COMMISSARIO DI GOVERNO
COMMISSARIO DI GOVERNO
EX LEGGE 116/2014
REGIONE TOSCANA
DIREZIONE DIFESA DEL SUOLO E PROTEZIONE CIVILE SETTORE GENIO CIVILE VALDARNO SUPERIORE
CASSE DI ESPANSIONE DI FIGLINE LOTTO PRULLI
ACCORDO DI PROGRAMMA D.M. N. 550 DEL 25/11/2015
PROGETTO DEFINITIVO
DIRIGENTE RESPONSABILE DEL CONTRATTO
Xxx. Xxxxxxx XXXXXXXX
UFFICIO DI PROGETTAZIONE
RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO
Ing. Xxxx XX XXXXX
CODICE PROGETTO
PROGETTO FI D 1007
PIANO DI GESTIONE DELLA VEGETAZIONE RIPARIALE
OGGETTO ELABORATO
P | D | _ | Q | _ | P | R | _ | 1 | 1 | _ | _ | R | _ | X | 0 | 0 | X | X | X |
X | X | _ | Q | _ | P | R | _ | 1 | 1 | _ | _ | R | _ | R | 0 | 0 |
FILE ELAB.
emissione | revisione | scala | data |
R00 | --- | LUGLIO 2018 | |
Firenze - Via San Gallo, 34/A - 50129 - Tel. 055/0000000
PROGETTISTI
Xxx. Xxxxxxxxx XXXXXXXX Xxx. Xxxxxxx XXXXX
Xxx. Xxxxx XXXXXXXX Xxx. Xxxxxx XXXXXXXX
Ing. Xxxxx-Xxxxxx XXXXXXXXXXX Geol. Xxxxxx XXXXXXXXX Geol. Xxxxxxxxx XXXXXXX
COLLABORATORI ALLA PROGETTAZIONE
Geol. Xxxxxx XXXXXX Geom. Xxxxxxx XXXXXXX Geom. Xxxxxxxx XX XXXXX Xxxx. Xxxxx XXXXX
Xxx. Xxxxxxxx XXXXXXX
ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI
Dott.ssa Xxxxxxx Xxxxx XXXXXXXXX Dott.ssa Xxxxx X'XXXXXX Xxxx.ssa Xxxxxxxxx Xxxxxx
CONSULENZA AMBIENTALE
ambiente territorio paesaggio
COORDINATORE PER LA SICUREZZA Dott. Agr. Xxxxxx XXXXXXXXX
IN FASE DI PROGETTAZIONE
Geom. Xxxxxxxxx XXXXXXXX
Dott. Agr. Xxxxx XXXXX Xxx. Xxxxxxxx XXXXXXX
Xxx. Xxxxxx XXXXXXXXX - Tecnocreo SrL
INDICE
2
3
3 Obiettivi e finalità del piano di gestione della vegetazione ripariale
4
4 Caratteristiche, dinamiche e funzioni della vegetazione ripariale
6
4.1 La regolazione del corso d’acqua 6
4.2 Il controllo dell’erosione 7
4.4 La vegetazione ripariale alla base della catena trofica 10
4.5 Conservazione di habitat e specie 11
4.6 Specie vegetali alloctone invasive 13
4.7 La creazione di una rete ecologica 14
4.8 Valore paesaggistico e funzione turistico-ricreativa 15
5 Linee guida per la gestione della vegetazione ripariale
17
5.1 Ambito d’intervento e individuazione delle esigenze gestionali 17
5.3 Criteri d’intervento e modalità gestionali 23
5.3.3 Programmazione degli interventi 27
29
1 PREMESSA
Nell’ambito del procedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A. (ai sensi art. 19 del Dlgs 152/2006 e art. 48 della LR 10/2010 e s.m.i.) del progetto preliminare per la realizzazione della cassa di espansione denominata “Prulli” sul Fiume Arno ricadente tra i Comuni di Reggello e Figline e Incisa Valdarno (FI), la Regione Toscana – Settore Valutazione d’Impatto Ambientale, mediante D.D. 15323/2017, ha escluso il progetto dal procedimento di valutazione di impatto ambientale a condizione che, in fase di progettazione definitiva delle opere, venissero recepite alcune prescrizioni al fine di mitigare e/o monitorare gli impatti ed incrementare la sostenibilità complessiva dell’intervento.
In particolare, il presente documento viene redatto in ottemperanza al punto 1.5 del suddetto Decreto Dirigenziale, laddove si rileva che per quanto riguarda gli aspetti legati alla pianificazione di Bacino del distretto idrografico dell'Appennino Settentrionale, in relazione al Piano di Gestione delle Acque (PdG), il proponente deve […] predisporre, come misura di mitigazione in considerazione della presenza della pressione sulla vegetazione, uno specifico piano di manutenzione, che possa valorizzare la vocazione, il ruolo e la funzionalità dell’area in esame.
Il tema della gestione della vegetazione ripariale s’inserisce all’interno di un ambito d’intervento più ampio finalizzato al raggiungimento del “buono stato ecologico” dei corsi d’acqua ai sensi della Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) che richiede un approccio integrato tra fattori idraulici, geomorfologici, ambientali e naturalistici allo scopo d’individuare politiche di sistema in grado di definire azioni sempre più mirate ed efficaci. Il corretto svolgimento di questo insieme complesso di funzioni costituisce requisito fondamentale perché i corsi d’acqua possano divenire generatori di servizi ecosistemici nello svolgimento dei quali, appunto, la vegetazione ripariale riveste un ruolo centrale.
Il presente documento d’indirizzo per la gestione della vegetazione ripariale, pertanto, è redatto allo scopo di definire linee guida tecnico-operative e buone pratiche per una gestione integrata e coordinata della vegetazione in alveo al fine di garantire la sicurezza idraulica e contemporaneamente migliorare lo stato ecologico complessivo del Fiume Arno nel tratto interessato dalla realizzazione della cassa di espansione denominata “Prulli”.
2 LA DIRETTIVA ACQUE
Il quadro di riferimento normativo a livello europeo per la protezione delle acque e dei corsi d’acqua è rappresentato dalla Direttiva 2000/60/CE (c.d. Direttiva Acque) recepita in Italia dal D.lgs. 152/2006 s.m.i.
La Direttiva si pone i seguenti obiettivi:
• impedire il deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico;
• agevolare un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
• proteggere e migliorare l’ambiente acquatico anche attraverso misure specifiche per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite di sostanze prioritarie e delle sostanze pericolose prioritarie;
• mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità.
In particolare, la Direttiva introduce un nuovo approccio al tema della qualità delle acque fissando per i corpi idrici obiettivi ambientali incentrati non solo sullo stato chimico-fisico delle acque ma anche sullo “stato ecologico” dell’ecosistema fluviale, inteso come stato di salute dei suoi elementi biologici. La valutazione dello stato ecologico di un corso d’acqua, pertanto, viene espressa attraverso una sintesi dello stato qualitativo dei suoi parametri idromorfologici, chimico-fisici e biologici.
La Direttiva individua nel Piano di Gestione delle Acque (PdG) il principale strumento programmatico per la tutela quali-quantitativa delle acque superficiali, prevedendo al suo interno politiche di protezione e gestione sostenibile.
Il presente piano di manutenzione della vegetazione ripariale, pertanto, è richiesto con particolare riferimento alle misure operative e gestionali previste dal vigente PdG (DPCM 27/10/2016 s.m.i.) e contiene criteri e buone pratiche per la realizzazione di interventi integrati finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla tutela e riqualificazione degli ecosistemi e all’incremento della biodiversità.
3 OBIETTIVI E FINALITÀ DEL PIANO DI GESTIONE DELLA VEGETAZIONE RIPARIALE
L’approccio integrato nella gestione delle aree fluviali vede un rinnovato interesse per la vegetazione ripariale, alla quale viene attribuito un ruolo primario nell’ecologia e nella conservazione anche in termini idrogeologici degli ambienti golenali. Da un punto di vista ecologico, infatti, la vegetazione ripariale deve essere considerata parte integrante degli ecosistemi fluviali (ARPAT, 2006).
Il presente piano, in linea con le principali finalità della Direttiva Acque (2000/60/CE), intende quindi contribuire al raggiungimento di un buono stato ecologico del Fiume Arno nel tratto interessato dalla realizzazione della cassa di espansione denominata “Prulli” (tra i Comuni di Reggello e Incisa Valdarno, FI) mediante l’individuazione di linee guida e buone pratiche per la gestione della vegetazione ripariale in fase di esercizio.
Più nel dettaglio, secondo la nuova concezione di “stato ecologico” dei corpi idrici introdotta dalla Direttiva Acque, i principali risultati attesi dalla gestione integrata e programmata della vegetazione ripariale risiedono nel mantenimento della multifunzionalità dell’ecosistema fluviale, requisito necessario perché il corso d’acqua sia capace di svolgere un’ampia rosa di servizi ecosistemici. Si riporta di seguito una sintesi dei principali servizi ecosistemici potenzialmente forniti dai corsi d’acqua in relazione al ruolo che riveste la vegetazione ripariale per ciascuna funzione individuata.
Servizi ecosistemici | Ruolo della vegetazione ripariale |
Regolazione degli eventi di piena | La laminazione delle piene avviene attraverso l’espansione delle acque in aree inondabili in cui la vegetazione aumenta la scabrezza e, quindi, i livelli idrometrici e la capacità di invaso |
Controllo dell’erosione | Gli apparati radicali svolgono una forte azione stabilizzante rispetto ai fenomeni gravitativi e alle sollecitazioni idrodinamiche |
Produzione e trasporto di sedimenti | La vegetazione spondale rallenta l’erosione e il materiale legnoso morto in alveo favorisce il temporaneo accumulo di sedimenti in alveo, regolando i flussi di sedimenti e rendendo più stabile l’assetto morfologico dell’alveo |
Contributo alla catena trofica | La vegetazione ripariale e il materiale legnoso in |
Servizi ecosistemici | Ruolo della vegetazione ripariale |
alveo hanno un ruolo fondamentale nel sostenere gli organismi acquatici | |
Contributo alla regolazione del clima | La presenza di superfici boscate ha benefici effetti regolatori sul microclima |
Regolazione della disponibilità di acqua | La vegetazione in aree inondabili favorisce l’infiltrazione dell’acqua nel terreno con conseguente alimentazione della falda |
Controllo dei nutrienti e qualità delle acque | La maggior parte dei processi biologici, chimici e fisici responsabili della rimozione di nutrienti ed altri contaminanti dalle acque sono legati alla presenza di vegetazione ripariale (funzione tampone) |
Conservazione della biodiversità | Gli ecosistemi ripariali sono notoriamente caratterizzati da elevata diversità biologica |
Conservazione della rete di ecosistemi | La vegetazione ripariale contribuisce alla creazione di corridoi ecologici per la connessione di ecosistemi naturali separati |
La vegetazione ripariale, come si evince in Tabella 1, fornisce un elevato numero di servizi ecosistemici e, pertanto, la sua corretta gestione riveste un ruolo fondamentale in termini di mantenimento del buono stato ecologico dei corpi idrici.
Tuttavia si osserva che, dal punto di vista operativo, talora il medesimo intervento di gestione della vegetazione può generare effetti anche discrepanti in termini di restituzione di servizi ecosistemici (i.e. il taglio del bosco ripariale riduce il rischio idraulico ma incrementa il rischio di erosione e la perdita di biodiversità) e, pertanto, gli obiettivi prefissati debbono essere analizzati attentamente caso per caso. In tal senso, la finalità del presente documento non è tanto quella di proporre un manuale tecnico esaustivo sulle pratiche di gestione della vegetazione nel tratto fluviale interessato quanto più quella di definire un approccio sostenibile e consapevole alla gestione della vegetazione ripariale mediante uno strumento capace di orientare le scelte operative in funzione dei principali obiettivi da conseguire in termini di eliminazione/riduzione di elementi di rischio e criticità, riqualificazione e valorizzazione dell’ambiente fluviale.
4 CARATTERISTICHE, DINAMICHE E FUNZIONI DELLA VEGETAZIONE RIPARIALE
Come detto, per intraprendere un percorso consapevole capace di orientare le scelte che stanno alla base degli indirizzi gestionali presentati nel presente documento, si rende necessario esaminare la multifunzionalità della vegetazione ripariale descrivendone i principali aspetti idraulici, di geomorfologia ed ecologia fluviali.
Di seguito si riportano pertanto le principali caratteristiche, dinamiche e funzioni della vegetazione ripariale in relazione ai corsi d’acqua allo stato naturale che costituiscono la base conoscitiva per definire i più opportuni interventi di manutenzione della vegetazione ripariale nella futura gestione nel tratto del Fiume Arno a seguito della realizzazione delle opere in progetto.
4.1 LA REGOLAZIONE DEL CORSO D’ACQUA
In generale, nelle aree di pianura il rischio idraulico è tanto più elevato quanto più debole è il sistema di smaltimento delle acque in relazione all’artificialità del reticolo idrografico. In tali contesti, la vegetazione ripariale interagisce con i deflussi aumentando la scabrezza delle sponde, con conseguente riduzione della velocità dell’acqua e della portata che la sezione dell’alveo è in grado di convogliare. Infatti la vegetazione, occupando una porzione della sezione dell’alveo, ne riduce la porzione disponibile per il deflusso.
A livello di bacino, la riduzione generale della velocità di scorrimento dell’acqua, aumentando il tempo di corrivazione, favorisce la riduzione dei picchi di piena mentre su scala locale comporta da un lato la diminuzione dell’erosione del fondo e delle sponde, con aumento della stabilità della sezione, dall’altro un incremento del deposito di sedimenti e/o materiale legnoso che occupa la sezione utile al deflusso, con aumento del rischio di esondazione.
L’influenza della vegetazione sul flusso idrico, oltre che dalle caratteristiche proprie, dipende anche da caratteristiche idrologiche del bacino e dalla morfologia del corso d’acqua e delle sponde. Riguardo a quest’ultime, l’azione negativa sul deflusso si considera trascurabile nel caso di sezioni in cui il rapporto tra larghezza (B) e profondità del tirante idraulico (h) sia maggiore di 10-15 (Preti e Xxxxxxxxx, 2005). Lungo il Fiume Arno nel tratto interessato dall’intervento, la sezione dell’alveo è sufficientemente ampia da garantire un rapporto B/h>10 e, pertanto, la vegetazione di sponda non influisce significativamente sui flussi idrici.
In definitiva, nel caso in questione la presenza di vegetazione sulle sponde rappresenta un elemento sostanzialmente positivo per la riduzione della velocità di deflusso e i conseguenti potenziamento degli effetti di laminazione, riduzione della celerità dell’onda di piena,
sfasamento rispetto ai picchi di piena degli affluenti. Pertanto appare importante il suo mantenimento mediante opportuni interventi di manutenzione.
4.2 IL CONTROLLO DELL’EROSIONE
Il controllo dell’erosione da parte della vegetazione spondale si manifesta sia attraverso la trattenuta delle particelle di suolo (ostacolandone l’asportazione da parte della corrente) sia in termini di rinforzo meccanico operato dalle radici. Inoltre, l’attività radicale favorisce la macroporosità e l’aumento della capacità idrica del terreno riducendo il contenuto idrico e favorendo l’infiltrazione in falda (con conseguente ricarica degli acquiferi). La capacità d’infiltrazione del terreno, infine, è migliorata dalla presenza delle chiome che, riducendo l’effetto battente delle piogge, ostacolano la compattazione del suolo.
I movimenti di materiale si verificano quando le tensioni di taglio esercitate dalla forza di gravità sul materiale che compone la sponda superano le resistenze derivanti dalla coesione dello stesso materiale: nel caso di alvei molto incassati, infatti, il peso della vegetazione che insiste sulle sponde può avere un’influenza più o meno negativa, in funzione anche delle caratteristiche stratigrafi che della composizione granulometrica del suolo (Xxxxxxxxx, 2005).
Con riferimento al tratto del Fiume Arno in questione si vengono a verificare diverse condizioni.
In alcuni tratti, infatti, dove l’alveo appare marcatamente incassato la vegetazione può determinare tensioni di taglio significative, tali – localmente – da determinare condizioni di possibili movimenti di materiali.
Viceversa, laddove l’alveo mostra una morfologia poco incassata, le tensioni di taglio non appaiono rilevanti, la vegetazione spondale riveste - in termini di contenimento dell’erosione – un ruolo sostanzialmente positivo nel condizionare il livello di sicurezza idrogeologica delle aree. La quantità di radici, la distribuzione delle stesse e le caratteristiche di resistenza a trazione delle singole specie vegetali, infatti, determinano l’entità del rinforzo e l’opposizione ai fenomeni di movimento superficiale.
In tal senso la presenza di vegetazione arboreo-arbustiva vitale ad elevato livello di funzionalità soprattutto dell’apparato radicale risulta pertanto fondamentale per la protezione dall’erosione.
4.3 LEGNAME IN ALVEO
La presenza ed il trasporto di legname in alveo influenza profondamente le dinamiche morfologiche ed ecologiche dei corsi d’acqua. In particolare, il trasporto e il deposito di materiale legnoso morto può alterare in modo anche consistente il deflusso delle acque modificando la sezione dell’alveo (es. occlusione delle luci dei ponti), mentre la capacità di radicare e sviluppare nuovi individui da porzioni vive di piante trasportate dalla corrente (caratteristica tipica di specie come il salice e il pioppo che hanno sviluppato una strategia di adattamento al dinamismo dell’ecosistema fluviale) può alterare la struttura ecologica dell’ecosistema.
Per il legname morto si possono identificare processi di produzione, trasporto e deposito con effetti diversi sul rischio da inondazione secondo la dimensione del materiale e l’ampiezza dell’alveo. I corsi d’acqua presentano differenti capacità di ritenzione del materiale legnoso in funzione sia delle caratteristiche del legname sia dei parametri idromorfologici che li contraddistinguono. Di seguito si riporta una sintesi di tale relazione.
Caratteristiche del legname | |
Diametro del tronco | In alvei di grandi dimensioni, in linea di massima, il diametro del tronco non è rilevante in termini di ritenzione |
Peso specifico | Tanto più è leggero il legname tanto più facilmente galleggia e quindi, in alvei grandi, si possono verificare fenomeni di fluitazione |
Complessità geometrica | In alvei di grandi dimensioni questo parametro influenza molto la ritenzione in quanto la presenza di ramificazioni e forme contorte si oppone al trasporto verso valle |
Lunghezza del tronco | In generale, in alvei grandi la capacità di ritenzione del legname è bassa, anche nel caso di tronchi di grandi dimensioni. Caso particolare è quello dei ponti in cui la lunghezza del tronco va confrontata con le luci disponibile tra le pile. |
Caratteristiche idrologiche |
Regime delle portate | Xxxxx alvei grandi il legname si muove maggiormente quando le portate sono più elevate (galleggiamento) |
Regime del trasporto solido | Quantità e granulometria dei sedimenti trasportati/depositati influenzano la possibilità che il legname possa venire parzialmente sepolto bloccandolo e che quello vivo possa radicare. Questo a sua volta favorisce l’ulteriore deposito di sedimenti con conseguente stabilizzazione e accrescimento di barre e isole fluviali che possono determinare una riduzione permanente della sezione e incremento del rischio idraulico. |
Caratteristiche geomorfologiche | |
Larghezza dell’alveo | Xxxxx alvei grandi, in generale, il legname non viene trattenuto indipendentemente dalle sue caratteristiche dimensionali o geometriche. La presenza di pile di ponti in alveo comporta al contrario una interazione con il materiale flottante in funzione della lunghezza della luce libera tra due pile consecutive. |
Morfologia dell’alveo | Negli alvei grandi, morfologie complesse possono aumentare la capacità di ritenzione altrimenti molto bassa |
Tabella 2. Capacità di ritenzione del legname in funzione delle caratteristiche idromorfologiche e del materiale stesso
I corsi d’acqua della bassa pianura (i.e. Fiume Arno nel tratto d’intervento) sono caratterizzati da tassi di reclutamento bassi soprattutto in conseguenza della bassa mobilità planimetrica dell’alveo. Il trasporto e il deposito, tuttavia, sono influenzati anche dalle caratteristiche del legname le quali sono determinate dalla specie e dalla geometria legata all’accrescimento: in generale, i boschi di latifoglie presenti nell’ambito d’intervento favoriranno l’immissione in alveo di tronchi non eccessivamente lunghi, di peso elevato e con molte ramificazioni, dei quali è favorita la ritenzione. Tuttavia, lungo il tratto d’intervento l’alveo del Fiume Arno è sufficientemente ampio da garantirne la fluitazione, praticamente azzerando la
ritenzione in favore del trasporto verso valle con conseguente rischio di parzializzazione delle luci dei ponti. E’ altresì necessario ricordare che, una volta entrato in alveo, il materiale legnoso va incontro a vari processi di degradazione (rottura e perdita delle ramificazioni, abrasione da parte dei sedimenti, degradazione biologica, imbibizione d’acqua, marcescenza, ecc.) che portano alla riduzione delle dimensioni e all’aumento del peso specifico, rendendo il materiale più difficilmente fluitabile.
In definitiva, il Fiume Arno nel tratto d’intervento è caratterizzato da ritenzione di materiale legnoso piuttosto bassa soprattutto a causa dell’ampiezza della sezione e della morfologia relativamente lineare dell’alveo che agevola la fluitazione.
4.4 LA VEGETAZIONE RIPARIALE ALLA BASE DELLA CATENA TROFICA
Dal punto di vista ecologico la vegetazione ripariale condiziona la struttura, la produttività e l’evoluzione degli ecosistemi apportando materiale organico che diventa risorsa nutritiva per gli organismi acquatici con conseguente condizionamento della diversità biologica del corpo idrico.
In generale, i corsi d’acqua possono ricevere due tipi di apporti trofici: detriti grossolani costituiti da foglie e materiale vegetale in decomposizione provenienti dalla vegetazione igrofila (tipici dei corsi d’acqua torrentizi caratterizzati da ombreggiamento, acque fresche ed oligotrofiche, apprezzabile velocità della corrente) oppure produzione autoctona originata dalla vegetazione macrofitica (tipica dei corpi idrici di valle in cui diminuisce la corrente, aumentano l’irraggiamento e la temperatura dell’acqua consentendo l’insediamento di vegetazione acquatica). Il tratto del Fiume Xxxx interessato dagli interventi è caratterizzato da questo secondo regime idraulico.
Le comunità animali adattano la loro struttura e composizione ai cambiamenti che avvengono lungo il percorso del corso d’acqua a causa della variazione di ossigenazione, temperatura e presenza di sostanza organica, secondo un gradiente monte-valle (STOCH F. et al., 2002). In particolare, da monte verso valle, si sviluppano le seguenti comunità: ‘frammentatori’, invertebrati che si nutrono di sostanza organica indecomposta; ‘filtratori’ che filtrano l’acqua trattenendo le particelle alimentari; ‘brucatori’ di alghe e, nei tratti inferiori, ‘raccoglitori’ che si cibano di particelle fini. L’ittiofauna segue un’evoluzione parallela adattandosi al regime idrico e trofico del corso d’acqua.
Dal punto di vista ecologico l’incremento del numero di specie legato alla diversificazione dei microhabitat fa sì che aumenti anche il numero di anelli della catena alimentare, favorendo lo scambio di flussi di energia e, in generale, garantendo maggiore stabilità all'ecosistema.
Da quanto sopra illustrato si evince l’importanza della vegetazione ripariale per il bilancio trofico del corpo idrico e, di conseguenza, l’influenza che essa determina sulla biodiversità fluviale costituendo l’interfaccia ecotonale tra l’ambiente fluviale e il territorio circostante. In termini ecologici, infatti, la componente più piccola di tali detriti (foglie e piccoli rami) costituisce un importante input in termini trofici per gli habitat acquatici mentre la necromassa in alveo contribuisce alla diversificazione degli habitat e quindi delle specie presenti.
4.5 CONSERVAZIONE DI HABITAT E SPECIE
Gli ambienti ripariali sono considerati, su scala globale, tra i più ricchi di biodiversità. Oltre al pool di specie elettive, infatti, essi costituiscono anche aree ecotonali che fungono da zone marginali di passaggio tra ecosistemi diversificati nelle quali trovano rifugio e/o foraggiamento tante specie che non sono tipiche degli ambienti umidi.
Come più volte detto, dal punto di vista ecologico la vegetazione ripariale contribuisce alla creazione di numerosi habitat anche molto diversificati capaci di fornire rifugio, aree di foraggiamento e deposizione per numerosissime specie. Le radici sommerse, i rami aggettanti, i tronchi caduti in alveo, le isole fluviali vegetate costituiscono ambienti ideali per la vita dei pesci e dei macroinvertebrati permettendo lo sviluppo di un ricco e diversificato popolamento del corso d’acqua (Ermini, 2007). Gli habitat fluviali, inoltre, rivestono un ruolo fondamentale per i popolamenti ornitici e di chirotteri che, insieme ai pesci, rappresentano utili indicatori della funzionalità complessiva degli ambienti ripari.
Dal punto di vista faunistico, la vegetazione ripariale riveste funzioni di notevole importanza nei confronti dell’ittiofauna in termini di ombreggiamento, apporto di nutrienti e conservazione della qualità dell’acqua. In particolare l’ombreggiamento, evitando l’eccessivo riscaldamento dell’acqua, non soltanto favorisce la presenza di specie animali adattate a vivere entro intervalli termici non eccessivamente elevati ma, limitando l’abbassamento di tensione dell’ossigeno, mantiene gli equilibri trofici di piante e animali acquatici che, se alterati per lunghi tratti del corso d’acqua, possono generare danni alle dinamiche di popolazione. Interventi di taglio della vegetazione ripariale particolarmente estesi, infatti, possono causare incrementi nelle temperature massime estive di 3-10 C°, con escursioni termiche giornaliere anche di 15 C° (ARPAT, 2006). L’azione di mitigazione termica della vegetazione riparia si
manifesta anche tramite l’evapotraspirazione. Il ruolo ecologico della vegetazione acquatica e ripariale, inoltre, si manifesta anche nella riduzione dei carichi inquinanti delle acque e nel mantenimento della stabilità delle sponde le quali forniscono rifugi e microhabitat soprattutto per le specie ittiche allo stato giovanile. La presenza di abbondante copertura vegetale, infine, costituisce un importante fattore di protezione per l’ittiofauna nei confronti degli uccelli ittiofagi.
Con riferimento all’avifauna si osserva che l’abbondanza di specie di uccelli è strettamente correlata alla biodiversità complessiva di un ambiente e, pertanto, generalmente si riscontra una maggiore ricchezza specifica in zone con elevato grado di eterogeneità ambientale. La complessità strutturale degli habitat ripariali in genere caratterizzati dalla presenza di formazioni arboreo-arbustive diversificate, pertanto, favorisce la presenza di popolamenti ornitici che utilizzano il corridoio fluviale per la migrazione e talora anche per lo svernamento. Gli ambienti acquatici, inoltre, costituiscono habitat elettivo per diversi uccelli acquatici (i.e. anatidi, ardeidi, limicoli, rallidi, ecc.) oltre che luogo di foraggiamento per specie ittiofaghe.
Rispetto al gruppo dei chirotteri, alcuni studi specifici sulla distribuzione territoriale dei rifugi mostrano una maggiore concentrazione in prossimità dei corsi d’acqua preferibilmente a flusso lento. La predilezione dei chirotteri per i corsi d’acqua ha diverse motivazioni:
- gli ambienti acquatici costituiscono un ricco terreno di caccia per i pipistrelli, grazie alla grande quantità di insetti a sviluppo larvale acquatico che sfarfallano dalla loro superficie. Anche la qualità dell’ambiente ripariale è importante e, infatti, è proprio in ambienti umidi con vegetazione riparia non frammentata e ben strutturata, che si registra la maggiore attività di caccia da parte dei pipistrelli (Xxxxx, 1998; Xxxxxxxx et al., 2007; Xxxxx et al., 2009);
- in tali ambienti, inoltre, l’utilizzo degli ultrasuoni per individuare le prede è facilitato dalla mancanza di ostacoli e dalla ridotta rumorosità (per questo motivo le acque a decorso lento sembrano essere preferite a quelle turbolente);
- nel periodo estivo i pipistrelli trascorrono la maggior parte della giornata riparati con conseguente rischio di disidratazione e, pertanto, la vicinanza ad un punto di abbeverata in fase di emergenza serale può essere un fattore importante per la scelta del rifugio;
- per i pipistrelli è importante iniziare l’attività di caccia già fin dal tramonto, quando l’attività degli insetti è massima, ma un’uscita precoce dal rifugio può essere rischiosa a causa della presenza di predatori (i.e. falconiformi e strigiformi).
Una funzione importante delle formazioni riparie, pertanto, è quella di permettere ai pipistrelli di volare, grazie alla presenza degli alberi, al riparo dalla luce del tramonto, così da potersi spostare dal rifugio alle aree di foraggiamento, anticipando il più possibile l’involo serale (Verboom e Xxxxxxxxx, 1999).
A livello comunitario le principali direttive concernenti la gestione degli habitat fluviali e della vegetazione ripariale sono la Direttiva n. 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci e la Direttiva n. 92/43/CEE ‘Habitat’ per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
4.6 SPECIE VEGETALI ALLOCTONE INVASIVE
Le formazioni degli ambienti ripari sono tipicamente azonali, ossia sono legate a particolari condizioni ecologiche indipendenti dal determinismo della zonazione climatica. In particolare, nell’area d’intervento la composizione dei popolamenti vegetali dipende essenzialmente dal regime idromorfologico che ne influenza l’insediamento e la permanenza. Per quanto caratterizzate da specie dalle spiccate caratteristiche pioniere (pioppo, salice, ecc.), esse possono presentare stadi evolutivi la cui permanenza è strettamente legata alle dinamiche idromorfologiche del corso d’acqua. In generale, l’attenuazione delle sollecitazioni idromorfologiche costituisce il presupposto per una progressiva evoluzione fino alle formazioni climaciche. In caso contrario, ossia quando le pressioni generate dalle piene fluviali sono consistenti e/o relativamente frequenti, s’instaurano condizioni favorevoli all’ingressione di specie particolarmente competitive di tipo invasivo, spesso alloctone.
A causa degli effetti generati dai cambiamenti climatici e dalla progressiva impermeabilizzazione dei bacini imbriferi, gli ecosistemi fluviali sono sottoposti a sollecitazioni idromorfologiche sempre più consistenti cui consegue la formazione di superfici nude facilmente colonizzabili dalle specie alloctone invasive. La colonizzazione degli habitat ripariali da parte di specie vegetali alloctone, infatti, è un fenomeno riscontrabile con sempre maggiore frequenza e che presenta caratteristiche sempre più marcate mano a mano che dai tratti superiori del bacino ci si sposta nei tratti di pianura. La loro presenza, specie quando presenta carattere invasivo, causa problemi di carattere ecologico, paesaggistico, economico e sociale avvertiti in misura sempre maggiore.
La presenza di specie alloctone di tipo invasivo compete fortemente con l’insediamento della vegetazione autoctona con conseguente semplificazione delle biocenosi e riduzione della
biodiversità degli ecosistemi. Inoltre il massiccio insediamento di specie invasive si riflette anche sulla gestione del rischio idraulico in quanto tali specie presentano rapido accrescimento e apparato radicale in genere a ridotte capacità meccaniche con conseguente insediamento di notevoli quantità di biomassa instabile.
La lotta contro le specie invasive, infatti, è entrata a far parte del “Piano di azione a favore della biodiversità” dell’Unione Europea che riconosce la necessità di sviluppare una strategia globale a livello comunitario per ridurre il loro impatto sulla biodiversità. A tale scopo, nel 2011 è stato elaborato il documento di indirizzo “Strategia contro le specie aliene”, che affronta l’argomento sotto l’aspetto della prevenzione e della mitigazione degli impatti.
In generale, quindi, nell’ambito degli interventi di gestione della vegetazione ripariale si dovranno adottare specifiche misure per il contenimento e, laddove verosimile, l’eradicazione di tali specie.
4.7 LA CREAZIONE DI UNA RETE ECOLOGICA
Il paesaggio, nella sua accezione di “mosaico di ecosistemi”, vede nella presenza dei corsi d’acqua elementi funzionali strutturalmente collegati tra loro e con l’ambito territoriale di appartenenza capaci di mettere in comunicazione aree naturali anche molto distanti e differenti tra loro conservando in questo modo il patrimonio genetico e la biodiversità. I corridoi ecologici rivestono particolare interesse nei territori maggiormente antropizzati in quanto, mantenendo una rete di flussi biotici tra l’ecosistema fluviale e gli ecosistemi più o meno naturali che lo circondano, salvaguardano la rete ecologica e quindi la biodiversità.
La rete ecologica di un territorio si compone di elementi differenti per grado di naturalità, presenza di habitat e specie d’interesse conservazionistico e, conseguentemente, per il relativo ruolo ecologico svolto nel territorio. Gli elementi fondamentali delle reti ecologiche sono (APAT, 2003):
- aree centrali (core areas): aree ad alta naturalità che sono già, o possono essere, soggette a regime di protezione (parchi o riserve);
- fasce di protezione (buffer zones): zone cuscinetto, o zone di transizione, collocate attorno alle aree ad alta naturalità al fine di garantire l'indispensabile gradualità degli habitat;
- fasce di connessione (corridoi ecologici): strutture lineari e continue del paesaggio, di varie forme e dimensioni, che connettono tra di loro le aree ad alta naturalità e rappresentano l'elemento chiave delle reti ecologiche poiché consentono la
mobilità delle specie e l'interscambio genetico, fenomeno indispensabile al man- tenimento della biodiversità;
- aree puntiformi o "sparse" (stepping zones): aree di piccola superficie che, per la loro posizione strategica o per la loro composizione, rappresentano elementi importanti del paesaggio per sostenere specie in transito su un territorio oppure ospitare particolari microambienti.
Nella maggior parte dei corridoi ecologici fluviali soprattutto in ambito urbano la capacità di favorire la mobilità delle specie si è fortemente deteriorata mentre risulta ancora pienamente efficiente lungo i corsi d’acqua che hanno ben conservato l’integrità della fascia di vegetazione ripariale, con particolare riferimento agli ambiti golenali in corrispondenza dei quali si possono manifestare liberamente le dinamiche idromorfologiche. Per tale ragione, più è ampia la fascia golenale e più efficiente è il corridoio ecologico in termini funzionali.
Con riferimento al caso d’intervento in cui l’ampliamento delle aree golenali è limitata dalla necessità di consolidare le opere arginali esistenti per la mitigazione del rischio, nonché dalla presenza di insediamenti e attività produttive, al fine di garantire la funzionalità del corridoio xxxxxxxx xxx Xxxxx Xxxx per la fauna diventa essenziale intervenire in modo tale da dare continuità alle formazioni forestali riparie.
4.8 VALORE PAESAGGISTICO E FUNZIONE TURISTICO-RICREATIVA
Gli ambiti fluviali rivestono un ruolo sempre più importante in termini di servizi ecosistemici soprattutto all’interno degli ambiti urbani. In particolare, la sempre maggiore richiesta di spazi verdi fruibili conseguente al crescente inurbamento ha fatto sì che negli ultimi anni il tema della riqualificazione fluviale abbia assunto un ruolo centrale nella pianificazione urbanistica e territoriale.
In ambito urbano, infatti, i corsi d’acqua rappresentano gli unici ecosistemi che, se correttamente gestiti, mantengono ancora un certo grado di naturalità e, per questo motivo, sono divenuti uno dei migliori esempi di Xxxxxxxx, ossia sistema di spazi verdi che si sviluppa linearmente lungo il corso d’acqua collegando risorse di diverso tipo (Valentini, 2005).
Tra le principali funzioni attribuite ai corsi d’acqua, pertanto, vi sono la conservazione e la protezione delle risorse naturali, la riqualificazione ambientale, la creazione di reti di percorsi legati alla mobilità sostenibile e l’incentivazione di attività turistiche e ricreative. Si tratta di un insieme di funzioni nell’ambito delle quali la presenza e la qualità delle formazioni vegetali
ripariali riveste un ruolo centrale in termini ecologici ma anche paesaggistici e funzionali (i.e. ombreggiamento, architetture verdi, benessere, ecc.).
5 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLA VEGETAZIONE RIPARIALE
In linea con le principali disposizioni fornite dalla Direttiva Acque, su scala nazionale il D.lgs. 152/06 s.m.i. incentiva una gestione degli alvei di tipo multidisciplinare mediante il mantenimento e il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, la stabilizzazione delle sponde e la conservazione della biodiversità da conformare in funzione delle esigenze di funzionalità idraulica.
Considerando che la distribuzione delle specie vegetali lungo i corsi d’acqua è guidata fondamentalmente dai processi idromorfologici (Xxxx e Xxxxxxxxx, 1996), è facile comprendere come lungo contesti fluviali particolarmente alterati (in particolare in assenza di aree golenali) la gestione della vegetazione finalizzata alla riduzione del rischio idraulico possa incidere soltanto marginalmente sulla conservazione degli habitat ripariali. È altresì vero che, in termini di rete ecologica, i corridoi fluviali che interessano ambiti particolarmente antropizzati consentono il permanere di spazi e dinamiche idromorfologiche sufficienti per l’insediamento della tipica vegetazione riparia che garantisce conservazione di habitat e flusso di specie e, per tale ragione, le modalità con cui la vegetazione viene gestita possono essere determinanti per la sua conservazione e riqualificazione.
Da quanto descritto finora appare evidente come le numerose variabili che caratterizzano la funzionalità dei corsi d’acqua rendano difficile l’applicazione di modelli rigidi nella progettazione degli interventi di gestione della vegetazione ripariale. La gestione dei corsi d’acqua è, infatti, un tema complesso e trasversale che coinvolge interessi differenti, a volte in contrasto tra loro: in tal senso, nella definizione degli interventi (o nella scelta di non intervenire) generalmente occorre raggiungere un compromesso tra obiettivi in conflitto interando approcci di conduzione differenti.
Il presente piano di gestione, conseguentemente, si pone l’obiettivo non tanto di definire un programma di specifiche misure manutentive quanto più di descrivere indirizzi di gestione e modalità operative che consentano, caso per caso, di delineare il percorso più idoneo al conseguimento delle finalità prefissate (siano esse di tipo idraulico, ecologico, paesaggistico, ecc.).
5.1 AMBITO D’INTERVENTO E INDIVIDUAZIONE DELLE ESIGENZE GESTIONALI
L’individuazione delle esigenze gestionali della vegetazione ripariale dipende strettamente dall’ambito d’intervento, in primis dalla tipologia di corso d’acqua interessato e dall’interazione tra la vegetazione e le dinamiche idromorfologiche.
Con riferimento allo stato di progetto, il fiume Arno nel tratto d’intervento è un corso d’acqua alluvionale arginato con alveo di dimensioni medio grandi, caratterizzato da variabilità planimetrica e mobilità ridotte e con presenza di un’esigua fascia di vegetazione ripariale che interagisce con il deflusso delle portate. In generale, lungo il tratto d’intervento la golena è ristretta o assente ad eccezione di alcune aree in parte boscate e in parte rurali poste lungo via Garibaldi nel comune di Incisa (sponda sinistra) in cui il rilevato arginale è più distante dal corso d’acqua e lascia spazio ad un’area di espansione del fiume.
La fondamentale pericolosità associata ai corsi d’acqua di questo tipo è l’esondazione. La presenza di ponti con pile in alveo e con luci ridotte (da monte verso valle: Ponte del Matassino, bretella ferroviaria, ponte ferrovia Firenze-Roma, ponte SR 69 via Nazionale) incrementa la pericolosità soprattutto in caso di fluitazione di materiale legnoso di grandi dimensioni da parte delle piene.
In termini di manutenzione i rilevati arginali pongono delle problematiche specifiche legate all’esigenza di garantirne la funzionalità (stabilità geotecnica, tenuta idraulica e necessità di monitoraggio) con conseguente impossibilità di mantenere una fascia consistente di vegetazione a carattere arboreo- arbustivo su entrambe le scarpate (lato fiume e lato campagna), anche perché in contrasto con le disposizioni normative sulle opere idrauliche (R.D. 523/1904). In tal senso, la gestione della vegetazione arginale esula dal presente documento che, invece, intende descrivere criteri e modalità d’intervento per la manutenzione delle fasce di vegetazione ripariale ricadenti nelle scarpate dell’alveo inciso e, in parte, nelle aree golenali.
Esigenze gestionali del tutto differenti sono legate al reticolo idrografico minore (Borro di Ponterosso, Borro Gaglianella, Torrente Chiesimone, ecc.) per lo più caratterizzato da alvei con dimensione e mobilità planimetrica ridotte, a sezione compatta e regolarizzata, il cui corso avviene generalmente tra coltivi e/o insediamenti. Tali corsi d’acqua, per la loro conformazione, non sono generalmente in grado di condizionare la successione vegetazionale.
Le fasce di vegetazione spondale, quando presenti, possono rivestire interesse in termini di connessione ecologica ma non sono riconducibili ad alcun habitat a causa dell’eccessivo dinamismo idromorfologico e della limitata estensione della formazione stessa. La vegetazione elofita ed idrofita, il cui insediamento è in genere favorito dalla banalizzazione spondale e dal mancato ombreggiamento, da un lato contribuisce al miglioramento dello stato qualitativo delle acque ma contemporaneamente può anche ridurre significativamente la capacità di deflusso creando le condizioni per il deposito di sedimenti trasportati dalla corrente. La vegetazione arboreo-arbustiva presente, insediandosi al limite della sponda, in genere interferisce scarsamente con il deflusso delle portate e quasi esclusivamente con i fusti (raramente con le
chiome). In genere gli obiettivi gestionali sono orientati a promuovere la costituzione e la permanenza nel tempo di una fascia continua di vegetazione almeno su una delle due sponde e controllare lo sviluppo della vegetazione idrofita ed elofita minimizzando l’impatto a carico dell’ecosistema.
In termini vegetazionali, l’area d’intervento è caratterizzata da una superficie a arboricoltura la legno (pioppeto) recentemente ceduata mentre, più verso il fiume, si evidenzia una sottile formazione ripariale a prevalenza di pioppo nero (Populus nigra) con specie accompagnatrici come il salice bianco (Salix alba), il pioppo bianco (Populus alba) e l’acacia (Robinia pseudoacacia), quest’ultima alloctona invasiva, mentre più lontano dall'alveo vi sono leccio (Quercus ilex), roverella (Quercus pubescens), farnia (Quercus robur) e frassino (Fraxinus oxycarpa). Tali formazioni a dominanza di pioppo rientrano nell’alleanza del Populion albae Br.- Bl. ex Tchou 1948 (ordine Populetalia albae Br.-Bl. ex Tchou 1948), riconducibile a forme degradate dell’habitat 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba in collegamento, più lontano dall’alveo bagnato, con formazioni miste riparie a Quercus robur riferibili all'habitat 91F0 Foreste miste riparie di grandi fiumi a Quercus robur, Ulmus laevis e Ulmus minor, Fraxinus excelsior o Fraxinus angustifolia (Ulmenion minoris).
In considerazione della marcata antropizzazione dell’ambito d’intervento e delle dinamiche fluviali che lo caratterizzano, il tratto di Fiume Arno in oggetto è caratterizzato da una presenza costante di specie alloctone invasive che talora diventa abbondante o dominante secondo la struttura dei popolamenti. In particolare, sul piano piano arboreo si rilevano acacia (Robinia pseudoacacia), acero americano (Acer negundo) e ailanto (Ailanthus altissima) mentre il piano dominato/arbustivo vede la presenza di bambù (Phyllostachys spp.), poligono del Giappone (Fallopia japonica) e canna comune (Arundo donax). Per una trattazione dettagliata in merito alla presenza e diffusione di tali specie nell’ambito d’intervento si rimanda agli specifici elaborati allegati (cod. elab. PD_Q_PR_07 R_R00; PD_Q_PR_08A÷E_T_R00).
Figura 1. Formazioni ripariali lungo la sponda dx in prossimità del ponte ferrovia Firenze - Roma
5.2 INDIRIZZI GESTIONALI
Di seguito si riporta una sintesi dei principali indirizzi gestionali di carattere generale da adottare per gli interventi selvicolturali sulla vegetazione riparia.
a) Monitoraggio. In considerazione della multifunzionalità e della dinamicità dell’ecosistema fluviale gli interventi devono essere preceduti (o talora sostituiti se non si ritiene necessario intervenire) da attività di monitoraggio periodico svolte da tecnici competenti (agronomi/forestali), da ripetere eventualmente dopo eventi di piena molto intensi. Il monitoraggio è finalizzato ad individuare puntualmente criticità ed anomalie funzionali (siano esse di tipo idromorfologico, ecologico, ecc.) per la definizione delle relative esigenze gestionali.
b) Caratteristiche strutturali dei popolamenti. Gli interventi di manutenzione della vegetazione ripariale devono essere orientati a costituire e mantenere, nel tratto d’intervento, formazioni ripariali a struttura complessa, con serie trasversali il più possibile analoghe alle formazioni naturali. La varietà dei popolamenti sarà necessariamente funzione dell’ampiezza della fascia di vegetazione.
c) Selettività dell’intervento e contrasto alle specie alloctone invasive. Si devono prevedere modalità di gestione differenziate per unità morfologica del corso d’acqua (alveo bagnato, alveo secondario, sponde, ecc.) intervenendo con tagli selettivi commisurati alle specifiche dinamiche e sollecitazioni idromorfologiche, alla struttura e vigoria del popolamento presente, alle necessità di riduzione del rischio locale e alle generali esigenze conservazionistiche dell’ecosistema nel suo complesso. La selettività degli interventi, inoltre, dev’essere finalizzata anche al contenimento e, laddove verosimile, all’eradicazione, delle specie alloctone invasive eventualmente presenti.
Sono da evitare, salvo specifici casi in relazione alla funzionalità e gestione delle opere idrauliche, tagli a raso.
d) Discontinuità dei tratti d’intervento. Al fine di minimizzare il disturbo all’ecosistema fluviale e garantire la permanenza di habitat riparati per la fauna è preferibile intervenire a sponde alterne oppure lasciando porzioni di alveo indisturbato tra due successivi tratti oggetto d’intervento. Tale discontinuità può venire meno nel caso in cui si renda necessario intervenire contemporaneamente su entrambe le sponde in seguito a specifiche considerazioni inerenti la riduzione del rischio idraulico.
e) Gestione del materiale legnoso di grandi dimensioni in alveo. In termini ecologici si dovrebbe puntare a mantenere lungo i corsi d’acqua la maggior quantità possibile di legname morto (diversificazione degli habitat, sostegno alla presenza faunistica, ecc.). Tuttavia nel tratto d’intervento, caratterizzato dalla presenza di ponti con pile in alveo e luci ridotte, allo scopo di limitare la pericolosità idraulica associata alla fluitazione del legname si dovranno gestire le fasce ripariali in modo tale da selezionare la tipologia di materiale legnoso potenzialmente immessa in alveo in funzione delle caratteristiche idromorfologiche dell’ecosistema fluviale (sono in genere preferibili specie non particolarmente alte, ramificate e a legname con alto peso specifico, pertanto meno soggette a fluitazione).
Il materiale già depositato in alveo, invece, potrà essere:
- rilasciato tal quale qualora per caratteristiche (dimensione, peso specifico, geometria, ecc.) si ritenga facilmente ritenuto e quindi non costituisca fattore di rischio;
- ridotto di pezzatura (in porzioni da ca. 1-2 m) mediante taglio con particolare riferimento agli elementi che si valuta possano essere facilmente trasportati a valle, mantenendo le ceppaie solidali con una porzione del tronco e brevi monconi delle ramificazioni per aumentare la possibilità che questi vengano trattenuti dall’alveo e diano origine a microhabitat. Materiale di ridotte dimensioni sarà difficilmente accumulato in corrispondenza delle pile dei ponti;
- asportato dall’alveo se presente in grandi quantità o in tutti i casi in cui si valuti un aggravio del rischio idraulico determinato dalla sua permanenza.
f) Scelta dell’epoca d’intervento. La scelta dell’epoca d’intervento è determinante per la protezione di habitat e specie faunistiche e quindi, in generale, per la tutela della biodiversità. Particolare importanza in tal senso riveste la scelta dell’epoca per
intervenire nell’alveo inciso al fine di tutelare habitat umidi e, soprattutto, la riproduzione delle specie ittiche presenti.
In linea di principio, qualora possibile, dovranno essere seguite le seguenti indicazioni:
- per gli interventi in alveo bagnato, al fine di minimizzare l’impatto sulla fauna ittica, i lavori non dovranno esser eseguiti nel periodo dal 2 Maggio al 3° sabato di giugno (periodo della frega dei ciprinidi, D.P.G.R. 54/R/2005);
- sono da evitarsi gli interventi sulla vegetazione riparia nei periodi di nidificazione dell’avifauna compresi tra il 1 marzo e il 30 giugno e tra il 15 agosto e il 15 settembre;
- per la realizzazione di interventi che interferiscano con aree di ristagno (che costituiscono habitat elettivi per gli anfibi), è necessario evitare il periodo di maggior attività riproduttive compreso tra il 1 marzo e il 30 giugno.
EPOCHE D’INTERVENTO IN ALVEO | ||||||||||||||
GEN | FEB | MAR | APR | MAG | GIU | LUG | AGO | SET | OTT | NOV | DIC | |||
Ittiofauna | ||||||||||||||
Veg. riparia | ||||||||||||||
Avifauna | ||||||||||||||
Erpetofauna |
Periodi di maggiore criticità Periodi di attenzione
Tabella 3. Epoche d’intervento in alveo per minimizzare gli impatti
g) Minimizzare gli impatti degli interventi. In termini ecologici, nella programmazione degli interventi di gestione della vegetazione ripariale particolare cura dovrà essere adottata alla minimizzazione degli impatti di cantiere al fine di limitare quanto più possibile le interferenze con habitat e specie presenti. In particolare, si rende necessaria la definizione e localizzazione di un sistema razionale di piste di cantiere che privilegi percorsi già esistenti, vie di penetrazione trasversali, contenimento della velocità di transito e impiego di modalità operative a basso impatto ambientale. Dovranno inoltre essere limitati il più possibile gli interventi all’interno dell’alveo bagnato i quali possono provocare incremento di solidi sospesi con peggioramento dello stato qualitativo delle
acque e perdita di siti riproduttivi determinando un complessivo peggioramento dello stato ecologico degli habitat.
h) Salvaguardia delle specie di elevato pregio naturalistico. Nella definizione dei tagli dovrà essere sempre data priorità al rilascio di esemplari di specie sporadiche e/o di elevato pregio naturalistico.
i) Supervisione da parte di personale specializzato. La molteplicità delle funzioni e quindi delle esigenze di cui tenere conto nell’ambito della realizzazione di interventi di gestione della vegetazione ripariale richiede la costante presenza di tecnici specializzati che provvedano a definire caso per caso le modalità di intervento (anche sulla base di quanto definito dalle presenti linee guida) e, a posteriori, verifichino la rispondenza dei risultati alle finalità prefissate.
5.3 CRITERI D’INTERVENTO E MODALITÀ GESTIONALI
Nella presente sezione si riportano i criteri di gestione e le relative modalità tecnico- operative riferiti alle due tipologie di corso d’acqua interessate dall’intervento (fiume Arno e corsi d’acqua minori).
5.3.1 FIUME ARNO
Il tratto di Fiume Arno nella sua configurazione di progetto presenta rilevati arginali che, in linea di massima, consentono la permanenza di una fascia di vegetazione ripariale piuttosto contenuta. Dall’alveo inciso verso l’esterno , pertanto, si applicano le seguenti modalità d’intervento:
- alveo inciso: nella porzione di alveo interessata con maggior frequenza dalle piene stagionali dovrà essere garantito il regolare deflusso delle acque rimuovendo la vegetazione che costituisce un impedimento con tagli frequenti e relativamente intensi soprattutto della vegetazione arborea (diametro > 4/10 cm). Se il grado di funzionalità della sezione lo consente, la vegetazione erbaceo-arbustiva dovrà essere rilasciata. La vegetazione a elofite (che genera effetti positivi in termini di qualità delle acque e locale riduzione della velocità dell’acqua) dovrà essere mantenuta. Nell’alveo inciso dovranno essere rimossi esemplari instabili, deperienti, senescenti o disseccati. Il legname morto di grandi dimensioni potrà essere ridotto di pezzatura (pezzi aventi dimensioni pari a ca. 1-2 m) per evitarne la fluitazione; qualora il legname sia presente in quantità tali da ridurre la sezione
o determinare un aggravio del rischio idraulico dovrà essere in parte o del tutto asportato;
- alveo secondari o sponda permeabile: gli interventi nell’alveo secondario saranno più distanziati nel tempo e si limiteranno all’asportazione della vegetazione arborea eventualmente caratterizzata da accrescimento dendrometrico elevato al fine di preservare la funzionalità idraulica eliminando elementi che possano deviarne il corso. Anche in questo caso dovranno essere rimossi esemplari instabili, deperienti, senescenti e/o disseccati mentre la gestione del legname morto dovrà essere valutata caso per caso in funzione delle dinamiche idromorfologiche e della tipologia e quantità di materiale presente: in particolare, si consiglia di preservare le irregolarità al piede di sponda (detriti legnosi, ceppaie sporgenti, grosse branche sdraiate in acqua, ecc.) e gli accumuli localizzati di sedimenti. Tale materiale dovrà essere preferibilmente rimosso o ridotto di pezzatura in corrispondenza delle pile dei ponti.
- Zone in prossimità delle pile o con xxxx xxxxxxx. Si dovranno privilegiare azioni finalizzate ad ottimizzare la funzione idraulica in un’ottica di massima sicurezza sia tagliando esemplari di grandi dimensioni sia prevedendo un sistematico allontanamento dei detriti vegetali accumulati;
- Golena. Come detto, l’unica area golenale interessata da vegetazione igrofila in seguito agli interventi di rinaturalizzazione previsti nel progetto definitivo di realizzazione della cassa di espansione “Prulli” si trova lungo via Garibaldi, in sponda sinistra (in corrispondenza del riparto di scavo SSX2). Prima degli interventi di scavo e realizzazione dei rilevati arginali tale area era caratterizzata da superfici agricole e formazioni boscate ripariali (pioppeta) con abbondante presenza di robinia ed altre specie alloctone infestanti. Nell’ambito del progetto definitivo sono stati previsti interventi di ripristino della vegetazione interferita dalle attività di cantiere (cod. elab. PD_Q_PR_09 X_X00, XX_X_XX_00 X_X00) finalizzati alla ricreazione di habitat ripariali complessi assimilabili alle formazioni originarie. Per tali aree, le indicazioni gestionali fanno riferimento ai popolamenti vegetali ormai maturi, mentre per le cure colturali post operam legate all’efficacia degli interventi di messa a dimora si rimanda allo specifico progetto (cod. elab. PD_Q_PR_09 R_R00).
L’obiettivo gestionale prioritario per tali aree in cui il rilevato arginale è più distante dal corso d’acqua e le aree perifluviali più estese, consiste nel
conseguimento di una formazione ripariale strutturata ed equilibrata in cui si possano trovare anche due strati arborei e due strati arbustivi con gradi di coperture piuttosto elevate. Tale obiettivo si persegue essenzialmente mediante tagli selettivi (con rilascio di alberi di grandi dimensioni e buono stato fitosanitario) e asportazione del materiale legnoso;
- rilevati arginali: gli argini necessitano di attività di monitoraggio e gestione frequenti (con interventi almeno una volta all’anno a partire dall’estate). Al fine di garantire la funzionalità arginale, tutta la superficie dei rilevati e una fascia di ampiezza pari a 4 m su entrambi i lati (lato fiume e lato campagna) dev’essere mantenuta a prato.
Argini e fascia di rispetto – 4m | Golena | Sponda permeabile | Alveo inciso | |
Vegetazione erbacea | Uno sfalcio tardivo all’anno da effettuarsi a partire dall’estate | Rilascio | Rilascio (in particolare le elofite) | |
Vegetazione a portamento arbustivo di ridotte dimensioni | Taglio e asportazione (R.D. 523/1904) | Rilascio e mantenimento o reinsediamento di una fascia continua | Rilascio in caso di efficienza della sezione idraulica | |
Vegetazione arboreo arbustiva (D > 4-10 cm) | Taglio e asportazione | |||
Alberi di medie dimensioni (D < 30 cm) | Tagli selettivi che favoriscano esemplari di prima grandezza | Taglio e asportazione | Taglio (anche se le dinamiche fluviali non ne favoriscono lo sviluppo) | |
Alberi di grosse dimensioni (D > 30 cm) | ||||
Esemplari instabili, deperienti, senescenti e morti in piedi | Taglio e asportazione | |||
Legname morto di grandi dimensioni | Rimozione | Taglio e asportazione | Rimozione o riduzione di pezzatura secondo le esigenze idrauliche |
Tabella 4. Modalità gestionali della vegetazione ripariale lungo il fiume Arno
In linea di principio, in considerazione della conformazione dell’alveo e dell’accessibilità delle aree, dovrà essere operato taglio della vegetazione esistente e il materiale di risulta dovrà essere immediatamente allontanato. Il taglio, tuttavia, lasciando ampie superfici nude, favorisce l’ingressione di specie invasive che dev’essere attentamente monitorato e prontamente gestito mediante tagli selettivi finalizzati al rilascio, in una prima fase, delle formazioni arbustive (ancorché senescenti) così che le ceppaie delle specie infestanti siano costantemente dominate perdendo progressivamente vigoria.
Figura 2. Messa a dimora delle talee o rilascio degli arbusti posti al piede d’argine
5.3.2 CORSI D’ACQUA MINORI
Gli interventi di gestione ripariale di seguito illustrati fanno riferimento ai corsi d’acqua minori interessati dall’intervento (Torrente Chiesimone, Borro di Ponterosso, Borro Gaglianella, ecc.). In considerazione del fatto che si tratta di corsi d’acqua per lo più rettificati a sezione compatta che attraversano ambiti rurali e/o urbani, l’obiettivo gestionale prevalente consiste nel mantenimento della sezione di deflusso delle portate.
Con riferimento alle due sole unità morfologiche riferibili a tali corpi idrici (sponde e alveo), pertanto, si applicano le seguenti modalità d’intervento:
- sponde: la vegetazione erbacea dovrà essere sfalciata periodicamente, possibilmente intervenendo alternatamente sulle sponde. La vegetazione arboreo- arbustiva dovrà essere tagliata mediante interventi selettivi (sempre a sponde
alterne) oppure mediante taglio raso nel caso di individui o popolamenti che ostacolino il deflusso delle acque. Trattandosi per lo più di ecosistemi alterati a sezione compatta e andamento rettificato, il legname morto eventualmente presente dovrà essere interamente rimosso per evitare riduzione della sezione e conseguenti aggravi del rischio idraulico;
- alveo: in alveo la vegetazione erbacea dovrà essere sfalciata esclusivamente per la porzione emergente dal pelo libero dell’acqua mentre la vegetazione arboreo- arbustiva dev’essere in tutti i casi rimossa per garantire il deflusso (anche se, in linea di massima, non dovrebbe avere sviluppo abbondante a causa del dinamismo del corso d’acqua).
Sponda | Alveo | |
Vegetazione erbacea | Sfalcio periodico possibilmente a sponde alterne | Sfalcio periodico della porzione emergente dall’acqua |
Vegetazione a portamento arbustivo di ridotte dimensioni | Tagli selettivi e/o a sponde alterne. Taglio raso nel caso di individui o popolamenti che ostacolino il deflusso | Taglio (anche se le dinamiche fluviali non ne favoriscono lo sviluppo) |
Vegetazione arboreo arbustiva (D > 4-10 cm) | ||
Alberi di medie dimensioni (D < 30 cm) | ||
Alberi di grosse dimensioni (D > 30 cm) | ||
Esemplari instabili, deperienti, senescenti e morti in piedi | Rimozione | |
Legname morto di grandi dimensioni |
Tabella 5. Modalità gestionali della vegetazione ripariale lungo il reticolo minore
5.3.3 PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI
Come detto, la precisa programmazione degli interventi di gestione della vegetazione ripariale necessita di valutazioni mirate caso per caso effettuate da personale esperto mediante attività di monitoraggio in modo tale da cogliere le eventuali criticità presenti o sopraggiunte e stabilire conseguentemente le esigenze d’intervento ai fini del mantenimento della multifunzionalità del corso d’acqua considerato. Ciò premesso, si riportano di seguito alcuni criteri di programmazione degli interventi distinti in funzione della tipologia di corso d’acqua esaminato.
I rilevati arginali necessitano di attività di monitoraggio ed interventi gestionali costanti al fine di mantenere un elevato livello di efficienza e funzionalità delle opere idrauliche. In genere, si ritiene opportuno effettuare almeno uno sfalcio all’anno da eseguire a partire dall’estate al fine di ridurre le interferenze con i periodi di nidificazione dell’avifauna e di riproduzione degli anfibi. Tale attività può essere all’occorrenza ripetuta durante l’arco dell’anno.
Rispetto alla programmazione degli interventi lungo il fiume Arno, laddove la morfologia e le dinamiche dell’ecosistema fluviale non si oppongono all’insediamento di vegetazione arboreo-arbustiva, saranno sostanzialmente valutazioni di carattere idraulico a stabilire la consistenza della fascia ripariale e, di conseguenza, potrà essere stabilita la frequenza di intervento. Inoltre la cadenza dei tagli dovrà essere valutata in funzione della vigoria del popolamento in modo tale, soprattutto nell’alveo inciso, da mantenere la vegetazione ad uno stadio giovanile e flessibile. In tutti i casi, fatte salve esigenze di tipo idraulico, gli interventi di taglio dovranno essere condotti su tratti di sponda alterni (e quindi verosimilmente ad anni alterni). In linea di massima la frequenza d’intervento nell’area di golena è inferiore a quella individuata per alveo e sponde in modo tale da consentire lo sviluppo di individui di apprezzabile dimensione. Una volta conseguita una formazione golenale matura la gestione si limiterà all’eliminazione degli esemplari morti, pericolosi o deperienti che verrà eseguita all’occorrenza in seguito ad attività di monitoraggio. Anche in questo caso gli interventi di taglio dovranno essere condotti su tratti di sponda alterni.
Per il reticolo minore, invece, in caso di sviluppo intenso di elofite e/o idrofite in alveo può rendersi necessario intervenire più volte all’anno con lo sfalcio o comunque all’occorrenza quando la vegetazione emergente dal pelo libero sia eccessivamente sviluppata.
Diversamente, non essendoci interferenza diretta della vegetazione con le portate in alveo, gli interventi lungo tali corsi d’acqua possono anche essere ripartiti nel tempo secondo le necessità.
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