THE DISCIPLINE OF THE INSURANCE CONTRACT IN ITALY: THE NEW PROBLEMS
ÍNDICE
LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO ASSICURAZIONE IN ITALIA:
PROFILI DI ATTUALITÀ
THE DISCIPLINE OF THE INSURANCE CONTRACT IN ITALY: THE NEW PROBLEMS
XXXXXXXX XXXXX XX XXXXXXX
Ricercatore di Diritto Privato presso l’Università degli Studi di Perugia xxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxx@xxxxx.xx
RESUMEN: Il lavoro si propone di analizzare l’evoluzione della disciplina del contratto di assicurazione all’interno del panorama normativo italiano cercando di individuare le origini che hanno portato all’attuale assetto regolatorio. Contestualmente si evidenzia la tendenza sempre più marcata all’interno dell’ordinamento italiano ad assegnare al contratto di assicurazione non solo la realizzazione di interessi personali facenti capo ai contraenti, ma anche di interessi collettivi. Tutto ciò si manifesta all’interno delle assicurazioni obbligatorie con le quali si tenta evitare che attività particolarmente rischiose possano generare danni non risarcibili a terzi.
PALABRAS CLAVE: Contratto di assicurazione, Evoluzione storico-normativa, Disciplina attuale, Assicurazioni obbligatorie.
ABSTRACT: The paper aims to analyze the evolution of the discipline of the insurance contract within the Italian regulatory landscape trying to identify the sources that led to the current regulatory framework. At the same time, it highlights the growing trend in order to assign to Italian insurance contract not only the realization of personal interests belonging to the contractors, but also of collective interests. All of this occurs within the compulsory insurance with which you try to avoid that particularly risky activities could generate damages to third parties not compensable.
KEY WORDS: Insurance contract; Historical and legislative evolution; Current discipline; Compulsory insurance.
SUMARIO: I. EVOLUZIONE STORICA DEL FENOMENO.– II. IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE NELLE DISPOSIZIONI NORMATIVE.– III. IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE NEL CODICE CIVILE E NELLE NORME DI SETTORE ATTUALI.– IV. L’EVOLUZIONE DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE QUALE STRUMENTO DI REALIZZAZIONE DI FUNZIONI SOCIALMENTE RILEVANTI: IL PARTICOLARE CASO
DELLE ASSICURAZIONI OBBLIGATORIE PROFESSIONALI.– V. SPUNTI DI RIFLESSIONE IN TEMA DI ETEROCONFORMAZIONE DELLE POLIZZE ASSICURATIVE PER LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEGLI AVVOCATI.– VI. CONSIDERAZIONI CRITICHE SUL
D.M. 22 SETTEMBRE 2016.– VII. CONCLUSIONI.- BIBLIOGRAFIA.
I. EVOLUZIONE STORICA DEL FENOMENO.
Appare evidente ai più il fatto che le moderne società siano con sempre maggior incisività caratterizzate dalla presenza di rischi. La complessità degli attuali sistemi economici espone tutti i soggetti alla probabilità di subire gli effetti di un evento futuro ed incerto che ha il potere di incidere sulla nostra vita1.
Non è un caso che il mercato dei rischi nasca proprio in concomitanza con il crescente dinamismo del mercato e dei traffici commerciali2. Il principio per cui il rischio necessariamente ricade su colui che lo corre in prima persona, è regola che espone i soggetti ad un livello di incertezza in grado di rendere difficile la programmazione degli affari e, di conseguenza, il buon esito degli stessi. Da qui parte, quindi, l’esigenza di negoziare il rischio trasferendolo, dietro corrispettivo (il premio) 3 , ad un soggetto terzo che grazie alla sua struttura patrimoniale ed organizzativa, sia in grado di metabolizzare lo stesso.
La nascita dell’assicurazione, che sostituisce forme negoziali arcaiche rappresentanti le prime embrionali figure di negoziazione di rischi4, si fa comunemente risalire al
1 Sull’evoluzione storica del fenomeno assicurativo, x. XXXXXXXXX, X.: “Assicurazione (in generale), en AA. VV.: Nuovo digesto, I, UTET, Torino, 1957, pp. 354 ss.; XXXXXX, A.: Trattato del diritto delle assicurazioni private, I, Xxxxxxx, Milano, 1952, pp. 53 ss.; XXXXXXXXX, X.: “Assicurazioni (storia)”, en AA. VV.: Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, 1958, pp. 420 ss.; XXXXXX. G.: “Assicurazione (Contratto di)”, en AA. VV.: Digesto delle discipline privatistiche, Sezione commerciale, I, UTET, Torino, 1987, pp. 333 ss.
2 Diffusamente, sul punto, XXXXXXX, G.: “Art. 1882”, en AA. VV.: Commentario teorico-pratico al codice civile (dir. da X. XX XXXXXXX), Xxxxxxxx Xxx, Xxxxxx, 0000, pp. 110 – 119.
3 L’operazione assicurativa, in estrema sintesi, si concretizza nella conversione di un ingente rischio futuro ed incerto in un costo immediato, certo ma molto più limitato nel suo ammontare. Cfr., XXXXXXX, A.: L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Xxxxxxx, Milano, 1964, p. 378; XXXXXXXX, C.: “Aggravamento e altre modifiche del rischio”, Assicurazioni, 1985, pp. 543-544.
4 Si pensi al fenus nauticum di epoca romana. Si pensi, ancora, alle forme mutualistiche più embrionali con le quali si ripartiva all’interno di una certa comunità il danno subito da un membro della stessa. Sul punto, si veda DI XXXXXXXXXXXX, G.: “La qualificazione giuridica del contratto di
XIV sec. epoca in cui i traffici si fanno sempre più intensi e rischiosi e ci si rende conto che il rischio, come qualunque altro bene giuridicamente rilevante, può essere esso stesso oggetto di scambi, di affari e di lucro. È poi la nascita di imprese assicurative che professionalmente si occupano di assumere rischi che determina lo stabilizzarsi di modelli negoziali sempre più elaborati che, progressivamente, fuoriescono dal settore delle incertezze connesse ai possibili danni derivanti da attività economiche per abbracciare anche tipologie di rischi non professionali, facenti capo a soggetti estranei all’attività di produzione di beni o servizi e riconnessi ai normali eventi della vita siano essi positivi o negativi5.
In questo senso, non bisogna ritenere che necessariamente il “rischio” dedotto all’interno di un contratto di assicurazione riguardi un evento della vita sicuramente negativo ma potrà avere ad oggetto tutte quelle eventualità future che, ponendo il contraente di fronte ad una nuova realtà, impongono allo stesso di modificare le proprie abitudini. Si pensi, ad esempio, al contratto di assicurazione sulla vita per il caso di sopravvivenza che obbliga l’impresa di assicurazione a pagare un capitale o una rendita nell’ipotesi in cui l’assicurato sopravviva ad una certa data. L’evento futuro è, in questo caso, la sopravvivenza dell’individuo che, pur essendo una eventualità auspicabile e tutt’altro che negativa, espone però il contraente a nuove sfide (la vecchiaia, le malattie connesse all’invecchiamento, i minori introiti derivanti dalla cessazione dell’attività lavorativa, la maggiore disponibilità di tempo libero ecc.) che rendono opportuno il fatto di scaricare tale “rischio” su un soggetto terzo.
II. IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE NELLE DISPOSIZIONI NORMATIVE.
L’evoluzione storica sommariamente sopra riportata, spiega le ragioni dell’evoluzione normativa che la disciplina del contratto di assicurazione ha avuto in Italia.
La prima compiuta regolamentazione “moderna” del contratti di assicurazione la si rinviene, infatti, nel Codice del commercio del 1865 che, agli artt. 466 ss. disciplinava tale figura negoziale tenendola però in considerazione ancora sotto l’esclusivo profilo dell’assicurazione contro i xxxxx xxxxxxxxx, peraltro, sulle problematiche attinenti i rischi inerenti il commercio marittimo che, in quell’epoca, rappresentava il mezzo principale di distribuzione di beni.
Tale aspetto lascia emergere un dato di interesse attinente la natura del contratto di
assicurazione”, DI XXXXXXXXXXXX, G. e XXXXXX, D.: I Contratti speciali. I contratti aleatori, in Tratt. dir. priv. Xxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, pp. 49-52, nonché l’ampia ricostruzione svolta da XXXXXXXX, M.: Il diritto delle assicurazioni, CEDAM, Padova, 2011, pp. 1-40.
5 Cfr., le riflessioni svolte già da VIVANTE, C.: Trattato di diritto commerciale, IV, Piccin, Milano, 1916, pp. 418 ss.; XXXXX, V.: “Lo sviluppo delle imprese assicuratrici in Italia nei rami elementari”, en AA. VV.: Lo sviluppo e il regime delle assicurazioni in Italia, UTET, Torino, 1928, pp. 70.
assicurazione qualificabile come contratto di impresa. Questa affermazione si giustifica non solo per la collocazione della sua disciplina all’interno del Codice del commercio, ma anche per la tipologia di rischi assicurabili direttamente connessi all’esigenza di mantenere indenne il patrimonio dell’imprenditore avverso i possibili danni emergenti dall’esercizio delle attività di impresa.
Tale sistema subisce una sua prima evoluzione nel passaggio dal Codice di commercio del 1865 a quello successivo del 1882 nel quale, agli artt. 417 ss. pur permanendo una prevalente attenzione per la disciplina del contratto di assicurazione del ramo danni, compare una prima regolamentazione delle assicurazioni del ramo vita (artt. 449 – 453) segnando, per tal via, un progressivo avvicinamento del contratto di assicurazione anche alle esigenze di natura non esclusivamente commerciale.
La stessa assicurazione sul ramo danni, che nel Codice di commercio del 1865 era strutturata integralmente sulle esigenze del commercio, inizia con maggior forza ad aprirsi alla copertura di rischi propri di qualunque soggetto attribuendo all’impresa di assicurazione un ruolo diverso e più ampio.
Parallelamente alla legislazione commerciale, il Codice civile del 1865 allora vigente conosceva il contratto di assicurazione menzionandolo all’art. 1102 quale esempio di contratto aleatorio6 esimendosi, però, dal prevederne una pur minima disciplina che rimaneva integralmente contenuta, come detto, nel coevo Codice del commercio7.
L’evoluzione sopra decritta culmina con l’unificazione del Codice del commercio e del Codice civile in un unico corpo normativo8. Il “nuovo” codice civile, emanato nel 1942, determina infatti un importante passaggio normativo che porta l’intero sistema delle norme di diritto commerciale nel seno del codice civile9. Mentre le norme sull’impresa e sul lavoro andarono a confluire all’interno del Libro V, la disciplina di alcuni dei contratti prima disciplinati dal Codice di commercio andarono ad integrare il Libro IV del codice civile italiano. Tale è la sorte che toccò al contratto di assicurazione il quale trova la sua attuale disciplina proprio nel Codice civile agli artt. 1882 ss.
6 L’articolo poco sopra menzionato così recita: “1. È contratto di sorte o aleatorio, quando per ambidue i contraenti o per l’uno di essi il vantaggio dipende da un avvenimento incerto. 2. Tali sono il contratto di assicurazione, il prestito a tutto rischio, il giuoco, la scommessa e il contratto vitalizio”.
7 Su tale profilo, XXXXXXX, E.: Contratto di assicurazione e prestazione di sicurezza, Xxxxxxx, Milano, 2008, pp. 133 ss.; XXXXXXX, A.: L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, cit., pp. 14 ss.
8 Va tuttavia segnalato che disposizioni speciali in tema di contratto di assicurazione permangono tutt’ora all’interno del codice della navigazione.
9 Nota la diatriba fra cultori del diritto commerciale e cultori del diritto civile: mentre i primi parlavano di una “commercializzazione” del diritto civile, i secondi facevano riferimento ad una “civilizzazione” del diritto commerciale.
III. IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE NEL CODICE CIVILE E NELLE NORME DI SETTORE ATTUALI.
Come anticipato al paragrafo precedente, l’evoluzione normativa relativa al contratto di assicurazione lo ha portato a collocarsi nell’ambito delle leggi civili che, allo stato attuale, affiancano ad una disciplina generale di tale forma negoziale astrattamente riferibile tanto alle assicurazioni del ramo danni quanto a quelle del ramo vita (artt. 1882 – 1903), sezioni specificamente dedicate alla regolamentazione delle polizze danni (artt. 1904 – 1918) e di quelle vita (artt. 1919 – 1927).
Ciò che spicca all’attenzione dell’interprete è, nonostante la successiva ripartizione in rami assicurativi, la definizione unitaria di contratto di assicurazione10 che l’art. 1882 c.c. qualifica come “il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”11. Una unitarietà della definizione che si riflette sull’altrettanto inscindibile collegamento fra contratto di assicurazione ed attività assicurativa tale che il primo non può assolutamente essere letto in maniera disgiunta rispetto alla complessiva operazione posta in essere da parte dell’assicuratore e volta a neutralizzare il rischio12.
Quello che emerge dalle disposizioni codicistiche che, in generale, si occupano di contratto di assicurazione è, dunque, l’immagine di una fattispecie aleatoria causalmente unitaria – pur se articolata in assicurazioni appartenenti al ramo vita ed assicurazioni rientranti nel ramo danni – attraverso la quale l’assicurato paga un premio per acquistare la sicurezza di annullare o ridurre un rischio futuro ed
10 In questo senso, fra gli altri, XXXXXXX, L.: “Assicurazione in generale”, en AA. VV.: Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, 1958, pp. 345 ss.; ID.: “Assicurazione sulla vita”, en AA. VV.: Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, 1958, pp. 611 ss.; XXXXXXXXX, T.: “Sul concetto unitario del contratto di assicurazione”, in ID.: Xxxxx xxxxxxxxx, Xxxxxxx, Milano, 1949, pp. 408 ss. Sul punto si veda, di recente, XXXXXXX, S.: “Art. 1882”, en AA. VV.: Dei singoli contratti (a cura di X. XXXXXXXXX), V, UTET, Torino, 2011, pp. 39, la quale, pur evidenziando le differenze sussistenti fra assicurazioni del ramo vita ed assicurazioni del ramo danni afferma come “anche tenuto conto dell’evoluzione dell’assicurazione sulla vita, sembra però difficile negare unitarietà, dal punto di vista causale, al fenomeno dell’assicurazione considerato come pure nell’assicurazione sulla vita vi sia comunque l’assunzione di un rischio demografico da parte dell’assicuratore”. Cfr, però, XXXXXXX, G.: Le assicurazioni, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, Xxxxxxx, Milano, 1973, pp. 467 ss.
11 Su cui v., diffusamente, XXXXXXXXX, F.: Dell’assicurazione, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Zanichelli-Soc. ed. del Foro italiano, Bologna-Roma, 2011, pp. 1-13.
12 V., sul punto, XXXXXXXXXXX, C. F.: Le assicurazioni, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2011, p. 169, il quale evidenzia come “il contratto di assicurazione è stipulato solo in collegamento con l’attività assicurativa. (...) Su tale piano, il rapporto viene infatti in considerazione non singolarmente, ma nel collegamento con la complessiva operazione realizzata dall’assicuratore attraverso l’utilizzazione di un particolare procedimento tecnico fondato sull’applicazione del calcolo delle probabilità”.
incerto13.
Va tuttavia segnalato come dal punto di vista normativo la disciplina del contratto di assicurazione sembra ormai essere cristallizzata nelle disposizioni codicistiche non rinvenendosi interventi organici volti ad attualizzare il diritto delle assicurazioni sul piano squisitamente negoziale.
Unico momento di possibile rottura di tale situazione di stasi si rinvenne nella prima bozza del Codice delle assicurazioni xxxxxxx00 del 2003 che prevedeva -oltre al riordino delle disposizioni relative all’impresa di assicurazione, alla vigilanza in ambito assicurativo e all’intermediazione assicurativa-, la espunzione delle disposizioni contenute nel codice civile relative al contratto di assicurazione per trasporle nel nuovo testo normativo. L’idea di fondo del legislatore del 2003 era, quindi, quella di creare un corpo normativo completo nel quale rintracciare l’intera regolamentazione del fenomeno assicurativo sia per quanto concerne la disciplina del mercato che quella più marcatamente privatistica15.
Tale tentativo, soprattutto per le critiche provenienti da una parte della dottrina16, è però naufragato portando all’emanazione del d.lg. 7 settembre 0000, x. 000 (xx c.d. codice delle assicurazioni private)17 che reca in sé quasi esclusivamente la disciplina del mercato assicurativo (requisiti patrimoniali, strutturali, di governance) e dell’intermediazione18.
13 Così, XXXXXXXXXXXX, A.: Il contratto di assicurazione (Disposizioni generali), in Cod. civ. Commentario
Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2012, pp. 23-25.
14 Tale codice doveva sostituire tutte le disposizioni precedenti che, al di fuori del codice civile, si occupavano principalmente della disciplina dell’impresa assicurativa. Va ricordato, infatti, la prima normativa sul punto risale al r.d.l. 29 aprile 1923, núm. 966 convertito con l. 17 aprile 1925, n. 473 (su cui x. XXXXXXX, A.: “Diritto pubblico e diritto privato nell’ordinamento delle assicurazioni”, in ID.: Scritti giuridici, I, Cedam, Padova, 1936, pp. 119 ss.) poi sostituito dal testo unico delle assicurazioni private (d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 49). Su tali precedenti normative, x. XXXXXXX, X.: “L’assicurazione tra passato e presente”, en AA. VV.: L’assicurazione, l’impresa e il contratto, Cedam, Padova, 2001, p. 7.
15 XXXXXXX, X: “Art. 1882”, cit., p. 37.
16 In questo senso, XXXXXXX, A.: “Note critiche sulla bozza del codice delle assicurazioni private”, Giur. comm., 2004, I, p. 1035 ss.; BIN, M.: “Artt. 1 e 2”, Commentario al codice delle assicurazioni (coord. da X. XXX), CEDAM, Padova, 2006, pp. 12 s.
17 Su tali profili, CANDIAN, A.D.: “Il nuovo codice delle assicurazioni e la disciplina civilistica del contratto di assicurazione: tendenze e “resistenze”, Contr. impr., 2006, p. 1289-1313. Sulla complessità di norme che disciplinano il contratto di assicurazione, x. XXXXXXX, P.: “La disciplina del contratto di assicurazione tra codice civile, codice delle assicurazioni e codice del consumo”, Resp. civ. prev., 2007, pp. 1749-1774.
18 Per i primi commenti, SERINO, A.: “Il nuovo codice delle assicurazioni private e il sistema sanzionatorio”, Temi romana, 2005, pp. 6-17; XXXXXXXXX, S.: “I profili pubblicistici del nuovo Codice delle assicurazioni: disciplina di settore e potere di regulation dell’ISVAP”, Gior. dir. amm., 2005, pp. 1249-1254; XXXXXXXX, M.: “Prime riflessioni sul nuovo codice delle assicurazioni”, Foro it., 2006, V, c. 108-116; XXXXXXX, L.: “L’impresa nel codice delle assicurazioni private”, Dir. econ.
Quanto poco sopra affermato non deve però far pensare che il diritto delle assicurazioni sia materia poco dinamica. Dal punto di vista legislativo, soprattutto attraverso l’impulso del legislatore comunitario, numerose sono le recenti riforme di sistema già attuate dal nostro ordinamento o da attuare in tempi molto prossimi. Tali novità normative – che, come accennato, non riguardano il contratto – hanno invece ad oggetto, in primo luogo, il mercato assicurativo attraverso il recepimento della direttiva 2009/138/CE (c.d. Solvency II) con d.lg. 12 maggio 2015, n. 74 che ha profondamente innovato il codice delle assicurazioni in relazione alla disciplina dell’impresa assicurativa e dei controlli pubblici sulla stessa19. In secondo luogo, anche la disciplina dell’intermediazione assicurativa appare oggetto di una prossima e profonda riscrittura a causa del recepimento della direttiva UE/2016/97 (c.d. IDD2) e che determinerà un intervento legislativo profondo sul codice delle assicurazioni che contiene l’attuale disciplina della distribuzione dei prodotti assicurativi20.
Sotto il profilo più squisitamente negoziale, poi, non mancano interventi normativi che, pur non avendo il requisito dell’organicità e della sistematicità, si occupano – come detto - di specifici profili di particolare attualità proponendo all’interprete nuove problematiche da risolvere. Ciò su cui ci si intende, pur se brevemente, soffermare è la tendenza ormai evidente ad assegnare al sistema assicurativo non più esclusivamente la realizzazione di interessi individuali quanto, piuttosto, di esigenze di carattere generale connesse alla necessità di garantire il giusto ristoro a soggetti che, usufruendo di servizi o beni necessari ma particolarmente rischiosi, si trovino esposti al rischio di subire ingenti danni patrimoniali.
ass., 2006, pp. 71-83; ROMA, M.: “Codice delle assicurazioni. Novità e prospettive in tema di tutela dell’assicurato-consumatore”, Dir. econ. ass., 2007, pp. 107-120.
19 Il tema è particolarmente ampio e complesso ma estraneo all’oggetto del presente contributo che vuole invece focalizzarsi sulle novità inerenti il contratto di assicurazione. Per la dottrina più recente in tema di Solvency II, x. XXXXXXXX DI RATTALMA, M.: “Controlli e Solvency II: il rischio frondoe assicurativa fra disciplina nazionale ed europea”, Resp. civ. prev., 2013, pp. 646-755; XXXXXX, N. e XXXXXXXX, P.: “I requisiti di governo societario introdotti in Italia in attuazione della direttiva Solvency II”, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2015, pp. 1-10; MARINO, D.M. e COSTA, S.: “L’attuazione in Italia della direttiva Solvency II: un quadro di sintesi”, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2015, pp. 1-11; XXXXX, X.: “Vigilanza finanziaria e obblighi di trasparenza alla luce della direttiva solvency II: guida introduttiva al c.d. terzo pilastro”, Resp. civ. prev., 2016, pp. 1443-1456; FEBBI, S. e BOBBO, D.: “L’evoluzione del sistema dei controlli interni delle imprese di assicurazione nel recepimento di Solvency II”, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016, pp. 1-14.
20 Va segnalato che anche l’attuale disciplina degli intermediari assicurativi è il frutto del recepimento della direttiva 2002/92/CE. Sulle novità introdotte dalla IDD2 v., senza pretesa di esaustività MARINO, D.M. e XXXXXXXX, A.: “La nuova direttiva sulla distribuzione assicurativa – Uno sguardo d’insieme e primi spunti di riflessione”, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016, pp. 1-7.
IV. L’EVOLUZIONE DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE QUALE STRUMENTO DI REALIZZAZIONE DI FUNZIONI SOCIALMENTE RILEVANTI: IL PARTICOLARE CASO DELLE ASSICURAZIONI OBBLIGATORIE PROFESSIONALI.
Tale mutamento di paradigma genera, però, importanti conseguenze poiché se è ormai dato consolidato il fatto che al centro dell’interesse dell’ordinamento nell’ambito delle assicurazioni volontarie vi sia la tutela del cliente assicurato, non altrettanto si può dire quando si passi a valutare i concreti e specifici interessi perseguiti nell’ambito delle assicurazioni obbligatorie.
Se nelle assicurazioni volontarie –intendendo per tali quelle nelle quali l’assicurando sceglie liberamente se concludere o meno e, nel caso, a quali condizioni– tutto il sistema normativo si incentra sulla protezione del contraente debole21 imponendo al distributore del prodotto assicurativo una valutazione dell’adeguatezza dello stesso alle esigenze di protezione manifestate del xxxxxxx00, all’interno di quei segmenti di mercato nei quali si impone la conclusione di un contratto al fine di veder tutelate e non compromesse le esigenze di tutela dei terzi più che dell’assicurato, sarà proprio l’ordinamento ad assumere un ruolo determinante al fine di prevedere le caratteristiche specifiche che tali contratti di assicurazione devono possedere.
Tale fenomeno appare estremamente visibile, in Italia, nell’ambito delle assicurazioni per la responsabilità civile dei professionisti e, in particolare, nella specifica regolamentazione delle polizze assicurative degli avvocati.
In Italia, un generico obbligo per tutti i professionisti di dotarsi di una idonea copertura assicurativa per i rischi derivanti dall’attività professionale svolta è stato introdotto con l’art. 3, comma 5, lett. e) del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 convertito con l. 14 settembre 2011, n. 14823. Se la disposizione poco sopra menzionata rappresenta un generico obbligo per tutte le professioni, per quella forense l’obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile deriva dall’art. 12 della l. 31 dicembre 2012,
21 Su tali profili, diffusamente, XXXXXXXXX, G., DI NELLA, L., MEZZASOMA, L. e XXXXX, F.: La tutela del consumatore assicurato fra codice civile e legislazione speciale, ESI, Napoli, 2012, passim.
22 XXXXXXXXX, X., “Art. 120”, en AA. VV.: Il codice delle assicurazioni private (coord. por X. XXXXXXXXXXX), II, Cedam, Padova, 2007, pp. 167; ARENA, M.R.: “Adeguatezza dell’offerta assicurativa nei rami danni”, Dir. econ. ass., 2007, pp. 433 ss.; VOLPE PUTZOLU, G.: “La valutazione dell’adeguatezza del contratto di assicurazione offerto”, en AA. VV.: La responsabilità civile nell’intermediazione assicurativa, Xxxxxxx, Milano, 2011, pp. 31 ss.; XXXXXXX, F.: “Conflitto di interessi e adeguatezza del prodotto nella disciplina degli intermediari assicurativi: il problema dei rimedi”, Diritto ed econ. ass., 2011, p. 462-469; XXXXXX, U.: Il contratto «adeguato». La prestazione del cliente nei servizi di credito, investimento e assicurazione, Xxxxxxx, Milano, 2012, pp. 173 ss.; XXXXXXX, M.: “La responsabilità civile nell’intermediazione assicurativa. La valutazione di adeguatezza e/o appropriatezza del contratto di assicurazione”, Nuovo not. giur., 2012, pp. 117 ss.; XXXXXXX, X., “Art. 120”, en AA. VV.: Codice delle assicurazioni private (coord. por. X. XXXXXXX e X. XXXXXXXX), XXX, Napoli, 2014, pp. 455 ss.
23 Su tali interventi normativi, XXXXXXX, P.: L’assicurazione della responsabilità professionale: problemi e prospettive”, Assicurazioni, 2012, pp. 621 ss.
n. 247 la cui efficacia è però subordinata all’emanazione da parte del Ministero della Giustizia, e sentito il Consiglio Nazionale Forense (CNF) 24 , di un Decreto ministeriale che fissi le condizioni essenziali di polizza25. Tale regolamentazione delegata è stata di recente emanata con D.M. 22 settembre 2016 recante “Condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze assicurative a copertura della responsabilità civile e degli infortuni derivanti dall’esercizio della professione di avvocato”.
L’assicurazione obbligatoria dell’avvocato, quindi, si pone in un più vasto panorama assicurativo che vede il legislatore particolarmente sensibile verso l’esigenza di evitare che l’esercizio di professioni particolarmente complesse possa risolversi nella causazione di danni ai destinatari delle stesse. In caso di produzione di un danno, infatti, questi potrebbero non trovare soddisfazione nel patrimonio del professionista danneggiante.
In tali circostanze, come sembra evidente, l’ordinamento ritiene necessario frapporre fra la responsabilità di un professionista e l’azione risarcitoria eventualmente intentata dal danneggiato, un soggetto (la compagnia di assicurazione) che strutturalmente e patrimonialmente è in grado di metabolizzare il rischio attraverso il proprio patrimonio. Una necessità che, però, non è frutto di un mero capriccio ma risponde alla centrale esigenza di veder realizzati –o non veder compromessi– interessi che il sistema ritiene di dover necessariamente tutelare. Anziché socializzare un eventuale rischio, si chiede aiuto al mercato assicurativo imponendo al possibile danneggiante di dotarsi di una idonea copertura assicurativa.
Ma se così stanno le cose, è evidente come nell’ambito delle assicurazioni obbligatorie si registri un sostanziale mutamento di paradigma poiché mentre al centro dell’attenzione del mercato assicurativo “comune” vi è l’interesse dell’assicurato a realizzare integralmente le proprie esigenze assicurative26, all’interno delle assicurazioni obbligatorie acquistano invece centralità interessi altri ed ulteriori normalmente riconnessi alla tutela dei terzi eventualmente danneggiati. L’interesse dell’assicurato, pur presente, è di regola meramente recessivo. Il problema che si pone l’ordinamento, cioè, non è tanto quello di salvaguardare il patrimonio del professionista assicurato quanto, piuttosto, garantire la certezza del risarcimento agli
24 Il C.N.F. ha fornito il proprio Parere in data 15 luglio 2016, in xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
25 In questo senso, art. 12, comma 5 della l. n. 247 del 2012.
00 X. XXXXXXX, I contratti di assicurazione contro i danni e sulla vita, cit., p. 208, il quale evidenzia come
«nonostante le assicurazioni obbligatorie rientrino nella categoria generale delle assicurazioni della responsabilità civile, deve considerarsi come in realtà i destinatari della tutela indennitaria vengano ad essere – oltre all’assicurato-danneggiante rispetto alla pretesa indennitaria subita – anche i danneggiati, che possono riporre sicuro affidamento in ordine al soddisfacimento delle proprie ragioni risarcitorie. [...] I lineamenti generali di disciplina appena esposti mettono immediatamente in primo piano la funzione sociale svolta dalle assicurazioni obbligatorie, strumentale all’attuazione del principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione».
eventuali terzi danneggiati.
È proprio in funzione di tali diversi interessi che si giustifica una sostanziale compressione dell’autonomia negoziale che si concretizza non solo sul se stipulare una polizza assicurativa, ma anche sul come questa deve essere strutturata.
Ma se così stanno le cose appare evidente come il concetto di adeguatezza e di equilibrio contrattuale riferito ai contratti di assicurazione rientranti nell’ambito dei settori obbligatori debbano necessariamente ricevere una consistenza del tutto distinta e, di fatto, estremamente attenuata.
Se gli interessi da perseguire non sono più quelli singolari appartenenti ad uno specifico cliente che è parte di una infinita varietà di contraenti ma, al contrario, sono quelli generali individuati dall’ordinamento, è evidente che la valutazione di adeguatezza di una polizza venga sottratta al singolo distributore per essere assolta – erga omnes ed in astratto– da parte del regolatore.
Sarà l’ordinamento che, valutato l’interesse da perseguire e calato lo stesso nelle peculiari caratteristiche della professione considerata, imporrà la conclusione di un contratto di assicurazione per la responsabilità civile e detterà le caratteristiche che lo stesso deve avere affinché possa materialmente realizzare le finalità prospettate27.
In altre parole, la valutazione di adeguatezza del prodotto verrà individuata dall’alto: sarà il legislatore a conformare il contratto di assicurazione oggettivizzando ogni valutazione ed imponendola alla massa dei professionisti.
Xxx inteso che, in tutto ciò, non vi è nulla di male né risulta rintracciabile, in astratto, alcun pericolo. Il concetto dell’autonomia privata quale dogma inattaccabile è ormai tramontato da tempo28 in favore di concezioni dell’autonomia contrattuale che, vedendo nella stessa uno strumento di realizzazione degli interessi, ammettono che il volere dei privati, in funzione di particolari esigenze ed interessi, venga eteroregolamentato29.
27 Va da sé che il rispetto di tali condizioni minime non precluda l’inclusione di ulteriori elementi contrattuali negoziati direttamente fra le parti i quali, purché compatibili con le condizioni minime, dovranno comunque essere oggetto di valutazione di adeguatezza da parte del distributore del prodotto. Una adeguatezza che, stando alle peculiarità che caratterizzano le assicurazioni obbligatorie, dovrebbe chiamare la controparte professionale a valutare l’inclusione di elementi aggiuntivi non solo in relazione alle esigenze dell’assicurato, ma anche a quelle che l’ordinamento si prefiggeva di realizzare.
28 Senza pretesa di esaustività PERLINGIERI, P.: Profili istituzionali del diritto civile, ESI, Napoli 1975, p. 70; ID.: Profili del diritto civile, ESI, Napoli 1994, p. 242; ID.: Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, ESI, Napoli, 2006, pp. 334 ss.
29 Con specifico riferimento alle limitazioni all’autonomia privata imposte nell’àmbito delle assicurazioni obbligatorie, si veda X. XXXXXXX: I contratti di assicurazione contro i danni e sulla vita, cit., pp. 209 s., il quale, evidenziando tale profilo, afferma come «siffatte limitazioni sono perfettamente
Il problema, però, è chiedersi se tale eteroregolamentazione determini, nel caso di specie, una valutazione positiva in termini di adeguatezza del prodotto assicurativo eteroconformato e di equilibrata allocazione dei diritti e dei doveri reciproci.
È chiaro che qui non si possa richiedere al legislatore –che per definizione opera attraverso disposizioni generali ed astratte– una valutazione “sartoriale” delle polizze ma, questo forse sì, che quanto meno non inciampi nella logica delle “taglie uniche”.
Non bisogna infatti dimenticare da un lato che comunque permane, seppur assumendo contorni recessivi, l’interesse ad ottenere una adeguata copertura da parte del professionista assicurato e, dall’altro, che tali polizze devono comunque essere calate all’interno del sistema e con lo stesso devono risultare compatibili.
Sotto tale profilo, il D. M. 22 settembre 2016, come a breve si vedrà, desta qualche dubbio. Non nel senso che tutto quanto in esso previsto sia carente o errato30, ma per il fatto che alcune disposizioni dallo stesso imposte possono risultare eccessive, sovrabbondanti, inadeguate e, per certi aspetti, anche invalide.
V. SPUNTI DI RIFLESSIONE IN TEMA DI ETEROCONFORMAZIONE DELLE POLIZZE ASSICURATIVE PER LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEGLI AVVOCATI.
Il profilo che si intende in questa sede trattare, pur se brevemente, è quello attinente la necessaria retroattività illimitata della polizza. L’art. 2 del D.M. 22 settembre 2016, infatti, impone che tutte le polizze professionali debbano “prevedere, anche in favore degli eredi, una retroattività illimitata”31.
Una tale previsione negoziale, come pare evidente, allontana le assicurazioni sulla responsabilità civile degli avvocati dallo schema negoziale classico previsto dall’art. 1917, comma 1 del codice civile italiano per le assicurazioni contro i danni. Il dettato codicistico, infatti, prevede che in tali tipologie di assicurazioni “l’assicuratore è
legittime, anche sotto un profilo costituzionale, poiché, se è vero che l’autonomia privata gode di tutela costituzionale all’art. 41 Cost., è altrettanto indiscutibile che questa stessa norma pone quale limite all’iniziativa economica privata, la sua compatibilità con la libertà, la sicurezza e la dignità della persona. È, quindi, evidente che la funzione sociale delle assicurazioni obbligatorie, essendo orientata a finalità di tutela tanto degli assicurati che dei danneggiati, consenta e legittimi delle restrizioni all’autonomia negoziale».
30 Positiva appare la necessità che l’assicurazione copra ogni tipo di danno sia esso patrimoniale che non patrimoniale (art. 1, comma 1 del D. M. 22 settembre 2016); che assicuri il professionista anche in caso di colpa grave (art. 1, comma 3); che preveda l’obbligo di una garanzia decennale postuma in caso di cessazione dell’attività (art. 2, comma 1); la previsione del divieto di recesso da parte delle assicurazioni in caso di sinistro o di condanna al risarcimento del danno (art. 2, comma 2); la fissazione di adeguati massimali (art. 3)
31 Cfr., preliminarmente, le considerazioni di BOSA, S.: “Il contratto di assicurazione professionale tra mercato e recenti normative”, Nuove leggi civ. comm., 2015, pp. 272 ss.
obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo”32. Stando alla lettera del codice civile, quindi, solo i danni derivanti da sinistri accaduti durante la vigenza del contratto di assicurazione possono essere oggetto di indennizzo da parte dell’assicuratore così, almeno apparentemente, escludendo che lo stesso possa essere chiamato ad indennizzare danni causalmente derivanti da sinistri accaduti precedentemente alla conclusione del contratto.
L’antecedente logico/normativo alla disposizione da ultimo menzionata viene comunemente rintracciato nell’art. 1895 del codice civile che sancisce la nullità del contratto di assicurazione “se il rischio non è mai esistito o se ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto”. Dall’interpretazione rigida delle disposizioni codicistiche sopra menzionate si ricavava, in estrema sintesi, la non assicurabilità di danni derivanti da sinistri antecedenti la conclusione del contratto in quanto, in tutte quelle circostanze, il rischio – inteso come produzione di un danno quale conseguenza di una condotta –, essendosi già realizzato prima della conclusione del contratto di assicurazione aveva cessato di essere “rischio” tramutandosi in “certezza” dell’obbligo risarcitorio.
La prassi negoziale prima 33 , e la giurisprudenza poi, hanno però fortemente innovato tali rigidi orientamenti con l’introduzione delle c.dd. clausole claims made che, per lo meno nella loro formulazione pura, garantiscono la copertura di rischi derivanti da sinistri già verificatisi prima della conclusione del contratto così introducendo una sostanziale retroattività della copertura34.
Attraverso tali clausole, infatti, saranno oggetto di indennizzo anche i danni prodotti
32 V., sul punto, le considerazioni di XXXXX XXXXXXX, G.: “La clausola «claims made». Rischio e sinistro nell’assicurazione r.c.”, Assicurazioni, 2006, p. 10.
33 V., sul punto, le ricostruzioni di CARASSALE, U.: “La clausola claims made nelle polizze di responsabilità civile professionale”, Xxxxx resp., 2006, p. 600; CESARANI, F.: “Origine e sviluppi della clausola claims made nei mercati internazionali”, Diritto ed econ. ass., 2007, pp. 799 ss.
34 Cfr., senza pretesa di esaustività, XXXXX, A.: “In tema di liceità della clausola claims made nel contratto di assicurazione della responsabilità civile”, Dir. economia ass., 2005, pp. 531 ss.; XX XXXXXXX, D.: “La vicenda delle «claims made»”, ivi, 2006, p. 531 ss.; XXXXXXXXXXXX, V.: “Clausola “claims made”, alea contrattuale e copertura assicurativa per la responsabilità civile”, Contratti, 2014, pp. 532 ss.; ID.: “Xxxxxxxx “claims made” e responsabilità dell’assicuratore: quando ricorre il carattere della vessatorietà”, Giur. it., 2012, pp. 2559 ss.; XXXXX, F. A.: “Gli incerti limiti di validità della “clausola claims made” nei contratti di assicurazione per la responsabilità civile”, Corr. mer., 2013, pp. 1164 ss.; XXXXXXX, M.: “Annullamento del contratto di assicurazione per reticenza”, Contratti, 2013, pp. 887 ss.; XXXXXXXXXX, S.: “La clausola “claims made” tra abuso del diritto e immeritevolezza”, Xxxxx e resp., 2013, pp. 701 ss.; NARDO, X. x XXXXXXX, B.: “Le clausole “claims made” di nuovo in Cassazione: atto quarto o semplice bis?”, Xxxxx e resp., 2016, pp. 187 ss.; XXXXXXXXX, L.: “Xxxxxxxx claims made e giudizio di vessatorietà”, Resp. civ. e prev., 2016, pp. 000 xx.; XX XXXX, X.: ““Act committed”, loss occurence, claims made nelle assicurazioni dei rischi professionali. Anche la Cassazione è giudice monocratico?”, Banca, borsa, titoli cred., 2015, pp. 721 ss.; XXXXX, C.: “Le claims made e le Sezioni Unite: spunti operativi tra questioni risolte e questioni aperte”, xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016, pp. 1 ss.
da condotte precedenti alla conclusione del contratto per i quali, però, la richiesta di indennizzo venga formulata nel periodo di vigenza del contratto. Tutto ciò a condizione che il fatto generatore del danno sia avvenuto entro il termine di retroattività della polizza e che il sinistro non era conosciuto né conoscibile da parte dell’assicurato al momento della conclusione del contratto.
Il profilo della validità di tali clausole è stato al centro di un fervente dibattito dottrinale e giurisprudenziale che qui sembra eccessivo riprodurre35. Basti solo far menzione, ai fini della presente trattazione, come sul punto si siano recentemente pronunciate le Sezioni Unite della Corte di cassazione36 decretando la sostanziale ammissibilità delle clausole claims made –pur se richiamando l’interprete ad un generale obbligo di valutazione caso per caso della meritevolezza delle stesse– sdoganando, così, la possibilità di garantire retroattività alla copertura assicurativa.
Tale posizione si giustifica attraverso una interpretazione, sicuramente persuasiva, secondo la quale il “rischio” che viene ad essere preso in considerazione all’interno di tali clausole non è tanto il rischio che venga posta in essere una condotta generatrice di un danno, quanto il rischio che quel danno si sia effettivamente prodotto e che venga denunciato durante l’arco di efficacia del contratto di assicurazione. Il “rischio”, cioè, non cessa per il solo fatto che la condotta dannosa si sia già esaurita ma, al contrario, persiste ove ricorrano due condizioni: da un lato che l’assicurato non sia a conoscenza del sinistro o, legittimamente, non lo percepiva come tale e, dall’altro, che il danneggiato proceda a reclamare il risarcimento per la prima volta solo dopo la conclusione del contratto di assicurazione.
VI. CONSIDERAZIONI CRITICHE SUL D. M. 22 SETTEMBRE 2016.
Date queste brevi ed approssimative premesse, va però valutato se nel panorama professionale nel quale ci troviamo ad operare, tale generica e tassativa imposizione della retroattività, vada a conformare adeguatamente i prodotti assicurativi o, detto in altre parole, se vada a creare regolamenti negoziali equilibrati37.
35 Sia concesso rinviare, per ogni opportuno riferimento a GAGGERO, P.: “Validità ed efficacia dell’assicurazione della responsabilità civile claims made”, Contr. impr., 2013, pp. 403 ss.
36 Si tratta di Xxxx., Sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140, in giustizia xxxxxx.xxx, 2016, con nota di BIZZARRI, G.: “Le Sezioni Unite sulle clausole claims made: un’indagine approfondita in tema di meritevolezza, liceità, vessatorietà e rimedi”, a cui si rinvia per una compiuta trattazione delle problematiche connesse al tema. Sul punto v., pure, XXXXXXX M., “Le polizze claims made al vaglio delle Sezioni Unite: osservazioni «a margine»”, Riv. dir. bancario, 2016, 5, pp. 1 ss.; SPADAFORA, N. e XXXXXX, D.: “Xxxxxxxx claims made e disciplina del consumo (commento a margine della sentenza Xxxx. 6 maggio 2016, n. 9140)”, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016, pp. 1 ss.
37 Pur se riflettendo in termini maggiormente generali, si preoccupa di verificare le problematiche poste da tali clausole all’interno delle assicurazioni c.dd. obbligatorie, GAZZARRA, M.: “Il difficile
Se è vero che con il D.M. 22 settembre 2016 il regolatore ha inteso intervenire, correndo ai ripari, all’interno di un sistema composto da una molteplicità di professionisti che, per lungo tempo ed in assenza di alcun obbligo assicurativo, hanno svolto la professione di avvocato, è pur vero che il Decreto in parola è destinato ad operare anche nel futuro che è fatto –e lo sarà sempre di più– da soggetti che iniziano ad esercitare la professione in costanza dell’obbligo assicurativo.
Ma se i danni assicurati sono, ai sensi dell’art. 1 del D.M. 22 settembre 2016, quelli derivanti dall’esercizio della professione appare evidente come imporre una copertura retroattiva –ed una conseguente ultrattività decennale– anche a quegli avvocati che si iscrivono all’Albo sotto la vigenza dell’obbligo assicurativo e che contestualmente, essendone obbligati, stipulano una polizza assicurativa sulla responsabilità civile professionale, sia una previsione che non realizza alcun vantaggio pratico ma che, anzi, appare foriera di trattamenti ingiustificatamente deteriori. La retroattività, come pure l’ultrattività, hanno un costo che si giustifica solo se lo stesso sia necessario al raggiungimento di finalità meritevoli38.
Appare invece evidente come, nei casi ipotizzati, la tipologia di polizza maggiormente adeguata ed equilibrata agli interessi perseguiti dal legislatore dovrebbe essere proprio quella descritta dall’art. 1917 del codice civile che, coprendo i danni derivanti da sinistri verificatisi durante il periodo di vigenza della polizza, permette all’assicurato e ai terzi di essere pienamente tutelati; scongiura l’eventualità di dover prevedere una garanzia postuma39; renderebbe più agevole
rapporto tra xxxxxxxx claims made e assicurazione obbligatoria della responsabilità professionale”,
Nuove leggi civ. comm., 2012, pp. 1213 ss.
38 Così, BOSA, S.: “Il contratto di assicurazione”, cit., pp. 275-276, dove afferma che “appare più che discutibile, ad esempio, che una copertura claims made, con clausola di retroattività, possa considerarsi «adeguata» per un giovane professionista che inizia l’attività lavorativa in concomitanza con l’entrata in vigore dell’obbligo assicurativo (visto che non vi è alcun interesse a una copertura per i rischi pregressi”.
39 Giova sul punto segnalare come la garanzia postuma decennale prevede che il professionista che riceva una domanda risarcitoria entro dieci anni dalla cessazione dell’attività dovrà essere mantenuto indenne da parte dell’assicurazione. In un àmbito caratterizzato da danni lungolatenti, però, una garanzia postuma decennale potrebbe risultare insufficiente. La regola generale in termini di prescrizione prevede, infatti, che il termine inizi a decorrere dal momento in cui il diritto (nel caso di specie l’azione per l’accertamento di una responsabilità contrattuale) possa essere fatto valere da parte del suo titolare. Questo significa che il danno subito dal cliente del professionista ormai inattivo potrebbe emergere anche molti anni dopo la cessazione dell’attività professionale ed è da quel momento, quindi, che inizierà a decorrere il termine decennale di prescrizione. Stando cosí le cose, l’eventuale richiesta risarcitoria potrà legittimamente pervenire anche dopo lo spirare della garanzia decennale postuma determinando il legittimo rifiuto dell’assicurazione di mantenere indenne il professionista. Cosí facendo, però, si rischia non solo e non tanto di vulnerare l’interesse del professionista a mantenere integro il proprio patrimonio -interesse questo che, come detto, appare recessivo all’interno di tali assicurazioni obbligatorie-, ma di porre in pericolo il diritto del danneggiato ad ottenere il ristoro del danno subito che, al contrario, è interesse centrale del legislatore.
cambiare assicuratore stimolando, così, una più forte concorrenza40 e, da ultimo, non creerebbe problemi in caso di sospensione momentanea dell’attività professionale41.
Il generico obbligo di polizza retroattiva, necessario sicuramente ove applicato a soggetti che già esercitano l’attività professionale, si rivela in tutti gli altri casi una imposizione abnorme, non giustificata e, come si vedrà a breve, che desta anche dubbi di validità.
Come ricordato al paragrafo precedente, infatti, la validità della clausole claims made viene ancorata al fatto che, in tali circostanze, il “rischio non ha cessato di esistere” ai sensi dell’art. 1895 del codice civile poiché lo stesso viene contrattualmente individuato nell’incertezza derivante dal fatto che un precedente sinistro abbia generato un danno del quale si chiede per la prima volta il risarcimento durante il periodo di efficacia della polizza.
Ma è evidente che perché questo “rischio” –per come contrattualmente delineato– materialmente “esista” è però necessario che, per lo meno astrattamente, il sinistro foriero di un danno indennizzabile ai sensi della polizza si sia potuto verificare. Se i danni indennizzabili sono però quelli derivanti dall’esercizio della professione forense e se questa professione viene ad essere intrapresa contestualmente alla stipula di un contratto di assicurazione per la responsabilità civile professionale, è evidente che non ricorra l’astratta possibilità che un sinistro foriero di un danno indennizzabile si sia verificato in passato. La retroattività, in tali circostanze, assicurerebbe un rischio che “non è mai esistito” circostanza che, sempre ai sensi dell’art. 1895 del codice civile, pone seri problemi di validità del contratto (rectius:
40 Va infatti segnalato come l’inclusione di una clausola claims made illimitatamente retroattiva all’interno di una polizza per la responsabilità professionale determina una conseguenza sostanziale di estremo rilievo che si concretizza nel fatto che, in caso di passaggio ad altre imprese di assicurazione, l’ultima di queste assumerà su di sé tutti i rischi pregressi e, in caso di cessazione di attività, anche quelli connessi al periodo decennale di ultrattività. Le imprese che in precedenza avevano assicurato il professionista, al contrario, non potranno essere chiamate ad indennizzare alcun danno fatta eccezione per quelli eventualmente già denunciati in costanza della polizza dalle stesse sottoscritta. Appare però evidente che, verosimilmente, sarà molto difficile trovare imprese di assicurazione disposte ad assumere un rischio cosí elevato dietro il pagamento di poche annualità di premio o, ove lo fossero, dovranno prevedere premi molto piú elevati rispetto a quelli normalmente praticati e, sostanzialmente, fuori mercato. In tali casi, infatti, il rischio è estremamente elevato. Ciò significa che vi sarà un limite temporale nella carriera di un professionista oltre il quale sarà del tutto antieconomico cambiare impresa di assicurazione imponendo di fatto allo stesso di permanere con la medesima impresa e limitando per tal via il gioco della concorrenza fra gli operatori di mercato.
41 Appare evidente che, nel caso in cui un avvocato sospenda momentaneamente la propria professione per dedicarsi ad attività incompatibili o per le piú disparate esigenze della vita si troverà, da un lato, a dover continuare a pagare l’assicurazione (pur non esercitando in quel periodo la professione) per scongiurare il rischio di rimanere privo di copertura nel caso in cui la domanda risarcitoria del cliente pervenga durante il periodo di sospensione dell’attività e, dall’altro, di assicurare retroattivamente anche il periodo di sospensione all’interno del quale, non avendo agito quale avvocato, non ha sicuramente generato danni coperti dalla polizza professionale.
della clausola claims made).
Oltre a tale profilo, ulteriori problematiche in punto di adeguatezza del prodotto sembrano potersi rintracciare nell’art. 5, comma 3 del D.M. 22 settembre 2016 che, chiudendo il quadro, impone l’obbligo di adeguare le polizze stipulate prima dell’entrata in vigore dello stesso D.M. alle disposizioni in esso contenute.
Tale disposizione, riferita sempre allo specifico obbligo di prevedere la retroattività della copertura, appare ingiustificata e pregiudizievole se applicata a tutti quei professionisti che, anche in assenza di un obbligo assicurativo, abbiano comunque ritenuto opportuno assicurarsi magari concludendo una polizza sulla responsabilità ai sensi dell’art. 1917 del codice civile. Ove tale rapporto assicurativo si sia mantenuto per un periodo superiore al termine decennale di prescrizione per far valere un eventuale diritto risarcitorio da parte di terzi, è evidente l’inutilità di imporre –una volta entrato in vigore il D. M. 22 settembre 2016– la conclusione di una nuova polizza assicurativa retroattiva e con garanzia postuma risultando maggiormente adeguato prevedere la prosecuzione di un rapporto negoziale basato sullo schema loss occurrence. Basti qui solo segnalare che, in tale ultima circostanza, per i danni eventualmente prodotti dall’assicurato attraverso condotte che si siano svolte in costanza della polizza loss occurence ma denunciati nel periodo di vigenza della polizza claims made che ha sostituito la prima, l’avvocato sarebbe coperto per il medesimo danno da due distinte polizze.
Nulla di invalido in questo caso dal momento che l’eventualità che uno stesso danno sia assicurato presso diversi assicuratori è fattispecie tipizzata dallo stesso codice civile all’art. 1910 42 , ma appare evidente l’inutilità pratica di imporre ad un professionista di pagarsi una doppia copertura sottoponendolo per il futuro ad un regime assicurativo che, per altro, risulta deteriore rispetto a quello fino ad allora goduto.
VII. CONCLUSIONI.
In conclusione, l’obbligo di retroattività della copertura, sicuramente adeguato se previsto come mera disposizione transitoria alla quale assegnare l’esclusiva finalità di traghettare la professione forense verso l’entrata a pieno regime dell’obbligo assicurativo, si dimostra invece del tutto inadeguato come disciplina ordinaria e non va trascurato che, come accennato, la “categoria” degli avvocati che già esercitano la professione è destinata inevitabilmente ad esaurirsi in favore della massa dei neoiscritti agli Albi che andranno ad accedere alla professione in costanza
42 L’articolo, prevede però degli specifici oneri per l’assicurato che si determini ad assicurare il medesimo danno con più assicuratori il cui mancato ottemperamento può anche determinare il legittimo rifiuto dell’assicurazione di pagare l’indennizzo.
dell’obbligo assicurativo sostituendo progressivamente i propri colleghi.
Imporre a tali soggetti una polizza retroattiva appare inadeguato e foriero anche di incertezze in grado di porre in serio rischio il sistema assicurativo. Se infatti tali clausole, dopo essere state introdotte in maniera indistinta all’interno di tutti i contratti di assicurazione dovessero essere in futuro considerate nulle si porrà il problema di verificare quale sia il modello assicurativo cui risponderanno le polizze decurtate delle clausole claims made. Stando almeno ai piú recenti arresti della giurisprudenza , nelle ipotesi in parola si dovrebbe applicare la disciplina codicistica delle assicurazioni contro i danni e quindi, per quello che qui interessa, il modello loss occurence di cui all’art. 1917 c.c. Una tale eventualità, però, appare tutt’altro che neutra per le imprese di assicurazione che fondano la propria attività proprio sulla valutazione dei rischi assicurati i quali, raggruppati omogeneamente, permettono all’impresa una valutazione statistico-attuariale degli stessi e, quindi, l’accantonamento di adeguate riserve tecniche. Appare però evidente che il rischio varia in funzione della tipologia di contratto che vincola l’assicurazione ed è evidente che una modifica giudiziaria tanto profonda della polizza inciderà in maniera sostanziale sul rischio assunto da parte dell’impresa e sull’adeguatezza della conformazione strutturale e patrimoniale che la stessa si era data. In altre parole, le imprese di assicurazione si troverebbero a scoprire di aver assicurato un rischio diverso rispetto a quello previsto dalle polizze originariamente concluse con ripercussioni sicuramente non positive in termini di stabilità del sistema che dovrebbe riorganizzarsi sulla scorta della nuova realtà imposta.
Sarebbe stato forse piú adeguato, allora, prevedere il regime di retroattività di cui all’art. 2 del D.M. 22 settembre 2016 esclusivamente per i professionisti già iscritti – magari con una retroattività che decorra dal giorno di iscrizione all’Albo– e, al contrario, prevedere per i neoiscritti l’obbligo di stipulare polizze di diritto comune secondo lo schema dell’art. 1917 c.c.
È vero che il mercato si dimostra sempre impermeabile a contratti che non rispondano alle aspettative degli operatori dello stesso e che -stando almeno alla prassi negoziale ormai consolidata la quale tende in tale settore a stipulare polizze con xxxxxxxx claims made-, il modello codicistico di cui all’art. 1917 c.c. non sembra trovare il favore degli operatori ma, allo stesso modo, non sembra una scelta opportuna quella di imporre soluzioni prive di proporzionalità ed adeguatezza le quali, peraltro, aprono la porta a problematiche destabilizzanti.
Se è vero che il contratto deve fare i conti con il mercato nel quale lo stesso deve essere calato, è pur vero che verrà un tempo nel quale il mercato dovrà necessariamente fare i conti con il diritto.
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