, op. cit., p. 99.
F.I.G.C., ossia i calciatori, le società, gli allenatori, i direttori sportivo, gli arbitri.
Un argomento in passato dibattuto circa l'ambito di applicazione delle N.O.I.F., si poneva relativamente all'ambito di applicazione soggettivo delle N.O.I.F.
Dal punto di vista contenutistico occorre evidenziare preliminarmente che le N.O.I.F. si compongono di due parti, ciascuno suddivisa in diversi titoli.
Per quanto riguarda la Parte Prima delle N.O.I.F., è doveroso segnalare in particolare il Titolo II avente ad oggetto le società (artt. 14-23), in particolare l'art. 14 delle
N.O.I.F. fissa la nozione di società rilevante ai fini delle N.O.I.F. e di ogni altra disposizione avente efficacia nell'ambito della F.I.G.C98. Rilevante ai fini della presente trattazione è anche il Titolo VI avente ad oggetto invece i calciatori (artt. 27-35). In particolare le N.O.I.F. a differenza della disciplina internazionale dettata dal R.S.T.P. trattata in precedenza, non si limita a definire i dilettanti in via residuale rispetto ai professionisti ma l'art. 29 N.O.I.F. definisce espressamente i “non professionisti” come: “gli atleti che, a seguito di un tesseramento, svolgono attività sportiva per società associate nella L.N.D. compresi quelli di sesso femminile, quelli che giocano il Calcio a Cinque e quelli che svolgono attività ricreativa”, mentre l'art.
28 N.O.I.F. qualifica invece come “professionisti” i calciatori che: “esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega Nazionale Professionisti o nella Lega Professionisti di Serie C” stabilendo poi che: “il rapporto di prestazione da professionista, con il conseguente
97 X. XXXXXXX, op. cit., p. 37.
98 In particolare l'art. 14 N.O.I.F. dispone che: “Ai fini delle presenti Norme Organizzative Interne con il termine società si indicano tutti gli enti a struttura associativa che, indipendentemente dalla forma giuridica adottata, svolgono l'attività sportiva del giuoco del calcio”.
tesseramento, si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto tra il calciatore e la società, di durata non superiore alle cinque stagioni sportive per i calciatori maggiorenni, e non superiore alle tre stagioni sportive per i calciatori minorenni, con le forme e le modalità previste dalle presenti norme e dagli accordi collettivi stipulati dalle Associazioni di categoria, nel rispetto delle disposizioni legislative in materia.” L'art. 31 N.O.I.F. individua poi una terza categoria di calciatori, cioè i “giovani”, essi vengono qualificati come coloro che: “abbiano anagraficamente compiuto l'ottavo anno e che al 1°Gennaio dell'anno in cui ha inizio la stagione sportiva non abbiano compito il 16°anno”.
Infine occorre richiamare l'attenzione sul Titolo VII della Parte Seconda delle N.O.I.F., che riguarda i rapporti tra società e calciatori (artt. 91-117), che verrà analizzato singolarmente nel paragrafo successivo, in considerazione dell'importanza che ricopre ai fini della presente trattazione.
2.1 Le Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. sui trasferimenti e le cessioni del contratto
Come accennato in precedenza, le vicende traslative del contratto sportivo calcistico trovano una specifica regolamentazione anche a livello nazionale all'interno delle
N.O.I.F. della F.I.G.C., più specificatamente all'interno del Titolo VII della Seconda Parte delle N.O.I.F., che si occupa dei rapporti fra società e i calciatori.
Innanzitutto gli artt. 91-92 N.O.I.F. stabiliscono quali sono i doveri di carattere non economico delle parti. In primo luogo, ai sensi dell'art. 91, le società hanno il dovere di assicurare ai propri tesserati lo svolgimento dell'attività sportiva con l'osservazione dei limiti e dei criteri previsti dalle norme federali per la categoria di appartenenza in
99 Ai sensi dell'art. 36 N.O.I.F.
conformità al tipo di rapporto instaurato con il contratto o con il tesseramento. In secondo luogo, l'art. 92 statuisce, invece che i tesserati sono tenuti all'osservanza delle disposizioni emanate dalla F.I.G.C. e dalle Leghe competenti nonché delle prescrizioni dettate dalla società di appartenenza.
In particolare l'art. 93 rubricato “Contratti tra società e tesserati” stabilisce che i contratti stipulati tra società ed i calciatori “professionisti” devono essere conformi al “contratto tipo” previsto dagli accordi collettivi con le Associazioni di categoria e redatti su appositi moduli forniti dalla Lega di competenza. Inoltre tale articolo precisa che per i professionisti, oltre ad uno stipendio fisso annuo lordo, possono altresì essere previsti sia premi collettivi, cioè per tutta la rosa della squadra per l'eventuale conseguimento di obbiettivi agonistici, sia premi individuali, eccetto i c.d. “premi partita”. Sono comunque vietati, in via generale tutti gli accordi che contrastino con norme federali o contrattuali ex art. 94 N.O.I.F100.
Di grande rilevanza è poi l'art. 95 delle N.O.I.F. rubricato “Norme generali sul trasferimento e le cessioni di contratto”, il quale prevede dei criteri generali relativi sia all'accordo di trasferimento sia alla cessione di contratto; entrambi devono essere:
• stipulati in forma scritta a pena di nullità, mediante l'utilizzazione di speciali moduli federali (la c.d. “lista di trasferimento” per i trasferimento tra società dilettantistiche o nel caso in cui un club professionistico sia la società cedente ed il club dilettantistico quella cessionaria; nelle altre ipotesi di trasferimenti e cessioni di contratto devono utilizzarsi i moduli predisposti appositamente dalle Leghe professionistiche);
• sottoscritti dai legali rappresentanti delle società e dal calciatore;
100 Ai sensi dell'art. N.O.I.F. sono vietati:
• gli accordi tra società e tesserati che prevedono compensi, premi ed indennità in contrasto con le norme regolamentari, con le pattuizioni contrattuali e con ogni altra disposizione federale;
• la corresponsione da parte della società a propri tesserati, a qualsiasi titolo, di compensi o premi o indennità superiori a quelli pattuiti nel contratto o eventuali sue modificazioni, purché ritualmente depositato in Lega e dalla stessa approvato.
101 È dovuto un equo indennizzo al calciatore il cui contratto, a seguito di cessione o nuova
Con riferimento alle cessioni di contratto, si prende in considerazione l'art. 102 delle
N.O.I.F. si stabilisce pertanto che la cessione del contratto di un calciatore, in pendenza di rapporto contrattuale, è consentita soltanto a condizione che il calciatore vi acconsenta per iscritto e secondo le modalità e nei periodi annualmente stabiliti dal Consiglio Federale della F.I.G.C.
L'articolo seguente, l'art. 103 delle N.O.I.F., disciplina la cessione temporanea del contratto con il calciatore professionista.
La normativa in questione prevede in via generale che la cessione temporanea ha durata massima pari ad una sola stagione sportiva, salvo la possibilità per le società contraenti di rinnovare la stessa per un'altra stagione sportiva e che le Leghe possono regolamentare il numero dei calciatori che ogni società può tesserare annualmente a titolo temporaneo, le modalità di impiego ed i limiti di età dei calciatori il cui contratto sia oggetto di cessione temporanea.
L'Art. 103 prevede anche, al comma 3, la possibilità di inserimento, negli accordi di cessione a titolo temporaneo del contratto, di clausole che contemplano premi di valorizzazione in favore della società cessionaria.
Inoltre si prevede espressamente la possibilità, per la società cessionaria di esercitare il diritto d'opzione, cioè la possibilità di trasformare la cessione a titolo temporaneo a titolo definitivo.
Tale diritto è validamente inserito nel contratto, se risulta espressamente dall'accordo di cessione temporanea, di cui deve essere indicato il corrispettivo convenuto, la scadenza del contratto ceduto non deve essere antecedente al termine della prima stagione successiva a quella in cui può essere esercitato il diritto d'opzione, la società cessionaria avente il diritto d'opzione deve stipulare con il calciatore un contratto della durata di almeno due anni.
Inoltre affinché il diritto d'opzione sia valido il calciatore deve dichiarare espressamente di accettare le conseguenze che possono derivare dall'esercizio o meno del diritto d'opzione da parte della società cessionaria102. Può essere altresì previsto, nello stesso accordo, un diritto di controopzione a favore della società
102 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 142.
cedente.
Infine è da rilevare il contenuto dell'art. 117 che si occupa della risoluzione contrattuali con i calciatori professionisti. In particolare, determina che la risoluzione del contratto con i calciatori professionisti causa la decadenza del tesseramento dal giorno in cui gli Organi della F.I.G.C. competenti ne prendono atto.
In caso di risoluzione del rapporto contrattuale, qualunque ne sia la ragione, il calciatore professionista ha la facoltà di accasarsi presso un'altra società solo nei periodi annualmente stabiliti dalla Federazione nazionale.
CAPITOLO IV
LE FONTI NORMATIVE NAZIONALI: LA LEGGE 23 MARZO 1981, n. 91 SUL PROFESSIONISMO SPORTIVO
1. Il c.d. “vincolo sportivo”: natura giuridica
Dopo aver analizzato le norme regolamentari nell'ambito nazionale ed internazionale, è doveroso soffermarsi sulle fonti normative vigenti in Italia in tema di professionismo sportivo.
Fonte normativa di fondamentale importanza in tema di professionismo sportivo è la Legge n.91 del 23 Marzo 1981 che ha disciplinato ex novo il rapporto di lavoro sportivo, rivoluzionando la disciplina previgente.
Prima di iniziare l'esame di tale specifica fonte normativa, occorre soffermarsi sulla disciplina previgente all'entrata della Legge 91/81.
In questa fase di totale assenza del Legislatore, un problema che si poneva era quello della distinzione tra atleti dilettanti e professionisti.
In particolare, veniva considerato dilettante chi praticava attività sportiva senza fini di lucro, cioè facendo dello sport un mezzo di svago e benessere, mentre era considerato professionista colui che faceva dello sport la sua principale attività al fine di conseguire un guadagno.
Quanto all'inquadramento sportivo, lo status di atleta sia professionista che dilettante era condizionato al tesseramento da parte di un sodalizio sportivo riconosciuto dal C.O.N.I., per effetto del quale veniva a crearsi tra le parti un vincolo del tutto
103 M. T. SPADAFORA, op. cit., p. 69.
peculiare.
Si tratta del c.d. “vincolo sportivo” che assoggettava gli atleti alle società di appartenenza, in forza del quale ad essi era imposto a tempo indeterminato di prestare la propria attività sportiva unicamente a favore delle società che lo avevano tesserato e che detenevano il suo cartellino.
In definitiva, le società sportive oltre a permettere,con il tesseramento, l'ingresso degli atleti nella comunità sportiva, li legavano a sé, occupandosi, in un primo momento della loro formazione atletica e successivamente creando un legame secondo il quale competeva esclusivamente alla società definire le sorti del rapporto stipulato con i propri atleti, che venivano a trovarsi privi di libertà contrattuale e di diritto di recesso.
In base a tale vincolo, le sorti dell'atleta erano affidate esclusivamente alla società che ne deteneva il cartellino, che poteva decidere, anche senza il consenso dell'interessato, la cessione dell'atleta ad un altra società, dietro il pagamento di un corrispettivo.
L'atleta quindi si trovava ad essere un oggetto passabile di compravendita da parte della società titolare del suo cartellino.
La presenza di tale vincolo veniva motivata dalla necessità delle società di assicurarsi la pianificazione delle competizioni potendo far affidamento su tutti gli atleti della stessa tesserati, ed anche dall'esigenza di conservare una certa stabilità nei rapporti di forza tra le società e nel bisogno di favorire la preparazione dei giovani senza avere la preoccupazione dei rischi economici derivanti alla libertà di scelta degli atleti di accasarsi ad un'altra società.
Infatti sia la dottrina che la giurisprudenza si sono frequentemente confrontate riguardo alla qualificazione giuridica del rapporto che veniva a crearsi tra le società sportive e gli atleti professionisti e sull'accezione che poteva assumere il “vincolo sportivo”, senza però giungere ad una risposta univoca.
La Corte di Cassazione è stata per lungo tempo incerta tra il riconoscimento della
104 Occorre sottolineare come tale vincolo permane tutt'ora negli sport dilettantistici.
natura autonoma del contratto di lavoro sportivo105 e l'attribuzione della natura subordinata a tale rapporto, sottratto, tuttavia, alla regolamentazione del codice civile, per essere lo sport professionistico caratterizzato da elementi peculiari rispetto al rapporto di lavoro ordinario106.
Per risolvere in modo definitivo tale problematica, la Corte di Cassazione è intervenuta nel 1971107, a Sezioni Unite, sottolineando la natura subordinata del rapporto di lavoro sportivo, nonostante la presenza di caratteristiche sue proprie, però non in grado di modificarne la natura giuridica.
Anche la dottrina ha tenuto su tale tema posizioni discordanti.
In particolare, alcuni autori qualificavano il rapporto in questione come autonomo, eventualmente inquadrabile ai sensi dell'art. 2222 c.c.109 nell'ambito delle collaborazioni coordinate e continuative, in ragione della mancanza dei requisiti idonei ad inquadrare l'attività lavorativa sportiva come subordinata110. In questa concezione il vincolo sportivo veniva ricondotto al generale divieto di recesso unilaterale da parte del lavoratore, e da qui, la sua illegittimità per contrasto con l'art. 2118 c.c. e con l'art. 4 della Costituzione che si fa garante della libertà di scelta dell'attività lavorativa.
Questo orientamento è stato oggetto di critiche per la profonda diversità che intercorre tra il recesso unilaterale e la facoltà di stipulare un altro contratto di lavoro nello stesso ramo di attività, dal momento che sarebbe solo quest'ultima facoltà ad
105 Così Cass., 4 Luglio 1953, n. 2085, in Xxxx.xx, 1961.
106 Così Cass., 2 Aprile 1963, n. 811, in Riv. Dir. Sport, 1963, p. 100.
107 Cass. S.U., 26 Gennaio 1971, n. 174. 108 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 123.
109 Nello specifico, l'art. 2222 c.c. è applicabile: “quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.
110 M. T. SPADAFORA, op. cit., p. 75.
Altri autori invece evidenziavano la sua atipicità, rapportandolo alla fattispecie del contratto innominato112, altri ancora optavano per un assorbimento del rapporto in esame nel rapporto di natura associativa113, all'interno del quale lo scopo comune dei contraenti si realizzava con lo svolgimento dell'attività sportiva.
Secondo questa opinione l'atleta veniva configurato come un membro della società sportiva in forza di un rapporto associativo in cui si sarebbe inserito un rapporto economico di scambio, la cui causa comunque rimaneva assimilata dall'agonismo e dal fine comune della vittoria nella prestazione sportiva. Anche il vincolo, come conseguenza del tesseramento e quindi connesso al rapporto tra atleta e federazione di appartenenza, sarebbe stato avulso al rapporto di lavoro tra società e professionista sportivo.
C'era chi114 infine considerava il vincolo sportivo come un diritto reale su un bene immateriale, facendo derivare dallo stesso il diritto dell'ente di disporre della prestazione sportiva alla stregua di un diritto reale.
Difatti però la subordinazione non sembrava adeguarsi al rapporto di lavoro sportivo, in quanto da un lato per la libertà di invenzione che caratterizza le condotte dei protagonisti delle partite, e dall'altro, perché, nel rapporto dell'atleta professionista si scorgevano legami non solo funzionali al migliore adempimento della prestazione, ma anche incidenti nella sfera della vita personale e familiare, con ampiezza ed intensità non consuete nelle normali obbligazioni di lavoro (si pensi ai ritiri degli atleti in attesa di gare e all'obbligo di condurre un regime di vita ordinato).
Nonostante ciò, la dottrina dominante era propensa a ricondurre tale rapporto
111 X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXX, Diritto Sportivo, 1998, p. 75.
112 In particolare X. XXXXXXXXXX, in Il rapporto tra il giocatore e la società sportiva, in Riv. Dir. Sport, 1960, p. 339, sottolineava come la presenza di alcuni elementi, estranei al rapporto di lavoro ordinario, come ad esempio il premio di ingaggio, la possibilità del prestito o della comproprietà del calciatore, lo facevano propendere a favore dell'atipicità del contratto di prestazione sportiva.
113 In particolare X. XXXXXX, in La Corte delle Comunità Europee e i calciatori professionisti, in Giur. it., 1977. p. 1411, evidenzia la compresenza di un vincolo associativo e di un rapporto di lavoro, configurando il vincolo sportivo come rinuncia della società cedente al diritto di utilizzare a proprio vantaggio le energie lavorative dello sportivo.
114 In particolare, X. XXXXXX, in Struttura giuridica del rapporto di associazione calcistica e i propri giocatori, Xxx Xxxx. Lav, 1952, p. 208.
nell'ambito della subordinazione per il fatto che, con il contratto di lavoro stipulato con la società sportiva, l'atleta si poneva all'altrui servizio in cambio di una remunerazione, che veniva a configurarsi, in questo contesto, come controprestazione dell'attività svolta dall'atleta, diretta a retribuire l'energia prestata dal lavoratore nella struttura sinallagmatica del contratto.
2. Il rapporto di lavoro sportivo prima dell'introduzione della Legge n. 91/81
Prima dell'emanazione della disciplina specifica dettata per il rapporto di lavoro sportivo regolata dalla Legge 23 Marzo 1981, n. 91, sia dottrina che giurisprudenza, come ho avuto modo di analizzare in precedenza, assumevano diversi orientamenti non univoci circa la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro sportivo, con una netta propensione, per la natura di tale rapporto come di lavoro subordinato con carattere di specialità.
Accanto a queste posizioni, sorsero alcuni interventi della Magistratura che, in contrasto con la giurisprudenza consolidata dell'epoca, sancirono che il contratto di trasferimento di un calciatore da una società ad un'altra dietro al pagamento di somme di denaro a titolo di “indennizzo”, violava la disciplina sul collocamento prevista dalla Legge 24 Aprile, n. 264, che vietava espressamente la mediazione privata nella stipulazione del contratto di lavoro subordinato.
115 M. T. SPADAFORA, op. cit., p. 77.
116 X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXX, op. cit., p. 62 ss.
La convinzione che mosse il magistrato fu basata sul presupposto che, dovendosi riconoscere natura subordinata al rapporto tra società sportiva ed atleta, conseguentemente doveva applicarsi anche la disciplina sul collocamento e sul divieto di intermediazione privata nella fase di stipula del contratto di lavoro.
A seguito delle indagini il Pretore dichiarò definitivamente chiuso il “calciomercato” e nulli tutti i contratti stipulati fino a quel momento.
Il Governo successivamente presentò un disegno di legge, seguendo l'impostazione dettata dal D.L. n. 367/1978, che prevedeva la natura autonoma della prestazione dello sportivo professionista, da svolgere mediante collaborazione coordinata e continuativa tra le parti, nonché l'abolizione graduale del vincolo sportivo.
Tale disegno di legge, dopo essere stato approvato in Senato, fu rivoluzionato dalla Camera dei Deputati che, nel timore che la qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo avrebbe assoggettato l'atleta alle condizioni contrattuali stabilite dalla parte più forte del rapporto, qualificò esplicitamente il contratto di lavoro sportivo come di lavoro subordinato, con suoi connotati particolari, ma pur sempre caratterizzato dall'elemento di dipendenza degli atleti dalle società di appartenenza118. Da tale testo elaborato dalla Camera dei Deputati e dall'esigenza di arginare
117 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 126.
118 M. T. SPADAFORA, op. cit., p. 78.
tempestivamente a livello normativo gli effetti provocati dall'ingerenza della Magistratura nel mondo del calcio nacque la Legge 23 Marzo 1981, n. 91 che detta ancora oggi le norme regolatrici del professionismo sportivo.
3. Contenuto e finalità della Legge n. 91/81
Come si è avuto ampiamente modo di intendere, la Legge n. 91/81 viene a configurarsi come la normativa risolutrice dei problemi dottrinali e giurisprudenziali in merito alla qualificazione del rapporto di lavoro sportivo e ha il merito di avere dato stabilità definitiva a tale rapporto, regolandolo per la prima volta in modo esplicito. Infatti a tale norma va ascritto il merito di aver inquadrato il rapporto tra società sportiva ed atleta professionista come contratto di lavoro subordinato, superando il regime dei “cartellini a vita” ed agevolando il regime dei trasferimenti rispetto alla fase antecedente.
Questa norma, innanzitutto, stabilisce all'art.1 che: “l'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero”.
Con tale assunto il Legislatore ha sentito l'esigenza di tutelare la posizione di coloro i quali desiderano svolgere attività agonistiche al di fuori dell'ordinamento sportivo. Tale articolo però finisce per avere poco valore precettivo, in quanto la libertà normativamente riconosciuta subisce un significativo ridimensionamento di fronte al monopolio di fatto instaurato dalle Federazioni in relazione ai singoli settori sportivi ed al cospetto della circostanza che, solo l'attività qualificata come sportiva e professionistica, secondo la disciplina emanata nell'ambito del C.O.N.I., viene tutelata dalla L. n. 91/81.
In conseguenza di ciò la libertà formale delle società di esercitare la propria attività in un ambito diverso rispetto all'ordinamento sportivo conduce in realtà ad assenza di libertà sostanziale, a causa della mancanza di idonei ambienti operativi esterni.
Di particolare importanza è il successivo art. 2 rubricato “Professionismo sportivo” con il quale il Legislatore ha delimitato l'ambito di applicazione soggettivo della norma.
Tale articolo infatti individua gli sportivi professionisti come i destinatari della normativa, qualificando come tali “gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni Sportive Nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con osservanza delle direttive stabilite dal
C.O.N.I. per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica”.
Da tale definizione si può dedurre che per la qualificazione di sportivo professionista occorrano 3 requisiti:
• il carattere di continuità dell'attività sportiva;
• la sua onerosità;
• l'intervento qualificativo compiuto dalla Federazione competente, in base alle direttive del C.O.N.I.
È opportuno, a questo proposito, provare a risolvere un problema ampiamente dibattuto in dottrina, cioè se le figure professionali previste dall'art. 2 sono indicate tassativamente o se la disciplina introdotta debba intendersi estensibile ad altre figure di tecnici eventualmente previste o prevedibili dagli ordinamenti federali, come ad esempio i massaggiatori sportivi o i medici sportivi.
Secondo l'orientamento prevalente119 l'elencazione è da ritenersi tassativa, nei limiti però con cui le relative nozioni trovino un riscontro sostanziale negli statuti e nei regolamenti federali delle Federazioni, così da restare escluse altre eventuali figure di lavoratori ai quali, in ogni caso, devono ritenersi applicabili i principi generali di
119 Sul punto, Cass., 11 Aprile 2008, n. 9551 relativa al caso di un massaggiatore di una squadra di calcio professionista, secondo la quale “per avere il Legislatore adoperato non espressioni generiche, tali da permettere una classificazione dell'art. 2 in termini di norma aperta. Per di più assume incisivo rilievo a sostegno di quanto detto ora la considerazione che una legge speciale, quale quella in esame, che contiene sotto molti versanti numerose e vistose deroghe, sovente in senso peggiorativo, rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro subordinato, non può estendersi per analogia ai lavoratori non espressamente contemplati nel dettato normativo, e non può, neanche, accreditare un'interpretazione estensiva volta ad includere tra i tecnici, singolarmente indicati nel già citato art. 2 anche figure, quali il medico sociale e il massaggiatore sportivo, che hanno professionalità significativamente diverse da quelle indicate nella menzionata norma. Ciò comporta l'assoggettamento del rapporto lavorativo del massaggiatore al plesso normativo regolante i generali rapporti di lavoro subordinato”.
Tuttavia desta qualche perplessità l'inserimento della figura dei direttori tecnico- sportivi.
Questa disposizione, presumibilmente, allude a quei soggetti che, alternativamente o congiuntamente con gli allenatori, partecipano alla conduzione tecnica delle squadre, con l'esclusione dei direttori sportivi aventi funzioni manageriali, rispetto ai quali la qualificazione del rapporto è attribuita all'ordinamento giuridico generale.
L'art. 3 della L. n. 91/1981 si occupa della natura del rapporto di lavoro sportivo, sancendo che “la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella presente legge”.
Per quanto riguarda l'ambito di applicazione, secondo la dottrina121 e la giurisprudenza122 prevalenti l'art. 3 si riferisce solo agli atleti e non alle figure di sportivi professionisti elencati dall'art. 2 della stessa normativa, ovvero gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, per i quali la natura della prestazione deve essere accertata secondo i criteri ordinari del diritto del lavoro.
Ne deriva che l'attività sportiva resa dall'atleta professionista, in maniera onerosa e, occorre aggiungere, in favore di una società di capitali, sarà automaticamente considerata di natura subordinata123 con applicazione delle norme della Legge n.
120 È da richiamare, per quanto concerne l'arbitro di calcio, Cass., 12 Maggio 2009, n. 10867, a mente del quale non può essere applicata a tale soggetto la normativa sul lavoro subordinato, né più in generale, la L. n. 91/1981, in ragione del rapporto associativo che viene a crearsi, in quanto l'arbitro è tesserato con la F.I.G.C. E quindi parte dell'A.I.A.
121 In dottrina, X. XXXXX, il caso Xxxxxxxx/Lazio: il recesso per giusta causa dal contratto con l'allenatore di calcio di Serie A, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, n. 3/2013, p. 63 ss., per il quale “anche con riguardo alla prestazione professionale dell'allenatore di una squadra partecipante al campionato di calcio di Serie A, sarà necessario, in caso di controversia, preliminarmente accertare il suo concreto assoggettamento al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro nonché il suo inserimento, in modo stabile ed esclusivo, nell'organizzazione aziendale”.
122 Xxxx., sez. lav., 1 Agosto 2011, n. 16849, che evidenzia come la “L. n. 91 del 1981 detta regole per la qualificazione del rapporto di lavoro dell'atleta professionista, stabilendo specificamente all'art. 3 i presupposti della fattispecie in cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato; per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell'art. 2 (allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici) la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve essere accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro (Cass., 28 Dicembre 1996, n. 11540)”, così avvalorando la configurazione di una prestazione di lavoro subordinato alle dipendenze di una associazione dilettantistica.
123 Ex. art. 2094 c.c., rubricato “prestatore di lavoro subordinato”, afferma che: “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il
91/1981, dato che la costituzione in tale forma costituisce il requisito soggettivo richiesto al datore di lavoro di uno sportivo professionista. Invece, per gli altri sportivi professionisti, la ricorrenza del medesimo requisito non varrà a trarre le stesse conclusioni in ordine alla natura del rapporto, dovendosi in concreto accertare la ricorrenza della subordinazione (facendo applicazione dei criteri elaborati a tal fine dalla dottrina e dalla giurisprudenza) posto che l'onerosità, così come la continuità della prestazione che caratterizzano il professionismo sportivo ai sensi dell'art. 2 della legge in esame, ben potrebbero conciliarsi con un'ipotesi di lavoro autonomo124 ex art. 2222 c.c125.
La legge, tuttavia, non esclude che l'attività dell'atleta professionista possa rivestire i caratteri della prestazione di lavoro autonomo, infatti il comma 2 di detto articolo, specifica che la prestazione può anche essere oggetto di un contratto di lavoro autonomo se si verte in una delle seguenti situazioni:
a) l'attività è svolta nel quadro di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
b) l'atleta non è contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento;
c) la prestazione, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.
Relativamente a questo comma si possono trarre altre conclusioni.
In particolare, il Legislatore ha voluto far dipendere l'acquisto della qualifica di sportivo professionista alla sussistenza di requisiti sia soggettivi che oggettivi.
In ordine ai requisiti soggettivi, il Legislatore ha conferito un particolare potere alle
proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”.
124 M. T. SPADAFORA, op cit., p. 87-88.
125 Nello specifico, l'art. 2222 afferma che “quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”.
Federazioni in materia di qualificazione dei lavoratori sportivi professionisti, poiché sono considerati tali solo gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, tesserati presso società che svolgono attività sportive professionistiche rappresentate da Federazioni Sportive Nazionali facenti parte del C.O.N.I.
Invece, per quanto riguarda i requisiti oggettivi, il Legislatore ha subordinato l'identificazione della prestazione, oggetto del contratto di lavoro sportivo, alla ricorrenza dei caratteri dell'onerosità e della continuità, salvo l'eccezione prevista per l'ipotesi di prestazione sportiva, avente natura di lavoro autonomo, svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva, ovvero di più manifestazioni tra loro collegate in un breve lasso di tempo ex art. 3, comma 2, lett. a126.
Per quanto riguarda poi i requisiti formati del contratto di lavoro fra sportivo professionista e società sportiva si deve prendere come riferimento l'art. 4 della Legge in esame.
Infatti tale disposizione, in primo luogo, impone la forma scritta ad substantiam del contratto per la costituzione del rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso, secondo il contratto tipo predisposto conformemente all'accordo stipulato dalla Federazione Sportiva Nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
L' art. 4 impone inoltre, al comma 2, l'approvazione da parte della Federazione del contratto stesso che la società datrice di lavoro è tenuta a depositare presso gli organi federali, onere al quale può peraltro provvedere direttamente il prestatore.
126 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 119.
127 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 100.
128 Sulla controversa questione relativa alla forma scritta del contratto di lavoro sportivo
Sempre l'art. 4 prescrive anche che le clausole peggiorative vengano sostituite di diritti da quelle previste del contratto tipo.
Tale sistema di sostituzione delle pattuizioni individuali contenenti deroghe in pejus richiama il meccanismo generale previsto da art. 2077 c.c., secondo il quale le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro.
Si prevede, poi, che non possano essere inserite nel contratto clausole di non concorrenza o comunque limitative della libertà professionale per il periodo successivo alla risoluzione del contratto, né quest'ultimo può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni129. Oltre a ciò, si deve aggiungere che all'atleta viene imposto l'obbligo di osservare le istruzioni tecniche, ed anche quelle necessarie per il conseguimento degli scopi agonistici130.
Di significativa importanza è la previsione disposta dal comma 8 del presente articolo, a mente del quale non si possono applicare al contratto di lavoro sportivo subordinato la disciplina dei licenziamenti individuali ed alcune disposizioni della Legge 15 Luglio 1966 e dello Statuto dei Lavoratori, ritenute incompatibili con il particolare tipo di lavoro131 (come ad esempio le norme sul collocamento, quelle sul divieto di impianti audiovisivi).
professionistico, è utile richiamare una sentenza della giurisprudenza di merito (Cass. Civ., sez. III, 23 Febbraio 2004, n. 3545) secondo la quale “le violazioni di norme dell'ordinamento sportivo non possono non riflettersi sulla validità di un accordo concluso tra soggetti assoggettati alle regole del detto ordinamento anche per l'ordinamento dello Stato, atteso che non può ritenersi idoneo, sotto il profilo della meritevolezza della tutela dell'interesse perseguito dai contraenti, un contratto posto in essere in frode alle regole dell'ordinamento sportivo, e senza l'osservanza delle prescrizioni formali all'uopo richieste e, come tale, inidoneo ad attuare la sua funzione proprio in quell'ordinamento sportivo nel quale detta funzione deve esplicarsi. Ne deriva che ai sensi dell'art. 4 della L. n. 91/1981, che disciplina la costituzione del rapporto di lavoro subordinato sportivo in modo “specifico”, ogni patto aggiunto integrativo (informale) di quello principale (formalizzato) deve ritenersi nullo. Il modello federale è infatti prescritto per permettere il controllo della Federazione sull'operato della società e di giudicare la convenienza e congruità dei bilanci”.
129 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 102.
130 Prescrizioni riconducibili ai rispettivi doveri di diligenza (ex. art. 2104 comma 1 c.c.), di obbedienza (ex. art. 2104 comma 2 c.c.) e fedeltà (ex. art. 2105 c.c.).
Secondo un opinione dottrinale diffusa, l'elenco delle norme inapplicabili al contratto di lavoro sportivo non è tassativo e può essere integrato in base ad un giudizio di incompatibilità, che, ove non vi provvedano le parti collettive sarà compito del giudice pronunciare.
Un altro articolo rilevante della Legge in esame è l'art. 5 il quale prevede espressamente che il contratto può avere una durata determinata non superiore a cinque anni, tuttavia rinnovabile.
In tale articolo, il Legislatore ha voluto ricollegarsi alla figura della cessione del contratto, disciplinata dall'art. 1406 ss. c.c. per la quale: “Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da prestazioni corrispettive, se queste non sono ancora eseguite, purchè l'altra parte vi consenta”.
Il Legislatore, attraverso la previsione di questo articolo, ha voluto salvaguardare entrambe le parti del rapporto di lavoro sportivo.
Infatti l'art. 5 concorre, in combinato con gli artt. 1 (libertà di recesso unilaterale) e
16 (graduale eliminazione del vincolo sportivo entro cinque anni dall'entrata in vigore della Legge n. 91/1981), all'abolizione del vincolo sportivo negli sport professionistici, dando la possibilità all'atleta, alla scadenza del suo contratto con la società di appartenenza, di stipulare un nuovo contratto di lavoro con una diversa società. Allo stesso tempo, la previsione di un termine soddisfa le esigenze di programmazione della società, perché consente di preventivare l'affidamento l'affidamento sulle prestazioni dell'atleta.
L'unico limite invece ancora previsto, relativo alla libertà contrattuale dell'atleta, è contenuto nell'art. 6 comma 3 il quale attribuisce alla società sportiva che si è occupata dell'istruzione tecnica dell'atleta, grazie al tesseramento dilettantistico, il diritto alla stipulazione del primo contratto da professionista.
In merito, invece, ai primi due commi dell'art. 6, essi disciplinavano la possibilità, in caso di trasferimento dell'atleta professionista, del pagamento di un'indennità di
132 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 132.
preparazione e promozione da parte della società acquirente, quantificabile secondo parametri fissati dalle Federazioni stesse.
In caso di primo contratto professionistico, l'indennità era dovuta anche alle società sportive per cui il giocatore aveva esercitato l'attività dilettantistica.
Tuttavia i primi 2 commi dell'art 6, a seguito della sentenza Xxxxxx, sono stati aboliti dalla Legge n. 586/1996 che li ha sostituiti, eliminando ogni riferimento all'indennità di preparazione dei trasferimenti dei calciatori professionisti in scadenza di contratto.
La nuova normativa prevista dell'art. 6 rubricato “Premio di addestramento e formazione tecnica” prevede solo un caso in cui il premio può ancora sussistere. Nello specifico tale articolo dispone che nel caso di primo contratto professionistico dell'atleta si deve concedere un indennizzo di addestramento e formazione tecnica in favore della società o associazione sportiva presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.
Tale disposto ha introdotto un'indennità che ha la finalità di compensare la privazione di quello che era il valore economico rappresentato dal vincolo sportivo per le società, abolito, come detto in precedenza, con la stessa Legge n. 91/1981.
Proseguendo nella disamina delle disposizioni più importanti previste nella Legge n. 91/1981, si devono prendere in considerazione gli artt. 7, 8 e 9. Con essi il Legislatore ha inteso tutelare la figura dello sportivo professionista, assicurandogli la tutela dal punto di vista sanitario, assicurativo e previdenziale.
Di rilievo sono anche le successive disposizioni, gli artt. 10, 11 e 12 che prevedono una serie di requisiti che le società sportive devono possedere per poter essere abilitate a stipulare contratti di lavoro con atleti professionisti:
• costituzione nella forma di società per azioni o a responsabilità limitata;
• presenza del collegio sindacale;
• oggetto esclusivo consistente nello svolgimento di attività sportive e di attività connesse e strumentali;
• destinazione di una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva;
• affiliazione ad una Federazione Sportiva Nazionale riconosciuta dal C.O.N.I.;
• deposito dell'atto costitutivo presso la Federazione alla quale la società sportiva è affiliata;
• soggezione ai controlli di verifica dell'equilibrio finanziario.
Il capo III della legge, nel suo unico art. 15, disciplina i profili tributari della retribuzione percepita a fronte delle prestazioni sportive oggetto del contratto di lavoro sportivo.
In conclusione, il capo IV, rubricato “Disposizioni transitorie e finali” il quale rappresenta una scelta giudiziosa da parte del Legislatore, il quale prevedendo le probabili difficoltà che uno stravolgimento come quello posto in essere dalla Legge
n. 91/1981 avrebbe provocato a tutte le società sportive ed, in generale, a tutti gli sportivi professionisti, ha introdotto queste disposizioni finali che sono funzionali ad un progressivo rispetto della Legge n. 91/1981 stessa.
In particolare si deve far riferimento al già citato art. 16 il quale ha portato all'abolizione del vincolo sportivo. Grazie a questo articolo infatti si è passati da un sistema di vincolo ad un sistema di abolizione del vincolo e di previsione di un rapporto contrattuale a tempo determinato.
CAPITOLO V
IL CONTRATTO CALCISTICO PROFESSIONISTICO ALLA LUCE DELLA L. n. 91/1981
1. La costituzione del rapporto di lavoro sportivo
Dopo aver esaminato dapprima le fonti regolamentari in ambito nazionale ed internazionale e successivamente le fonti normative nazionali, facendo particolare riferimento alla Legge n. 91/1981, occorre a questo punto entrare più nello specifico dell'oggetto di questa trattazione, andando ad analizzare il contratto di lavoro sportivo, ed in particolar modo il contratto calcistico professionistico, cioè quel contratto che sorge tra il calciatore professionista e la società calcistica, che si configura come un passaggio fondamentale per lo sviluppo di questo elaborato.
In primo luogo è doveroso considerare il momento della costituzione del rapporto di lavoro sportivo (comprensivo anche del rapporto di lavoro sportivo in ambito calcistico), prendendo come riferimento normativo, naturalmente, la L. n. 91/1981, esaminata nello specifico in precedenza.
In particolare l'art. 4 della L. n. 91/1981, al comma 1, dispone che: “il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, fra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto conformemente all'accordo stipulato ogni tre anni, dalla Federazione Sportiva Nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate”.
Da tale disposto si può dedurre che la costituzione del rapporto avviene mediante assunzione diretta, con esclusione dell'applicabilità degli artt. 33 e 34, Legge 20 Maggio 1970, n. 300 (Statuto dei Lavoratori) sul collocamento.
Quando è stata emanata, tale disposizione costituiva una vistosa deroga al principio di carattere generale secondo il quale il mercato del lavoro, e cioè l'incontro tra la