COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
I
(Comunicazioni)
COMMISSIONE
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
MAGGIORE COERENZA NEL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO UN PIANO D’AZIONE
(2003/C 63/01)
Sommario
La comunicazione della Commissione sul diritto contrattuale europeo del luglio 2001 ha avviato un processo di consultazione e di discussione sul modo di affrontare a livello europeo i problemi derivanti dalle divergenze tra i diritti contrattuali nazionali nell’Unione. Il presente piano d’azione mantiene il carattere consultivo di tale processo e presenta le conclusioni della Commissione. Esso conferma il risultato già acquisito durante tale processo, vale a dire che non occorre abbandonare l’attuale approccio settoriale. Esso sintetizza inoltre i problemi identificati nel corso delle consultazioni, problemi che riguardano la necessità di un’applicazione uniforme del diritto contrattuale europeo e del buon funzionamento del mercato interno.
Il presente piano d’azione suggerisce una combinazione di misure normative e non normative al fine di risolvere tali problemi. Oltre agli interventi settoriali che si renderanno opportuni, sono contemplate misure volte a:
— accrescere la coerenza dell’acquis comunitario nel campo del diritto contrattuale,
— promuovere l’elaborazione di clausole contrattuali standard applicabili nell’insieme dell’Unione, e
— esaminare ulteriormente se i problemi legati al diritto contrattuale europeo non richiedano soluzioni specifiche non settoriali, quali uno strumento opzionale.
Oltre a continuare a presentare proposte settoriali quando queste si rendano necessarie, la Commissione si adopererà per accrescere, ove necessario e possibile, la coerenza tra gli strumenti facenti parte dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale, nelle varie fasi della redazione, attuazione e applicazione. Le proposte, se del caso, terranno conto di un quadro comune di riferimento che la Commissione intende elaborare dopo aver effettuato ricerche nel merito e con l’aiuto di tutte le parti interessate. Questo quadro comune di riferimento dovrebbe fornire le soluzioni ottimali in termini di norme e terminologia comuni, vale a dire la definizione di concetti fondamentali e di termini astratti come «contratto» o «danno» o le disposizioni applicabili ad esempio in caso di inadempimento del contratto. Un riesame dell’attuale acquis europeo nel campo del diritto contrattuale potrebbe rimediare alle incoerenze identificate, accrescere la qualità redazionale, semplificare e chiarire le disposizioni esistenti, adattare la legislazione vigente agli sviluppi dell’economia e del commercio che non erano stati previsti al momento della sua adozione e colmare quelle lacune nella legislazione comunitaria che hanno dato luogo a problemi d’applicazione. Il secondo obiettivo del quadro comune di riferimento è di costituire la base per ulteriori riflessioni su uno strumento opzionale nel campo del diritto contrattuale europeo.
Per promuovere l’elaborazione, ad opera delle parti interessate, di clausole contrattuali standard applicabili in tutto il territorio dell’Unione, la Commissione intende agevolare lo scambio di informazioni sulle iniziative esistenti e future sia a livello europeo che degli Stati membri. Inoltre la Commissione intende pubblicare degli orientamenti destinati a chiarire alle parti interessate i limiti applicabili in materia.
Inoltre, la Commissione attende commenti per sapere se certi problemi richiedano l’adozione di soluzioni non settoriali, come ad esempio uno strumento opzionale nel campo del diritto contrattuale europeo. La Commissione intende avviare una riflessione sull’opportunità, l’eventuale forma giuridica, il contenuto e la base giuridica di tali possibili soluzioni.
INDICE
Pagina
1. Introduzione 4
2. Descrizione del processo in corso 4
3. Ambiti problematici identificati 5
3.1. Applicazione uniforme della normativa comunitaria 5
3.2. Implicazioni per il mercato interno 7
4. Approccio proposto: una combinazione di misure normative e NON normative 10
4.1. Migliorare la qualità dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale 10
4.2. Promuovere l’elaborazione di clausole contrattuali standard valide in tutta l’Unione 14
4.3. Ulteriori riflessioni sull’opportunità di misure non settoriali, quali l’adozione di uno strumento opzionale nel campo del diritto contrattuale europeo 15
5. Conclusioni 16
ALLEGATO 19
1. INTRODUZIONE
1. Nel luglio 2001 la Commissione ha pubblicato la sua comunicazione sul diritto contrattuale europeo (1). Si è trattato del primo documento di consultazione della Commissione europea diretto ad iniziare una discussione approfondita sulla maniera di affrontare a livello europeo i problemi derivanti dalle divergenze tra i diversi diritti contrattuali vigenti nell’Unione. Il presente piano d’azione intende dar seguito a tale comunicazione.
2. La Commissione è consapevole che il processo di consul- tazione e di discussione avviato con la comunicazione si estenderà sul lungo periodo ed intende pertanto mantene- re il suo carattere interlocutorio. Soltanto con il coinvolgi- mento costante di tutte le istituzioni comunitarie e di tutti gli interessati si può assicurare che il risultato finale di tale processo risponda alle esigenze degli operatori economici e sia accettato da tutte le parti interessate. A tal fine la Commissione ha deciso di sottoporre all’attenzione delle parti interessate il presente piano d’azione quale base per un’ulteriore consultazione.
3. In particolare, il presente piano d’azione intende sollecita- re commenti sulla proposta combinazione di misure normative e non normative destinate ad accrescere la coerenza dell’acquis comunitario nel campo del diritto contrattuale, a promuovere l’elaborazione di clausole contrattuali standard applicabili in tutta l’Unione e a verificare se misure specifiche non settoriali, come ad esempio uno strumento opzionale, si rendano necessarie per risolvere i problemi constatati nel campo del diritto contrattuale europeo. Pertanto, il piano d’azione costitui- sce un ulteriore passo nel processo ininterrotto di discus- sione sugli sviluppi nell’ambito del diritto contrattuale europeo.
2. DESCRIZIONE DEL PROCESSO IN CORSO
4. La comunicazione sul diritto contrattuale europeo ha avviato un processo di consultazione durante il quale diversi contributi sono stati trasmessi dai governi e dagli interessati (aziende, rappresentanti delle professioni legali, studiosi e organizzazioni dei consumatori, tra gli altri). Il flusso di tali contributi non si è arrestato da quando il processo è stato avviato e sinora la Commissione ha ricevuto 181 risposte alla comunicazione.
5. La comunicazione intendeva ampliare il dibattito sul diritto contrattuale europeo e consentire alla Commis- sione di raccogliere informazioni quanto alla necessità di una più ampia azione della Comunità europea nel campo del diritto contrattuale al fine di verificare se le divergenze nel diritto contrattuale tra gli Stati membri costituiscano una fonte di problemi. In particolare, la comunicazione chiedeva se il funzionamento del mercato interno possa essere ostacolato da problemi legati alla conclusione,
interpretazione e applicazione di contratti transfrontalieri. Essa intendeva anche accertare se le divergenze nel diritto contrattuale dei diversi ordinamenti giuridici nazionali scoraggino o rendano più onerose le transazioni trans- frontaliere. Inoltre, la comunicazione sollecitava com- menti sulla questione se l’attuale approccio, basato sull’ar- monizzazione settoriale del diritto contrattuale potesse determinare eventuali incoerenze a livello comunitario ovvero sollevare problemi di non uniformità nell’attuazio- ne del diritto comunitario e nell’applicazione delle misure nazionali di recepimento.
6. La Commissione desiderava inoltre ricevere l’opinione delle parti interessate sulla forma che le soluzioni debbano rivestire. Per contribuire a definire le eventuali soluzioni, la comunicazione comprendeva un elenco non esaustivo di opzioni possibili articolato in quattro punti.
7. Da nessuno dei contributi pervenuti è emerso che l’ap- proccio settoriale in quanto tale crei dei problemi o che debba essere abbandonato. Tutti gli interlocutori hanno tuttavia reagito alle diverse opzioni. Soltanto una piccola minoranza era favorevole all’opzione I che suggeriva di lasciare al mercato la soluzione dei problemi identificati. Si è registrato invece un notevole sostegno per l’opzione II, vale a dire lo sviluppo — tramite attività comuni di ricerca — di principi uniformi di diritto contrattuale europeo. Una grandissima maggioranza ha sostenuto l’opzione III, che proponeva di migliorare l’attuale norma- tiva comunitaria in materia di contrattuale. La maggioran- za si è detta, almeno in questa fase, contraria all’opzio- ne IV, che prevedeva l’elaborazione di un nuovo strumen- to di diritto contrattuale europeo. Tuttavia, un numero considerevole di interlocutori ha suggerito che quest’ulti- ma opzione potrebbe essere oggetto di ulteriore riflessio- ne alla luce degli sviluppi che si producessero nel perseguimento delle opzioni II e III.
8. La Commissione ha posto un forte accento sulla necessità di assicurare una completa trasparenza in tutte le fasi della procedura di consultazione. Con il consenso degli autori, essa ha pubblicato i contributi raccolti sul sito web della Commissione [risposte alla comunicazione della Commissione sul diritto contrattuale europeo (2)]. Internet ha servito anche quale tribuna per pubblicare un sommario in cui si analizzano le risposte ricevute [sommario delle risposte alla comunicazione sul diritto contrattuale europeo (3)]. Tale documento, di cui una versione aggiornata è allegata al presente piano d’azione, ha suscitato notevole interesse (4). L’attenzione del pubbli- co unitamente all’abbondanza di pubblicazioni accademi- che indicano che le idee espresse nella comunicazione hanno trovato terreno fertile e ciò conferisce alla Commis- sione mandato a continuare i suoi lavori in tale ambito. Il risultato di tale consultazione costituisce una base per il presente piano d’azione.
9. Il 15 novembre 2001, il Parlamento europeo ha adottato la «risoluzione sul ravvicinamento del diritto civile e commerciale degli Stati membri» (5). Rivolta alla Commis- sione, la risoluzione ha espresso la richiesta di un piano d’azione dettagliato comprendente misure a breve, medio e lungo termine secondo un calendario determinato.
10. Il 16 novembre 2001, il Consiglio ha adottato una relazione sulla necessità di ravvicinare la legislazione degli Stati membri in materia civile (6). In tale documento, il Consiglio ha in particolare ritenuto necessario chiedere alla Commissione di presentare, come seguito dell’eserci- zio di consultazione, le osservazioni e raccomandazioni appropriate, se del caso nella forma di un Libro verde o di un Libro bianco, entro la fine del 2002.
11. Nel suo parere adottato il 17 luglio 2002 (7), il Comitato economico e sociale ha ribadito la necessità di cercare le soluzioni in questo settore su scala globale. Tuttavia, nella misura in cui tali soluzioni non siano possibili, il Comitato ritiene preferibile la creazione di un diritto contrattuale europeo uniforme e generale, da adottarsi facendo ricorso, ad esempio, ad un atto regolamentare. Tale regolamenta- zione potrebbe, nel medio termine, rappresentare una cosiddetta soluzione «opt-in» (essere scelta di volta dalle parti del contratto) e, nel lungo termine, diventare uno strumento comune che si applicherebbe in assenza di una contraria manifestazione di volontà delle parti, qualora queste intendessero applicare una normativa nazionale specifica (cosiddetta soluzione «opt-out»).
12. L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in particolare attraverso l’dozione di iniziative nel campo della coopera- zione giudiziale in materia civile. Le misure proposte nel presente piano d’azione si inseriscono nel medesimo obiettivo. In particolare, esse si affiancano a quanto espresso nel Libro verde sulla trasformazione in strumen- to comunitario della convenzione di Roma del 1980 (8) applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnova- mento della medesima (9).
13. Detto Libro verde e il presente piano d’azione si integrano reciprocamente. Le norme di diritto internazionale priva- to previste nella convenzione di Roma o in un eventuale futuro strumento comunitario hanno grande importanza poiché determinano il diritto applicabile. In particolare, esse sono strettamente correlate a una delle misure proposte nel presente piano d’azione, ossia la riflessione sulla necessità e possibilità di adottare misure aventi natura non settoriale, quale ad esempio lo strumento opzionale menzionato più sopra. Infatti, qualora strumen- ti di tale natura fossero posti in essere, essi conterrebbero prevedibilmente norme di diritto sostanziale applicabili a determinati contratti. Il ruolo delle disposizioni di diritto internazionale privato rimane nondimeno cruciale nella misura in cui siano tali disposizioni a determinare l’applicazione degli strumenti in questione qualora essi siano individuati quale legge applicabile al contratto.
3. AMBITI PROBLEMATICI IDENTIFICATI
14. Molti dei contributi ricevuti come risposta alla consulta- zione avviata dalla comunicazione della Commissione sul diritto contrattuale europeo sollevano questioni concrete e pratiche. Altri osservano, in modo più generale, che le differenze tra i diritti contrattuali nazionali determinano, in effetti, problemi sia per quanto concerne l’applicazione uniforme della normativa comunitaria, sia per il buon funzionamento del mercato interno. Molti interlocutori hanno criticato le incoerenze all’interno della stessa legislazione comunitaria e alcuni di essi hanno fornito esempi concreti. Tuttavia, in nessuno dei contributi si è affermato che l’approccio settoriale in quanto tale crei dei problemi o che debba essere abbandonato.
15. Quanto segue è una breve tipologia dei problemi identifi- cati. Essa non intende dare atto di ogni singolo punto sollevato nell’insieme dei contributi (per informazioni più dettagliate si rimanda il lettore all’allegato del presente piano d’azione o ai contributi individuali), né si può presumere che le reazioni ricevute come risposta alla comunicazione della Commissione esauriscano il numero dei problemi esistenti. Tuttavia, questa breve rassegna di problemi specifici può essere utile per fornire al lettore un’idea generale delle sfide da affrontare e per stimolare il dibattito.
3.1. Applicazione uniforme della normativa comu- nitaria
16. Sono stati evocati diversi tipi di problemi. Una categoria di incoerenze intrinseche nella legislazione comunitaria in campo contrattuale si avrebbe, stando a quanto indicato, allorché situazioni simili sono trattate in modo diverso senza che vi sia una giustificazione pertinente per tale differenza di trattamento. In particolare, è stato evocato il problema delle divergenze nei requisiti e nelle conseguenze di talune direttive applicabili alla stessa realtà economica. Tra gli esempi citati figurano le diverse modalità riguardanti il diritto di recesso nelle direttive sulle vendite porta a porta (10), sulla multiproprietà (11), sulle vendite a distanza (12) e sulla vendita a distanza di servizi finanziari (13), in particolare la diversa durata e le diverse modalità di computo del termine per il recesso. Altri esempi riguardano l’incoerenza delle soluzioni adot- tate in materia di requisiti di informazione nella direttiva sul commercio elettronico (14) da un lato e nelle due direttive sulle vendite a distanza dall’altro o gli ancora diversi requisiti in materia di informazione adottati in altre direttive a tutela dei consumatori che hanno delle implicazioni in materia di diritto contrattuale.
17. Un’altra categoria di incoerenze menzionate riguarda i casi in cui in determinate circostanze sono applicabili diversi atti di diritto comunitario che producono risultati
contrastanti. Uno degli esempi menzionati riguarda la limitazione di responsabilità prevista nella direttiva sui viaggi tutto compreso (15) in relazione con la Convenzio- ne per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale (16) da un lato ed al regolamento sulla responsabilità del vettore aereo in caso d’incidenti (17) dall’altro (18). Un altro esempio riguarda il caso dell’appli- cazione simultanea della direttiva sulle vendite porta a porta e della direttiva sulla multiproprietà, come confermato dalla sentenza della Corte di giustizia europea nella causa Travel-Vac (19).
18. Un’altra critica riguarda il caso in cui due diversi approcci legislativi coesistono in un’unica direttiva. Ciò potrebbe portare ad incoerenze nello stesso sistema della direttiva. Un esempio citato riguarda il diverso approccio seguito nella direttiva sul commercio elettronico per quanto riguarda da un lato la legge applicabile ai contratti e dall’altro la legge applicabile alle attività di marketing. L’incoerenza nel sistema della direttiva potrebbe ovvia- mente ripercuotersi sugli strumenti nazionali di recepi- mento. Un altro esempio si riferisce alla coesistenza nella direttiva sugli agenti commerciali (20) del concetto di
«indennità» insieme a quello di «riparazione», che ha consentito che uno Stato membro, nel recepire tale normativa, potesse non optare per un unico concetto ma accoglierli entrambi. Stando ai contributi pervenuti, ciò porta a una mancanza di certezza giuridica nelle attività commerciali e legali. Altre critiche avanzate da molti interlocutori sono state formulate riguardo all’uso nelle direttive di termini giuridici astratti, di volta in volta termini fondamentali come «contratto», «danno» o termini più specifici come «equa retribuzione», «uso fraudolento» o «supporto duraturo».
19. Parte di questo problema più generale è che tali termini spesso non sono definiti o sono definiti in maniera assai generale (21). Quest’assenza di definizioni comuni o l’esistenza di definizioni estremamente ampie nelle diretti- ve lascia una grandissima discrezione ai legislatori nazio- nali al momento del recepimento delle disposizioni comunitarie nell’ordinamento nazionale. Anche qualora le diverse norme nazionali di recepimento fossero nono- stante ciò conformi alla direttiva recepita, delle incoerenze potrebbero avere luogo al momento della loro applicazio- ne a casi simili.
20. In altri casi, taluni termini astratti sono definiti in certe direttive ma non in altre. Ad esempio, il termine «danno» è definito nella direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi (22) ai fini della stessa direttiva, ma non è definito né nella direttiva sugli agenti commerciali né in quella sui viaggi tutto compreso. Il termine «supporto duraturo» è definito nella direttiva sulla vendita a distanza di servizi finanziari, ma non nella direttiva generale sulle vendite a distanza.
21. Uno dei problemi sollevati nel corso della consultazione è se in tal caso la definizione fornita in una direttiva possa anche essere usata per l’interpretazione di altre direttive,
vale a dire se il pertinente termine astratto possa essere interpretato alla luce dell’intero acquis comunitario o almeno della parte più generalmente interessata. Questo approccio metodologico è stato seguito dall’avvocato generale nella causa Xxxxxx Xxxxxxx/TUI Deutschland GmbH & Co KG (23). Tuttavia, in questo caso specifico la Corte di giustizia europea ha interpretato il termine generale «danno» soltanto alla luce della direttiva sui viaggi tutto compreso e non ha seguito il ragionamento dell’avvocato generale. È vero che tale decisione non può essere necessariamente generalizzata. Tuttavia, se l’interpretazione di un termine astratto alla luce della direttiva specifica è il principio guida, allora tale interpre- tazione può portare alla frammentazione della legislazio- ne nazionale. Ad esempio, gli Stati membri che, nei loro atti di recepimento, hanno fatto riferimento a un concetto giuridico esistente nell’ordinamento giuridico nazionale con una sua propria definizione generale, possono trovar- si a dover adattare tale definizione esistente in modo da assicurare il «recepimento» del significato specifico che tale termine astratto assume alla luce della direttiva pertinente.
22. In diversi contributi si è fatto osservare, con riguardo alla frammentazione del diritto contrattuale nazionale, come il legislatore nazionale si trovi innanzi a un dilemma: o l’attuazione di direttive aventi un campo d’applicazione limitato comporta un adattamento del sistema giuridico nazionale più ampio di quello effettivamente previsto dalla misura comunitaria in questione, oppure l’attuazio- ne è limitata al puro recepimento della direttiva in questione. In certi casi ciò può creare incoerenze nel sistema giuridico nazionale.
23. Un’altra categoria di problemi riguarda incoerenze riscon- trate nell’applicazione degli strumenti nazionali di recepi- mento in conseguenza dell’introduzione, ad opera di direttive, di concetti estranei alla legislazione nazionale esistente (24). Si è menzionato il caso di quei legislatori nazionali che, all’atto di recepire una direttiva, mantengo- no in vigore la legislazione nazionale esistente, creando così una situazione d’incertezza giuridica. Un esempio è dato dalla coesistenza nello stesso Stato membro di due leggi sulle clausole vessatorie. Alcuni legislatori hanno anche determinato una situazione d’incertezza con gli atti di recepimento di disposizioni, contenute in certe direttive, basate su concetti non familiari, come ad esempio il termine «riparazione» nella direttiva sugli agenti commerciali allorché questa è stata recepita nel diritto di uno Stato membro.
24. Il principio dell’armonizzazione minima nella legislazione a tutela dei consumatori è stato criticato poiché non realizza l’uniformità di soluzioni per situazioni analoghe richiesta dal mercato interno. Tra gli esempi menzionati vi sono le differenze, tra uno Stato membro e l’altro, nei termini per il recesso nel contesto delle direttive sulle vendite porta a porta, sulla multiproprietà e sulle vendite a distanza, nelle soglie finanziarie delle leggi di recepimento della direttiva sulle vendite porta a porta o nei concetti
utilizzati in occasione del recepimento dell’allegato alla direttiva sulle clausole abusive (25). Si è così criticata la circostanza che quest’ultimo sia recepito talvolta quale
«lista nera», vincolante, di clausole vessatorie e talvolta invece quale «lista grigia», a carattere indicativo (26).
3.2. Implicazioni per il mercato interno
25. Le barriere descritte nel presente capitolo concernono ostacoli e disincentivi alle transazioni transfrontaliere derivanti direttamente o indirettamente dal divergere dei diritti contrattuali nazionali o dalla complessità giuridica di tali divergenze, suscettibili di proibire, ostacolare o rendere altrimenti meno vantaggiose tali transazioni.
26. Prima di affrontare i problemi specifici per il funziona- mento del mercato interno, è importante menzionare la distinzione generale tra i problemi derivanti da norme imperative e quelli derivanti da norme dispositive. Alcuni degli interlocutori ribadiscono che i problemi principali nell’ambito del diritto contrattuale derivano dalle disposi- zioni che restringono la libertà contrattuale.
27. Si è già indicato (27) che un gran numero di problemi legati ai contratti transfrontalieri potrebbe essere evitato, almeno per una delle parti del contratto, con la scelta della legge applicabile adeguata. In alternativa le parti potrebbero anche negoziare contratti complessi che coprano tutte le potenziali questioni giuridiche. Si è tuttavia fatto notare che tale approccio si rivela del tutto inutile per quanto concerne le norme imperative dell’ordinamento che non è stato individuato dalle parti come legge applicabile, ma le cui norme si applicano ciononostante. In effetti, un gran numero di contributi pervenuti nella fase di consultazione indica nella divergen- za delle disposizioni imperative del diritto contrattuale nazionale un problema particolare, accentuato dall’espan- sione del commercio elettronico.
28. Tuttavia, diversi interlocutori hanno ribadito che, soprat- tutto per quanto concerne le industrie orientate all’espor- tazione, la scelta della legge applicabile non è sempre realistica o desiderabile da un punto di vista commerciale.
29. In primo luogo, ciò non aiuta la parte contraente che non possiede sufficiente potere di contrattazione economica per imporre nella fase di negoziazione la sua scelta del diritto applicabile. Si è anche indicato che l’acquisizione di una consulenza riguardo ad una legge applicabile che non si conosce comporta costi legali notevoli oltre a rischi commerciali per questa parte firmataria del contratto (28) senza conferirle necessariamente la soluzio- ne economicamente più vantaggiosa.
30. Ciò vale in particolare per le PMI poiché i costi di assistenza legale sono per esse proporzionalmente più elevati. Ne consegue che le PMI verrebbero del tutto scoraggiate da attività transfrontaliere o si troverebbero in un chiaro svantaggio competitivo rispetto agli operatori locali (29).
31. In secondo luogo, nella consultazione si è ribadito che tale situazione ha un carattere ancor più dissuasivo per i consumatori. Il loro diritto nazionale non è, nella maggior parte dei casi, il diritto che si applica al contratto. Ciò può dipendere dal fatto che il diritto dell’operatore economico è scelto quale diritto applicabile in virtù di clausole contrattuali standard predisposte dall’operatore stesso o perché esso è obiettivamente determinato quale diritto applicabile ai sensi dell’articolo 4 della convenzio- ne di Roma. L’articolo 5 della convenzione di Roma non aiuta significativamente il consumatore poiché non si applica nel caso del cosiddetto consumatore «attivo» che intenda avvantaggiarsi delle opportunità offerte dal mercato interno. Considerata l’ignoranza che i consuma- tori in generale hanno del diritto straniero essi si troveran- no ad avere un grande bisogno di consulenza legale prima di concludere un contratto transfrontaliero.
32. Inoltre, la distinzione tra disposizioni imperative e non, anche se teoricamente chiara, si rivela nella pratica più difficile da individuare. Molti contratti nella pratica non contengono clausole che siano state specificatamente negoziate per risolvere tal o talaltro problema e che abbiano per effetto di escludere l’applicazione delle norme dispositive di contenuto contrario. In altri casi, il contratto neppure indica la legge applicabile. L’esistenza di queste lacune non è dovuta al fatto che le parti contrattuali non siano consapevoli del problema in questione né all’assenza di interesse da parte loro a scegliere il proprio diritto nazionale quale legge applicabile al contratto. Ciò è piuttosto il risultato di una scelta ponderata, tra la chiarezza risultante dalla negoziazione di nuove clausole a copertura di tali lacune, da un lato, e i costi di transazione legati a tale negoziazione, dall’altro. In certi casi, le parti del contratto possono ragionevolmente decidere che lo sforzo di negoziazione non vale semplice- mente il vantaggio economico o il rischio commerciale di perdere il cliente e sperano che il problema paventato non si manifesti. Accade così che le norme dispositive del diritto applicabile sono diventate di fatto «imperative».
33. Nella consultazione si è indicato che ciò vale, in particola- re, per norme giuridiche generali e a carattere molto fondamentale attinenti ad esempio alla conclusione di un contratto, all’accertamento della sua validità ed alla nozione e conseguenze dell’inadempimento o dell’adem- pimento parziale o incorretto degli obblighi contrattuali.
34. Ciò rimanda immediatamente alla prima categoria dei problemi specifici menzionati nella consultazione. In
molti contributi si è criticata la divergenza delle regole sulle questioni fondamentali del diritto contrattuale, divergenza che crea problemi e occasiona costi di transa- zione maggiorati. Gli esempi riguardano le differenze esistenti in materia di rappresentanza delle società e imprese straniere e le conseguenze che ciò ha per la validità/il riconoscimento dei documenti. Secondo i contributi ricevuti, l’unico modo per ottenere la certezza del diritto è di avvalersi di una consulenza giuridica in loco che consenta di verificare, ad esempio, la validità di un documento o i poteri del rappresentante , il che appare una soluzione complessa e poco pratica per delle attività di espletamento quotidiano.
35. Altri esempi riguardano le divergenze nei requisiti per la formazione dei contratti, che finiscono per creare ostacoli. Si pensi in particolare ai requisiti di forma, quale il requisito che certi contratti siano conclusi innanzi a un notaio o la necessità di autenticazione dei documenti, obbligatoria per certi contratti e che richiede costi elevati alle imprese e ai consumatori. O ancora il requisito che certi contratti siano redatti per iscritto o in una certa lingua (30).
36. Un’altra categoria di problemi menzionati da molti interlocutori riguarda la divergenza delle norme sull’effi- cacia delle condizioni generali di contratto. Se in certi ordinamenti è sufficiente un rinvio a tali condizioni generali, in altri queste devono essere allegate al contratto o firmate separatamente. In certi Stati membri come l’Italia (articolo 1341 del codice civile), certe clausole devono essere specificamente approvate per iscritto per essere efficaci. Tali norme possono applicarsi indipenden- temente dalla scelta del diritto effettuata dalle parti contraenti.
37. Tra gli Stati membri vi sono notevoli differenze nella concezione di quali clausole contrattuali sono ritenute inammissibili (e quindi non valide) dai tribunali. In certi Stati membri come la Germania o nei paesi nordici i tribunali esercitano uno stretto controllo sull’equità delle clausole contrattuali anche nei contratti tra imprese. Altri Stati membri prevedono una forma limitata di controllo, esercitata al momento dell’interpretazione delle clausole, o consentono soltanto di considerare determinate clauso- le come non efficaci se incluse in un contratto commer- ciale.
38. Ciò determina uno stato d’incertezza per le aziende che fanno ricorso a clausole contrattuali standard ed ostacola l’uso di contratti tipo predisposti allo scopo di facilitare le transazioni transfrontaliere e per poter essere usati nell’ambito di qualsiasi sistema giuridico. In realtà è necessario usare diversi contratti standard in diversi Stati membri, il che rende impossibile usare lo stesso modello predisposto da un’azienda per l’intero mercato europeo.
39. Ciò porta a un’altra categoria di problemi menzionati di frequente e riguardante la divergenza delle disposizioni
nazionali applicabili alle clausole che escludono o limita- no la responsabilità contrattuale in determinati contratti o alle clausole contrattuali standard e al loro riconosci- mento da parte dei tribunali in un altro Stato membro. Tra gli esempi menzionati vi è la piena responsabilità del fornitore per i vizi occulti stabilita dalla giurisprudenza francese e l’impossibilità giuridica, secondo la legislazione ceca, di limitare la responsabilità contrattuale per danni futuri. In tale contesto, gli interlocutori menzionano anche diverse regole nazionali imperative relative ai termini di prescrizione. Le industrie orientate all’esporta- zione indicano che la risultante responsabilità illimitata per i fornitori potrebbe determinare rischi commerciali estremamente elevati che scoraggiano o ostacolano la conclusione di transazioni transfrontaliere.
40. In materia di responsabilità contrattuale, gli interlocutori hanno ribadito anche che l’ignoranza di determinati requisiti specifici imposti dal diritto contrattuale applica- bile determina spesso costi non previsti. Tra gli esempi citati vi è l’obbligo di pronta notifica, pena la decadenza dal diritto alla riparazione, in caso di consegna di merci difettose in virtù del codice commerciale tedesco (§ 377), e il «bref délai» previsto dall’articolo 1648 del codice civile francese.
41. Diversi contributi segnalano problemi per quanto concer- ne la relazione tra le diverse norme nazionali in materia di diritto contrattuale da un lato e le disposizioni in materia di trasferimento della proprietà e di garanzie reali in caso di trasferimento di beni mobili dall’altro (31). Le norme nazionali sulla traslazione della proprietà differiscono ed è quindi diverso il momento del passaggio della proprietà. Inoltre, ciò può dipendere anche dalla natura del contratto, anch’essa diversa nei diversi ordina- menti giuridici. Non bisogna dimenticare che la possibilità di scegliere contrattualmente la legge applicabile riguarda soltanto le regole contrattuali e non le regole applicabili ai diritti in rem, vale a dire il passaggio di proprietà, per i quali il diritto applicabile è la lex rei sitae. Molte aziende non sono consapevoli di tale limitazione. Si è segnalato che il diritto comunitario (32) ha risolto parzialmente il problema stabilendo la validità delle clausole di riserva di proprietà, ma non va aldilà di ciò.
42. La riserva di proprietà è disciplinata in modo diverso da un ordinamento all’altro e l’efficacia delle pertinenti clausole contrattuali varia di conseguenza. Ciò vale ancor di più per le eventuali estensioni della riserva laddove la riserva di proprietà copra anche, ad esempio, un credito sul prezzo ricavato dalla rivendita dei beni oggetto della riserva ad opera dell’acquirente (33) o sul prodotto della vendita dei beni (34). Queste estensioni possono anche coprire diritti futuri e talvolta non solo il prezzo d’acqui- sto dei beni specifici oggetto del contratto di compraven- dita, bensì l’insieme delle obbligazioni dell’acquirente (35).
43. La divergenza delle norme comporta spesso che, in caso di vendita di beni con riserva di proprietà, la «garanzia» prevista nel contratto scompare al momento in cui il bene in questione è trasferito oltre frontiera. Si osserva in generale che le divergenze delle norme sulle garanzie creano un gran rischio per gli operatori sul mercato. Sul lato dell’offerta ne consegue che il venditore è costretto a cercare altre forme di garanzia che sono, come nel caso delle garanzie bancarie, sostanzialmente più costose e, realisticamente parlando, pressoché impossibili da ottene- re per le PMI. Il risultato sul lato della domanda è che il credito commerciale fornito dal venditore all’acquirente avrà un prezzo più elevato poiché il rischio del venditore viene aumentato o ridotto in misura considerevole a seconda della disponibilità di una garanzia reale e della sua efficacia giuridica. A tale rischio si può ovviare soltanto in parte facendo ricorso a costosi pareri legali.
44. Problemi analoghi sono stati menzionati nel settore dei servizi finanziari riguardo alla concessione di un credito transfrontaliero, il che è soltanto possibile se vengono assicurate le corrispondenti garanzie. Si è detto che l’analisi della validità del trasferimento transfrontaliero delle garanzie impone il ricorso a un’esperienza legale specialistica estremamente costosa, il che scoraggia o ostacola tali transazioni transfrontaliere. Inoltre, si è menzionato che tale analisi richiede anche tempo, il che, nel caso delle transazioni transfrontaliere volte a fornire finanziamenti di ricapitalizzazione per evitare casi d’insol- venza può essere un fattore critico che manda a monte l’intera operazione.
45. Soprattutto, certi strumenti di garanzia per i beni mobili sono semplicemente ignoti in altri Stati membri e vengo- no completamente meno se i beni sotto garanzia sono trasferiti oltre frontiera. Un esempio menzionato riguarda un trasferimento di beni mobili dalla Germania all’Austria effettuato in virtù della cosiddetta «Sicherungsübereig- nung». Queste differenze si ripercuotono anche negativa- mente sulla possibilità di sottoscrivere contratti di leasing transfrontalieri.
46. Xxx contributi emergono anche differenze nel diritto contrattuale nazionale per quanto concerne le cessioni di crediti. Tra i problemi è stata menzionata la differenza nelle norme sul factoring poiché la cessione di crediti è uno strumento importante per il finanziamento delle transazioni di esportazione. In particolare, alcuni Stati membri limitano le possibilità di cessione di crediti futuri o di cessione dell’insieme dei crediti, mentre altri assumono nella questione una posizione più liberale. Ne consegue che il settore del factoring trova gravi ostacoli in alcuni Stati membri, ma è favorito dalla legislazione di altri, il che potrebbe determinare distorsioni della concorrenza. Differenze analoghe esistono per quanto concerne la validità delle clausole contenute nei contratti di compravendita o di servizi che proibiscono la cessione di diritti derivanti da tali contratti. Dai contributi emerge
che le società di factoring per offrire i loro servizi al di fuori dello Stato membro di insediamento non possono usare lo stesso contratto tipo sull’intero territorio del- l’unione. O, quantomeno, non senza avere prima effettua- to un’analisi molto attenta delle diverse legislazioni nazionali.
47. Nel settore dei servizi finanziari i contributi hanno indicato che le aziende non sono in grado di offrire o sono scoraggiate dall’offrire servizi finanziari transfrontalieri perché i prodotti sono designati conformemente ai dettami della legislazione vigente in loco o perché l’imposizione di diversi requisiti nell’ambito di altri ordi- namenti giuridici darebbe adito a costi eccessivi o a un’incertezza giuridica inaccettabile. Se nonostante ciò le aziende decidessero di vendere oltre frontiera, si troverebbero ad affrontare notevoli svantaggi competitivi rispetto ai fornitori locali di servizi. La scelta della legge applicabile nelle transazioni tra aziende allevia soltanto in parte il problema.
48. Gli stessi problemi si verificano in particolare con i contratti di assicurazione. Dai contributi emerge che la diversità delle normative nazionali che disciplinano i contratti di assicurazione vita, di assicurazione non vita per rischi di massa e di assicurazione obbligatoria ostacola lo sviluppo delle transazioni assicurative transfrontaliere. L’attrattiva di certi tipi di contratto a livello nazionale può scomparire in situazioni transfrontaliere in cui essi si trovano a dover ottemperare a diversi requisiti normativi. La scelta delle clausole in materia di diritto applicabile può alleviare il problema nel settore non vita dei grandi rischi, ma tali clausole non sono ammissibili in altri casi. La formulazione di una polizza unica che potrebbe essere commercializzata alle stesse condizioni in diversi mercati europei si è rivelata impossibile nella pratica.
49. Nel settore del trasporto di cabotaggio, vale a dire i servizi di trasporto su strada effettuati in uno Stato membro da un vettore avente sede in un altro Stato membro, si è fatto presente che certi Stati membri ospitanti (36) escludono la scelta del diritto applicabile e insistono sull’applicazione delle loro disposizioni nazionali. Ne consegue che la conseguente divergenza di regimi di responsabilità deter- mina non solo costi assicurativi più elevati, che aumenta- no in generale il costo del trasporto di cabotaggio, ma può anche portare a distorsioni della concorrenza.
50. Riguardo alle norme a protezione dei consumatori, molte aziende lamentano la grande diversità dei regimi nazionali che crea ostacoli per le transazioni transfrontaliere. Ciò è dovuto essenzialmente al fatto che le direttive comunitarie in materia sono basate sul principio dell’armonizzazione minima in modo da consentire agli Stati membri di mantenere regole più favorevoli ai consumatori di quelle
previste nel diritto comunitario. Se è vero che la normati- va comunitaria ha portato a un certo grado di convergen- za, è ancora difficile per le imprese sviluppare strategie di distribuzione applicabili sull’intero mercato interno perché le regole adottate dagli Stati membri aldilà di quanto richiesto dall’armonizzazione minima prescritta sono necessariamente divergenti. Oltre a ciò, norme a tutela dei consumatori, anche se vanno al di là del livello minimo di armonizzazione, hanno spesso natura di norme imperative e in certi casi si estendono anche alle relazioni tra imprese.
51. I problemi summenzionati sono stati identificati dagli attori e dalle parti interessati che hanno partecipato alla consultazione facente seguito alla comunicazione sul diritto contrattuale europeo. Nella sezione che segue la Commissione formula delle proposte per il perseguimen- to di una combinazione di misure normative e non normative al fine di affrontare alcuni di tali problemi. Tali suggerimenti vanno visti alla luce del numero limitato di contributi ricevuti durante la consultazione.
4. APPROCCIO PROPOSTO: UNA COMBINAZIONE DI MISURE NORMATIVE E NON NORMATIVE
52. E possibile che in certi casi il trattato CE già preveda lo strumento giuridico appropriato per risolvere i problemi identificati, anche se il presente piano d’azione non si pronuncia sulla compatibilità degli ostacoli identificati con il diritto comunitario. In altri casi, soluzioni diverse, normative e non, devono essere ricercate. Come la Commissione ha rammentato nel suo recente piano d’azione «Semplificare e migliorare l’ambiente normativo» vi sono, oltre agli strumenti normativi (regolamenti, direttive, raccomandazioni) altri strumenti disponibili che, in circostanze specifiche, possono essere utilizzati per raggiungere gli obiettivi del trattato semplificando nel contempo l’attività normativa e la legislazione stessa (coregolamentazione, autoregolamentazione, accordi set- toriali volontari, metodo di coordinamento aperto, inter- venti finanziari, campagne di informazione) (37). La Com- missione è consapevole che questa combinazione di misure normative e non normative non risolverà tutti i problemi descritti. Tuttavia, essa fornirà una soluzione ad un certo numero di questi.
53. Le soluzioni suggerite non possono essere attuate tutte in un medesimo arco temporale. In diversi settori sono già state — o lo saranno tra poco — intraprese iniziative volte ad aggiornare le direttive esistenti o a proporne di nuove. Misure dirette a promuovere clausole contrattuali
standard possono essere avviate entro un anno. La creazione di un quadro comune di riferimento è un passo intermedio verso il miglioramento della qualità dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale. Essa richie- derà attività di ricerca nonché ampi contributi da tutte le parti interessate. La ricerca verrà condotta nel contesto del sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnolo- gico e dipenderà quindi dal calendario dei relativi inviti a presentare proposte. In ogni caso i risultati della ricerca dovrebbero essere disponibili entro tre anni dal suo avvio.
54. Il miglioramento dell’acquis attuale e futuro costituisce un’azione chiave. La Commissione continuerà i suoi sforzi per migliorare l’acquis esistente (38) e si attende che il quadro comune di riferimento, allorché sarà disponibile e nella misura in cui sarà pertinente, sarà utile a tal fine. La riflessione su uno strumento opzionale inizierà con il presente piano d’azione e verrà condotta parallelamente all’intero processo. I risultati dell’esame effettuato ad opera della Commissione potranno essere disponibili soltanto dopo il completamento del quadro comune di riferimento.
4.1. Migliorare la qualità dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale
55. Come indicato sopra, una delle conclusioni tratte dalla consultazione è che l’Unione europea può continuare ad utilizzare l’approccio settoriale. Tuttavia, le consultazioni hanno anche ribadito la necessità di accrescere la coerenza dell’acquis esistente in materia di diritto contrattuale e di evitare inutili incoerenze nell’acquis futuro. Questo è il motivo per cui la Commissione intende prendere una serie di misure volte ad accrescere la coerenza dell’acquis della CE nel campo del diritto contrattuale, in particolare migliorando la qualità della legislazione.
56. L’obiettivo è di raggiungere un acquis nel campo del diritto contrattuale europeo che presenti un grado elevato di coerenza sul piano della redazione, del recepimento e dell’applicazione. Ovviamente, se le differenze tra le disposizioni contenute nelle direttive sono giustificate dalle differenze tra i vari problemi che tali direttive sono dirette a risolvere, non è necessario un intervento. Le differenze in materia di termini e di concetti che non possono essere ricondotte a differenze nelle problemati- che affrontate dovrebbero essere eliminate.
57. Un acquis comunitario di migliore qualità dovrebbe assicurare l’applicazione uniforme della normativa comu- nitaria nonché facilitare il buon funzionamento delle transazioni transfrontaliere e, con ciò, il completamento del mercato interno. Ad esempio, si dovrebbe evitare che situazioni analoghe siano trattate in modo diverso senza che vi sia una giustificazione adeguata per tale diversità di trattamento. Si dovrebbero anche evitare risultati conflittuali e definire i termini giuridici astratti in modo coerente consentendo l’uso dello stesso termine astratto con lo stesso significato ai fini di diverse direttive. In tal modo si porrebbe indirettamente rimedio alla frammenta- zione dei diritti contrattuali nazionali e si promuoverebbe una loro applicazione coerente. Un simile acquis rispon- derebbe alle esigenze di un’applicazione uniforme della normativa comunitaria come affermato dalla Corte di giustizia europea (39).
58. La Commissione si adopererà, nei limiti del possibile, per assicurare un elevato grado di coerenza in materia di diritto contrattuale. Quando sarà disponibile il quadro comune di riferimento la Commissione, ove possibile e adeguato, ne farà uso e inserirà disposizioni corrispon- denti nelle sue proposte legislative.
4.1.1. Un quadro comune di riferimento
59. Un quadro comune di riferimento che stabilisca principi e una terminologia comuni nel campo del diritto contrat- tuale europeo è ritenuto dalla Commissione un passo importante per il miglioramento dell’acquis nel campo del diritto contrattuale. Questo quadro comune di riferi- mento sarà un documento pubblicamente accessibile che dovrebbe aiutare le istituzioni comunitarie ad assicurare una maggiore coerenza dell’acquis attuale e futuro in materia di diritto contrattuale europeo. Esso dovrebbe venire incontro ai bisogni e alle aspettative degli operatori economici in un mercato interno che intende diventare l’economia più dinamica al mondo (40).
60. Se il quadro comune di riferimento sarà ampiamente accettato nel campo del diritto contrattuale europeo come modello meglio rispondente ai bisogni degli operatori economici, esso potrà essere anche utilizzato come riferimento dai legislatori nazionali nell’Unione e, even- tualmente, in quei paesi terzi che ritengano di fare altrettanto in occasione dell’adozione di nuove norme in materia di diritto contrattuale o della modifica di norme esistenti. In tal modo il quadro di riferimento dovrebbe ridurre le divergenze tra i diritti contrattuali nell’Unione.
61. Le seguenti considerazioni intendono fornire un’indica- zione degli obiettivi del quadro comune di riferimento, delle materie che esso dovrebbe comprendere e degli aspetti organizzativi.
62. a) Come indicato sopra, gli obiettivi del quadro comune di riferimento sono triplici. In primo luogo, la Com- missione potrebbe servirsene in occasione della revi- sione dell’acquis esistente o della proposta di nuove misure. Esso dovrebbe mettere a disposizione le soluzioni ottimali in termini di regole e terminologia comuni, vale a dire la definizione dei concetti fonda- mentali e dei termini astratti quali «contratto» o
«danno» e delle regole che si applicano, ad esempio, in
caso d’inadempimento del contratto. In tale contesto la libertà contrattuale dovrebbe essere il principio ispiratore: se ne dovrebbero contemplare limitazioni soltanto in casi debitamente giustificati. L’obiettivo è di ottenere, nella misura del possibile, un acquis coerente nel campo del diritto contrattuale europeo basato su regole di base e su una terminologia comuni. Inoltre, il quadro comune di riferimento potrebbe diventare uno strumento per raggiungere un più alto grado di convergenza tra i diritti contrattuali degli Stati membri dell’Unione e, eventualmente, di determinati paesi terzi. In terzo luogo, la Commissione fonderà su tale quadro comune di riferimento le sue riflessioni sulla necessità o meno di misure non settoriali, quali l’adozione di uno strumento opzionale, per risolvere i problemi rilevati nell’ambito del diritto contrattuale europeo.
63. b) Per assicurare che il quadro comune di riferimento soddisfi le esigenze degli operatori economici e offra un modello valido per iniziative normative in materia di diritto contrattuale, la Commissione intende finan- ziare un’ampia ricerca. Le tematiche che le attività di ricerca dovranno coprire e i loro contenuti derivano dagli obiettivi suesposti. Le attività di ricerca dovrebbe- ro concentrarsi sulle tematiche oggetto del presente piano d’azione nonché della comunicazione sul diritto contrattuale europeo (41).
Anche se i dettagli del quadro comune di riferimento verranno decisi sulla base delle attività di ricerca e degli input provenienti dagli operatori economici, esso conterrà probabilmente i seguenti elementi:
— Xxxx dovrebbe trattare essenzialmente il diritto contrattuale, soprattutto quelle figure suscetti- bili di avere rilevanza transfrontaliera, come la compravendita e i contratti di prestazione di servizi.
— Dovrebbero essere trattate le regole generali sulla conclusione, validità e interpretazione dei contratti, quelle in materia di adempimento, inadempimento e le disposizioni disciplinano i rimedi, come anche le regole sulle garanzie del credito concernenti i beni mobili e la normativa
sull’arricchimento senza causa.
Si dovrebbero considerare principalmente alcune fonti essenziali:
— Ci si dovrebbe avvalere degli ordinamenti giuri- dici nazionali vigenti al fine di trovare eventuali denominatori comuni, sviluppare principi comuni e, se del caso, identificare le soluzioni ottimali (best practices).
— È particolarmente importante tener conto della giurisprudenza dei tribunali nazionali, soprat- tutto di quelli di più alto grado, e delle prassi contrattuali consolidate.
— L’acquis comunitario esistente e i pertinenti strumenti internazionali vincolanti, soprattutto la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di merci (42) andrebbe- ro opportunamente analizzati.
ventare la ruota» in termini di attività di ricerca. Al contrario, è notevole il fatto che mai in precedenza nel campo del diritto contrattuale europeo si sia registrato un tale fermento di attività di ricerca. È essenziale che queste attività di ricerca vengano portate avanti e valorizzate appieno. Per tale motivo, l’obiettivo princi- pale è di combinare e coordinare la ricerca in corso per collocarla in un ampio quadro comune sulla base di diversi orientamenti generali.
67. Solo nei casi in cui le ricerche in corso non coprano tutte le aree concettuali identificate dal presente piano d’azione, sarebbe auspicabile avviare nuove attività di ricerca per colmare tali lacune. Inoltre, l’identificazione di tali aree non deve impedire che i progetti di ricerca in corso vadano aldilà, poiché possono essere necessari collegamenti con altre aree di ricerca, come ad esempio il diritto della proprietà e la disciplina della responsabi- lità civile.
64. Non rientra tra i compiti del presente piano d’azione elaborare i principi o la terminologia che costituiranno i contenuti del quadro comune di riferimento. In ogni caso gli obiettivi del quadro comune di riferimento ne determinano il contenuto. Il primo obiettivo è di consentire il miglioramento e la semplificazione del- l’attuale acquis e di assicurare la coerenza dell’acquis futuro. Ciò significa che il quadro comune di riferimen- to dovrebbe prevedere soluzioni comuni laddove si identifichino problemi con l’acquis. Si tratterebbe ad esempio di problemi di coerenza o dell’uso nella normativa comunitaria di termini astratti non accom- pagnati da una definizione corrispondente, che rinvii- no ad un concetto giuridico per il quale vi sono regole diverse in ciascun ordinamento giuridico nazionale. Inoltre, esso dovrebbe consentire l’identificazione di una terminologia comune per determinati concetti fondamentali e delle migliori soluzioni per i problemi tipici che si pongono al momento dell’adozione di nuove disposizioni. Inoltre, il quadro comune di riferimento dovrebbe costituire anche la base per ulteriori riflessioni su uno strumento opzionale nel campo del diritto contrattuale europeo. In tale conte- sto esso potrebbe costituire un tentativo per formulare principi e regole pertinenti.
65. Le attività di ricerca dovrebbero fornire una valutazio- ne delle implicazioni economiche dei risultati per gli operatori economici, vale a dire l’industria, il settore della vendita al dettaglio, le professioni giuridiche e i consumatori. La Commissione intende in ogni caso procedere a un’ampia consultazione con gli attori e le altre parti interessate sul progetto di quadro comune di riferimento per assicurare che esso risponda alle esigenze degli operatori economici.
66. c) Per quanto concerne gli aspetti organizzativi, è oppor- tuno ribadire che la Commissione non intende «rein-
68. Le attività di ricerca negli ambiti summenzionati potrebbero essere supportate dal sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico (43). Nel suo programma «Concentrare ed integrare la ricerca della comunità», la priorità 1.1.7 «Cittadini e governance in una società della conoscenza» presenta il contesto analitico e concettuale per tale impresa. Si prevede che le attività di ricerca nel campo del diritto contrattuale europeo saranno oggetto dei primi inviti a presentare proposte da pubblicarsi nell’ambito di tale priorità. Considerata la natura delle questioni in gioco, per l’attuazione si potrebbe far uso dei nuovi strumenti previsti nel sesto programma quadro per maggiormen- te strutturare e integrare gli sforzi di ricerca in tale ambito.
4.1.2. Elevata qualità e coerenza dell’acquis comunitario nel campo del diritto contrattuale
69. Come è affermato nel piano d’azione per il miglioramento della regolamentazione (44) la Commissione ritiene essen- ziale mantenere standard elevati per quanto concerne la qualità e la coerenza nell’intero processo legislativo.
70. Tale misura rientra perciò nella strategia complessiva delle istituzioni dell’Unione volta a semplificare il processo normativo e ad accrescere la qualità della legislazione comunitaria. Il Consiglio europeo di Lisbona ha conferito alla Commissione mandato (45), confermato ai vertici di Stoccolma, Laeken e Barcellona (46), di presentare una strategia coordinata per un’ulteriore azione volta a sempli- ficare il contesto normativo. A partire dal 2001 la
Commissione è stata impegnata in un ampio processo di consultazione con le altre istituzioni e con gli Stati membri, con cui condivide le responsabilità della qualità della legislazione comunitaria, ed è stato avviato un importante dibattito volto a migliorare la qualità, l’effica- cia e la semplicità degli strumenti normativi e ad assicura- re una migliore consultazione e partecipazione della società civile nel processo decisionale dell’Unione.
71. In tale contesto, il Libro bianco sulla governance, adottato nel luglio 2001 (47), assieme al piano d’azione per il miglioramento della regolamentazione, rappresenta un’espressione dinamica della volontà politica di riforma- re il contesto normativo. Il Libro bianco sulla governance ribadisce la necessità che l’Unione europea si adoperi costantemente per «migliorare la qualità, l’efficacia e la semplicità degli atti normativi» (48). Il piano d’azione per il miglioramento della regolamentazione intende tra l’altro migliorare la qualità delle proposte legislative. Esso menziona che «la semplificazione e il miglioramento del quadro normativo mirano a garantire ... che la legislazione comunitaria sia più adattata ai problemi esistenti, alla sfida dell’allargamento e alle condizioni tecniche e locali. Semplificandone la redazione, la legislazione comunitaria dovrebbe essere più facile da applicare da parte degli Stati membri, degli operatori interessati oltre ad essere più leggibile e accessibile per tutti. L’obiettivo finale è di mantenere una grande sicurezza del diritto sul territorio di un’Unione di imminente allargamento, consentire un maggiore dinamismo degli operatori economici e sociali e contribuire così a rafforzare la credibilità dell’azione della Comunità tra i suoi cittadini» (49).
72. Nella sua comunicazione sul diritto contrattuale europeo la Commissione già indicava che «migliorare la qualità della legislazione in vigore richiede anzitutto una moder- nizzazione degli strumenti esistenti. La Commissione intende prendere le mosse dalle azioni già intraprese in materia di consolidamento, codificazione e rifusione degli strumenti esistenti in un’ottica di trasparenza e di chiarezza. Anche la qualità della stesura potrebbe essere rivista: la presentazione e la terminologia potrebbero essere rese più coerenti. Oltre alle modifiche da apportare alla presentazione dei testi giuridici, occorre intervenire in modo sistematico anche per rendere più semplice e chiaro il contenuto della legislazione in vigore. Infine, la Commissione valuterà gli aspetti della legislazione comunitaria e, se necessario, modificherà gli atti vigenti» (50).
73. Nella sua comunicazione sulla strategia della politica dei consumatori per il 2002-2006 (51) la Commissione ha ribadito la necessità di una maggiore convergenza nella normativa dell’Unione a protezione dei consumatori, il che comporterebbe in particolare un riesame dell’attuale diritto contrattuale in tale settore al fine di eliminare le attuali incoerenze, colmare le lacune e semplificare la legislazione.
74. Per assicurare la coerenza del quadro legislativo vigente in materia di servizi finanziari, la Commissione ha indicato che avvierà una politica diretta ad assicurare un maggiore livello di convergenza per quanto concerne le regole a tutela dei consumatori e degli investitori, articola- ta su tre assi. Il terzo asse prevede un riesame delle norme nazionali in materia di contratti nel settore dei servizi finanziari al dettaglio (52). Come è già stato ribadito nel corso della consultazione, i contratti svolgono un ruolo cruciale nel settore dei servizi finanziari — in particolare nel settore bancario e assicurativo. In effetti, in questi settori, il servizio stesso consiste sovente dell’insieme di termini e condizioni espressi nel contratto. Nel tempo gli Stati membri hanno sviluppato regole che riguardano i termini e le condizioni che possono essere o meno inclusi in un contratto di assicurazione o in un altro contratto di servizi finanziari. Nella misura in cui tali regole differisco- no esse possono ripercuotersi sui prodotti offerti oltre frontiera. Può essere necessaria un’ulteriore convergenza di tali misure per bilanciare la necessità di una maggiore uniformità delle norme nazionali con la necessità di mantenere le dinamiche innovative e di assicurare la differenziazione dell’offerta di tali prodotti sul merca- to (53). Pertanto, l’azione volta a migliorare la qualità dell’acquis e renderlo più coerente (54) per quanto concer- ne il diritto contrattuale costituisce un’iniziativa fonda- mentale in tale contesto e rappresenta un seguito di quanto annunciato nel piano d’azione per il miglioramen- to della regolamentazione.
75. Questa misura gode del sostegno generale delle altre istituzioni dell’Unione nonché della società civile. Sia il Consiglio dei ministri che il Parlamento europeo hanno ribadito la necessità di coerenza, di miglioramento e di consolidamento dell’attuale acquis comunitario. La consultazione avviata dalla Commissione indica che tale misura riceve il sostegno quasi unanime di tutti gli interlocutori e in particolare dell’industria e delle profes- sioni legali. La Commissione ritiene quindi che assicurare la coerenza dell’acquis esistente e di quello futuro è una priorità da affrontarsi in tempi brevi.
76. Per risolvere tale problema, la coerenza della legislazione comunitaria dev’essere assicurata alla luce di ambiti problematici identificati. Ciò significa in particolare:
— porre rimedio alle incoerenze identificate nel diritto contrattuale della CE,
— riesaminare la qualità della redazione,
— semplificare e chiarire la legislazione esistente,
— adattare la legislazione esistente agli sviluppi econo- mici, commerciali e d’altro genere che non erano stati previsti al momento dell’adozione,
— colmare le lacune nella legislazione della CE che hanno determinato problemi nella sua applicazione.
77. Ove opportuno, si prenderà in considerazione la possibi- lità di ricorrere alla consolidazione (55), codificazione (56) o rifusione (57) degli strumenti esistenti a fini di trasparen- za e chiarezza.
78. Tale azione non andrebbe aldilà dei settori armonizzati, ma riguarderebbe aree tematiche già, almeno parzialmen- te, coperte dalla legislazione comunitaria. Tuttavia, essa interesserebbe non solo l’acquis esistente, ma anche le misure future al fine di assicurare la coerenza dell’acquis nel suo complesso.
79. La Commissione intende attuare le azioni summenzionate e presentare altre proposte laddove si manifesti un bisogno settoriale di armonizzazione. Per l’attuazione di tali azioni si prevede che, ove possibile ed appropriato, si farà uso del quadro comune di riferimento come strumen- to atto a perseguire una maggiore convergenza. In tal modo il quadro comune di riferimento potrebbe ad esempio rendere disponibili definizioni o norme fonda- mentali che potrebbero essere usate per migliorare l’ac- quis esistente ed essere integrate nell’acquis futuro.
80. Nel suo piano d’azione per il miglioramento della regola- mentazione la Commissione ha suggerito di assicurare che le modifiche sostanziali introdotte dal Parlamento europeo e dal Consiglio alle proposte della Commissione in prima lettura non modifichino la qualità dell’atto legislativo stesso e che è essenziale mantenere standard elevati per quanto concerne la qualità e la coerenza lungo l’intero processo legislativo (58). Per quanto concerne l’ambito del diritto contrattuale europeo ne consegue che il quadro comune di riferimento inteso quale strumento orientativo dovrebbe essere usato non soltanto dalla Commissione nella preparazione delle sue proposte, ma dovrebbe essere anche utile al Consiglio e al Parlamento europeo allorché propongono emendamenti.
4.2. Promuovere l’elaborazione di clausole contrat- tuali standard valide in tutta l’Unione
81. Il principio della libertà contrattuale, che è al centro del diritto contrattuale in tutti gli Stati membri, consente alle parti contraenti di concludere il contratto che meglio soddisfi i loro bisogni specifici. Tale libertà è limitata da certe disposizioni imperative del diritto contrattuale o da prescrizioni risultanti da altri comparti del diritto. Tutta- via, le disposizioni imperative sono in numero limitato e le parti contraenti godono di un notevole grado di libertà allorché negoziano le clausole contrattuali e le condizioni che desiderano. Ciò è particolarmente importante nel
caso in cui le parti vogliano concludere un contratto con caratteristiche particolari o destinato a regolare una situazione complessa.
82. Tuttavia, nella maggioranza di casi e in particolare per transazioni del tutto chiare e di routine, le parti hanno spesso interesse a usare clausole contrattuali standard. L’uso di clausole standard risparmia alle parti i costi della trattativa precontrattuale.
83. Tali clausole standard sono spesso formulate da una delle parti contraenti, in particolare nel caso in cui una sola delle parti contraenti possiede sufficiente potere contrattuale per imporre le sue condizioni, nella sua qualità di venditore o fornitore di servizi o di acquirente di beni o servizi. In altri casi tali clausole contrattuali standard sono sviluppate da un gruppo di parti contraenti che rappresentano una delle parti negoziali o, più rara- mente, entrambe le parti, o possono essere sviluppate da terzi.
84. Sebbene le clausole e le condizioni contrattuali standard siano d’uso comune, la maggior parte di esse sono state sviluppate da parti di un unico Stato membro. Tali clausole contrattuali possono essere quindi meno adattate ai requisiti particolari delle transazioni transfrontaliere. La Commissione è consapevole tuttavia di iniziative nell’ambito delle quali condizioni contrattuali standard sono state sviluppate specificamente per le transazioni internazionali (59). Tali clausole contrattuali sono sempre più usate anche per contratti conclusi in singoli Stati membri.
85. Ciò dimostra l’utilità di clausole standard sviluppate per essere usate in diversi Stati membri e, in particolare, nelle transazioni transfrontaliere. La Commissione ritiene che, se tali condizioni e clausole generali fossero sviluppate in modo più generale, essere potrebbero ovviare ad alcuni dei problemi e dei disincentivi segnalati. Per tale motivo la Commissione intende promuovere la definizione di tali clausole e condizioni nei seguenti modi:
a) Agevolare lo scambio di informazioni sulle iniziative in merito
86. Quale primo passo per promuovere lo sviluppo di condizioni e clausole standard per l’insieme dell’Unione, è importante recensire le varie iniziative esistenti sia a livello europeo che negli Stati membri. Una volta che sia reso disponibile l’elenco delle iniziative in corso, le parti che abbiano un interesse a sviluppare condizioni e clausole standard potrebbero ottenere informazioni su iniziative analoghe in altri settori o negli stessi settori in altri Stati membri. In tal modo esse potrebbero trarre insegnamenti dagli errori commessi dagli altri e avvantag- giarsi delle loro esperienze positive («best practices») e
potrebbero anche ottenere nomi e indirizzi delle loro controparti in altri Stati membri, a loro volta interessate a compiere uno sforzo congiunto per creare condizioni e clausole standard applicabili alle transazioni transnazio- nali.
87. Perciò la Commissione intende creare un sito web destinato ad accogliere informazioni si iniziative esistenti o programmate. Le informazioni saranno fornite da imprese, singoli e organizzazioni di loro iniziativa e sotto la loro responsabilità (60). La Commissione inviterà tutte le imprese, i singoli e le organizzazioni a caricare le informazioni pertinenti su tale sito web. Essa intende valutare l’utilità del sito per gli utenti 18 mesi dopo l’avvio e si riserva di assumere a tale momento le iniziative appropriate.
b) Offrire orientamenti sull’uso delle condizioni e clau- sole standard
88. Il sostegno generale della Commissione per l’elaborazione di condizioni e clausole standard su scala europea piutto- sto che sulla base dei singoli Stati membri, non va interpretato quale approvazione in bianco di tali clausole e condizioni. In effetti, le condizioni e clausole standard devono rispettare le norme comunitarie vigenti ed essere compatibili con le politiche dell’Unione. Per tale motivo la Commissione intende pubblicare orientamenti diretti a ribadire all’indirizzo delle imprese, delle persone e delle organizzazioni interessate la necessità di rispettare deter- minati limiti d’ordine legale e altro. È quindi superfluo rammentare che le condizioni e clausole standard devono essere conformi con la direttiva sulle clausole abusive, quando questa si applica. Gli orientamenti in questione avranno altresì lo scopo di ribadire ad uso delle parti interessate che ulteriori limitazioni a tali iniziative deriva- no dalle norme comunitarie in materia di concorrenza. Inoltre, è importante assicurare che le condizioni e le clausole contrattuali standard siano elaborate congiunta- mente da rappresentanti di tutti i gruppi pertinenti comprese le grandi, piccole e medie industrie, il settore commerciale, i consumatori e le professioni legali.
4.3. Ulteriori riflessioni sull’opportunità di misure non settoriali, quali l’adozione di uno strumen- to opzionale nel campo del diritto contrattuale europeo
89. Nel corso della consultazione si sono levati inviti a continuare la riflessione sull’opportunità di adottare misu- re specifiche non settoriali nel campo del diritto contrat- tuale europeo.
90. Sono stati avanzati degli argomenti a favore di uno strumento opzionale che conferirebbe alle parti contraen- ti un corpus moderno di regole particolarmente adattate
ai contratti transfrontalieri nel mercato interno. In tal modo, le parti non avrebbero bisogno di coprire tutti i dettagli in contratti specificamente redatti o negoziati a tale fine, ma potrebbero limitarsi a fare riferimento a tale strumento quale diritto applicabile. Ciò conferirebbe ad entrambe le parti, quella economicamente più forte e quella più debole, una soluzione accettabile e adeguata senza insistere sulla necessità di applicare il diritto nazionale di una delle parti, il che agevolerebbe la trattativa precontrattuale.
91. Col passare del tempo gli operatori economici acquiste- rebbero un grado di familiarità con tali regole equivalente a quello acquisito con il loro diritto contrattuale nazionale vigente. Ciò sarebbe importante per tutte le parti di un contratto, comprese in particolare le PMI e i consumatori, e agevolerebbe la loro partecipazione attiva nel mercato interno. Un simile strumento faciliterebbe in modo notevole lo scambio transfrontaliero di beni e servizi.
92. La Commissione esaminerà se misure non settoriali, come un siffatto strumento opzionale, possano essere utili per risolvere i problemi constatati nell’ambito del diritto contrattuale europeo. Essa intende avviare una riflessione sull’opportunità di adottare tali misure, sulla forma che potrebbero rivestire, sui loro contenuti e sulla la base giuridica su cui esse potrebbero fondarsi. Quanto alla forma, si potrebbe pensare a delle disposizioni di diritto contrattuale, valide per tutta l’Unione, adottate in forma di regolamento o di raccomandazione, che esisterebbero in parallelo, senza sostituirvisi, con i diritti contrattuali nazionali. Questo nuovo strumento esisterebbe in tutte le lingue comunitarie. Esso potrebbe applicarsi a tutti i contratti riguardanti transazioni transfrontaliere, oppure soltanto a quelli che le parti decidano di assoggettarvi tramite una clausola di scelta della legge applicabile. In quest’ultimo caso le parti avrebbero il massimo grado di libertà contrattuale. Esse sceglierebbero il nuovo strumen- to soltanto se questo rispondesse ai loro bisogni economi- ci o giuridici più appropriatamente che il diritto nazionale che sarebbe stato definito, sulla base delle regole del diritto internazionale privato, quale legge applicabile al contratto.
93. La Commissione è dell’avviso che la libertà contrattuale dovrebbe essere uno dei principi ispiratori di un simile strumento di diritto contrattuale. Restrizioni a tale libertà potrebbero essere contemplate solo se debitamente moti- vate. Le parti, a seconda delle loro esigenze, potrebbero quindi adattare le regole specifiche del nuovo strumento una volta che questo sia stato da loro scelto quale legge applicabile al loro contratto (61).
94. Soltanto un numero limitato di regole nell’ambito di questo corpus normativo, ad esempio le regole volte a tutelare i consumatori, dovrebbe rivestire carattere
imperativo nel caso in cui il nuovo strumento si applichi al contratto. La riflessione dovrebbe comprendere, tra l’altro, la questione se lo strumento opzionale (qualora fosse vincolante) possa escludere l’applicazione di disposi- zioni nazionali imperative confliggenti per le materie da esso coperte. Tale strumento assicurerebbe quindi la libertà contrattuale in un duplice modo: in primo luogo, in quanto le parti saranno libere di scegliere tale strumen- to quale diritto applicabile e, in secondo luogo, per il fatto che, in linea di principio, le parti saranno in grado di modificare le disposizioni relative.
95. È chiaro che all’atto di riflettere su uno strumento non settoriale la Commissione terrà conto del quadro comune di riferimento. Il contenuto del quadro comune di riferimento dovrebbe di norma fungere da base per lo sviluppo del nuovo strumento opzionale. Se il nuovo strumento debba coprire tutte le materie che saranno riprese dal quadro comune di riferimento o solo una parte di esse, oppure se debba comprendere soltanto regole di diritto contrattuale aventi portata generale oppure anche regole afferenti a contratti specifici è una questione che attualmente rimane aperta.
96. La Commissione attende anche commenti sulla portata di un tale strumento opzionale in relazione alla CISG. Lo strumento opzionale potrebbe, infatti, essere onnicom- prensivo, vale a dire includere nel suo ambito di applica- zione anche i contratti transfrontalieri di vendita tra imprese, e includere così l’ambito già coperto dalla CISG. Oppure esso potrebbe escludere tale materia e lasciare che sia disciplinata dalle disposizioni della CISG.
97. Per tutte le misure in esso menzionate, l’obiettivo del presente piano d’azione è di sollecitare i commenti delle altre istituzioni dell’Unione e delle parti interessate sulle proposte presentate.
5. CONCLUSIONI
98. Il presente piano d’azione si prefigge di sollecitare delle reazioni e dei commenti sulla proposta combinazione di misure normative e non normative esposta più sopra nonché dei contributi all’ulteriore riflessione sullo stru- mento opzionale nel campo del diritto contrattuale europeo. Esso intende anche continuare il dibattito aperto, ampio e dettagliato avviato dalla comunicazione sul diritto contrattuale europeo con la partecipazione delle altre istituzioni dell’Unione e del pubblico, comprese le aziende, le associazioni dei consumatori, il mondo accademico e le professioni giuridiche.
99. Tutti coloro che intendono contribuire al dibattito sono invitati a inviare il loro contributo entro 16 maggio 2003. Tali contributi devono essere inviati, se possibile, in forma elettronica a Xxxxxxxx-Xxxxxxxx-Xxx@xxx.xx.xxx, oppure
developments/contract–law/index–en.html. I contributi che perverranno saranno pubblicati sullo stesso sito
web a meno che il mittente richieda il rispetto della riservatezza.
(1) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo, COM(2001) 398 def. dell’11.7.2001 (GU C 255 del 13.9.2001, pag. 1).
(2) xxxx://xxxxxx.xx.xxx/xxxx/xxxxxxxxx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxx/ contract–law/index–en.html
(3) Cfr. la nota precedente.
(4) Stando alle statistiche il comunicato stampa «reazioni all’iniziativa della Commissione sul diritto contrattuale europeo» (IP/02/496, 3.4.2002) era al 3o posto rispetto a tutti i comunicati stampa della Commissione dell’aprile 2002 contando gli hit sulla homepage EUROPA.
(5) COM(2001) 398, C5-0471/2001 — 2001/2187(COS), GU
C 140 E del 13.6.2002, pag. 538; cfr. anche: www.euro- xxxx.xx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxx–xx.xxx
(6) xxxx://xxxxxxxx.xxxxxxxxx.xx.xxx/xxx/xx/00/xx00/00000xx0.xxx
(7) Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «comuni- cazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo», ECOSOC INT/117 Diritto contrattuale europeo, GU C 241 del 7.10.2002, pag. 1.
(8) Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (80/934/CEE; GU L 266 del 9.10.1980, pag. 1; versione consolidata: GU C 27 del 26.1.1998, pag. 34).
(9) COM(2002) 654 def.
(10) Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31).
(11) Direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili (GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83).
(12) Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19).
(13) Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).
(14) Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno — «Direttiva sul commercio elettronico» (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
(15) Direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concer- nente i viaggi, le vacanze e i circuiti «tutto compreso» (GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59).
(16) Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale «Convenzione di Montreal» (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 39).
(17) Regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio, del 9 ottobre 1997, sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti (GU L 285 del 17.10.1997, pag. 1).
(18) Si noti che il regolamento (CE) n. 2027/97 è stato modificato dal regolamento (CE) n. 889/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 maggio 2002 (GU L 140 del 30.5.2002, pag. 2). Uno degli obiettivi di quest’ultimo regolamento è, conformemente al suo sesto considerando: «Modificare il regola- mento (CE) n. 2027/97, del 9 ottobre 1997, sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti, per allinearlo con le disposizioni della convenzione di Montreal e creare così un sistema uniforme di responsabilità per il trasporto aereo interna- zionale». L’ottavo considerando recita che «Nel mercato interno dell’aviazione è stata soppressa la distinzione tra trasporto nazionale e internazionale ed è quindi opportuno avere all’interno della Comunità europea lo stesso livello e tipo di responsabilità sia per il trasporto internazionale sia per quello nazionale».
(19) Causa C-423/97 Travel-Vac SL e Xxxxxx Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx [1999] Racc. I-2195.
(20) Direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concer- nenti gli agenti commerciali indipendenti (GU L 382 del 31.12.1986, pag. 17).
(21) Ciò è stato evidenziato anche quale problema significativo nella relazione finale del gruppo consultivo ad alto livello («Gruppo Mandelkern», istituito nel novembre 2000 dai ministri della Funzione pubblica, relazione presentata il 13 novembre 2001) per una migliore regolamentazione, pag. 70.
(22) Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210 del 7.8.1985, pag. 29).
(23) Causa C-168/00 Xxxxxx Xxxxxxx contro TUI Deutschland GmbH & Co. KG, [2002] Racc. I-2631
(24) Tale problema è stato già identificato nella relazione finale del gruppo Mandelkern sul miglioramento della regolamentazione, pag. 67.
(25) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29).
(26) Alcuni Stati membri non hanno recepito affatto nel diritto nazionale l’allegato, ma lo hanno incluso nei loro lavori prepara- tori; xxx. xx xxxxxxxx xxxxx Xxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxxx xxx 0.0.0000, Commissione contro Svezia, C-478/99, [2002] Racc. I-4147.
(27) Cfr. la comunicazione della Commissione sul diritto contrattuale europeo, punto 28.
(28) Ciò è stato sottolineato per il settore dei servizi nella relazione della Commissione sullo stato del mercato interno dei servizi, pag. 36, 42.
(29) Cfr. la relazione della Commissione sullo stato del mercato interno dei servizi, pag. 8.
(30) Per quanto concerne gli ostacoli linguistici nel campo dei servizi risultati direttamente o indirettamente da diversi contesti normativi cfr. la relazione della Commissione sullo stato del mercato interno dei servizi, pag. 44.
(31) Considerate tali preoccupazioni la Commissione ha avviato uno studio nel merito (2002/ GU S 154-122573), 9.8.2002.
(32) Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 200 dell’8.8.2000, pag. 35).
(33) Nei contributi si indica che queste clausole appaiono essere efficaci soltanto in Francia e Germania.
(34) Dai contributi risulta che tali clausole appaiono essere effettive soltanto in Germania.
(35) Dai contributi emerge che queste cosiddette clausole «all-monies» appaiono essere effettive soltanto nel Regno Unito e in Germania.
(36) Cfr. l’articolo 4 del regolamento (CE) n. 12/98 del Consiglio, dell’11 dicembre 1997, che stabilisce le condizioni per l’ammis- sione dei vettori non residenti ai trasporti nazionali su strada di persone in uno Stato membro (GU L 4 dell’8.1.1998, pag. 10) e cfr. il regolamento (CEE) n. 3118/93 del Consiglio, del 25 ottobre 1993, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro (GU L 279 del 12.11.1993, pag. 1).
(37) Comunicazione della Commissione — Piano d’azione «Semplifi- care e migliorare la regolamentazione», 5.6.2002. COM(2002) 278 def. pag. 3.
(38) Cfr. ad esempio la comunicazione della Commissione al Parla- mento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni — Strategia della politica dei consumatori 2002-2006, COM(2002) 208 def. (GU C 137 dell’8.6.2002, pag. 7).
(39) Cfr. la comunicazione della Commissione sul diritto contrattuale europeo, punto 34 e i riferimenti alla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia europea.
(40) Cfr. le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Lisbona, 23 e 24 marzo 2000.
(41) Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno però chiesto che si avviino ricerche anche nei campi della disciplina della responsabi- lità civile per danni e del diritto patrimoniale onde determinare se le differenze esistenti nella legislazione degli Stati membri costituiscano ostacoli al buon funzionamento del mercato inter- no nella pratica. In seguito a tali richieste la Commissione ha pubblicato un bando di gara per uno studio che copra tali temi (2002/ GU S 154-122573), 9.8.2002.
(42) Convenzione delle Nazioni Unite riguardante i contratti di vendita internazionale di merci dell’11 aprile 1980.
(43) Decisione 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consi- glio, del 27 giugno 2002, relativa al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazio- ne volto a contribuire alla realizzazione dello spazio europeo della ricerca e all’innovazione (GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1).
(44) Comunicazione della Commissione — Piano d’azione «Semplifi- care e migliorare la regolamentazione», pag. 15.
(45) Conclusioni della presidenza, Consiglio europeo di Lisbona 23 e 24 marzo 2000, SN(2000) 100, pag. 6.
(46) Conclusioni della presidenza, Consiglio europeo di Stoccolma 23 e 24 marzo 2001, SN(2001) 100, pag. 5; conclusioni della presidenza, Consiglio europeo di Laeken 14 e 15 dicembre 2001, SN(2001) 300, pag. 1; conclusioni della presidenza, Consiglio europeo di Barcellona 15 e 16 marzo 2002, SN(2002) 100, pag. 7.
(47) La governance europea — Un Libro bianco. COM(2001) 428 def.
(48) Cfr. note 19 e 20.
(49) Comunicazione della Commissione — Piano d’azione «Semplifi- care e migliorare la regolamentazione», pag. 3.
(50) Cfr. note 19 e 21.
(51) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni — Strategia della politica dei consumatori 2002-2006, pag. 7.
(52) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul commercio elettronico e i servizi finanziari, COM(2001) 66 def., pag. 10.
(53) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul commercio elettronico e i servizi finanziari, pag. 13.
(54) La relazione finale del Gruppo Mandelkern per il miglioramento della regolamentazione (pag. 42) riconosce che questo è uno degli obiettivi principali per un consolidamento legalmente efficace.
(55) La consolidazione consiste nel raggruppare in un testo unico non avente natura vincolante le disposizioni vigenti di una determinata normativa, che si trovano disperse nel primo atto normativo e nei successivi atti che lo modificano.
(56) La codificazione consiste nell’adozione di un nuovo atto normati-
vo che integra, in un testo unico, senza cambiarne la sostanza, un precedente atto di base e le sue modifiche successive. Il nuovo atto normativo sostituisce e abroga l’atto precedente. Un accordo interistituzionale sulla codificazione è stato concluso il 20 dicembre 1994.
(57) La rifusione permette di adottare un atto legislativo unico che,
nel contempo, reca le modifiche sostanziali auspicate, procede alla codificazione di queste con le disposizioni immutate dell’atto precedente e abroga quest’ultimo. L’accordo interistituzionale concluso il 17 aprile 2002 relativo a un ricorso più strutturato
alla tecnica del rimaneggiamento degli atti giuridici [SEC(2001) 1364] consentirà di meglio applicare tale metodo.
(58) Comunicazione della Commissione — Piano d’azione «Semplifi- care e migliorare la regolamentazione», pag. 15.
(59) Ad esempio Orgalime, un’associazione rappresentativa europea del settore metallurgico, meccanico ed elettrico ha sviluppato condizioni generali, formulari tipo e delle guide per fornire un’assistenza pratica alle imprese allorché queste elaborano diversi tipi di contratto comunemente usati negli scambi interna- zionali per i settori in questione.
(60) La pubblicazione di tali informazioni su un sito web della Commissione non significa che la Commissione accetti la respon- sabilità quanto ai contenuti.
(61) Cfr. articolo 6 della CISG.
ALLEGATO
REAZIONI ALLA COMUNICAZIONE SUL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO
1. INTRODUZIONE
In seguito alla pubblicazione della Comunicazione sul diritto contrattuale europeo, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno reagito alla comunicazione nel novembre del 2001. Fino ad ora, inoltre, la Commissione ha ricevuto contributi da 160 soggetti interessati (cfr. gli appendici). Questo interesse da parte delle istituzioni comunitarie e dei soggetti interessati indica l’importanza del dibattito avviato dalla comunicazione.
Per quanto concerne l’origine geografica dei contributi, si osserva che il maggior numero di questi proviene dalla Germania e dal Regno Unito. Quasi nessun contributo è pervenuto da alcuni Stati membri. Alla consultazione è intervenuto un numero considerevole di soggetti interessati a livello internazionale. Il maggior numero di contributi è pervenuto dalle comunità accademiche e imprenditoriali, ma hanno contributo in misura considerevole anche gli operatori del diritto.
La Commissione ha ricevuto la stragrande maggioranza dei contributi successivamente al termine originariamente previsto del periodo di consultazione. Tutti i contributi ricevuti entro il 31 gennaio 2002 sono stati inseriti nel presente documento e la Commissione terrà inoltre in considerazione ulteriori documenti in futuro.
L’analisi dei contributi ricevuti è suddivisa in tre parti. Nella parte 2 del presente documento è tracciata l’analisi delle reazioni delle istituzioni europee. Nelle parti 3 e 4 del documento è riportata l’analisi delle reazioni di tutti gli altri soggetti che hanno inviato il proprio contributo, suddivisi in base al loro punto di vista in merito alle questioni attuali (parte 3) e alle possibili soluzioni (parte 4). La parte 5 riassume le azioni successive della Commissione.
La presente sintesi intende esporre la visione complessiva di cui dispongono i servizi della Commissione in merito ai contributi ricevuti durante le fasi di consultazione, e potrebbe non rispecchiare esaustivamente quanto da essi espresso. A fini di trasparenza, le risposte inviate tramite posta elettronica sono state pubblicate sul sito Internet della Commissione nella misura in cui la pubblicazione è stata autorizzata dagli autori. Tuttavia, l’elenco degli autori dei contributi riportato all’appendice 1 non comprende chi ha espressamente richiesto il carattere di riservatezza.
Il sito Internet della Commissione sul diritto contrattuale europeo è disponibile al seguente indirizzo: xxxx://xxxxxx.xx.xxx/xxxx/xxxxxxxxx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxxx–xxx/xxxxx–xx.xxxx
2. REAZIONI DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
La comunicazione della Commissione è stata presentata al Consiglio Mercato interno/Salute e tutela dei consumatori il 27 settembre 2001. Il Consiglio Giustizia e Affari interni ha colto l’occasione della «Relazione del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia civile», adottata il 16 novembre 2001, per rispondere alla comunicazione della Commissione. Il giorno precedente, il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione in merito alla comunicazione della Commissione.
2.1. La relazione del Consiglio
La relazione del Consiglio è piuttosto equilibrata. L’introduzione chiarisce l’interpretazione del Consiglio del mandato del Consiglio europeo di Tampere. Con riferimento alle risoluzioni del Parlamento europeo, alla comunicazione della Commissione e al lavoro degli accademici, il Consiglio sottolinea il ruolo centrale del diritto contrattuale. Il Consiglio cita anche, con un’attenta formulazione, il diritto di famiglia come possibile oggetto di discussione per il ravvicinamento dei diritti privati nazionali.
Nel capitolo seguente il Consiglio cita brevemente, in modo simile a quanto espresso dalla comunicazione della Commissione, gli altri strumenti, vale a dire le regole armonizzate del diritto privato internazionale e gli strumenti internazionali sul diritto sostanziale armonizzato. Occorre sottolineare che il Consiglio evidenzia, anche in questo caso come la Commissione nella sua comunicazione, i limiti di questi approcci. Un altro punto interessante in questo contesto è che gli Stati membri che ancora non hanno ratificato gli accordi pertinenti sono incoraggiati a procedere in tal senso. Ciò è particolarmente importante ai sensi della convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di merci (CISG), che non è ancora stata ratificata da Regno Unito, Irlanda e Portogallo.
Il capitolo fa anche riferimento al programma di provvedimenti per l’attuazione del principio di riconoscimento reciproco delle decisioni relative a questioni civili e commerciali adottate dal Consiglio. Inoltre e per la prima volta, il Consiglio indica il livello necessario di fiducia che potrà essere raggiunto con il rafforzamento della convergenza del diritto sostanziale.
La sezione successiva della relazione del Consiglio ne costituisce, insieme alle conclusioni, la parte centrale. Essa sottolinea ripetutamente la necessità di una maggiore coerenza e di un miglioramento dell’acquis comunitario esistente. In questo contesto si riferisce anche brevemente che i risultati dell’armonizzazione raggiunti attraverso le direttive sono spesso considerati insufficienti, particolarmente a causa delle differenze significative nell’attuazione delle disposizioni nazionali. Il Consiglio cita anche, al pari della comunicazione della Commissione, il problema della mancanza di definizioni omogenee per i termini e i concetti generali del diritto comunitario, che può dare risultati diversi nella pratica commerciale e legale.
Il Consiglio cita un certo numero dei principali strumenti comunitari nel settore del diritto privato e riconosce che essi hanno creato uno «ius comune» nei relativi settori del diritto nazionale.
Oltre alla richiesta di maggiore coerenza nel diritto comunitario, la relazione del Consiglio sembrerebbe auspicare un approccio più orizzontale nei confronti dell’armonizzazione, mirato alla creazione di un nucleo comune europeo di diritto privato qualora emerga la necessità di un’armonizzazione. Il Consiglio esprime infine il desiderio di valutare se le differenze delle legislazioni degli Stati membri nei settori della responsabilità extracontrattuale e del diritto di proprietà costituiscano un ostacolo concreto al corretto funzionamento del mercato interno. Questo è il secondo ambito legislativo in cui la relazione del Consiglio supera il campo di applicazione della comunicazione della Commissione.
La quarta parte della relazione del Consiglio concerne il diritto di famiglia, e non occorre riassumerla in questo documento, in quanto il diritto di famiglia esula dal campo di applicazione della comunicazione della Commissione.
Le conclusioni della relazione del Consiglio sono rivolte alla Commissione e comprendono gli interventi che essa dovrebbe intraprendere, secondo il parere del Consiglio, a seguito della comunicazione.
La conclusione più importante è la richiesta alla Commissione di comunicare al Consiglio e alle altre istituzioni comunitarie i risultati della consultazione avviata con la sua comunicazione, unitamente alle raccomandazioni opportune, eventualmente sotto forma di Libro verde o di Libro bianco, entro il 31 dicembre 2002. In merito al contenuto del futuro Libro verde o bianco, il Consiglio invita la Commissione a considerare almeno alcuni punti specifici. Essa deve identificare i testi comunitari il cui campo di applicazione deve essere riesaminato e i motivi del riesame. Inoltre deve identificare i settori in cui la diversità delle normative nazionali in materia di diritto contrattuale può compromettere il corretto funzionamento del mercato interno e l’applicazione uniforme del diritto comunitario. Le raccomandazioni della Commissione devono anche riguardare la possibilità di adottare, in caso di nuove iniziative, un approccio più orizzontale e le modalità d’esame dell’impatto di tali iniziative dal punto di vista della coerenza del diritto civile. Un altro suggerimento del Consiglio riguarda la possibilità di favorire, nelle materie del diritto civile, riunioni di coordinamento o contatti periodici fra gli Stati membri durante il periodo di recepimento delle direttive, un approccio già parzialmente attuato. L’ultimo punto si riferisce ai metodi di lavoro che potrebbero essere applicati per pervenire a un maggiore ravvicinamento delle legislazioni nazionali, nonché per prevenire i rischi di incoerenza tra gli strumenti comunitari.
In aggiunta al Libro verde o bianco, il Consiglio invita la Commissione ad effettuare uno studio al fine di esaminare se le differenze delle legislazioni degli Stati membri nei settori della responsabilità extracontrattuale e del diritto di proprietà costituiscano un ostacolo concreto al corretto funzionamento del mercato interno.
2.2. La risoluzione del Parlamento europeo
Il Parlamento europeo cita specificamente due gruppi che ancora non hanno beneficiato, in larga misura, degli auspicati vantaggi del mercato interno: le piccole e medie imprese e i consumatori. La risoluzione sottolinea anche lo scopo di un’equa compensazione degli interessi tra le imprese da un lato e i consumatori dall’altro, nonché l’onere per il consumatore e il rappresentante legale. La risoluzione del Parlamento, in accordo con la relazione del Consiglio e la comunicazione della Commissione, sottolinea i limiti del diritto privato internazionale, quale la convenzione di Roma, come pure le disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di merci (CISG).
Il Parlamento europeo deplora il fatto che la Commissione abbia limitato la sua comunicazione al diritto contrattuale. Menziona inoltre, analogamente alla richiesta di uno studio avanzata dal Consiglio, la pertinenza della responsabilità extracontrattuale e del regime dei beni.
Dopo avere elencato i principali strumenti comunitari nel settore del diritto privato, il Parlamento europeo dichiara che le relative direttive non sono adeguatamente coordinate e che la loro attuazione pone alcune difficoltà in relazione al diritto privato nazionale. Sottolinea quindi la necessità di applicare in modo più coerente le varie regole.
Il Parlamento europeo sottolinea esplicitamente la necessità di portare avanti l’armonizzazione del diritto contrattuale allo scopo di agevolare le transazioni transfrontaliere nel mercato interno.
L’obiettivo principale della risoluzione del Parlamento consiste nella richiesta, rivolta alla Commissione, di presentare un dettagliato piano d’azione, le cui fasi possono essere suddivise in tre gruppi: provvedimenti a breve, medio e lungo termine.
Entro la fine del 2004, si prevede la compilazione di una banca dati in tutte le lingue comunitarie relativa alla legislazione e alla giurisprudenza nazionali nel settore del diritto contrattuale, la promozione, sulla base di una simile banca dati, della ricerca nel campo del diritto comparato e la cooperazione fra le parti interessate volta a trovare nozioni e soluzioni giuridiche comuni, nonché una terminologia giuridica comune dei quindici ordinamenti giuridici degli Stati membri, vale a dire l’opzione II della comunicazione della Commissione. Il Parlamento europeo desidera essere informato su base regolare circa il progresso del lavoro, in merito al quale fornirà la propria opinione. Parallelamente a questo lavoro sull’opzione II, deve essere perseguita anche l’opzione III e si chiede alla Commissione di avanzare proposte legislative per il consolidamento dell’attuale diritto comunitario. Al termine di questo periodo, la Commissione deve verificare l’urgente necessità di un’ulteriore normativa di rilevanza per il mercato interno, con particolare attenzione all’aumento del commercio elettronico. In merito a dette disposizioni, il Parlamento europeo propone lo strumento di un regolamento, mentre per settori specifici, quali il diritto in materia di tutela dei consumatori, consiglia ancora lo strumento della direttiva.
A partire dal 2005, si auspica la pubblicazione dell’analisi comparativa e delle nozioni e soluzioni giuridiche comuni in forma adeguata, la promozione della diffusione del diritto comunitario e dei risultati dell’opzione II nella formazione accademica e nei piani di studio per le professioni legali. Si prevede inoltre l’applicazione conseguente dei principi e delle soluzioni giuridiche, nonché della terminologia giuridica comuni da parte di tutte le istituzioni dell’Unione europea che partecipano alle procedure legislativa e applicativa.
In terzo luogo, la legislazione europea relativa all’applicazione dei principi giuridici comuni e della terminologia giuridica comune per le relazioni contrattuali transfrontaliere o interne deve lasciare intatta la possibilità di un sistema giuridico diverso. Gli effetti pratici di questo sistema legislativo saranno valutati a partire dal 2008 e i risultati che ne conseguiranno potrebbero condurre all’istituzione e all’adozione di un insieme di norme in materia di diritto contrattuale a partire dal 2010. Il Parlamento europeo ritiene opportuno elaborare, sotto forma di regolamento, uno statuto giuridico europeo in quanto «diritto opzionale» ai sensi del diritto privato internazionale. Il Parlamento europeo invita a ricorrere alla base giuridica dell’articolo 95 del trattato CE.
3. REAZIONI NELL’AMBITO DEL PROCESSO CONSULTIVO DELLA COMMISSIONE — NECESSITÀ DI UN’AZIO- NE DI PORTATA PIÙ AMPIA A LIVELLO COMUNITARIO NEL SETTORE DEL DIRITTO CONTRATTUALE
3.1. Implicazioni per il mercato interno
3.1.1. Reazioni dei governi
Nelle loro reazioni in merito alle implicazioni per il mercato interno delle differenze esistenti nel diritto contrattuale, gli enti governativi affermano l’esistenza o la possibile esistenza di problemi al riguardo. Tuttavia, solo un’esigua parte dei contributi illustra difficoltà specifiche; si tratta di una conseguenza ovvia, in taluni casi, dovuta al fatto che i governi nazionali hanno sintetizzato i risultati delle consultazioni interne.
Il governo portoghese dichiara che i costi necessari al conseguimento di informazioni connessi ai differenti diritti contrattuali nazionali costituiscono un ostacolo alle transazioni transfrontaliere. Tali differenze rendono anche difficile la soluzione di controversie transfrontaliere. Per ragioni di certezza giuridica, in particolare al fine di evitare dubbi e vuoti legali nel settore del commercio elettronico, esso identifica la necessità di armonizzazione nell’ambito del diritto contrattuale dei consumatori. In questo contesto il governo austriaco riferisce, in base alle sue consultazioni interne, che la richiesta di completa armonizzazione del diritto contrattuale dei consumatori non è giunta dai consumatori e dalle imprese, rispetto all’armonizzazione minima, evitando quindi attuazioni a livello nazionale divergenti. Anche il ministero dell’Economia belga e le consultazioni del governo finlandese hanno espresso preoccupazione in merito all’armonizzazione minima della legislazione in materia di tutela dei consumatori. Il governo finlandese suggerisce anche l’esistenza di difficoltà concrete nel settore del diritto assicurativo, affermando che le differenze tra disposizioni obbligatorie riducono la volontà delle singole aziende a partecipare ad attività transfrontaliere. Pur considerando quest’ultima affermazione un problema secondario, essa sottolinea la natura più grave di problemi legati ad esempio, ai settori del diritto della proprietà e del risarcimento dei danni. Il ministero delle Finanze belga suggerisce che l’armonizzazione del diritto contrattuale consentirebbe la classificazione uniforme dei contratti a fini fiscali, evitando quindi le distorsioni della concorrenza nel mercato interno causate dall’applicazione
di diversi regimi fiscali. Una delle perplessità sollevate dalla Commissione per le banche e la finanza del Regno del Belgio verte sulla mancanza di armonizzazione delle regole inerenti ai rapporti contrattuali tra gli intermediari finanziari e i loro clienti, che costituisce un ostacolo al mercato interno. I Länder tedeschi affermano che la complessità dell’attuale situazione legislativa e le difficoltà di individuare le leggi applicabili causano ostacoli sostanziali.
Il governo del Regno Unito accetta l’ipotesi secondo la quale il mercato interno potrebbe non funzionare perfettamente a causa del tipo di barriere identificate nella comunicazione della Commissione, ma ritiene che la portata di tali problemi sia legata ai singoli settori. Indicando i diversi regimi giuridici vigenti in Scozia, in Inghilterra e nel Galles, il governo britannico non ritiene la coesistenza di diverse forme di diritto contrattuale nazionale necessariamente negativa in sé per il funzionamento di un mercato interno. L’ente per i servizi finanziari del Regno Unito non è stato in grado di identificare problemi specifici, ma riconosce che la coesistenza di diverse forme di diritto contrattuale nazionale potrebbe, almeno a livello teorico, costituire un ostacolo potenziale al funzionamento del mercato interno, specialmente se si considera l’abbattimento di altre barriere, ad esempio con l’introduzione dell’euro. Il governo danese riferisce che dalle proprie consultazioni è emerso che la maggioranza delle risposte provenienti dalle organizzazioni industriali afferma che non esistono elementi immediati per identificare difficoltà di rilievo per lo sviluppo del mercato interno. Diverse aree hanno sviluppato prassi e contratti standard comuni a livello europeo. Queste imprese non avvertono la necessità di promuovere lo sviluppo di nuovi contratti standard. I risultati delle consultazioni danesi indicano tuttavia anche che le PMI potrebbero riscontrare particolari difficoltà nel mercato interno in seguito a differenze nei diritti contrattuali degli Stati membri, soprattutto in considerazione del rischio di mancata conoscenza delle norme straniere o dei costi necessari a sostenere il chiarimento delle incertezze. Inoltre, le PMI devono spesso accettare i termini standard degli altri contraenti e il diritto applicabile nel loro Stato a causa del loro potere contrattuale inferiore. Il governo riferisce che le associazioni dei consumatori danesi non sono consapevoli di particolari problemi che ostacolino il commercio transfrontaliero per i consumatori. Tuttavia, dette associazioni hanno sottolineato che il diritto contrattuale europeo dovrebbe andare di pari passo con lo sviluppo, ad esempio in merito alle difficoltà legate alla formazione e all’esecuzione di contratti di credito nel mercato interno. Alcune risposte emerse dalle consultazioni danesi indicano la necessità di armonizzazione all’interno di un’area più ristretta, come quella della formazione e della convalida di contratti, in seguito alle principali differenze tra i sistemi giuridici nazionali per quanto concerne i requisiti formali per la creazione di contratti, compresa l’assistenza di un notaio pubblico. Infine, alcune risposte affermano che (non ultimo in conseguenza degli sviluppi dell’informatica) potrebbe rendersi necessaria una certa armonizzazione contrattuale per particolari settori imprenditoriali, come il campo dei servizi finanziari. Sulla base di ciò, il governo danese non è stato in grado di confermare che le diverse regole alla base del diritto contrattuale nazionale ostacolano uno sviluppo soddisfacente del mercato interno.
Il governo polacco afferma che l’esistenza di diversi ordinamenti di diritto civile nell’Unione europea non costituisce un ostacolo sostanziale al funzionamento del mercato interno. Esso sottolinea tuttavia che l’unificazione del diritto contrattuale avrebbe l’effetto di ridurre i costi delle transazioni tra le imprese. Il governo polacco riferisce inoltre che le transazioni transfrontaliere sono fortemente ostacolate dalle diversità delle procedure da seguire per la conclusione dei contratti, nonché per l’accertamento della loro validità.
Gli Stati aderenti al SEE-EFTA riferiscono che il diritto contrattuale nazionale potrebbe ostacolare direttamente o indirettamente il corretto funzionamento del mercato interno in conseguenza dei maggiori costi legati alle transazioni, specialmente vista l’influenza delle nuove tecnologie nel semplificare la conclusione di contratti transfrontalieri, l’introduzione dell’euro e altri fattori. In particolare, essi sollevano la questione delle differenze tra le norme obbligatorie, che potrebbero avere effetti negativi.
3.1.2. Reazioni delle imprese
Secondo il parere di alcune delle parti interessate appartenenti all’industria manifatturiera, le differenze presenti nelle legislazioni nazionali non costituiscono un ostacolo significativo alle transazioni transfrontaliere, in quanto in molti casi il diritto privato internazionale, la convenzione sui contratti di vendita internazionale di merci (CISG) e il diritto comunitario esistente forniscono soluzioni soddisfacenti. Talune associazioni imprenditoriali evidenziano il fatto che le diversità nel diritto nazionale conducono a distorsioni della concorrenza, ad esempio attraverso maggiori costi di informazione, e alla mancanza di certezza giuridica, specialmente in merito ai diversi quadri giuridici in materia di responsabilità. La responsabilità per i difetti latenti ai sensi della legislazione francese è stata indicata come uno dei problemi. Sono state rilevate difficoltà da parte delle PMI nel settore dei servizi a causa delle grandi diversità esistenti a livello di legislazione nazionale in materia di servizi. Talvolta le difficoltà persistono anche dopo l’armonizzazione delle leggi, ad esempio per quanto concerne gli agenti commerciali. Ciò rende occasionalmente necessario il ricorso al parere di esperti legali. Problemi particolari sono associati alla diversità delle leggi in materia di limitazione della responsabilità e di interessi sulle garanzie. Per quanto concerne le transazioni transfrontaliere, le imprese rilevano difficoltà significative in merito alla responsabilità e all’attuabilità di condizioni standard e in merito
ai requisiti di acquisizione delle condizioni standard nei contratti stipulati secondo una legislazione straniera, in particolare quella italiana. La mancata conoscenza del fatto che la legislazione del contratto non disciplina necessariamente gli aspetti delle transazioni legati alla proprietà, determina in alcuni Stati membri ulteriori difficoltà. Inoltre, la diversità delle regole applicabili al trasferimento di titoli e garanzie in merci influisce negativamente sulla possibilità di stipulare contratti di leasing transfrontalieri. Le differenze pre-contrattuali generano gravi difficoltà per le imprese dell’Unione europea.
Mentre le parti interessate provenienti dal settore del commercio al dettaglio indicano la trasposizione non uniforme della direttiva 85/577/CEE per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali come ostacolo alle vendite dirette transfrontaliere, quasi tutte le associazioni connesse ai servizi finanziari individuano difficoltà nel commercio transfrontaliero a causa dei diversi requisiti contrattuali e dei diversi approcci negli Stati membri. Sono spesso citate variazioni nell’attuazione e nell’applicazione delle direttive, così come requisiti contrattuali diversi a livello nazionale come deterrente al commercio transfrontaliero. Spesso è impossibile sapere quando è stato concluso un contratto, come saranno attuate alcune clausole o quali clausole non saranno applicate a seguito di disposizioni statutarie o condizioni implicite. Le imprese sono scoraggiate dall’eseguire transazioni transfrontaliere più per le differenze presenti nei diversi regimi di protezione dei consumatori che per la diversità della protezione a livello globale. La valutazione dei diversi livelli di protezione comporta costi legali elevati. La diversità dei periodi di tempo ai sensi di diverse direttive e l’attuazione della direttiva sugli agenti commerciali costituiscono talune difficoltà. così come, ad esempio, l’attuazione della direttiva sui pagamenti transfrontalieri. Per quanto riguarda il settore assicurativo in particolare, la diversità delle normative nazionali è percepita come un ostacolo alle attività transfrontaliere.
Considerando altre organizzazioni imprenditoriali, alcune associazioni hanno rilevato barriere al commercio transfrontaliero dovute all’incertezza circa le regole obbligatorie e le divergenze relative alle normative che disciplinano le agenzie e il contratto di formazione, che richiedono procedure diverse nei vari Stati membri. Per le parti interessate, l’effetto deterrente costituito dalle differenze tra le varie leggi nei confronti delle transazioni è sentito in particolar modo nelle relazioni fra le PMI e i consumatori. Le diverse regole per la formazione di contratti e l’impossibilità di applicare contratti standard uniformi generano elevati costi di transazione, critici soprattutto per le PMI.
3.1.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
Secondo le associazioni dei consumatori, le disparità nel diritto contrattuale nazionale creano incertezze fra i consumatori in quanto questi ultimi non dispongono di informazioni sufficienti sul diritto applicabile, ad esempio per gli aumenti dei tassi di interesse sui prestiti in Germania, che invece non si sono verificati in Francia. Ciò determina costi di transazione più elevati o addirittura disincentiva le transazioni transfrontaliere. Un interlocutore ha aggiunto che le discrepanze contenute nei diversi diritti contrattuali rappresentano solo uno dei fattori e che gli strumenti pratici per ottenere consigli e i meccanismi a disposizione per risolvere le controversie implicano difficoltà molto maggiori.
3.1.4. Reazioni degli operatori del diritto
Alcuni autori dei contributi del Regno Unito non considerano la mancanza di armonizzazione dei diritti contrattuali un ostacolo allo sviluppo di un mercato finanziario integrato.
Le preoccupazioni sul fatto che il funzionamento del mercato interno potrebbe essere ostacolato dall’esistenza di diversi sistemi nazionali di diritto contrattuale sono considerate meno sostanziali di quanto si ritenga generalmente, in quanto sistemi diversi spesso producono risultati simili.
Alcuni interlocutori fanno riferimento agli Stati Uniti, dove non esiste alcun sistema unificato, ma dove il codice commerciale uniforme funziona unicamente come modello per taluni aspetti legali in materia di obblighi, e al Regno Unito, dove il diritto civile scozzese convive con il diritto comune inglese.
Le barriere linguistiche, le differenze culturali, le distanze, le tradizioni e le pratiche giudiziarie sono considerate più significative rispetto alla diversità delle leggi. Si propone di affrontare in via prioritaria le divergenze legate ai procedimenti civili.
Tuttavia, alcuni esperti di diritto affermano che i consumatori e le PMI, non adeguatamente consigliati dagli avvocati dei relativi Stati membri, potrebbero, a differenza dei grandi operatori del mercato, incorrere in difficoltà. Da un lato le parti possono sempre avvalersi della possibilità di scelta della legge che disciplina il contratto, ma molto spesso la parte più potente impone la legislazione vigente nella propria sede. I grandi operatori del mercato trovano sempre il modo per affrontare ogni difficoltà con sofisticati accordi contrattuali, anche se gli avvocati devono conoscere non solo la legislazione comunitaria pertinente, ma anche le modalità di attuazione della direttiva nello Stato membro interessato.
Per quanto riguarda i costi aggiuntivi legati alle informazioni e il costo delle consulenze giuridiche addizionali, questi non sono considerati sostanzialmente superiori per i contatti con l’estero di quanto non siano negli altri casi. Tuttavia, il costo da sostenere per ottenere il parere di esperti potrebbe essere superiore all’importo richiesto per i contratti stipulati con i consumatori. D’altro canto, l’attuazione di una nuova normativa potrebbe implicare costi superiori per le consulenze giuridiche rispetto all’attuale diversità delle leggi.
Gli interlocutori che sostengono la presenza di difficoltà riferiscono che esse sono in particolare dovute a:
— mancanza di conoscenza dell’altro sistema giuridico in generale, comprese le regole sulla risoluzione delle controversie,
— confusione su chi detiene l’autorità di firmare un dato documento,
— diversità fra le leggi obbligatorie,
— requisiti di autenticazione firmati da un notaio,
— disposizioni in merito alla forma,
— riserve sulle clausole di riserva di proprietà,
— disposizioni sull’assegnazione del debito,
— indennizzi e garanzie.
3.1.5. Reazioni della comunità giuridica accademica
Gli esponenti del mondo accademico che hanno affrontato la questione delle implicazioni per il mercato interno asseriscono generalmente che la molteplicità di leggi a livello nazionale non crea ostacoli. Generalmente, il diritto privato internazionale è considerato una soluzione inadeguata, inappropriata o incompleta, sebbene esistano differenze rilevanti.
Alcuni esempi specifici di aree problematiche comprendono le assicurazioni automobilistiche, le assicurazioni per il trasporto di cabotaggio, le trattenute sulle clausole di riserva di proprietà e altri interessi di garanzie, factoring, condizioni standard, vendite a domicilio e trasferimento di fondi tra banche. Il fallimento della Comunità nell’armonizzare il diritto sostanziale in materia di assicurazioni si è tradotto nell’incapacità delle compagnie assicurative di offrire una copertura «a rischi ridotti» in tutti gli Stati membri sulla base di una polizza unica. Un’azienda, dopo svariate ricerche, non è stata in grado di formulare un unico contratto assicurativo che potesse essere abbinato all’acquisto di una vettura in tutta l’Unione europea a causa delle regole obbligatorie inconciliabili. Gli interessi sui beni mobili previsti da una giurisdizione possono non essere riconosciuti in una seconda giurisdizione, ad esempio se la proprietà è spostata oltre il confine tra le due giurisdizioni. Regimi di responsabilità molto diversi in merito alle operazioni di trasporto comportano premi assicurativi immotivatamente elevati. È praticamente impossibile utilizzare un terreno in un altro Stato dell’Unione europea come garanzia per un prestito. Condizioni standard uniformi ed economie di scala possono essere ostacolate con effetti sui costi dei bonifici bancari internazionali. Le società di factoring non possono utilizzare un unico tipo di contratto in tutta la Comunità.
È stato osservato che nella stipulazione di contratti nel settore dell’elettronica la possibilità di ciascun partecipante di utilizzare un determinato prodotto dipende dall’utilizzo del prodotto da parte di altri. Tali mercati «di rete» possono rimanere bloccati da norme tecniche obsolete, che potrebbero non essere al passo con il diritto. I passi avanti compiuti nel settore della tecnologia potrebbero consentire la ricerca automatica di opportunità di contratti, servendosi di contratti redatti con moduli standard. Se le condizioni del contratto non sono standardizzate al momento dello sviluppo delle norme tecniche, potrebbe risultare difficile, se non impossibile, inserire nuove condizioni in una fase successiva.
Sono stati rilevati anche problemi di carattere più generale associati alle regole che disciplinano il diritto contrattuale, come quelle che regolamentano la formazione di contratti e incarichi, ed è stata espressa una particolare preoccupazione in merito alle soluzioni per gli inadempimenti.
La comunità accademica indica le difficoltà che ostacolano o impediscono le transazioni, i costi più elevati associati ad esse, la distorsione della concorrenza e la riduzione di determinate certezze giuridiche. I problemi possono riguardare tutte le fasi di un’attività imprenditoriale: la pianificazione, i negoziati e la conclusione dei contratti, il rispetto degli obblighi e le controversie. Le categorie particolarmente colpite sono le PMI e i consumatori. Uno degli interlocutori ha suggerito che le difficoltà emergono dalla molteplicità formale delle leggi piuttosto che da loro differenze sostanziali, a causa della necessità di indagare nel diritto di un altro Stato.
Alcuni accademici attuano una distinzione tra le regole che vincolano le parti, comprese quelle sulla stipulazione dei contratti, e quelle che non le vincolano. Tuttavia, è stato affermato che i costi e i rischi relativi all’ottenimento di informazioni derivano entrambi da differenze nella legislazione obbligatoria e in quella non obbligatoria. Si è aggiunto che l’esperienza degli Stati Uniti indica che le diversità di carattere giuridico non possono costituire una barriera decisiva, ma queste differenze costituiscono tuttora l’ostacolo maggiore al commercio. Un altro argomento sollevato è costituito dal fatto che il sistema statunitense ha prodotto un numero di avvocati pro capite otto volte superiore a quello dell’Europa.
3.2. Uniformità di applicazione del diritto comunitario
3.2.1. Reazioni dei governi
Il governo portoghese osserva il fatto che la dispersione delle regole comunitarie tra molteplici strumenti rende più difficile la loro interpretazione e applicazione. Conferma il carattere di ambiguità degli strumenti e dei concetti comunitari. Anche i contributi della Commissione per le banche e la finanza del Regno del Belgio e del governo francese affermano le contraddizioni nei confronti dell’acquis. La prima cita come esempio le direttive concernenti i servizi di investimento e sul commercio elettronico. Il governo finlandese cita differenti interpretazioni e disuguaglianze nel diritto comunitario e nei provvedimenti applicativi nazionali. In relazione a questi ultimi il governo finlandese riferisce specificamente che la discrezionalità nell’attuare le direttive rende dubbiosi gli operatori circa la corretta applicazione. I Länder tedeschi criticano la coerenza dell’acquis, riportando come esempio le modalità degli obblighi di informazione e i diritti di rescissione nelle direttive sul diritto contrattuale dei consumatori.
Il governo britannico non rileva alcuna contraddizione nel diritto comunitario e afferma che qualsiasi problema di questa natura dovrebbe continuare ad essere affrontato caso per caso.
3.2.2. Reazioni delle imprese
Secondo alcune delle parti intervenute alle consultazioni provenienti dal settore dei servizi finanziari, i problemi causati dalle diversità nell’attuazione delle direttive e delle diverse leggi e giurisdizioni applicabili possono costituire un ostacolo reale al commercio transfrontaliero. Due associazioni appartenenti al settore dei mezzi di comunicazione, che rappresentano tra gli altri i creatori dei materiali con diritto di proprietà intellettuale, citano un esempio specifico di difficoltà relative alla definizione di «equa remunerazione» che, secondo il loro giudizio, è un’espressione priva di significato nella legislazione britannica che attua la direttiva sul diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale. In altri settori imprenditoriali si è affermato che l’attuazione divergente delle direttive negli Stati membri causa generalmente distorsioni della concorrenza, ad esempio nel contesto della protezione dei consumatori, specialmente se i provvedimenti attuativi eccedono il livello di protezione minimo stabilito. Alcune associazioni hanno affermato di non aver incontrato difficoltà nell’acquisto di merci o servizi in altri paesi dell’Unione europea.
3.2.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
I ben noti problemi relativi alle incoerenze tra le direttive sono aggravati dai provvedimenti attuativi adottati dagli Stati membri, dalle variazioni nell’applicazione del diritto comunitario, compresa la sua applicazione per le nuove tecnologie, e dall’interpretazione, particolarmente a causa della sovrapposizione tra la legislazione europea e quella nazionale esistente.
3.2.4. Reazioni degli operatori del diritto
Gli operatori del settore giudiziario che hanno commentato l’aspetto dell’applicazione del diritto comunitario convengono sul fatto che l’attuale approccio della legislazione comunitaria, che mira a disciplinare solo taluni aspetti particolari del diritto contrattuale, è responsabile di una perdita di trasparenza e di coerenza. Le incoerenze tra le direttive comprendono incoerenze relative al riconoscimento di principi generali, come quello della buona fede. Esempi di problemi comprendono la generale mancanza di una definizione del termine «contratto» e i diversi periodi di tempo per le disposizioni sulla rescissione dei contratti. Inoltre, esiste il problema dell’attuazione e dell’interpretazione non omogenea delle direttive da parte degli Stati membri.
3.2.5. Reazioni dei giuristi accademici
È stata criticata la qualità della legislazione comunitaria. Le direttive esistenti rivelano incoerenze per quanto riguarda la definizione di termini particolari, oltre al contenuto delle definizioni dei soggetti interessati (compresi «consumatore» e «venditore») e i termini del periodo di riflessione consentito. Il campo di applicazione della direttiva per la tutela dei consumatori è definito, in particolare, ambiguo. Una spiegazione di tali difficoltà risiede nella mancanza di un vocabolario comune per il diritto privato.
Alcuni commentatori citano problemi relativi all’attuazione delle direttive nella legislazione nazionale. Esempi particolari sono citati in riferimento alla tutela delle basi di dati, delle vendite a domicilio, delle vacanze «tutto compreso», delle vendite a distanza e alla direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Inoltre, le direttive sulle clausole abusive, sulla responsabilità per i danni conseguenti a prodotti difettosi, sulle garanzie ai consumatori, sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e sul commercio elettronico sollevano la difficile questione dell’estensione del loro campo di applicazione a livello nazionale.
Si suggerisce che l’approccio verticale della legislazione, che ha per oggetto specificamente la Comunità, ha condotto a distorsioni nei sistemi giuridici nazionali e alla mancanza di coordinamento tra le direttive. Si afferma che le direttive minacciano la coerenza dei sistemi giuridici nazionali con l’introduzione di nuovi concetti, a causa della mancanza di coerenza tra le direttive stesse e in quanto la Corte di giustizia delle Comunità europee non può mantenere contemporaneamente la coerenza interna di tutti i sistemi giuridici dell’Unione europea.
4. REAZIONI NELL’AMBITO DEL PROCESSO DI CONSULTAZIONE DELLA COMMISSIONE — OPZIONI
4.1. Opzione I
4.1.1. Reazioni dei governi
La maggior parte dei governi intervenuti nel dibattito ha espresso un parere sfavorevole per quanto concerne l’opzione I.
Tra coloro che rifiutano l’opzione I, la Francia ritiene che questa sia incompatibile con il normale funzionamento del mercato interno. Il governo italiano sottolinea il pericolo dell’ulteriore frammentazione del diritto contrattuale e i Länder tedeschi ricordano il bisogno di chiarezza e trasparenza per gli operatori economici. Il Financial Services Authority (Ente per i servizi finanziari) del Regno Unito sostiene che non si può affermare con certezza che l’opzione I affronterà in modo adeguato le questioni sollevate, le quali dipenderanno dall’entità del problema.
Il governo del Regno Unito, tuttavia, ritiene che lo sviluppo di soluzioni a problemi potenziali costituisca un’importante opportunità per il mercato. La Commissione per le banche e la finanza del Regno del Belgio cita un fortunato esempio di autoregolamentazione (informazioni precontrattuali sui prestiti immobiliari). È favorevole, in primo luogo, al sostegno della Commissione a fini di autoregolamentazione e in secondo luogo, qualora l’autoregolamentazione fallisca, all’intervento di legislatori comunitari.
4.1.2. Reazioni delle imprese
Tra i contributi giunti dal settore dell’industria manifatturiera, un’associazione respinge l’opzione I, mentre altre due sostengono che, per quanto possibile, sarebbe opportuno lasciare che il mercato si autoregoli laddove l’industria ha raggiunto un elevato livello di autoregolamentazione sviluppando condizioni di scambio favorevoli. Alcuni contributi giunti dal settore dei servizi finanziari ritengono che l’opzione I non sia realistica, mentre in un caso si sostiene che le forze di mercato costituiranno un notevole incentivo per i paesi al fine di garantire che il diritto
nazionale sia adeguato alle necessità commerciali internazionali e l’intervento della Comunità nel settore del diritto dei contratti comporterebbe una correzione dei costi non giustificata. Il settore dei mezzi di comunicazione si è mostrato ampiamente favorevole alla semplice autoregolamentazione, specialmente le aziende la cui attività dipende da materiale soggetto al diritto d’autore creato da altri. Per quanto riguarda il contributo offerto da altri settori imprenditoriali, le soluzioni basate in parte e completamente sul mercato sembrano essere la strategia ritenuta, nella maggior parte dei casi, verosimilmente più valida.
4.1.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
Tranne un’associazione che ha espresso la sua preferenza per l’opzione I, tutti i contributi inviati concordano nell’affermare che il diritto contrattuale non può essere lasciato ai mercati dal momento che è necessaria una soluzione a livello legislativo per proteggere le parti più deboli.
4.1.4. Reazioni degli operatori del diritto
La maggioranza degli operatori del diritto ritiene che l’armonizzazione del diritto contrattuale europeo non sarà raggiunta semplicemente facendo affidamento sui mercati. Vi è il pericolo che venga applicato il sistema giuridico del paese della parte contraente con maggiori risorse economiche. La Law Society of England and Wales (ordine degli avvocati d’Inghilterra e del Galles) afferma che sarebbe preferibile che per taluni particolari tipi di transazioni non fosse previsto alcun intervento.
4.1.5. Reazioni dei giuristi accademici
La maggior parte degli accademici è contraria all’opzione I; gli intervenuti al dibattito adducono l’«esperienza pratica» per dimostrare l’inadeguatezza di questo tipo di approccio. Il gruppo di Pavia sostiene che le prassi commerciali hanno un carattere troppo frammentario per soddisfare i requisiti del mercato interno.
In generale, il diritto privato internazionale è considerato una soluzione inadeguata, impropria o incompleta, sebbene a livelli diversi. Il gruppo di studio per un codice civile europeo e la commissione Lando sottolineano che il diritto privato internazionale, in particolare, non costituisce una soluzione in caso di conclusione involontaria dei contratti. Nei contributi si sostiene che i conflitti di interesse dei liberi professionisti con i loro clienti, la difficoltà a reperire informazioni e la mancanza di informazioni precise e complete impediscono la risoluzione dei problemi esistenti.
Tuttavia, si indica che il processo competitivo dinamico comporterebbe un’armonizzazione facoltativa, e che ciò è più verosimile per un diritto facoltativo piuttosto che per un diritto interventista. Tra gli accademici l’opzione I è sostenuta solo dalla Public Teachers of Law of United Kingdom and Ireland, che sostiene l’opzione I nell’ambito dei contratti commerciali.
4.2. Opzione II
4.2.1. Reazioni dei governi
Come dimostrato dai vari contributi, i governi sostanzialmente sostengono l’opzione II, sebbene molti la ritengano insufficiente, da sola o come complemento alle opzioni III o IV.
Si ritiene che l’Unione europea rivesta un ruolo potenziale di coordinamento del lavoro accademico o di sponsorizzazione e di sostegno delle iniziative private dei mercati e degli operatori del diritto. L’Italia è favorevole all’opzione II, ma solo come linea guida per la legislazione CE. Il governo del Regno Unito afferma che la Commissione stessa potrebbe promuovere iniziative nei settori che hanno chiaramente bisogno di interventi, ma non prevede soluzioni che giungano dal mercato stesso. Il governo danese sostiene il lavoro che mira a sviluppare ulteriormente gli attuali contratti tipo e le iniziative volte a incoraggiare le organizzazioni industriali e professionali interessate a creare contratti tipo equilibrati che tengano maggiormente in considerazione gli interessi del soggetto contrattuale più debole o ad assumere altre iniziative in grado di motivare particolarmente le PMI a partecipare più concretamente alle transazioni transfrontaliere. Sostiene anche lo sviluppo dei principi del diritto contrattuale comune non vincolanti da utilizzare nei contratti tipo. Infine, per evitare che la mancanza di informazione in materia di regimi di diritto contrattuale costituisca un freno, in particolare per i consumatori e le PMI, alla partecipazione a transazioni transfrontaliere, suggerisce di promuovere la possibilità per le imprese di ottenere informazioni circa i sistemi giuridici nazionali.
Il governo austriaco esprime la sua opposizione all’«istituzionalizzazione» della ricerca sotto forma di «Istituto di diritto europeo».
4.2.2. Reazioni delle imprese
Alcuni soggetti intervenuti appartenenti al settore dell’industria manifatturiera sono favorevoli a promuovere principi europei uniformi nel settore del diritto contrattuale al fine di rafforzare l’integrazione europea. Taluni suggeriscono che dovrebbe essere data la priorità alla semplificazione della legislazione nazionale e comunitaria e all’eliminazione dei livelli regolamentari inutili. Gli orientamenti e i principi generali possono servire da modello per i contratti commerciali. L’applicazione facoltativa comporterebbe, come è già accaduto nel caso della Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di merci (CISG), un ampio riscontro positivo.
I rappresentanti del settore del commercio al dettaglio si sono dichiarati a favore dello sviluppo di una legge conciliante e del miglioramento della qualità dell’attuale legislazione CE, a condizione che la nuova legislazione comprenda norme di massima e abolisca le clausole minime che normalmente consentono agli Stati membri di spingersi oltre quanto richiesto della legislazione CE.
Talune aziende del settore dei servizi finanziari sono favorevoli ad un’ulteriore indagine relativa allo sviluppo dei principi comuni. Si suggerisce la creazione di un codice dei principi provvisorio. In generale i rappresentanti del settore dei mezzi di comunicazione che hanno presentato il loro contributo si oppongono all’opzione II. Numerosi contributi di altri settori imprenditoriali sono a favore della promozione della ricerca al fine di elaborare principi comuni come primo passo verso l’armonizzazione. Si sostiene inoltre che lo sviluppo di linee guida, codici di condotta o contratti tipo da parte delle istituzioni europee non costituisca l’approccio più adeguato per affrontare la questione, specialmente se questi strumenti possono diventare vincolanti e costituire una limitazione per la libertà dei contratti. Si afferma che questi strumenti dovrebbero essere promossi solo dagli operatori economici.
4.2.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
Le associazioni dei consumatori ritengono che le linee guida facoltative non siano sufficienti e potrebbero non essere appropriate per affrontare questioni che interessano i consumatori, in quanto il diritto dei consumatori è regolamentare. Pertanto l’utilità pratica di linee guida facoltative è alquanto discutibile. Due contributi propongono l’elaborazione di un insieme di principi comuni di diritto dei consumatori, che potrebbe in seguito, nel quadro dell’opzione IV, essere trasformato in diritto Unione europea vincolante.
4.2.4. Reazioni degli operatori del diritto
Alcuni contributi esprimono l’idea che gli studi comparativi sul diritto contrattuale siano un prerequisito per qualsiasi iniziativa e che il funzionamento del mercato interno potrebbe essere ulteriormente perfezionato applicando l’opzione II. L’approccio di un’armonizzazione «blanda» attraverso la promozione dello sviluppo di principi comuni quali linee guida per i legislatori e i tribunali, nel rispetto delle diverse tradizioni di sistemi giuridici esistenti, potrebbe con il tempo portare eventualmente ad una «legge modello». Si suggerisce che tali principi includano il diritto di proprietà e il diritto di risarcimento per fatto illecito.
Altri interventi esprimono la loro preoccupazione circa il fatto che strumenti non vincolanti, quali i principi comuni e i contratti tipo, avrebbero unicamente un interesse dal punto di vista accademico e con ogni probabilità non riscuoterebbero un’ampia approvazione sul mercato e, di conseguenza, non sarebbero attuati. Inoltre, l’armonizzazio- ne che comporta la creazione di leggi simili ma non identiche non costituirebbe una buona soluzione.
4.2.5. Reazioni dei giuristi accademici
I giuristi accademici che hanno fornito il loro contributo al dibattito esprimono ampio consenso per l’opzione II, e gran parte dei pareri, se presenti, è favorevole ad un’ulteriore ricerca, all’elaborazione di principi comuni o di un
«restatement» e alla promozione di questo tipo di lavoro da parte della Commissione. Un contributo consiglia disposizioni istituzionali che prevedano di tanto in tanto la revisione dei «restatement». Alcuni sottolineano l’importanza di elaborare principi comuni e, in generale, l’opzione II in quanto lavoro preparatorio all’opzione IV. Un esiguo numero di accademici intervenuti al dibattito si dice preoccupato, poiché ritiene che il fatto di basarsi solo sull’opzione II comprometterebbe la trasparenza. Inoltre, è stata messa in discussione l’utilità concreta dei principi comuni, specialmente sulla base del fatto che principi comuni richiedono un comune denominatore e pertanto presentano troppe lacune.
Le fonti da utilizzare per il futuro lavoro sui principi comuni includono analisi economiche, l’acquis comunitario, norme nazionali e internazionali e l’attuale lavoro dei gruppi accademici, in particolare la commissione Lando e il gruppo di Pavia.
Si sostiene l’idea che i principi comuni, una volta adottati, potrebbero essere utilizzati come una risorsa per avvicinare il diritto nazionale sia da parte dei legislatori sia da parte dei tribunali e come risorsa per fornire una struttura alla legislazione europea. Taluni suggeriscono la promulgazione di leggi modello; secondo la consuetudine degli Stati Uniti, tuttavia, a questo riguardo sono state espresse delle riserve. Si osserva che i principi comuni potrebbero essere incorporati nei contratti dalle parti contraenti, anche in un contesto di appalti pubblici, sebbene anche in questo caso siano state avanzate riserve. Si è anche sottolineato che un lavoro comparativo a livello giuridico potrebbe costituire un’utile fonte di informazioni per gli operatori di mercato.
Si afferma che il diritto comparato, opponendo i diversi sistemi giuridici e liberando il pensiero giuridico dal dogmatismo, faciliti il perfezionamento delle leggi nazionali. Taluni chiedono che siano promossa una cultura a livello giuridico, un curriculum giuridico, una letteratura giuridica, una terminologia giuridica e un dialogo a livello giuridico comuni, anche attraverso la creazione di istituzioni specifiche quali un Istituto europeo di diritto (European Law Institute) e un’Accademia europea del diritto (European Law Academy). Si sostiene anche la promozione dello sviluppo di contratti tipo, che saranno approvati sulla base della loro sostanziale qualità.
4.3. Opzione III
4.3.1. Reazioni dei governi
Le reazioni dei governi sono generalmente favorevoli all’opzione III. I governi italiano, portoghese e polacco considerano l’opzione III come una possibile tappa verso l’opzione IV.
Il governo francese chiede una maggiore precisione nell’elaborazione della legge CE; chiede che si eviti la sovrapposizione di strumenti giuridici (questa osservazione è stata avanzata anche dal governo austriaco) e meccanismi di revisione efficaci negli strumenti CE. Il governo austriaco sostiene la necessità di utilizzare, se possibile, lo stesso modello per strumenti diversi e cita il diritto di recesso nelle direttive in materia di diritto contrattuale dei consumatori come un esempio in cui ciò potrebbe essere applicato. Xxxx sostiene inoltre la semplificazione dell’elaborazione e le eccezioni alle norme generali. Infine propone la possibilità di una transizione da un’armonizza- zione minima ad una completa armonizzazione e afferma che il principio del paese di origine non costituisce una soluzione. Il governo finlandese afferma che nel settore del diritto contrattuale dei consumatori la Comunità dovrebbe colmare le lacune legislative, rendere le leggi più facilmente comprensibili e ridurre la varietà di interpretazione integrando e consolidando la legislazione esistente. Inoltre sottolinea che l’obiettivo dovrebbe consistere in un elevato livello di protezione dei consumatori. Il governo portoghese evidenzia il problema di nozioni difficili da trasporre in diritto nazionale o che presentano significati diversi nei diversi Stati membri. Il governo del Regno Unito ritiene l’opzione III particolarmente valida nell’ottica di semplificare la legislazione esistente e migliorare quella futura nonché di eliminare le contraddizioni tra le direttive esistenti e le differenze nell’attuazione a livello nazionale. Non esclude esplicitamente l’ulteriore armonizzazione delle direttive in materia di diritto contrattuale che forniscono un livello minimo di armonizzazione. Il governo danese suggerisce di concentrarsi sulla definizione di principi di massima piuttosto che su norme molto dettagliate nei singoli settori, al fine di diminuire le incongruenze a livello nazionale e comunitario. Secondo gli Stati SEE-EFTA, le direttive attuali dovrebbero essere aggiornate e modificate quando necessario. Comunque, in generale esprimo la preferenza per direttive di armonizzazione minima.
4.3.2. Reazioni delle imprese
Molti dei contributi pervenuti dal settore dell’industria manifatturiera sono favorevoli all’opzione III, mentre in un caso si afferma che l’industria è restia a doversi occupare di nuove norme obbligatorie che riducono la libertà dei contratti, che non sarebbero giustificabili dal punto di vista delle imprese. In generale, nei contributi del settore dei servizi finanziari si dichiara che il miglioramento della qualità della legislazione già in vigore sosterrà la spinta verso un mercato interno. Vi è una divergenza di opinioni circa l’opzione III nel settore dei mezzi di comunicazione. Taluni sostengono il completo perfezionamento legislativo che consiste nell’eliminare le contraddizioni, mentre altri ritengono che l’analisi delle direttive esistenti dovrebbe essere condotta caso per caso e il perfezionamento dovrebbe essere rivolto a leggi che interessano settori giuridici distinti piuttosto che un’armonizzazione completa. In generale i contributi giunti da altri settori imprenditoriali sono a favore del perfezionamento, del coordinamento e della sincronizzazione della legislazione già in vigore.
4.3.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
L’attuale legislazione in materia di protezione dei consumatori dovrebbe essere perfezionata, in particolare per quanto riguarda la necessità di chiarirne il campo d’applicazione fornendo, per esempio, una stessa definizione di
«consumatore» e armonizzando i provvedimenti, i doveri di informazione e il diritto di recedere da un contratto
attraverso i diversi strumenti comunitari. Anche il livello di armonizzazione dovrebbe essere aumentato. In un contributo si osserva che, consistenza e coerenza a parte, dovrebbe sempre esserci spazio per nuove norme di protezione dei consumatori che affrontano problemi specifici.
4.3.4. Reazioni degli operatori del diritto
Quasi tutti i contributi degli operatori del diritto si esprimono a favore dell’opzione III, sebbene alcuni ritengano che un semplice riesame non sarebbe comunque sufficiente ad evitare l’applicazione di diverse norme del diritto nazionale obbligatorio. Il riesame dell’attuale legislazione dovrebbe basarsi sulle esperienze di iniziative quali SLIM e BEST.
4.3.5. Reazioni dei giuristi accademici
Tra gli accademici si registra un notevole sostegno al perfezionamento della legislazione comunitaria esistente, una questione definita prioritaria da alcuni.
Tra le ragioni addotte a favore del perfezionamento della legislazione comunitaria esistente vi sono un’eccessiva incertezza e la confusione della terminologia esistente e la possibilità di una maggiore coerenza, trasparenza e semplicità del diritto CE. Un’altra ragione è la possibilità di progredire verso un’organizzazione sistematica del diritto contrattuale CE, il perfezionamento della sua consistenza e l’eliminazione delle lacune. Anche le norme obbligatorie in materia di diritto contrattuale dell’Unione europea dovrebbero essere aggiornate.
La maggior parte delle opinioni degli accademici espresse sostengono comunque che il perfezionamento della legislazione comunitaria non risolverà i problemi fondamentali legati al diritto contrattuale, o quanto meno costituirà una soluzione a breve termine. In ogni caso, lo sviluppo di un’idea per perfezionare il futuro processo di promulgazione delle leggi a livello comunitario è indicata come strategia a lungo termine.
Suggerimenti particolari riguardano la revisione delle definizioni e l’armonizzazione dei contenuti di varie direttive, compresi i termini di risoluzione dei contratti e le conseguenze giuridiche della risoluzione. Ulteriori suggerimenti riguardano la trasformazione delle direttive in regolamenti e lo sviluppo di un codice europeo dei consumatori che comprenda tutte le attuali direttive e, possibilmente, altri codici per quanto concerne il diritto dei pubblici appalti e il diritto di autorizzazione della proprietà intellettuale. I suggerimenti riguardano anche le lacune relative al passaggio di proprietà e al rischio per i beni del consumatore, stilando una lista nera di termini contrattuali proibiti e l’applicazione delle norme relative ai termini sleali anche ai termini non comuni e delle norme relative ai vantaggi dei consumatori ai servizi dei consumatori. Altri consigli includono sanzioni più severe per la violazione dei doveri di informazione e una maggiore protezione dei consumatori in caso di insolvenza da parte del fornitore.
4.4. Opzione IV
4.4.1. Reazioni dei governi
A differenza delle altre opzioni, le opinioni dei governi circa l’opzione IV non sono omogenee.
Il governo italiano è del parere che dovrebbe essere attuata l’armonizzazione orizzontale in particolari settori e cita come esempio il diritto contrattuale dei consumatori. Afferma che la legislazione dovrebbe comprendere norme obbligatorie e norme non obbligatorie e dovrebbe consentire la possibilità di scegliere un diverso diritto fondamentale. Il governo portoghese ritiene che l’opzione IV non sia un obiettivo realistico a breve termine, ma che può essere perseguito una volta attuata l’opzione II. Esso consiglia di portare avanti ed intensificare gli studi accademici in questo settore. L’opzione IV dovrebbe essere costituita da norme applicabili, salvo diversi accordi fra le parti contraenti. Dovrebbero esistere norme obbligatorie solo per casi speciali. Il governo portoghese ritiene che né una direttiva, né una raccomandazione siano strumenti adatti, in quanto entrambi comportano differenze nel diritto nazionale. I ministeri delle Finanze e degli Affari economici del Regno del Belgio sono favorevoli all’opzione IV. Il governo austriaco non si oppone esplicitamente all’opzione IV, ma mette in evidenza che sarà un lavoro lungo e difficile, e sottolinea che le istituzioni CE non dovrebbero essere contrarie a questa opzione. Esso suggerisce l’utilizzo di strumenti da applicare se le parti interessate sono concordi all’applicazione stessa. Analogamente, i Länder tedeschi considerano l’opzione IV lo strumento adeguato per il medio o lungo termine, a condizione che se ne dimostri la necessità, e sottolineano che l’attuale acquis comunitario dovrebbe essere completamente integrato, e che occorrerebbe garantire un elevato livello di protezione dei consumatori. Tuttavia ritengono che, al momento, la CE non disponga di una base giuridica per questo intervento, ma affermano che nel quadro della preparazione della prossima CIG, nel 2004, occorrerà esaminare la questione di questa specifica competenza. La questione della competenza della Comunità è sottolineata anche dal governo polacco, che tuttavia potrebbe considerare l’opzione IV come un’idea per il potenziale sviluppo del diritto europeo. Il governo austriaco mette in evidenzia la necessità di esaminare la questione della competenza.
Gli Stati SEE-EFTA sono scettici nei confronti dello sviluppo di un nuovo insieme di principi completi vincolanti di diritto contrattuale, ma accolgono con maggior favore l’idea di istituire un insieme di principi modello non vincolanti. Il governo finlandese, contrario a una legislazione completa per il vasto ambito del diritto contrattuale, ritiene in qualche modo opportuna una possibile armonizzazione minima del diritto assicurativo. Anche il governo austriaco sottolinea l’idea che il diritto assicurativo potrebbe essere un potenziale settore di armonizzazione. Al momento, il governo francese si oppone a un vero diritto contrattuale che sostituisca le leggi interne, ma non ha espresso un parere su disposizioni che lasciano invariate le norme nazionali (opt-in o opt-out). Il Financial Services Authority (Ente per i servizi finanziari) del Regno Unito considera prematura l’opzione IV, e ritiene che sia estremamente difficile perseguire l’opzione IV a dispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, in particolare in relazione all’applicazione automatica di norme che non potrebbero essere escluse. Xxxx ritiene che l’adozione di modelli, anche se puramente facoltativi e indicativi, richiederebbe un’ulteriore analisi della debolezza del sistema attuale, ma concorda sul fatto che la questione dovrà essere affrontata al momento opportuno. Il governo danese considera l’armonizzazione generale un progetto molto vasto e difficile che, alla luce dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, dovrebbe essere preso in considerazione solo se risulta evidente che le norme nazionali divergenti ostacolano un adeguato sviluppo del mercato interno, che questi problemi non possono essere risolti in altro modo e che i vantaggi di questa armonizzazione superano decisamente gli svantaggi. In questo caso, il governo danese si dichiara favorevole a una raccomandazione che istituisca principi di diritto contrattuale non vincolanti che gli Stati membri siano stimolati ad osservare nella loro legislazione, nonché una raccomandazione o regolamento che contenga norme contrattuali che le parti contraenti possono accettare per la regolamentazione dei loro contratti.
Il governo del Regno Unito si oppone all’opzione IV in qualunque sua forma e ritiene che non sia adeguata e che tenda ad ostacolare il principio di sussidiarietà. A suo parere, la legislazione dovrebbe concentrarsi su problemi specifici, identificati caso per caso.
4.4.2. Reazioni delle imprese
In generale, le industrie manifatturiere sono contrarie all’opzione IV. Un’associazione indica che la creazione di un codice civile può solo essere un obiettivo a lungo termine e dovrebbe essere sviluppata gradualmente attraverso un avvicinamento facoltativo delle leggi nazionali in modo che le imprese non si trovino improvvisamente ad affrontare variazioni eccessive dei costi. Si afferma inoltre la necessità di giustificare tutti gli interventi dell’Unione europea e si sostiene che la legislazione Unione europea dovrebbe essere sottoposta a prova sulla base della valutazione dell’impatto, dell’analisi dei costi-benefici, della proporzionalità e della sua potenziale capacità di creare posti di lavoro o disoccupazione. La maggior parte dei contributi che giungono dal settore dei mezzi di comunicazione non ritengono necessario l’intervento della Commissione attraverso un nuovo strumento. Alcune associazioni sono contrarie a qualsiasi tipo di condizioni contrattuali prestabilite i per contratti aziendali, poiché al momento non vi è la necessità di istituire un codice civile europeo.
Molti dei contributi giunti dal settore dei servizi finanziari considerano l’opzione IV adeguata a un obiettivo a lungo termine, e numerosi sono i consigli per un approccio appropriato: un quadro legislativo generale, una direttiva o un codice civile costituito per la maggior parte da norme non obbligatorie e in parte da norme obbligatorie. È stato suggerito un sistema opt-in. Gli altri settori imprenditoriali sostengono una nuova legge completa, ma solo dove sono stati identificati problemi concreti e come una soluzione di opt-out quale la CISG o l’UCC (United States Uniform Commercial Code — Codice commerciale uniforme degli Stati Uniti).
4.4.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
I contributi di coloro che sono intervenuti nel dibattito sono discordi circa la necessità e la giustificabilità dell’opzione IV. Coloro che sono contrari a questa opzione si appellano al fatto che non sussiste un danno evidente tale da giustificare un intervento dell’Unione europea; in ogni caso, non si può affermare che si verifichino distorsioni della concorrenza. Quanti sono favorevoli all’opzione IV desiderano che essa sia attuata, ma hanno idee diverse sul modo migliore di modificarla. In un caso si afferma che il diritto contrattuale europeo non dovrebbe essere introdotto attraverso un regolamento, in quanto agli Stati membri dovrebbe essere lasciata libertà di azione. In un altro caso si suggerisce che l’opzione IV sia limitata a taluni aspetti essenziali. Un’organizzazione afferma che il diritto europeo dei consumatori dovrebbe essere limitato ad un’armonizzazione minima, poiché esso mira soltanto a rafforzare la fiducia dei consumatori, mentre il diritto nazionale dei consumatori mira a proteggere la parte più debole. Analogamente, in un altro contributo si suggerisce che il diritto contrattuale europeo dovrebbe includere norme europee di protezione dei consumatori più severe. Si afferma infine che il diritto contrattuale europeo potrebbe facilitare il corretto funzionamento del mercato interno, incoraggiando i consumatori ad aumentare gli acquisti oltre confine.
4.4.4. Reazioni degli operatori del diritto
Solo 6 dei 27 contributi giunti dagli operatori del diritto rifiutano totalmente il suggerimento di un codice civile europeo. In particolare, gli operatori del diritto inglesi temono che l’importanza generale del diritto comune inglese ne possa soffrire. A loro parere sarebbe eccessivo, alla fine, imporre agli Stati membri un diritto contrattuale europeo obbligatorio. In un caso è stato asserito che uno schema obbligatorio rischierebbe di ostacolare l’importante aspetto relativo all’«esportazione» contenuto nel diritto comune inglese, che offre in tutto il mondo alle parti contraenti una sicurezza giuridica maggiore di quella offerta dai sistemi giuridici nella tradizione del diritto civile. Per esempio, vi sono termini comuni proposti dalla International Swaps Derivatives Association che utilizzano il diritto inglese. La Law Society of Scotland (ordine degli avvocati scozzesi), tuttavia, pur definendo l’opzione III come la propria
«opzione preferita», afferma che questa non dovrebbe essere portata avanti escludendo le opzioni II e IV.
Altri considerano che un codice civile uniforme e completo rappresenti la soluzione migliore ai problemi individuati. Tuttavia, non esiste un parere comune circa il modo più adatto per raggiungere questo obiettivo, se applicando una raccomandazione, una direttiva o, poiché le direttive sono spesso attuate in modo errato, un regolamento. Si tende comunque a preferire un sistema opt-in, un insieme di norme transnazionali che, a discrezione degli Stati membri, possano anche essere scelte dalle parti interessate per i semplici contratti a livello nazionale. Si suggerisce, come prima fase, l’uniformazione della terminologia giuridica. Si devono tenere in considerazione i principi nazionali relativi ai contratti pubblici, al diritto di famiglia e alla procedura civile collegati con il diritto contrattuale.
4.4.5. Reazioni dei giuristi accademici
Gli accademici sono in maggioranza favorevoli all’opzione IV, benché essa sia vista come una strategia a lungo termine o, da alcuni, come qualcosa per un futuro remoto; vi è inoltre un’opposizione diretta. Si sottolinea che il successo del diritto contrattuale europeo dipende dalla sua qualità sostanziale. Tra gli indicatori di una qualità sostanziale vi sono norme semplici, chiare, accessibili, pratiche e complete, che devono tenere conto delle moderne situazioni socio-economiche, non eccessivamente astratte. Si afferma che il diritto contrattuale europeo non deve essere un semplice compromesso tra le diverse leggi nazionali, ma si devono scegliere le norme migliori e più giuste. Si suggerisce anche che l’analisi giuridica positivista, se non è accompagnata dall’attenzione verso l’impatto sociale ed economico delle costruzioni giuridiche, è inutile. Un indicatore importante delle norme di base è costituito dalla misura in cui esse rispecchiano ciò che le parti interessate avrebbero concordato.
Si suggerisce in modi diversi un’attuazione progressiva che proceda per fasi, per esempio adottando un approccio opt-in prima di sostituire, in una fase finale, le leggi nazionali; occorre inoltre un periodo di prova. Si insiste sul fatto che taluni Stati membri potrebbero adottare un diritto contrattuale europeo prima di altri, sebbene un accademico si opponga a questa possibilità. In un contributo si suggerisce che la questione politica di una codifica paneuropea dovrebbe essere esaminata sullo sfondo di un possibile testo legislativo.
Molti accademici sono favorevoli a sostituire il diritto nazionale, in una fase finale, con un diritto europeo uniforme o con un codice civile europeo, benché parecchi preferiscano una soluzione opt-in o opt-out, in particolare per norme non vincolanti o facoltative. È stato osservato che, benché il diritto inglese contempli la possibilità di optare per la Uniform Law on the International Sale of Goods (Legge uniforme sulla vendita internazionale di merci) del 1964, non è mai stato registrato un caso in cui le parti contraenti abbiano scelto questa alternativa. Tra le ragioni avanzate a sostegno del parere contrario alla sostituzione del diritto nazionale vi è l’idea che la codifica a livello europeo comporterebbe rigidità e stasi nel diritto e l’idea che una presenza parallela del diritto contrattuale europeo e nazionale a lungo termine riunirebbe i vantaggi di una normativa centralizzata e decentralizzata ed eviterebbe gli svantaggi.
In generale vi è una forte preferenza per uno strumento direttamente vincolante quale un regolamento o un trattato ad hoc, piuttosto che una direttiva o una raccomandazione, poiché il corretto funzionamento del mercato interno richiede l’armonizzazione non solo dei principi generali ma anche delle norme che regolano le attività delle imprese e dei tribunali. Si osserva che se in diversi Stati deve essere eliminata l’incertezza per quanto riguarda la situazione giuridica, le disposizioni giuridiche dovranno quindi essere uguali nei diversi Stati e la promulgazione di leggi attraverso le direttive complicherebbe ulteriormente e renderebbe più inefficiente il processo di stesura e di consulenza giuridica.
4.5. Altre opzioni; campo di applicazione della comunicazione
4.5.1. Reazioni dei governi
Il Bundesrat tedesco, pur sostenendo le opzioni II e III e, a lungo termine, l’opzione IV, ritiene comunque che, se necessario, risulterebbe utile adottare misure di armonizzazione particolari.
I Länder tedeschi e il governo austriaco sono contrari al recepimento del diritto di famiglia e del diritto di successione. Anche il ministro delle Finanze belga è contrario al recepimento di norme relative al diritto di famiglia e ai beni immobili. I Länder tedeschi sono inoltre contrari al recepimento del diritto di proprietà. Il governo austriaco propone di recepire il diritto di proprietà. Il governo austriaco propone di recepire il diritto di risarcimento per fatto illecito. Il governo francese sostiene una concezione limitata del diritto contrattuale, che praticamente esclude il diritto di risarcimento per fatto illecito e il diritto di proprietà.
Il governo finlandese, mentre suggerisce la necessità di studiare nuove norme a livello comunitario in materia di diritto assicurativo (cfr. opzione IV), indica che, come minimo, dovrebbero essere riesaminate a breve le norme di diritto privato internazionale.
Il governo danese suggerisce che la Commissione si impegni prima di tutto a controllare il corretto funzionamento delle norme internazionali e del diritto applicabile. Inoltre è favorevole a uno studio più dettagliato per quanto riguarda sia l’armonizzazione generale del diritto contrattuale, sia il fatto che parti di esso possono essere attuate, con conseguenti vantaggi, in un più ampio quadro internazionale, come quello delle Nazioni Unite. Esso cita l’esempio della CISG.
Il governo austriaco e quello danese sottolineano che in tutti i futuri lavori il principio della libertà in materia di contratti dovrebbe costituire la regola generale, e che le eventuali limitazioni a detto principio dovrebbero costituire l’eccezione alla regola.
4.5.2. Reazioni delle imprese
I contributi che giungono dall’industria manifatturiera individuano un particolare bisogno di armonizzazione dei termini di prescrizione e delle norme sulla limitazione della responsabilità. Inoltre, non si ritiene giustificato limitare il lavoro in materia di diritto privato al solo diritto contrattuale. Se l’obiettivo è quello di facilitare le transazioni transfrontaliere, il diritto contrattuale non può essere considerato svincolato dal diritto di proprietà. Alcuni suggerimenti del settore dei servizi finanziari si riferiscono alla possibilità di inserire ambiti quali le esigenze di informazione, il diritto tributario e il diritto societario nel processo di armonizzazione. Il settore dei mezzi di comunicazione suggerisce di adottare, come strumento alternativo per il diritto dei consumatori, un sistema simile a quello di Incoterms nel diritto contrattuale. I contributi giunti da altri settori imprenditoriali affermano che la Commissione potrebbe anche fornire una piattaforma istituendo un sito web dove sono presenti informazioni in materia di diritto contrattuale e un confronto delle normali clausole contrattuali.
4.5.3. Reazioni delle associazioni consumeristiche
Un commento afferma che la convenzione di Roma sulle norme obbligatorie dovrebbe essere chiarita chiedendo l’applicazione del diritto dello Stato di appartenenza del consumatore, indipendentemente dalla sede dell’azienda.
4.5.4. Reazioni dei giuristi accademici
Gli strumenti alternativi consigliati per l’adozione del diritto contrattuale europeo sono costituiti da principi modificabili più liberamente della legislazione ordinaria, così da risultare accessibili, raccomandando tuttavia l’importanza di una fonte giuridica vincolante, da un trattato ad hoc e da leggi modello come quelle utilizzate negli Stati Uniti. Ulteriori tecniche comprendono la modifica del diritto privato internazionale al fine di consentire l’adozione di principi comuni, quali un «ordinamento giuridico parziale autonomo». Si osserva che un sistema giuridico per i contratti transfrontalieri potrebbe essere unilateralmente copiato nel diritto nazionale.
Alcuni suggerimenti riguardano il recepimento di norme obbligatorie e non, la codifica di un diritto dei consumatori e il relativo recepimento nel diritto contrattuale europeo in uno stesso strumento. Si suggerisce una distinzione tra contratti dei consumatori e contratti commerciali, assegnando eventualmente alle PMI un trattamento speciale, o tra norme obbligatorie e non obbligatorie, con il suggerimento, da parte di alcuni contributi, di attuare un’ulteriore distinzione tra i doveri di informazione obbligatori e le norme obbligatorie che ne conseguono. Si suggerisce che, come compromesso politico, si potrebbe prevedere una gamma di possibili livelli di protezione con norme obbligatorie oppure opzioni rigidamente prestabilite per il legislatore nazionale, unita ad un sistema opt-in per norme non obbligatorie. In un contributo si suggerisce la necessità di armonizzare solo le norme obbligatorie.
Alcuni suggerimenti riguardano il fatto che le norme dovrebbero essere formulate prima per settori particolarmente problematici, quali la creazione di contratti e i diritti di garanzia dei beni mobili. Altri accademici affermano la necessità di addivenire in un ultima fase a un codice civile europeo, o di unificare il «diritto patrimoniale», mentre uno degli intervenuti al dibattito commenta osservando che i codici relativi ad argomenti specifici potrebbero comportare problemi di coordinamento nel diritto nazionale. I contributi pervenuti suggeriscono di inserire norme sull’intero diritto delle obbligazioni, includendo non solo il contratto e il risarcimento per fatto illecito (delitto) ma anche il rimborso (arricchimento senza causa), e norme sulla proprietà, compresi la cessione, la proprietà intellettuale e la proprietà immateriali in generale nonché gli interessi di garanzia, dando la priorità a questi ultimi, e i patrimoni fiduciari. Oltre a questi settori e a quello del diritto dei consumatori, sono stati citati il diritto di famiglia, il diritto di lavoro, il diritto societario, gli appalti pubblici e l’insolvenza. In un contributo si suggerisce che la Comunità non dovrebbe prendere iniziative nei settori dove tutti gli Stati membri hanno ratificato convenzioni internazionali sul diritto privato sostanziale, come la CMR (Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada) e la COTIF (Convenzione relativa ai trasporti ferroviari internazionali).
Le richieste di un maggiore coordinamento a livello internazionale riguardano la possibilità che la Commissione istituisca solidi legami con gli enti delle Nazioni Unite quali Uncitral e Unidroit e la ratifica della convenzione sulla vendita internazionale di merci da parte degli Stati membri che ancora non l’hanno ratificata. Tuttavia, il gruppo di Pavia critica la convenzione poiché non tiene conto delle relative transazioni e a causa delle sue numerose lacune.
Altri suggerimenti riguardano l’armonizzazione del codice di procedura civile e il perfezionamento del diritto privato internazionale.
5. INTERVENTI FUTURI
La Commissione non ha ancora elaborato le sue conclusioni. Intende presentare le sue osservazioni e raccomandazioni, eventualmente sotto forma di Libro verde o bianco, entro la fine del 2002. In questo documento la Commissione intende:
— identificare i settori nei quali la diversità della legislazione nazionale nell’ambito del diritto contrattuale può indebolire il corretto funzionamento del mercato interno e l’applicazione uniforme del diritto comunitario,
— descrivere in modo più dettagliato le opzioni di intervento nel settore del diritto contrattuale che incontrano maggiormente il favore della Commissione alla luce dei risultati della consultazione. In questo contesto, si continuerà a migliorare l’attuale legislazione CE; la Commissione intende tenere fede alla richiesta di avanzare proposte a livello legislativo al fine di consolidare il diritto comunitario esistente in numerosi settori,
— sviluppare un piano di azione per un’attuazione programmata delle conclusioni strategiche della Commissione.
Appendice 1
ELENCO DELLE PARTI INTERESSATE INTERVENUTE NEL DIBATTITO
Il seguente elenco non riporta i nomi di coloro che hanno esplicitamente richiesto la riservatezza. Le parti interessate intervenute nel dibattito sono elencate per categoria conformemente alla classificazione utilizzata dai servizi della Commissione nella valutazione dei contributi. L’ordine in cui sono elencate le varie parti interessate intervenute non segue l’ordine in cui sono stati ricevuti i contributi, né implica in alcun modo un’eventuale valutazione rispetto all’importanza dei contributi stessi.
1. GOVERNI
1.1. Bayerisches Staatsministerium der Justiz, Xxxxxxxx Xxxxxx, Regierungsdirektor, München
1.2. EFTA, European Free Trade Association (Associazione europea di libero scambio), Xxxxx Xxxxxx, Bruxelles
1.3. Ministero della Giustizia finlandese
1.4. Governo polacco
1.5. Bundesrat (risoluzione)
1.6. Governo britannico
1.7. Governo italiano, ministero Affari esteri
1.8. Governo portoghese
1.9. Ministero delle Finanze del Regno del Belgio (*)
1.10. Ministero degli Affari economici del Regno del Belgio (*)
1.11. Commissione per le banche e la finanza del Regno del Belgio (*)
1.12. UK Financial Services Authority (Ente per i servizi finanziari del Regno Unito)
1.13. Agenzia per i consumatori e mediatore per i consumatori del Regno di Svezia
1.14. Governo austriaco
1.15. Governo francese
1.16. Mediatore per i consumatori e Agenzia per i consumatori della Repubblica di Finlandia
1.17. Governo danese
2. SETTORE IMPRENDITORIALE
2.1. Industria manifatturiera
2.1.1. Bundesverband der Deutschen Industrie, Abteilung Recht, Wettbewerbspolitik und Versicherung, Berlino
2.1.2. Chambre de Métiers, Parigi
2.1.3. Deutscher Industrie und Handelskammertag, Bruxelles
2.1.4. VDMA Verband Deutscher Maschinen- und Anlagenbau, Xxxxxx Xxxxx, Bruxelles
2.1.5. Zentralverband Deutsches Baugewerbe, Rechtsanwalt Xxxxx Xxxxx, Berlino
2.1.6. Orgalime
2.2. Commercio dettaglio
2.2.1. [richiesta la riservatezza]
2.2.2. FEDSA, Federation of European Direct Selling Associations (Federazione delle associazioni di vendita diretta), Bruxelles
2.3. Servizi finanziari
2.3.1. Barclays PLC, Xxxx Xxxxxxxx, EU Adviser’s Office (Ufficio del consigliere UE), Londra
2.3.2. Bundesverband Deutscher Banken, e.V., Xxxx Xxxxxxxx, Berlino
2.3.3. Bundesverband der Deutschen Volks- und Raiffeisenbanken, Bundersverband der Öffentlichen Banken Deutschlands, Deutscher Sparkassen- und Giroverband e.V
Dr. Danco, Berlino
2.3.4. Comité Européen des Assurances, Bruxelles
2.3.5. London Investment Banking Association, Xxxxxxx Xxxxx, Direttore, Londra
2.3.6. Servizi Interbancari SpA., Xxxxxx Xxxxxxxx, Dr. hon. c. Cav., Presidente
2.3.7. Zurich Financial Services (UKISA), Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, Direttore, Servizi legali, Londra
2.3.8. Eurofinas (European Federation of Finance House Associations — Federazione europea delle società finanziarie)
2.3.9. Euronext SA (*)
2.3.10. Nasdaq Europe SA (*)
2.3.11. Association of European Co-operative and Mutual Insurers (Associazione europea delle cooperative e mutue assicuratrici)
2.3.12. European Mortgage Federation (Federazione ipotecaria europea)
2.4. Mezzi di comunicazione
2.4.1. Advertising Association, Xxxx Xxxxxx, Londra
2.4.2. European Publishers Council (Consiglio europeo degli editori), Xxxxxx Xxxxx, Direttore esecutivo, Oxford
2.4.3. Federation of European Publishers (Federazione degli editori europei), Xxxx Xxxxxxxx-Xxxxx, Direttore aggiunto, Bruxelles
2.4.4. Motion Picture Association, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Ufficio europeo, Bruxelles
2.4.5. Neuromedia Intenational, Lyon
2.4.6. Pyramide Europe, Xxxx Xxxxxx, Direttore generale, Londra
2.4.7. Associazione degli editori del Regno Unito
2.4.8. [richiesta la riservatezza]
2.4.9. British Copyright Council (Consiglio britannico per i diritti d’autore), Londra
2.4.10. British Music Rights (Diritti musicali britannici)
2.4.11. ENPA, European Newspaper Publishers’ Association, Bruxelles
2.5. Altro
2.5.1. Business Software Alliance, Bruxelles
2.5.2. Electricity Association, Xxxx Xxxxxxxx, Responsabile del gruppo appalti, Londra
2.5.3. EuroCommerce, Bruxelles
2.5.4. International Chamber of Commerce (Camera di commercio internazionale), Xxxxxx Xxxxxx, Direttore responsabile delle politiche aziendali, Commercio elettronico, telecomunicazioni e IT, Parigi
2.5.5. MEDEF, Mouvement des Entreprises de France, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Parigi
2.5.6. NECP, New Engineering Contract Panel of the Institution of Civil Engineers, Xxxxx Xxxx, Londra
2.5.7. UEAPME, Unione europea artigianato e piccole e medie imprese, Bruxelles
2.5.8. Wirtschaftskammer Österreich, Abteilungsleiter Univ. Doz. Dr. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Wien
2.5.9. Bundesverband der Freien Berufe (BFB), Berlino
2.5.10. Camera di commercio di Stoccolma
2.5.11. Camera internazionale della marina mercantile e Associazione degli armatori della CE
2.5.12. Confederation of Business and Industry (Confederazione impresa e industria)
2.5.13. Unione delle confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro
2.5.14. Federazione europea delle associazioni delle società di leasing
2.5.15. IT Law Observatory (Osservatorio sul diritto nel settore dell’IT) svedese (**)
2.5.16. [richiesta la riservatezza]
2.5.17. Leaseurope, Bruxelles
2.5.18. FEDMA, Federation of European Direct Marketing, Bruxelles
3. ASSOCIAZIONI DI CONSUMATORI
3.1. BEUC, Ufficio europeo delle Unioni di consumatori, Ufficio legale, Bruxelles
3.2. Associazione dei consumatori, Xxxxxx Xxxxxxx, primo legale, Londra
3.3. European Consumer Law Group (Gruppo per il diritto europeo dei consumatori), Bruxelles
3.4. Union Fédérale des Consommateurs
3.5. Consiglio dei consumatori del Regno del Belgio (*)
4. OPERATORI DEL DIRITTO
4.1. Bar Council of England and Wales (Consiglio dell’ordine degli avvocati d’Inghilterra e del Galles), Xxxxxx Xxxxxxxx, Direttore, Bruxelles
4.2. Xxxxx Xxxxxxxxxx, Dr. Giudice presso il Tribunale civile di Lucca
4.3. Xxxxx Xxxxxx, Rechtsreferendar, Göttingen
4.4. Bundesnotarkammer Deutschland, Dr. Xxxx Xxxxxxxxxxxx, Geschäftsführer, Köln
4.5. BRAK, Bundesrechtsanwaltskammer Deutschland, Büro Brüssel
4.6. CentreBar, Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Monaco
4.7. CMS Xxxxxxx XxXxxxx and CMS Bureau Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx-Xxxx, Bruxelles
4.8. Xxxxxxx Xxxxxxx, Avvocato
4.9. Combar, Commercial Bar Asssociation (Associazione ordine degli avvocati del settore commerciale), Xxxxxxx Xxxxx, Londra
4.10. Conférence des Notariats de l’Union Européenne, Bruxelles
4.11. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Ausschuss für internationalen Rechtsverkehr, Prof. Dr. Xxxx-Xxxxxx Xxxxxxx, Frankfurt am Main
4.12. Deutscher Notarverein, Berlino
4.13. Xxxxxxx Xxxxxxx, Dr., Landesgericht Eisenstadt
4.14. Xxxxxx XxXxxxxx Q.C., avvocato, Inghilterra
4.15. Xxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxxx, procuratoti legali, Londra
4.16. Xxxxxx Xxxx, avvocato, Enterprise Xxxxxxxx, Londra
4.17. Xxxxx Xxxxx, Leiter Euro Info Centre, Mannheim & Xxxxxxx Xxxxxxx, Bereichsstellenleiter Recht, Euro Info Centre, Mannheim
4.18. Landesnotarkammer Bayern, Dr. Xxxxxxx, Praesident, Muenchen
4.19. Lovells Xxxxxxxxx Xxxxxx, Londra
4.20. Österreichischer Rechtsanwaltskammertag, Dr. Xxxxx Xxxxxxxx, Präsident, Wien
4.21. Observatorio Juridico Transfronterio Iuris Muga, Colegio de Abogados de Gipuzkoa, San Sebastian
4.22.
4.22a.
The Law Society of England and Wales (ordine degli avvocati d’Inghilterra e del Gallese), Xxxxxx Xxxxxx, Presidente, Dipartimento per le riforme legislative, Londra
4.23. Österreichische Notariatskammer
4.24. Sveriges Advokatsamfund
4.25. Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino
4.26. Consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano
4.27. The Law Society of Scotland (ordine degli avvocati di Scozia)
5. ACCADEMICI
5.1. Academia dei Giusprivatisti Europei, Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxx. Xxxx Xxxx xx xxx Xxxxx, Pavia
5.2. Xxxxxx Xxxxxx, Prof. Dr. iur., Fachhochschule Konstanz
5.3.
5.3a.
Xxxxxxxxx xxx Xxx, Prof. Dr. iur., Direktor des Instituts für Internationales Privatrecht und Rechtsverglei- chung, Universität Osnabrück
5.4.
5.4a.
Prof. Dr. Xxxxxxx, Direktor des Max-Planck-Institutes für Ausländisches und Internationales Privatrecht, Amburgo
5.5. Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx, Prof. Dr., Departamento de Derecho, Università di La Rioja
5.6. Xxxxxxx Xx. Daskarolis, Prof. Università Demokritos, Tracia, Grecia
5.7. Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, Ass. Prof. Ph.d., MSc in Business Administration and Commercial Law (Laurea in amministrazione aziendale e diritto commerciale), Copenhagen Business School
5.8. Facoltà di giurisprudenza, Università di Uppsala, Svezia
5.9. Xxxxxx Xxxxxxxx, Professeur, Directeur du Centre de droit des obligations, Université catholique de Louvain
5.10. Xxxxxxx Xxxxxx, Prof. Dr., Forschungsstelle für Internationalisiertes und Europäisiertes Privatrecht, Universität Luzern, Luzern
5.11. Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx, Catedrático de Derecho Civil, Emérito de la Universidad de Xxxxxxxx
5.12. Xxxxx Xxx Xxxxxx Xxxxx, Dr., Catedrática de Derecho Civil & Xxxxxx Xxxx, Dr., Profesor Titular de Derecho Civil, Università di Xxxxxxxx de Compostela
5.13. Xxxxxx Xxxxxx Xxxx, Profesora de Derecho Civil, Universidad de Xxxxxxxx
5.14. Xxxxxx xxx Xxxxxx, Prof. em. Università di Leuven e Università di Maastricht
5.15. Xxxxx Xxxxx, Professeur à l’Université Panthéon-Assas, Paris II
5.16. Xxx Xxx Xxxxx QC, Emeritus Professor of Law (prof. di diritto), Università di Oxford
5.17. Dr. Xxxxxxxx X. Xxxxxx, Lecturer, Università di Atene
5.18. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, prof. ordinario di diritto agrario, Università di Bari & Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, prof. straordi- nario di diritto privato, Università di Bari
5.19. Xxxx Xxxxxxxx Xxxx, Professor, Dedman Law School, Southern Methodist University, Dallas
5.20. Xxxxxxxxx Xxxxxx, Prof. Dr., Lehrstuhl für Zivilrecht, Antike Rechtsgeschichte und Xxxxxxxxxx Xxxxx, Xxxx-Xxxxxxxxxxx Xxxxxx
0.00. Xxxxxx Xxxxxx xxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx
5.22.
5.22a.
Xxxxxx Xxxxxx, Priv. Doz. Dr., Lehrstuhl für Zivilrecht, Universität Bayreuth
5.23. Xxxxxx Xxxxxxxx de Xxxxxxx, Catedrátido de Derecho Civil, Universidad de Xxxxxxxx
5.24. Accademici polacchi consulenti del governo polacco: Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxxx´ski, Xxxxx Xxxxxx and Xxxxxxxxx Xxxxxxxx´ski
5.25. Project Group: Restatement of European Insurance Contract Law (gruppo di progetto: Nuova formulazione della normativa europea in materia di contratti di assicurazione), Presidente Prof. Dr. Xxxxx Xxxxxxxx- Facilides LL.M., Universität Innsbruck
5.26. Xxxxx X. Xxxxx, Queens’ College, Cambridge, Emeritus Professor of Civil Law (prof. di diritto civile) all’Università di Cambridge e vicepresidente dell’Academia dei Giusprivatisti Europei
5.27. Xxxx Xxxxxxxx Escámez, Università Xxxxxx Xxxxx, Barcelona
5.28. Xxxxxxx Xxxxx, Prof. Dr. Dr. h.c., Preside, Riga Graduate School of Law
5.29.
5.29a.
Xxxxxx Xxxxxx, Priv. Doz. Dr., Max-Planck-Institut Hamburg, Universität Würzburg
5.30. Xxxxxx Xxxxxxxx, prof. ord. f. r. dell’Università «La Sapienza» di Roma
5.31. Xxxxxxxxx X. Xxxxxx, European University Institute (Istituto universitario europeo), Firenze
5.32. Xxxxxx Xxxxxxx-Xxxxxx, Universität Freiburg
5.33. Xxxx Xxxxxxx-Xxxxxx, Professor, Dr.iur., Universität Bielefeld
5.34. Xxxxxx Xxxxxxx, Professor, Dr. Dr. h.c. Centrum für Europäisches Privatrecht an der Universität Münster & Xxxx Xxxxxxx-Xxxxxx, Professor, Dr., Universität Bielefeld
5.35. Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, Professor Titular de Derecho Civil en la Xxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx
0.00. | Xxx X. Xxxxx, Professor of European Private Law (professore di diritto privato europeo), Università di |
5.36a. | Maastricht |
5.37. | Society of Public Teachers of Law of Great Britain and Northern Ireland, J.R. Bradgate, Università di Sheffield |
5.38. | Xxxx-Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Dr. Dr. h.c., Universität München |
5.39. | Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Dr., Universität Münster |
5.40. | Stockholm School of Economics (Scuola di economia di Stoccolma), Prof. Dr. iur. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx |
5.41. | Study Group on a European Civil Code (gruppo di studio per un codice civile europeo), Professor Dr. Dr. h.c. mult. Xxx Xxxxx & Xxxxxxxxx x. Bar, Professor, Dr., Universität Osnabrück |
5.42. | Xxxxx Xxxx Xxxxxxxx, Professor de la Facultad de Derecho, Universidad de Xxxxxxxx |
5.43. | Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Prof., Università di Ryukyus, Nishihara Okinawa, Giappone |
5.44. | Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, Professor of Civil and Commercial Law (professore di diritto civile e commerciale), |
5.44a. | Università di Helsinki, Membro della Commissione Lando |
5.45. | Xxxxxxxxx Xxxxxxx, European Institute of Public Administration (Istituto europeo di pubblica amministra- zione), Luxembourg & Xxxxx Xxxxx, Institut für Zivilrecht, Universität Innsbruck |
5.46. | Xxxxxxx Xxxx, Prof. Dr., Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx-Universität, Frankfurt am Main |
5.47. | Zboralska Xxxxxxx, LL.M. & Xxxxxxx Xxxxxxx, LL.M., Europa-Universität Viadrina, Frankfurt/Oder |
5.48. | Prof. Dr. M. W. Hesselink, Faculteit der Rechtsgeleerdheid, Amsterdam |
5.49. | Università di Xxxx, Facoltà di giurisprudenza |
5.50. | Prof. Dr. LL.X. Xxxxx Xxxxx, Università di Monaco |
5.51. | Xxxxxxx Xxxxxxx, Università di Sheffield |
5.52. | Prof. Xxxxxxx Xxxxxx |
5.53. | Xxxx. Xxx Xxxxxx, Università di Torino e UC Xxxxxxxx |
5.54. | Prof. Xxxx-Xxxxx Xxxxxxxxxxxx |
5.55. | Prof. Dr. Xxxxx Van den Xxxxx, Università di Rotterdam |
5.56. | Xxxx Xxxxxxx, London School of Economics (Scuola di economia di Londra) |
5.57. | Xxxx. Xxxxxxxx & Xxxxxx, Università di Erlangen-Nürnberg e Marburg |
5.58. | X. Xxxxxxx, Xxxxxxx |
5.59. | Du Xxxxx, Leuven |
5.60. | Xxxx Xxxx, ULB |
5.61. | Università di Stoccolma, Facoltà di giurisprudenza |
5.62. | Prof. Xxxx-Xxxxxxxx Xxxxxx e studenti DEA dell’Università di Nizza |
5.63. | Xxx Xxxxxxxxxx, Ricercatore, Copenhagen Business School, Law Department (Dipartimento di legge) |
5.64. | Prof. Dr. iur. Xxxxxx Xxxxxxxxx, Dipl.Kfm., LL.M., Göttingen |
5.65. | Prof. Dr. iur. Xxxxx Xxxxxxxxx, Lehrstuhl für Bürgerliches Recht, Internationales Privat- und Prozessrecht und Rechtsvergleichung an der Universität Hamburg |
5.66. | Xxxxxx Xxxxxx, Università di Amburgo |
5.67. | Xxxx-X. Xxxxxxxx, Professor an der Universität Bamberg, Inhaber des Lehstuhls für Privatrecht, insbes. Handels-, Gesllschafts- und Wirtschaftsrechts, Xxxx Xxxxxx Lehrstuhl für Europäisches Wirtschaftsrecht |
5.68. | Xxxxxxx Xxxxxxx |
5.69. | Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxx |
5.70. | Professor Dr. Xxxx-Xxxxxxx Xxxx, LL.M. (Harvard), Direktor des Instituts für Internationales Privatrecht und Rechtsvergleichung und des Zentrums für Europäisches Wirtschaftsrecht der Universität Bonn |
5.71. | Xxxxxx Xxxxx, University Lyon (II) |
5.72. | Xxxxxxx Xxxxx, dottore di ricerca in diritto privato dell’economia |
5.72. | Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, University of Bari |
5.73. | UMR Régulation des activités économiques, University of Paris (I) Panthéon-Sorbonne |
5.74. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, submission of Xxxx X. Xxxxxxxxxxxx |
5.75. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, submission of Xxxx-Xxxxxxxx Xxxxxx |
5.76. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, submission of Xxxxxxx Xxxxxx |
5.77. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, submission of Xxxxx-Xxxxxx Xxxxx |
5.77. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, submission of Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx |
5.78. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, panel discussion summarised by Xxxxxxxx Xxxxx |
5.79. | ERA-Forum, Academy of European Law Trier, submission of Xxxxxxx Xxxxx |
5.80. | Xxxx Xxxxx Xxxxxx |
5.81. Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx
5.82. Xxxx. Xxxx Xxxxx
5.83. Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx
5.84. Prof. Xxxxxx xx Xxxxx
5.85. Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx
5.86. Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
(*) Incluso nella posizione del ministero della Giustizia del Regno del Belgio, che costituisce una sintesi di diversi contributi ricevuti e non rappresenta la posizione del governo del Regno del Belgio in quanto tale.
(**) La risposta dell’IT Law Observatory (Osservatorio sul diritto nel settore dell’IT) svedese è stata inserita tra le risposte provenienti dal settore imprenditoriale dato che la maggior parte dei membri dell’osservatorio rappresentano imprese del settore dell’IT.
Appendice 2
ANALISI STATISTICA DEI CONTRIBUTI
Governo | Settore imprendito- riale (****) | Associazioni di consu- matori | Operatori del diritto | Accademici (**) | Totale | |
Austria | 1 | 1 | 0 | 3 | 1 | 6 |
Belgio | 1 (*) | 0 | 0 | 0 | 2 | 3 (*) |
Danimarca | 1 | 0 | 0 | 0 | 2 | 3 |
Finlandia | 2 | 0 | 0 | 0 | 1 | 3 |
Francia | 1 | 2 | 1 | 1 | 4 | 9 |
Xxxxxxxx | 0 | 0 | 0 | 0 | 00 | 00 |
Xxxxxx | 0 | 0 | 0 | 0 | 2 | 2 |
Irlanda | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Italia | 1 | 1 | 0 | 3 | 9 | 14 |
Lussemburgo | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Paesi Bassi | 0 | 0 | 0 | 0 | 8 | 8 |
Xxxxxxxxxx | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Xxxxxx | 0 | 1 | 0 | 1 | 10 | 12 |
Svezia | 1 | 2 | 0 | 1 | 4 | 8 |
Regno Unito | 2 | 11 | 1 | 7 (***) | 6 | 27 |
Internazionale, inclusa UE | 0 | 21 | 2 | 4 | 4 | 31 |
Totale UE | 13 | 47 | 4 | 27 | 83 | 174 |
Non UE | 2 | 0 | 0 | 0 | 5 | 7 |
Totale | 15 | 47 | 4 | 27 | 81 | 181 |
(*) Il contributo del governo del Regno del Belgio era una sintesi, redatta dal ministero della Giustizia, delle opinioni dei ministeri delle Finanze e degli Affari economici, della Commissione per le banche e la finanza del Regno del Belgio, di Euronext SA, di Nasdaq Europe SA e del Consiglio dei consumatori del Regno del Belgio. Ai fini di questa statistica, il contributo è considerato un unico contributo governativo. Tuttavia, esso non rappresenta la posizione del governo del Regno del Belgio.
(**) L’attribuzione delle risposte del mondo accademico alle diverse nazioni era basato, tranne nel caso dei gruppi internazionali, sull’ubicazione delle università interessate. Nel caso di collaborazioni in diversi paesi, i contributi sono classificati come contributi internazionali. Quando sono stati ricevuti due contributi distinti di uno stesso partecipante al dibattito, questi sono stati classificati come un unico contributo complessivo. Il contributo inviato dalla Society of Public Teachers of Law of United Kingdom and Ireland è stato considerato un contributo del Regno Unito.
(***) I due contributi della Law Society of England and Wales sono stati considerati un unico contributo.
(****) La risposta dell’IT Law Observatory (Osservatorio sul diritto nel settore dell’IT) svedese è stata inserita tra le risposte provenienti dal settore imprenditoriale dato che la maggior parte dei membri dell’osservatorio rappresentano imprese del settore dell’IT.