LA “CERTIFICAZIONE” DELLA COMPATIBILITÀ DEI COSTI DERIVANTI DA CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO E LA LEGITTIMAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI IN TALE PROCEDIMENTO A SOLLEVARE QUESTIONI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
LA “CERTIFICAZIONE” DELLA COMPATIBILITÀ DEI COSTI DERIVANTI DA CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO E LA LEGITTIMAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI IN TALE PROCEDIMENTO A SOLLEVARE QUESTIONI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
di Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx (*)
Abstract: La Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 89 dell’8 maggio 2023, ha riconosciuto la legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale nel corso del procedimento della Corte dei conti di “certificazione” dei costi dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego. Il Giudice delle leggi ha precisato che quando l’accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, anche per la complessità delle questioni, “come accade in relazione ai profili attinenti all’osservanza di norme poste a tutela della sana gestione finanziaria e degli equilibri di bilancio”, i meccanismi di accesso del giudice contabile “debbano essere arricchiti” (sent. n. 18/2019). La Corte dei conti, in ragione della peculiare natura dei suoi compiti e in particolare delle funzioni di controllo sulla gestione finanziaria delle amministrazioni pubbliche ad essa attribuite dall’art. 100, c. 2, Cost., è stata, pertanto, riconosciuta come giudice competente a introdurre al vaglio della Corte costituzionale quei profili, e ciò soprattutto con riguardo all’esigenza di assicurare un controllo di legittimità costituzionale tempestivo in relazione a quei contesti che possono maggiormente rappresentare “territori di rischio” per la finanza pubblica. In questa prospettiva assume quindi rilievo la circostanza che il procedimento in argomento risulta particolarmente funzionale a “prevenire pratiche contrarie ai principi della previa copertura e dell’equilibrio di bilancio (sentenze
n. 266 e n. 60 del 2013)” (sent. n. 39/2014). Infatti, una volta reso efficace il contratto collettivo, nessuna delle parti contraenti e nessuno dei singoli beneficiari avrebbe interesse (anche in senso tecnicoprocessuale) ad impugnare gli atti applicativi di tale legge instaurando un giudizio entro cui sollevare (eventualmente anche d’ufficio) un incidente di costituzionalità.
The Constitutional Court, in its very recent ruling No. 89 of May 8, 2023, recognized the legitimacy of raising a question of constitutional legitimacy during the proceedings of the Court of Auditors for the “certification” of the costs of collective labor agreements in public employment. The Court made it clear that when access to its review is made uneasy, including due to the complexity of the issues, “as happens in relation to profiles pertaining to compliance with rules set to protect sound financial management and budget balances” the Accounting Court’s access mechanisms “must be enriched” (Judgment No. 18/2019). The Court of Auditors, due to the peculiar nature of its tasks and in particular the functions of control over the financial management of public administrations attributed to it by Article 100, c. 2, of the Constitution, has, therefore, been recognized as a competent judge to submit to the Constitutional Court the profiles that may most represent a risk to public finance. The procedure in question is particularly functional in “preventing practices contrary to the principles of prior coverage and budget balance” (Sentence No. 39/2014). Indeed, once the collective agreement is made effective, none of the contracting parties and none of the individual beneficiaries would have an interest in raising (possibly even ex officio) an incident of constitutionality.
Sommario: 1. Premessa. – 2. Il procedimento di certificazione dei contratti collettivi nella legislazione statale. – 3. Il procedimento di certificazione dei contratti collettivi nella legislazione regionale siciliana. – 4. I connotati del controllo svolto dalla Corte dei conti in sede di certificazione dei contratti collettivi. – 5. La Corte dei conti in sede di controllo come giudice a quo. – 6. La norma censurata e lo ius superveniens. – 7. Considerazioni conclusive.
1. Premessa
La legittimazione delle sezioni di controllo della Corte dei conti a sollevare questione di legittimità costituzionale nel corso del procedimento di “certificazione” dei costi dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego è da tempo al centro dell’interesse dei giuristi e non poteva che essere risolta dalla Corte costituzionale.
Proprio la Corte costituzionale, infatti, con la recentissima sentenza n. 89 dell’8 maggio 2023 (Pres. Xxxxxxx Xxxxxxx, Red. Xxxx Xxxxxxxx) (1) ha riconosciuto tale legittimazione per le questioni sollevate dalla Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana della Corte dei conti aventi ad oggetto l’art. 4 della l. reg. Siciliana 24 settembre 2021, n. 24 (Disposizioni per il settore della forestazione. Disposizioni varie), il quale – dopo avere a) autorizzato
(*) X.X. Xxxxxxxx Xxxxxxxx è presidente di sezione della Corte dei conti e professore a contratto di Diritto amministrativo presso l’Università degli studi del Molise.
(1) Corte cost. 8 maggio 2023, n. 89, in questa Rivista, 2023, 3, 234, con nota di X. Xxxxxx, Un’ulteriore tappa nel percorso di legit- timazione delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti quali giudici a quo.
“l’ulteriore spesa annua di euro 946.600,92 per il triennio 2021-2023” ai fini dell’adeguamento del “fondo per il trattamento di posizione e di risultato” del personale con qualifica dirigenziale (comma 1), e b) disciplinato le modalità di copertura di tale spesa (comma 2, primo periodo) – c) dispone che, per “gli esercizi successivi [al 2023] l’entità dello stanziamento è determinata annualmente con legge di bilancio ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni” (comma 2, secondo periodo).
2. Il procedimento di certificazione dei contratti collettivi nella legislazione statale
Il pregiudiziale nodo da affrontare nel descritto incidente è stato quello della legittimazione della sezione regionale di controllo della Corte dei conti a sollevare questione di costituzionalità nel corso del procedimento di “certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio della regione” dei costi derivanti dalla contrattazione collettiva (nella specie, per il personale dirigenziale) della Regione Siciliana, disciplinato dall’art. 27 della l. reg. n. 10/2000.
Di tale procedimento debbono, pertanto, essere tratteggiati i caratteri salienti.
Nel farlo, conviene prendere le mosse dalla disciplina statale, dal momento che a essa, come meglio si dirà innanzi, rinviano le norme di attuazione statutaria in tema di competenze della sezione regionale della Corte dei conti e la stessa legge reg. appena citata.
Il testo dell’accordo contrattuale concordato (dall’Aran e dalle organizzazioni sindacali) era inizialmente soggetto all’autorizzazione governativa alla sottoscrizione, autorizzazione a sua volta sottoposta al controllo di “legittimità e […] compatibilità economica” della Corte dei conti, secondo quanto previsto dall’art. 51 del d.lgs. n. 29/1993 (2).
Tale disposizione è stata, per quanto interessa, interamente riscritta dall’art. 4 del d.lgs. n. 396/1997 (3) che – “super[ando] la precedente logica del controllo di legittimità formale […], spingendosi invece verso il controllo effettivo della spesa” (sent. n. 171/2005) – ha eliminato l’autorizzazione governativa alla sottoscrizione, sostituita con il parere del Presidente del Consiglio dei ministri e dei comitati di settore (4), facendo venir meno il controllo preventivo di legittimità sull’autorizzazione medesima.
Controllo in luogo del quale è stata introdotta la certificazione di compatibilità, affidata al medesimo Giudice contabile (5).
Più in particolare, l’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001 (nel quale è stato trasfuso l’art. 51 del d.lgs. n. 29/1993) prevedeva che l’Aran – acquisito il parere favorevole dei comitati di settore e del Presidente del Consiglio dei ministri sull’ipotesi di accordo – trasmettesse la quantificazione dei costi contrattuali, ai fini della certificazione della loro attendibilità e compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, alla Corte dei conti, che poteva all’uopo acquisire elementi istruttori e valutazioni da tre esperti e doveva deliberare entro 15 giorni (dalla trasmissione), decorsi i quali la certificazione si intendeva effettuata positivamente; la certificazione positiva consentiva all’Aran di sottoscrivere definitivamente il contratto (commi 4 e 5).
Viceversa, in caso di certificazione “non […] positiva”, l’Aran, sentito il comitato di settore o il Presidente del Consiglio dei ministri, poteva: a) assumere le iniziative necessarie per adeguare la quantificazione o, qualora avesse ritenuto che ciò non fosse possibile, b) convocare le xx.xx. per la riapertura delle trattative; le iniziative assunte dovevano essere poi comunicate al Governo e alla Corte dei conti, la quale avrebbe riferito al Parlamento sulla definitiva quantificazione dei suddetti costi, sulla loro copertura e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio (comma 6).
(2) Recante “Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pub- blico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
La norma era il portato dell’art. 2, c. 1, lett. b), della l. n. 421/1992 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), che aveva delegato il Governo a emanare uno o più decreti legislativi – diretti tra l’altro al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della spesa per il settore del pubblico im- piego – prevedendo anche che la legittimità e la compatibilità economica dell’autorizzazione governativa alla sottoscrizione del contratto fossero sottoposte al controllo della Corte dei conti. Correlativamente, l’art. 3, c. 1, lett. e), della l. n. 20/1994 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), in seguito abrogato, aveva previsto che il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti si esercitasse, tra l’altro, sugli atti di autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi.
(3) Adottato in attuazione della l. n. 59/1997 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), il cui art. 4, c. 11, lett. f), ha delegato il Governo ad emanare disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 29/1993 prevedendo, appunto, la sottoposizione dei costi contrattuali alla Corte dei conti, limitatamente alla certificazione delle compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio.
(4) I comitati di settore sono costituiti in seno alle singole amministrazioni al fine esercitare il potere di indirizzo nei confronti dell’Aran e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale. In particolare, sono costituiti un comitato di settore nell’ambito della Conferenza delle regioni (per le regioni, i relativi enti dipendenti e le amministrazioni del Ssn) e un comitato nell’ambito dell’Anci, dell’Upi e dell’Unioncamere (per i dipendenti degli enti locali, delle camere di commercio e dei segretari comuna- li e provinciali), mentre, per tutte le altre amministrazioni, opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze (art. 41 del d.lgs. n. 165/2001).
(5) E, in particolare, alle Sezioni riunite in sede di controllo (art. 6, c. 1, lett. b, del regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, adottato con deliberazione della Corte dei conti a sezioni riunite 16 giugno 2000, come modificato).
Era infine previsto che “[i]n ogni caso”, dopo il decorso di 40 giorni dall’ipotesi di accordo, l’Aran aveva mandato a sottoscrivere il contratto, a meno che non si rendesse necessaria la riapertura delle trattative ai sensi del comma precedente (comma 7).
Ciò da cui la stessa giurisprudenza contabile (6) e la dottrina assolutamente prevalente (7) hanno desunto la natura non impeditiva alla sottoscrizione della certificazione non positiva; natura non impeditiva che emerge del resto anche dalla prassi, ove si consideri che in diverse occasioni, prima del 2008, i contratti collettivi sono stati sottoscritti malgrado la certificazione negativa (8).
Dopo una prima modifica che ha investito il citato comma 7 (9), nel giugno del 2008 il legislatore è nuovamente intervenuto (10), sancendo espressamente la natura impeditiva della certificazione non positiva.
In tal caso, infatti, ai sensi del novellato comma 6 le parti “non possono procedere alla sottoscrizione definitiva dell’ipotesi di accordo” e l’Aran deve provvedere alla riapertura delle trattative finalizzata, previo adeguamento dei costi contrattuali, alla sottoscrizione di una nuova ipotesi, da sottoporre ancora all’esame della Corte dei conti ai fini della certificazione.
È stata inoltre introdotta, sempre al comma 6, la possibilità che la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole contrattuali e che l’ipotesi di accordo sia quindi comunque sottoscritta, ferma restando l’inefficacia delle clausole negativamente certificate (11).
Ciò che nella sostanza è accaduto nella fattispecie da cui trae origine l’incidente in argomento, in cui la Corte dei conti, con separata pronuncia, ha reso una certificazione parzialmente positiva dell’ipotesi di accordo, escludendo alcune clausole contrattuali, sicché il contratto è stato sottoscritto in assenza di queste clausole.
Da ultimo, l’art. 47 è stato interamente sostituito (sia pure senza apportarvi modificazioni particolarmente rilevanti ai fini che qui interessano) dall’art. 59 del d.lgs. n. 150/2009 (12).
(6) Corte conti, Sez. riun. contr., n. 12/2010; n. 12/2009; n. 7/2007, che afferma che nei casi di “certificazione non positiva la norma- tiva, al fine di rispettare il principio della autonomia della contrattazione e di un’efficacia solo sospensiva ma non impeditiva, della pro- nuncia della Corte, è stata interpretata nel senso che l’Aran è esclusivamente tenuta, ove non ritenga di riaprire le trattative (ipotesi mai verificatasi), a comunicare alla Corte le iniziative assunte ai fini del successivo referto al Parlamento, iniziative tra le quali rientra anche la definitiva sottoscrizione del contratto”; nello stesso senso, Corte conti, Sez. riun. contr. Reg. Siciliana, n. 1/2006; Sez. riun. contr., n. 28/2004.
(7) A. Xxxxxx, La contrattazione collettiva nel settore pubblico tra vincoli, controlli e “blocchi”: dalla “riforma Brunetta” alla “manovra finanziaria” 2010, in Lav. pubbl. amm., 2010, 287, nell’esaminare la procedura de qua dopo le novelle del 2008 e del 2009 (di cui subito si dirà nel testo), evidenzia come sia stato «modificato il precedente procedimento di controllo “non impeditivo”». A. Baldan- za, Le funzioni di controllo della Corte dei conti, in V. Tenore (a cura di), La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controllo, Milano, Xxxxxxx, 2018, 1499, osserva che il controllo della Corte dei conti era conforme al “principio che l’attività della Corte dei conti non dovesse mai assumere carattere impeditivo dell’azione amministrativa”, mentre successivamente “il controllo impeditivo […] è stato ripristinato in virtù dell’art. 67, commi 7-10 del d.l. 25 giugno 2008, n. 133”. Secondo X. Xxxxxxx, L’agenzia per la rappresentanza ne- goziale delle pubbliche amministrazioni, in X. Xxxxxxx et al., Diritto del lavoro, Torino, Utet, 2002, 445, prima della novella del 2008 l’intervento della Corte conti «serve ad arricchire di un qualificato “punto di vista” tecnico-contabile i procedimenti regolativi che com- portino […] spese a carico di pubbliche amministrazioni», senza però “alcun effetto impeditivo alla stipula», non potendo «nitrirsi dubbi sul fatto che la Corte dei conti non ha alcun potere di veto”. G. D’Auria, I “nuovi” controlli della Corte dei conti (dalla “legge Brunet- ta” al federalismo fiscale, e oltre), in Lav. pubbl. amm., 2009, 469, osserva come, (solo) con la novella del 2008, la contrattazione collet- tiva sia stata «sottoposta (in linea con l’aspirazione della Corte dei conti ad accrescere l’effettività dei suoi poteri) al controllo preventivo della Corte […], modificando il precedente procedimento di controllo “non impeditivo” e – in ultima analisi – referente verso il Parla- mento». X. Xxxxxx, Gli interventi sul costo del lavoro nelle dinamiche della contrattazione collettiva nazionale e integrativa, ibidem, 497, secondo cui il d.l. n. 112/2008 ha comportato il “ritorno al controllo impeditivo della Corte dei conti”, connotato da una “rinnovata cogenza”, mentre in precedenza esso aveva carattere collaborativo e il “ruolo della Corte era considerato quale supporto tecnico ad una ponderata decisione finale […] che confluiva in un referto al Parlamento, cui spettava adottare gli eventuali correttivi di sistema”. A. Xxx- xx, Il ruolo della Corte dei conti nella contrattazione collettiva nazionale, ivi, 2005, 199, osserva che, prima della novella del 2008, l’intervento della magistratura contabile è “volto ad esaurirsi nella procedura di certificazione, senza che la Corte abbia perciò un potere di veto sulla stipula del contratto”. Secondo X. Xxxxxxx, L’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, in
X. Xxxxxxx, M. D’Antona (diretto da), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Commentario, Milano, Xxxxxxx, 2000, 1339, “l’ultima decisione sulla stipulazione del contratto di lavoro – anche in caso di certificazione negativa da parte della Corte dei conti
– può spettare all’Aran, che se ne può accollare fino in fondo la responsabilità”. La pensa diversamente X. Xxxxxxxx, La contrattazione collettiva, ibidem, 1177.
(8) In particolare, X. Zilli, op. cit., ricorda che sono stati sottoscritti, nonostante la certificazione negativa della Corte dei conti, il
c.c.n.l. del comparto regioni e autonomie locali del 5 ottobre 2001, quello degli enti di ricerca del 21 febbraio 2002 e quello del comparto università del 13 maggio 2003.
(9) Che disciplinava il sub-procedimento volto all’acquisizione del parere dei comitati di settore e del Presidente del Consiglio dei ministri, stabilendo che in ogni caso il contratto sarebbe divenuto efficace dopo il decorso del termine massimo di 50 giorni dalla sotto- scrizione dell’ipotesi di accordo.
(10) Con l’art. 67, c. 7, lett. a) e b), del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazio- ne, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.
(11) Il novellato comma 7, invece, continuava a disciplinare il sub-procedimento per il rilascio del parere dei comitati di settore e del Presidente del Consiglio dei ministri e a prevedere che i contratti acquistassero efficacia con decorso del termine massimo di 50 giorni dalla sottoscrizione dell’ipotesi di accordo.
All’esito di tale sostituzione, il contenuto dei precedenti commi 4 e 5 è stato sostanzialmente trasfuso negli attuali commi 5 e 6 (con l’introduzione dell’ulteriore previsione dell’acquisizione, prima della trasmissione alla Corte dei conti, anche della verifica da parte delle pp.aa. interessate sulla copertura degli oneri contrattuali) e il contenuto del precedente comma 6 è stato sostanzialmente trasposto nell’attuale comma 7.
Quindi, oggi il comma 5 prevede che, dopo l’acquisizione del parere favorevole dal comitato di settore o del Presidente del Consiglio dei ministri e la verifica delle amministrazioni interessate sulla copertura degli oneri contrattuali, l’Aran trasmetta la quantificazione dei costi alla Corte dei conti, la quale, entro il termine di 15 giorni, il cui inutile decorso equivale a certificazione positiva (13), deve certificarne l’attendibilità e la compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio; in tal caso, l’Aran può sottoscrivere il contratto collettivo.
Il comma 6 stabilisce poi che la Corte dei conti può acquisire elementi istruttori e valutazioni sul contratto da parte di tre esperti in materia di relazioni sindacali e costo del lavoro.
Il comma 7 dispone infine che, in caso di certificazione non positiva, le parti contraenti non possono procedere alla sottoscrizione dell’ipotesi di accordo e l’Aran deve provvedere alla riapertura delle trattative e alla sottoscrizione di una nuova ipotesi, adeguando i costi contrattuali, dando così (nuovamente) avvio alla procedura di certificazione appena descritta. Il medesimo comma ribadisce inoltre che la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole, nel qual caso l’ipotesi può essere sottoscritta, ferma l’inefficacia delle clausole non positivamente certificate.
Dunque, solo con la novella del 2008 (di cui si è detto) – che ha introdotto l’espresso divieto di procedere alla sottoscrizione definitiva dell’ipotesi di accordo – si è segnato il passaggio dalla precedente natura non impeditiva a quella impeditiva rispetto alla sottoscrizione della certificazione non positiva (14).
3. Il procedimento di certificazione dei contratti collettivi nella legislazione regionale siciliana
Venendo ora alla disciplina regionale, va premesso che – ai sensi dell’art. 24 della l. reg. n. 10/2000, la quale tra l’altro detta norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego alle dipendenze della Regione Siciliana – la contrattazione collettiva per il personale regionale e per quello dipendente dagli enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della regione – che costituiscono un comparto unico – è articolata su due livelli, regionale e integrativo, e si svolge in conformità a quanto stabilito nel titolo III del d.lgs. n. 29/1993 (poi trasfuso, come noto, nel d.lgs. n. 165/2001), rispettivamente per i contratti collettivi nazionali ed integrativi.
Il c.c.r.l. per i dipendenti della Regione Siciliana opera, dunque, sullo stesso piano del c.c.n.l. di comparto (15), e segnatamente del comparto funzioni locali, che non comprende difatti le regioni a statuto speciale (16), la quali d’altronde, ai sensi dell’art. 46, c. 13, del d.lgs. n. 165/2001, possono avvalersi, per la contrattazione di loro competenza, di apposite agenzie tecniche costituite con legge regionale o provinciale.
Anche la giurisprudenza di legittimità ha affermato in proposito che la contrattazione collettiva relativa agli enti ad autonomia speciale (nella specie, si trattava delle province autonome di Trento e Bolzano) costituisce “fonte di normazione collettiva primaria” (Cass. n. 24865/2005).
Analogamente, in dottrina è stato osservato che “le regioni speciali […] hanno un proprio contratto collettivo, separato da quello nazionale”, come si desume dal disposto del citato art. 46, c. 13, del d.lgs. n. 165/2001 (17). In altri termini, è stato pure affermato, le regioni ad autonomia speciale e le province autonome sono “libere di predisporre una propria disciplina della contrattazione collettiva e del sistema di relazioni sindacali e, nell’ambito di questa, di
(12) Recante “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di ef- ficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
(13) Giova precisare che anche per il controllo preventivo di legittimità è previsto un meccanismo analogo, dal momento che i prov- vedimenti a esso sottoposti acquistano efficacia se l’ufficio di controllo non ne rimetta l’esame alla sezione del controllo entro il termine di 30 giorni dal ricevimento (art. 3, c. 2, l. n. 20/1994).
(14) In proposito, v. la giurisprudenza e la dottrina citate, rispettivamente, alle nt. 8 e 9.
(15) Sia pure, ovviamente, in ambito territoriale.
(16) Art. 4 del c.c.n.q. per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale dell’8 agosto 2021 per il triennio 2019-2021 e art. 2 del c.c.n.q. per le aree dirigenziali del 22 agosto 2022. Analogamente disponevano gli artt. 4 e 7 del c.c.n.q. del 16 luglio 2016, l’art. 9 del c.c.n.q. dell’11 giugno 2007 e gli artt. 1 e 2 del c.c.n.q. del 1° febbraio 2008. È l’art. 40, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001 ad affidare ad appositi accordi tra l’Aran e le confederazioni rappresentative la definizione dei comparti (fino a un massimo di quattro) della contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono le rispettive arre della dirigenza.
Giova per completezza aggiungere che anche in precedenza (quando l’art. 45 del d.lgs. n. 29/1993 affidava a un d.p.c.m., sentita la Conferenza dei presidenti delle regioni, l’individuazione dei comparti) l’art. 5 del d.p.c.m. 30 dicembre 1993, n. 593 (Regolamento con- cernente la determinazione e la composizione dei comparti di contrattazione collettiva di cui all’art. 45, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29) aveva definito il comparto del personale delle regioni e delle autonomie locali facendo riferimento alle sole re- gioni a statuto ordinario.
(17) X. Xxxxxx, Il riparto della competenza legislative fra Stato e regioni in materia di pubblico impiego, in <xxx.xxxxxxxxxxx.xx>, 8 novembre 2017.
stipulare contratti collettivi regionali (e provinciali) per il personale alle loro dipendenze, […] non sottoposti al contratto nazionale di comparto” (18).
In questo contesto, il legislatore siciliano – all’evidente scopo di perseguire la medesima finalità di contenimento del costo del lavoro pubblico cui è ispirata la disciplina statale, adeguando quest’ultima al proprio ordinamento – con l’art. 27 della l. reg. n. 10/2000, come modificato dall’art. 29 della l. reg. n. 17/2004, nell’ambito del procedimento per la contrattazione collettiva ha regolato anche la certificazione di compatibilità in esame, richiamando i cc. 4, 5 e 6 dell’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001 e riproducendo, al c. 9, il contenuto del c. 7 del medesimo art. 47 (nella formulazione allora vigente, ovvero nel 2004).
In particolare, l’art. 27, ai cc. da 7 a 9, così recita: “7. Il giorno successivo all’acquisizione del parere favorevole sull’ipotesi di accordo, l’Aran Sicilia trasmette la quantificazione dei costi contrattuali ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio della regione alla Corte dei conti, ai sensi e per gli effetti del comma 4, con esclusione del penultimo periodo, e del comma 5 dell’articolo 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sostituendo al Presidente del Consiglio dei ministri il Presidente della regione, al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica l’Assessore per il bilancio e le finanze ed all’Aran Sicilia. 8. Se la certificazione della Corte dei conti non è positiva si applica il comma 6 dell’articolo 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sostituendo il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Governo con il Presidente della regione ed il Parlamento con l’Assemblea regionale siciliana. 9. In ogni caso la procedura di certificazione deve concludersi entro 40 giorni dall’ipotesi di accordo decorsi i quali il Presidente dell’Aran Sicilia sottoscrive definitivamente il contratto collettivo salvo che non si renda necessaria la riapertura delle trattative ai sensi del comma 8”.
Dunque, l’art. 27 in esame: a) dispone che è l’Aran Sicilia (che svolge, per la Regione Siciliana, le funzioni e i compiti attribuiti dal d.lgs. n. 165/2001 all’Aran) (19) che, acquisito il parere favorevole del Presidente della regione sull’ipotesi di accordo, trasmette alla Corte dei conti la quantificazione dei relativi costi ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio regionali, rinviando poi ai cc. 4, 5 e 6 dell’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001, che adatta all’ordinamento regionale (in particolare sostituendo i riferimenti in essi contenuti al Presidente del Consiglio dei ministri, al Governo, al Parlamento, all’allora Ministro del tesoro e all’Aran con quelli al Presidente della regione, all’Assemblea regionale siciliana, all’Assessore per il bilancio e le finanze e all’Aran Sicilia) (commi 7 e 8); b) prevede, come detto sostanzialmente riproducendo il c. 7 del citato art. 47 e armonizzandolo con il proprio ordinamento, che l’Aran Sicilia in ogni caso, dopo il decorso di 40 giorni dal raggiungimento dell’ipotesi di accordo, la sottoscrive, salvo che non sia necessaria la riapertura delle trattative (comma 9).
Previsioni analoghe volte a regolare la certificazione dei c.c.r.l. da parte della Corte dei conti sono state introdotte anche da altre regioni a statuto speciale nell’ambito della disciplina dei relativi procedimenti per la contrattazione collettiva regionale e, segnatamente, dall’art. 63 della l. reg. Sardegna n. 31/1998 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione) e dall’art. 35 della l. reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18/2016 (Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale).
L’art. 27 della l. reg. n. 10/2000 dev’essere letto, al fine di comprenderne l’esatta portata normativa, alla luce delle disposizioni di attuazione statutaria, dell’interpretazione che di queste ha fornito la Corte e della stessa legge regionale nel quale esso è inserito (20).
Tali elementi, singolarmente e ancor più complessivamente considerati, sembrano conferire ai menzionati rinvii ai singoli commi dell’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001 natura “dinamica” e, dunque, depongono per il loro recepimento nelle formulazioni (dianzi descritte) succedutesi nel tempo.
Di tanto, del resto, non dubitano né la Corte dei conti né la regione, ciò che potrebbe forse esimere la Corte dal soffermarsi in motivazione su tale aspetto.
I giudici contabili, difatti, nel rimettere l’odierna questione, ritengono in maniera piana che la certificazione delle ipotesi di accordo relative ai contratti collettivi siciliani sia disciplinata dalle vigenti previsioni statali e che quelle regionali abbiano “carattere meramente ricognitivo” (delle norme statali). La regione, inoltre, nel contestare la legittimazione del rimettente, non mette in discussione l’applicabilità dell’art. 47 nella formulazione vigente, che anzi presuppone, affermando che la certificazione non positiva può essere solo “parziale” (ciò che è stato previsto dall’art.
(18) A. Trojsi, Lavoro pubblico nelle amministrazioni regionali, in Digesto Sez. comm., Aggiornamento, vol. V, 474; prosegue l’A. affermando che, ferma restando l’obbligatorietà del principio della riserva di contrattazione collettiva anche per le autonomie speciali, esse non sono, dunque, tenute al rispetto dei contenuti del c.c.n.l. comparto regioni-autonomie locali (oggi divenuto comparto funzioni locali), «data la [loro] maggiore autonomia regolativa, per le quali la legge ha previsto soltanto che “possono avvalersi, per la contratta- zione collettiva di loro competenza, di agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero dell’assistenza dell’Aran”».
(19) L’Aran Sicilia è stata istituita con l’art. 25 della l. reg. Sicilia n. 10/2000, in conformità, come si è detto, a quanto previsto per le regioni a statuto speciale dall’allora vigente art. 50 del d.lgs. n. 29/1993 e, oggi, dall’art. 46, c. 13, del d.lgs. n. 165/2001.
(20) Dai lavori preparatori relativi alla l. reg. Sicilia n. 17/2004, che ha inserito nell’art. 27 della l. reg. n. 10/2000 la disciplina della certificazione, non emergono dati significativi al riguardo.
47 successivamente all’adozione della norma regionale); e d’altra parte, come si è già detto, le parti hanno poi sottoscritto il contratto escludendo le clausole non positivamente certificate dal giudice contabile.
In proposito, è comunque opportuno precisare che il d.lgs. n. 655/1948 (Istituzione di sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana), ratificato dalla l. n. 561/1956 (21) e modificato dal d.lgs. n. 200/1999 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana recanti integrazioni e modifiche al d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, in materia di istituzione di una sezione giurisdizionale regionale d’appello della Corte dei conti e di controllo sugli atti regionali), opera un rinvio che sembra evidentemente mobile alla legislazione statale in materia di competenze delle sezioni regionali della Corte dei conti.
Il suo art. 1, c. 2, infatti, stabilisce che la composizione e “la competenza delle sezioni [sia giurisdizionali che di controllo] sono determinate dalle disposizioni della legge statale in materia” e il successivo art. 2, con specifico riferimento alla sezione di controllo, indica sì alcune tipologie di atti e di controlli, ma comunque “ferme restando le leggi dello Stato che disciplinano le funzioni della Corte dei conti”.
Al riguardo, va poi osservato che nella sentenza n. 40 del 1994 la Corte – sia pure con riferimento alla precedente formulazione del citato art. 2, che, nell’elencare le competenze della sezione regionale del controllo, precisava che queste dovessero essere esercitate “in conformità delle leggi dello Stato” – ha affermato che questa disposizione si traduceva in una «forma di rinvio “dinamico” alla legislazione statale in tema di funzioni» del giudice contabile, la quale quindi nei suoi svolgimenti, proprio in virtù di tale richiamo, è destinata a “espandere direttamente la propria efficacia” anche nei confronti dell’ordinamento siciliano; in altri termini, ha aggiunto la Corte, la disciplina adottata “sia con lo Statuto speciale (art. 23, secondo comma) che con le relative norme di attuazione, dove si prevedono l’istituzione e le competenze fondamentali della sezione regionale di controllo, senza nulla specificare (salvo il rinvio operato alla legislazione statale)”, non consente di introdurre un “«[f]attore di rigidità che verrebbe, tra l’altro, a incrinare […] l’esigenza di unitarietà sottesa alla funzione di controllo spettante alla Corte dei conti” (22).
Nella medesima direzione, va d’altra parte rilevato che anche la giurisprudenza contabile ha affermato che dalle “significativ[e] modific[he]” introdotte dal d.lgs. n. 200/1999 in tema di funzioni delle sezioni regionali della Corte dei conti “risulta, quindi, che […], pur nel rispetto dell’autonomia regionale, i compiti ad esse affidati scontano uno stretto collegamento, attraverso un costante rinvio, con quelli previsti dalle leggi statali” (23).
Analogamente, la dottrina ha osservato, con specifico riguardo alle menzionate norme di attuazione, che si è in presenza di un rinvio dinamico e che l’intento del legislatore sarebbe quello di “costituire un sistema che si innesta, completandolo, in quello generale che regola le funzioni della Corte dei conti sancito dalla vigente legislazione statale”, coerentemente del resto con le finalità delle funzioni di controllo affidate alla Corte dei conti, «in veste di organo terzo […] a servizio dello “Stato-comunità” […], [garante del rispetto] dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva» (24).
L’art. 27 in esame, d’altro canto, nel rinviare a specifiche norme del citato art. 47 (25), si è limitato a introdurre norme di dettaglio (mediante le descritte “sostituzioni”) esclusivamente volte ad adattare la disciplina statale in questione, in armonia con le menzionate disposizioni statutaria e di attuazione, al proprio ordinamento.
Più in generale, inoltre, l’art. 1 della medesima l. reg. n. 10/2000, al comma 2, opera un rinvio suppletivo e dinamico alla legge statale che reca la disciplina generale del pubblico impiego – disponendo che “[p]er quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive integrazioni e modificazioni” – confermando dunque l’intenzione del legislatore regionale di fare riferimento alla fonte normativa statale nella sua evoluzione.
Ai detti rinvii è quindi possibile conferire il carattere di rinvii mobili alla legislazione statale (26).
(21) Recante “Ratifica ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, di decreti legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente”.
(22) Nella specie, la Corte ha escluso che il giudice contabile potesse continuare a esercitare il controllo preventivo di legittimità pre- visto dal citato art. 2 su atti che la legislazione statale successiva alla sua emanazione aveva escluso da tale controllo.
(23) Corte conti, Sez. riun. cons. Regione Siciliana, n. 32/2013.
(24) X. Xxxxx, L’attuazione dell’autonomia differenziata della Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000.
(25) Ciò da cui, in alcune occasioni, la Corte ha desunto che il rinvio dovesse essere inteso come recettizio (sent. n. 171/2005 e n. 311/1993). Va tuttavia rilevato che la Corte ha ripetutamente affermato che il rinvio recettizio “non ricorre necessariamente neppure quando l’atto sia indicato in modo specifico” (sent. n. 258/2014 e, nello stesso senso, sent. n. 250/2014, n. 85 e n. 80/2013), reiteratamen- te affermando inoltre “l’esistenza di una presunzione di rinvio formale” (sia pure, nella specie ad atti amministrativi) (sent. n. 258 e n. 250/2014, n. 5/2013 e n. 311/1993).
(26) La Corte, del resto, ha affermato che «l’effetto di incorporazione della norma richiamata nella norma richiamante (cosiddetto rinvio fisso) in tanto può aversi in quanto esso sia espressamente voluto dal legislatore o sia desumibile da elementi univoci e concluden- ti» (ex plurimis, sent. n. 93/2019) e, come si è detto, anche alla nota che precede, che non è sufficiente a superare “l’esistenza di una pre- sunzione di rinvio formale [nella specie, agli atti amministrativi]” il fatto che l’atto richiamato “sia indicato in modo specifico dalla nor- ma legislativa” (ex plurimis, sent. n. 258/2014).
In dottrina, si è affermato che, “dato il sistema vigente, i rinvii normativi esterni si intendono fatti sempre alle fonti, comprendendovi, anche se non espressamente citate, tutte le eventuali modifiche che si fossero succedute nel tempo” (X. Xxxxxxxx, Procedimento legisla- tivo e coordinamento delle fonti, Padova, Cedam, 1997,135). Con particolare riguardo alle leggi regionali di rinvio a quelle statali, S.
Ciò che, d’altra parte, consente alla normativa regionale il continuo adeguamento del controllo in questione alle disposizioni statali: a queste, infatti, come affermato dalla Corte costituzionale con specifico riguardo alla certificazione in discorso, spetta “disciplinare le funzioni di controllo della Corte dei conti”, fermo restando che i procedimenti di controllo contabile si debbono “svolgere […] in modo tale che il necessario adeguamento legislativo [nella specie] provinciale li renda compatibili con l’ordinamento di appartenenza” (sent. n. 171/2005) (27).
In questa prospettiva vanno dunque letti e coordinati i richiami operati dai cc. 7 e 8 dell’art. 27 della l. reg. n. 10/2000 ai singoli commi dell’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001, a prescindere dalla diversa numerazione che questi ultimi hanno assunto nel tempo; richiami peraltro divenuti in parte inconferenti proprio per tale diversa numerazione (si allude, in particolare, al comma 4, che oggi non riguarda più la certificazione della Corte dei conti).
Da ciò consegue, per quanto più interessa, che il divieto di sottoscrizione introdotto nel 2008 dal legislatore statale (in particolare, nel c. 6 dell’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001) in caso di certificazione negativa – e quindi la natura impeditiva di quest’ultima – è divenuto operante nell’ordinamento regionale per effetto del suddetto rinvio dinamico (in particolare, ad opera del c. 8 dell’art. 27 della legge regionale).
Diverso discorso va invece fatto per quanto concerne la previsione, contenuta nel c. 9 dell’art. 27 della legge regionale, che non si è limitata a rinviare alla disciplina statale, ma ha riprodotto l’allora c. 7 dell’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001, che statuiva, come si è visto, la natura non impeditiva della certificazione negativa (stabilendo che, decorso il termine di 40 giorni dall’ipotesi di accordo, era in ogni caso possibile la sua sottoscrizione): tale previsione normativa regionale è divenuta evidentemente incompatibile con il precedente c. 8 dello stesso art. 27 della legge regionale e deve perciò ritenersi tacitamente abrogata.
In definitiva, il procedimento di certificazione disciplinato dalla disposizione reg. per i contratti collettivi siciliani partecipa dei medesimi caratteri della certificazione dei c.c.n.l. e, quindi, per quanto maggiormente interessa, della natura impeditiva (in caso di esito negativo) rispetto alla sottoscrizione definitiva dell’ipotesi di accordo.
4. I connotati del controllo svolto dalla Corte dei conti in sede di certificazione dei contratti collettivi
Tirando le fila del discorso, dal descritto quadro normativo emerge che il controllo in esame ha un duplice oggetto, essendo incentrato, per espressa previsione normativa: a) sull’attendibilità della quantificazione dei costi contrattuali; b) sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio.
Sotto il primo aspetto, la verifica della Corte dei conti consiste nell’accertare la congruità della stima effettuata dall’Aran degli oneri derivanti dall’ipotesi di accordo e, dunque, dalla concreta applicazione sia degli istituti contrattuali “propri” (avuto particolare riguardo a quelli retributivi), sia della disciplina che sarà posta dalla contrattazione integrativa (la quale si svolge nelle materie, con i vincoli e nei limiti, anche finanziari, stabiliti dai contratti nazionali) (28); il tutto ovviamente anche alla luce della dinamica del personale nel periodo di vigenza contrattuale.
Fois, Rinvio, ricezione e riserva di legge, in Giur. cost., 1966, 574, dopo avere osservato che dovrebbe essere affermata “l’inammissibilità di un rinvio recettizio […] che abbia come unico scopo quello di produrre la novazione delle norme richiamate”, ri- corda il principio, pure affermato in dottrina, secondo cui «“il puro e semplice richiamo” di una legge regionale a norme statali è da pre- sumere sempre nel senso di rinvio alle norme statali “come tali”: è sempre da presumere cioè che tale richiamo […] configuri un rinvio formale, e non già un rinvio ricettizio»; lo stesso A. rileva poi anche che “il richiamo, per poter essere considerato come rinvio recettizio, deve riferirsi a singole e ben determinate formule normative”.
(27) Al riguardo, mette conto precisare che un rinvio così ampio come quello fatto dalle descritte norme di attuazione statutarie sici- liane in tema di competenze della Corte dei conti non sembra operato dalle norme di attuazione dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti, con le quali si è invece confrontata la Corte nella sent. n. 171/2005, quando ha affermato anche che “le vigenti norme di attuazione statutaria, limitando il controllo della Corte dei conti ad una tipologia puntuale di procedure ed atti, non possono logicamente prevedere tipi di controllo diversi” (sicché la norma provinciale che prevedeva il controllo di legittimità sull’autorizzazione giuntale alla sottoscrizione del contratto collettivo non era più applicabile, una volta venuta meno nella legislazione statale tale autorizzazione e il relativo controllo di legittimità).
(28) La contrattazione integrativa è a sua volta sottoposta a specifici controlli.
L’art. 40-bis del d.lgs. n. 165/2001 tra l’altro prevede, al c. 2, un controllo preventivo e impeditivo analogo, negli effetti, a quello de- scritto nel testo, ad opera però della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Mef.
Il c. 3 del citato art. 40-bis prevede poi che le amministrazioni inviino specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrati- va anche alla Corte dei conti che le utilizza “anche ai fini del referto sul costo del lavoro” (ai sensi del successivo art. 60, c. 4, infatti, la Corte dei conti “riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale del settore pubblico”). Al riguardo, la Corte ha affermato (sent. n. 57/2010) che si tratta di “una procedura che ha finalità meramente conoscitiva”. Sulla disci- plina del “controllo della spesa” del personale pubblico v., in generale, X. Xxxxxxx, Il costo del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in Lav. pubbl. amm., 2002, 731, e Id., Il controllo della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico (a proposito di un conflitto di attribu- zione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti della Corte dei conti), ivi, 2006, 102 ss.
È opportuno aggiungere, da un lato, che il precedente art. 40, c. 3-quinquies, del d.lgs. n. 165/2001 stabilisce un obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva nell’ipotesi di superamento di vincoli finanziari accertato, evidentemente dopo la sotto- scrizione degli accordi integrativi, dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (o dal Dipartimento della funzione pubblica, oppure dal Ministero dell’economia e delle finanze).
Dall’altro, che uno specifico controllo preventivo della Corte dei conti sulla contrattazione integrativa è stato introdotto limitatamente alle fondazioni lirico-sinfoniche, i cui contratti aziendali sono difatti sottoposti alla certificazione di compatibilità, del tutto analoga a
La verifica dell’attendibilità della quantificazione è propedeutica alla successiva valutazione cui è chiamato il giudice contabile, poiché solo il preventivo accertamento della congruità della quantificazione stessa consente poi di rendere il giudizio sulla compatibilità degli oneri contrattuali.
A tale ultimo riguardo, la Corte dei conti deve riscontrare la conformità tra i detti costi e le previsioni degli strumenti di programmazione e di bilancio.
In proposito, l’art. 47, c. 5, del d.lgs. n. 165/2001 richiama l’art. 1-bis della l. n. 468/1978 “e successive modificazioni”, che è stato abrogato dalla l. n. 196/2009, dovendosi quindi fare oggi riferimento all’art. 7 di tale ultima legge (29).
È evidente, peraltro, che, quanto alle regioni, e in particolare alla Regione Siciliana, occorre fare riferimento anzitutto alla legge di bilancio regionale, nella quale difatti con apposita norma deve essere quantificato l’onere da destinare alla contrattazione collettiva regionale (art. 28 l. reg. n. 10/2000) (30), oltre che agli altri strumenti di programmazione finanziaria approvati dal consiglio regionale (al riguardo dovendosi rammentare che l’art. 36 del d.lgs. n. 118/2011 dispone, al c. 3, che le regioni ispirano la propria gestione al principio della programmazione e a tal fine adottano ogni anno il bilancio di previsione finanziario, le cui previsioni sono elaborate sulla base delle linee strategiche e delle politiche contenute nel documento di economia e finanza regionale [Defr]; al c. 4, che le regioni adottano altresì una legge di stabilità regionale contenente il quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio di previsione).
Come osservato, sulla scorta della giurisprudenza della Corte dei conti (31), anche in dottrina (32), il giudizio in discorso si sostanzia, in primo luogo, in una valutazione di compatibilità finanziaria consistente nel “riscontro della copertura e della sostenibilità degli oneri derivanti dal contratto, tenuto conto delle allocazioni delle correlative disponibilità finanziarie nei bilanci”; si tratta, in altri termini, di accertare l’idoneità delle coperture indicate in bilancio per far fronte agli oneri contrattuali.
In secondo luogo, in una valutazione di compatibilità economica consistente nella verifica della “coerenza e congruenza fra la spesa derivante dal contratto da esaminare e la situazione economico-finanziaria […] quale risulta dagli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio”: una verifica, cioè, della rispondenza tra la dinamica retributiva e le grandezze macroeconomiche assunte come parametri di riferimento nei documenti di programmazione economico-finanziaria.
Si è quindi in presenza di una funzione di “controllo contabile” che «“prescinde […] dalla intrinseca legittimità delle singole clausole negoziali”, dal momento che […] “include soltanto valutazioni sulla corretta quantificazione degli oneri, sulla compatibilità finanziaria e sulla compatibilità economica”» (sent. n. 171/2005).
Un controllo che, dunque, investe la “legalità finanziaria” dell’accordo contrattuale e che costituisce una
«garanzia […] voluta dall’ordinamento affinché la spesa per i rinnovi contrattuali del personale pubblico, che costituisce uno dei “territori di rischio” della finanza pubblica, venga valutata da un organo imparziale nei suoi riflessi economico-finanziari» (33).
Sotto l’aspetto più strettamente procedimentale, va poi osservato che, pur non essendo espressamente previsto dalle norme poc’anzi descritte, la Corte dei conti è solita procedere alle verifiche istruttorie funzionali alla decisione in contraddittorio con gli interessati.
quella prevista dall’art. 47 del d.lgs. n. 165/2001. L’art. 11, c. 19, del d.l. n. 91/2013 (Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo), come convertito, stabilisce infatti: a) che l’ipotesi del contratto aziendale deve essere inviata alla Corte dei conti e deve rappresentare la quantificazione dei costi contrattuali; b) che la sezione regionale di controllo certifica l’attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio; c) che, se la certifica- zione è positiva, la fondazione è autorizzata a sottoscrivere definitivamente l’accordo; d) che, in caso di certificazione non positiva, le parti non possono procedere alla sottoscrizione definitiva dell’ipotesi e la fondazione riapre le trattative; d) che, avverso le delibere delle sezioni regionali di controllo, le parti interessate possono ricorrere alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione.
(29) Che individua gli strumenti di programmazione: a) nel Documento di economia e finanza (Def); b) nella Nota di aggiornamento del Def; c) nel disegno di legge del bilancio dello Stato e nel disegno della relativa legge di assestamento; d) negli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica; e) negli specifici strumenti di programmazione delle amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato
(30) Ai sensi dell’art. 1 della l. reg. Sicilia n. 47/1977, la regione adotta ogni anno, insieme con il bilancio annuale di previsione, un bilancio pluriennale, che sono presentati all’Assemblea regionale, allegati ad un unico disegno di legge.
(31) Corte conti, Sez. riun., n. 1 e n. 4/2020, n. 16/2006, n. 17/1998, cit., n. 38/1999.
(32) X. Xxxxxxx, Il costo del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, cit. In tema, v. anche X. Xxxxxxx, Le pronunce della Corte dei conti in materia di certificazione dei contratti collettivi nazionali del personale delle amministrazioni pubbliche, in Foro amm.-CdS, 2003, 740.
(33) X. Xxxxxxx, Le pronunce della Corte dei conti in materia di certificazione dei contratti collettivi, cit.
In definitiva, da quanto detto emerge anche come il procedimento di “certificazione” in questione non si traduca in un provvedimento volto a dare certezza a determinati fatti o dati (nella specie, contabili) o nell’attestazione di conformità, ad esempio, tra il bilancio e le scritture contabili, implicando piuttosto un’attività valutativa che mira ad accertare la congruenza della spesa ipotizzata e la sua rispon- denza ai predetti strumenti di programmazione e di bilancio (sul punto, Corte conti, Sez. riun., n. 38/1999 e n. 17/1998).
Quanto all’esito del controllo in esame, si è detto che la certificazione può essere “positiva” (34) o “non positiva” (eventualmente solo parziale, limitata cioè ad alcune clausole).
Nella seconda ipotesi, è preclusa la sottoscrizione dell’ipotesi di accordo alle parti (che dovranno riaprire le trattative, adeguando i costi contrattuali), sicché si è al cospetto di un controllo preventivo e impeditivo.
5. La Corte dei conti in sede di controllo come giudice a quo
Come noto, in base all’art. 1 della l. cost. n. 1/1948 e all’art. 23, c. 1, della l. n. 87/1953 (35), la questione di costituzionalità può essere sollevata “nel corso di un giudizio” da “un giudice”, ovvero da “una autorità giurisdizionale”.
Superata l’interpretazione più risalente in base alla quale era sufficiente la presenza anche di uno solo dei requisiti, soggettivo (l’autorità giurisdizionale) o oggettivo (il giudizio), il successivo e più rigoroso orientamento della Corte tende a richiedere la necessaria compresenza sia del requisito soggettivo che di quello oggettivo (36).
Di questi la giurisprudenza costituzionale fornisce tuttavia una nozione elastica e “pragmatica”, al dichiarato fine di ridurre le aree normative sottratte al controllo di costituzionalità (c.d. zone franche) e di evitare che possano essere assunte “decisioni, definitive e insindacabili, sulla base di leggi della cui costituzionalità [i giudici] dubitino” (37).
È stata così accolta una nozione relativa e funzionale di “giudice” e di “giudizio”, correlata alle finalità perseguite del giudizio incidentale, ovvero “ai limitati fini” (ex plurimis, sent. n. 157/2020 e n. 89/2017), potendosi quindi ravvisare un “giudice” anche in un soggetto non incardinato nell’ordine giudiziario che risulti, però, legittimato a decidere definitivamente (ovvero in via “ultimale”) sull’interpretazione di una norma giuridica, in posizione di terzietà e nel contraddittorio tra le parti.
La Corte ha dunque affrontato il tema della legittimazione del giudice a quo e della natura dei relativi giudizi risolvendo il problema caso per caso e in relazione alla specificità di ognuno di essi (38).
Prospettiva, questa, che la dottrina sembra condividere, quando osserva che “non ha molto senso andare alla ricerca di un concetto a priori di giurisdizione”, dovendosi tener conto dell’esistenza di “zone grigie [e] di situazioni ibride” e della «improduttività dei tentativi, unilaterali e metodologicamente incongrui, di isolare “il” concetto di giurisdizione»; aggiungendo, poi, che, tra le ragioni che dovrebbero condurre al riconoscimento della legittimazione, vi è quella per cui «nessuna pronuncia su posizioni soggettive dei singoli, specialmente se si tratta di pronunce idonee a divenire irrimediabili, cioè ad assumere un’efficacia definitiva, analoga a quella del “giudicato”, può venire da organi cui non spetti la legittimazione a sollevare la questione di costituzionalità» (39).
In questa cornice, la Corte ha escluso la legittimazione della Corte dei conti con riguardo ai procedimenti che assumono i caratteri del controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle pubbliche
(34) Che sovente è peraltro accompagnata da “raccomandazioni”, “segnalazioni” o “rilievi” (ad esempio, sul necessario migliora- mento della qualità dei dati utilizzati, ovvero sull’utilizzo di metodologie di quantificazione degli oneri più accurate, o ancora sulla esi- genza di garantire una lettura delle norme e una loro applicazione coerente con le esigenze di perseguimento dei saldi indicati nella disci- plina del patto di stabilità: v., a tale ultimo riguardo, Corte conti, Sez. riun., n. 4/2000, cit.).
(35) L’art. 1 della l. cost. n. 1/1948 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costi- tuzionale) dispone che: “La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rileva- ta d’ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Cor- te costituzionale per la sua decisione”.
Analogamente, l’art. 23 della l. n. 87/1953 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) stabilisce, al c. 1, che “Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza”; e, al c. 3, che “La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata, di ufficio, dall’autorità giurisdizionale davanti alla quale verte il giudizio”.
(36) Espressione dell’iniziale orientamento sono quelle sentenze in cui si è affermato che «il termine “giudizio” […] va inteso, ai fini dell’ammissibilità delle questioni, nel senso lato di ogni procedimento, anche di volontaria giurisdizione, che abbia corso davanti ad un giudice» (Corte cost. n. 142/1971; nella stessa direzione, Corte cost. n. 53/1968, secondo cui «il termine “giudizio” è da interpretare nel senso più lato di ogni procedimento davanti a un giudice; ciò in vista del preminente interesse pubblico della certezza del diritto e della osservanza della Costituzione»; n. 83/1966, secondo cui “i due requisiti, soggettivo ed oggettivo, non debbono necessariamente concorre- re”, sicché è sufficiente che ricorra “l’intervento di un soggetto appartenente all’autorità giudiziaria ordinaria, anche se non destinato […] alla risoluzione di controversie”). Espressione del mutamento di prospettiva è Corte cost. n. 164/2008, in cui la Corte ha ricordato di es- sersi attestata “su una interpretazione più rigorosa, soprattutto in riferimento alla necessaria compresenza sostanziale di entrambi i sud- detti requisiti”, con la conseguenza che «affinché la questione possa ritenersi sollevata nel corso di un “giudizio”, l’applicazione della legge da parte del giudice deve essere caratterizzata da entrambi gli attributi dell’obiettività e “della definitività, nel senso dell’idoneità (del provvedimento reso) a divenire irrimediabile attraverso l’assunzione di un’efficacia analoga a quella del giudicato».
Al riguardo, X. Xxxxxxx, L’Autorità giudiziaria, in X. Xxxxxxx (a cura di), L’accesso alla giustizia costituzionale: caratteri, limiti, prospettive di un modello, Xxxxxx, Xxx, 0000, 85, osserva che l’interpretazione più estensiva ha caratterizzato i primi anni del funziona- mento della Corte al fine di “legittimare e rafforzare l’organo nel sistema, anche e soprattutto attraverso l’eliminazione di un gran nume- ro di leggi incostituzionali”, mentre, “completata quella fase […] è subentrato un atteggiamento più restrittivo”.
(37) A. Xxxx, La nozione di giudice a quo, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), Le zone d’ombra della giustizia costituzionale: i giudizi sulle leggi, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2007, 28.
(38) A. Oddi, op. cit., e, testualmente, X. Xxxxxxx, op. cit.
(39) G. Zagrebelsky, X. Xxxxxxx, Giustizia costituzionale. Xxxxxxx, procedimenti, decisioni, Bologna, il Mulino, 2018, 96 ss.
amministrazioni, in quanto questo viene eseguito non in rapporto a parametri di “stretta legalità”, ma in riferimento ai risultati raggiunti, implicando valutazioni sulla “efficienza” ed “efficacia” dell’attività controllata: quello successivo sulla gestione, in altri termini, è un controllo essenzialmente ispirato “a canoni di comune esperienza che trovano la loro razionalizzazione nelle conoscenze tecnico-scientifiche proprie delle varie discipline utilizzabili ai fini della valutazione dei risultati” (sent. n. 335/1995) (40).
In forza di analoghe considerazioni, la Corte ha parimenti escluso la legittimazione del giudice contabile in sede di controllo sui bilanci di previsione e sui rendiconti degli enti locali (nella vigenza della originaria disciplina di cui all’art. 1, cc. 166-169, della l. n. 266/2005), che non è stato considerato “attività giurisdizionale”, in quanto finalizzato, in un’ottica meramente collaborativa, alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni, restando “rime[ss]e all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie” (sent. n. 37/2011).
Al contrario, la legittimazione della Corte dei conti è stata riconosciuta (oltre che negli ambiti, pacificamente giurisdizionali, dei giudizi pensionistici, di conto e di responsabilità erariale) in sede di controllo preventivo di legittimità, in ragione: a) della particolare posizione istituzionale della Corte dei conti stessa e b) della natura delle sue attribuzioni di controllo (sent. n. 384/1991 e n. 226/1976).
Sotto il primo aspetto, è stata posta in rilievo «la sua composizione di “magistrati, dotati delle più ampie garanzie di indipendenza (art. 100, c. 2, Cost.)” e la sua natura di “unico organo di controllo che goda di una diretta garanzia in sede costituzionale”» (sent. n. 384/1991, cit.).
Sotto il secondo aspetto, la funzione svolta in quella sede dalla Corte dei conti è stata ritenuta, “ai limitati fini dell’art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, […] analoga alla funzione giurisdizionale”, poiché si risolve “nel valutare la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico” e considerato che “non mancano nel procedimento in oggetto elementi, formali e sostanziali, riconducibili alla figura del contraddittorio” (sent. n. 226/1976 e, analogamente, n. 384/1991).
Ulteriore argomento utilizzato dalla Corte ai fini del riconoscimento della legittimazione, anche laddove “il procedimento svolgentesi davanti alla sezione di controllo non è un giudizio in senso tecnico-processuale”, è quello della “specificità dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica” e della “esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che […] più difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte” (ancora, sent. n. 384/1991 e n. 226/1976).
Si tratta, peraltro, di un principio che è stato costantemente ribadito dalla Corte costituzionale, da ultimo nella sentenza n. 80/2021 (sempre in punto di legittimazione della Corte dei conti).
È infatti “proprio in relazione a queste ipotesi che la Corte ha auspicato […] che quando l’accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai profili attinenti all’osservanza dell’art. 81 della Costituzione, i meccanismi di accesso debbano essere arricchiti”, precisandosi che la “Corte dei conti è la sede più adatta a far valere quei profili, e ciò in ragione della peculiare natura dei suoi compiti essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione delle risorse finanziarie” (sent. n. 384/1991 e n. 18/2019).
Analogamente la Corte, sin dalla sentenza n. 121/1966, ha affermato, ai fini della legittimazione, il carattere “giurisdizionale” del giudizio di parificazione del bilancio dello Stato, osservando che tale giudizio si svolge con le formalità della giurisdizione contenziosa (cioè previa trattazione in udienza pubblica, con la partecipazione del procuratore generale, in contraddittorio dei rappresentanti dell’amministrazione).
Dopo l’estensione, per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1 del d.l. n. 174/2012 (41), convertito, con modificazioni, nella l. n. 213/2013, della parificazione del bilancio (originariamente prevista solo per lo Stato e per le autonomie speciali) a tutte le regioni a statuto ordinario, la legittimazione della sezione regionale di controllo è stata quindi coerentemente riconosciuta anche con riguardo alla parificazione del rendiconto regionale (ex plurimis, sent. n. 89/2017, n. 181/2015 e n. 213/2008); e ciò, peraltro, anche in riferimento a parametri diversi e ulteriori rispetto all’art. 81 Cost. (sent. n. 196/2018).
In particolare, nella citata sentenza n. 89/2017, la Corte costituzionale ha così sintetizzato le condizioni che legittimano la Corte dei conti a sollevare questione di legittimità costituzionale nell’ambito dell’attività di controllo di legittimità-regolarità: a) applicazione di parametri normativi; b) giustiziabilità del provvedimento in relazione a situazioni soggettive dell’ente territoriale eventualmente coinvolte; c) pieno contraddittorio, sia nell’ambito del giudizio di parifica esercitato dalla sezione di controllo della Corte dei conti sia nell’eventuale giudizio ad istanza di parte, qualora quest’ultimo venga avviato dall’ente territoriale cui si rivolge la parifica.
Ha pertanto concluso la Corte, nella sentenza appena menzionata, che nella parifica del rendiconto regionale “la situazione è, dunque, analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorché procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono”. Quindi, ha ribadito che, pur non
(40) Anche Corte giust. ord. 26 novembre 1999 ha escluso la legittimazione della Corte dei conti al rinvio pregiudiziale allorché eserciti una funzione di controllo successivo che sostanzialmente si risolve in una funzione di valutazione e controllo dei risultati dell’attività amministrativa.
(41) Recante “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”.
essendosi in presenza di un procedimento giurisdizionale in senso stretto, “ai limitati fini” della legittimazione, «“la [parifica della] Corte dei conti è, sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti è un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè preordinato a tutela del diritto oggettivo” (sentenza n. 181 del 2015)».
Nella sentenza n. 18/2019 la Corte ha poi ritenuto sussistente la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione di costituzionalità in sede di controllo sui piani di riequilibrio finanziario pluriennale (42).
Ampiamente richiamando i principi affermati nelle sentenze n. 384/1991 e n. 226/1976 (di cui si è dato conto sopra), la Corte ha osservato che anche in questo caso l’attività del giudice contabile risulta “rigorosamente ancorata a parametri legali, tanto che la stessa […] è sottoponibile al sindacato giurisdizionale delle Sezioni riunite in speciale composizione”.
Nell’occasione, peraltro, la Corte ha rilevato che anche il controllo sui bilanci degli enti locali, a seguito delle riforme introdotte dal d.l. n. 174/2012, come convertito, è ascrivibile alla categoria del controllo di legittimità, rilevando tra l’altro che esso presenta (rispetto al controllo sugli atti) un ulteriore carattere che lo avvicina ancor più al sindacato giurisdizionale. L’accertamento compiuto nell’esercizio di questo sindacato di legittimità sui bilanci, infatti, «“fa stato” nei confronti delle parti, una volta decorsi i termini di impugnazione del provvedimento davanti alla Corte dei conti, sezioni riunite in speciale composizione»: si tratta dunque di un controllo “munito di una definitività che non è reversibile se non a opera della stessa magistratura dalla quale il provvedimento promana”.
In tale prospettiva, infatti, in precedenza la Corte costituzionale aveva già precisato che «i controlli di legittimità- regolarità della Corte dei conti sui bilanci pubblici esulano dal genere dei controlli sulla gestione. […] [A] differenza di quelli di natura collaborativa, “hanno assunto progressivamente caratteri cogenti nei confronti dei destinatari (sentenza n. 60 del 2013)» (sent. n. 228/2017).
Argomento, questo della cogenza, che è stato poi ripreso nella sentenza n. 157/2020, in cui la Corte ha ritenuto sussistente la legittimazione del giudice contabile a sollevare questione di costituzionalità anche nel procedimento di controllo di legittimità-regolarità dei bilanci degli enti territoriali e degli enti del Ssn.
Nell’occasione è stato difatti osservato, tra l’altro, che l’accertamento, da parte delle sezioni regionali di controllo, di determinate carenze “fa sorgere l’obbligo, in capo all’ente controllato, di adottare i provvedimenti […] necessari per la rimozione delle irregolarità e il ripristino degli equilibri di bilancio” e che l’inosservanza di tale obbligo “ha l’effetto di precludere l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria”.
Tali effetti “chiaramente cogenti” e “inibitori”, prosegue la Corte, comportano una “limitazione dell’autonomia” dei destinatari del controllo, il quale deve essere dunque assimilato, ai fini dell’impulso al sindacato di legittimità costituzionale, all’attività giurisdizionale anche perché “le relative pronunce interdittive […] incidono sulle situazioni soggettive degli enti sottoposti al controllo [stesso] e possono colpire incidentalmente anche altri soggetti”, con la conseguenza che deve essere riconosciuta loro – in conformità al principio sancito dalla sentenza n. 39/2014 proprio
(42) In senso conforme a Corte cost. n. 18/2019, in questa Rivista, 2019, 1, 212, con nota di C. Xxxxx, X. Xxxxxxx, Prime osservazioni a margine della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019, si sono pronunciate Corte cost. n. 105/2019, ibidem, 3, 254, con X. Xxxxxxxxx, Note a prima lettura della sentenza n. 105 del 2019 della Corte costituzionale, e n. 80/2021, ivi, 2021, 2, 257, con nota di A. Peta, Fondo anticipazione di liquidità e recupero del disavanzo: la Corte costituzionale fornisce le coordinate per la sana gestione del bilancio.
Diversamente, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha escluso la legittimazione della Corte dei conti nella medesima sede di controllo a sollevare questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 Tfue, precisando tuttavia in premessa che «valutare se l’organo di rin- vio costituisca una “giurisdizione” ai sensi dell’articolo 267 Tfue [è] questione rientrante unicamente nel diritto dell’Unione» (Corte giust., Sez. IX, ord. 4 ottobre 2021, C-161/21, ibidem, 5, 185, con nota di A. Peta, Funzioni di controllo della Corte dei conti sul piano di riequilibrio finanziario pluriennale e nozione comunitaria di giurisdizione ex art. 267 Tfue: prime riflessioni).
Al riguardo, giova aggiungere: a) che anche al punto 4 delle “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla pre- sentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” [2019/C 380/01] si legge che “[l]a nozione di organo giurisdizionale è interpretata dalla Corte quale nozione autonoma del diritto dell’Unione”); b) che, analogamente, le Sezioni unite civili della Corte di cassazione (sent. n. 15978/2001) hanno affermato che la nozione di “organo giurisdizionale” desumibile dal diritto interno è autonoma rispetto a quella rilevante ai fini della legittimazione a sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia; c) che anche la Corte costituzionale (sent. n. 254/2004) ha affermato, in ordine al riconoscimento (da essa invece negato) della natura giurisdizionale di un organo da parte della Corte di giustizia, che ciò “non è avvenuto ai fini della proponibilità del giudizio incidentale, retto da norme e principi su cui la Corte di giustizia [stessa] non ha avuto da pronunciarsi”; d) anche in dottrina (X. Xxxxxxx, Diritto dell’Unione europea, Padova, Cedam, 2010, 321) si è osservato che quella “di giurisdizione ai sensi dell’art. 267 del Tfue è una nozione del diritto dell’Unione, sì che la sua attribuzione all’organo può anche non corrispondere alla qualificazione che ne abbia dato l’ordinamento dello Stato membro”. Del resto, in diverse occasioni la Corte ha riconosciuto la legittimazione in fattispecie in cui, invece, la Corte di giustizia la ha negata, o viceversa (esempio della prima ipotesi sono Corte cost. n. 129/1957 e Corte giust. 19 ottobre 1995, C-111/94, relative alla domanda di omologa- zione degli atti costitutivi delle società ai sensi dell’art. 2330, c. 3, c.c. allora vigente; esempio della seconda ipotesi sono le sentenze, relative al Consiglio di Stato in funzione consultiva in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Corte giust. 16 ottobre 1997, cause riunite da C-69/96 a C-79/96, e Corte cost. n. 254/2004, cit.).
in relazione alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo incidenti su dette posizioni soggettive – la facoltà di ricorrere agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale, in base alle fondamentali garanzie previste dagli artt. 24 e 113 Cost.
Infine – pur non essendosi, si badi, in presenza di un procedimento normativamente caratterizzato dal contraddittorio (43) – la Corte ha ricordato che gli “elementi di tale connotato paragiurisdizionale” sono così riassumibili: “a) applicazione di parametri normativi; b) giustiziabilità del provvedimento di controllo” davanti alle Sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti ai sensi dell’art. 11, c. 6, lett. e), del d.lgs. n. 174/2016 (44), conseguente agli effetti non meramente collaborativi delle pronunce delle sezioni regionali, ma imperativi e inibitori, e quindi potenzialmente lesivi di situazioni giuridiche soggettive; “c) pieno contraddittorio con l’ente controllato sia nell’ambito del sindacato di legittimità-regolarità che nell’eventuale giudizio impugnatorio”.
Ribadendo ancora una volta, a conclusione, che il riconoscimento della legittimazione a sollevare questione di costituzionalità risponde anche alla esigenza di ammettere al sindacato della Corte le leggi che, come nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte.
Profilo, quest’ultimo, che non ha mancato di rimarcare anche la dottrina, osservando che “la violazione dell’unica previsione dotata di una sicura cogenza – quella concernente la copertura delle leggi – ha faticato ad essere sottoposta all’esame della Corte costituzionale in via incidentale”, dal momento che la “possibilità di fare applicazione in giudizio di leggi prive di copertura, ma attributive di benefici o risorse economiche, è […] piuttosto ridotta, per la comprensibile difficoltà di rinvenire soggetti interessati all’impugnazione di una legge di favore”: il “pressoché unico soggetto legittimato a far valere la violazione della regola dell’equilibrio sembrerebbe essere, pertanto, la Corte dei conti” (45).
6. La norma censurata e lo ius superveniens
Brevi cenni vanno infine dedicati all’art. 4 della l. reg. Siciliana 24 settembre 2021, n. 24, il quale, come detto – dopo avere autorizzato una determinata spesa annua per il triennio 2021-2023 ai fini dell’adeguamento del fondo per il trattamento di posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale e avere disciplinato le modalità di copertura di tale spesa – al censurato secondo periodo del comma 2 dispone che, per “gli esercizi successivi [al 2023] l’entità dello stanziamento è determinata annualmente con legge di bilancio” ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 118/2011.
Mentre, dunque, per gli anni oggetto del bilancio triennale di previsione, l’art. 4 quantifica la spesa per il suddetto fondo e ne prevede la relativa copertura, per gli anni successivi esso omette di indicare l’onere a regime della spesa stessa.
La disposizione trae origine – come si ricava anche dai lavori preparatori – da una precedente certificazione negativa della Corte dei conti (46), basata tra l’altro sull’assenza della compatibilità finanziaria dell’ipotesi di c.c.r.l. (avuto riguardo agli incrementi previsti per il trattamento accessorio del personale) rispetto allo stanziamento allora previsto sull’apposito capitolo del bilancio di previsione: di qui l’adozione della norma regionale, diretta appunto a colmare la riscontrata incapienza.
Pochi mesi dopo la sua introduzione – e per quanto più interessa dopo l’ordinanza di rimessione – il menzionato art. 4 è stato abrogato dall’art. 15, c. 1, della l. reg. Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024). Abrogazione che, peraltro, parrebbe avere effetti retroattivi, dal momento che il successivo art. 19, c. 2, della medesima l. reg. n. 13/2022 dispone che “le disposizioni della presente legge si applicano, ove non diversamente disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2022”.
Secondo quanto risulta dai lavori preparatori, la detta abrogazione è stata disposta allo scopo di “fare cessare la materia del contenzioso sollevato dalla Corte dei conti, Sezione di controllo della Regione Siciliana innanzi alla Corte costituzionale”.
Il più volte citato art. 4, peraltro, è stato anche impugnato dal Governo, il quale – con il ricorso iscritto al reg. ric.
n. 67 del 2021 – ha lamentato la violazione degli artt. 81, c. 6, 117, cc. 1, lett. l), e 3 – in riferimento rispettivamente alle materie dell’ordinamento civile e del coordinamento della finanza pubblica – e 119, c. 1, Cost. La trattazione del giudizio, inizialmente fissata per l’udienza pubblica del 21 giugno 2022, è stata rinviata all’udienza del 7 marzo 2023 su richiesta delle parti per consentire loro di valutare la sussistenza delle condizioni per l’eventuale rinuncia
(43) L’art. 1, c. 3, del d.l. n. 174/2012, come convertito, dispone infatti che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esa- minano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi delle regioni e degli enti che compongono il Ssn, “con le modalità e secondo le pro- cedure” di cui all’art. 1, xx. 000 xx., xxxxx x. x. 000/0000; queste ultime disposizioni, a loro volta, si limitano a stabilire, per quanto inte- ressa, che: a) gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria trasmettono alle competenti sezioni regionali di controllo del- la Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto (comma 166); b) la Corte dei conti definisce criteri e linee gui- da cui debbono attenersi detti organi nella predisposizione della relazione di cui al comma 166 (comma 167); c) la Corte dei conti può avvalersi della collaborazione di esperti anche estranei alla p.a., nonché di personale degli enti locali (comma 169).
(44) Recante “Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124”.
(45) X. Xxxxxxx, L’equilibrio di bilancio tra Costituzione e vincoli europei, in <xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx>, 2013.
(46) Si tratta di Corte conti, Sez. contr. reg. Siciliana, n. 96/2021.
all’impugnazione: rinuncia che non è tuttavia intervenuta, sicché la Corte ha deciso nel senso della cessazione della materia del contendere.
7. Considerazioni conclusive
Provando a sintetizzare quanto fin qui illustrato, occorre evidenziare come la Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 89 dell’8 maggio 2023 ha riconosciuto la legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale nel corso del procedimento della Corte dei conti di “certificazione” dei costi dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego, con particolare riferimento alle questioni sollevate dalla Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana della Corte dei conti aventi ad oggetto l’art. 4 della l. reg. Siciliana 24 settembre 2021, n. 24 (Disposizioni per il settore della forestazione. Disposizioni varie), il quale – dopo avere a) autorizzato “l’ulteriore spesa annua di euro 946.600,92 per il triennio 2021-2023” ai fini dell’adeguamento del “fondo per il trattamento di posizione e di risultato” del personale con qualifica dirigenziale (comma 1) e b) disciplinato le modalità di copertura di tale spesa (comma 2, primo periodo) – c) dispone che, per “gli esercizi successivi [al 2023] l’entità dello stanziamento è determinata annualmente con legge di bilancio ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni” (comma 2, secondo periodo).
A fondamento dell’evidenziato e articolato processo di estensione della legittimazione della Corte dei conti come giudice a quo, sin dall’inizio, ha indubbiamente militato anche la specificità dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica e, quindi, “sul piano sostanziale, […] l’esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che […] più difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte” (sent. n. 226/1976 e, nello stesso senso, sent. n. 384/1981).
Tale esigenza, rispetto al tempo delle prime sentenze della Corte costituzionale, è divenuta certamente più stringente a seguito del definirsi dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e, correlativamente, sul piano nazionale, dell’introduzione nella Costituzione del principio dell’equilibrio di bilancio, realizzata attraverso la modifica degli artt. 81, 97 e 119 per effetto della l. cost. 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale).
Ciò che ha condotto il Giudice delle leggi a precisare l’opportunità che, quando l’accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, anche per la complessità delle questioni, “come accade in relazione ai profili attinenti all’osservanza di norme poste a tutela della sana gestione finanziaria e degli equilibri di bilancio”, i meccanismi di accesso del Giudice contabile “debbano essere arricchiti” (sent. n. 18/2019).
Si tratta, peraltro, di un principio che è stato costantemente ribadito dalla Corte costituzionale, da ultimo nella sentenza n. 80/2021 (sempre in punto di legittimazione della Corte dei conti).
La Corte dei conti, in ragione della peculiare natura dei suoi compiti e in particolare delle funzioni di controllo sulla gestione finanziaria delle amministrazioni pubbliche ad essa attribuite dall’art. 100, secondo comma, Cost., è stata, pertanto, riconosciuta come giudice competente a introdurre al vaglio della Corte costituzionale quei profili, e ciò soprattutto con riguardo all’esigenza di assicurare un controllo di legittimità costituzionale tempestivo in relazione a quei contesti che possono maggiormente rappresentare “territori di rischio” per la finanza pubblica (sent. n. 384/1991 e n. 18/2019).
In questa prospettiva assume quindi rilievo la circostanza che il procedimento in argomento risulta particolarmente funzionale a “prevenire pratiche contrarie ai principi della previa copertura e dell’equilibrio di bilancio (sentenze n. 266 e n. 60 del 2013)” (sent. n. 39/2014).
Infatti, una volta reso efficace il contratto collettivo, nessuna delle parti contraenti e nessuno dei singoli beneficiari avrebbe interesse (anche in senso tecnicoprocessuale) ad impugnare gli atti applicativi di tale legge instaurando un giudizio entro cui sollevare (eventualmente anche d’ufficio) un incidente di costituzionalità.
In definitiva sono state riconosciute utili ai fini del deferimento del vaglio di costituzionalità una molteplicità di forme di controllo (non collaborative), quali, come si è visto, oltre al controllo preventivo di legittimità (sent. n. 384/1991 e n. 226/1976), anche quello di parificazione del rendiconto statale (sent. n. 121/1966) e regionale (sent. n. 89/2017) e quello sui piani di riequilibrio finanziario pluriennale (sent. n. 18/2019) nonché il controllo di legittimità- regolarità dei bilanci degli enti territoriali e degli enti del Ssn (sent. n. 157/2020). Nella fattispecie è stato riconosciuto, estensione della legittimazione della Corte dei conti come giudice a quo, il controllo sulla certificazione del contratto come una forma di controllo di legalità, insieme alla verifica della compatibilità economica e finanziaria.
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