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“Le modificazioni dell’obbligazione”
Prof. Xxxxxxxx Xxxxxxx
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1 LE MODIFICAZIONI SOGGETTIVE IN GENERALE 3
2 IL DIVERSO RUOLO DEL CREDITORE E DEL DEBITORE NEL RAPPORTO OBBLIGATORIO 4
3 IL RIDIMENSIONAMENTO DEL PRINCIPIO DI INDIFFERENZA DEL CREDITORE 5
4 L’INDISCUTIBILE RILEVANZA DELLA PERSONA DEL DEBITORE 6
5 IPOTESI DI MODIFICAZIONE DAL LATO ATTIVO: LA CESSIONE DEL CREDITO 7
6 LA NATURA GIURIDICA DELLA CESSIONE DEL CREDITO 8
7 LA DISCIPLINA DEI RAPPORTI INTERNI ALLA CESSIONE DEL CREDITO E SISTEMA DELLE GARANZIE 9
8 IL FACTORING QUALE IPOTESI APPLICATIVA DELLA CESSIONE DEL CREDITO 11
9 LA CESSIONE DEL CONTRATTO 12
10 IL PAGAMENTO CON SURROGAZIONE 13
11 EFFETTO SOLUTORIO E MODIFICATIVO NEL PAGAMENTO CON SURROGAZIONE 14
12 IPOTESI DI PAGAMENTO CON SURROGAZIONE 15
14 LE MODIFICAZIONI DAL LATO PASSIVO: GENERALITÀ 17
18 LE OBBLIGAZIONI REALI, DETTE ANCHE OB REM O PROPTER REM 24
19 LE MODIFICAZIONI OGGETTIVE DELL’OBBLIGAZIONE. LA SURROGAZIONE REALE 25
1 Le modificazioni soggettive in generale
Le obbligazioni si possono trasmettere sia nel lato attivo ( trasmissione di credito ), sia nel lato passivo ( trasmissione del debito ).
In entrambe le ipotesi si verifica un mutamento soggettivo del rapporto, cioè il mutamento o del creditore o del debitore, mentre resta immutato il vincolo nella sua sostanza oggettiva.
La trasmissione può avvenire tanto per atto tra vivi (inter vivos) quanto per successione a causa di morte (mortis causa).
Gli atti giuridici “tra vivi” idonei a produrre trasmissione dell’obbligazione sono :
• nel lato attivo, la cessione del credito, il pagamento con surrogazione e la delegazione attiva;
• nel lato passivo, la delegazione, l’espromissione e l’accollo.
La caratteristica essenziale che distingue le ipotesi di trasmissione dell’obbligazione nel lato attivo da quelle di trasmissione nel lato passivo è : mentre la trasmissione del credito non richiede il consenso del debitore, essendo irrilevante l’identità del destinatario dell’adempimento, viceversa la trasmissione del debito richiede necessariamente il consenso del creditore, per il quale il fatto di ricevere l’adempimento da un nuovo debitore può comportare conseguenze sotto il profilo della solvibilità. L’art. 2740 c.c., infatti, prevede che il debitore risponde in caso di inadempimento con tutti i suoi beni presenti e futuri, di talché non è di certo indifferente al creditore la consistenza del patrimonio del solvens.
2 Il diverso ruolo del creditore e del debitore nel
rapporto obbligatorio
Si è già detto, nel corso della lezione I, che i soggetti costituiscono un elemento indefettibile dell’obbligazione, nel quadro della necessaria dualità della stessa, che richiede la presenza di almeno un soggetto sia dal lato attivo che dal lato passivo. E’ difatti da tempo tramontata la tesi del cd. rapporto obbligatorio unisoggettivo, anche se rimane tuttora oggetto di contestazione la rilevanza del soggetto rispetto alla situazione giuridica della quale sia titolare: se sia elemento essenziale, e quindi indefettibile, o esterno, ad essa. Optare per la prima tesi conduce ad affermare il principio della necessaria determinatezza dei soggetti dell’obbligazione, mentre optare per la seconda opinione implica l’adesione alla visione meno rigorosa, che ammette la semplice determinabilità dei soggetti.
Ad ogni modo, la tesi tradizionale è dell’avviso che esiste, da un lato, un principio di indifferenza del soggetto attivo, desunto dalla libera cedibilità del credito, dall’altro, un principio di infungibilità del debitore, che affiora dalla già esaminata formula dell’art. 2740 c.c..
3 Il ridimensionamento del principio di indifferenza del creditore
La dottrina più aggiornata, in sede di ricostruzione della disciplina codicistica, osserva che nel rapporto obbligatorio non solo le qualità del debitore, ma anche del creditore acquistano rilievo, sia pure in ipotesi particolari.
Anzitutto va considerato il caso in cui il creditore rivesta la qualità di imprenditore, in quanto a tale qualità conseguono l’applicabilità dello statuto dei lavoratori nel rapporto con i dipendenti, il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria, presumendosi il danno sulla base dell’attività imprenditoriale svolta dal creditore, la risarcibilità del diritto di credito quando questo si estingue per la morte di un dipendente insostituibile per l’organizzazione imprenditoriale1.
Vi è poi l’ipotesi del creditore di una prestazione alimentare, in cui occorre che il creditore sia in rapporto di parentela o di affinità con il debitore, o relativa ad un’attività artistica (ad es. cinematografica), in cui la qualità rileva nel caso di risarcimento del danno da mora credendi, avendo il debitore perspicuamente interesse ad eseguire la prestazione dovuta, necessaria ai fini della propria formazione artistica.
Lo stesso legislatore riconosce l’esistenza di casi in cui il credito ha carattere strettamente personale, ammettendo che il debitore possa opporsi alla cessione del credito (art. 1260 c.c.).
1 E’ la tematica dei cd. danni da uccisione del debitore e quindi della tutela esterna o aquiliana del credito. Questo, tradizionalmente inteso come diritto relativo, viene considerato suscettibile di lesione anche da parte di soggetti terzi, ossia estranei al rapporto obbligatorio, come nel caso in cui il terzo appunto abbia determinato la morte del debitore. Il risarcimento è ammissibile però nei limiti in cui la perdita subita dal creditore sia irreparabile, nel senso che non sia possibile per il creditore agire per esecuzione forzata e la prestazione debitoria sia insostituibile, ad es. per la particolare capacità professionale del soggetto passivo. La problematica si è affacciata sulla scena giuridica con il cd. caso Xxxxxx (noto calciatore della Lazio) che fu ucciso perché scambiato per un rapinatore. La Cassazione (29.03.1978, n. 1459) ammise in astratto la risarcibilità del danno lamentato, ma la escluse nel caso di specie, avendo la Lazio sostituito il calciatore con altri validi atleti nel corso di quella stagione agonistica.
4 L’indiscutibile rilevanza della persona del
debitore
Si è più volte osservato che non è di regola indifferente al creditore la persona del debitore, in quanto, in caso di inadempimento scatta la sua responsabilità esponendo all’azione esecutiva dell’ accipiens tutti i suoi beni presenti e futuri (cd. garanzia generica).
Xxxxxx, sono anche i profili disciplinari che inducono a tale conclusione:
1) la solvibilità: se il debitore non è solvibile cade il termine stabilito in suo favore (art. 1186 c.c.); se il debitore è in stato di insolvenza ed è imprenditore può essere dichiarato fallito; la solvibilità in genere rileva ai fini delle valutazioni che il creditore deve compiere per decidere se acconsentire o meno alle valutazioni dal lato passivo;
2) la infungibilità della prestazione: questo può derivare dalle particolari qualità personali del debitore (ad es. pittore di grande fama, stilista affermato, musicista2): in questo caso, come vedremo, non è ammesso l’adempimento del terzo, mentre è ammessa la novazione soggettiva perché, mutando il soggetto, in realtà si pattuisce una nuova prestazione;
3) le qualità professionali: queste incidono sulla valutazione della diligenza del debitore, ai sensi del secondo comma dell’art. 1176 c.c.,
4) la capacità patrimoniale nelle obbligazioni alimentari: ai sensi dell’art. 438 c.c., la misura degli alimenti va stabilita non solo in proporzione dello stato di bisogno di chi li domanda, bensì anche delle condizioni economiche del soggetto passivo.
Occorre infine rilevare che se ai fini del contrarre, e quindi della nascita dell’obbligazione, occorre la capacità di agire del debitore, essa è irrilevante ai fini dell’adempimento (art. 1191 c.c.).
2 Vedi nota precedente.
5 Ipotesi di modificazione dal lato attivo: la
cessione del credito
La cessione del credito ( art. 1260 -1267 c.c. ) è un accordo in forza del quale il creditore (cedente) trasferisce a un’altra persona ( cessionario ), a titolo oneroso o gratuito, il credito che vanta verso il debitore (ceduto ).
Il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso e trasferisce a questi, insieme con il credito, le garanzie dalle quali sia eventualmente assistito ( privilegi, ipoteche ecc. ).
Nella cessione del credito non occorre il consenso del debitore ceduto, ma se la cessione non gli viene notificata o non è stata da lui accettata, non ha effetto nei suoi confronti; egli pertanto resta liberato qualora, in buona fede, adempia verso il cedente.
Solo dopo l’accettazione o la notificazione la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto ( art. 1264 c.c.)
Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza della avvenuta cessione.
6 La natura giuridica della cessione del credito
A questo punto occorre chiedersi quale sia la natura giuridica della cessione del credito, al fine di individuarne l’esatta disciplina giuridica.
Si è detto sopra che si tratta di un “accordo” tra il cedente e il cessionario. Da ciò evinciamo che la fattispecie ha natura di contratto3, segnatamente di contratto traslativo del diritto di credito a causa variabile o generica. Con tale espressione si vuole intendere che è indifferente ai fini della validità ed efficacia dell’atto la ragione specifica che induce le parti a concordare il trasferimento del credito, che tuttavia deve essere comunque esistente pena l’inammissibile astrattezza del contratto. In altre parole, la cessione del credito è in sé fattispecie muta sotto il profilo causale, per cui occorre che sia inserita in un più ampio contratto (vendita, permuta, donazione) che ne fornisca volta per volta la giustificazione causale.
E’ in questo senso che la giurisprudenza4 discorre al riguardo di contratto a causa variabile, specificando che la cessione del credito può rientrare nell’uno o nell’altro tipo contrattuale a seconda del titolo o della causa che lo giustifica, di talché la disciplina applicabile sarà di volta in volta quella propria del tipo di contratto adottato, rispetto alla quale le norme speciali sulla cessione, riferite agli effetti, sono meramente integrative5.
Con tali espressioni la giurisprudenza sembra però aderire a quella tesi dottrinale minoritaria secondo cui, al fine di escludere un inammissibile fenomeno di astrazione causale6, la cessione del credito non è un autonomo contratto, ma soltanto un effetto negoziale.
3 Si ricordi che l’art. 1321 c.c. definisce il contratto appunto come “accordo tra due o più parti…”.
4 Cassazione, Sez. Un. 16.5.63, n. 1244.
5 Cassazione 13.11.1973, n. 3004.
6 Il concetto di astrazione causale del contratto sarà chiarito nelle prossime lezioni. Per il momento è sufficiente osservare che l’ordinamento civile è informato al principio di causalità negoziale, nel senso che ogni contratto deve avere una causa, che pertanto si configura come elemento essenziale ed indefettibile. Il negozio astratto non è quindi privo di causa, ma soltanto (temporaneamente) insensibile ai difetti della causa.
7 La disciplina dei rapporti interni alla cessione del credito e sistema delle garanzie
Il legislatore discorre di accettazione del debitore ceduto, ma in maniera del tutto impropria, in quanto questi rimane estraneo all’accordo tra cedente e cessionario7, a differenza di quanto accade nella cessione del contratto, in cui oggetto del trasferimento non è il singolo credito, ma la posizione complessiva scaturente da un contratto a prestazioni corrispettive non ancora eseguite.
E’ innegabile tuttavia che la sua posizione sia fortemente coinvolta da tale atto, tant’è che quando il debitore risulti comunque a conoscenza dell’avvenuta cessione, non è liberato se paga al creditore cedente (art. 1264, secondo xxxxx).
Questo spiega perché la giurisprudenza8 abbia osservato che se il contratto di cessione risulta nullo, il pagamento effettuato dal debitore al nuovo creditore deve inquadrarsi nello schema del pagamento al creditore apparente di cui all’art. 1189, con la conseguenza che tale pagamento ha effetto liberatorio solo se il soggetto passivo dimostri di essere stato in buona fede. Questa va esclusa se il debitore era a conoscenza, al momento dell’adempimento, della nullità del contratto di cessione. Si è quindi concluso nel senso che è interesse del debitore evitare di eseguire un pagamento, a favore del nuovo creditore, che una volta accertata la invalidità del negozio di cessione, potrebbe essere riconosciuto non liberatorio.
Se la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito, ma non risponde dell’adempimento del debitore. Questo tipo di cessione si chiama cessione pro soluto9.
Il cedente può tuttavia, con patto espresso ( mediante la formula “ salvo buon fine “ o altra equivalente ) garantire anche l’adempimento del debitore ceduto; in questo caso, se il debitore ceduto non adempie, è tenuto ad adempiere il cedente ( non oltre il limite del corrispettivo ricevuto per la cessione ). Questo secondo tipo di cessione si chiama pro solvendo.
Se la cessione è a titolo gratuito il cedente non ha neppure l’obbligo di garantire l’esistenza del credito.
7 Questo spiega perché in dottrina tale atto sia considerato assimilabile, sul piano della natura giuridica, al riconoscimento di debito o alla dichiarazione di scienza.
8 Cassazione 11.3.1996, n. 2001.
9 L’art. 1266 c.c., che tale garanzia prevede, è norma di difficile interpretazione, non essendo chiaro in dottrina quale sia l’estensione della stessa, ed in particolare se il cedente debba garantire soltanto l’esistenza del credito o anche la sua legittimazione a disporne. Se si opta per la tesi più ampia, la cessione di un credito altrui farebbe scattare la disciplina di cui all’art. 1478 c.c. (vendita di cosa altrui).
Per quanto invece attiene ai rapporti cessionario – ceduto il diritto acquisito dal primo è del tutto identico a quello esistente in capo al dante causa e ciò giustifica la possibilità della controparte ceduta di sollevare nei confronti del nuovo titolare le medesime eccezioni opponibili al primo10
La cessione del credito a titolo oneroso ha una importanza notevole.
In commercio si ha una larga applicazione nella forma dello sconto bancario, operazione mediante la quale il cliente della banca cede a questa ( salvo buon fine ) un suo credito non ancora scaduto e la banca gli anticipa l’importo, previa deduzione dell’interesse.
Quanto alla cessione a titolo gratuito, essa dà luogo a una vera e propria donazione.
10 Controversa è invece la possibilità per il ceduto di opporre le eccezioni relative alla validità del negozio di cessione. Se è vero che pare dominante la posizione che si esprime in senso negativo, facente leva sulla constatazione che il debitore rimane estraneo al rapporto di cessione, si è rilevato nel testo come la maggiore sensibilità di alcuni giudici li renda inclini a tutelare il ceduto in buona fede e risulti la nullità del contratto di cessione.
8 Il factoring quale ipotesi applicativa della
cessione del credito
Costituisce un’applicazione, sotto specifica veste contrattuale, della cessione del credito.
E’ un contratto in forza del quale un’impresa specializzata, il factor, a fronte di una commissione commisurata al tipo di obblighi assunti, acquista crediti aziendali presenti e futuri, incaricandosi di riscuoterli ed anticipandone l’importo in tutto o in parte; spesso il factor si impegna anche a coadiuvare l’impresa venditrice nella gestione e nella contabilizzazione dei crediti stessi, nonché nell’amministrazione nel suo complesso.
Come si vede, l’operatività di tale contratto atipico presuppone che sia possibile la cessione di crediti futuri, da tempo ammessa da dottrina e giurisprudenza sulla base dei principi contrattuali (artt. 1346 e 1348 c.c.) che richiedono la determinabilità (oltre che la determinatezza) dell’oggetto del contratto, principi che trovano applicazione anche nei riguardi del contratto di cessione.
Ad ogni modo, la legge del 21 febbraio 1991, n. 5211 stabilisce espressamente la cedibilità dei crediti futuri e si ritiene si applichi anche al contratto di factoring.
11 La legge n. 52 del 1991 ha previsto l'istituzione di un albo delle imprese che praticano la cessione dei crediti d'impresa (albo tenuto a cura dalla Banca d'Italia). Tale legge non ha introdotto nell'ordinamento italiano la disciplina giuridica del factoring, che perciò continua ad essere considerato un contratto atipico, ma si è limitata a modificare la disciplina tradizionale della cessione dei crediti.
9 La cessione del contratto
Il fenomeno della modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio si produce anche nel caso della cessione del contratto, ed esattamente con riguardo all’insieme dei rapporti obbligatori nascenti dal contratto stesso (cd. rapporto contrattuale). Ogni posizione contrattuale, infatti, contiene un profilo attivo e passivo e quindi dà luogo alla contestuale creazione di posizioni di debito e di credito.
Affinché un contratto possa essere ceduto occorre:
a) che il contratto sia a prestazioni corrispettive;
b) che le prestazioni non siano state ancora eseguite (art. 1406 c.c.)
Poiché con la cessione si trasferisce ad un estraneo (rispetto al rapporto originario) la qualità di contraente – qualità che comporta anche l’obbligo di eseguire una controprestazione nei confronti della controparte – la legge richiede che la controparte vi consenta.
Tale consenso può anche essere prestato dal contraente preventivamente.
Nel momento in cui la cessione diviene efficace verso il contraente ceduto – per la qual cosa è sufficiente la notificazione se la “parte ha consentito preventivamente” (1407) – il cedente è liberato dalle obbligazioni che il contratto gli imponeva verso il contraente ceduto (art. 1408, primo comma c.c.) : non è dunque necessaria un’espressa dichiarazione di liberazione del cedente. Occorre una riserva espressa perché, nonostante il consenso alla cessione, la liberazione non avvenga.
Il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni (anche personali) derivanti dal contratto.
Il cedente è tenuto per legge (art. 1410, primo comma) a garantire al cessionario la validità (nomen verum) del contratto ceduto; così come, in caso di cessione del credito, il cedente è tenuto alla garanzia dell’esistenza del credito (art. 1266).
Non è tenuto, invece, a garantire l’adempimento dell’obbligazione contrattuale (nomen bonum), a meno che ciò non faccia volontariamente, in tal modo assumendo la posizione di fideiussore (art. 1944, primo comma).
10 Il pagamento con surrogazione
Il pagamento con surrogazione si ha quando un terzo ( estraneo al rapporto obbligatorio originario ), il quale esegue la prestazione in luogo del debitore oppure fornisce al debitore i mezzi per adempiere, si sostituisce al creditore originario nei diritti e nelle garanzie che questi vanta nei confronti del debitore stesso.
Il pagamento con surrogazione può ricondursi nell’ambito dell’adempimento del terzo; anzi rappresenta l’interesse che spinge un terzo a sostituirsi al debitore e ad adempiere una prestazione alla quale non è astretto.
Il sintagma “pagamento con surrogazione” è contestato da chi osserva che il momento centrale della fattispecie è rappresentato dal secondo più che dal primo termine, trattandosi appunto di un fenomeno modificativo del rapporto obbligatorio che presuppone la mancata estinzione dello stesso per effetto del comportamento solutorio.
Si preferisce pertanto discorrere di surrogazione per pagamento.
11 Effetto solutorio e modificativo nel pagamento
con surrogazione
Occorre a questo punto chiedersi come si può conciliare la permanenza dell’obbligazione con l’avvenuto adempimento, che ne dovrebbe determinare l’estinzione.
La soluzione tradizionale, accettando la contraddizione, affermava l’estinzione del diritto del creditore a seguito del pagamento, ma non anche dell’obbligo del debitore, rispetto al quale poteva così configurarsi un diritto di credito nuovo, nascente in capo al terzo, ma di contenuto uguale a quello estinto.
Altra più recente dottrina12 reputa invece ancora esistente il rapporto obbligatorio, con conseguente possibile trasferibilità del credito, in quanto il pagamento del terzo non costituirebbe adempimento in senso tecnico, proprio perché non proveniente dal debitore.
La giurisprudenza13 è dell’avviso che la fattispecie in esame ha natura traslativa e pertanto dà luogo ad una vera e propria successione nel credito.
La disputa non è solo teorica, in quanto l’ammissibilità delle eccezioni personali al primo creditore risulta possibile solo in quest’ultimo caso, non nell’ipotesi del diritto nuovo di eguale contenuto.
12 X.Xxxxxx, Surrogazione legale e solidarietà, in Quaderni della rassegna di Diritto Civile, 1984
13 Cassazione, Sez. I, 20.09.1984, n 4808.
12 Ipotesi di pagamento con surrogazione
La surrogazione può avvenire per volontà del creditore, per volontà del debitore o per legge.
La surrogazione per volontà del creditore avviene quando questi, ricevendo il pagamento da un terzo, dichiara espressamente di volerlo far subentrare nei propri diritti verso il debitore.
La surrogazione per volontà del debitore avviene quando questi prendendo a mutuo una somma di denaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, fa subentrare il mutuante nella posizione del creditore, anche senza il consenso di questo.
La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni :
• che il mutuo e la quietanza (quietanza significa liberarsi dell’obbligazione) risultino da atto avente data certa ;
• che nell’atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata ;
• che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. Su richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione.
La surrogazione per legge ( cd. surrogazione legale ) avviene nei casi in cui è la legge stessa che autorizza il terzo che paga a sostituirsi nei diritti del creditore, senza che sia richiesta la volontà dell’una o dell’altra parte del rapporto di obbligazione ( es. contratto di fideiussione ).
Si ha surrogazione legale nei seguenti casi :
1. a vantaggio di chi essendo creditore, paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi, del suo pegno o delle sue ipoteche.
2. a vantaggio dell’acquirente di un immobile che fino alla concorrenza del prezzo di acquisto paga uno o più creditori a favore dei quali l’immobile è ipotecato.
3. a vantaggio di colui che essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito aveva interesse di soddisfarlo ;
4. a vantaggio dell’erede con beneficio d’inventario, che paga con denaro proprio i debiti ereditari
5. negli altri casi stabiliti dalla legge.
13 La delegazione attiva
E’ lo stesso istituto che, come vedremo, comporta la modificazione del rapporto obbligatorio dal lato passivo, che, in questa sede, viene però esaminato da un diverso angolo visuale.
Il delegante, che nella delegazione passiva viene considerato nella sua veste di debitore che assegna al creditore un diverso debitore, nella delegazione attiva viene considerato nella sua veste di creditore : un creditore (delegante) autorizza un terzo (delegatario) a rendersi destinatario della promessa, fatta dal debitore (delegato), di adempiere l’identica obbligazione (già esistente), divenendo così un nuovo creditore (delegatio credendi).
Il codice non regola tale fattispecie, per cui la giurisprudenza14 riconduce la sua disciplina all’art. 1322 c.c., che regola i contratti atipici.
La delegazione attiva è, di regola, cumulativa, con l’effetto che il nuovo creditore viene ad aggiungersi al creditore originario che, pertanto, non esce dal rapporto obbligatorio15. In tal caso non si avrebbe una vera e propria ipotesi di successione nel credito.
La delegazione attiva potrebbe però essere anche liberatoria, in tal caso dando luogo ad un fenomeno novativo e quindi all’estinzione dell’obbligazione originaria.
Ammessa è altresì la delegazione attiva di pagamento (cd. delegatio accipiendi), nel senso che il creditore (delegante) può autorizzare un terzo (delegatario) a ricevere il pagamento di un’obbligazione scaduta, rivolgendo quindi al debitore (delegato) l’ordine di eseguire la prestazione nei confronti del nuovo creditore : in tal caso, pur potendo pagare al creditore originario, deve prima offrire la prestazione al delegatario.
14 Cassazione, 04.06.1962, n. 1336.
15 Si ritiene che il debitore, pur potendo adempiere tanto nei confronti del vecchio creditore quanto nei confronti del delegatario, debba dare la preferenza al nuovo creditore, assumendo così la veste di creditore sussidiario (xxxxxxx, in X.Xxxxxxxxx Xxxx, X.Xxxxxxx, F.D. Xxxxxxxx, X.Xxxxxx, Diritto Civile, 3, Obbligazioni e contratti, UTET, 1990).
14 Le modificazioni dal lato passivo: generalità
Il codice, come detto, dedica alla vicenda modificativa del rapporto obbligatorio dal lato passivo ben tre istituti : la delegazione, l’espromissione e l’accollo.
La sostituzione di un debitore ad un altro può però integrare sia una semplice modificazione soggettiva passiva, sia una novazione soggettiva passiva.
Si ha la prima nel caso di ingresso di un terzo nel rapporto obbligatorio, terzo che si obbliga verso il creditore, assumendo l’obbligazione del debitore originario in concorrenza o in sostituzione di quest’ultimo. L’obbligazione del nuovo debitore si identifica quindi oggettivamente con quella originaria in base al suo contenuto principale e in base alla sua fonte.
Si ha invece un’ipotesi di novazione soggettiva passiva quando vi è l’estinzione dell’obbligazione precedente e contemporaneamente l’assunzione di una nuova obbligazione, avente il medesimo contenuto del debito originario ma una fonte diversa, autonoma e svincolata dalla precedente16.
Questo spiega perché una norma del codice (art. 1235 c.c.) sia dedicato al fenomeno della novazione soggettiva, anche se a sua volta rinvia alle norme della delegazione, espromissione, accollo. Il rinvio del codice però non implica che la sostituzione del soggetto passivo dell’obbligazione debba qualificarsi necessariamente come novazione, in quanto, come detto, la liberazione del debitore e la sua sostituzione possono integrare anche un’ipotesi di modificazione soggettiva xxxxxxx00.
E’ importante la distinzione appena esaminata tra vicenda privativa e novativa, in quanto nel primo soltanto continua a trovare applicazione la disciplina della fonte originaria del debito.
Si pensi al regime prescrizionale, che, in caso di successione nel debito, continua a dipendere dal titolo costitutivo (ad es. se il debito consiste nell’obbligo di risarcimento del danno extracontrattuale la prescrizione sarà sempre quella quinquennale prevista dall’art. 2947 c.c.).
16 X.Xxxxxxxxxxx, in X.Xx Xxxxxxxxx, Diritto Civile, Giurisprudenza e casi pratici, Maggioli ed., 1997, p. 375.
17 L’art. 1235 ha destato forti perplessità in dottrina ed in particolare da parte di quelli che, come rilevato nella lezione precedente, ridimensionano la portata del soggetto attribuendogli la valenza di elemento esterno. Orbene, si osserva, se ciò è vero la modifica del soggetto non può mai determinare l’estinzione dell’obbligazione, mancando l’aliquid novi e quindi la possibilità di configurare la funzione della novazione.
15 La delegazione
La delegazione è un accordo col quale il debitore ( delegante ) assegna al creditore (delegatario) un nuovo debitore (delegato), il quale si obbliga ad adempiere verso il creditore stesso.
La delegazione è un negozio giuridico trilaterale, nel quale vi sono cioè 3 parti, che trova fondamento in due rapporti distinti, anzi tre:
• un rapporto tra delegante e delegato che si chiama rapporto di provvista ( il delegato deve 1000 lire al delegante come corrispettivo di merce acquistata);
• un rapporto tra delegante e delegatario che si chiama rapporto di valuta ( es. il delegante deve 1000 lire al delegatario come canone anticipato di locazione);
• un rapporto tra delegato e delegatario che si chiama rapporto finale.
La sua utilità consiste nel semplificare questi rapporti : se il delegato adempie nei confronti del delegatario, si ottiene con un unico adempimento l’estinzione di due obbligazioni.
La delegazione può essere titolata, quando il delegato nell’assumere l’obbligazione fa riferimento al rapporto di valuta e/o di provvista.
La delegazione può essere pura o astratta quando non fa menzione né del rapporto di provvista né del rapporto di valuta.
Questa distinzione, che, si badi, può riguardare anche l’espromissione e l’accollo, è molto importante, in quanto si riverbera sulla disciplina delle eccezioni.
Infatti la conseguenza della distinzione comporta sul piano logico e per espressa previsione normativa che nella delegazione astratta possono essere opposte solo le eccezioni tra delegato e delegatario, mentre nella delegazione titolata possono essere opposte anche le eccezioni relative al rapporto di valuta richiamato e le eccezioni connesse al rapporto di provvista, salvo non vi sia una diversa pattuizione specifica tra le parti.
Secondo la giurisprudenza18 tale disciplina non può applicarsi quando sia il rapporto di valuta che il rapporto di provvista siano nulli, in quanto in tal caso viene meno la funzione stessa della delegazione (cd. nullità della doppia causa)19.
18 Cassazione, Sez. III, 14 giugno 1994, n. 5770.
19 E’ il caso di precisare che il riferimento alla nozione di astrazione causale si deve alla natura negoziale della delegazione, da alcuni qualificata come contratto, da altri come negozio giuridico trilaterale. Per la prima tesi (cd. unitaria), la causa è unica e consiste nello scopo di concentrare nell’unica prestazione dal delegato al delegatario le due prestazioni dipendenti da ciascuno dei due rapporti sottostanti. Per altra tesi (cd. atomistica), oggi prevalente, le manifestazioni di volontà che connotano la fattispecie, aventi natura negoziale, conservano la propria autonomia e quindi la rispettiva identificazione causale.
Nello stipulare la delegazione, il creditore ( delegatario ) può :
• accettare l’obbligazione del delegato, dichiarando espressamente di liberare il delegante, si ha in questo caso, la delegazione liberatoria ( o novativa ) la quale estingue l’obbligazione originaria e ne crea una nuova con diverso debitore (novazione soggettiva)20;
• accettare l’obbligazione del delegato, senza dichiarare di liberare il delegante, in questo caso si ha la delegazione cumulativa, la quale ha per effetto di aggiungere il nuovo debitore a quello originario, la responsabilità del delegante ha un carattere sussidiario, cioè il creditore non potrà rivolgersi a lui, senza aver prima richiesto l’adempimento al delegato ( detto beneficio di escussione ).
La vicenda delegatoria si fonda, in conclusione, su di un duplice atto di delega, posto in essere dal delegante nei confronti rispettivamente del delegato e del delegatario.
Per alcuni tale atto ha natura di autorizzazione, ovverosia unilaterale.
Altri, evidenziando la necessità che il delegante si assicuri che il delegato paghi o si obblighi nei confronti del delegatario preferisce inquadrare la fattispecie nell’ambito del mandato, assegnandole quindi natura bilaterale.
20 La delegazione titolata che libera il debitore può anche essere privativa, mentre la delegazione pura, non essendo richiamato il rapporto di valuta tra delegante e delegatario, non può che essere novativa.
16 L’espromissione
L’espromissione si ha quando un terzo ( espromittente ) assume spontaneamente verso il creditore ( espromissario ) il debito di un altro soggetto ( espromesso ).
Esempio : il padre si impegna a pagare il debito del figlio.
L’espromissione è un negozio giuridico bilaterale, nel quale l’accordo è concluso fra l’espromittente e il creditore, senza che sia richiesto il consenso della volontà del debitore originario.
Da questo punto di vista l’espromissione si differenzia dalla delegazione.
L’espromissione come la delegazione può essere liberatoria o cumulativa, a seconda che il creditore, accettando l’obbligazione del terzo, liberi ( con dichiarazione espressa ) oppure non liberi il debitore originario.
Nel caso di espromissione cumulativa il debitore originario non gode del beneficio di escussione: la sua responsabilità non è sussidiaria ( come quella del delegante ), ma solidale col debitore originario, e il creditore potrà quindi richiedere l’adempimento all’uno o all’altro a propria scelta.
Nel caso della espromissione liberatoria, a differenza della delegazione e dell’accollo, il debitore liberato sopporta il rischio dell’insolvenza del nuovo debitore, se questi era insolvente già al momento di assumere l’obbligazione.
Sul piano delle eccezioni, l’art. 1272 c.c. statuisce che, se non si è convenuto diversamente, il terzo espromittente non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario (rapporto di provvista).
Può invece opporre all’espromissario le eccezioni relative al rapporto di valuta, che avrebbe potuto opporre all’espromesso. Tale previsione si deve al fatto che il terzo assume di sua iniziativa l’obbligazione del debitore e quindi il riferimento al rapporto di valuta assume il normale significato di un impegno commisurato a quello del debitore originario.
Non tutte le eccezioni relative al rapporto di valuta possono per altro essere opposte dall’espromittente.
Anzitutto, non possono essere opposte le eccezioni personali al debitore originario, che presuppongono una specifica legittimazione del soggetto.
L’espromittente non può nemmeno opporre le eccezioni che il debitore originario avrebbe potuto opporre sulla base di fatti sopravvenuti all’espropriazione.
Sono, infine, in ogni caso opponibili le eccezioni che attengono all’esistenza e alla validità dell’obbligazione estromessa. La giustificazione causale va infatti ravvisata nell’assunzione di un debito altrui cosicché l’espromissione viene meno se il diritto dell’espromissario non esiste o si è prescritto.
17 L’accollo
L’accollo è un accordo fra il debitore ( accollato ) e un terzo ( accollante ), per cui questi assume un debito dell’altro nei confronti del creditore ( accollatario ).
L’accollo come l’espromissione è un negozio giuridico bilaterale, nell’espromissione il terzo si accorda col creditore, mentre nell’accollo si accorda col debitore.
Se l’accordo rimane limitato all’accollato e all’accollante ( accollo semplice ) esso non produce alcun effetto verso il creditore.
Il creditore può tuttavia aderire ad esso, con ciò rendendo irrevocabile la stipulazione e trasformare in questo caso l’accollo in un negozio trilaterale.
In questo caso si vengono a produrre gli stessi effetti che si verificano in caso di espromissione, ossia l’obbligazione solidale del terzo col debitore originario ( accollo cumulativo ), salvo espressa clausola di liberazione di quest’ultimo ( accollo liberatorio ).
L’accollo si distingue rispetto all’espromissione, che è un negozio intercorrente tra il creditore ed un terzo, mentre l’accollo è un accordo tra il debitore e un terzo.
Si distingue altresì dalla delegazione. Anche qui si riscontra un accordo tra debitore e terzo, ma tale accordo ha per oggetto l’incarico di pagare al creditore o di promettergli una data prestazione, mentre con l’accollo il terzo fa proprio il debito dell’obbligato. L’accollo è una convenzione bilaterale, non essendo richiesto per il suo perfezionamento l’intervento del creditore, la cui successiva adesione costituisce soltanto un elemento di efficacia della fattispecie.
Si discute sulla natura giuridica dell’accollo, formulandosi due tesi:
a) la teoria dell’offerta, secondo la quale l’accollo consiste in una convenzione tra debitore e terzo per l’assunzione del debito da parte di quest’ultimo; tale convenzione deve essere poi comunicata al creditore e la comunicazione equivale all’offerta di una prestazione diversa da quella dovuta dal debitore originario e, quindi, ad una proposta contrattuale;
b) la teoria del contratto a favore di terzo21, secondo la quale nell’accollo la convenzione interviene tra debitore originario (stipulante) e terzo (promittente) al fine di assegnare un nuovo debitore (accanto o in sostituzione al vecchio) al creditore (terzo). Il favore per il creditore è connesso alla presenza di un nuovo debitore.
21 La giurisprudenza (Cassazione, 01.08.1996, n. 6936) che aderisce a tale prospettazioni assimila la dichiarazione del creditore alla dichiarazione di cui all’art. 1411 c.c. e quindi essa produce solo l’effetto di rendere irrevocabile la stipulazione tra debitore e accollato.
Si discute altresì se esista anche l’accollo novativo, osservandosi da alcuni che non sarebbe una figura autonoma, stante l’equiparazione operata dall’art. 1235 tra questa e l’accollo privativo.
Esiste però senz’altro l’accollo ex lege, in quanto vi sono ipotesi in cui il trasferimento del debito si produce indipendentemente dalla volontà dei soggetti ed è collegato al trasferimento di situazioni giuridiche più complesse cui inerisce il debito. Si ricordano le ipotesi di accollo privativo ex lege (art. 1408, primo comma, 1918, 1599) e di accollo cumulativo ex lege (artt. 1717 primo comma, 2356, 2481).
Dottrina e giurisprudenza riconoscono pacificamente la possibilità di stipulare negozi aventi ad oggetto beni futuri, ovvero beni non ancora, ovvero beni non ancora venuti ad esistenza nella realtà naturale o giuridica, ma che sono comunque determinabili in base a criteri definiti.
In ordine ad alcune figure (vendita, ipoteca) tale possibilità è specificamente disciplinata. Xxxxxx, si ritiene ammissibile anche l’accollo di un debito futuro tra soggetti determinati22
22 La giurisprudenza (Cassazione, Sez. I, 23.09.1994, n. 7831) ha ritenuto che la convenzione con la quale un ente creditizio, in corrispettivo della cessione di tutte le attività mobiliari ed immobiliari di altra banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, si accolli, tra gli altri, i debiti che dovessero per questa venire ad esistenza a seguito dell'accoglimento delle domande di revoca di pagamenti, proposte a norma dell'art. 67 l. fall. della curatela fallimentare di terzi debitori della banca ceduta, configura, alla stregua dei criteri interpretativi dettati dagli art. 1362 e 1363 c.c., non già una promessa o negozio preliminare di accollo , bensì un accollo esterno di un debito futuro , ad oggetto determinabile, essendo identificabili, all'atto della stipula della convenzione, gli eventuali debiti ed i rispettivi creditori (dovendo risultare dalla contabilità della banca ceduta i pagamenti eseguiti dai debitori poi falliti), con conseguente legittimazione passiva dell'azienda di credito cessionaria anche nelle indicate azioni revocatorie fallimentari.
18 Le obbligazioni reali, dette anche ob rem o
propter rem
Fa in qualche modo eccezione a tale disciplina l’obbligazione reale detta anche propter rem o ob rem ove la persona del debitore muta in ragione del mutare della relazione, dal lato soggettivo tra una res e la persona che ne è nel godimento.
Tale obbligazione difatti, come detto, pone problemi anche in ordine al requisito della necessaria determinatezza dei soggetti del rapporto obbligatorio, problemi superati attraverso la considerazione che in tal caso il soggetto debitore se non è determinato è pur sempre determinabile facilmente in base al rapporto con la res, che a sua volta costituisce elemento identificativo dell’obbligazione.
Le obbligazioni reali vengono accostate agli oneri reali ed in effetti costituiscono una sorta di figura intermedia tra la materia delle obbligazioni e quella dei diritti reali.
Tanto è vero che secondo la dottrina non possono essere ammesse se non nei casi previsti dalla legge ( è la cosiddetta tipicità delle obbligazioni reali ).
Estremamente problematica è la differenza con gli oneri reali, tanto da indurre qualcuno a sostenere che si tratti di figure assimilabili.
Laddove si voglia sostenere il contrario, le differenze tra le due figure ora vengono individuate sulla base di puro astrattismo concettuale, sostenendo che nell’obbligazione reale obbligata è la persona mentre nell’onere reale obbligata è la res, ora facendo riferimento alle diversità di regime giuridico :
1. nell’onere reale il soggetto obbligato è tenuto fino al valore della res, nelle obbligazioni reali si applica pur sempre l’articolo 2740 c.c. ;
2. nell’onere reale l’azione è reale, mentre è personale nella obbligazione reale ;
3. soltanto nell’onere reale l’avente diritto può ottenere l’adempimento della prestazione relativo al periodo antecedente all’inizio del rapporto con il bene.
Rimane la caratteristica delle obbligazioni reali del mutare della persona del debitore in relazione al mutare del soggetto che è in rapporto di proprietà o possesso con una cosa determinata.
Tale fenomeno si definisce di ambulatorietà passiva, per distinguerla da quella attiva dove muta la persona del creditore.
19 Le modificazioni oggettive dell’obbligazione. La
surrogazione reale
Il Codice civile non dedica alcuna norma al fenomeno delle modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio.
La dottrina da tempo ha invece enucleato la figura della surrogazione reale, quale fattispecie produttiva di tale modificazione e desumibile da talune norme dell’ordinamento.
Pertanto la surrogazione reale si ha quando, per volontà di legge, si sostituisce una cosa ad un’altra quale oggetto del rapporto23.
Si fa l’esempio dell’assegnazione nella divisione di beni diversi da quello ipotecato dal partecipante alla comunione (art. 2825, secondo e terzo comma).
La surrogazione reale può, inoltre, indicare un fenomeno di derivazione di un nuovo rapporto da quello precedente, quando il mutamento dell’oggetto è incompatibile con la conservazione del rapporto esistente, prescindendo dalla volontà delle parti. In tal caso, il rapporto nuovo sostituisce quello precedente, adempiendo alla stessa funzione specifica di questo.
Si fa l’esempio di un rapporto di garanzia speciale (privilegio, pegno, ipoteca) che ha ad oggetto cose perite o deteriorate. In tal caso l’art. 2742, primo comma, prevede la surrogazione dell’indennità dovuta dall’assicuratore al posto della cosa oggetto della garanzia.
Si pensi anche all’art. 1211 c.c., a proposito della mora del creditore, secondo cui, alienate le cose deperibili, il credito si trasferisce sul prezzo.
23 Questa definizione si trova in X.Xxxxxxxxx, Istituzioni di Diritto Civile, CEDAM, 1990, p. 531.