Dottorato di Ricerca in Management And Law Curriculum Diritto dell’Economia
UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
Dottorato di Ricerca in Management And Law Curriculum Diritto dell’Economia
XXXIV ciclo – 20° ciclo n.s.
I PROTOCOLLI SMART CONTRACT APPLICATI ALLA TECNOLOGIA BLOCKCHAIN.
PROBLEMATICHE E PROSPETTIVE.
Relatore
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxx Xxxxx Xxxxx
Dottorando Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
«Certi libri sembrano scritti non perché leggendoli si impari, ma perché si sappia che l’autore sapeva qualcosa».
Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx
Indice
CAPITOLO I – INQUADRAMENTO DEGLI SMART CONTRACTS NEL CONTESTO DELLA TECNOLOGIA BLOCKCHAIN 24
I. Distributed Ledger Technology (DLT) e Blockchain 24
II. Blockchain: tipi, caratteristiche, pregi e criticità 27
III. Sul rapporto tra blockchain e protezione dei dati personali (cenni). 41
IV. Distributed Ledger Technology (DLT), Blockchain e Smart Contract 45
V. L’intervento del legislatore italiano nell’ambito di DLTs e blockchains 48
Capitolo II – Gli SMART CONTRACTS e il contratto 57
II. Pregi e difetti dell’automazione contrattuale (cenni). 61
III. La natura giuridica degli smart contracts 73
IV. Il procedimento di formazione dello smart contract 91
V. I requisiti essenziali dello smart contract 97
VI. Gli elementi accidentali dello smart contract. In particolare: il problema della condizione. 109
VII. I vizi del consenso nella contrattazione smart, con particolare riguardo alla
problematica dell’errore. 113
VIII. Cenni sull’integrazione del contratto smart 117
IX. I rimedi ablativi nella contrattazione smart 123
X. Ulteriore normativa codicistica applicabile agli smart contracts (cenni). 130
XI. La prova dello smart contract nel processo civile (cenni). 132
XII. L’intervento del legislatore italiano nell’ambito degli smart contracts 140
Capitolo III – I confini dei protocolli SMART CONTRACTS applicati alla tecnologia BLOCKCHAIN 153
I. Àmbito applicativo della tecnologia blockchain 153
II. Àmbito applicativo degli smart contracts 166
III. Più in particolare: smart contracts e normativa consumeristica 169
Conclusioni 184
Bibliografia 193
Sitografia 223
Riferimenti normativi 229
Riferimenti giurisprudenziali 231
INTRODUZIONE
Il diritto, inteso nella sua accezione più ampia, come insieme di regole che contribuiscono a disciplinare la vita delle società(1), è ovviamente interessato, influenzato, a volte superato(2), dalla comparsa, più o meno repentina, di nuovi fenomeni sociali, politici ed economici.
Non si scopre nulla di nuovo ricordando che gli Studiosi si sono sempre confrontati con questi mutamenti, sforzandosi, in primo luogo, di comprenderli e cercando, poi, di interpretarli, tentando, ove possibile, di ricondurli nell’ambito dell’apparato giuridico già esistente.
(1) Sul desiderio di «socialità regolata» come origine del diritto è superfluo che ci si soffermi in questa sede, dal momento in cui lo hanno già fatto illustri pensatori del passato, come Xxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxx, nelle loro opere insuperate De iure belli ac pacis e The Leviatan. Basterà qui ricordare come uno dei brocardi più noti del nostro tempo sia quello del «ubi societas ibi ius», peraltro di incerta attribuzione (come ricordava anche A. LEVI, Ubi societas, ibi ius, in Saggi di teoria del diritto, Bologna, 1924, in part. p. 49).
Ripercorre il dibattito sull’origine del diritto, svoltosi tra alcuni dei più grandi pensatori del nostro tempo, recentemente, anche X. XXXXXXX, Istituzione e linguaggio, in Riv. int. fil. dir., 2020, 2, p. 301 ss.
(2) La prepotente evoluzione tecnologica, infatti, ma anche l’assoluta rilevanza assunta nel tempo dal capitale e dall’economia in generale, fanno temere che il diritto possa essere stato relegato dagli eventi a mero comprimario. Non si possiedono le conoscenze né la sensibilità necessarie anche solo per toccare il complesso tema della perdita di centralità del diritto come strumento di controllo della (evoluzione della) società.
Tale sensibilità però dimostrano di avere, tra gli altri, e pur consapevoli che la discussione non è così recente, ma nasce già verso la fine del secolo scorso, X. XXXXXXXXXX, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, soprattutto p. 15 ss.; X. XXXX ZENCOVICH, Autopsia del diritto civile, in Riv. crit. dir. priv., 2018, 4, p. 617 ss.; e F. DI CIOMMO, Valori e funzioni della responsabilità civile nell’epoca del post-turbocapitalismo, in Danno resp., 2021, 2, p. 137 ss.
La conclusione alla quale giunge quest’ultimo A. è, comunque, ci si sente di poter dire, confortante, giacché il diritto rimane l’unico strumento per (tentare di) regolare tali fenomeni.
Assai interessanti, sul tema appena accennato, sono i pregevoli scritti di A. RAVÀ, Crisi del diritto e crisi mondiale, p. 77 ss.; di X. XXXXXXXX, La crisi del diritto nella società contemporanea,
p. 77 ss; e di X. XXXXXXXXXX, La morte del diritto, p. 177 ss., tutti contenuti in AA. VV., La crisi del diritto, Padova, 1953.
Senza dubbio, una delle sfide più complesse e stimolanti per il giurista, non solo dei nostri giorni(3), si è sempre rivelata essere quella posta dall’avvento delle nuove tecnologie e dagli effetti che esse hanno sull’attività umana e sulla società nel suo complesso.
L’incessante evoluzione del settore tecnologico, difatti, ha costantemente
trasformato il nostro modo di (nascere) vivere (e morire)(4).
Uno di questi eventi, senza precedenti, è rappresentato dalla nascita della rete informatica.
La rete ha infatti contribuito a trasformare la nostra in una società interconnessa, e ha avuto uno smisurato impatto, tanto sui modelli imprenditoriali e industriali quanto sui diritti e le libertà fondamentali; e ancora oggi ha prodotto e continua a produrre enormi cambiamenti nelle dinamiche dei rapporti umani a livello tecnologico, culturale, sociale e giuridico(5).
(3) È assai noto il lavoro, con cui si laureò, di A. CICU, Gli automi nel diritto privato, Milano, 1901, p. 1 ss., nel quale sono contenute alcune preziose riflessioni sull’interazione tra uomo e macchina nel mondo del diritto.
(4) Basti pensare, solo per fare alcuni esempi, alle complesse tematiche, concernenti la vita umana e i suoi confini, quali quelle della tutela giuridica del nascituro, della procreazione medicalmente assistita, della nutrizione artificiale, dell’interruzione volontaria della gravidanza e, più recentemente con sempre maggiore attenzione, della c.d. xxxxxxxxx.
Questioni che hanno imposto agli studiosi profonde riflessioni e rimeditazioni, e non solo di tipo puramente tecnico-giuridico, e il cui approfondimento non verrà qui nemmeno tentato, lasciandolo alla più colta sensibilità di X. XXXXXXXXXXX, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972, soprattutto p. 11 ss., 137 ss. e 257 ss.; G. OPPO, L’inizio della vita umana, in Riv. dir. civ., 1982, 1, p. 499 ss.; X. XXXXXXXX, La fine della vita umana, in Riv. dir. civ., 1982, 1, p. 634 ss.; X. XXXXXXX, Osservazioni non solo giuridiche sulla tutela del concepito e sulla fecondazione artificiale, in Dir. fam. pers., 2005, 2, p. 168 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Il concepito e l’inizio della persona, in Riv. dir. civ., 2008, 1, p. 247 ss.; X. XXXXXX, voce Aborto, in Enc. di bioetica e scienza giuridica, I, Napoli, 2009, p. 27 ss.; A. X’XXXXX, voce Eutanasia, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., V, Milano, 2012, p. 308 ss.
Per una particolare lettura del ruolo del padre nell’àmbito delle decisioni che riguardano i figli, X.X. XXXXX, Il ruolo del padre tra principio di uguaglianza e diritto di inclusione, Napoli, 2018, spec. p. 169 ss.
(5) Evidenzia assai attentamente i rischi e le opportunità di questa trasformazione, L. FLORIDI, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, 2017, nello spec.,
p. 4 ss. e p. 190 ss.
Grazie alla nascita del World Wide Web(6), che ha permesso l’accesso universale e immediato a tutte le informazioni circolanti sulla rete, milioni di persone hanno potuto connettersi tra loro e sono state libere di consultare e caricare qualsiasi contenuto.
Ed è proprio all’interno di questo spazio virtuale che le ideologie libertarie(7) hanno intravisto la possibilità di creare una comunità autonoma e autosufficiente, formata solamente da privati, svincolata del tutto dall’intermediazione statuale(8).
(6) Il 12 marzo 1989 Xxx Xxxxxxx Xxx presentò al CERN di Ginevra un documento con il quale rappresentava la base teorica della rete Internet.
(7) Si fa qui riferimento, utilizzando il termine con una accezione volutamente negativa, alle teorie di Xxxxxx Xxxxxxxx il quale, esasperando ed estremizzando al massimo quelle precedenti, liberaliste, di filosofi come Xxxxxxx-Xxxxx xx Xxxxxxxx, e liberiste, di Xxxx Xxxxx, è arrivato a teorizzare la totale esautorazione dello Stato con lo scopo di assoggettare tutte le funzioni che esso esercita alla logica del mercato. Più che X. XXXXXXXX, For a New Liberty: The Libertarian Manifesto, New York, 1973, spec. p. 45 ss., si vogliono ricordare le parole di M. COMPORTI, Diritti reali, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, Milano, 1980, p. 227 s., il quale sottolineava, nel ribadire la convenienza di un sistema, nell’ambito dei diritti reali, caratterizzato dalla tipicità, come «l’esperienza del settore contrattuale sembra invero dimostrare che il più ampio spazio all’autonomia privata tende a risolversi in strumento di vantaggio del contraente più forte nei confronti di quello più debole: come l’evoluzione del sistema economico verso un mercato dominato da gruppi oligopolistici o monopolistici ha evidenziato l’illusorietà dei postulati del pensiero liberale classico nella ricerca di un equilibrio automatico stabilito dalla libera concorrenza, così il fenomeno della contrattazione di massa mediante un regolamento- tipo imposto dai grandi complessi industriali, commerciali o finanziari (pubblici o privati) ha chiarito i notevoli limiti della concezione dell’autonomia privata, basata sulla libertà del volere, come elemento fondamentale dell’organizzazione dei rapporti economici» tanto che, con lo scopo di «evitare l’iniquità di certi risultati che segnano l’evidente svantaggio della parte più debole, gli ordinamenti europei hanno progressivamente attuato modelli di economia mista, nei quali cioè la libertà d’iniziativa economica è controbilanciata da una serie di controlli, di interventi, di programmi o di altre varie iniziative da parte dello Stato».
E ancora, in generale, sul tema della funzione del diritto nella società contemporanea,
X. XXXXXX, Sulla funzione promozionale del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, p. 1313 ss., in particolare p. 1316 laddove l’A. correttamente osserva come «via via che avanza il processo di industrializzazione, i compiti dello Stato aumentano anziché diminuire».
(8) Si veda X.X. XXXXXX, Declaration of Independence of Cyberspace, 8 febbraio 1996, reperibile in xxx.xxx/xxxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxx.
Naturalmente, l’avvento di un fenomeno come quello di Internet(9), che coinvolge una serie assai ampia di situazioni e interessi meritevoli di tutela, non poteva ragionevolmente essere semplicemente abbandonato, come da alcune parti si era auspicato, alla autoregolazione dei privati. Il legislatore è, infatti, intervenuto, sia a livello interno che a livello comunitario, non imponendo solamente limitazioni e controlli(10).
Una visione assai simile del mondo(11), e non solo di quello digitale, ha posto poi le basi, negli anni a seguire, per lo sviluppo di una tecnologia che è stata enfaticamente
(9) Vedi sul punto, per tutti, almeno X. XXXXXXXX, voce Internet, in Dig. disc. priv., Sez. civ., I, Torino, 2000, p. 532 ss.
(10) Si pensi alla “Carta dei Diritti in Internet”, approvata il 3 novembre del 2015 dalla Camera dei deputati all’unanimità.
(11) Si veda il “Cypherpunk’s Manifesto” del 3 marzo 1993, reperibile su xxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxx.xxxx, nel quale Xxxx Xxxxxx, con il dichiarato intento di proteggere la privacy di tutti gli internauti, teorizza un utilizzo della rete completamente anonimo, grazie all’uso intensivo della crittografia, e sottratto al controllo di terze parti come lo Stato e le grandi società.
Per una analisi sul tema della governance statale nell’era tecnologica, si veda X. XXXXXX, Tecnologia blockchain e governance decentralizzata: lo Stato è ancora necessario?, reperibile su xxxxxx.xxxx.xxx/xxx0/xxxxxx.xxx?xxxxxxxx_xxx0000000, p. 2 ss.
definita utilizzando l’aggettivo «disruptive»(12): la blockchain(13).
(12) Cosí X.X. XXXXX e X.X. XXXXXXXXXXX, Disruptive Technologies: Catching the Wave, in Harvard Business Rev., 1995, 1, p. 10. Si rammenti, però, che l’aggettivo «disruptive» non ha solamente una accezione positiva, in quanto può essere utilizzato anche per definire qualcosa di «disgregante» o «distruttivo».
Lo stesso aggettivo è stato, poi, utilizzato nel recente report EUROPEAN ADDED VALUE UNIT e EUROPEAN PARLIAMENTARY RESEARCH SERVICE, A common EU approach to liability rules and insurance for connected and autonomous vehicles, 2018, p. 7, reperibile in xxxxxxxx.xxxxxx.xx/XxxXxxx/xxxxxx/XXXX/0000/000000/XXXX_XXX(0000)000000_XX.xxx, per sottolineare il cambiamento epocale che supporrà, e sta già supponendo, l’introduzione dei veicoli a guida automatizzata. Sul punto, senza alcuna pretesa di esaustività, vanno visti almeno
A. DAVOLA e A. PARDOLESI, In viaggio col robot: verso nuovi orizzonti della r.c. auto (“driverless”), in Xxxxx resp., 2017, 5, p. 616 ss.; e X. XXXXXXX ed E. AL MUREDEN, “Autonomous vehicles” e responsabilità nel nostro sistema ed in quello statunitense, in Giur. it., 2019, 7, p. 1704 ss.; e
Per una, come sempre, importante riflessione (anche) sui riflessi macro e microeconomici delle c.dd. driverless cars, vanno visti G. CALABRESI ed E. AL MUREDEN, Relazione al Convegno “Impresa, mercati e tutela civile”, Trento, 25-26 ottobre 2019, Driverless car e responsabilità civile, in Riv. dir. bancario, 2020, 1 suppl., p. 7 ss.
Si è occupato anche degli aspetti etico-ambientali L. BUTTI, Auto a guida autonoma: sviluppo tecnologico, aspetti legali ed etici, impatto ambientale, in Riv. giur. ambiente, 2016, 3-4, p. 435 ss.
(13) Fatta eccezione per i riferimenti contenuti più avanti nel testo, sulla tecnologia blockchain, che è stata fondamentale, viste le sue caratteristiche, per la (ri)scoperta degli smart contracts, si vedano sin da ora, almeno, P. DE XXXXXXX e X. XXXXXX, Blockchain and the law. The rule of code, Harvard, 2018, spec. p. 13 ss. e 33 ss.; F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto della blockchain, intelligenza artificiale e IoT, Milano, 2018, p. 9 ss.; X. XXXXXXX, Da Berlino a Dublino e Pechino: sulle tracce della blockchain, in Riv. notariato, 2018, 6, p. 1181 ss.; X. XXXXXXXX, La blockchain e gli smart contracts nell’innovazione del diritto nel terzo millennio, in Dir. inf., 2018, 6,
p. 989 ss.; S. CAPACCIOLI, La blockchain, in X. XXXXXXXX e X. XXXXX (a cura di), Tecnologia e diritto, II, Milano, 2019, p. 371 ss.; i vari contributi, alcuni dei quali verrano citati nel prosieguo, contenuti in X. XXXXXXXXXX e M. XXXXXX XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, Milano, 2019, passim; e X. XXXXX, DLT, blockchain e smart contracts, in X. XXXX e X. XXXXXX (a cura di), Diritto del Fintech, 2020, Padova, 137 ss.
Ci si permette poi, pur nella consapevolezza della sua ineleganza, il richiamo a X. XXXXXXXXXX, Considerazioni su Blockchain e smart contracts (oltre le criptovalute), in Contr. impr., 2019, 3, p. 941 ss., avvertendo altresì che nel prosieguo si farà spesso riferimento a questo ed altri miei lavori, nell’ottica però di fornire le continue e necessarie precisazioni del pensiero in quelle sedi espresso.
In concomitanza con il processo evolutivo di cui si è appena detto, legato alla nascita e allo sviluppo della rete Internet, da diversi decenni, ormai, la contrattazione(14), e con essa il suo risultato, il contratto, hanno lasciato i luoghi (e i tempi)(15) che il
Con riguardo al particolare rapporto tra funzione notarile e blockchain, si vedano X. XXXXXXX, Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio, in Notariato, 2016, 3, p. 211 ss.; X. XXXXXX, Il notaio dell’era digitale: riflessioni giuseconomiche, ivi, 2018, 2, p. 142 ss.; e, anche per una analisi della Notarchain, E. XXXXXXX, Blockchain application in general private law: the Notarchain case, in A. XXXXXXXXX (a cura di), Legal technology transformation. A practical assesment, Napoli, 2020, p. 229 ss.
Tra i reports, fondamentali sono quelli del THE EUROPEAN UNION BLOCKCHAIN OBSERVATORY & FORUM, Legal and regulatory framework of blockchains and smart contracts, 27 settembre 2019, spec. p. 11 ss.; e quello di SPARK LEGAL NETWORK, X. XXXXX, TECH4I2 e DATARELLA, Study on Blockchains: legal, governance and interoperability aspects, Xxxxxxxxxx, 0000, in particolare p. 26 ss.; e quello, recentissimo, di T. SCHREPEL, Smart Contracts and the Digital Single Market Through the Lens of a “Law + Technology” Approach, European Commission, 21 ottobre 2021, reperibile in xxxx.xxx/xxxxxxxxx0000000.
(14) Qui intesa come attività che, secondo il codice del 1942, poteva e doveva richiedere un lasso temporale spesse volte assai ampio prima della conclusione del contratto. Oggi, in realtà, una vera e propria fase prodromica all’incontro dei consensi sembra sempre piú rara, bastando pensare ai contratti di consumo o ai contratti stipulati tra imprese delle quali una si trovi in situazione di dipendenza economica rispetto all’altra. Contra, invece, nel senso che la fase di negoziazione nell’ambito della contrattazione telematica e, più in generale, della contrattazione smart, non sarebbe scomparsa o affievolita ma, bensì, accresciuta in quanto a rilevanza, v. X. XXXXX, La computerizzazione del contratto (Smart, data oriented, computable e self-driving contracts. Una panoramica), in Eur. dir. priv., 2020, 4, p. 1274, nota n. 64, ove anche alcuni esempi di formazione progressiva del contratto smart.
(15) Sulle nuove forme di contrattazione e sulle sempre diverse modalità di conclusione del contratto, celeberrimo è lo scambio di opinioni intercorso tra N. XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, p. 347 ss., e G. OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. dir. civ., 1998, 1, p. 525 ss., con successiva controreplica di N. IRTI, “È vero ma…” (replica a Xxxxxxx Xxxx), in Riv. dir. civ., 1999, 1, p. 273 ss.; poi, criticamente nei confronti delle tesi dell’Irti, X.X. XXXXXX, Diritto Civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, p. 43 ss., anche qui con controreplica di N. XXXX, Lo scambio di foulard (replica semiseria al Prof. Xxxxxx), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 601 ss., su cui nuovamente X.X. XXXXXX, Acontrattualita` dei contratti di massa?, in Vita not., 2001, p. 1120 ss. Da ultimo, anche X. XXXXXXX, Contatto reale e contatto fisico (ovverosia l’accordo contrattuale sui trampoli), in Studi in onore di X.X. Xxxxxx, 3, Milano, 2006, p. 313 ss.
Sul dibattito, si vedano anche le preziose riflessioni di X. XXXXXXXX, voce Contratto. I) in generale, in Enc. giur., IX, Roma, 1988, p. 13 s.; nonché l’importante ammonimento di X. XXXXXXXXXXX, Nuovi profili del contratto, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 427.
legislatore del 1942 aveva per loro previsto e predisposto(16), per trasferirsi nel ciberspazio, ovverosia quello spazio virtuale all’interno del quale gli utenti navigano e interagiscono(17). Non per nulla è stato sapientemente osservato come sia impossibile separare «la storia del contratto […] dalla storia delle tecnologie»(18). La contrattazione a distanza, e nello specifico quella elettronica, e dunque i contratti
Sulle nuove classificazioni del contratto, invece, si rimanda per tutti a X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul “terzo contratto”), in Riv. dir. priv., 2007, 12, p. 669 ss.
Oltre che sulle nuove modalità del contrattare, poi, la dottrina piú attenta (per tutti X. XXXXXXXXXXX, L’informazione come bene giuridico, in Rass. dir. civ., 1990, p. 329 ss.) si è concentrata anche sui nuovi oggetti dei rapporti contrattuali, quali le informazioni; ma anche, piú in generale, i diritti della personalità (il riferimento è all’opera di G. RESTA, Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, p. 113 ss.), per i quali si è segnalata l’evoluzione di un fenomeno definito di «patrimonializzazione». Dibattito, questo, che si aggiunge a quello, apparentemente diverso ma ugualmente orientato al riconoscimento di una maggiore protezione degli interessi di indole non economica anche nell’àmbito del diritto dei privati, avviato da tempo, sulla «depatrimonializzazione» del diritto civile (X. XXXXXX, Verso la
«depatrimonializzazione» del diritto privato, in Rass. dir. civ., 1980, 644 ss.; A. DE CUPIS, Xxxxx “depatrimonializzazione” del diritto privato, in Xxx. xxx. xxx., 0000, 0, x. 000 xx., x xxxxx, seppur incidentalmente, in La crisi dei valori del diritto civile, ivi, 1986, 1, p. 191 ss.; e X. XXXXXXXXXXX, “Depatrimonializzazione” e diritto civile, ivi, 1983, p. 1 ss.).
Per una interessante ricostruzione dell’evoluzione della materia contrattuale, va visto il recente lavoro di X. XXXXXXXX, Introduzione al diritto dei contratti, Bologna, 2021, passim, ma in part. p. 14 ss.
(16) Per un inquadramento (storico-) giuridico delle ragioni e delle esigenze che hanno condotto alla stesura degli artt. 1321-1469, v. R. XXXXX, Il contratto in generale, in I cinquant’anni del codice civile. Atti del convegno di Milano, 4-6 giugno1992, 1993, p. 205 ss. Piú in generale, per un excursus sulla codificazione italiana, con riferimento quindi anche al tema del contratto, il rimando è obbligato a X. XXXXXX, voce Codice civile, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 240 ss.
(17) La tematica è stata recentemente affrontata da una prospettiva tanto interessante quanto inusuale da P. LAGHI, Ciberspazio e sussidiarietà, Napoli, 2015, in particolare p. 80 ss.
(18) Cosí N. IRTI, Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Roma-Bari, 2006, p. 187. Se è vero, come è vero, quanto sostiene il Prof. Xxxx, rimane comunque il problema che i «rapporti tra informatica e diritto sono ogni giorno piú frequenti e ogni giorno meno chiari […] e permane spesso l’equivoco per cui le due discipline abbiano necessità di percorsi formativi separati e ben distinti» (G. CORASANITI, Il diritto nella società digitale, Milano, 2019, p. 9).
elettronici(19), rappresentano oggi una realtà assai nota ed hanno una applicazione molto vasta, se non, nell’àmbito di determinati rapporti giuridici, pressoché esclusiva(20). Negli ultimi anni, poi, come detto, complice la scoperta e la diffusione, tra le altre(21), della
(19) Sul tema si vedano, per tutti, A.M. XXXXXXX, L’accordo telematico, Milano, 1997, in particolare p. 135 ss.; X. XXXXXXXXXXX, I contratti informatici, in Tratt. dir. civ. Xxxxxxx, Padova, 1997, p. 51 ss.; F. XXXXXXX, Contratto telematico e commercio elettronico, Milano, 2002,
p. 85 ss.; X. XXXXXXXX, Il contratto concluso in Internet, Napoli, 2005, p. 85 ss.; R. CLARIZIA (a cura di), I contratti informatici, in Tratt. dir. priv. Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Torino, 2007, p. 107 ss.;
E. XXXX, Contratti informatici, telematici e virtuali, Milano, 2010, spec. p. 191 ss.; e X. XXXXXXXXXXX, Il contratto telematico, in X. XXXXXXXXX (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, Napoli, 2010, p. 274 ss.
Piú recentemente, ripercorre la storia del commercio e del contratto elettronico, F. DELFINI, Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, spec. 89 ss.
(20) Secondo i dati presentati al Netcomm Forum Live sulle nuove tendenze dei consumi digitali in Italia, durante il (e a causa del, ovviamente) lockdown, è pressoché triplicato il numero dei consumatori online in Italia. Vedi NETCOMM, Il lockdown triplica i nuovi consumatori online in Italia tra gennaio e maggio: 2 milioni rispetto ai 700 mila di un anno fa, reperibile in xxxxxxxxxxxxxxxx.xx. Tale situazione, come giustamente osservato, comporta «l’immissione in rete di quantitativi impressionanti di dati personali, di conoscenza e di sapere, sortendo un effetto la cui portata non è forse stata appieno compresa nel suo significato piú profondo e preoccupante» (X. XXXXXXX, Il trattamento dei dati inerenti alla salute nell’epoca della pandemia: cronaca dell’emergenza, in
Persona e mercato, 2020, 2, p. 66).
Sul fenomeno della c.d. patrimonializzazione dei dati personali, si rimanda per tutti a X. XXXXXXXX, La patrimonializzazione dei dati personali. Contratto e mercato nella ricostruzione del fenomeno, in Dir. inf., 2018, p. 689 ss. Cui adde, se si vuole, A.L. XXXXXXX e X. XXXXXXXXXX, Facebook è gratis? “Mercato” dei dati personali e giudice amministrativo, in Dir. econ., 2020, 2, p. 263 ss.
(21) Quello della incessante evoluzione tecnologica è fenomeno assai noto ed all’analisi del quale il giurista, ovviamente, in virtù delle conseguenze che questo comporta (anche) sul piano giuridico, non si sottrae. Sul punto si rimanda innanzitutto alle magistrali intuizioni di X. XXXXXX, Tecniche, tecnologie e regolamentazione giuridica, in X. XXXX e X. XXXXXXXXXX (a cura di), Nuovi moti per la formazione del diritto, Padova, 1988, p. 395 ss.
tecnologia blockchain, l’attenzione dei giuristi, e non solo, si è sempre piú concentrata
Con riguardo a specifici àmbiti del diritto civile si pensi, poi, all’influenza delle tecnologie sul formalismo testamentario (tema sul quale si rimanda a X. XXXXXXXXXX, La figura giuridica del notaro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, p. 921 ss.; ed a X.X. XXXXX, Diritto e nuove tecnologie: il caso del formalismo negoziale, in Contr. impr., 2014, 6, p. 1229 ss., ma spec. p. 1262. E vengono alla mente, in questo senso, anche le belle parole di G. VIDIRI, Forma e formalismo: l’annullabilità del testamento olografo e la incompletezza della data, in Giust. civ., 2009, 1, p. 1984 ss., ma spec. p. 1993, secondo il quale «dietro la forma sono riscontrabili sempre valori, interessi umani e, quindi, spezzoni di vita, dietro il formalismo v’è il nulla o, meglio, l’inanimato, sicché non pare del tutto inappropriato affermare che nella vita del diritto la differenza tra forma e formalismo è in certa misura assimilabile a quella che nell’immaginario quotidiano si riscontra tra l’abito che
«veste» un uomo e quello che «copre» un manichino»); o agli interrogativi che pone, ad esempio, la necessità di tutelare il «patrimonio digitale» del defunto (v. X. XXXXXXX, L’eredità digitale. Tra reale e virtuale, in Dir. inf., 2018, 1, p. 65 ss.; G. RESTA, La successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, in Contr. impr., 2019, 1, p. 85 ss.; nonché l’approfondita analisi di I. XXXXXXX, Sulla trasmissione a causa di morte del «patrimonio digitale», in Tecnologie dir., 2020, 2, p. 420 ss.).
Piú in generale, per alcuni spunti sui complessi temi del fine vita, delle decisioni robotiche, delle driverless car, si vedano le interessanti riflessioni di A. ALPINI, L’impatto delle nuove tecnologie sul diritto, in Comparazione e diritto civile, dicembre 2018.
Il progresso scientifico, poi, in certi casi unitamente all’intensificarsi dei fenomeni migratori, ha contribuito nel tempo al consolidarsi di formazioni familiari assai dissimili da quella, fondata sul matrimonio, che il legislatore costituente aveva posto alla base dell’ordinamento giuridico del nostro paese (v. art. 29 Cost.). Basti pensare all’istituto islamico della kafala (per lo studio del quale si rimanda, per tutti, in generale, a XXXXXXXX XXXXXXX, La libera circolazione delle persone nell'Unione europea e la “kafala” di diritto islamico, in Dir. succ. fam., 2019, 2, p. 575 ss.), o ancora alla c.d. stepchild adoption (anche qui, essendo la letteratura assai vasta, si rimanda per una visione generale della problematica, X. XXXXXXXX, Il problema dell’adozione del figlio del partner. Commento a prima lettura della sentenza della Corte di cassazione n. 12962 del 2016, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 9, p. 1213 ss.).
sugli smart contracts(22). E, proprio in questo senso, certamente stimolante appare, agli
(22) Innanzitutto, è doveroso premettere che la scelta terminologica, come ormai noto, si deve a X. XXXXX, Smart contracts, reperibile in xxx.xxx.xxx.xx/xxx/Xxxxxxx/XxxxxxxxxxxXxXxxxxx/XXXXX/Xxxxxxxxxx/XXXxxxxxxxxxxxx0000/xxx xx.xxxx.xxx.xxx/xxxxx.xxxxxxxxx.xxxx, laddove l’A. definiva il contratto intelligente come un
«computerized transaction protocol that executes the terms of a contract», e giustificava la sua scelta sulla scorta del fatto che «they are far more functional that their inanimate paper-based ancestors». A quel lavoro sono seguiti ID., Smart Contracts: Building Blocks for Digital Markets, reperibile in xxxxxx.xxx/xxxx/xxxxxxxxx/xxxx_xxxxx/xxxxxXxxxxxxxx.xxxx; ID., The idea of Smart Contracts, reperibile in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxx-xxxx-xx-xxxxx-xxxxxxxxx/; ID., Formalizing and Securing Realtionship on Public Networks, reperibile in xxxxxxxx.xxx.xxx/xxx/xxxxx.xxx/xx/xxxxxxx/xxxx/000/000.
Vedremo piú avanti perché sia necessario rimeditare o, quanto meno, specificare meglio, tale definizione, pur ricordando che l’intenzione di Xxxxx non era quella di parificare il “suo” protocollo informatico al contratto, giuridicamente inteso.
Di smart contract si è discusso, e si discute, tanto. È quindi già necessario, in primo luogo, fare un rilievo di tipo terminologico sottolineando come, pur concordando con chi avverte del rischio di utilizzare la traduzione italiana del sintagma inglese (v. C. PONCIBÒ, Smart contract: un breve viaggio nel futuro del diritto dei consumatori, in Annuario di diritto comparato e di studi legislativi, Napoli, 2020, p. 217, nt. n. 13), nel corso della trattazione si ricorrerà, come sinonimo del termine inglese, a quello italiano «contratto intelligente» e, in secondo luogo, limitare, nei richiami dottrinali, solo ad una parte della ampia letteratura sul tema. Si vedano, M.L. PERUGINI e P. DAL CHECCO, Introduzione gli Smart Contract, 8 dicembre 2015, reperibile in xxxx.xxx/xxxxxxxxx0000000; S. XXXXXXXXXX, “Smart contracts”: traiettoria di un’utopia divenuta attuabile, in Cib. dir., 2016, 1-2, p. 25 ss.; ID., Smart Contract: nuovi orizzonti del fintech, in Quot. Giur., 25.5.2016; L. PIATTI, Dal Codice Civile al codice binario: “blockchains” e “smart contracts”, in Cib. dir., 2016, 3, p. 325 ss.; ID., I contratti informatici e gli smart contracts, in X. XXXXXXXX e
X. XXXXX (a cura di), Tecnologia e diritto, cit., p. 353 ss.; X. XXXXXXX, “Blockchain” ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli “smart contract”, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 2, p. 107 ss.; D. DI SABATO, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contr. impr., 2017, 2, p. 378 ss.; X. XXXXXXXX, Smart contracts: caratteristiche, vantaggi e problematiche, in Diritto e processo, Annuario giur. Università degli Studi di Perugia, 2017, p. 239 ss.; I.A. CAGGIANO, Il “Contratto” nel mondo digitale, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 7-8, p. 1152 ss.; X. XXXXXXXXX e A. DAVOLA,
«Smart contract»: lusinghe ed equivoci dell’innovazione purchessia, in Foro it., 2019, 5, cc. 195 ss.; IDD., What is Wrong in the Debate about Smart Contracts, in J. of European Consumer and Market L., 2020, 5, p. 201 ss.; F. DI CIOMMO, Gli smart contracts e lo smarrimento del giurista nel mondo che cambia. Il caso dell’high frequency trading finanziario, in X. XXXXXXX e X. XXXXXXX (a cura di), Fintech, Napoli, 2019, p. 157 ss.; X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., spec. § 3; G. LEMME, Gli smart contracts e le tre leggi della robotica, in An. giur. econ., 2019, 1, p. 129 ss.; F. DELFINI, Blockchain, Smart contracts e innovazione tecnologica: l’informatica e il diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2019, 2, p. 167 ss.; X. XXXXXXXX, Smart contract e sistema di diritto, un connubio tutto da definire, in Foro nap., 2019, 1, p. 113 ss.; X. XXXXXXX, “Smart contract” e automazione contrattuale: potenzialità e rischi della negoziazione algoritmica nell’era digitale, in Dir. merc. ass. fin., 2019, 1, p. 117 ss.; EAD., Distributed ledger technology, blockchain e smart contracts: prime regolazioni, in Tecnologie dir., 2020, 2, p. 490 ss.; X. XXXXXXXXXX, Smart contracts e profili di diritto civile, in xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, aprile 2019; G. XXXXXX, voce Smart contract, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., Torino, 2019, p. 393 ss.
Ancora piú recentemente, poi, A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare gli smart contracts, in Orizz. dir. civ. comm., 2020, 1, p. 31 ss.; G. REMOTTI, Blockchain smart contract. Un primo inquadramento, ivi, p. 189 ss.; X. XXXXXXXXX, Il problema dell’integrazione dello smart contract, in Contratti, 2020, 5, p. 591 ss.; X. XXXXXXX, “Smart contract”: né “smart”, né “contract”, in Riv. dir. priv., 2, 2020, p. 241 ss.; X. XXXXXXX, Appunti su smart contract e diritto dei contratti, in Banca borsa tit. cred., 3, 2020, p. 370 ss.; X. XXXXXX, “Smart contract” tra automazione contrattuale e disumanizzazione dei rapporti giuridici, in Giust. civ., 2020, 8, p. 1 ss.; X. XXXXXXX, Un nuovo paradigma contrattuale: il caso degli smart contracts, in E. BRUTI LIBERATI,
M. DE FOCATIIS e A. TRAVI (a cura di), Teleriscaldamento, la #Blockchain e i Contratti Intelligenti, Milano, 2020, p. 143 ss.; R. DE CARIA, Blockchain and Smart Contracts: Legal Issues and
occhi di chi osserva il dato positivo in un’ottica diacronica, l’evoluzione che ha interessato il contratto. Quest’ultimo, invero, sebbene gli articoli del x.x. xxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxxxxxxx xxxxxxxx, x xxxxxxx dall’essere «analogico», a
«informatico» e, oggi, l’«accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale» sarebbe divenuto, addirittura,
«intelligente»(23).
L’interesse intorno a questi nuovi protocolli informatico-contrattuali è dovuto, realisticamente, alle caratteristiche salienti della «catena di blocchi», ovverosia:
Regulatory Responses Between Public and Private Economic Law, in Italian L. J., 2020, 1, p. 363 ss.;
X. XXXXX, Blockchain e diritto: la catena del valore tra documenti informatici, smart contracts e data protection, in Resp. civ. prev., 2020, 1, p. 297 ss., in particolare p. 305 ss.; nonché EAD., Il diritto nella tecnica: tecnologie emergenti e nuove forme di regolazione, in xxxxxxxxxxx.xx, 16, 2020, p. 79 ss.; E. XXXXXXX, Xxxxxxxx pensanti e contratti non umani, in Foro it., 6, 2020, c. 240 ss.; X. XXXXXXXXXX, Gli Smart Contracts. Vecchi e nuovi(?) paradigmi contrattuali nella prospettiva della protezione dei consumatori, in Diritto Mercato Tecnologia, 20 agosto 2020; X. XXXXXXXX, Il contratto intelligente: questioni di diritto civile, in Judicium, 10 dicembre 2020; E. LABELLA, Gli smart contract: riflessioni sulle prestazioni “autoesecutive” nel sistema di blockchain, in MediaLaws, 3, 2020, p. 32 ss.; X. XXXXX, La computerizzazione, cit., p. 1259 ss.; X. XXXXXXXXXX, Smart contract e “contratto giusto”: dalla soggettività giuridica delle macchine all’oggettivazione del fatto-contratto. Il ruolo dell’interprete., in xxxxxxxxxxx.xx, 2, 2021, p. 106 ss.; e X. XXXXXXX, Smart contracts, in AA. VV., Contratto. Enciclopedia del diritto, Milano, 2021, p. 1132 ss.; A.M. XXXXXXX e A. STAZI, Contract Automation from Telematic Agreements to Smart Contracts, in Italian L. J., 2021, 1, p 97 ss.; e X. XXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 369 ss.
Tra le monografie si segnalano quella di A. XXXXX, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”. Gli smart contracts nel diritto comparato, Torino, 2019, in particolare p. 99 ss.; e quella di X. XXXXXXX, Smart Contracts e disciplina dei contratti, Bologna, 2021, passim, ma in particolare
x. 00 xx. x 00 xx.
Xx occupa dei profili «storici», esaminando anche gli «antenati» dello smart contract, X. XXXXXXX, Gli smart contract: storia e definizioni di un ibrido contratto/software, in X. XXXXXXXXXX e M. XXXXXX XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract, cit., p. 225 s.
Dedica alcune fugaci riflessioni agli smart contracts, all’esito di una assai pregevole trattazione del tema della «giustizia contrattuale», anche A. XXXXXX XXXXXXX, Il contratto giusto, in Riv. dir. civ., 2020, 2, p. 663 ss., ma qui p. 677 ss.
(23) E cosí, se in passato fu grazie al contratto (sociale) che, secondo J.J. XXXXXXXX, Il contratto sociale, Milano, 2016, p. 86 (l’edizione originale, con il titolo Du contrat social ou Principes du droit politique, è del 1762), l’uomo, pur perdendo la sua libertà naturale, avrebbe acquistato la libertà civile e sarebbe stato trasformato da «animale stupido e ottuso in un essere intelligente», oggi è l’uomo che, grazie alla tecnologia, avrebbe reso intelligente il contratto.
l’eliminazione dell’intermediario(24), il risparmio notevole sui costi di transazione,
l’immutabilità delle pattuizioni.
Sembra effettivamente trattarsi dell’humus perfetto per lo sviluppo della c.d. contrattazione intelligente(25).
Accanto a tali (supposti) vantaggi, però, gli smart contracts pongono ovviamente una serie di questioni giuridiche a cui, pur nella consapevolezza che possa rivelarsi ancora prematuro, o inutile, è opportuno sforzarsi di dare risposta, quantomeno a quelle che sembrano non essere state ancora prese approfonditamente in considerazione dalla dottrina(26).
Ed è ciò che si tenterà di fare nello sviluppo del presente lavoro.
Nel primo capitolo sarà necessario, innanzitutto, approfondire lo studio della tecnologia blockchain, prendendo l’abbrivio dall’analisi del più ampio genus delle
(24) Come noto, la categoria dei notai è, insieme a quella degli avvocati, la piú indicata a scomparire a seguito della rivoluzione blockchain. Per quanto riguarda i primi, ma le stesse considerazioni possono valere, mutatis mutandis, anche per i difensoir, vale la pena sottolineare, così come fa X. XXXXXXXXXX, La figura giuridica, cit., 922 ss., che questi ultimi non sono, e non possono essere, relegati al ruolo di semplici «documentatori», privando altrimenti di senso alcune norme fondamentali della l. 16 febbraio 1913, n. 89, quali sono l’art. 27 e l’art. 47, che assegnano a questo professionista del diritto il compito di farsi interprete delle volontà delle parti.
Fondamentale è, anche, come osserva X. XXXXXX, Il ruolo del notaio nella nuova realtà delle nullità contrattuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 1, p. 361 ss., ma spec. p. 378, il compito del notaio nell’ottica della prevenzione dell’insorgenza delle liti.
In tema di blockchain, la «difesa», si fa per dire, del ceto notarile la assumono, con maggiore dovizia di argomentazioni, X. XXXXXXX, Blockchain, cit., p. 211 ss.; X. XXXXXXXXX, Il notariato, cit., p. 53 ss.; X. XXXXXX, Il notaio, cit., p. 142 ss.
(25) Si tenga conto che, nel testo, verrà frequentemente utilizzata la traduzione italiana della locuzione smart contracts. Ciò si farà per evitare sgradevoli ridondanze, pur precisando che, tanto il termine inglese, tanto quello italiano, come si vedrà, utilizzano in maniera impropria il sostantivo «contratto».
(26) Ciò non toglie che si debba comunque convenire con F. DI CIOMMO, Gli smart contracts, cit., p. 165, secondo il quale sarebbe inutile l’elaborazione di una nuova categoria giuridica, quella degli smart contracts, trattandosi di fenomeni già esistenti da tempo e comunque troppo eterogenei tra loro per essere ordinati insieme. Posizione ribadita dall’A., con la solita dovizia di argomentazioni, anche in Blockchain, smart contract, Intelligenza artificiale (AI) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in Riv. inf. mal. prof., 2019, 1, p. 1 ss., spec. 5 ss.
distributed ledger technologies, in modo tale da fornire una idea ben precisa del loro funzionamento, delle loro caratteristiche e dei loro limiti.
Nel secondo capitolo si entrerà nel vivo della contrattazione smart e sarà, ovviamente, necessario chiarire dapprima che cosa si intende per smart contract e, soprattutto, se possa con tale termine farsi riferimento ad una unica, ampia, categoria. Si tenterà, allora, in primo luogo, di inquadrare giuridicamente gli smart contracts,
ferma la impossibilità di ricondurli automaticamente all’interno della categoria dei contratti, accertando eventualmente anche le analogie e le differenze che questi presentano con i contratti automatizzati. Tale verifica è fondamentale al fine di comprendere se, quando, e quali norme del c.c. e possono eventualmente trovare applicazione anche nei confronti di queste fattispecie.
Per farlo sarà necessario altresì verificare se un rapporto completamente automatizzato, quale è quello governato dallo smart contract, possa essere ricondotto allo schema dell’accordo, inteso come incontro tra dichiarazioni e, quindi, come accennato, allo schema del rapporto contrattuale, oppure sia necessario ricorrere ad altre figure e classificazioni.
In secondo luogo, si approfondiranno le problematiche che pone tale nuova tecnologia e si analizzeranno le possibili soluzioni applicabili anche nell’ipotesi in cui gli smart contracts non possano essere considerati veri e propri contratti.
Successivamente, dopo aver constatato quali possano essere i risvolti positivi e quelli negativi di un eventuale (futuro) utilizzo massivo degli smart contracts, e proprio in tale ottica, si cercheranno di analizzare ed affrontare le problematiche che questi pongono nel mondo del diritto.
Si tenterà, dunque, in primo luogo, di comprendere se e quando si possa effettivamente parlare di (smart) contratto, inteso (non in senso informatico ma, bensì) in senso giuridico. Una volta accertata l’esistenza di un vero e proprio contratto intelligente se ne esamineranno il processo di formazione, i requisiti essenziali, la rilevanza di eventuali vizi del consenso, nonché le modalità attraverso le quali lo smart contract può entrare a far parte del materiale probatorio nell’àmbito di un giudizio civile. Nello svolgimento di tutte queste indagini, si dovrà necessariamente tenere in
considerazione il dato di diritto positivo che ci ha recentemente consegnato il legislatore italiano(27).
Nel terzo capitolo, infine, si cercherà di fornire una panoramica delle possibili applicazioni, presenti e future, degli smart contracts combinati con la tecnologia blockchain, tenendo conto dei limiti, tecnologici e giuridici, che tali tecnologie, inevitabilmente, presentano.
(27) Si fa qui riferimento all’art. 8 ter d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, convertito, con modificazioni, in l. 12 febbraio 2019, n. 12, sul quale poi, si tornerà. Per una analisi della normativa sullo smart contract si rimanda comunque, sin da ora, a X. XXXXXXXXX, Commento in materia di Blockchain e Smart contract alla luce del nuovo Decreto Semplificazioni, in Diritto Mercato Tecnologia, 26 febbraio 2019; X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., p. 954 s., in particolare nota n. 58; nonché ID., Gli smart contracts, cit.,
p. 6, nota n. 14; X. XXXXXXXXXX, La normativa italiana sugli smart contracts, in X. XXXXXXXXXX e M. XXXXXX XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract, cit., p. 375 ss.; X. XXXXX, Blockchain, cit., p. 302 ss.; F. XXXXXXX, Forma, cit., p. 25 ss.; X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 255 ss.; X. XXXXXXX., Distributed, cit., p. 500 ss.; e X. XXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 374 ss.
CAPITOLO I – INQUADRAMENTO DEGLI SMART CONTRACTS NEL CONTESTO DELLA TECNOLOGIA BLOCKCHAIN.
I. Distributed Ledger Technology (DLT) e Blockchain
Per comprendere appieno le riflessioni che si tenterà di sviluppare nel prosieguo è assolutamente necessario conoscere, e capire, a che cosa si faccia riferimento quando si discorre di Distributed Ledger Technologies (DLTs) e blockchains. E per farlo occorre partire dal significato originale e originario di Ledger(28).
Il rischio, altrimenti, è quello di incorrere in una evidente confusione di concetti, giacché, come è stato ricordato: «[p]eople often think of blockchain technology and distributed ledger technology as the same. It’s easy to see why many would think along those lines. Now it is time to scratch beneath the surface and see the truth behind the buzzwords. Although these terms have become entwined over the past few years, it is essential to distinguish the two from one another»(29).
Come è a tutti noto, l’esigenza di tenere conto di accadimenti rilevanti per la vita umana è innata nella storia della società. E dal momento in cui l’uomo ha iniziato a commerciare, ovviamente, tale necessità si manifestava nel senso di rendere edotti i terzi di tutti quegli avvenimenti che interessavano la proprietà, il possesso, la disposizione dei beni di scambio.
Lo strumento utilizzato nel tempo per soddisfare tali bisogni è stato il registro,
(28) Sul punto, per un esame approfondito v. X. XXXXXXX, Che cosa sono e come funzionano le Blockchain Distributed Ledgers Technology, reperibile su xxxxxxxxxx0xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxx-xxxxxxxxxx-xx-xxxxxxxxxx-xxxxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxx/. Più recentemente, poi, X. XXXXX, DLT, cit., spec. p. 139 ss.; e X. XXXXXXX, Smart contracts e tecnologie basate su registri distribuiti nella L. 12/2019, in Riv. dir. inf., 2021, 2, p. 369 ss.
Altrettanto esaustive le informazioni fornite da X. XXXXX, Blockchain vs. Distributed Ledger Technology, reperibile in 000xxxxxxxxxxx.xxx; e di X. XXX, The Difference Between Blockchains & Distributed Ledger Technology, 30 gennaio 2018, reperibile in xxxxxxx.xxx.
(29) Cosí X. XXX, The Difference, cit.
o libro mastro(30). Naturalmente il tempo, oltre a consentire un inesauribile affinamento di tali tecniche, ha anche comportato che, grazie all’evoluzione tecnologica, la funzione di memorizzazione attribuita al documento cartaceo(31) si sia trasferita su quello informatico.
Dunque, se sotto l’aspetto funzionale il libro mastro non ha subito alcuna
modifica, il supporto utilizzato si è invece assai evoluto nel tempo.
Chiarita brevemente la natura e la funzione del libro mastro, occorre ora soffermarsi sull’aspetto che per noi sarà più rilevante: ovverosia quello della logica sulla quale si basava la tenuta dei libri mastri.
Questa è sempre stata una logica centralizzata e, in sostanza, ciò significa che un determinato soggetto si è sempre occupato della gestione ed elaborazione dei dati da raccogliere ed inserire all’interno del libro.
Radicalmente diverse sono, invece, le caratteristiche della c.d. Distributed Ledgers Technology. Si tratta infatti di registri distribuiti, libri mastro che e possono essere aggiornati, gestiti, controllati e coordinati non, come di consueto, solamente a livello centrale, ma in modo distribuito, mediante la partecipazione di tutti coloro che condividono informazioni o compiono operazioni che debbono essere registrate su tale libro mastro.
In sostanza, si tratta di grandi reti di utenti all’interno delle quali tutti i partecipanti sono chiamati a gestire un nodo della rete; e sono altresì autorizzati ad aggiornare il registro in modo assolutamente indipendente da tutti gli altri nodi, ma comunque con la previsione di modalità di controllo basate sul consenso.
Gli aggiornamenti, dunque, non sono più gestiti da un’unica autorità xxxxxxxx, xx
(00) Tale libro è, come noto, fondamentale per lo svolgimento di qualsivoglia pratica contabile, ovverosia di tutte quelle operazioni che servono a determinare i fatti e le operazioni aziendali in termini monetari. Sulle scritture contabili si rimanda, per tutti, a X. XXXXXXXX, voce Libri di commercio e scritture contabili delle imprese commerciali, in Noviss. Dig. it., IX, Torino, 1963, p. 815 ss.; X. XXXXX, voce Scritture contabili, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989,
p. 818 ss.; nonché, anche per interessanti ragguagli storici, a N. IRTI, La memoria dell’impresa
(dai quadernacci di Xxxxxxxxx Xxxxxx ai nastri magnetici), in Riv. dir. proc., 1991, 1, p. 52 ss.
(31) Senza tener conto che essa si svolgeva, ancora prima, per il tramite di argilla, papiro, legno, pietra e, solo infine, carta.
sono gestiti in modo del tutto indipendente e distribuito.
In questo modo ogni partecipante è in grado di processare e controllare ogni transazione ma nello stesso tempo ogni singola transazione, ancorché gestita in autonomia, deve essere verificata, votata e approvata dalla maggioranza dei partecipanti alla rete.
L’autonomia di ciascun nodo è subordinata al raggiungimento di un consenso sulle operazioni che vengono svolte e solo con questo consenso tali operazioni possono poi essere autorizzate e attivate.
La blockchain appartiene alla più ampia categoria delle tecnologie Distributed Ledger, e (c.dd. Distributed Ledger Technology o DLT).
Si tratta, come ormai noto(32), di un insieme di sistemi che hanno come caratteristica principale quella di funzionare sulla base di un registro distribuito, governato in modo da consentire l’accesso e la possibilità di effettuare modifiche da parte di più nodi di una rete.
Possono essere distinti una serie di differenti tipologie di DLTs, a seconda delle caratteristiche fondamentali proprie di ogni registro. Al fine di tale distinzione, assumono rilievo: i) la tipologia di rete; ii) il meccanismo mediante il quale viene aggiornato il registro (c.d. meccanismo di consenso); e, iii) la struttura del registro.
In linea di massima, riservandomi ovviamente di affrontare più
(32) La letteratura specialistica (facendo qui riferimento a quella di formazione prettamente informatica) si è assai di sovente occupata dello studio delle tecnologie di registro distribuito.
Fondamentale, ai fini di una corretta comprensione del fenomeno, è X. XXXXXXXXXX, Tutto su blockchain. Capire la tecnologia e le nuove opportunità, Milano, 2018, p. 1 ss.; così come, anche, A. SUNYAEV, Distributed Ledger Technology, in Internet Computing. Principles of Distributed Systems and Emerging Internet-Based Technologies, Switzerland, 2020, p. 265 ss.
Volgendo lo sguardo all’àmbito degli studi giuridici, poi, sebbene generalmente la maggior parte degli Autori che si sono occupati di tematiche come quelle degli smart contracts, della blockchain e, soprattutto, delle criptovalute si siano quantomeno brevemente soffermati sulle DLTs, vanno in questa sede ricordati i lavori di R. XXXXXXX, Quando la decentralizzazione delle DLT incontra il mercato dei capitali. Appunti sulle organizzazioni decentralizzate, in An. giur. econ., 2019, 1, p. 373 ss.; E. LA SALA, L’applicazione della “Distributed Ledger Technology” all’emissione di strumenti finanziari di debito, in Le Società, 2019, 6, p. 715 ss.
approfonditamente le menzionate questioni nel prosieguo della trattazione, i registri distribuiti vengono aggiornati solo dopo aver ottenuto il consenso dei partecipanti alla rete, e ciascun singolo nodo viene aggiornato con l’ultima versione di ogni singola operazione compiuta dai singoli partecipanti. Una volta inserita nel registro l’operazione compiuta e verificata, questa rimane registrata in modo indelebile e immutabile su ogni singolo nodo.
In sostanza, ciascun partecipante dispone, contrariamente a ciò che avviene per i registri centralizzati, di una copia, tendenzialmente non modificabile, di ciascuna operazione.
Dalle sommarie informazioni fornite su questi sistemi tecnologici, sembra possibile comunque sin da ora affermare che essi consentono di immaginare un utilizzo dei registri assai diverso rispetto a quello al quale siamo sempre stati abituati.
Si tratta, difatti, di un modello di architettura che non è più inquadrabile e limitabile nell’alveo di una generica categoria di archivio così come lo abbiamo sempre conosciuto.
Non si tratta di un “semplice” contenitore di informazioni, ma di uno strumento che regola e istituisce un nuovo rapporto tra persone e informazioni(33).
II. Blockchain: tipi, caratteristiche, pregi e criticità
Il primo contributo che propose l’utilizzo della tecnologia che oggi tutti conoscono con il nome di blockchain risale al 1991(34), e suggeriva una «timbratura digitale», mediante delle «computationally practical procedures», di documenti di testo, audio, foto e
(33) Rapporto, quello al quale si è appena fatto cenno, tra persone e informazioni, che affatica da alcuni anni la migliore dottrina, impegnata al fine di comprendere se la commercializzazione delle informazioni personali possa essere la soluzione al problema che la loro stessa diffusione pone.
Non si potrà in questa sede neanche tentare di fornire una risposta a tale quesito, e si rimanda dunque, oltre che agli altri riferimenti sparsi nel testo, al recente lavoro di G. ALPA, Il diritto di essere se stessi, Milano, 2021, p. 13 ss. e 300 ss.
(34) X. XXXXX e W. XXXXX XXXXXXXXX, How to time-stamp a digital document, in J. of Cryptology, 1991, p. 99 ss.
video, di modo che fosse impossibile per chiunque retrodatarli o postdatarli.
Sebbene il termine, oggi, richiami in modo pressoché esclusivo e immediato il famoso fenomeno della cripto-valuta bitcoin, ideata nel 2009 da Xxxxxxx Xxxxxxxx(35), è necessario tenere presente come il primo sistema di pagamento virtuale risalga in realtà al 1994(36), ma in questo caso era ancora necessaria la presenza di un soggetto terzo che potesse approvare le varie operazioni. L’inventore del bitcoin(37) è riuscito, invece, coniugando tecnologie da tempo esistenti, come la crittografia(38) e il network peer-to- peer(39), a superare anche l’ostacolo del c.d. «double spending»(40), rendendo superflua la
(35) X. XXXXXXXX, Bitcoin: A Peer-to-peer Electronic Cash System, reperibile su
xxxxxxx.xxx/xxxxxxx.xxx.
(36) Si chiamava DigiCash, nato da un’idea di X. XXXXX, Blind signatures for untraceable payments, reperibile su xxxxxx.xxx.xxxx.xxx/xxxx/xxxxxxxx/xxxx0000XxxXxxxxxxxXxxx0000/Xxxxx-xxxxx- signatures.PDF.
(37) Con la lettera minuscola si fa qui riferimento alla unità di conto virtuale, mentre Bitcoin
con la maiuscola è usata quando ci si riferisce all’intero network.
(38) Per crittografia si intende un insieme di tecniche e algoritmi che consentono di trasformare un messaggio rendendolo intellegibile solamente per coloro che condividono maggiori informazioni riguardo al metodo tramite cui si è codificato il messaggio.
Quella asimmetrica, che a noi qui interessa, è stata ideata da Xxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxx X. Xxxxxx nel 1976, e sviluppata utilizzando l’algoritmo RSA di Xxx Xxxxxx, Xxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx nel 1977. Questo sistema esegue una crittografia a doppia chiave: in breve, fornisce riservatezza crittografando il messaggio con la chiave pubblica del destinatario, e ne garantisce l’autenticità con la chiave privata del mittente.
La blockchain Bitcoin utilizza un sistema di cifratura a chiavi asimmetriche che consente a chiunque intenda effettuare lo scambio di documenti per via elettronica, di munirsi di una coppia di chiavi inscindibilmente connesse tra loro da un rapporto di complementarità. Una delle due chiavi è destinata a essere custodita in maniera assolutamente riservata dal proprio titolare ed è denominata “chiave privata” mentre l’altra, “chiave pubblica”, è soggetta a diffusione presso il pubblico.
Sul tema v., per tutti, X.X. XXXXXX, Secure Communications Over Insecure Channels, in
Communications of the ACM, 1978, 4, p. 294 ss.
(39) In sostanza, qualsiasi computer che accede al network può svolgere le varie funzioni di distributore, fruitore e conservatore dei dati che fanno riferimento a tutte le transazioni e le operazioni compiute all’interno del network stesso.
(40) Il sistema di pagamento, per essere sicuro, deve garantire che un soggetto non possa spendere due volte la stessa somma. È proprio il problema della doppia spesa che aveva fino a quel momento impedito l’eliminazione di intermediari nello scambio di mezzi di pagamento.
presenza di intermediari(41) per convalidare tutte le transazioni aventi ad oggetto i
bitcoins.
La vera rivoluzione, dunque, a parere di chi scrive, non va individuata nel software che consente di scambiarsi, senza bisogno di terze figure, valute virtuali(42), ma con la tecnologia sulla quale detto software opera, in maniera totalmente disintermediata
Ovviamente, dalla prima blockchain, le cose sono molto cambiate. Tanto che oggi si suole distinguere tra blockchain di prima generazione, facendo riferimento al software che consentiva di evitare il problema della doppia spesa, appena menzionato nel testo; ma si discorre anche di blockchain di seconda, e di terza generazione, che consentono l’implementazione di smart contracts e di vari meccanismi di formazione del consenso. Sul punto v. F. ROESSIG, Blockchain 1.0, 2.0, X.0 … what is next?, reperibile in xxx.xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxx/xxx/xxx/0000/000000/0000-00- 20_Item3_Blockchain_and_%20applications.pdf?2ef4a314cbca6e021f01992b77398c22.
(41) È questo, secondo X. XXXXX, The Promise of Blockchain Is a World Without Middlemen, reperibile su xxx.xxx/0000/00/xxx-xxxxxxx-xx-xxxxxxxxxx-xx-x-xxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxx, l’elemento di maggiore rilevanza di una tecnologia che rivoluzionerà i database.
(42) La letteratura dedicata alle criptomonete è particolarmente vasta e si è affaticata enormemente nel tentativo di individuarne la natura giuridica. Tra i contributi essenziali:
X. XXXXXXXX, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del «bitcoin»: miraggio monetario crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema?, in Dir. inf., 2015, 3, p. 415 ss.; N. VARDI, «Criptovalute» e dintorni: alcune considerazioni sulla natura giuridica del «bitcoin», ivi, 2015, 3, p. 443 ss.; G. LEMME e X. XXXXXX, Criptomoneta e distacco dalla moneta legale: il caso bitcoin, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 43, 2016;
X. XXXXXXXXXX, Bitcoin: il leading case italiano, in Banca borsa tit. cred., 2017, 4, p. 471 ss.; X. XXXXXXXX, Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche, in Dir. inf., 2017, 1, p. 27 ss.; X. XXXXXXX, La controversa natura giuridica di Bitcoin: un’ipotesi ricostruttiva, in Rass. dir. civ., 2018, 1, 333 ss.; e A. XXXXXX, Bitcoin: profili civilistici e tutela dell’investitore, in Riv. dir. civ., 2019, 1, p. 159 ss.
Il tema ovviamente ha interessato, e molto, anche i decisori politici. Oltre ai riferimenti normativi che si possono trovare nella letteratura appena citata, vale la pena ricordare come, nel settembre 2020, la Commissione Europea abbia pubblicato quattro proposte legislative dirette ad implementare la cd. digital finance strategy. Il pacchetto delle proposte legislative, denominato digital finance package, comprende: i) un Regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività (cd. MiCA o MiCAR); ii) un Regolamento relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario; iii) una Direttiva volta a chiarire o modificare determinate norme dell’UE in materia di servizi finanziari; iv) un Regolamento che istituisce un regime pilota relativo alle infrastrutture di mercato basate sulla distributed ledger technology.
e distribuita(43).
Sia consentito ora tentare di agevolare la comprensione del funzionamento della tecnologia blockchain mediante la descrizione di quella dell’esperienza Bitcoin.
Si tratta sostanzialmente di un database digitale distribuito che viene aggiornato, gestito, controllato e coordinato non più a livello centrale, ma in modo decentralizzato, da parte di tutti coloro che vi accedono.
Ogni dispositivo connesso alla blockchain viene definito “nodo” e può svolgere qualsiasi funzione. La rete è strutturata in “blocchi”, i quali formano una “catena”, e sono ordinati cronologicamente. Ogni blocco contiene una serie di informazioni, inserite congiuntamente o disgiuntamente dai nodi che hanno accesso alla chain, e sono validate dalla maggioranza degli apparecchi collegati allo stesso network. In breve, il processo di validazione funziona così: la transazione viene inviata ai miners(44), che devono abbinarvi un meccanismo di formazione del consenso(45) valido; il primo tra questi che è in grado di elaborarlo, sfruttando la potenza
(43) Il Servizio Ricerca del Parlamento Europeo (EPRS) ha pubblicato al riguardo, nel febbraio 2017, una analisi approfondita individuando una serie di settori che potrebbero essere maggiormente interessati dallo sviluppo della tecnologia blockchain. Il documento è reperibile in xxxxxxxx.xxxxxx.xx/XxxXxxx/xxxxxx/XXXX/0000/000000/XXXX_XXX(0000)000000_XX.xxx.
(44) Il minatore è il nodo che compie la validazione delle transazioni effettuate all’interno della blockchain. Nell’esperienza Bitcoin ogni nodo che possegga una potenza computazionale sufficiente può svolgere la funzione di xxxxx. Tutti i nodi, invece, miners compresi, posseggono una copia di tutte le transazioni e vi possono accedere.
(45) Nel caso della blockchain Bitcoin il meccanismo di formazione del consenso utilizzato è il proof-of-work, che funziona sulla base della potenza computazionale della quale dispongono i minatori. Ma oltre a questo ne esistono molti altri, ognuno dei quali presenta aspetti innovativi interessanti ma non nasconde alcune criticità. Per la loro analisi sia consentito rimandare a F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit. p. 26 ss. Sebbene il meccanismo proof-of-work possa essere considerato, ad oggi, uno dei più affidabili, esso è sicuramente eccessivamente dispendioso, tanto da poter rendere non più proficua l’attività di mining, come osserva X. XXXXX, Xxxxxxx, minatori in crisi: vale meno dei costi per estrarlo, in IlSole24Ore, 29 gennaio 2019.
Ma, al di là di tali valutazioni, il problema più grave è il consumo energetico che, secondo i dati reperibili su xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxxxxxx, si aggira sugli 80 Tw/h per l’anno 2021. Si tratta, per intenderci, di un consumo energetico comparabile a quello del Cile. Il problema è preso seriamente in considerazione anche da X. XXXXXXX, Da Berlino, cit., p. 1185 s.; e da F. XXXXXXX, Forma, cit., p. 22.
computazionale del proprio computer, lo invia agli altri, che lo accettano solo se non risulta che le proprie transazioni siano già presenti in un altro blocco validato in precedenza.
La prova che, al momento dell’inclusione della transazione nel registro, la maggioranza degli utenti ne condividesse la validità è data dal fatto che la stessa viene datata attraverso un time-stamp, composto dall’oggetto dell’operazione oltre l’hash(46) immediatamente precedente.
Ognuno di questi time-stamp(47) viene replicato tra gli utenti che condividono la medesima blockchain. Per questo motivo, non è possibile mutarlo unilateralmente, operazione che richiederebbe la modifica dell’hash di riferimento e di tutti i successivi hash in contemporanea su tutte le copie o, almeno, sulla maggioranza di queste.
Tutti questi dati una volta immagazzinati nel relativo blocco, vengono cristallizzati in modo definitivo, per cui la loro modifica è possibile soltanto attraverso una operazione inversa e sempre validata dalla maggioranza degli utenti. Ciò che rende, se non impossibile, altamente improbabile la manipolazione fraudolenta dei dati e
(46) Ogni blocco della blockchain viene identificato con un hash, cioè una stringa alfanumerica. Qualsiasi transazione per essere validata ed entrare a far parte della catena di blocchi deve ricevere dal minatore un nuovo hash e contenere al suo interno quello del blocco precedente, in modo da essere indissolubile.
(47) È forse proprio la timbratura digitale di qualsiasi dato inserito nel registro che, consentendo di delineare con certezza la data, l’ora e l’integrità dello stesso, costituisce lo sviluppo più interessante per quanto concerne l’utilizzo delle blockchain di tipo pubblico. Sebbene tale procedura non consenta di attestare la c.d. verità intrinseca del dato, cioè la corrispondenza al vero di quanto esso contiene, ciò non sembra aver impedito che si sviluppassero idee altamente innovative nell’ambito, ad esempio, la filiera agroalimentare: si veda A. SABA, “Blockchain” e vino: una nuova frontiera, in Dir. agroalimentare, 2019, 3, p. 491 ss.; nonché più recentemente anche WA. D’AVANZO, “Blockchain” e “smart contracts” per la gestione della filiera agroalimentare. Potenzialità, progetti e problemi giuridici dell’internet del valore, in Dir. agroalimentare, 2021, 1, p. 93 ss.
In particolare, poi, per quanto riguarda la tracciabilità di prodotti ittici, molto interessante è il progetto realizzato dalla compagnia inglese Provenance, su xxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxxx-xxxxxxxx/0000/xxx/00/xxxxxxxxxx-xxxx-xxxxxxx-xxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxxxx- technology.
la modifica da parte di terzi non autorizzati(48).
Quello che ho appena descritto è il funzionamento della blockchain Bitcoin, che è di tipo pubblico, e permissionless. Ciò significa che è accessibile da qualunque dispositivo e che ogni nodo al suo interno può effettuare transazioni, registrarle o validarle senza restrizioni di sorta(49).
Ma esistono anche blockchain di tipo privato, e permissioned, e di tipo misto, o c.d. ibride(50). All’interno delle prime si accede solamente utilizzando delle credenziali e le
(48) La modifica di transazioni già avvenute e registrate da parte della maggioranza dei nodi della blockchain viene definita «51% attack». Si è detto altamente improbabile ma non impossibile poiché la potenza computazionale necessaria per tale attacco aumenta in maniera proporzionale alla quantità di nodi e transazioni presenti nella blockchain. Nonostante tutto vale la pena rilevare come il costo di un attacco del genere, stante la volatilità delle cripto- valute, varia costantemente. Oggi i costi non sembrano così proibitivi come in passato, come illustrato da uno studio reperibile su crypto51.ap. Sul punto si rimanda anche al lavoro di X. XXXXXXXX, Blockchain e le sue applicazioni forensi: uno studio sulla sicurezza, in Cib. dir., 2020, 1, p. 103 ss., ma in particolare sulla resilienza della blockchain, p. 113 ss.
(49) Le principali piattaforme tecnologiche blockchain sono Blockchain ed Ethereum, anche se ce ne sono altre come Quorum.
La piattaforma Blockchain, utilizzata da oltre 38 milioni di utenti, permette di aderire a uno smart contract prestabilito e di acquistare criptovalute, proprio la piattaforma che è Bitcoin, così come Ether e Stellar. Ethereum, utilizzata da circa 12 milioni di utenti, è una blockchain programmabile con la quale è possibile creare contratti intelligenti personalizzati e acquistare la criptovaluta della piattaforma, che è l’Ether. Attraverso questa piattaforma, invece di operare con uno smart contract prestabilito, i dati vengono incorporati nella piattaforma sotto forma di input, che genera nuove transazioni o output.
Ovviamente per poter disporre di tale potere di personalizzazione del contratto intelligente, Ethereum prevede un costo transattivo legato alla potenza computazionale che sarà necessaria ai fini della sua validazione: gli utenti, insomma, devono pagare un canone in Ethers per ogni operazione che attivano (che per tutto il 2019 è stato intorno ai 5-6 centesimi di euro, ed a settembre 2020 era pari ad 1-2 euro).
Questo costo in criptovaluta Ether è determinato dai miners, e chi esegue una transazione può stabilire ex ante la quantità massima di valuta che è disposto ad investire per la conclusione della stessa.
Al contrario, la piattaforma Blockchain consente di ottenere criptovalute, convertibili in un saldo riscattabile tramite PayPal, ma, ovviamente, in questo caso all’utilizzo gratuito della piattaforma fa da contraltare la necessità di trasferire una serie di propri dati personali.
(50) Per una accurata descrizione del funzionamento e delle differenze tra i vari tipi di blockchain, si rimanda a X. XXXXXXXX, Blockchain pubbliche e permissioned: una questione di fiducia, in xxxxxxxxxxx.xx, 2021, 2, p. 140 ss., in part. 146 ss.
attività di validazione e registrazione delle transazioni non sono consentite a tutti i nodi, ma solo ad alcuni di questi, autorizzati in tal senso(51). L’accesso alle seconde, invece, può anche essere libero ma la validazione e la conservazione delle transazioni eseguite è demandato solo ad uno o più nodi selezionati.
La differenziazione tra pubblica e privata, in breve, si basa sulla capacità di lettura degli utenti, mentre quella tra blockchain permissionless e blockchain permissioned si basa sulla capacità di scrittura dei nodi, a seconda cioè, del fatto che tutti gli utenti, nel primo caso, o solo alcuni di essi, nel secondo, possano apportare modifiche al libro mastro distribuito.
È necessario però, osservare che, sebbene anche in presenza di tali tecnologie ad accesso ristretto venga utilizzato indistintamente il termine blockchain, sarebbe opportuno farlo solamente quando ci si trova in presenza di blockchain pubbliche, cioè accessibili a tutti(52). A parere di chi scrive tale obiezione è corretta, e dunque sarebbe preferibile ritenere che le blockchain private e permissioned vengano ricondotte alla più generale categoria delle tecnologie basate su registri distribuiti e non a quella, specifica, di blockchain.
In ogni caso, dalla sommaria descrizione fornita sul funzionamento e i tipi di blockchain e sui meccanismi di formazione del consenso utilizzati dalla stessa, è possibile individuare quali sono i principi fondamentali di questa tecnologia(53): (i)
(51) Il documento informatico firmato digitalmente o, ai sensi dell’art. 20, comma 1bis del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. Codice dell’Amministrazione digitale), con «altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o previa identificazione informatica del suo autore, o […] previa identificazione informatica del suo autore attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore» assume una valenza probatoria diversa e maggiore rispetto a quello inserito nella blockchain di tipo pubblico, che è liberamente valutabile dal giudice, e cioè quella di cui all’art. 2702 c.c.
(52) Di tale avviso, sulla scorta di quanto affermato a più riprese da XXXX e BCE, X. XXXXXXXXXX, Distributed Ledger Technologies e mercato finanziario: le prime posizioni dell’ESMA, in M.T. PARACAMPO (a cura di), Fintech. Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari, Torino, 2017, p. 229 ss.
(53) Quantomeno nelle forme della blockchain permissionless e pubblica.
distribuzione(54), grazie all’utilizzo di un network peer-to-peer che consente a chiunque possieda una connessione a internet di accedere ad una blockchain e mantenere un registro delle transazioni compiute dai partecipanti; (ii) disintermediazione, grazie all’utilizzo di uno dei vari meccanismi di formazione del consenso esistenti, che permettono di eliminare in maniera definitiva la figura dell’intermediario; (iii) immutabilità, poiché la catena di blocchi non può essere modificata; (iiii) sicurezza, grazie all’utilizzo della crittografia a chiave asimmetrica(55).
Sono proprio queste caratteristiche ad aver attirato sin da subito, con un crescendo
(54) Un sistema distribuito pone, come detto, tutti i nodi presenti al suo interno sullo stesso piano. Chiunque opera, convalida e registra. In caso contrario è più corretto parlare di decentralizzazione. Ciò significa che una minoranza di nodi può svolgere tutte le operazioni menzionate.
(55) La sicurezza offerta da tale tipo di crittografia, però, deve considerarsi, come ritiene anche X. XXXXXXXXXX, Tutto su blockchain, cit., p. 168, un sistema a rischio di rapida obsolescenza.
Anche in tema di sicurezza, infatti, così come avviene per il c.d. «attack 51%» o le c.dd.
«forks», con l’aumento della potenza computazione disponibile sul mercato aumentano i rischi
di tenuta per la blockchain.
nel corso degli ultimi anni, l’interesse di regolatori(56), imprese(57), governi(58) e istituti bancari(59).
Xxxxxxx, però, anche essere fatte alcune precisazioni ed evidenziati alcuni aspetti critici al riguardo.
Nella blockchain pubblica non c’è più bisogno di un ente centrale al quale
(56) Il 4 luglio 2014 l’Autorità Bancaria Europea ha pubblicato un documento, nel quale sono evidenziati i rischi legati al mondo delle cripto-valute. Si veda EUROPEAN BANKING AUTHORITY, EBA Opinion on virtual currencies, reperibile in xxx.xxxxxx.xx/, spec. p. 10 ss.
Nel corso degli anni, poi, vari sono stati i documenti, i comunicati, i reports che hanno interessato le cripto-attività. Solo per farne un rapido riepilogo, si pensi a EUROPEAN BANKING AUTHORITY, Warning to consumers on virtual currencies, 12 dicembre 2013; ID., Opinion of the European Banking Authority on the EU Commission’s proposal to bring Virtual Currencies into the scope of Directive (EU) 2015/849 (4AMLD), 11 agosto 2016; EUROPEAN SECURITIES AND MARKETS AUTHORITY, ESMA alerts investors to the high risks of Initial Coin Offerings (ICOs), 13 novembre 2017; OFFICE OF THE COMPTROLLER OF THE CURRENCY, Authority of a National Bank to Provide Cryptocurrency Custody Services for Customers, 22 luglio 2020; X. XXXX e X. XXXXX XXXXXX, Comparing Means of Payment: What Role for a Central Bank Digital Currency?, Federal Reserve System Note, 13 agosto 2020.
Assai recente, ancora, il richiamo all’attenzione dei piccoli risparmiatori sugli elevati rischi connessi all’operatività in cripto-asset, di CONSOB e BANCA D’ITALIA, Comunicato Stampa diffuso a cura del servizio comunicazione, Roma, 28 aprile 2021; e il lungo e approfondito j’accuse nei confronti (anche) di Bitcoin, della BANK OF ENGLAND, New forms of digital money, 7 giugno 2021, reperibile in xxxxxxxxxxxxx.xx.xx/paper/2021/new-forms-of-digital-money.
(57) Secondo l’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2018 le società del nostro Paese hanno investito su progetti legati alla blockchain complessivamente 15 milioni di euro in 150 progetti che vanno dai corsi di formazione e consulenza strategica alle consulenze per conoscere le piattaforme e sviluppare progetti pilota, fino ai progetti operativi, come le Initial coin offering.
(58) Nel 2015 il governo dell’Honduras ha iniziato a sviluppare su blockchain un sistema di registro dei titoli di proprietà immobiliare; nello stesso anno anche il governo estone ha iniziato a fornire servizi notarili basati su blockchain. Più recente, invece, la scelta del governo venezuelano di emettere la propria cripto-valuta, il Petro.
È poi recentissima la scelta, della República de El Xxxxxxxx, di attribuire a bitcoin il valore
di moneta di corso legale. Il Parlamento del Paese, l’8 giugno 2021, infatti, ha approvato la
c.d. Ley Bitcoin, pubblicata il giorno successivo nel Diario Oficial. Il testo è disponibile in
xxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxxxx/xx-0000/00-xxxxx/00-00-0000.xxx, p. 13 ss.
(59) Nel 2015 le più grandi banche del mondo, tra le quali le italiane Unicredit e Intesa San Paolo, hanno aderito al consorzio R3 per sviluppare una piattaforma progettata per i servizi finanziari.
competano autorizzazione, controllo e conservazione. Questo è sicuramente uno dei suoi aspetti più rivoluzionari, e anche l’unica ragione per la quale correttamente si distingue tra blockchain e DLTs.
Ma non va dimenticato che, in un sistema distribuito, la gestione dei dati, la validazione delle transazioni e l’intervento in caso di problemi tecnici sono molto meno efficienti, veloci ed economici che in un sistema accentrato, non foss’altro perché qualsiasi intervento tecnico, qualsiasi modifica o cancellazione di dati deve essere autorizzata da tutti i nodi.
L’assenza di un ente centrale, in definitiva, se da un lato presenta interessanti profili di innovatività, dall’altro comporta anche il totale trasferimento di responsabilità sugli utenti. In tale ottica, può essere altresì opportuno rilevare come la disintermediazione possa essere fonte di rilevanti problematiche(60), tali da rendere, si crede, estremamente difettosa l’idea che ogni utente sia l’unico responsabile della conservazione dei propri dati, quantomeno per quanto riguarda determinate categorie degli stessi(61).
Ancora, non è corretto sostenere che la blockchain sia una trustless technology, che non necessità, cioè, che i partecipanti ripongano la loro fiducia in un soggetto predeterminato, come avviene nei sistemi centralizzati. A meno di non voler incorrere in costruzioni speculative paradossali, sostenendo, ad esempio, che aver
(60) Basti pensare, solo per fare un esempio, alla materia successoria in generale ed all’eredità digitale in particolare, per l’analisi della quale si rimanda nuovamente a X. XXXXXXX, L’eredità, cit., p. 65 ss.; G. XXXXX, La successione, cit., p. 85 ss.; ed a I. XXXXXXX, Sulla trasmissione, cit., p. 420 ss.
O si veda, ancora, la vicenda, reperibile in xxxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxxx00-xxxx/xxxxxxx-xxxxx-xxx- dei-pionieri-150milioni-in-fumo-nessuno-sa-la-password, del (presunto) decesso del fondatore della piattaforma di exchange, QuadrigaCX, a seguito della quale nessuno, né i suoi eredi né gli utilizzatori, ha più avuto la possibilità di accedervi.
Parzialmente diversa, ma comunque attinente al tema della conservazione dei dati, è la storia, reperibile su xxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx/0000/xxx/00/xxxx-xxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxx-xxxx, di un giovane gallese che ha smarrito un disco rigido contenente un portafoglio virtuale con un tesoretto di (all’epoca) circa quattro milioni di sterline.
(61) Nello stesso senso del testo, e per delle critiche a tale impostazione ideologica, senz’altro espresse più acutamente, e con un pizzico di ironia, v. X. XXXXXXX, Da Berlino, cit., p. 1184.
fiducia in ogni singolo componente della blockchain equivale a non dover riporla in nessuno, infatti, così come nei sistemi accentrati la fiducia dei partecipanti è, obbligatoriamente o volontariamente, riposta sull’ente che gestisce il sistema, anche il nodo che partecipa a una blockchain, non solo deve avere fiducia in tutti gli altri nodi ma, altresì, nei programmatori che hanno contribuito a creare la catena e nei miners che valideranno le transazioni eseguite all’interno di questa.
La decentralizzazione e l’utilizzo della crittografia, caratteristiche fondamentali delle blockchain di tipo pubblico, poi, pongono ulteriori delicate questioni che riguardano l’individuazione di eventuali responsabili nei casi di mala gestio(62). Proprio in tale ottica, invero, pare che la blockchain possa minare alla base le stesse fondamenta di due paradigmi del nostro ordinamento giuridico: quello della responsabilità
(62) L’individuazione di un soggetto responsabile all’interno di blockchain pubbliche sembra quantomeno ardua. Oltre alla difficoltà di risalire alle identità dei singoli nodi, sarebbe necessario altresì comprendere quando un illecito, dal quale deriva una responsabilità civile, sia ricollegabile al sistema stesso, e allora sembrerebbe ipotizzabile addossare il rischio, a seconda dei casi, sul produttore, sul programmatore o sull’utilizzatore, o quando sia invece ricollegabile all’operato dei miners, e allora sembrerebbero utilizzabili i classici rimedi della responsabilità extracontrattuale. Le questioni sono molto rilevanti. Si pensi che due nodi possono effettuare una transazione, e allora si può parlare di contratto, ma l’operato dei nodi che autorizzano tale transazione, laddove fosse esercitato in maniera scorretta, si potrebbe ricadere nell’ipotesi di responsabilità da lesione del credito.
contrattuale(63) e quello della responsabilità civile(64).
La tecnologia in commento, infatti, dal momento in cui vede come sue
(63) Sulla quale si vedano, senza alcuna pretesa di esaustività, X. XXXXXXXXXX, L’inadempimento. Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 183 ss.; X. XXXXXXX, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, p. 1073 ss.; X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXX PISU, L’inadempimento delle obbligazioni, in R. SACCO e G. DE NOVA (a cura di), Obbligazioni e contratti, I, in Tratt. dir. priv. Xxxxxxxx, 9, Torino, 1999, p. 207 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto: inadempimento e rimedi, Milano, 2010, p. 1 ss. e 62 ss.; X. XXXXXXXXXX, La responsabilità contrattuale tra tradizione e innovazione, in Resp. civ. prev., 2016, 1, p. 75 ss.; G. X’XXXXX, La responsabilità contrattuale: attualità del pensiero di Xxxxxxxx Xxxx, in Riv. dir. civ., 2019, 1, p. 1 ss.
(64) La letteratura italiana sul tema è, come noto, sterminata. In questa sede ci si limiterà a segnalare: X. XXXXXX, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, in part. 123 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, voce Responsabilità civile, in Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, p. 628 ss.; ID., voce Illecito (diritto vigente), ivi, VIII, Torino, 1968, p. 164 ss.; X. XXXXXXX, Le varie figure della responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 1973, p. 360 ss.; X. XXXXX, Il paradosso della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1983, p. 123 ss.; X.X. XXXXXXXX, La parabola della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 643 ss.; C. XXXXXXX, voce Responsabilità civile (diritto civile), in Enc. giur. Treccani, XXVI, Roma, 1991, p. 6 ss.; X. XXXXXXXX, Xxxxxxx Xxxxxx e gli studi sulla responsabilità civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, p. 653 ss.; X.X. XXXXXX, Diritto Civile, 5, La responsabilità, Milano, 2019, p. 543 ss.; e G. SCARCHILLO, La natura polifunzionale della responsabilità civile: dai punitive damages ai risarcimenti punitivi. Origini, evoluzioni giurisprudenziali e prospettive di diritto comparato, in Contr. impr., 2019, p. 289 ss.
Che quello della responsabilità civile sia, ancora oggi, istituto eclettico e cangiante, lo dimostrano, poi, ancora più recentemente, F. DI CIOMMO, Xxxxxx e funzioni, cit., p. 137 ss.; e
A. XXXXXXXXX, Dal danno ingiusto al danno “ingesto”. Oltre il danno punitivo... senza aspettare Godot, in
Riv. dir. civ., 2021, 1, p. 50 ss.
Sul tema, con specifico riguardo al mondo blockchain, si rimanda ancora a X. XXXXXXXX,
La responsabilità, cit., spec. p. 1623 ss.
Qui mi sia consentito solamente aggiungere che, nonostante sia stata dedicata grande attenzione, da parte della migliore civilistica italiana, tanto alla tematica dell’illecito così come a quella del danno (soprattutto quando questo colpisce la persona), scarsa considerazione è stata riservata, invece, alle modalità della sua liquidazione. Tanto che a quasi ottanta anni dalla promulgazione del c.c., la previsione di cui all’art. 2057, continua a presentare una pressoché nulla rilevanza pratica e a suscitare unicamente l’attenzione di una assai modesta parte della letteratura.
Sul punto vanno visti, almeno, X. XXXX-ZENCOVICH, Per una ‘‘riscoperta’’ della rendita vitalizia ex art. 2057 cod. civ., in Nuova giur. civ. comm., 1999, 1, p. 131 ss.; e X. XXXXXXXX, Xxxxx alla persona e risarcimento in forma di rendita, in Riv. circ. trasp., 1999, p. 9 ss. Cui adde, più recentemente, X. XXXXXXXXXX, Ancora sul risarcimento del danno permanente alla persona mediante rendita vitalizia, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 3, p. 638 ss.
caratteristiche principali quelle della decentralizzazione e della pseudonimia presenta degli evidenti attriti con il concetto stesso di responsabilità, intesa come risposta(65) dell’ordinamento alla «rottura di un equilibrio ordinativo»(66).
Per quanto concerne il primo dei due istituti menzionati, innanzitutto bisogna dire come un rapporto di tipo contrattuale sembra potersi instaurare sia tra i due o più utenti che accedono alla blockchain per effettuare una transazione; sia tra l’utente e il soggetto che si occupa, in maniera diversa a seconda del tipo di meccanismo di formazione del consenso adoperato per il funzionamento della blockchain(67), di verificare e convalidare le transazioni effettuate(68). Xxxx che allora si ripresentano le problematiche già indicate sopra, relative alla difficoltà di attribuire ad un soggetto determinato l’eventuale responsabilità per l’inadempimento del contratto. Xxxxx ricorrere a soluzioni che si pongono nettamente in contrasto con quanto prevede l’art. 2740 c.c. e che si tradurrebbero, sostanzialmente, in una responsabilità oggettiva derivante dal solo fatto dell’avvenuto accesso ad una blockchain(69).
Discorso analogo può farsi, poi, in merito al secondo istituto richiamato, quello della responsabilità civile. Cosa fare, ci si chiede, in tutte quelle ipotesi in cui all’interno di una blockchain non sia dato rinvenire alcun rapporto di tipo contrattuale, come ad esempio qualora si verifichi un malfunzionamento nella catena, o nel caso in cui uno o più utenti, estranei rispetto alla transazione effettuata, colposamente o
(65) Dal latino respondere. Sul punto, per una breve, ma assai interessante, ricostruzione dell’etimo della parola, v. XXXXX XXXXXXX, Responsabilità precontrattuale, in AA. VV., Contratto. Enciclopedia del diritto, cit., p. 996 s., nota n. 5 in fine.
(66) Così X. XXXXXXX, voce Responsabilità (teoria gen.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, p. 1004.
(67) Sui quali, non essendo in questa sede rilevante una analisi degli stessi, si rimanda F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 26 ss.
(68) Fattispecie alla quale sembrerebbe applicabile il principio, di cui all’art. 1228 c.c., secondo cui «il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro».
(69) Sancendo, ad esempio, che debbano rispondere dell’inadempimento dei rapporti
contrattuali illustrati tutti gli utenti che partecipano alla blockchain.
dolosamente, la rifiutino benché corretta o la accettino benché incorretta(70)?
Invero, assai complicato appare poter assoggettare un soggetto giuridico ben individuato alle conseguenze sfavorevoli derivanti dalla condotta da questi tenuta.
Le problematiche accennate, seppur sommariamente, sono rilevanti, e non riguardano solamente gli aspetti giuridici, ma anche quelli tecnici. Difatti, se pur si volesse ritenere, ragionando in astratto, che sia possibile considerare giuridicamente responsabili tutti gli utenti di una blockchain, la loro effettiva individuazione sarebbe oltremodo complicata.
La «soluzione», e il virgolettato è d’obbligo per quanto appresso si dirà, potrebbe essere, è stato sostenuto(71), quella di prevedere sistemi di identificazione per coloro che accedono e utilizzano una blockchain, basati sull’utilizzo di credenziali private. In breve: registri distribuiti privati, ad accesso ristretto e controllato, sulla cui novità e valore aggiunto rispetto a quelli già esistenti prima della rivoluzione blockchain, però, sono state sollevate plurime obiezioni.
Ancora, e salvo che si vogliano ritenere giuridicamente ammissibili all’interno del nostro ordinamento dei sistemi autoreferenziali e autonomi, slegati da qualsivoglia tipo di controllo(72), è necessario interrogarsi sulle modalità con le quali questi controlli possono e devono essere attuati, soprattutto quando entrano in gioco interessi di estrema rilevanza, anche costituzionale, come la riservatezza, la privacy o la necessità di intervenire per gestire lo squilibrio, derivante da
(70) Inutile dire che il problema della responsabilità civile nell’ambito delle piattaforme blockchain non potrà che essere solo accennato in questa sede. Offre uno spunto interessante nel senso della necessità di imporre obblighi assicurativi in capo ai gestori dei servizi basati su blockchain, X. XXXXXXXX, La responsabilità civile nell’era delle nuove tecnologie: l’influenza della Blockchain, in Resp. civ. prev., 2020, 5, p. 1618 ss.
(71) Pressoché tutti gli autori che si sono occupati dello studio della blockchain non hanno dubbi nel rinvenire in quella c.d. permissioned e privata, una soluzione ai problemi che pone quella che, invece, è definita permissionless e pubblica. Così come tutti, quasi indistintamente, riconosco però che in tal modo verrebbero eliminati gli aspetti essenziali dello strumento tecnologico in commento.
Per una panoramica su tale aspetto, si veda X. XXXXXXX, Da Berlino, cit., p. 1187 ss.
(72) Sul punto vedi anche le riflessioni di G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 206 ss.
comportamenti illegittimi, esistente tra i contraenti(73).
III. Sul rapporto tra blockchain e protezione dei dati personali (cenni).
Proprio per quanto riguarda la gestione dei dati personali, preme altresì rilevare come il sistema blockchain non sia anonimo, bensì pseudonimo(74), con che ne deriva la possibilità di risalire all’identità dei suoi utilizzatori e al contenuto dei dati che questi vi immettono(75), anche se cifrati, con serie criticità per quanto concerne il diritto alla riservatezza. Sarà dunque necessario verificare come applicare il nuovo Regolamento (UE) 2016/679 (c.d. GDPR) anche alla blockchain, soprattutto a quelle di tipo pubblico, che sono accessibili a chiunque e nelle quali ogni nodo dispone di una copia di tutte le transazioni.
(73) Nelle blockchain pubbliche svanisce la differenza tra professionisti e consumatori, esponendo questi ultimi a transazioni effettuate con il meccanismo tipico dei contratti telematici, ma all’oscuro di qualsivoglia informazione che possa paragonarsi alle condizioni generali di contratto. Nelle blockchain private, invece, oltre ad essere possibile prevedere l’applicazione di tutte le regole poste a tutela del contraente debole, soprattutto sarebbe possibile individuare il soggetto responsabile.
(74) Il Regolamento (UE) 2016/679, all’art. 4, fornisce una definizione del processo di pseudonimizzazione come «il trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l'utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile». Inoltre, con la Risoluzione del 3 ottobre 2018 sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione, il Parlamento Europeo, dopo aver chiarito, al considerando D, che «la DLT promuove la pseudonimizzazione degli utenti, ma non la loro anonimizzazione», al numero 33 «sottolinea che è della massima importanza che gli usi della DLT siano conformi alla legislazione dell’UE sulla protezione dei dati, in particolare al regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR); invita la Commissione e il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) a fornire ulteriori orientamenti su questo punto».
(75) Come osservato da F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 63 e 75, sarebbe possibile risalire all’identità degli utilizzatori di una blockchain incrociando i dati delle transazioni compiute all’interno della stessa.
Le problematiche in questo senso sono molte, e di notevole rilevanza(76).
Ci si deve domandare, in primo luogo, se i dati contenuti nella blockchain rientrano nella categoria di cui all’art. 4 del GDPR. In tale ottica, è opportuno sottolineare come l’inserimento di documenti contenenti dati personali su blockchain rappresenta una modalità di utilizzo inconsueta di tale tecnologia. Essendo però possibile, è chiaro che in questa ipotesi si rientra chiaramente nella fattispecie di trattamento dati prevista dal GDPR.
Più problematico è l’inquadramento nell’alveo del trattamento dati di altri utilizzi di blockchain, come quello, più consueto, e consistente nella registrazione di informazioni cifrate.
Al fine di rispondere a tale interrogativo vale la pena richiamare, oltre a quanto si osserverà nel prosieguo, come lo stesso Working Party Art. 29 ha chiarito(77) come anche l’hash crittografico rientri a pieno titolo tra le tecniche di pseudonimizzazione in quanto sarebbe possibile risalire, utilizzando altri dati personali esterni all’hash, al contenuto dello stesso.
Anche in questa seconda ipotesi è allora sostenibile che debba essere applicata la normativa GDPR. In tale ottica, va sottolineato che anche l’UE ha tenuto a precisare come il sistema blockchain non sia anonimo, bensì pseudonimo. Dal che ne deriva la
(76) In questa sede ci si limiterà a svolgere alcune brevi riflessioni. Ma per un necessario approfondimento vanno consultati, almeno, F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 68 ss.; L. PIATTI, “Blockchain”, decentralizzazione e “privacy”: un nuovo approccio del diritto, in Cib. dir., 2018, 1-2, p. 179 ss.; A. RAZZINI, Blockchain e protezione dei dati personali alla luce del nuovo regolamento europeo GDPR, ivi, p. 197 ss.; X. XXXXXXX, I dati personali in ambiente “blockchain” tra anonimato e pseudoanonimato, xxx, 2018, 3, p. 457 ss.; A.M. XXXXXXX e X. XXXXXXXXX, Blockchain e protezione dei dati personali, in Dir. inf., 2019, 3, p. 619 ss.; A. XXXXXXXXX, L’equilibrio perduto della blockchain tra platform revolution e GDPR compliance, in MediaLaws, 2019, 2, p. 144 ss.; nonché, con particolare attenzione ai dati personali di carattere sanitario, X. XXXXX e P. GUARDA, Blockchain and eHealth: seeking compliance with the General Data Protection Regulation, in BioLaw J.- Riv. BioDiritto, 2020, 2, p. 477 ss.
Nella letteratura inglese, fondamentale è il lavoro di X. XXXXX, Blockchains and data protection in the european union, in Eur. Data Prot. L. Rev., 2018, 1, p. 17 ss., soprattutto p. 26 ss.; e quello di L.D. XXXXXX, X. O’HARA e E. SIMPERL, On Blockchains and the General Data Protection Regulation, reperibile in xxxxxxx.xxxxx.xx.xx/000000/, p. 1 ss., ma spec. 4 ss.
(77) Si veda l’Opinion 5/2014 on anonymization techniques del 10/4/2014.
possibilità di risalire all’identità dei suoi utilizzatori e al contenuto dei dati che questi vi
immettono, anche se cifrati.
Altra rilevante questione concerne, poi, l’individuazione dei soggetti così come
definiti nel GDPR.
In realtà, non ci si deve chiedere solo come potrebbe, il titolare dei dati personali, esercitare i propri diritti su quelle informazioni che sono contenute in una blockchain, ma, ancora più a monte, ci si deve interrogare sulla possibilità stessa di individuare un titolare e un responsabile del trattamento dei dati personali.
Nella blockchain pubblica, come detto, tutti i nodi possono essere ricondotti nell’alveo delle definizioni di titolare e responsabile del trattamento dei dati personali fornite dal GDPR, in quanto ciascuno di essi può avviare transazioni o registrazioni di dati, validarle e conservarne una copia. Quanto all’esercizio dei diritti previsti dal GDPR, poiché i dati contenuti nella blockchain non sono modificabili e non possono essere cancellati si pongono seri interrogativi.
L’immutabilità, infatti, si pone in contrasto con il principio sancito dall’art. 13, paragrafo 2, lett. a) del GDPR, che impone al Titolare del trattamento l’obbligo di informare l’interessato in merito al periodo di conservazione dei dati. Ma, soprattutto, pone serie problematiche per quanto riguarda la compatibilità di tali caratteristiche con i diritti previsti agli artt. 15-22 del GDPR, in particolare con quello di rettifica di cui all’art. 16 o con quello di cancellazione dei dati di cui all’art. 17 dello stesso GDPR. Sicuramente minori problematiche pongono il diritto di accesso e il diritto di portabilità, per i quali non è in discussione la possibilità di esercizio ma, eventualmente, le modalità.
Vale la pena osservare come con il GDPR siano stati elaborati due nuovi principi, colonne portanti della normativa. Uno è quello di accountability, predisposto al fine di ottenere una completa responsabilizzazione del Titolare del trattamento che deve mettere in atto, ed essere in grado di dimostrare di averlo fatto, misure tecniche e organizzative adeguate a garantire che il trattamento dei dati rispetta la normativa. Altro è quello della privacy by design, sancito all’art. 25 paragrafo 1 del GDPR, ai sensi del quale il Titolare del trattamento è tenuto a mettere in atto tutte le misure tecniche
o organizzative necessarie e adeguate a garantire la protezione dei dati.
È dunque ragionevole ritenere, come è stato accennato, che, all’interno di alcune realtà come imprese e Pubblica Amministrazione(78), l’utilizzo di tali tecnologie nella loro forma ad accesso ristretto e a controllo esercitato solo da alcuni nodi autorizzati, non porrà particolari questioni giuridiche in quanto applicando il modello di gestione del rischio introdotto dal GDPR la blockchain dovrebbe essere, ab origine, compatibile con la normativa europea.
Stessa cosa non può dirsi, però, con riguardo alle blockchain pubbliche che sono quelle che possiedono, come detto, maggiori caratteri di innovatività e sono oggetto di questa trattazione.
In tali ipotesi non sembra che ad ora siano state trovate delle possibili soluzioni.
È però forse possibile in questa sede avanzarne alcune:
1) si potrebbe immaginare l’utilizzo di uno smart contract all’interno della blockchain il quale preveda, qualora l’interessato del trattamento voglia esercitare un proprio diritto, che ad una determinata azione di questi debba conseguire l’eliminazione di alcuni dati o la loro modifica;
2) ancora, sarebbe forse possibile, grazie all’utilizzo intensivo della crittografia, rendere i dati personali praticamente inaccessibili nelle ipotesi in cui ne venga richiesta la cancellazione;
3) sempre con riguardo alla modifica dei dati, si deve ricordare che una nuova transazione approvata dalla maggioranza dei nodi potrebbe rendere inefficace quella precedente, contenente i dati da modificare.
Si tratta, come è chiaro, di modelli che prestano il fianco a diverse obiezioni(79).
(78) Non a caso, già dal 2018, tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, con Norvegia e Liechtenstein, con la regia della Commissione europea hanno formato la European Blockchain Partnership (EBP). Dalla partnership è nata un’infrastruttura europea di servizi blockchain (EBSI), con l’idea di sfruttare la blockchain per la creazione di servizi transfrontalieri per le pubbliche amministrazioni e i loro ecosistemi per verificare le informazioni e rendere i servizi affidabili. Dal 2020, EBSI ha implementato una rete di nodi blockchain distribuiti in tutta Europa, supportando applicazioni focalizzate su casi d’uso selezionati.
(79) Vedi L.D. XXXXXX, X. O’HARA e E. SIMPERL, On Blockchains, cit., p. 10 s.
Il progresso tecnologico in ambito blockchain potrebbe consentire soluzioni ad oggi ancora impensabili. Sia consentito, però, rilevare che il binomio GDPR – blockchain non comporta solo evidenti frizioni con la normativa relativa alla protezione dei dati ma, sotto certi aspetti, potrebbe garantire una tutela più stringente.
Si pensi, per fare un esempio, alla pseudonimizzazione e alla minimizzazione dei dati, entrambi obiettivi perseguiti dal regolatore europeo. Ancora, la decentralizzazione e l’utilizzo della crittografia consentono di rendere i registri blockchain meno vulnerabili rispetto ai normali registri accentrati. Si tratta di soluzioni di cui lo stesso GDPR auspica l’utilizzo(80).
Le problematiche solo sommariamente affrontate, in questo senso, sono varie, e di notevole rilevanza. La sfida sarà dunque quella di verificare come applicare il GDPR anche alle blockchain di tipo pubblico, che sono accessibili a chiunque e nelle quali ogni nodo dispone di una copia di tutte le transazioni. Ad oggi, il più attivo nell’ambito della ricerca di alcuni aspetti rilevatori di una possibile, se pur difficile, convivenza tra blockchain e GDPR è stato sicuramente il Garante della Privacy francese(81).
Ciò che non può essere messo in dubbio è il fatto che blockchain rappresenti un paradigma destinato a rivoluzionare profondamente il sistema economico modificando, alla base, i concetti di transazione, di proprietà, di fiducia e di moneta. Nonostante la portata delle problematiche relative alla difficile compatibilità con il GDPR il loro potenziale è assolutamente notevole e rimane pressoché inalterato.
Ora la necessità è, appurato che vi sono alcuni margini per una proficua convivenza tra GDPR e blockchain, quella di trovare in futuro soluzioni che garantiscano, da una parte, all’UE di occupare un ruolo rilevante nella tutela dei dati personali e, dall’altra, altresì consentano uno sviluppo consapevole e proficuo della tecnologia blockchain.
IV. Distributed Ledger Technology (DLT), Blockchain e Smart Contract
(80) In particolare, si vedano il Considerando n. 83, e gli artt. 6, paragrafo 4 lett. e), 32 e 34.
(81) Che in un interessante documento ha analizzato le possibili soluzioni al contrasto di cui si discute. Reperibile in xxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxx/xxxxx/xxxxxxxxxx.xxx.
Sebbene il fenomeno dell’automazione contrattuale possa essere già considerato risalente nel tempo(82), l’attenzione intorno ad esso è considerevolmente aumentata a seguito della comparsa della blockchain(83). Vi è, per la verità, chi smentisce, anche in maniera fortemente critica, la necessaria interdipendenza tra blockchain e smart contracts(84), dimenticando, però, che è solamente grazie a tale connubio che può essere garantita certezza e tendenziale immutabilità al contratto intelligente, garantendone l’automazione. Si può concordare, allora, con chi sostiene che il rapporto tra smart contracts e blockchain «rappresent[i] il cuore della materia in esame»(85).
A conferma di quanto qui si sostiene, basterà osservare che i contratti intelligenti presentavano una serie di importanti limitazioni che la blockchain ha consentito di superare.
(82) Come ricorda, tra gli altri, F. DI CIOMMO, Gli smart contracts, cit., p. 172 ss., e chiariva il suo stesso inventore, Xxxx Xxxxx, quando affermava di essersi ispirato, nell’ideare lo smart contract, al meccanismo proprio dei distributori automatici. Meccanismo che, secondo X.X. XXXXXXX, Engineering in the ancient world, Berkeley, 1978, p. 203, sarebbe stato concepito già all’incirca duemila anni xxxxxx, da un matematico greco. Entrambe queste ricostruzioni, che accostano i contratti intelligenti a fenomeni piú o meno risalenti nel tempo, sono però respinte da X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 371, nt. n. 3.
(83) La piattaforma pioniera nell’offerta di soluzioni per lo sviluppo di contratti intelligenti è stata Ethereum (xxxxxxxx.xxx/), nata nel 2014, che utilizza Solidity come linguaggio di programmazione. Ma nel tempo sono emerse molte altre piattaforme basate sulla tecnologia blockchain, come Hyperledger (xxxxxxxxxxx.xxx/), Counterparty (xxxxxxxxxxxx.xx/), RSK10 (xxx.xx/) e Corda (xxxxx.xxx/).
(84) F. DI CIOMMO, Gli smart contracts, p. 168 ss.; X. XXXXXXXXX e A. DAVOLA, «Smart contract», cit., c. 202 s.; e X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 255.
(85) Cosí A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit., p. 36. V. anche X. XXXXXXX, Smart Contracts, cit., p. 23, secondo la quale «[o]ggi il tema è diventato così rilevante […] solo perché gli Smart Contracts possono girare sulle Blockchains o, più in generale, sulle Distributed Ledger Technologies». Secondo X. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 197, con riferimento alla tecnologia blockchain e alle criptovalute, «lo smart contract è inserito in un ecosistema, al di fuori del quale non potrebbe esistere». Secondo X. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 401, la blockchain sarebbe lo «strumento per assicurare l’automatica esecuzione dello smart contract». Anche X. XXXXXXXX, Blockchain, cit., p. 144, sostiene che il concetto di smart contract «ha trovato piena applicazione solo nell'ambito della tecnologia blockchain».
Prima tra tutte quella, fondamentale a livello anche e soprattutto ideologico, della necessaria presenza dell’intermediario. Si pensi, poi, alla difficoltà di automatizzare uno scambio di beni non appartenenti alla realtà virtuale: nella vending machine, ad esempio, la macchina ha il controllo fisico del bene perché questo si trova al suo interno, ma negli altri casi non è cosí.
In secondo luogo, ma questo vale solo per lo scambio di denaro, la circolazione di moneta digitale è da sempre soggetta a una pervicace regolazione nazionale e sovranazionale.
Infine, poiché l’automazione contrattuale richiede l’utilizzo di almeno un computer, le parti oltre a delineare le clausole contrattuali come in un normale contratto dovranno anche raggiungere un accordo sul terminale da utilizzare, che dovrà essere accessibile ad entrambe, o a nessuna delle due, al fine di evitare manipolazioni o accessi non autorizzati.
Con la blockchain, come si diceva, queste limitazioni vengono meno in quanto, in primo luogo, la catena di blocchi consente di controllare, rendendo non modificabile unilateralmente, anche gli assets non virtuali, poiché ad essi possono essere associate delle chiavi crittografiche.
Per quanto concerne invece la regolazione delle valute digitali, tramite blockchain il problema è stato risolto alla radice poiché sono stati creati ad hoc sistemi di pagamento e valute (si pensi al bitcoin) che operano slegate dalla normativa vigente.
Infine, il problema del terminale al quale affidare l’esecuzione del contratto intelligente è risolto in quanto la piattaforma che le parti possono utilizzare è la blockchain stessa. Tendenzialmente inviolabile e immodificabile.
Al di fuori della blockchain, insomma, sarebbe forse complicato riferirsi allo smart contract concepito come strumento tecnologico idoneo ad eliminare l’intermediario, id est il gestore della piattaforma all’interno della quale vengono gestiti gli scambi.
Ovviamente, essendo inseriti in una blockchain, i contratti intelligenti presenteranno i vantaggi, ma anche gli inconvenienti di questa: quindi, da un lato, la possibilità di usufruire del timestamp della blockchain, della sua natura (tendenzialmente) immutabile, della riduzione dei costi di transazione; mentre dall’altro, sconteranno la probabile
incompatibilità con la normativa europea per la protezione dei dati personali, cosí come l’assenza di qualsivoglia riservatezza a livello contrattuale in considerazione della natura pubblica delle blockchain che consentono di utilizzare smart contracts, o la difficoltà di individuare la normativa e la giurisdizione applicabile in caso di eventuali malfunzionamenti o conflitti, a causa della natura distribuita della tecnologia in commento.
V. L’intervento del legislatore italiano nell’ambito di DLTs e blockchains.
Così come molti altri legislatori(86), quello italiano sembra essersi reso conto tra i primi delle potenzialità della blockchain.
Ma non potendosi in questa sede approfondire l’esame, anche e soprattutto in ottica comparatistica, delle normative straniere, e dovendosi quindi limitare a quanto concerne il nostro Paese, si può rilevare come il crescente interesse per le
(86) Tra le varie piattaforme normative che si sono venute a costituire nel corso degli anni (e per il cui studio si rimanda, nello specifico, tra gli altri, a F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 122 ss.; ed a A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 129 ss.; nonché, più in generale, per alcuni cenni, a X. XXXXXXX., Distributed, cit., p. 497 ss.; ed a X. XXXXXXX, Smart Contracts, cit., p. 39 ss.) qui sembra opportuno rendere edotto il lettore di quella che sembra essersi approcciata in maniera assai consapevole alla tecnologia blockchain ed agli smart contracts, della Repubblica di Malta. Il quadro normativo del Paese, infatti, è formato da tre testi: il Virtual Financial Assets Act, che si propone di «to regulate the field of Initial Virtual Financial Asset Offerings and Virtual Financial Assets and to make provision for matters ancillary or incidental thereto or connected terewith»; il Malta Digital Innovation Autority Act, che ha lo scopo di «to provide for the establishment of an Authority to be known as the Malta Digital Innovation Authority, to support the development and implementation of the guiding principles described in this Act and to promote consistent principles for the development of visions, skills, and other qualities relating to technology innovation, including distributed or decentralised technology, and to exercise regulatory functions regarding innovative technology, arrangements and related services and to make provision with respect to matters ancillary thereto or connected therewith»; e, infine, l’Innovative Technology Arrangements and Services Act, che si prefigge lo scopo di «to provide for the regulation of designated innovative technology arrangements referred to in this Act, as well as of designated innovative technology services referred to in this Act, and for the exercise by or on behalf of the Malta Digital Innovation Authority of regulatory functions with regard thereto».
emergenti tecnologie della blockchain e degli smart contracts abbia condotto all’introduzione, nel d.l. 135 del 2018, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, convertito in l. n. 12 del 2019, dell’art. 8ter (rubricato «Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract»), mediante il quale viene adottata una definizione, seppur forse, come si vedrà, non del tutto soddisfacente, delle tecnologie basate su registri distribuiti o distributed ledger technologies, o DLTs(87).
Questo il testo completo dell’articolo:
1. Si definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.
2. Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata
(87) Ancora più recentemente, poi, il legislatore italiano si è nuovamente occupato, sebbene anche questa volta non in maniera dirimente, della tecnologia blockchain.
L’art. 26, comma 3, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, prevede, per la notificazione di atti e provvedimenti amministrativi, che:
«[…] 3. Ai fini della notificazione di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, in alternativa alle modalità previste da altre disposizioni di legge, anche in materia tributaria, le amministrazioni possono rendere disponibili telematicamente sulla piattaforma i corrispondenti documenti informatici. La formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici resi disponibili sulla piattaforma avviene nel rispetto del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e delle Linee guida adottate in attuazione del medesimo decreto legislativo. Eventualmente anche con l’applicazione di «tecnologie basate su registri distribuiti», come definite dall'articolo 8-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, il gestore della piattaforma assicura l’autenticità, l’integrità, l’immodificabilità, la leggibilità e la reperibilità dei documenti informatici resi disponibili dalle amministrazioni e, a sua volta, li rende disponibili ai destinatari, ai quali assicura l’accesso alla piattaforma, personalmente o a mezzo delegati, per il reperimento, la consultazione e l'acquisizione dei documenti informatici oggetto di notificazione. […]».
in vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. La memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014.
4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Agenzia per l’Italia digitale individua gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti di cui al comma 3.
Ma vediamo ora più nel dettaglio le questioni che il primo intervento legislativo pone a livello tanto tecnologico quanto, ovviamente, giuridico.
Innanzitutto, va ricordato, come abbiamo già visto nel Capitolo I, che una cosa è discorrere di blockchains, ed un’altra, invece, di DLTs. Quando si parla di tecnologie basate su registri distribuiti, infatti, si fa riferimento ad un ampio genus, del quale la blockchain rappresenta solamente una species(88), di tecnologie sviluppate a partire dai registri informatizzati centralizzati(89).
L’improprietà del riferimento generico a tali tecnologie, però, si apprezza maggiormente se si tiene conto, così introducendo altresì un ulteriore rilievo critico, del profluvio di caratteristiche tecniche che le tecnologie basate su un registro distribuito devono possedere per essere considerate tali.
Il registro, infatti, deve essere i) condiviso; ii) distribuito; iii) replicabile; iv) accessibile simultaneamente; v) architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche. E deve quindi, in tal modo, consentire i) la registrazione; ii) la convalida; iii) l’aggiornamento; e iv) l’archiviazione di dati, sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.
Dunque, se è vero che alcune blockchains possono (ma, come si vedrà subito appresso, solo tendenzialmente) garantire il rispetto dei menzionati requisiti, lo stesso non si può dire per quanto concerne i ledgers distribuiti in generale(90), giacché per essi, tra le altre cose, non è comune l’utilizzo di tecniche crittografiche o
(88) Per analoga considerazione v. anche X. XXXXX, Blockchain, cit., p. 299.
(89) Per una analisi approfondita dell’argomento, si rimanda nuovamente a X. XXXXXXX, Che cosa sono, cit., passim.
(90) Come fa notare giustamente anche X. XXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 381.
algoritmi di consenso. In sostanza, il legislatore, con l’intenzione di disciplinare le blockchains, ha invece utilizzato erroneamente una formula che probabilmente è stata ritenuta un sinonimo: tecnologie basate su registri distribuiti(91).
Oltre alla confusione concettuale, però, va aggiunta, e proprio in virtù, come si diceva, dell’affastellamento di caratteristiche tecniche(92), una ulteriore, duplice, problematica. In primo luogo, pare, sarà assai complesso che tutte le tecnologie basate su registri distribuiti posseggano, in toto, i requisiti che richiede la norma.
E la perentorietà del lessico legislativo ([s]i definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” […] che usano […]) sembra impedire qualsiasi interpretazione estensiva dell’art. 8ter che fosse diretta a consentire, anche a quelle tecnologie che non posseggono alcune di quelle specifiche qualità, di rientrare nell’àmbito di applicazione
(91) Prova di quanto si dice ne sia anche l’adozione del termine come sinonimo di blockchain in SERVIZIO STUDI DEL SENATO DELLA REPUBBLICA, SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione. D.L. 135/2018 – A.C. 1550, Parte prima – Schede di lettura, p. 88.
(92) Tra le quali manca, però, sorprendentemente, una di quelle assolutamente tipiche della blockchain e, cioè, quella di essere governata mediante un meccanismo di formazione del consenso il cui scopo è evitare la necessità di un intermediario. Analogo rilievo in G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 191.
Tra le modalità di gestione del consenso, cui dedicheremo qui solo qualche cenno, vanno ricordate: i) la proof of work, che usa ingenti risorse computazionali al fine di risolvere un problema matematico complesso, la cui soluzione consente di validare al transazione inviata nella blockchain; ii) la proof of stake, che consente di validare le transazioni in virtù della quantità di risorse possedute dal nodo che validante; iii) la delegated proof of stake, in cui il nodo che deve validare la transazione viene all’uopo delegato all’esito di una votazione di tutti i nodi; iv) la proof of elapsed time, che fonda la validazione della transazione sul trascorrere del tempo; v) la proof of importance, che funziona sulla base dell’attività svolta dai nodi nella catena; vi) la proof of activity, che è una via di mezzo tra proof of work e proof of stake; vii) la proof of presence, che attribuisce il potere di validare a seconda della geolocalizzazione del nodo; viii) la proof of capability, che funziona in base alla capacità di spazio di archiviazione dei nodi validanti; ix) la proof of existence, che si basa sul possesso, da parte del nodo validante, di determinate autorizzazioni; x) il Byzantine consensus, che prevede la validazione di nodi a loro volta già validati da altri nodi.
Fortemente critico sul meccanismo della proof of work, per le ragioni già esposte nel testo,
X. XXXXXXX, Da Berlino, cit., p. 1185 s., e nota n. 15.
dello stesso(93).
Ancora, serie problematiche pone la netta definizione di tali tecnologie come «non alterabili e non modificabili». Caratteristiche, queste, che, oltre a porsi in contrasto con la possibilità che il registro, come prevede lo stesso legislatore, possa essere aggiornato(94), non sono proprie (non solo delle tecnologie basate su registri distribuiti ma) neanche delle blockchains pubbliche e permissionless. Queste ultime, infatti, possono essere comunque esposte ad una serie di attacchi, come il 51% attack, il collision attack, il checkpoint attack o l’eclipse attack(95), che in vari modi possono porre a serio repentaglio la resistenza della catena di blocchi, soprattutto in quelle ipotesi in cui il sistema di formazione del consenso differisca rispetto a quello oggi più consolidato del proof of work.
Dal 2017, gli attacchi hacker hanno consentito l’appropriazione di circa 1,8 miliardi di dollari in criptovalute. Ciò è ovviamente dovuto all’esistenza di bugs nei codici di programmazione delle piattaforme distribuite.
Basti pensare al caso di The DAO(96): così era chiamato un progetto promosso dalla società tedesca Xxxxx.xx UG, che prevedeva la creazione di un fondo di venture capital gestito da uno smart contract sulla piattaforma Ethereum. L’obiettivo era quello di ottenere
(93) Più avveduta, allora, sarebbe stata la scelta di richiedere il rispetto di solo alcuni dei vari requisiti, quelli più rilevanti come, ovviamente, sono quelli della distribuzione, della condivisione, della replicabilità.
(94) L’unica soluzione possibile al dilemma che pone un registro immodificabile ma, bensì, aggiornabile, è quella fornita da G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 200, secondo il quale va considerato quale aggiornamento della blockchain «l’inserimento di un nuovo blocco, contenente i dati identici a quelli contenuti in un blocco precedente seppellito e contestualmente la loro modifica, di modo da consentire attraverso la marcatura temporale, di dimostrare un aggiornamento e dunque la validità attuale dei dati contenuti nel blocco più recente, e la non più validità del blocco cronologicamente anteriore». Senza contare che, come osserva X. XXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 381, l’aggiornamento sarebbe comunque permesso ai nodi di una blockchain pubblica e permissionless, e non a quelli di una privata e permissioned.
Sottolinea l’improprietà terminologica anche F. SARZANA, Blockchain, cit., p. 19.
(95) Per un esame approfondito degli stessi, si rimanda X. XXXXXXXX, Blockchain, cit., p. 116
ss.
(96) Sull’accaduto vedi, ex multibus, F. SARZANA DI X. XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto,
cit., p. 114 ss.; e L. PIATTI, Dal Codice Civile, cit., p. 340 ss.
liquidità con lo scopo di finanziare attività di start-up.
Il 17 giugno 2016, un hacker, noto come The Attacker, ha approfittato proprio di un errore di programmazione del codice informatico che governava la piattaforma ed è riuscito a trasferire l’equivalente di 40 milioni di dollari in Ethersel su un wallet di sua proprietà, ed ha annunciato azioni legali contro chi volesse privarlo della refurtiva.
La Fondazione Ethereum, composta da investitori, sviluppatori e minatori di Ethereum, poiché il sistema impedisce di alterare il contenuto dei blocchi di transazioni già effettuate una volta che siano state processate, decise di risolvere il problema mediante un hard fork(97) di emergenza, eseguito il 20 luglio 2016.
Questo hard fork consisteva in un’alterazione della catena di blocchi per generare una nuova catena che partiva dal blocco di transazioni registrato appena prima del trasferimento fraudolento di fondi.
All’esito di tale operazione, tutte le criptovalute trasferite sulla piattaforma Ethereum, comprese quelli sottratte da The Attacker, sono state trasferiti a un indirizzo di ripristino tramite un trasferimento registrato in un blocco legato all’hash del blocco precedente al bug. Ciò ha permesso l'auto-composizione del conflitto attraverso la manipolazione della blockchain, senza ricorrere al potere giurisdizionale.
Tornando ora alla breve disamina della norma, e visto che sulla questione si tornerà più avanti, qui merita la pena rileva che l’elemento altamente innovativo dell’art. 8ter va rinvenuto, ad avviso di chi scrive, nel secondo capoverso, mediante il quale si attribuisce valore giuridico al documento informatico immesso in una tecnologia
(97) In sostanza, è possibile che un nodo della blockchain tenti di effettuare una doppia spesa in maniera fraudolenta. Normalmente una corretta attività di mining fa in modo che solamente una delle due transazioni venga convalidata. Può succedere, però, che, vengano entrambe convalidate con il risultato di aggiungere, alla catena già esistente, il primo blocco di un’altra. Qualora si dovesse trattare di un solo episodio sporadico, non si porrebbe alcun problema. Nell’ipotesi in cui, invece, alcuni dei nodi presenti nella blockchain decidessero di continuare una nuova catena convalidando delle transazioni che si pongono in contrasto con le altre già contenute nel blocco verrebbe messa a repentaglio l’intera blockchain.
basata su registri distribuiti o una blockchain(98). A seguito di tale inserimento, infatti, gli effetti giuridici che ne scaturiscono sono quelli della validazione temporale elettronica di cui all’art. 41 del Regolamento (UE) 910/2014(99).
In sostanza, il documento informatico verrà registrato all’interno di una blockchain sotto forma di stringa alfanumerica (hash), e in qualsiasi momento chiunque potrà verificare, mediante l’utilizzo della chiave pubblica di colui che lo ha inserito, che il documento che sta visionando non è mai stato modificato per quanto concerne la data, l’ora e il contenuto, sin dal momento in cui è stato immesso, semplicemente controllando la corrispondenza dell’hash assegnatogli. In una parola: certificazione(100).
(98) Ciò si dice poiché, in mancanza di una modifica al d. lgs. 82 del 2005 che abbia provveduto all’inserimento dello smart contract tra i documenti informatici, e pur essendo vero che tale risultato potrebbe essere raggiunto anche in via interpretativa, la scelta del legislatore sembra essere dettata dalla, opportuna, esigenza di addivenire alla creazione di sistemi in grado di attestare la validità, la veridicità e la paternità del contratto intelligente che tengano conto della specificità della blockchain.
Per tale ragione anche questo compito è stato affidato all’elaborazione delle linee guida AgID che, si ritiene, dovrebbe risolvere la questione evitando di creare conflitti applicativi tra gli smart contracts e i documenti di cui all’art. 20, comma 1bis dello stesso d. lgs.
(99) L’articolo in questione, al secondo comma prevede che «Una validazione temporale elettronica qualificata gode della presunzione di accuratezza della data e dell’ora che indica e di integrità dei dati ai quali tale data e ora sono associate». I requisiti richiesti affinché possa parlarsi di validazione qualificata sono contenuti nel successivo articolo 42, comma 1, ai sensi del quale «Una validazione temporale elettronica qualificata soddisfa i requisiti seguenti: a) collega la data e l’ora ai dati in modo da escludere ragionevolmente la possibilità di modifiche non rilevabili dei dati; b) si basa su una fonte accurata di misurazione del tempo collegata al tempo universale coordinato; e c) è apposta mediante una firma elettronica avanzata o sigillata con un sigillo elettronico avanzato del prestatore di servizi fiduciari qualificato o mediante un metodo equivalente».
Sull’argomento si veda, per una panoramica generale, X. XXXXXXXXXXX, Una prima lettura del regolamento UE n. 910/2014 (c.d. eIDAS): identificazione on line, firme elettroniche e servizi fiduciari, in Nuove leggi civ. comm., 2015, 3, p. 419 ss. Più approfonditamente, F. BRAVO, Validazione temporale elettronica, in F. DELFINI e X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno. Commento al regolamento UE 910/2014, Torino, 2017, p. 293 ss.
(100) Naturalmente, in questi casi, il problema che si pone è quello del c.d. trash in-trash out. In poche parole: per tutti quei documenti che non sono nati digitali o che, anche laddove lo fossero, non sono stati immediatamente registrati, permane comunque un problema non facilmente risolvibile e, cioè, quello della veridicità del contenuto del documento che si intende certificare tramite blockchain.
Sulle questioni interpretative della disposizione in commento, però, come detto, si tornerà dopo aver affrontato il tema degli smart contracts.
Capitolo II – Gli SMART CONTRACTS e il contratto
I. Gli smart contracts.
Dal punto di vista tecnico, che a noi qui interessa solo in parte, ed unicamente al fine di bene comprendere tale fenomeno, lo smart contract è un programma per elaboratore che, grazie all’utilizzo di un codice scritto in linguaggio informatico, articola, verifica ed esegue automaticamente quanto stabilito da chi lo ha programmato, seguendo un processo logico-condizionale del tipo if this/then that, un meccanismo del tutto affine a quello del contratto condizionato, con la non trascurabile differenza, però, che in questo caso le parti non possono evitare tale apposizione(101).
In sostanza, una volta soddisfatta la condizione prevista dal codice, l’operazione programmata viene automaticamente eseguita senza la necessità che intervengano dei terzi. La conoscenza dell’avvenuto avveramento della condizione prevista ai fini dell’auto-esecuzione è possibile grazie allo stesso smart contract, che in tal caso conterrà al suo interno, nello stesso codice, le informazioni necessarie e sufficienti alla auto- esecuzione(102), oppure grazie all’utilizzo dei cosí detti «oracoli»(103), ovverosia degli
(101) Come è stato efficacemente osservato, la «condizione […] assume il ruolo di un “elemento esistenziale” dello smart contract, senza il quale il software non avrebbe modo di operare»: cosí X. XXXXXXXXX, Il problema, cit., qui p. 597, e piú in generale sul tema p. 596 ss. Sulla questione si tornerà comunque infra.
(102) Come nel caso in cui si voglia affidare al codice informatico l’auto-esecuzione di una compravendita di file multimediale. In questo caso lo smart contract, una volta verificato l’adempimento dell’obbligazione di pagare il prezzo, trasferirà automaticamente tale bene immateriale al compratore.
(103) Invero, la verifica delle condizioni (if) al cui avveramento le parti condizionano l’esecuzione del contratto (then) spesso non può essere demandata al codice informatico, in quanto dipende da dati e circostanze casuali o mutevoli del mondo reale. In siffatte ipotesi lo smart contract deve necessariamente fare ricorso all’oracolo e, dunque, perderebbe gran parte della sua innovatività, poiché rimarrebbe comunque esposta all’inadempimento nel mondo fisico: v. nello stesso senso anche X. XXXXXXX, “Blockchain”, cit., p. 111; e X. XXXXXXX, Smart Contracts, cit., p. 34.
interfaccia(104) che fanno riferimento a informazioni esterne rispetto al codice e che, comunicando con il mondo esteriore, reperiscono i dati necessari alla (conclusione, ed alla) esecuzione del contratto(105).
(104) Il funzionamento dell’oracolo, concretamente, può essere affidato ad un software, come nel caso in cui sia necessario ottenere informazioni sul ritardo di un aereo; ad un hardware, quando invece servono dei dati disponibili grazie alla raccolta che ne fa un oggetto collegato alla rete tramite sensori; o, anche, nelle fattispecie piú complesse, all’azione umana. Si v. X.X. XXXXXXXX, Il problema degli oracoli, in X. XXXXXXXXXX e M. XXXXXX XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract, cit., p. 258 ss.
(105) Un esempio tra i piú noti e citati è quello relativo alle assicurazioni di viaggio basate su blockchain. La soluzione, adottata in Italia da Axa ma oggi non piú operativa, permetteva ai clienti di ottenere automaticamente un indennizzo in caso di ritardo del volo. Per esemplificare, veniva creato uno smart contract che, mediante la consultazione dei dati relativi ai ritardi aerei registrati in un determinato periodo, provvedeva a liquidare l’indennizzo dovuto ai clienti che avevano sottoscritto la polizza. Sul punto v. il lavoro di Si occupa in particolare dell’applicazione dei protocolli smart contract per la tutela dei diritti dei passeggeri, X. XXXXXXXXXXXX, Prospettive di utilizzo degli “smart contracts” per la tutela dei diritti dei passeggeri in caso di cancellazione o ritardo del volo, in Riv. dir. nav., 2019, 2, p. 443 ss.
Anche per l’oracolo si pongono, invero, una serie di interessanti, e rilevanti, questioni giuridiche. Prima tra tutte quella relativa alla eventualità che lo script non sia programmato per limitarsi a verificare una informazione semplice e di tipo oggettivo, come, ad es., l’avvenuto superamento della soglia di valore y da parte del bene x, ma fosse predisposto al fine di verificare una situazione che presenta dei margini di discrezionalità, oppure compiere una vera e propria attività decisionale. Potrebbe in questo caso parlarsi di «agente»? Oppure, come sostiene G. GITTI, Robotic Transactional Decisions, in Osservatorio dir. civ. comm., 2018, 2, p. 619 ss., qui p. 622, ci si potrebbe rifare alla norma di cui all’art. 1349 c.c., che consente alle parti di delegare ad un terzo «il completamento […] di un rapporto giuridico in via di formazione mediante esplicazione di un’attività sostitutiva» (cosí Cass., Sez. Un., 23 agosto 1972, n. 2707). Anche volendo ammettere che l’oracolo possa ricoprire la qualità di «terzo», e non sembra, allo stato, una soluzione percorribile, rimarrebbe irrisolta la problematica, come rileva l’A. citato, concernente il contenuto dell’incarico conferito all’«arbitratore» che, come noto, consiste in una determinazione realizzata secondo, «equo apprezzamento» o «mero arbitrio»; clausole che tutto sono, fuorché oggettive.
Sembra chiaro che in queste ipotesi non ci si trovi di fronte ad un vero e proprio contratto cosí come viene giuridicamente inteso, ovverosia come «accordo di due o piú parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale».
Da un punto di vista giuridico, invece, con il termine smart contract si fa riferimento all’accordo che due o piú parti raggiungono, e ai sensi del quale lo stesso accordo va implementato mediante codice scritto in linguaggio informatico. In sostanza, tramite il contratto le parti danno rilevanza al codice espresso in linguaggio informatico.
In considerazione di quanto appena detto, allora, lo smart contract che qui ci interessa è quello con il quale si fa riferimento ad un vero e proprio accordo, che produce dunque effetti giuridici, e la cui caratteristica principale è quella di essere auto- eseguibile perché trasformato in tutto o in parte in codice informatico.
Sebbene questa realtà non sia di recente creazione(106), l’attenzione è considerevolmente aumentata, come già accennato, a seguito della comparsa della blockchain(107). In questa sede, però, non mi interessa particolarmente il tipo di smart
Inoltre, la scelta sull’oracolo, fatta eccezione per quelle ipotesi in cui il contratto sia unilateralmente predisposto, dovrebbe essere presa di comune accordo tra le parti; o, ancora, l’oracolo potrebbe essere hackerato, o programmato (dolosamente o colposamente) in maniera incorretta. In tutti questi casi, quindi, potrebbero sorgere vari contenziosi in ordine alla scelta dell’oracolo, al corretto operato o alla responsabilità in caso di malfunzionamento che, si ritiene, necessariamente richiederanno l’intervento di una terza parte, programmatore, giudice o arbitro che sia. Per approfondimenti sul tema, v. ancora
X.X. XXXXXXXX, Il problema, cit., p. 255 ss., spec. 262 ss.
(106) Come ricorda, tra gli altri, F. DI CIOMMO, Gli smart contracts, cit., p. 172 ss., e chiariva il suo stesso inventore, Xxxx Xxxxx, quando affermava di essersi ispirato, nell’ideare lo smart contract, al meccanismo proprio dei distributori automatici. Meccanismo che, secondo X.X. XXXXXXX, Engineering in the ancient world, Berkeley, 1978, p. 203, sarebbe stato concepito già all’incirca duemila anni xxxxxx, da un matematico greco. Entrambe queste ricostruzioni, che accostano i contratti intelligenti a fenomeni piú o meno risalenti nel tempo, sono però respinte da X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 371, nt. n. 3.
(107) Anche qui è utile rimandare alle condivisibili riflessioni di F. DI CIOMMO, o.u.c., p. 168 ss., laddove viene smentita la necessaria interdipendenza tra blockchain e smart contracts. Nello stesso senso anche X. XXXXXXXXX e A. DAVOLA, «Smart contract», cit., c. 202 s.; e X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 255.
contract che viene (creato tramite e poi) inserito in una blockchain, ma voglio analizzare il contratto intelligente in sé, tutte quelle volte in cui questo appare maggiormente paragonabile al contratto, per cosí dire, tradizionale.
E comunque, vale la pena rilevare, questi due sottotipi di smart contract cui ho fatto cenno, presentano, mi sembra, identiche caratteristiche tecniche e giuridiche. Entrambi, difatti, sono accordi implementati tramite codice informatico e che si autoeseguono. La differenza principale si rinviene nel fatto che, essendo inseriti in una blockchain, di quest’ultima presenteranno i vantaggi, ma anche gli inconvenienti, appena visti.
Ciò non esclude, comunque, che tale connubio possa però garantire quantomeno certezza e immutabilità al contratto intelligente, garantendo l’automazione e, quindi, «rappresent[i] il cuore della materia in esame». Cosí A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit., p. 36. Contra, però, X. XXXXXXXXX, Dallo “smart contract” computer code allo smart (legal) contract. I nuovi strumenti (para) giuridici alla luce della normativa nazionale del diritto internazionale privato europeo: prospettive de jure condendo, in Riv. comm. int., 2020, 2, spec. p. 485 ss.
Si ricordi, a conferma della citata tesi, che i contratti intelligenti presentavano una serie di limitazioni che la blockchain ha consentito di superare. Basti pensare alla difficoltà di automatizzare uno scambio di beni non appartenenti alla realtà virtuale: nella vending machine, ad esempio, la macchina ha il controllo fisico del bene perché questo si trova al suo interno, ma negli altri casi non è cosí. In secondo luogo, ma questo vale solo per lo scambio di denaro, la circolazione di moneta digitale è da sempre soggetta a una pervicace regolazione nazionale e sovranazionale. Infine, poiché l’automazione contrattuale richiede l’utilizzo di almeno un computer, le parti oltre a delineare le clausole contrattuali come in un normale contratto dovranno anche raggiungere un accordo sul terminale da utilizzare, che dovrà essere accessibile ad entrambe, o a nessuna delle due, al fine di evitare manipolazioni o accessi non autorizzati. Con la blockchain, però, queste limitazioni vengono meno in quanto, in primo luogo, la catena di blocchi consente di controllare, rendendo non modificabile unilateralmente, anche gli assets non virtuali, poiché ad essi possono essere associate delle chiavi crittografiche (dei tokens, sui quali v. anche, piú approfonditamente, infra, note n. 193, 194 e 380). Per quanto concerne invece la regolazione delle valute digitali, tramite blockchain il problema è stato risolto alla radice poiché sono stati creati ad hoc sistemi di pagamento e valute (si pensi al bitcoin) che operano slegate dalla normativa vigente. Infine, il problema del terminale al quale affidare l’esecuzione del contratto intelligente è risolto in quanto la piattaforma che le parti possono
utilizzare è la blockchain stessa. Tendenzialmente inviolabile e immodificabile.
Al di fuori della blockchain, insomma, sarebbe forse complicato riferirsi allo smart contract concepito come strumento tecnologico idoneo ad eliminare l’intermediario, id est il gestore della piattaforma all’interno della quale vengono gestiti gli scambi.
II. Pregi e difetti dell’automazione contrattuale (cenni).
Si è appena detto che la caratteristica essenziale dello smart contract consiste nel fatto che esso si auto-esegue. L’automatismo nell’esecuzione comporta un serie di conseguenze(108), tra le quali notevole rilevanza rivestono: i) la non necessità dell’intervento o della partecipazione di un soggetto umano affinché venga eseguito quanto stabilito nello smart contract(109); ii) un assai ristretto àmbito applicativo della contrattazione smart.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la natura automatica dell’esecuzione implica, ovviamente, che sia lo stesso codice a provvedere a fornire un determinato servizio o a compiere una determinata azione. Pertanto, non è richiesto un intermediario di fiducia ma è il computer, o qualsiasi altro hardware sul quale opera lo smart contract a svolgere il ruolo di esecutore del contratto. Insomma, la fiducia che la prestazione sarà correttamente eseguita risiede nel contratto stesso, o meglio, nella corretta configurazione del software al quale è richiesto di eseguire automaticamente quanto stabilito. Cosí come non è necessario che qualcuno concretamente esegua una determinata prestazione, allo stesso modo non è necessario che un altro soggetto o una qualsivoglia autorità sorvegli e imponga il rispetto di quanto pattuito.
Per quanto concerne poi il secondo aspetto evidenziato, attinente alle possibilità applicative della contrattazione intelligente, va notato che, anche qualora lo smart contract giungesse a rappresentare una vera e propria alternativa al contratto tradizionale, ciò non escluderebbe che tale modalità di contrattazione sarà
(108) Alcune delle quali sono già state analizzate in X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit.,
p. 959 ss.
(109) Esecuzione che può avere ad oggetto, ed anzi molto spesso è cosí, anche attività che non hanno alcuna rilevanza giuridica, come giustamente osserva A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 119. Si pensi all’accensione di un termostato in una stanza ogniqualvolta la temperatura scenda al di sotto di una determinata soglia, preimpostata.
esclusivamente applicabile a fattispecie contrattuali che hanno ad oggetto circostanze oggettivamente ed automaticamente verificabili(110). Va da sé, dunque, che il requisito della «oggettiva verificabilità» di una determinata condizione si pone in contrasto ed esclude tutte quelle clausole contrattuali che abbisognano di una seppur minima interpretazione, posta in essere ovviamente mediante criteri soggettivi e tenendo conto dell’evoluzione della società, che è poi la ragione alla base della quale il legislatore le ha cosí predisposte. Si pensi alla nozione di buona fede, a quella di correttezza, di diligenza del buon padre di famiglia, di caso fortuito e forza maggiore, nonché a quella di consumatore medio, o di superiore interesse del minore(111).
Per questa ragione, invero, si può supporre che l’utilizzo degli smart contracts ricorrerà con maggiore frequenza, se non esclusivamente, nell’àmbito della contrattualistica di massa o comunque in quella caratterizzata da una spiccata semplicità esecutiva, e cosí concordare con chi(112) aveva intelligentemente sollecitato gli studiosi ad approfondire l’impatto che gli smart contracts potrebbero
(110) Si pensi all’esempio relativo al ritardo aereo (v. nota n. 105). Poiché il ritardo è un elemento oggettivo, la condizione che determina la violazione del contratto di assicurazione e fa nascere il diritto a ricevere un indennizzo può essere facilmente verificata dallo smart contract tramite oracolo. Ma, sul punto, vedi le perspicaci obiezioni di A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit., p. 37, che evidenziano come, alla luce dell’art. 5, par. 3 del Regolamento CE 11 febbraio 2004, n. 261, anche una applicazione dello smart contract apparentemente semplice, celi delle insidie difficilmente superabili. V. anche X. XXXXXXXXXXXX, Prospettive, p. 461 ss., cit.
(111) Senza contare, poi, come giustamente fa notare X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 380, che il contratto tradizionale «oltre che di clausole che esplicitano le obbligazioni a carico delle parti, è solitamente composto anche di numerose altre parti (dichiarazioni di scienza, definizioni, clausole d’uso, di stile, espressioni di opinioni, premesse, allegati, etc.), tutti elementi che concorrono, in misura più o meno diretta, a formare il contenuto complessivo del negozio […], e che il linguaggio informatico non è strutturato per esprimere».
Va dato atto, però, del tentativo di fornire una opzione di clausola generale di buona fede computabile svolto da A. XXXXXX, X. XXXXXX e X. XXXXX, Good Faith in Contract Negotiation and Performance, in Int. J. of Business process integration and management, 2009, 3, p. 154 ss.
(112) Si vedano le interessanti riflessioni di X. XXXXXXXXX e A. DAVOLA, «Smart contract», cit., soprattutto c. 205 s.
avere in tali àmbiti(113).
Va comunque considerato che, nel prossimo futuro, qualora si dovesse assistere, come si ritiene, ad un sempre piú intenso sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale(114) e del c.d. Internet of Things(115), con un numero sempre maggiore di dispositivi connessi e comunicanti tra loro, che si scambiano dati, lo spettro applicativo dei contratti intelligenti potrebbe ampliarsi enormemente(116), e con esso le relative problematiche, non esclusivamente di stampo prettamente giuridico(117).
(113) Ed è quanto hanno fatto, tra gli altri, A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., 168 ss.; e A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit., p. 44 ss. Un tentativo si trova anche in X. XXXXXXXXXX, Gli smart contracts, cit., p. 22 ss.
(114) Scienza che, semplificando al massimo, studia le possibilità di far compiere ad un software i processi mentali propri degli esseri umani. Sul tema il rimando è obbligato alle due opere collettanee curate da Xxx Xxxxxxx. Si fa riferimento ad X. XXXXXXX (a cura di), Intelligenza artificiale e responsabilità, Milano, 2017, e al piú recente X. XXXXXXX (a cura di), Intelligenza artificiale - Il diritto, i diritti, l’etica, Milano, 2020, nelle quali sono affrontate, approfonditamente, tutte le questioni, etiche, giuridiche, economiche, sociali, relative all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei vari settori dell’ordinamento giuridico, con particolare attenzione, appunto, anche al tema del contratto. Si occupa dell’influenza che l’intelligenza artificiale potrebbe avere sul funzionamento degli smart contracts anche il
(115) Secondo la definizione fornita dall’Enciclopedia Treccani Online si tratta di una «rete di oggetti dotati di tecnologie di identificazione, collegati fra di loro, in grado di comunicare sia reciprocamente sia verso punti nodali del sistema, ma soprattutto in grado di costituire un enorme network di cose dove ognuna di esse è rintracciabile per nome e in riferimento alla posizione». Sul tema, in generale, X. XXXXXXXX, “Internet delle cose” e problematiche giuridiche: alcune considerazioni, in Cib. dir., 2016, 1-2, p. 3 ss.; nonché, piú approfonditamente, F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 281 ss.
(116) Le tecnologie menzionate, dunque, potrebbero trasformare «gli smart contracts in autentici contratti o, in ogni caso, non sarebbe piú possibile distinguere tra questi ultimi e i sottostanti contratti in senso giuridico» (cosí A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit.,
p. 40). La differenza tra contratto e smart contract potrebbe dunque svanire, sino a dissolversi. Sul rapporto tra tecnologia IoT e smart contracts v. anche X. XXXXXXX, “Smart contract”,
cit., p. 243, nt. 8.
(117) Basti pensare alla questione, di enorme portata, relativa alla eventuale attribuzione di una soggettività giuridica a quei softwares che svolgono attività giuridica di tipo contrattuale. Favorevole alla soluzione positiva, per tutti, X. XXXXXXX, Soggetti giuridici digitali? Sullo status privatistico degli agenti software autonomi, Napoli, 2019, passim, ma spec. 3 ss. La dottrina maggioritaria sembra, almeno per il momento, contraria: si vedano X. XXXXXXXXXXX, La conclusione del contratto telematico mediante i «software agents»: un falso problema giuridico?, in Contr. impr., 2002, 2, p. 501 ss.; EAD., Il contratto nell’era dell’intelligenza artificiale, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
Al normale sviluppo tecnologico, poi, va aggiunta la circostanza che è proprio nei casi in cui si verificano profondi turbamenti dell’intero tessuto sociale ed economico, come quello provocato dalla pandemia, che si è soliti compiere piú rapidi passi avanti nei settori del digitale e della automazione(118).
2018, 2, p. 441 ss.; F. BRAVO, Contratto cibernetico, in Dir. inf., 2011, 2, p. 169 ss.; X. XXXXXXX, Intelligenza Artificiale e diritto. Introduzione, in Giur. it., 2019, 7, p. 1657 ss.; F. DI XXXXXXXX, Intelligenza artificiale e rapporti contrattuali, in X. XXXXXXX (a cura di), Intelligenza artificiale e responsabilità, Milano, 2017, p. 121 ss.; ID., Attività contrattuale e Intelligenza Artificiale, in Giur. it., 7, 2019, p. 1677 ss.; nonché piú recentemente e ancora piú approfonditamente ID., Xxx contratti delle macchine intelligenti, in Intelligenza artificiale - Il diritto, i diritti, l’etica, cit., 251 ss., ma spec. 265 ss.; e XXXXXXXX XXXXXX, La persona elettronica: verso un tertium genus di soggetto?, in AA. VV., Il soggetto di diritto. Storia ed evoluzione di un concetto nel diritto privato, Napoli, 2020, p. 253 ss. Sul punto va vista anche la ricostruzione di X. XXXXXXXXXX, Smart contract, cit., p. 110 s., il quale giunge, all’unisono con la dottrina appena citata, ad una soluzione in senso negativo della problematica relativa all’attribuzione della soggettività giuridica all’algoritmo, osservando giustamente che il «paradigma della soggettività, invero, non soltanto non si attaglia al fenomeno dell’algoritmo, salvo incorrere in analogie non facilmente argomentabili, ma, del pari, non appare nemmeno utile».
Osserva, a mio avviso correttamente, X. XXXXXXX, Xxxxx, Xxxxxx, and Co.—The Quest for the Legal Personhood of Robots, in Information, 2018, p. 230 ss., che il dibattito sulla possibilità di attribuire la soggettività giuridica ai softwares sconta forse un errore di impostazione, in quanto confonde le questioni relative alla personalità giuridica con quelle relative alla regolamentazione dei fenomeni sociali e delle attività che hanno rilevanza giuridica.
Si vedano anche le considerazioni contenute nella RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO P8_TA(2017)0051 del 16 febbraio 2017, contenente Raccomandazioni alla Commissione concernenti norme sui diritti civili riguardanti la robotica.
Maggiore preoccupazione, se non, per alcuni, sgomento, suscitano poi le questioni relative al rapporto dell’uomo con la macchina, che (consente in certi casi già oggi, ma soprattutto) consentirà di modificare i confini della vita e della morte (assai discussi sin dai tempi del diritto romano, e ancora oggi oggetto di acceso dibattito: v. X. XXXXXX, Momentum mortis vitae tribuitur? Del danno da uccisione e di alcune questioni in materia di condizione, in Riv. dir. civ., 3, 2002, p. 391 ss.) e di superare i limiti delle potenzialità umane. Per una interessante analisi di questi e altri temi si rimanda a X. XXXXXXX e A. AMIDEI, Intelligenza Artificiale e diritti della persona: le frontiere del “transumanesimo”, in Giur. it., 7, 2019, p. 1658 ss.; e IDD., Intelligenza artificiale, human enhancement e diritti della persona, in Intelligenza artificiale - Il diritto, i diritti, l’etica, cit., p. 179 ss.; nonché E. ANCONA, Soggettività, responsabilità, normatività 4.0. Profili filosofico-giuridici dell’intelligenza artificiale. Introduzione, in Riv. fil. dir., 1, 2019, p. 81 ss.
(118 ) L’emergenza sanitaria causata dall’epidemia da Covid-19, infatti, ha avuto, tra le altre cose, anche un forte impatto sul mondo del lavoro.
Basti pensare al fenomeno, esistente da decenni, ma mai veramente penetrato nella concezione italiana dell’organizzazione del lavoro, quantomeno fino a pochi mesi fa, del tele-lavoro (c.d. smart working). Sul tema, recentemente, X. XXXX, Lo smart working al tempo del coronavirus. Brevi osservazioni, in stato di emergenza, in xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 17.3.2020. Piú in generale, X. XXXXXXX, Fattispecie della prestazione agile e limite dell’autonomia individuale, in Riv. it. dir. lav., 2, 2019, p. 253 ss.; e X. XXXXXXXXX, “Smart working”: siamo davvero pronti?, in Lav. prev. oggi, 2019, 5/6, p. 251 ss.
O, ancora, volgere lo sguardo alla delicata situazione dei ciclo-fattorini (c.dd. riders), la cui attività si è estremamente intensificata a seguito delle restrizioni alla mobilità e ai servizi di ristorazione imposte nella fase più acuta della pandemia. Non si potrebbero qui neanche tentare di affrontare le complesse problematiche giuridiche che questa relativamente nuova modalità di prestazione lavorativa ha posto, soprattutto, ai giuslavoristi. Basti, per rendere l’idea del problema che l’inquadramento giuridico di tali lavoratori nell’alveo dell’autonomia o della subordinazione comporta, ricordare che il procuratore capo di Milano, Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxx, nel corso di una conferenza stampa online, abbia fatto riferimento ai riders come a dei moderni «schiavi».
Per una panoramica sulle varie questioni che l’attività dei ciclo-fattorini pone all’interprete, vanno visti almeno X. XXXXXX, Subordinazione, autonomia e protezione del lavoro nella gig-economy, in Riv. it. dir. lav., 2018, 2, p. 294 ss.; e R. DEL PUNTA, Sui riders e non solo: il rebus delle collaborazioni organizzate dal committente, ivi, 0000, 0, x. 000 xx. Xx xxxxxx (xxxxx) comparatistica, poi, si veda il bel saggio di X. XXXXXXXX, Quante miglia deve camminare un uomo prima di sapere di essere un uomo? La vicenda irrisolta dei “riders” in Spagna: analisi di un dibattito “de iure condendo”, in Mass. giur. lavoro, 0000, 0, x. 000 xx.
Xxxxxxxx xx Xxxxxx, e rimanendo con lo sguardo rivolto ai devastanti effetti sociali ed economici provocati dalla pandemia, con speciale riguardo al delicato tema del diritto all’abitazione e, più in generale a quello di proprietà, ci si permette di rinviare a X. XXXXXXXXXX, La Orden TMA/336/2020 y el derecho de propiedad en la época del COVID-19: (breves) reflexiones comparativas entre el ordenamiento español, italiano (y supranacional), in Rev. crit. der. inmobiliario, 2020, 783, p. 353 ss.
La triste e grave fase storica che stiamo attraversando in questi mesi dimostra altresí come situazioni contingenti spesso siano causa di cambiamenti (alle volte attesi e sperati da tempo), seppur all’intervento emergenziale non si accompagni quasi mai la dimostrazione di lucidità legislativa.
Si vuole qui fare riferimento al tema, assai discusso, delle sopravvenienze. Oggi una enorme quantità di contratti di durata stipulati in condizioni di “normalità”, sono esposti ai conflitti tra contraenti derivanti dalla situazione eccezionale dettata dalla pandemia. E allora ci si interroga, nuovamente, sulla opportunità di concepire un intervento, e delegato all’autonomia dei privati e, in subordine, alla attività del giudice, che non abbia il classico effetto eliminatorio del vincolo, ma consenta di mantenere in vita il congegno contrattuale ripartendo la perdita in maniera il quanto piú possibile equa.
Non è questa la sede, e nemmeno sarebbe possibile, per ricostruire la questione, qui appena accennata, concernente gli eventi sopravvenuti e perturbativi dell’equilibrio contrattuale, cosí
Ma fino ad allora, preme ribadire, i settori in cui gli smart contracts potranno avere concreta ed ampia applicazione saranno per forza di cose circoscritti. E comunque, anche nelle ipotesi appena menzionate, in un mondo in cui fosse effettivamente complesso comprendere dove finisce l’uomo e dove inizia la macchina, anche nel caso suddetto, ci saranno ancora molte fattispecie per le quali non sarà possibile l’utilizzo di smart contracts(119).
Continueranno ad essere essenziali, insomma, tanto la negoziazione (quantomeno) di alcune clausole del contratto, quanto l’attività interpretativa(120) nonché, ovviamente,
come calibrato dalle parti. Si rimanda, per tutti, a X. XXXXXXX, voce Revisione e rinegoziazione del contratto, in Enc. dir., Xxxxxx, II, Milano, 2008, p. 1026 ss.
Ancora più recentemente, poi, si veda il bel saggio di X. XXXXXXX, Il contenuto dell’obbligo di rinegoziare, in Corr. giur., 2020, 5, p. 631 ss.; e, con riferimento specifico alle problematiche sollevate dalla pandemia, X.X. XXXXXXXXX e X. XXXXXX, Coronavirus, emergenza sanitaria e diritto dei contratti: spunti per un dibattito, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 25 marzo 2020; X. XXXXX e X. XXXXXX, Contratto e Covid-19. Dall’emergenza sanitaria all'emergenza economica, in xxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 28 aprile 2020.
Si occupano di sopravvenienze (anche) in tema di contrattazione intelligente, invece, X. XXXXXXXX, Smart contract, cit., p. 123 ss.; e X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 121 ss., e ivi ulteriore bibliografia.
(119) Basti pensare, sempre tornando al classico esempio del contratto assicurativo, che clausole come quella che esclude l’obbligo dell’assicuratore di rivalere l’assicurato nel caso in cui il sinistro sia dipeso da un comportamento doloso o gravemente colposo di quest’ultimo (art. 1900 c.c.). Va da sé che i concetti di dolo e colpa grave sembrano difficilmente adattabili alla logica booleana dell’if/then.
(120) Xxxxxxx, a nostro avviso, ma la questione si affronterà piú compiutamente nel prosieguo, non si può concordare con chi ritiene che lo smart contract, «in quanto scritto in linguaggio di programmazione, ha un significato univoco e non necessità del ricorso ad un interprete» (cosí G. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 400), poiché l’attività esegetica, semmai, va ricondotta ai comportamenti o alle dichiarazioni dei contraenti che temporalmente precedono la predisposizione o l’utilizzo del codice informatico, essendo questo mera traduzione del linguaggio tradizionale o comunque del comportamento delle parti che utilizzano la macchina, e alle quali non può attribuirsi certamente carattere univoco. In tal senso anche X. XXXXXXXXXX, Smart contract, cit., p. 115, secondo il quale
«il fruit-contract macchinico […] non può rimanere indiscutibile ma deve essere posto in discussione se occorra, dovendo essere necessariamente qualificato, interpretato, eterointegrato, in funzione di rinvenire la disciplina più adeguata a governarlo». Xxxxx stesso avviso mi sembra essere anche X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 125.
il ricorso al giudice o all’arbitro al fine di valutare, ad esempio, la correttezza dell’adempimento o la sussistenza di responsabilità in capo ad uno dei contraenti(121). Che sono poi le ragioni per le quali è stato correttamente osservato come, tanto l’utilizzo del sostantivo «contratto», quanto quello dell’aggettivo «intelligente», siano improprie e fuorvianti(122).
È anzi proprio la stessa logica if/then a presupporre degli accordi precedenti, manifestati dai contraenti tra loro, o comunque da uno di essi, o da entrambi, nei confronti di un soggetto capace di poter trasformare tali manifestazioni di volontà in codice informatico o, ancora, dai contraenti che scelgono di adoperare, ad esempio, uno smart contract già presente sulla rete o già inserito in una blockchain.
In breve: lo smart contract non è (ancora) idoneo a surrogare l’intero àmbito operativo
Del resto, già E. BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici: (Teoria generale e dogmatica), Milano, 1949, qui p. 181 ss., osservava come la chiarezza del testo non potesse essere ritenuta presupposto dell’attività interpretativa ma, eventualmente, suo risultato.
Altra, e intuitivamente differente, è la questione relativa alla leggibilità del contratto smart
che, comunque, come è stato osservato in altra sede (v. X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit.,
p. 960 s.), non solo non esclude la necessità di essere interpretato ma addirittura rende assai complessa la lettura del suo testo, che è attività prodromica a quella ermeneutica, in quanto si tratta di linguaggio incomprensibile ai piú. Si vedano anche le riflessioni di E. CARBONE, Macchine, cit., c. 247 s.
Sull’attività interpretativa, e la sua evoluzione, per tutti, si rimanda, in generale, a X. XXXXXXXXXXX, Interpretazione e legalità costituzionale, Napoli, 2012, passim, ma soprattutto p. 113 ss., nonché, piú nello specifico, con riferimento alla necessità di andare oltre la (ritenuta) chiarezza del testo, ID., L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica. Il broccardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell’art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell’esegesi, in Rass. dir. civ., 1985, p. 990 ss.
(121) Concorda sul punto anche X. XXXXXXX, Un nuovo, cit., p. 149, la quale ritiene che gli smart contracts non condurranno ad una eliminazione del contenzioso ma, semmai, ne provocheranno una modificazione.
(122) Vedi A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit., p. 39-40; ma vedi anche p. 41, laddove gli Autori osservano che la stessa «utilizzazione di oracles si pone in contrasto con l’assunto secondo cui gli smart contracts si eseguono automaticamente» giacché «[o]gni oracle riduce il livello di automazione del contratto». Sul punto, e nello stesso senso, v. anche X. XXXXXXX, “Blockchain”, cit., p. 111; e X. XXXXXXX, Smart Contracts, cit., p. 34; ed E. XXXXXXXX e E.M. INCUTTI, Gli smart contracts nel diritto bancario tra esigenze di tutela e innovativi profili di applicazione, in Contr. impr., 2019, 3, p. 925 ss., ma qui p. 933.
attualmente ricoperto dal contratto come tradizionalmente lo conosciamo(123).
Ciò detto, tuttavia, e nonostante si sia visto come l’automazione contrattuale implichi una rilevante riduzione dell’àmbito applicativo degli smart contracts, tale caratteristica garantisce sicuramente i) sicurezza, ed, altresì, ii) efficienza(124).
Sotto il primo profilo, quando il contratto si esegue automaticamente tutte le volte in cui si verifica la condizione stabilita dalle parti, infatti, possono essere (temporanemente, quantomeno) aggirate tutte le eventuali questioni relative all’intepretazione delle clausole contrattuali o sulla rilevanza di fattori esterni al codice. Non vi è spazio per alcuna ambiguità: se le parti hanno individuato una o piú situazioni in virtù delle quali lo smart contract deve attivarsi, l’avvenuta esecuzione presuppone l’avveramento di tali condizioni ed esclude la necessità di qualsivoglia ulteriore attività da parte dei contraenti(125).
(123) Il contratto, e le norme che lo disciplinano, quindi, non solo non sono da considerarsi superate (come parrebbe sostenere A. XXXXXXXX, Contract law 2.0: “Smart contracts” as the beginning of the end of classic contract law, in Information & Communications Technology L., 2017, 2, p. 116 ss.), ma sembrano mantenere una certa vitalità, come si tenterà di dimostrare.
(124) A questi vantaggi, inoltre, vanno aggiunti, come accennato, anche quelli derivanti dall’eventuale utilizzo degli smart contracts unitamente alla tecnologia blockchain. In altra sede si è già affrontato il tema (v. X. XXXXXXXXXX, Considerazioni cit., p. 952 ss.), sul quale non ci si vuole soffermare nuovamente. Basti ricordare che lo smart contract inserito in una blockchain pubblica non può essere manipolato né eliminato, almeno non senza alterare irrimediabilmente la catena dei blocchi.
(125) Ammesso che non debba dubitarsi della loro liceità, in quanto gli smart contracts sembrano consentire principalmente di affidarsi al solo sistema delle restituzioni e delle rivalse, le caratteristiche evidenziate non vanno eccessivamente magnificate, giacché possono essere facilmente interpretate come svantaggi, in àmbito contrattuale. Basti pensare che sarebbe impossibile tenere conto di eventuali sopravvenienze, cosí come ottenere un tempestivo intervento giudiziale in applicazione di istituti fondamentali del diritto civile come la nullità, l’annullabilità, la rescissione, la risoluzione e il recesso. v. su tali temi, nell’àmbito della contrattazione intelligente, soprattutto A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 143 ss.; nonché
X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 121 ss.; e X. XXXXXX XXXXXXX, Il contratto giusto, cit.,
p. 679 s.; cui xxxx, se si vuole, X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., p. 958 ss.
Assolutamente contrario alla concezione di soli rimedi restitutori e ripristinatori quando si tratti di automatica esecuzione di contratti smart invalidi per contrarietà a interessi generali e sociali del nostro ordinamento, X. XXXXXXXXX, Il problema, cit., p. 604 s., ove anche una panoramica su alcune possibili soluzioni approntate sulle piattaforme blockchains.
Maggiore sicurezza e, si è detto, maggiore efficienza: l’eliminazione dell’altrimenti indispensabile intervento umano, che serve a verificare l’avveramento delle condizioni stabilite nel contratto, infatti, eliminando la possibilità di errore, che è intrinsecamente connesso all’attività umana, rende piú rapida e precisa l’esecuzione del contratto.
Esaminate le caratteristiche innovative degli smart contracts, e pur riservandosi di tornare dopo, e più approfonditamente, sul punto, si possono qui didascalicamente indicare quali sono le criticità che quelle stesse caratteristiche pongono.
Il particolare linguaggio in cui sono scritti gli smart contracts, la distribuzione ottenuta grazie alla blockchain, e l’automatica quanto inesorabile loro esecuzione, infatti, sono causa, allo stesso tempo, di evidenti frizioni con l’ordinamento giuridico e con le sue categorie.
Si pongono dunque interrogativi e si evidenziano problematiche ai quali devono essere fornite risposte e alle quali devono essere offerte soluzioni.
In primo luogo, l’utilizzo di un linguaggio informatico, sconosciuto ai più, nella migliore delle ipotesi, volendo escludere, per ovvie ragioni, la possibilità di demandare ad un computer la scelta dell’algoritmo, rende comunque necessario l’intervento di una terza parte, un professionista, che sappia traslare in codice le clausole pattuite tra i contraenti, con le ovvie conseguenze in tema di competenze richieste e di responsabilità(126). Oppure, oltre al professionista delle leggi, per le parti
X. XXXXXXX, Smart Contracts, cit., p. 66 s. invita giustamente a riflettere sulla circostanza che i rimedi restitutori e risarcitori, esclusivamente operanti ex post, a differenza della forma di invalidità più grave, quella della nullità, non sono imprescrittibili, e quindi espongono la parte danneggiata dal vizio genetico o funzionale del contratto, al rischio di vedersene privata (sul punto v. artt. 1422, 2033 e 2946 c.c.).
Preme sottolineare, comunque, come sia stato osservato (da F. DI CIOMMO, Gli smart contracts, cit., p. 184) che «non si registrano al momento […] casi significativi di dispute tra le parti private di una transazione finanziaria conclusa attraverso automi». Il che equivale a dire che, quantomeno in tale àmbito, i problemi appena menzionati relativi alla liceità o illiceità del contratto, all’eventuale possibilità di chiederne la risoluzione o esercitare il diritto di recesso, semplicemente, non si pongono. E le ragioni sono ben evidenziate dall’A. citato.
(126) Il linguaggio informatico è, sicuramente, universale e non soggetto alle stesse oscillazioni interpretative di quello scritto, ma è incomprensibile ai più.
Guardare per credere.
che vogliono stipulare un contratto che si auto-esegue, sarà necessario un professionista dei codici (informatici). Delle due l’una.
Ancora, l’irrevocabilità e l’immutabilità dello smart contract una volta inserito nella blockchain, pur garantendo l’esecuzione automatica di quanto pattuito, frustrano qualsiasi possibilità di intervento da parte dell’ordinamento o dei contraenti, anche laddove questo sia legittimo.
Per quanto concerne il primo dei due aspetti, cioè la “giustiziabilità” di tali protocolli informatici, questa sembra essere necessariamente esclusa, in via preventiva, dalla auto- esecuzione(127). Si noti che, comunque, a parere di chi scrive, anche nelle ipotesi in cui allo smart contract venga affidata la sola esecuzione di un accordo stipulato off-chain, il giudice eventualmente adito, al fine di poter decidere la controversia, e trattandosi di stringhe alfanumeriche che, per l’occhio umano non avvezzo al linguaggio informatico(128), non hanno alcun significato, dovrebbe in ogni caso ricorrere alla
Quello che segue è un esempio di (smart) contratto di compravendita:
# *** An Ethereum smart contract to sell a website for “5000 by March” # First, store buyer’s ethereum address:
xxxxxxxx.xxxxxxx[“BUYER”] = 0x6af26739b9ffef8aa2985252e5357fde # Then, store seller’s ethereum address:
xxxxxxxx.xxxxxxx[“SELLER”] = 0xfeab802c014588f08bfee2741086c375 # April 1, 2014 is 1396310400 in “computer time”
xxxxxxxx.xxxxxxx[“DEADLINE”] = 1396310400
code:
# If the agreed amount is received on time...
if (contract.balance >= 5000*10^18 and block.timestamp <= xxxxxxxx.xxxxxxx[“DEADLINE”]): # ... then designate the buyer as the new website admin and pay the seller xxxxxxxx.xxxxxxx[“WEBSITE_ADMIN”] = xxxxxxxx.xxxxxxx[“BUYER”] send(xxxxxxxx.xxxxxxx[“SELLER”], contract.balance, (tx.gas - 100)).
(127) Senza contare che la riservatezza dei nodi delle blockchain pubbliche porrebbe, già a monte, il problema di identificare i soggetti che vi operano all’interno. Nelle blockchain private, invece, sebbene le parti possano essere identificate, è comunque difficile ipotizzare un intervento del giudice in via preventiva sul contratto che si auto-esegue, se non imponendo ai contraenti o ricorrendo, per ipotesi, agli ufficiali giudiziari, affinché provvedano ad eliminare lo smart contract dal sistema, bloccandone così l’auto-esecuzione.
(128) Al riguardo si noti che, nonostante l’improprietà della formula adottata dall’art. 122 c.p.c., l’uso della lingua italiana è richiesto per gli atti processuali “in senso stretto” e, quindi, non per i documenti allegati.
nomina di un traduttore ai sensi dell’art. 123 c.p.c. o, comunque, all’ausilio di uno dei
soggetti menzionati all’art. 68, comma 1 c.p.c.
Inoltre, esclusi i casi in cui lo smart contract si limitasse semplicemente a riportare, tradotto in script, quanto contenuto in lingua italiana nel contratto dal quale ha origine(129), si porrebbe comunque un problema di applicabilità degli istituti del c.c. dedicati alla interpretazione del contratto.
L’impossibilità di tenere conto delle sopravvenienze(130), e l’ammissibilità di un intervento del giudice esclusivamente a posteriori, mette in crisi alcune categorie fondamentali del diritto civile, il cui scopo è quello di impedire che un contratto non meritevole di tutela acceda all’ordinamento giuridico, come la nullità(131), o
(129) Questa è l’ipotesi che potrebbe essere maggiormente consigliata ai contraenti che non hanno conoscenze informatiche. In tal caso interverrebbe un soggetto terzo per la conversione delle parole in codice. Resta fermo, comunque, che, sebbene sia chiaro debba ritenersi sussistente la responsabilità del soggetto che ha provveduto a trascrivere in linguaggio informatico il contratto, non si può escludere l’eventualità che questi si sia servito di un programma creato da altri e che l’erronea esecuzione dipenda non tanto dall’operato di colui che ha trasposto le parole in scripts ma dall’operato di chi ha creato il software tramite il quale tale operazione può essere eseguita.
(130) Molto interessante potrebbe essere, in tale ottica, il tentativo, suggerito da D. DI SABATO, Gli smart contracts, cit., p. 399, di gestire le sopravvenienze contrattuali mediante l’utilizzo di tali strumenti. Secondo l’A., grazie alle infinite variabili che può contenere un programma per elaboratore, i contraenti non dovrebbero più sforzarsi di prevedere (ma è possibile?) tutti, o la maggior parte, dei rischi ai quali un contratto la cui esecuzione non sia immediata è esposto. Non sarebbe più necessario, quindi, ricorrere ai tradizionali rimedi ablativi o correttivi, in quanto la sopravvenienza potrebbe essere auto-corretta dal programma.
(131) Soprattutto se si concorda con quella attenta dottrina che, anche in conformità con la legislazione sovranazionale, da tempo propende per una diversa, e più evoluta, concezione dell’istituto.
La nullità non è più, o quantomeno non solamente, strumento che il legislatore predispone come sanzione per quei contratti affetti da imperfezioni genetiche, ma è rimedio che accompagna il contratto per tutta la sua durata.
Tale impostazione parte dalla considerazione che il contratto è sempre esposto, fino alla sua estinzione, alla possibilità di porsi in contrasto sia con gli interessi dell’ordinamento sia con gli interessi delle parti, i quali sono, come noto, in continua evoluzione.
idonee a tutelare uno dei due contraenti tenendo conto dell’equilibrio contrattuale, come l’annullabilità, la rescissione, la risoluzione e il recesso.
Ci si dovrà chiedere, quindi, e lo si farà anche proseguendo nell’analisi, se e quali rimedi possano essere adottati per i protocolli smart contract già inseriti nella blockchain(132) e se sia sufficiente, nei casi più complessi, affidarsi interamente al sistema delle rivalse(133).
Sull’inadeguatezza dello schema dogmatico pandettistico in tema di nullità, si vedano, X.X. XXXXX, L’invalidità dei contratti del consumatore, in Tratt. dir. priv. eur. Lipari, II, Padova, 1997, p. 690 ss., ma anche, I. MASPES, La nullità sopravvenuta, in Contr. impr., 2018, 4, p. 1348 ss., e X. XXXXXXXXX, La nullità “dinamica” dei contratti di durata, in Riv. dir. civ., 2018, 5, p. 1258 ss. Per una interessante lettura della nullità in chiave dinamica, v. anche X.X. XXXXX, La nullità parziale. Diritto interno e comunitario, Napoli, 2002, soprattutto p. 1 ss. e 351 ss.
(132) Allo stato attuale esiste una funzione, disponibile per gli smart contracts inseriti sulla blockchain Ethereum, c.d. di “selfdestruct”, che consente di impedire l’auto-esecuzione del contratto.
Si rimarrebbe, comunque, sempre nell’alveo dei rimedi ablativi, sulla cui effettiva utilità per i contraenti si nutre qualche dubbio. Certamente, però, trattandosi di transazioni relativamente semplici, gli effetti sfavorevoli saranno più contenuti di quanto accade per i normali contratti ad esecuzione differita che, come accennato, tendono ad essere caratterizzati da una elevata complessità.
(133) In questo senso, allora, si potrebbe ritenere legittimo, in quanto rientrante nell’alveo della autonomia contrattuale e del principio di auto-responsabilità, che le parti che affidano allo smart contract l’esecuzione dell’accordo stipulato, implicitamente rinunciano ad esperire i rimedi preventivi, riservandosi, eventualmente, di agire in un momento successivo. Maggior successo potrebbe avere, poi, la deviazione di tali controversie nell’alveo dei meccanismi alternativi di risoluzione delle stesse, mediazione tra tutti. Inserendo nello smart contract una clausola, della quale naturalmente i contraenti sono messi a conoscenza, si potrebbe prevedere che le eventuali controversie insorte dall’utilizzo del programma per elaboratore che si auto esegue siano sottoposti a procedura di mediazione. È questa la direzione in cui sembra andare l’accordo tra Jur, riferimento internazionale nel settore di blockchain legal tech, e Teleskill Mediazione On-Line, applicazione di Alternative Dispute Resolution convenzionata con la Cassa Nazionale Forense.
Le parti, in sostanza, dovrebbero poter accedere a un arbitrato vincolante o a una mediazione con un click, con i conseguenti ingenti risparmi di tempo e di costi.
Si occupano del connubio tra smart contracts e ADR, con particolare attenzione alla tematica dell’arbitrato e del crowdsourcing, A.J. SCHMITZ e C. RULE, Online Dispute Resolution for Smart Contracts, in J. of Dispute Resolution, 2019, p. 103 ss.
III. La natura giuridica degli smart contracts.
Parlare di natura giuridica dello smart contract, e quindi indagare se, come e quando esso possa essere ritenuto propriamente un contratto in senso giuridico, è questione che pone, come priorità, prima ancora logica che giuridica(134), quella di aver superato il dubbio se il protocollo informatico che si auto esegue possa essere considerato, come alcuni hanno sostenuto(135), elemento facente parte di un ordinamento autonomo, a sé stante, che opera al di fuori (e quindi senza subire il condizionamento) dell’ordinamento giuridico.
La tesi poggerebbe, se ho ben compreso, su un ragionamento, a mio avviso errato, e del tipo post hoc ergo propter hoc(136), ai sensi del quale lo smart contract non potrebbe che avere natura metagiuridica in quanto la sua vincolatività non deriva bensì
(134) Per una bella indagine sulla natura giuridica o metagiuridica dello smart contract, che giunge alla stessa conclusione del testo, v. G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 206 ss.
(135) V. nuovamente A. XXXXXXXX, Contract, cit., p. 116 ss. Ma, a me pare, in un senso assai simile, anche A. XXXXXX e P. DE XXXXXXX, Decentralized Blockchain Technology and the Rise of Lex Cryptographia, 10 marzo 2015, p. 4, reperibile in xxxx.xxx/xxxxxxxxx0000000; X. XXXXXXXXX, Aspects of private international law related to blockchain transactions, in X. XXXXX, X. XXXXXX e X. XXXX (a cura di), Blockchains, Smart Contracts, Decentralised Autonomous Organisations and the Law, Cheltenham, 2019, p. 49 ss.
Sembra dello stesso avviso, seppur non venga approfondita l’affermazione nel testo, X. XXXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 244, xxxxxxx sostiene che «[una] differenza sostanziale dello smart contract con il contratto tradizionale […] è rappresentata dal non affidare la vincolatività dell’accordo ad una fonte normativa esterna». Il corsivo è mio.
(136) Sulla cui superficialità ammoniva già, sebbene in riferimento ad istituti che qui non sono in discussione, X. XXXXXXXXXX, voce Collazione, in Enc. giur., II, Roma, 1988, p. 3; il quale ha poi ripreso la critica a quella dottrina che ricavava la natura (cum facultate solutionis) dell’obbligazione in virtù della quale i figli, i loro discendenti, e il coniuge che hanno accettato l’eredità devono restituire alla massa ereditaria tutti i beni che sono stati loro donati in vita dal defunto, dalle conseguenze che l’art. 744 c.c. ricollega al perimento non imputabile al donatario del bene donato, in X. XXXXXXXXXX, La collazione, Padova, 1960, p. 113 s.
Un’aspra critica a questa, e ad altre, fallacie argomentative si ritrova nelle antiche pagine di
G.D. ROMAGNOSI, Collezione degli scritti sulla dottrina sulla ragione, I, Prato, 1835, p. 183 ss.
dall’ordinamento (come accade, invece, per il «nostro» contratto ex art. 1372 c.c.(137)), ma dallo stesso codice informatico, che consente l’auto esecuzione, senza se e senza ma, di quanto in esso predisposto.
Ora, non sembra neanche sia necessario il ricorso a una finzione(138), in questo caso, per riconoscere che dietro l’automazione del software incorporato nella
(137) Norma la quale, seppur assai enfaticamente, sancisce, al comma 1 che «[i]l contratto ha forza di legge tra le parti», ed impedisce ad entrambi i contraenti di liberarsi dal vincolo liberamente assunto se non «per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge». Sul tema, in generale, X. XXXXXXXX, voce Contratto, cit., p. 21 ss.; X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 531 ss.; nonché, per considerazioni più specifiche, X. XXXXXXXX, L’efficacia del contratto nell’art. 1372 c.c., in Studium iuris, 1998, p. 477 ss.
(138) Pur trattandosi, come si è stati correttamente avvertiti (v. A. LA TORRE, La finzione nel diritto civile, in Xxx. xxx. xxx., 0000, 0, x. 000), xx xxxxxxx xxxxxxxxx, xx può qui tranquillamente intendere la finzione come una modificazione artificiosa della realtà, operata di modo che
«sembri ciò che non è».
Nel caso di specie, dunque, non è necessario ragionare «come se» l’espressione di volontà del contraente si fosse effettivamente manifestata, perché essa «si è» concretamente manifestata nella realtà, nel momento in cui ha deciso di ricorrere al meccanismo smart contract quale strumento per la conclusione del contratto. Contra, invece, C. PONCIBÒ, Smart contract: un breve viaggio, cit., p. 225 e 228.
Ha bene avvertito del pericolo di restare prigionieri delle finzioni X. XXXXXX, Momentum, cit., p. 396, e per averne una dimostrazione basti pensare alla costruzione giuridica e dottrinale del contratto con effetti protettivi a favore del terzo, che rinveniva le sue fondamenta nella dottrina tedesca, intenta a risolvere problemi del tutto diversi rispetto a quelli che potevano porsi nel sistema italiano dell’illecito, con il rischio, per quest’ultimo, di assottigliarsi fino a scomparire (sul punto, per tutti, A. DI MAJO, La protezione del terzo tra contratto e torto, in Eur. dir. priv., 2000, 1, p. 1 ss.; e D. XXXXXX, La Cassazione “dimentica” il contratto con effetti protettivi a favore del terzo: vero oblio o consapevole ripudio?, 2012, 12, p. 1202 ss.); o, più in generale, al processo (per la cui interpretazione, che vada oltre l’angolo visuale prettamente tecnico, si rimanda alla raccolta di saggi di X. XXXXX, Il mistero del processo, Milano, 1994, p. 11 ss.), che non a caso è da sempre stato considerato dai romani «come se» fosse una verità, ma non la verità. Sulle origini e la storia del brocardo res iudicata pro veritate accipitur, si v. L. XXXXXXXX, Res iudicata pro veritate accipitur, in X. XXXX (a cura di), Il diritto come processo. Princìpi, regole e brocardi per la formazione critica del giurista, Milano, 2012, p. 227 ss.
Una preziosa divagazione letteraria in tema di finzione, all’esito di una, come di consueto, elegante trattazione del tema, si trova in X. XXXXXXXX, Le finzioni del diritto privato, in Contr. impr., 2002, 2, p. 585 ss., qui p. 596.
macchina, guidata dal codice, vi è sempre l’uomo(139). Uomo, che, in quanto tale(140), fa
(139) Che vi sia sempre un momento, temporalmente e logicamente precedente alla conclusione del contratto informatico (e, ora, intelligente), in cui il soggetto che utilizza il software esprime la propria volontà, è stato già efficacemente dimostrato da R. CLARIZIA, Informatica e conclusione del contratto, Milano, 1985, p. 70 ss. Sul punto, pur discutendo se fare riferimento al principio della auto responsabilità, a quello del rischio o a quello dell’affidamento (v., per tutti, X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1964, p. 145 ss.), sembra che la dottrina sia concorde: v. X. XXXXXXXXXXX, La conclusione, cit., p. 503 ss.; nonché EAD., Il contratto, cit., p. 455 s. Più recentemente, poi, F. DI XXXXXXXX, Intelligenza, cit., p. 121 ss.; ID., Xxxxxxxx, cit., p. 1677 ss.; nonché ID., Xxx contratti cit., p. 265 ss.; F. XXXXXXX, Forma, cit., p. 10 ss. e 28 s.; e XXXXXXXX XXXXXX, La persona, cit., p. 253 ss. Ancora più recentemente, poi, lo conferma anche X. XXXXX, Formazione del contratto e tecnologie digitali, in AA. VV., Contratto. Enciclopedia del diritto, cit., p. 568.
Non nutre alcun dubbio sul fatto che il non corretto operare del programma «non può che fare oggettivamente capo a chi ha scelto e utilizzato detti strumenti». Così X. XXXXXXXX, L’errore nel contratto, in Cod. civ. Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2004, p. 222.
Parla, efficacemente, di «spinta causale umana» S. ACETO DI CAPRIGLIA, Contrattazione algoritmica. Problemi di profilazione e prospettive operazionali. L’esperienza “pilota” statunitense, in xxxxxxxxxxx.xx, 2 ottobre 2019, p. 56; e di «intento delle parti a vincolarsi mediante il loro impiego», con riferimento ovviamente alle tecnologie del tipo software agents, X. XXXXX, La computerizzazione, cit., p. 1282.
D’altronde, è stato correttamente sottolineato (da F. DELFINI, Blockchain, cit., p. 177), portando ad esempio l’obbligo di custodia del dispositivo di firma digitale o la responsabilità per danno cagionato da cose in custodia, come il nostro ordinamento «già prevede casi in cui la suitas dell’atto o negozio giuridico è legata alla logica del rischio di avvalimento di strumenti tecnologici».
La dichiarazione, seppur divergente dalla volontà, è ricollegata (da R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso, Napoli, 2003, p. 65 s.), piuttosto che al criterio dell’affidamento, alla prospettiva della prevalenza delle ragioni dell’acquisto su quelle della proprietà, e quindi ad un disegno del legislatore orientato a favorire (non la conservazione ma) la circolazione dei beni.
sicuramente parte dell’ordinamento giuridico(141), e la cui attività, alle regole
dell’ordinamento, è, ovviamente, assoggettata(142).
Proseguendo nell’analisi, dunque, e avendo già altrove premesso brevi cenni sulla
(140) La letteratura sul tema della persona fisica è, ovviamente, sterminata (sempre fondamentale rimane però il lavoro di A. FALZEA, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, in part. p. 39 ss.; oltre al quale si vedano almeno X. XXXXXXX e X. XXXXXXXX, Persona fisica (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, p. 193 ss.; G. OPPO, Declino del soggetto e ascesa della persona, in Riv. dir. civ., 2002, 1, p. 830 ss.; e, ancora, X. XXXXX, Di là dal velo della persona fisica. Realtà del corpo e diritti “dell’uomo”, in Liber amicorum per Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, II, Milano 2008, spec. p. 121 ss.), ed ha prontamente evidenziato come le norme che il c.c. (artt. 1 e 2) dedica ad essa sono divenute assai presto insufficienti allo scopo che si era prefissato il legislatore del 1942, ovverosia quello di disciplinare la condizione umana all’interno dell’ordinamento giuridico. Già sufficiente a riflettere, ancorché rimanendo nell’àmbito delle scelte prettamente terminologiche, è il fatto che di «persona», nei due menzionati articoli, non si discorre.
Per una ricostruzione del dibattito intorno alle figure della persona, del soggetto, e dell’uomo, si veda X. XXXXXXXX, Sub art. 1, in A. BARBA e X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Delle persone, I, Disposizioni sulla legge in generale e artt. 1-10 c.c, in Comm. x.x. Xxxxxxxxx, Milano, 2012, p. 335 ss., ove ulteriore bibliografia.
Assai dibattuto resta, però, il momento in cui il soggetto di diritto può essere, appunto, definito tale. Emblematica è, in tal senso, la discussione, della dottrina e della giurisprudenza, sulla attribuzione al concepito della soggettività giuridica.
Sul punto, con opinioni discordanti tra loro, vanno visti almeno G. OPPO, L’inizio, cit.,
p. 499 ss.; X. XXXXXXXX, Problemi civili e costituzionali sulla tutela della vita, in Dir. fam. pers., 1988, 2, p. 1119 ss.; X.X. XXXXXXXX, L’inizio della vita umana, in Riv. dir. civ., 2004, 1, p. 533 ss.; nonché X. XXXXXXX, Osservazioni, cit., p. 168 ss.; e X. XXXXXXXX, Il concepito soggetto di diritto e i limiti dell'interpretazione, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 12, p. 1268 ss.
(141) Non va dimenticato l’insegnamento di X.X. XXXXXX, Diritto civile, 1, La norma giuridica. I soggetti, Milano, 2002, p. 136 ss., secondo il quale l’intero ordinamento «è preordinato in funzione dell’uomo», e l’uomo non è «strumento dei fini dello Stato ma, è piuttosto esso medesimo fine ultimo delle norme giuridiche».
(142) Parafrasando una assai celebre battuta sull’imposizione fiscale (di discussa attribuzione: v. sul punto X. XXXXXXXX, Elogio delle tasse, Torino, 2021, p. 7 s.), anche l’ordinamento giuridico accompagna l’uomo dalla culla alla tomba.
E, anzi, in certi casi anche oltre: basti pensare al testamento, quel «miracolo del diritto, in virtù del quale la volontà dell’uomo gli sopravvive» (così X. XXXXXXXXXX, La figura giuridica, cit., p. 928) che consente, tra le altre cose, anche di decidere, per il tempo in cui si avrà cessato di vivere, sulla destinazione del proprio cadavere (sul punto, per tutti, X. XXXXXXXX, «…così al vento nelle foglie levi si perdea la sentenza di Xxxxxxx», in Studium iuris, 2002, 2, p. 139 ss.).
natura giuridica dello smart contract(143), e volendo ora prendere in considerazione la possibilità che in un fututo ormai vicino questo possa essere considerato a tutti gli effetti un contratto in senso giuridico(144), si ritiene necessario: i) verificare quale sia il procedimento di formazione del contratto smart; ii) individuare in esso i requisiti essenziali di cui all’art. 1325 c.c.; iii) comprendere se, e come, possa trovare applicazione la disciplina del contratto(145), con particolare riguardo a quella relativa all’incapacità ed ai vizi del consenso; nonché, infine, e nella convinzione che non possano ritenersi ammissibili, nel nostro ordinamento, sistemi autoreferenziali e autonomi slegati da qualsivoglia tipo di controllo, iv) interrogarsi su come il contratto intelligente possa essere introdotto all’interno del processo.
In questa sede si vuole solamente aggiungere che la natura contrattuale, in senso tecnico-giuridico, dello smart contract viene generalmente negata(146).
(143) Praticamente tutti gli Aa. che si sono occupati della tematica oggetto del presente contributo, e che in esso sono stati citati, si sono occupati, in primis, di sciogliere i dubbi relativi alla natura giuridica dello smart contract. Ad essi si aggiungano, qui, L. PAROLA, X. XXXXXX e X. XXXXXXX, Blockchain e smart contract: questioni giuridiche aperte, in Contratti, 2018, 6, p. 681 ss.; X. XXXXXXX, Contratti tradizionali, diritto dei contratti e smart contract, in
X. XXXXXXXXXX e M. XXXXXX XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract, cit., spec. p. 279 ss.
(144) E al quale, allora, in difetto di una normativa speciale, andrà applicata la disciplina generale del contratto contenuta nel c.c. Di questo avviso anche X. XXXXXXXX, La Blockchain, cit., p. 1003.
(145) Pur rimarcando che, data la natura generalmente dispositiva delle norme di diritto civile, queste opereranno solo quando le parti non si siano accordate diversamente, e in caso contrario l’automatismo contrattuale risponderà in base alle diverse previsioni delle parti.
(146) Si vedano, ex multis, X. XXXXXXX, “Blockchain”, cit., p. 111; X. XXXXXXXX, La Blockchain, cit., p. 1027 ss.; X. XXXXXXX, Contratti, cit., spec. p. 279 ss.; A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit., p. 40; X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., passim, ma spec. p. 244; F. DI XXXXXXXX, Xxx contratti delle macchine intelligenti, cit., p. 257 ss.; nonché WA. D’AVANZO, “Blockchain”, cit., p. 104 s.
Le ragioni, si ritiene, sono tendenzialmente due.
La prima, di stampo non giuridico, si ricollega alla distinzione, cui si è fatto cenno in precedenza, tra smart contract in senso informatico e smart contract in senso giuridico. È dunque chiaro che, se si prende in considerazione la prima fattispecie, ovverosia una stringa alfanumerica, incomprensibile ai piú, non si potrà immaginare di trovarsi di fronte ad un contratto.
Quando, invece, si prende in considerazione la seconda fattispecie, ovvero quella dello smart contract in senso giuridico, pur concordando con chi osserva che le cose stanno già cambiando e che sono destinate a cambiare sempre piú(147), cosí come è stato finora concepito il contratto intelligente, anche dai fautori delle tesi secondo le quali questo sarebbe idoneo a sovvertire l’intero ordinamento giuridico ed eliminare le figure di avvocati, notai e giudici, non consente altro che non sia mera auto-
Secondo X. PAROLA, X. XXXXXX e X. XXXXXXX, Blockchain, cit., p. 685; e X. XXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 386 s., però, l’esigenza di dare una copertura giuridica a questi nuovi fenomeni tecnologici dovrebbe far propendere l’interprete per la soluzione nel senso del riconoscimento della natura negoziale degli smart contracts. Senonché, pur volendo tralasciare che accertare la natura giuridica di un fenomeno sulla base degli effetti che esso produce non pare l’opzione metodologicamente più corretta, va considerato inoltre che, anticipando brevemente quello che si dirà immediatamente nel prosieguo, l’applicazione delle norme che disciplinano i contratti sarebbe comunque possibile fintanto che si individui un momento, antecedente a quello dell’attivazione dello smart contract, in cui vi è stato lo scambio dei consensi. In tale ottica, appunto, anche X. XXXXXXX, o.u.c., p. 388 e 389, infatti, afferma che «[c]on riguardo al momento della formazione del contratto, può ritenersi che il consenso delle parti si manifesti con l’apposizione della firma della transazione crittografica» o, ed è lo stesso, che
«con riferimento al momento della conclusione del contratto, si ritiene che essa avvenga mediante la sottoscrizione crittografica di entrambe le parti». Allora, per forza di cose, il contratto giuridicamente (e correttamente inteso) sarà l’incontro delle volontà delle parti, rappresentato dalle sottoscrizioni crittografiche mentre, invece, il protocollo informatico (id est lo smart contract) sarà il documento contrattuale. Sul punto v. anche X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 243 s.
(147) Vedi L. XXXXXX, I contratti, cit., p. 360 ss.; A.U. JANNSEN e F.P. PATTI, Demistificare, cit.,
p. 40, laddove sottolineano come lo smart contract possa divenire contratto quando la piattaforma su cui questi operano «dovesse essere utilizzata per reperire contraenti prima non conosciuti e […] concludere il contratto»; cui xxxx X. DI XXXXXXXX, Xxx contratti delle macchine intelligenti, cit., p. 260 ss.
esecuzione di clausole contrattuali già predisposte in precedenza(148). In tali ipotesi, allora, è sempre possibile individuare, logicamente e temporalmente, un momento che precede l’entrata in funzione dello smart contract, momento in cui i contraenti hanno svolto una attività di tipo valutativo, e hanno manifestato la propria volontà mediante dichiarazione o mediante comportamento concludente, raggiungendo cosí l’accordo, che investe anche la scelta di affidarsi all’auto-esecuzione.
E, comunque, preme rilevare come, anche qualora l’evoluzione in tema di smart contract dovesse raggiungere vette oggi solo preconizzabili, ciò non escluderebbe che un accordo, inteso come risultato pratico e concreto cui le parti ambiscono, e a prescindere dunque dal fatto che le scelte relative al momento in cui il contratto cominci a produrre effetti, al contenuto dello stesso, o alle modalità di esecuzione, siano demandati ad una macchina, sia in ogni caso individuabile, essendo il contratto niente altro che un programma, e la «scrittura di questo programma proviene solo in parte dall’apporto (consapevole e volontario) del contraente»(149).
Altra soluzione non sembra, allo stato, percorribile. Difatti, o si ritiene sussistente l’accordo tra le parti pur risalendo, per individuare il momento in cui viene prestato il consenso, a quando queste hanno autorizzato l’utilizzo della tecnologia per svolgere attività giuridicamente rilevante (che sia conclusione o esecuzione del contratto), o l’atto giuridico posto in essere o eseguito mediante smart
(148) Lo smart contract è «il mezzo attraverso il quale un contratto, concluso prima e altrove, viene eseguito»: xxxx X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 250. V. anche, nello stesso senso, le conclusioni di uno dei primi civilisti spagnoli ad occuparsi dell’argomento (A. XXXXXXX- XXXXXX, Los contratos inteligentes en España (La disciplina de los Smart contracts), in Rev. der. civ., 2018, 2, p. 194 ss.), laddove afferma che l’accordo dei contraenti, inteso come requisito essenziale del contratto, va ricercato nella «configuración del software que aplicará automáticamente la consecuencia establecida», p. 200.
(149) F. DI XXXXXXXX, Xxx contratti delle macchine intelligenti, cit., qui p. 269, ma anche p. 260 ss. per una serie di interessanti riflessioni sulla disciplina del rapporto contrattuale automatizzato e autonomo. Parla, invece, di finzione, con riferimento al consenso prestato dal consumatore con riguardo alle condizioni generali di contratto, ai fini della conclusione dello stesso, C. PONCIBÒ, Smart contract: un breve viaggio, cit., p. 225 e 228. Parla di programma (anche) con riferimento all’incontro dei consensi, oltre che con riguardo al software smart contract, G. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 396.
contracts non è contratto(150).
Non esiste una terza via, almeno fino a quando non venga attribuita ai softwares la soggettività giuridica(151).
In qualsiasi caso, questo è il senso della breve digressione appena svolta, il consenso alla conclusione di contratti smart deve sussistere tanto in quelle ipotesi in cui il codice informatico è solamente inserito come clausola di un contratto affinché questo si auto- esegua, cosí come in quelle in cui, invece, la macchina, e quindi lo smart contract, è esso stesso strumento di conclusione del contratto.
Ciò detto, allora, sembra potersi sostenere che la logica condizionale if/that, e quindi l’automatica conclusione/esecuzione del contratto, non possa influire sulle modalità di formazione dello stesso, per il quale continueranno ad applicarsi, in quanto compatibili, le norme di cui agli artt. 1326 ss. c.c.(152).
(150) Dello stesso avviso anche X. XXXXX, La computerizzazione, cit., p. 1283 s., seppur con riferimento a strumenti tecnologici molto più avanzati rispetto agli smart contracts come li ho fin qui intesi.
(151) Si rimanda, per la questione relativa all’imputabilità dell’attività giuridica posta in essere mediante software, alla letteratura già citata alla nota n. 117, cui xxxx X. XXXXX, La formazione del contratto, in Cod. civ. Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2018, p. 274 ss.; F. DELFINI, Forma digitale, cit.,
p. 10 ss., e, con riferimento specifico agli smart contracts, 29 s.; e X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 374.
Qui sia consentito aggiungere solamente che neanche sembrano praticabili quelle soluzioni che parlano di rappresentante, di nuncius, o di arbitratore, giacché presuppongono comunque una soggettività che allo stato attuale, come detto, non sussiste in capo ai softwares. Concordano, tra gli altri, anche X. XXXXX, La computerizzazione, cit., p. 1280, in part. nota n. 92; e G. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 397, la quale individua, semmai, nella figura del programmatore un nuncius.
Una terza via sembra essere percorsa da X. XXXXXX, Gli agenti software e la disciplina giuridica degli strumenti cognitivi, in Dir. inf., 2003, 1, p. 55 ss.
Si chiede, con la consueta pragmaticità, se, in ambito di contrattazione smart, sussista una effettiva volontà contrattuale oppure «se non sia invece più adeguato alla natura del fenomeno rappresentare tutto ciò nei termini di un sistema di assunzione del rischio», X. XXXXXXXXXXX, Riflessioni sugli smart contract e sull’intelligenza artificiale, in xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 16 novembre 2020, p. 3.
(152) Ciò che, d’altronde, è stabilito espressamente dall’art. 13, comma 1 d.lgs. n. 70 del 2003 laddove prevede che «[l]e norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o di un servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica».
Vi sono, però, tre questioni preliminari che si ritiene debbano essere concisamente affrontate prima di analizzare il procedimento di formazione dello smart contract: i) quella relativa alla meritevolezza del contratto smart, ai sensi dell’art. 1322 c.c.(153); ii) quella relativa all’identificazione dei contraenti, e iii) quella concernente la comprensione del linguaggio informatico da parte di questi ultimi.
Per quanto concerne la prima, va tenuto presente che mi ero già posto il problema dell’eventuale superamento, da parte dello smart contract, del giudizio di meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c.(154), articolo che, come noto, «svolge una funzione di filtro, impedendo l’ingresso nell’ordinamento giuridico di schemi negoziali inidonei» e che prevede, quali gli strumenti per compiere tale valutazione, il principio di ragionevolezza e quello di proporzionalità(155).
In quella sede(156), conclusi che l’auto-esecuzione propria della contrattazione smart non potrebbe in alcun modo pregiudicare l’accesso di tali contratti all’interno del nostro ordinamento giuridico, non solo perché in realtà già esistono strumenti che consentono alle parti di posticipare la valutazione di eventuali eccezioni ad un momento successivo a quello dell’esecuzione del contratto, ma anche perché a tale ingresso non può ostare, si ritiene, neanche l’eventuale illegalità, immoralità o illiceità della clausola o del contratto smart.
Difatti, anche nelle ipotesi di contratti o clausole tradizionali l’eventuale
(153) Si ricorda, in virtù del fatto che quella dell’automazione contrattuale assume oggi, come già detto e come si vedrà anche nel prosieguo, la forma di una clausola apposta ad un contratto già concluso prima (e potenzialmente anche al di fuori) di quello che è l’àmbito operativo del software smart contract, che il controllo di meritevolezza ex art. 1322, comma
2 c.c. è esperibile anche sulle singole clausole di un contratto (si veda in merito l’insegnamento di X.X. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, p. 252 s.).
Dello stesso avviso si è mostrata anche la Suprema Corte, nel suo massimo consesso: Xxxx., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140.
(154) Così XXXXXXXX XXXXXX, Contratto negozio regolamento: contributo allo studio del negozio unilaterale, Milano, 2008, p. 259.
(155) Come insegna X. XXXXXXXXXXX, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in Rass. dir. civ., 2001, p. 335 ss.
(156) V. M. GIACCAGLIA, Considerazioni, cit., p. 959 s., in particolare nota n. 79.
intervento dell’ordinamento avviene sempre ex post, sia per quanto concerne la conclusione del contratto sia per quanto attiene alla sua esecuzione.
Non vi sono strumenti che possano impedire di concludere contratti illegali, immorali o illeciti né, tantomeno, strumenti che possano impedirne l’esecuzione(157). Qui è doveroso aggiungere, però, a completamento delle considerazioni appena svolte, come mi è stato fatto correttamente notare(158), e proprio in risposta alle valutazioni che avevo espresso, che il controllo sulla meritevolezza del contratto intelligente «è necessario solo laddove la modalità automatica di perfezionamento ed esecuzione distorca gli elementi essenziali del contratto, alterandone la fisionomia tipica, sì da mettere in dubbio la compatibilità con i valori primari dell’ordinamento giuridico», in quanto la «modalità automatica di perfezionamento ed esecuzione di un
contratto non ne determina ex se un’esorbitanza dal tipo»(159).
Anche alle altre due menzionate questioni (identificazione dei contraenti e comprensione del linguaggio smart) si è già altrove fatto cenno(160), e naturalmente larga parte della dottrina se ne è occupata(161), giacché rivestono grande interesse per quanto riguarda: i) la vincolatività dell’accordo smart; ii) il rispetto del requisito della
(157) Per analoghe osservazioni si veda anche X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 135.
(158) Da E. CARBONE, Macchine, cit., c. 247.
(159) Ritiene che lo smart contract, in quanto non definibile come contratto in senso giuridico, non possa ovviamente rientrare nell’alveo di operatività dell’art. 1322, comma 2 c.c., X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 378. Non si può non concordare con il citato X., salvo però far notare che il problema si porrebbe, a mio avviso, invece, quando lo smart contract possa essere considerato un contratto, e quindi si dovrebbe cercare una soluzione, seppur (per ora) in via astratta.
Parla di contratto transtipico, adattabile dunque a qualsiasi schema negoziale, G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 226.
(160) X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., p. 954 s. e 959.
(161) Si vedano, per tutti, L. PAROLA, X. XXXXXX e X. XXXXXXX, Blockchain, cit., p. 685 s.; L. XXXXXX, I contratti, cit., p. 362 ss.; F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 103 ss.; G. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 396 ss.; A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 143 ss.; X. XXXXX, Blockchain, cit., p. 308.
forma, quando richiesto(162); iii) la sussistenza della capacità di agire; iv) l’eventuale fase patologica del contratto e il correlato risvolto probatorio; e, da ultimo, v) la ritenuta maggiore economicità della contrattazione smart(163).
Per quanto attiene all’identificazione dei contraenti, invero, e tralasciando solo per un momento le questioni che si affronteranno piú compiutamente nel prosieguo, ci si potrebbe qui limitare ad ammettere che nel procedimento di conclusione di smart contract, semplicemente, non è né richiesto, né tendenzialmente possibile, che gli stipulanti siano identificati, seppur digitalmente(164).
Nel caso in cui non sia possibile «ricondurre la controparte a una determinata persona fisica o giuridica»(165), nulla quaestio: il contratto non si potrà ritenere validamente concluso.
Il discorso cambia quando tale «riconduzione» ad una persona sia possibile, ma solamente poiché il contraente si è previamente dotato di un account online, che nulla
(162) Non si dimentichi, infatti, che il comma 2 dell’art. 8 ter d.l. 135 del 2018, convertito, in l. 12 del 2019, il quale ricalca sostanzialmente l’art. 20 del d. lgs. 82 del 2005, prevede che allo smart contract inserito in una blockchain, a seguito di identificazione dei soggetti effettuata da un ente certificatore, verrà attribuita la stessa efficacia probatoria che spetta a qualsiasi altro documento informatico al quale sia stata apposta una firma digitale, e cioè quella di cui all’art. 2702 c.c.
(163) Sulla quale ci si è già espressi, e non si ritornerà. Basti ricordare che, come osservato da X. XXXXXXXXX e A. DAVOLA, «Smart contract», cit., c. 204, la contrattazione smart, piú che scongiurare l’intervento di terze parti, ne rende di fatto necessario l’intervento di altre.
(164) Si ricordi, comunque, in ogni caso, che il concetto di identità digitale non va né confuso, né inteso come sostitutivo di quello di identità personale. L’identità digitale, infatti, è il risultato di una procedura informatica, che consente al sottoscrittore di rendere manifesta l’autenticità del documento informatico e al destinatario di verificarne la provenienza e l’integrità. E, come giustamente fa notare anche X. XXXXXXX, Blockchain, cit., p. 216, allora, l’utilizzo di una identità digitale non consente di identificare sempre con certezza l’autore del documento informatico, in quanto l’identificazione stessa si basa sulla semplice verifica delle credenziali che sono state attribuite al soggetto da un ente certificatore. Pur concordando con quanto osservato dal citato A., sembra che il Consiglio Nazionale del Notariato sia andato addirittura oltre, escludendo dal novero dei sistemi di accesso informatico sicuri anche quelli che prevedono l’utilizzo di dati biometrici. Si veda al riguardo xxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/Xxxxxxx%0000000X.xxx.
(165) A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 144.
però dice in merito alla sua identità, né reale, né tantomeno digitale(166), laddove intesa come strumento idoneo alla «identificazione», e quindi a consentire l’imputazione di effetti giuridici del contratto in capo al titolare dell’identità stessa. Ci si riferisce a tutte quelle ipotesi in cui l’esistenza di un account non consente altro se non di risalire, eventualmente, al codice numerico che identifica un certo dispositivo connesso a Internet, tramite il sistema Internet Protocol (IP).
Ciò che pone, ovviamente, pur ricordando comunque che l’identificazione del
contraente non è un requisito essenziale del contratto(167), evidenti problematiche nei
(166) Sulla quale, per tutti, G. RESTA, Identità personale e identità digitale, in Dir. inf., 2007, p. 511 ss.; e M.F. XXXXXXXX, Il diritto all’identità personale e l’identità “digitale”, in Dir. fam. pers., 2016, p. 949 ss.
(167) A tale conclusione si può giungere, argomentando a contrario, mediante la lettura della norma di cui all’art. 1429 c.c., ai sensi della quale «[l]’errore è essenziale: […] 3) quando cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una o le altre siano state determinanti del consenso». Nell’alveo della norma vanno dunque ovviamente ricondotte tutte le ipotesi di contrattazione che possono essere ricomprese tra i c.dd. contratti intuitu personae (sulla tematica v., per tutti, le riflessioni di A. XXXXXXX, Errore sulla persona, personalità della prestazione e intuitus personae, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1973, 1, p. 1331 ss.).
Ma l’ampia formulazione dell’articolo in commento, però, consente di attribuire rilevanza all’identità della persona (dell’altro contraente) anche nell’àmbito della contrattazione, per così dire, ordinaria, e dunque all’infuori delle ipotesi summenzionate, purché, però, venga dimostrato che l’insieme delle qualità, fisiche o morali, che consentono di distinguere un soggetto rispetto agli altri abbiano rivestivo una loro autonoma e specifica rilevanza nel corso della contrattazione, e più precisamente che siano state determinanti per la conclusione del contratto. Al di fuori di questi casi, allora, sebbene sia stato in passato autorevolmente sostenuta la rilevanza, sempre e comunque, dell’error in persona (v. ad esempio X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx, cit., p. 161), non potrà aver luogo l’annullamento del contratto.
La (tendenziale) irrilevanza dell’identità del contraente, oltre alle ipotesi appena indicate, si ferma, ovviamente, anche laddove venga concluso un contratto utilizzando l’identità di un altro soggetto, o una falsa identità, fattispecie in presenza delle quali sembra comunque preferibile la soluzione che propende per la validità del contratto. Sul tema, comunque, per tutti, si rinvia a X. XXXX, Il contratto sotto nome altrui, in Contr. impr., 2008, 3, p. 780 ss.
Nello stesso senso del testo anche X. XXXXXXX, Negoziare in rete: appunti su contratti e realtà
virtuale nell’era della digitalizzazione, in Riv. dir. comm., 2018, p. 440; nonché ID., Appunti, cit.,
p. 394 s., ove anche ulteriori approfondimenti in tema di identificazione nel mondo reale e identificazione informatica.
Non è dello stesso avviso, però, X. XXXXX, Blockchain, cit., p. 307, che ravvisa come problematica quella della identificazione dei contraenti smart.
casi di incapacità (legale e naturale) o di divieto di concludere il contratto( 168), con conseguente esposizione al rischio di una eventuale invalidazione dello stesso.
Il problema, su blockchain, ma anche al di fuori di essa, e quindi in generale su tutte le piattaforme che consentono la stipulazione di smart contracts, potrebbe essere risolto:
i) garantendo la previa identificazione degli utenti della blockchain mediante ente di certificazione, ma in questo caso bisogna essere consapevoli, ed avvertire, che il risultato sarà quello di aver trasformato l’innovazione tecnologica della blockchain pubblica e permissionless solamente in un registro più costoso e macchinoso di quelli già esistenti; ii) oppure, come osservato, rendendo obbligatoria, nello stesso smart contract, la indicazione dei dati relativi ai contraenti(169); iii) o, ancora, e sembra questa essere la soluzione forse più complessa, ma sicuramente rispettosa della innovatività tecnologica della blockchain, ricorrendo al modello della c.d. Self Sovereign Identity(170), che prevede la condivisione delle informazioni personali che sono generalmente necessarie per i processi di riconoscimento online, tra i partecipanti di una blockchain che, attraverso la creazione di un proprio wallet, potranno autorizzare il trasferimento delle sole (proprie) informazioni necessarie allo scopo specifico(171).
Va comunque ribadito(172) che tali soluzioni si espongono alle stesse criticità che interessano la contrattazione telematica, in quanto i meccanismi di identificazione mediante certificazione e, piú in generale, tutti i meccanismi di firme elettroniche e
(168) Sul complesso tema dei divieti di interposizione, e con particolare riguardo ai divieti di acquistare, si rimanda, per tutti, a X. XXXXX, Interposizione di persona, in Enc. giur., XVII, Roma, 1989, p. 2 ss.
(169) A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 144.
(170) Il problema, allo stato attuale, come osserva G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 212, è che non esiste uno standard di riconoscimento e imputazione degli effetti giuridici online valido per tutto il world wide web.
(171) È partita, nel giugno 2020, la fase di sperimentazione del progetto nazionale, promosso da CeTIF Advisory e Intesa (Gruppo IBM), in collaborazione con CherryChain e IBM, per digitalizzare il processo di Onboarding e Know Your Customer con tecnologia DLT/blockchain. V. xxxxxx.xx/xxxxx-xxxxxxxxxx-xxxxxxxxx-x-xxxxxx-xxxxxx-xxx-xx-xxxxxxxxxxxxxx-xxx- cherrychain-avviano-progetto-nazionale-per-gestire-lonboarding-e-il-processo-di-know-your-customer-su- tecnol/.
(172) V. quanto già detto in X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., p. 962, nota n. 85.
di firma digitale, si limitano a stabilire una presunzione iuris tantum sulla loro riconducibilità al titolare. Il che, quindi, consente sì di individuare una parte, e di imputarle una dichiarazione(173), ma non altresì di risolvere, sempre e comunque, le problematiche delle quali mi sto occupando.
In sostanza, tanto la possibilità che l’incapace concluda contratti online in suo nome, così come l’eventualità che all’utilizzo dell’identità digitale non proceda sempre il suo legittimo titolare appartengono anche alla disciplina dei contratti telematici e non solo a quella della tecnologia in commento. Allo stesso modo, quindi, si ritiene, la tutela con cui il legislatore circonda i soggetti che non hanno la possibilità, legale o naturale, di gestire i propri interessi, non sembra esporsi a diverse o ulteriori limitazioni nella contrattazione smart. Con il che, ovviamente, non si vuole considerare risolta la questione. Tutt’altro(174).
La seconda discussione che si intendeva preliminarmente affrontare è, si è detto, quella relativa alla forma dell’offerta smart e, di conseguenza, alla comprensione della stessa da parte di colui che la riceva. Il problema non è di poco conto se sol si rifletta sulla difficoltà che qualsiasi contraente medio potrebbe avere nell’intendere un
(173) L’imputazione della volontà è, però, in tutti i casi in cui si ricorra all’utilizzo di una firma elettronica o digitale, di tipo normativo, e non naturalistico, sulla base della considerazione che il soggetto ha la custodia dello strumento utilizzato per firmare. Per tali considerazioni v. F. XXXXXXX, Forma, cit., p. 20 s.
(174) Il problema della identificazione dei contraenti nella contrattazione online, anche e soprattutto per i risvolti che esso comporta in tema di incapacità e conseguente invalidità del contratto, è stato assai approfondito dalla dottrina, con particolare attenzione alla situazione del minore.
E, complice l’infelice rigidità del dato normativo, si è ancora alla ricerca di soluzioni piú soddisfacenti, sia per quanto concerne la tutela del contraente in buona fede sia per quanto riguarda la tutela dello sviluppo della personalità del minore, per il rispetto della quale è stata elaborata la categoria dei c.dd. atti della vita quotidiana. Sulla questione da ultimo menzionata si rimanda, per tutti, a X. XXXXX, Accordo concluso online dal minore d’età, in xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, gennaio 2019.
Piú in generale, per una esaustiva disamina dell’attività degli incapaci in rete, con particolare attenzione al contratto concluso online, si veda E. XXXXXXXX, Xxxxxx e incapaci in Internet, Napoli, 2019, p. 131 ss. e 202 ss.; xxx xxxx, X. XXXXXXXXX, I contratti del minore, in Eur. dir. priv., 2014, 4, p. 1137 ss.; e R. CLARIZIA, Informatica e contratto: la identificazione dei contraenti, in Dialoghi con Xxxxx Xxxx, Roma, 2018, p. 93 ss.
codice alfanumerico che sa avere anche un significato in linguaggio naturale.
La soluzione che viene generalmente consigliata, e adottata, è quella di redigere il contratto (anche) in linguaggio naturale (c.d. split contracting model)(175), in modo da aversi, da una parte, un documento contenente gli accordi contrattuali che possa essere interpretato e possa contenere anche clausole generali, non traducibili in linguaggio informatico e, dall’altra, il codice informatico.
Il problema che potrebbe porsi, in questi casi, è se debba essere data prevalenza al documento redatto in linguaggio naturale o a quello redatto in linguaggio informatico.
Secondo alcuni, e tale conclusione si basa sull’analoga soluzione che viene generalmente proposta per i c.dd. contratti click-wrap(176), il documento redatto in linguaggio naturale sarebbe gerarchicamente preponderante rispetto al codice informatico(177). Di contrario avviso, invece, e quindi nel senso che dovrebbe prevalere il linguaggio informatico su quello naturale, è chi ricorda che lo smart contract, come programma per elaboratore, è per sé solo idoneo ad integrare la forma scritta, a certe condizioni, così svuotando di ogni rilevanza l’eventuale traduzione in linguaggio naturale(178).
Qui, forse, e mi sia consentito aprire una parentesi, la soluzione sembra più complessa. E necessita di riprendere alcune importanti ricostruzioni dogmatiche operate nell’àmbito della teoria generale del documento. Ferma restando, infatti, «la distinzione elementare tra la dichiarazione, ch’è un atto, e il documento, ch’è una
(175) Questa, e altre due interessanti soluzioni al problema «semantico» dello smart contract, in L. PIATTI, Dal Codice Civile, cit., p. 337 s. V. anche X. XXXXXXXX, Smart contracts, cit., p. 245 s.
(176) Sui quali, per una panoramica, si rimanda almeno a R. D’XXXXXX, Prospettive dalla c.d.
“licenza a strappo” nel nostro ordinamento, in Dir. inf., 1996, 3, p. 453 ss.
(177) In questo senso A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 147. Dello stesso avviso, nella letteratura straniera, anche X. XXXXXXXXXX XXXXX, Contratos electrónicos autoejecutables (smart contract) y pagos con tecnología blockchain, in Rev. Estudios Europeos, 2017, 70, p. 70 ss.
(178) X. XXXXXXX, Smart Contracts, cit., p. 47 e 61.
cosa»(179), difficilmente si daranno casi in cui la dichiarazione, scritta o orale, venga resa dalle parti in linguaggio informatico. D’altro canto, però, lo strumento utilizzato per rappresentare la dichiarazione emessa in linguaggio naturale è, proprio in quanto strumento, documento, e non contratto(180).
Il valore gerarchicamente preminente che va attribuito al linguaggio naturale o al linguaggio informatico, allora, non può desumersi da un ragionamento che confonda l’atto e il documento, ma neanche da un ragionamento che tratti alla stessa stregua i due documenti (quello redatto in linguaggio naturale e quello redatto in linguaggio informatico).
Bisognerà dunque, a mio avviso, per dare una risposta al quesito se sia gerarchicamente superiore il linguaggio informatico o quello naturale, fare una valutazione caso per caso.
In sostanza, le ipotesi potrebbero essere essenzialmente tre: i) le parti stipulano un contratto e redigono in un primo momento un documento in linguaggio naturale, e poi, in un secondo momento, una copia del documento in linguaggio informatico; oppure, viceversa, ii) stipulano un contratto e redigono in un primo momento un documento in linguaggio informatico, e poi, in un secondo momento, una copia del documento in linguaggio naturale; o, ancora, iii) stipulano un contratto e redigono due documenti, uno in linguaggio naturale e uno in linguaggio informatico, con la sola differenza, rispetto ai due casi precedenti, che i due documenti sono entrambi degli originali, e non uno originale e l’altro la sua copia(181). Ovviamente neanche potrà escludersi, ab origine, che l’atto con cui le parti
«ritornano sulla regola pattuita» possa essere a sua volta un contratto, e non quindi
(179) Così, è assai noto, X. XXXXXXXXXX, Documento e negozio giuridico, in Riv. dir. proc. civ., 1926, 1, p. 181 ss., qui 182; ma v. anche ID., Documento (teoria moderna), in Noviss. dig. it., VI, Torino, 1960, p. 86 s.
(180) Sul punto, nello specifico, v. A. CANDIAN, Documentazione e documento (teoria generale), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, p. 593 s., il quale osserva come «[d]alla sua stessa definizione si desume come il documento sia indiscutibilmente una cosa».
(181) Sul punto si rimanda ad A. XXXXXXX, Riproduzione, rinnovazione, rinegoziazione, AA. VV., Il contratto in generale, II, in X. XXXXXX e X. XXXXXXXX (diretto da), Diritto civile, III, Milano, 2009, p. 775 ss., ma in particolare p. 790 s.
un documento(182).
Anche in questo caso, come si è detto appena sopra, però, sarà necessaria una valutazione del caso concreto.
Si avranno ipotesi, dunque, in cui le parti modificano o integrano, foss’anche in linguaggio informatico, la regolamentazione dei propri interessi, alla quale erano addivenuti in precedenza, per cui a tutti gli effetti il nuovo regolamento, avendo una nuova causa(183), va considerato un (nuovo) contratto. Si potrà parlare in questi casi, a seconda delle circostanze concrete, di rinnovazione o di rinegoziazione(184).
Si avranno anche altre ipotesi (che reputo maggiormente plausibili) in cui, invece, le parti si limiteranno: i) alla ripetizione, con forma diversa, e nello specifico in linguaggio informatico, del contratto già stipulato(185); o ii) alla riproduzione, sempre in
(182) Il corsivo è tratto da A. XXXXXXX, o.u.c., p. 775, al quale si rimanda anche per l’esame
delle questioni che si affronteranno brevemente nel prosieguo.
(183) Si rimanda nuovamente a X. XXXXXXXXXX, Documento e negozio giuridico, cit., p. 194 ss., ma in particolare 194 s., xxxxxxx viene individuato il discrimen tra documentazione e (nuova) contrattazione, nell’esame degli elementi che compongono il contratto (l’A. parla di negozio): ovverosia la forma, la volontà (oggi diremmo la dichiarazione) e la causa. Solamente al variare degli ultimi due si può parlare di un nuovo, e diverso, contratto; invariati tali elementi, invece, si avrebbe uno stesso contratto, ma con più forme.
(184) Oltre agli Autori già citati nel testo, trattandosi di tematica assai complessa, e dalla quale derivano rilevanti conseguenze pratiche, e quali che siano i nomina adottati per le varie fattispecie in commento, sul punto vanno visti, almeno, X. XXXXXXXXX, voce Revisione del rapporto (diritto privato), in Enc. dir., XL, Milano, 1989, p. 104 ss.; R. XXXXX, voce Riproduzione, rinnovazione, ripetizione, reiterazione dei contratti, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XVIII, Torino, 1998, p. 13 ss.; e X. XXXXXXX, voce Revisione, cit., p. 1026 ss.
(185) La dottrina che si è occupata di smart contracts non si è mai soffermata, se ben ricordo, sul tema della ripetizione del contratto.
Si trova un cenno sulla questione, però, in G. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 396, xxxxxxx viene esclusa qualsiasi attinenza del fenomeno appena menzionato con la ripetizione, in virtù del fatto che lo smart contract sarebbe «dotato di elementi di unicità e di diversità» rispetto alla dichiarazione già perfezionata dalle parti.
Il tema è, come noto, di innegabile complessità, e ciò è dovuto all’obbligato approccio empirico che esso richiede. Non credo, però, e proprio per la necessità di un tale approccio allo stesso, che possa essere risolto in via generale. Se si concorda (con A. GENTILI, Riproduzione, cit., p. 781) che la nozione di riproduzione «esprime l’insieme di tutte le ipotesi nelle quali le stesse parti danno luogo in considerazione della precedente ad una nuova stipulazione dello stesso contratto, salvo variazioni più o meno incisive della sua forma, intesa
linguaggio informatico, del documento già redatto in linguaggio naturale al fine di rappresentare il contratto precedentemente stipulato (v. anche il punto iii) di cui appena sopra).
In realtà, anche in assenza dell’adozione dell’accorgimento consistente nel predisporre un documento in linguaggio naturale, sembra possano soccorrere i princípi generali.
Tralasciando infatti l’ipotesi(186) in cui due conoscitori del linguaggio di programmazione decidano, per qualche ragione, di stipulare, in forma scritta(187), un atto giuridico avente natura patrimoniale e consistente in una serie di numeri e lettere, ipotesi che è (quantomeno astrattamente) possibile perché la disciplina del contratto, come regola generale(188), non prevede che si debba utilizzare una lingua determinata, negli altri casi appare quantomeno ovvio che il contraente che riceva (quella che non
nel senso di esternazione e manifestazione, e non necessariamente in quello, più ristretto e tecnico, di forma orale, scritta, elettronica, solenne», allora si dovrà riconoscere che, immutati gli effetti che il contratto deve produrre, e dunque limitata la vicenda modificativa alla forma intesa in senso ampio del contratto, una nuova stipulazione in linguaggio informatico potrà essere ricompresa in quell’ampio ventaglio di fattispecie che prendono (anche) il nome di ripetizione del contratto.
Tutto ciò detto, resta ferma la distinzione, ovviamente, tra ripetizione del contratto e ripetizione del documento, che è stata già presa in considerazione.
(186) Un esempio simile a quello del testo, che avevo già sviluppato in X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., p. 956 s., è riportato anche da G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 221 s. Xx è in casi come questo, per la verità, se ben vedo, di natura assai teorica, che non si può concordare con le critiche mosse da X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 245 ss.
(187) Non dovendosi, in questo esempio di sapore assai scolastico, porre freno alla fantasia, si potrebbe anche immaginare che le parti decidano di stipulare il contratto smart solo oralmente e, anche in questo caso, nulla quaestio. Problemi potrebbero porsi solamente nel caso in cui dovessero insorgere delle controversie relativamente al contenuto e alle modalità dell’accordo, giacché la parte che volesse ricorrere alle tutele che l’ordinamento giuridico concede in queste ipotesi, non avrebbe serie possibilità di assolvere all’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c. Ma questo accade, generalmente, anche al di fuori della assai improbabile situazione che è stata qui descritta, tutte le volte in cui le parti decidano di non formalizzare l’accordo raggiunto. Fa un esempio di smart contract come mero veicolo di comunicazione fra le parti anche X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 384, giustamente sottolineando l’illogicità di tali ipotesi.
(188) Fatta eccezione per gli atti che richiedono la forma solenne ex art. 54, comma 1 l. 16 febbraio 1913 n. 89.
potrebbe nemmeno comprendere essere) un’offerta in un linguaggio che non conosce,
non replicherà ad essa(189).
E comunque, quantunque lo facesse, l’ordinamento giuridico stabilisce dei «criteri di distribuzione del rischio linguistico» e, ovviamente, prevede una serie di rimedi di natura convenzionale e legale al fine di eliminare o modificare la situazione giuridica venutasi a creare a causa del fraintendimento, quali lo scioglimento consensuale, l’interpretazione e, qualora fosse necessaria, l’impugnativa per errore(190).
IV. Il procedimento di formazione dello smart contract.
Venendo alle modalità di conclusione del contratto intelligente, invece, in altra sede sono già state svolte alcune riflessioni sul tema(191) e, d’altronde, la dottrina civilistica si è già lungamente e proficuamente interessata della assai affine tematica della formazione e conclusione del contratto telematico(192).
(189) La necessità di una risposta, come noto, si verifica invece in alcune particolari ipotesi come quella dell’acquisto del legato, ex art. 649 c.c., o quella, sulla quale si ritornerà brevemente infra, di contratto con obbligazioni del solo proponente, di cui all’art. 1333 c.c.
Sulla circostanza che, solo legalmente o convenzionalmente, il silenzio possa assumere un significato giuridico, la giurisprudenza è assai consolidata. Si vedano, ex multis, Cass., 16 marzo 2007, n. 6162; e Cass., 14 maggio 2014, n. 10533. Discorso diverso andrebbe fatto, invece, qualora, nell’ambito di rapporti già instauratisi tra le parti, sia il principio di buona fede ad imporre ad una delle due parti l’obbligo di parlare: v. sul punto X. XXXXXXXX, Autonomia privata e intervento del giudice, in Jus Civile, 2018, 3, p. 399 s.
(190) Si veda X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. priv. Iudica e Zatti, Milano, 2011, p. 196
ss., l’espressione tra parentesi è a p. 197.
(191) Si v. X. XXXXXXXXXX, Gli Smart Contracts, cit., p. 10 ss.
(192) Senza pretesa di esaustività, e oltre alla letteratura già citata, si rimanda altresí a X. XXXXXXXXX, Osservazioni sulla conclusione del contratto tramite computers: aspetti problematici della comunicazione a distanza in tempo reale, in Rass. dir. civ., 1998, 3, p. 569 ss.; A. XXXXXXX, La conclusione del contratto mediante esecuzione nella contrattazione informatica, in Vita not., 2004, 2, p. 1279 ss.; X. XXXXXXXXXXX, La conclusione dei contratti on-line tra continuità e innovazione, in Xxxxxx Xxx. econ. Benevento, Napoli, 2006, p. 203 ss.; e X.X. XXXXXXX, Riflessioni sulla conclusione del contratto telematico, in Inf. dir., 2010, 1/2, p. 7 ss. Piú ampiamente, S. GIOVA, La conclusione del contratto xxx xxxxxxxx, 0000, Xxxxxx, spec. p. 55 ss.
Vale la pena premettere che qui non si tratterà della formazione dello smart contract che ha ad oggetto beni che non appartengono alla realtà virtuale(193), in quanto per questo è ancora ipotizzabile, nonostante l’eventuale tokenizzazione(194), una fase esecutiva o attuativa, appartenente al mondo reale, separata e distinta
(193) Pur dovendo ricordare che, secondo M.L. PERUGINI e P. DAL CHECCO, Introduzione, cit., p. 10, per gli smart contracts esisterebbe una limitazione di carattere tecnico in virtù della quale dalla loro applicazione sarebbero escluse «tutte le clausole che abbiano riguardo a beni o servizi che, pur acquistati in rete, abbiano una consistenza tangibile o debbano essere eseguiti nel mondo materiale come, ad esempio, la consegna di un libro o il servizio di pulizia di un locale».
Ora, la soluzione prospettata dagli Autori citati, ammesso che l’abbia ben compresa, non sembra convincente.
Una cosa, infatti, è dire (con X. XXXXXXX, Da Berlino, cit., p. 1188) che chi utilizza la blockchain e gli smart contracts per una prestazione che necessariamente deve essere eseguita nel mondo fisico, corre il rischio di «ritrovarsi a reinventare la ruota» perché tale prestazione sarebbe inevitabilmente esposta, in ogni caso, al mancato adempimento; un’altra è, invece, escluderne la fattibilità tecnica o giuridica.
Ciò che si vuole dire, insomma, è che ciascuno è ovviamente libero di prevedere l’automatica esecuzione di una compravendita conclusa su blockchain di un libro antico (ovviamente in formato cartaceo), utilizzando un programma per elaboratore del tipo smart contract.
Non si tratterà sicuramente di un utilizzo idoneo ad escludere radicalmente qualsivoglia inadempimento, e quindi efficiente, delle menzionate tecnologie, ma sul fatto che esso sia
«tecnicamente possibile» non sembra possano nutrirsi seri dubbi.
(194) Si è fatto prima riferimento (v. nota n. 18) ai tokens. Qui, ai fini di una migliore, per quanto estremamente semplificata comprensione del fenomeno, basti dire che per token, in senso lato, si intende «un’informazione digitale che attesta la titolarità di un soggetto sull’informazione stessa» (F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 41 ss., qui p. 42). Il token è, ovviamente, il risultato di un processo, detto appunto tokenizzazione, che potrebbe essere paragonato ad una cartolarizzazione digitale. In breve: il diritto di proprietà (o altro diritto) su un bene viene convertito in una informazione digitale, che successivamente, anche mediante l’utilizzo di una piattaforma blockchain, può essere acquistata e venduta. Chiunque acquista uno di questi token diverrà quindi proprietario di un certificato di proprietà digitale.
Si tratta di un fenomeno affatto approfondito dalla dottrina, soprattutto con riguardo alle Initial Coin Offerings (X. XXXXXX, Le “Initial Coin Offering” nel prisma dell’ordinamento finanziario, in Riv. dir. civ., 2020, 2, p. 391 ss.), ma che comincia ad avere sviluppi anche in settori diversi rispetto a quello finanziario (si pensi, ad esempio, all’offerta della piattaforma online xxxxxxxx.xx, che ha provveduto alla vendita frazionata dell’opera 14 Small Electric Chairs di Xxxx Xxxxxx, raccogliendo 1,7 milioni di dollari).
rispetto a quella conclusiva(195).
Ci si vuole qui, invece, occupare di quella contrattazione intelligente che ha ad oggetto beni appartenenti al mondo digitale(196), per la quale dunque, proprio cosí come accadeva nell’àmbito dei contratti telematici, si potrebbe sostenere «l’esistenza di una sovrapposizione temporale tra fase formativa e fase esecutiva»(197).
Nonostante tale ritenuta sovrapposizione di fasi, anche nella contrattazione smart sembra rimanere ferma la distinzione tra invito ad offrire e proposta, tanto nelle ipotesi in cui quest’ultima sia indirizzata ad un destinatario determinato, quanto in quelle in cui sia caratterizzata dalla indeterminatezza dei suoi destinatari(198), cosí come in quelle in cui diviene irrevocabile appena giunge a conoscenza del destinatario in quanto prevede obbligazioni per il solo proponente(199). Questa, infatti, continua a basarsi come
(195) Ciò si dice poiché, senza poter qui approfondire le diverse tipologie di tokens (cosí come delineate da F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 42 ss.; e
S. CAPACCIOLI, Bitcoin e criptovalute, in X. XXXXXXX, X. XXXXX e X. XXXXXXX (a cura di), Tutele e risarcimento nel diritto dei mercati e degli intermediari, Milano, 2018, p. 505 ss.), tanto gli utility tokens quanto i security tokens conferiscono diritti di utilizzazione su beni o diritti di ricevimento di prestazioni che possono anche appartenere, seppur sia meno comune, al mondo dei beni materiali.
(196) Mercato questo, che pur avendo come scopo quello di garantire il godimento di beni, sta provocando la perdita di centralità del diritto di proprietà, che viene sostituito dalle licenze e dalle forniture di servizi. Sul tema, per tutti, A. MUSSO, L’impatto dell’ambiente digitale su modelli e categorie dei diritti d’autore e connessi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 2, p. 471 ss., spec. 480 ss.
(197) Come osserva X.X. XXXXXXX, Riflessioni, cit., p. 11.
(198) Ipotesi alle quali è applicabile la disciplina di cui all’art. 1336 c.c.
(199) Fattispecie in cui troverebbe dunque applicazione l’art. 1333 c.c. Non è questa la sede, né avrebbe valore dirimente ai fini della soluzione che qui ci si propone di fornire al tema della contrattazione smart, per affrontare la tormentosa questione relativa all’inquadramento giuridico dell’atto che si perfeziona in caso di mancato rifiuto del destinatario della proposta. La dottrina, semplificando al massimo il dibattito e tentando di condensare alcune delle migliori pagine della nostra letteratura giuridica, ha elaborato le teorie: i) del contratto bilaterale con accettazione tacita; ii) del contratto bilaterale con comportamento legalmente tipizzato; iii) del contratto a formazione unilaterale; nonché, piú recentemente, quella del iv) negozio giuridico unilaterale. Si rimanda, per tutti, a G. OSTI, voce Contratto, in Noviss. dig. it., IV, Torino, 1959, p. 462 ss.; R. XXXXX, Contratto, e negozio a formazione bilaterale, in Studi in onore di X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 866 s. e 951 ss.; X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969,
p. 185 ss.; e xxx recentemente, X. XXXXXXX, Il contratto con prestazioni a carico del solo proponente, Milano, 2000, p. 125 ss.
sempre su differenze contenutistiche, potendosi ritenere integrata una proposta laddove siano stati adeguatamente specificati nella stessa gli elementi essenziali ai fini del sorgere del vincolo contrattuale(200).
L’offerta, dunque, dovrà essere completa, riconoscibile, impegnativa e recettizia cosí come l’eventuale accettazione dovrà essere definitiva, coincidente con il contenuto dell’offerta(201), tempestiva e recettizia.
Al di là della particolarità dello strumento adoperato, insomma, non sembrano
porsi particolari problematiche in relazione all’applicabilità dello schema classico
«proposta-accettazione»(202).
Anche in questo caso sempre preziose sono le riflessioni di X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, p. 370, laddove invita l’interprete a non limitare lo studio delle dinamiche contrattuali al solo aspetto strutturale.
Per una interpretazione della norma che consenta di perseguire (anche) una piú efficiente tutela del destinatario della proposta di cui all’art. 1333 c.c., X. XXXXXX, Il contratto con obbligazioni del solo proponente: la tutela dell’oblato, in Riv. dir. civ., 1998, 6, 681 ss.
Non si dimentichi, peraltro, che, come è stato acutamente osservato (da E. XXXXXXX, Sulla inutilità del negozio unilaterale atipico, in Riv. dir. civ., 2016, 3, p. 599 ss.), l’interpretazione dell’art. 1333 x.x. xxx xxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxx xxxxxxxxxxx, xx rivela, al di là della (eventuale) correttezza dogmatica, assolutamente inutile nell’ottica di un ampliamento dell’operatività delle promesse unilaterali, disciplinate agli artt. 1987 ss. c.c.
(200) La questione può ritenersi assolutamente pacifica. Si vedano comunque, G. DE NOVA, Un contratto di consumo xxx xxxxxxxx, xx Xxxxxxxxx, 0000, 2, p. 113; e S. GIOVA, La conclusione, cit., p. 79 s.
(201) Fermo restando che, come ovvio, una proposta incompleta non può impedire la conclusione del contratto tutte le volte in cui si possa fare riferimento a fonti legali attraverso le quali è possibile determinare il contenuto del contratto. Nel caso della contrattazione smart, dunque, seppur potrebbe non avere avvio l’esecuzione automatica, la precisazione è rilevante tutte le volte in cui, ex post, le parti abbiano a discutere della vincolatività o meno degli atti giuridici posti in essere.
(202) Si danno smart contracts, dunque, in cui esiste un accordo preventivo e che, quindi, avranno un contenuto concordato previamente dalle parti, attraverso la piattaforma Ethereum o in generale mediante qualsiasi piattaforma che consenta tale personalizzazione contrattuale; e, ovviamente, si danno smart contracts non caratterizzati da un accordo preventivo e per i quali, ai fini della stipula, è sufficiente accedere alla piattaforma Blockchain, o a qualsiasi altra piattaforma che fornisca contratti automatici già predisposti, e aderire.
Continua a sembrarmi piú complessa, però, la questione relativa alla applicabilità dell’art. 1327 c.c.(203). Sul punto ci si era già espressi negativamente rilevando come alla ammissibilità di tale modalità di conclusione del contratto alla fattispecie in commento sembrano ostare: i) lo stesso iter della contrattazione smart, in quanto il contraente che inizia l’esecuzione del contratto dovrebbe dare avviso di tale inizio all’altra parte quando lo smart contract si è già auto-eseguito e, quindi, il rapporto giuridico è già esaurito; ii) la tassatività delle ipotesi per le quali il legislatore prevede la possibilità di ricorrere all’esecuzione di cui all’art. 1327 c.c. (richiesta del proponente, natura dell’affare, usi)(204); e, infine, iii) il fatto che nella contrattazione smart il contraente non realizza alcuna condotta esecutiva, giacché questa è, come detto, demandata al codice informatico, ma si limita ad esprimere una accettazione(205).
In sostanza, sembra che gli schemi perfezionativi dello smart contract ammettano tanto fattispecie unilaterali quanto fattispecie bi(o pluri)laterali di conclusione del contratto, proprio come avviene per la contrattazione tradizionale. Sarebbero dunque applicabili gli artt. 1326 (e 1335), 1333(206), 1336 c.c., mentre sull’ammissibilità dello schema di cui all’art. 1327 c.c. per la conclusione del contratto smart, sulla scorta delle osservazioni appena svolte, ci si permette di
Nel primo caso, viene utilizzata la tecnologia blockchain per garantire l’efficacia dell’accordo; mentre nel secondo caso, vista l’assenza di un accordo preventivo, giacché una parte ha predisposto il contenuto contrattuale, e l’altra ha semplicemente richiesto l’adesione, la piattaforma Blockchain si limita a verificare i requisiti dello smart contracts e l’identità del debitore per poi attivare il codice informatico.
(203) V. M. GIACCAGLIA, Gli Smart Contracts, cit., p. 12 ss.
(204) Tassatività pacificamente affermata dalla giurisprudenza di legittimità: si vedano, ex multis, Cass., 12 novembre 0000, x. 00000; e Cass., 1° giugno 2006, n. 13132. Contraria, però, parte della dottrina: per tutti, A. ORESTANO, La conclusione del contratto mediante l’inizio dell’esecuzione, in Tratt. contr. Roppo, I, Milano, 2006, p. 188.
(205) Si v. anche G. DE NOVA, Un contratto, cit., p. 114. Nel senso della inapplicabilità del meccanismo di cui all’art. 1327 c.c. ai fini della conclusione dello smart contract v. anche X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 392.
(206) Contra, però, X. XXXXXXX, Appunti, cit., p. 397 s., il quale fonda la sua opinione sulla circostanza che lo smart contract richiede sempre una attività di adesione. La soluzione potrebbe però essere quella offerta immediatamente infra: l’attività della parte che riceve l’offerta può essere diretta a impedire l’automatica esecuzione e quindi concretizzarsi nel rifiuto di cui all’art. 1333, comma 2 c.c.
dubitare(207), pur consapevoli del fatto che in tal modo il contratto continuerà a dover essere considerato concluso quando il messaggio elettronico dell’accettante giunge nel sistema informatico del proponente, e questo possa accedervi(208).
Nel caso in cui la proposta di smart contract prevedesse solo obbligazioni a carico del proponente, poi, potrebbe porsi il problema relativo alle modalità con le quali debba essere consentito al destinatario di rifiutare. Sembra possibile immaginare la previsione, nel codice informatico, di un termine (iniziale), rispettoso di quanto richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, entro il quale, se non viene rifiutata l’attivazione dello smart contract, questo esegue automaticamente la prestazione.
Comunque, si tratta di una problematica che, per vero, si rivela assai pregnante anche al di fuori della contrattazione smart in quanto, attribuendo all’art. 1333 x.x. xx xxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxx di qualsivoglia rilevanza la volontà del destinatario della proposta stessa.
Passando dall’aspetto teorico a quello pratico, infine, la conclusione dello smart contract potrà essere considerata raggiunta una volta che le parti cristallizzeranno la propria volontà o sottoscrivendo, mediante firma elettronica, una transazione che attiverà lo smart contract, oppure accedendo a siti web appositi, oppure ancora spuntando caselle online (c.d. flag shop)(209).
(207) Sembrano contrari, però, a tale ricostruzione, A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 149 s., dove anche alcuni esempi di accettazione del contraente per comportamento concludente nell’àmbito della contrattazione smart; nonché G. XXXXXX, voce Smart contract, cit.,
p. 396 ss.; e D. DI SABATO, Gli smart contracts, cit., p. 385 ss.
Per una trattazione di piú ampio respiro sull’applicabilità del disposto di cui all’art. 1327
c.c. al procedimento formativo dei contratti virtuali, si v. X. XXXXX, La formazione, cit., p. 285 ss., ove approfondimenti bibliografici.
(208) Xxx ricordando che l’alternativa tra i due modelli di conclusione del contratto sembra avere scarsa incidenza, in concreto, sul luogo di conclusione e sul momento perfezionativo, come correttamente osserva F. XXXXXXX, Forma, cit., p. 92 s.
(209) È suggestiva, e coglie nel segno, in tal senso, la metafora di X. XXXXXXX, “Smart contract”, cit., p. 252, secondo il quale lo smart contract «può essere visto come un ingranaggio digitale in attesa di un input da parte di uno o piú utenti in funzione dei quali esegue le operazioni per cui è stato programmato».
In sostanza, il contratto è perfezionato nel momento in cui le parti esprimono il proprio consenso nel front-end, ovvero la parte visibile all’utente della piattaforma informatica, in modo che nel back-end, ovvero la parte della piattaforma web preposta al trattamento dei dati forniti dagli utenti sul front-end, vengono elaborati il consenso e il resto dei dati forniti per avviare l’esecuzione dello smart contract(210).
Ovviamente, la sottoscrizione eseguita mediante l’utilizzo di una chiave privata che non sia fornita da un dispositivo qualificato e che quindi non consenta di ricollegare ad essa un soggetto determinato, va considerata una firma elettronica semplice con evidenti conseguenze, come vedremo, per quanto concerne il rispetto del requisito della forma scritta.
V. I requisiti essenziali dello smart contract.
Una volta esaminati brevemente gli schemi attraverso i quali si può raggiungere il perfezionamento del contratto smart, si deve verificare se anche per quanto concerne i requisiti dello stesso possa farsi riferimento a quelli individuati dal nostro c.c. Anche qui, in realtà, sembra agevole sostenere che, ogniqualvolta le parti decidano di affidarsi a questo tipo di strumento, sia nell’ottica di una automatizzazione della fase esecutiva, sia in quella di una automatizzazione della fase conclusiva dell’accordo, se questo rientra nella categoria del contratto, ovviamente sarà necessario che contenga i requisiti
Merita particolare attenzione la problematica, sottolineata da X. XXXXXXX, Appunti, cit.,
p. 396 ed ivi anche possibili soluzioni, relativa alla concreta applicabilità agli smart contracts del meccanismo della duplice sottoscrizione di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. In merito va comunque ricordato che il sistema c.d. di point and click è ritenuto valido anche per l’approvazione espressa di tali clausole (v., per tutte, X. Xxxxx. UE 21 maggio 2015 C- 322/14).
Sulla conclusione dello smart contract con le modalità evidenziate nel testo v. anche G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 195 s.
(210) La distinzione tra front e back-end, che ho rinvenuto solo in G. REMOTTI, Blockchain, cit., p. 196, è assai rilevante quando si tenta di distinguere tra smart legal contract e protocolli informatici che consentono l’auto esecuzione di un contratto già stipulato.
che la legge prevede, ovverosia, ai sensi dell’art. 1325 c.c., i) l’accordo delle parti(211);
ii) la causa; iii) l’oggetto; e, quando necessaria, iv) la forma.
Pur consci del fatto che sarebbero necessarie ben altre consapevolezze teoriche, tali elementi verranno ora individualmente presi in considerazione, soffermandosi su quelli che potrebbero rivelarsi piú difficilmente individuabili nella contrattazione smart(212). Per quanto concerne l’accordo(213), ci si è già espressi in merito alla possibilità (e necessità) di individuare sempre la sussistenza del consenso, non solo, ovviamente, nel
(211) Sulle parti, e la loro identificazione, ci si è già soffermati prima. Qui si ricorderà solamente che la dottrina generalmente fa riferimento alla parte come al centro di imputazione degli effetti giuridici scaturenti dal contratto, ma che a questa, che viene definita parte in senso sostanziale, contrappone la figura di parte in senso formale, ovverosia quella la cui dichiarazione dà luogo all’insorgere del vincolo contrattuale. Anche alla contrattazione smart, comunque, sembrano applicabili le norme che disciplinano i casi in cui vi sia cooperazione o sostituzione nell’attività contrattuale, e le problematiche che queste fattispecie pongono non sembrano diverse rispetto a quelle proprie della contrattazione tradizionale.
Sull’argomento si rimanda, per tutti, alle pagine di X. XXXXX, voce Parte del negozio, in Enc. dir., XXI, Milano, 1982, p. 901 ss.
(212) Analizzano in maniera analitica la «conformazione» dei requisiti del contratto nello smart contract, F. SARZANA DI SANT’XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Diritto, cit., p. 108 ss.; X. XXXXXXX,
L. 12/2019, cit., p. 3 ss.; G. XXXXXX, voce Smart contract, cit., p. 398 ss.; A. STAZI, Automazione contrattuale, cit., p. 146 ss.; e X. XXXXXXXXX, Dallo “smart contract”, cit., p. 485 ss. Cui adde, se si vuole, sebbene la tematica venga affrontata assai concisamente, X. XXXXXXXXXX, Considerazioni, cit., p. 967, e note n. 70, 71, 72; nonché ID., Gli smart contracts cit., p. 14, e nota n. 40.
(213) La cui definizione, anche a causa della duplice valenza, quale xxxxxxx, e quale requisito, del contratto, che le è stata assegnata dal legislatore (artt. 1321 e 1325, comma 1 n. 1 c.c.), ha lungamente affaticato la dottrina.
Non è questa la sede, né si avrebbero le capacità, per dare contezza delle ricostruzioni dogmatiche sull’argomento. Qui valga comunque rilevare che l’accordo, inteso come consenso dei contraenti sulla programmazione dei propri interessi, può essere raggiunto attraverso le modalità di cui agli artt. 1326 ss. c.c. E tanto, nell’ottica della nostra trattazione, unitamente alle riflessioni già svolte in merito alla necessità di imputare a un soggetto di diritto le conseguenze dell’attività giuridica dei softwares, ci basta.
Sull’accordo e sul suo raggiungimento, però, si vedano, senza alcuna pretesa di esaustività, almeno X. XXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso e unità del negozio contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, p. 1345 ss.; X.X. XXXXX, Considerazioni sul problema della formazione del contratto, in Riv. dir. comm., 1969, 2, p. 187 ss.; X. XXXXX, Contratto, 2) Formazione del contratto, in Enc. giur., IX, Roma, 1988, p. 1 ss.
caso in cui le parti affidino allo smart contract la sola esecuzione delle prestazioni pattuite in precedenza, ma anche, e soprattutto, quando al codice binario sia demandata la stessa conclusione di (futuri) contratti. Il consenso, dunque, non solo precede temporalmente l’utilizzo dello smart contract, e anzi sarebbe piú corretto ritenere che riguardi effettivamente lo stesso utilizzo del codice binario ai fini che le parti si prefissano, ma anche logicamente, poiché altrimenti non si ha contratto. Tertium, ovverosia la possibilità di sostenere che l’attività giuridica possa essere imputata al software, (ancora) non datur.
Ho altresì esaminato la questione relativa alla individuazione dei contraenti e alle difficoltà che possono derivare dalla incomprensione o dal fraintendimento dell’offerta incorporata nello smart contract. Per entrambe le problematiche si è ritenuto possa soccorrere l’applicazione dei princípi generali del diritto dei contratti. Allo stesso modo si è esaminato, seppur brevemente, come gli atti prenegoziali strumentali alla conclusione del contratto, ovverosia la proposta e la accettazione, possano manifestarsi, anche nella contrattazione smart, nelle forme e secondo le modalità di cui agli artt. 1326 ss. c.c.
Si potrà, semmai, discutere se nelle situazioni sopra accennate debba farsi riferimento, per rimanere nell’àmbito delle classiche figure ricostruite dal legislatore e dalla dottrina, alla disciplina del contratto condizionato, oppure a quelle del contratto quadro(214), del contratto normativo, del negozio di attuazione(215) o, ancora, a quella del contratto preliminare. Ciò dipenderà, ovviamente, da come sia maturata e si sia poi consolidata, nella specificità del caso concreto, l’attività contrattuale(216).
(214) V. in tal senso X. XXXXXXXXX e A. DAVOLA, «Smart contract», cit., c. 205.
(215) Come sembra ritenere, in maniera condivisibile, X. XXXXXXX, “Smart contract”,
cit., p. 247.
(216) Senza poter qui entrare nello specifico per tutti gli istituti indicati, basti dire che sembra astrattamente piú plausibile la ricostruzione che assegna allo smart contract, qualora esso fosse effettivamente un contratto, la natura di contratto necessariamente condizionato e, eventualmente, quando la fase esecutiva dello stesso richiedesse la stipulazione di ulteriori contratti, quella del contratto quadro.