DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
C o r s o d i L a u r e a M a g i s t r a l e i n G i u r i s p r u d e n z a
Tesi di Laurea
PROFILI CIVILISTICI
DEL CONTRATTO DEL CALCIATORE PROFESSIONISTA
Relatore: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Correlatore: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
Laureando: Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx
Matricola n. 85554
Anno Accademico 2017/2018
Introduzione I
Capitolo I - LE FONTI DELLA DISCIPLINA DEL CONTRATTO DEL CALCIATORE PROFESSIONISTA 1
Sezione Prima L’ORDINAMENTO SPORTIVO NAZIONALE E INTERNAZIONALE
1. L’attività sportiva 1
2. Il concetto di ordinamento sportivo 3
3. L’ordinamento sportivo internazionale 5
3.1 Il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) 5
3.2 La F.I.F.A 8
3.2.1 Lo status di membro F.I.F.A 10
3.3 La U.E.F.A 12
4. L’ordinamento sportivo nazionale 14
4.1 Il C.O.N.I 14
4.2 Le Federazioni sportive nazionali: in particolare la F.I.G.C 17
4.3 Le Leghe 21
4.4 Gli Enti di Promozione Sportiva, le Società e le Associazioni sportive 21
Sezione Seconda LE FONTI NORMATIVE E REGOLAMENTARI DEL SISTEMA CALCISTICO
5. Lo sport nelle politiche comunitarie 22
6. Principi Costituzionali 25
7. Le Fonti Legislative. La Legge 23 marzo 1981, n.91 sul professionismo sportivo 27
7.1 La situazione prima dell’entrata in vigore della legge 91 del 1981 28
7.2 Natura giuridica del “vincolo sportivo” 30
7.3 Il contenuto della legge 33
7.4 L’Articolo 4: “Disciplina del lavoro subordinato sportivo” 38
7.5 Critiche e tentativi di riforma della legge n. 91/1981 44
8. Fonti di natura regolamentare 45
8.1 Il Regolamento F.I.F.A. sullo status e il trasferimento dei calciatori (R.S.T.P.) .45 8.1.2 La “sentenza Xxxxxx” 47
8.2 Le Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. (N.O.I.F.) 49
9. La contrattazione collettiva nel calcio professionistico 52
Capitolo II - IL CONTRATTO DEL CALCIATORE PROFESSIONISTA 54
1. Inquadramento giuridico 54
2. Le parti contraenti 56
2.1 I calciatori professionisti e il loro tesseramento 57
2.2 Le Società calcistiche e la loro affiliazione 64
3. La costituzione del rapporto di lavoro sportivo in ambito calcistico 67
4. Gli elementi essenziali del contratto calcistico professionistico 69
4.1 L’accordo 69
4.2 La causa 70
4.3 L’oggetto 71
4.4 La forma 73
5. La durata del contratto 76
6. Profili d’invalidità: nullità e annullabilità 78
7. Le obbligazioni delle società: il trattamento retributivo, sanitario, assicurativo e previdenziale 82
7.1 Segue: diritto alla prestazione dell’attività lavorativa, formazione culturale, riposo settimanale, ferie e congedo matrimoniale 92
8. Le obbligazioni del calciatore 97
9. Le conseguenze dell’inadempimento delle parti 100
Capitolo III - SINGOLO CONTRATTO, CONTRATTO TIPO E ACCORDO COLLETTIVO 106
1. La conformità del contenuto del contratto a quello tipo 106
2. L’Accordo Collettivo tra F.I.G.C. – A.I.C. – L.N.P.A 109
2.1 Efficacia temporale 112
2.2 La struttura dell’Accordo Collettivo 115
3. Il contratto tipo 116
4. Deposito e approvazione del singolo contratto da parte della F.I.G.C. 124
5. I patti aggiunti a latere del singolo contratto 127
6. L’inchiesta “Football Leaks” e le folli clausole inserite nei contratti dei calciatori professionisti 131
Capitolo IV - UN PROBLEMA SPECIFICO: RECESSO ANTE TEMPUS E 'STABILITÀ' DEL CONTRATTO 135
1. L’evoluzione del calciatore professionista da oggetto a soggetto del contratto 135
2. Il recesso unilaterale nel contratto calcistico professionistico 137
3. Il recesso ante tempus nel contratto del calciatore professionista a tempo determinato 141
4. La c.d. “clausola rescissoria” 143
4.1 L’origine della clausola: il caso “Xxxxxxx” 145
4.2 La natura della clausola rescissoria in Italia 150
5. Problematiche conseguenti alla predeterminazione contrattuale della clausola rescissoria 158
6. La riduzione della penale ex art. 1384 c.c.: una possibile soluzione? 164
7. La stabilità contrattuale nell’ordinamento calcistico 169
7.1 L’art. 17 Regolamento F.I.F.A. per lo Status e il Trasferimento dei Calciatori 170 7.2 Il caso Xxxxxxx 174
8. La predeterminazione contrattuale dell’indennizzo nel panorama internazionale: le “buy-out clauses” 176
Conclusioni 179
Giurisprudenza 182
Bibliografia 184
I N T R O D U Z I O N E
L’evoluzione storica e normativa degli ultimi vent’anni del fenomeno “calcio” ha portato all’intervento di forti interessi economici, incoraggiati dalle immense potenzialità di business che tale sport può avere.
Contemporaneamente la figura del calciatore professionista si è evoluta sotto il profilo personale, economico e giuridico, trovandosi ad essere il protagonista di un mondo che ha assunto rapidamente le fattezze di una macchina di produzione economica inimmaginabile.
Il calciatore ha preso coscienza delle sue potenzialità socio-economiche e si è organizzato per essere capace di tutelare i propri interessi soprattutto economici.
L’idea di questa tesi di laurea nasce dalla vicenda Xxxxxx dell’estate del 2017, quando il calciatore brasiliano è passato dal Barcelona F.C. al Paris Saint Germain per la cifra record di 222 milioni di euro fissata come “clausola rescissoria” dal club spagnolo.
Con lo scopo di trovare delle risposte a livello civilistico su questo strumento sempre più utilizzato ed erroneamente definito dalle testate giornalistiche come rescissione, si è voluto analizzare il contratto di lavoro sportivo del calciatore professionista.
Nel primo capitolo dell’elaborato si definisce, in un primo momento, il contesto nel quale va inquadrato l’oggetto del presente lavoro poiché l’analisi e la comprensione del rapporto contrattuale che si instaura tra calciatore e club non può prescindere dall’ambiente nel quale si trovano ad operare ed interagire.
In un secondo momento si analizzano le fonti di tale rapporto con un chiaro approfondimento della Legge del 23 marzo del 1981, n. 91 sul professionismo sportivo che ha giocato un ruolo fondamentale per il calciatore professionista.
Il passo successivo è stato quello di inquadrare giuridicamente il contratto e di esaminarne gli elementi essenziali, affrontando le problematiche concernenti il
requisito formale che la legge prescrive per la stipula dello stesso, nonché la peculiarità della prestazione che ne costituisce oggetto. Infatti, al giorno d’oggi, le clausole contrattuali all’interno delle quali sono indicate le prestazioni che le parti devono soddisfare, si evolvono e complicano sempre più andando a prevedere doveri anche extrasportivi.
Per questo motivo, nel terzo capitolo si è cercato innanzitutto di fornire al lettore un filo conduttore fra il singolo contratto, il modulo federale, anche detto “contratto-tipo”, che società e calciatore devono compilare e l’Accordo Collettivo sottoscritto dalla F.I.G.C., dall’Associazione Italiana Calciatori e dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie A, al quale il contratto stesso si deve conformare.
Dopodiché, prendendo spunto dall’inchiesta internazionale chiamata “Football Leaks” che ha scosso e continua a scuotere il mondo del calcio rendendo pubblici milioni di documenti finanziari e non, sono state prese in considerazione una serie di clausole molto particolari inserite nei contratti di calciatori dei principali campionati europei per porsi la domanda sulla validità di esse.
L’ultima parte della trattazione ha come obiettivo quello di considerare, a fronte del concetto di “stabilità contrattuale”, uno strumento che sempre più negli ultimi anni caratterizza i contratti dei calciatori professionisti. Si tratta della “clausola rescissoria” di cui si è cercato di dare una definizione a livello giuridico, valutandone l’origine e le problematiche riguardanti la sua applicazione.
C APITOLO I
LE F O N T I D E L L A D I S C I P LI N A D E L C O N T R A T T O D E L C A L C I AT O R E
P R O F E S S I O NI S T A
L’ORDINAMENTO SPORTIVO NAZIONALE E INTERNAZIONALE
Per poter analizzare la nozione di sport l’interprete deve tener conto dei diversi significati che essa può assumere a seconda della prospettiva dalla quale viene osservato il fenomeno sportivo, poiché difetta in dottrina una definizione condivisa in modo unanime.
Manca, in altre parole, un’idea centrale in grado di far convogliare tutte le conoscenze che si sono acquisite in ambito sportivo, in un sistema coerente, idoneo a consentire una visione unitaria del fenomeno.
A differenza della scienza filosofica, che definisce lo sport come categoria primordiale dell’agire umano1, e di quella sociologica che considera lo sport come gioco o esercizio, occasionale o organizzato, competitivo o isolato, che presenta il contenuto di movimento fisico2, la scienza giuridica incontra diverse difficoltà nel tentare di offrirne una definizione dando luogo a notevole incertezza.
Si osservano, difatti, orientamenti opposti poiché mentre alcuni giuristi tendono a sviluppare una ricerca con metodo induttivo, intesa a rilevare caratteri comuni tra
1 Secondo il filosofo Xxxxxx y Xxxxxx tale categoria è rintracciabile “in ogni sforzo che non nasce da un imposizione ma rappresenta un impulso liberissimo e generoso della potenza vitale”: v.
X. XXXXXX X XXXXXX, Il tema del nostro tempo, Milano, 1985.
2 X. XXXXXXX, Sociologie du sport, Xxxxx, 0000.
le diverse manifestazioni di attività cosiddette sportive sui quali fondare una nozione unitaria di sport, altri preferiscono sviluppare una ricerca con metodo deduttivo tramite il rinvio limitato al sistema normativo positivo delle Federazioni sportive, così da ritenere che la nozione di sport vada riferita esclusivamente alle discipline che sono oggetto di apposita regolamentazione federale.
Tra i vari tentativi da parte dei giuristi di elaborare un concetto di sport, appare opportuno richiamare quella dottrina che, al fine di poter cogliere il contenuto sostanziale dell’attività sportiva propriamente detta, ha affermato la necessità di distinguere il gioco dallo sport in base alla serietà di fini che lo caratterizza rispetto al gioco puro e semplice3.
La serietà di fini si manifesta, in particolare, nell’eccezionale qualità dell’impegno fisico ma anche intellettuale, volitivo e morale, correlato alla particolare natura dell’agonismo sportivo, che si realizza nel bisogno individuale e collettivo di un superamento continuo dei propri record.
A questo elemento soggettivo deve accompagnarsi l’elemento oggettivo della competizione, al quale l’attività sportiva viene necessariamente connessa, che si esplica nell’antagonismo di forze contrapposte con l’osservanza di un comportamento conforme alle regole previamente fissate; e di conseguenza, la creazione di una organizzazione dotata di potere ed autorità, in grado di assicurare tale osservanza e di garantire l’unicità di contenuto e di carattere all’esercizio dell’attività sportiva, risulta necessaria.
Altri giuristi4 hanno condotto uno studio accurato del fenomeno sportivo e della sua organizzazione; anch’essi sottolineano le caratteristiche essenziali quali movimento, gioco, agonismo e istituzionalità, idonee a identificare l’attività sportiva e ricavabili sia dalla normazione che attraverso una ricostruzione storica degli istituti.
3 Uno dei maggiori esponenti di questa dottrina è stato sicuramente X.Xxxxxx che, delineando gli aspetti fondamentali del fenomeno sportivo, quali competizione e presenza di un ordinamento ad hoc, giunge alla seguente definizione: “L’attività sportiva è l’attività praticata da chiunque, appartenente o no ad una federazione sportiva, che ha per oggetto l’esercizio di sport ufficialmente riconosciuti dall’ordinamento; attività non necessitata e ricreativa, ma non determinata da intenti vacui, caratteristiche che la differenziano dal giuoco e dal lavoro; attività che si pone in essere, particolarmente al fine agonistico di primeggiare su antagonisti nel corso di una competizione individuale o a squadre, da svolgersi, di regola, sotto la direzione e la vigilanza di arbitri o giudici di gara entro tempi e spazi definiti e secondo date regole”: v. X.XXXXXX, Analisi della nozione di sport, in Riv. dir. Sport, 1962, pag.140 e 149.
4 In particolare Xxxxxxx Xxxxxx Xxxx.
Sottolineando l’importanza della normazione all’interno del settore sportivo si giunge anche ad affermare che senza regole non possa esistere alcuno sport poiché esso è un’attività convenzionale, dato che si fonda quasi esclusivamente su regole accettate dai gareggianti.
Nonostante i vari tentativi di definizione non abbiano fornito un’idea generale ed onnicomprensiva del fenomeno sportivo, dato che appartengono sempre ad una prospettiva giuridica, non si può non rilevare come da essi emergano quegli elementi fondamentali che caratterizzano e differenziano lo sport rispetto alle altre attività umane: anzitutto la necessità di una organizzazione permanente dotata di un potere autoritativo; poi la presenza di regole che disciplinano l’attività sportiva; infine l’insieme dei soggetti che accettano e riconoscono come vincolanti tali regole nel momento in cui si dedicano all’attività medesima.
Elementi che sono stati utilizzati per costruire e per fondare la tesi concernente l’esistenza, accanto all’ordinamento statale, di un ordinamento sportivo, autonomo e dotato del carattere di giuridicità5.
2. Il concetto di ordinamento sportivo
Il miglioramento delle condizioni di vita generali, l’aumento dei praticanti e del numero delle competizioni, e di conseguenza la crescita dello sport a tutti i livelli e settori, hanno comportato l’esigenza di elaborare un corpus normativo in grado di organizzare, non soltanto a livello nazionale, il fenomeno sportivo.
Questa progressiva diffusione dello sport nella società ha comportato la trasformazione del gesto sportivo in una vera e propria attività lavorativa e in un fenomeno sociale di rilevanti dimensioni economiche che, con l’avvento dei mass media, ha dato vita ad un vero e proprio show business6.
5 Già prima del XX sec. da giuristi come X. Xxxxxxxx Xxxxxx e M.S. Xxxxxxxx.
6 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, Altalex editore, Milano, 2017, p.1.
Per questi motivi e per altri che si sono sopraggiunti nel xxxxx xxx xxxxx0, la necessità di dotare lo sport di una propria regolamentazione non poteva più essere trascurata.
In questo contesto, si è assistito alla nascita delle prime “Istituzioni” sportive come il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), seguito poi da numerose Federazioni Sportive Internazionali (FSI), riconosciute anch’esse come organizzazioni dotate di autonomia propria che si esprime attraverso la costituzione di organi interni, sistemi normativi ad hoc e strumenti di tutela differenziati.
Definito come “un insieme di norme, principi e procedure, volto a disciplinare l’attività sportiva transnazionale e le sue conseguenze politiche e sociali” il cosiddetto ordinamento sportivo prese vita dalla formazione di organizzazioni strutturate8.
L’ordinamento sportivo risulta essere un vero e proprio ordinamento giuridico in quanto, secondo la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano9, sussistono al suo interno i tre elementi costitutivi richiesti per essere considerato come tale: la plurisoggettività, la normazione e l’organizzazione.
Plurisoggettività data dall’esistenza di un congruo numero di soggetti, persone fisiche o giuridiche, che obbediscono ad un determinato corpo comune di norme, al quale attribuiscono valore giuridico vincolante.
In senso proprio la normazione è costituita da tale corpo di norme, le quali devono formare una struttura sistematicamente ordinata, cioè un insieme organizzato in modo gerarchico.
La normazione, nello specifico sportiva, può dividersi in due aree principali che si intersecano tra loro: la prima è formata da regole di fonte statale; la seconda è costituita dai precetti emanati dallo stesso ordinamento sportivo.
7 La crescita dello sport ha anche determinato la nascita di fenomeni patologici tra i quali il doping, le scommesse clandestine e le combine delle gare.
8 M.S. XXXXXXXX, Ancora sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. trim. dir. Pubbl., 1996, p.
671 ss.
9 X. XXXXXX, L’ordinamento giuridico, Tip. Xx. Xxxxxxxx, Pisa, 1918. Dal presupposto secondo il quale un ordinamento nasce quando un insieme di persone o categorie di soggetti rispettano le stesse regole per il perseguimento di fini collettivi, a discapito degli interessi del singolo, per Xxxxx Xxxxxx quando è l’ordinamento statale a non provvedere a regolamentare determinate istituzioni o enti presenti nello strato sociale dello Stato, oppure quando è lo stesso ordinamento sovrano ad incoraggiare una sostituzione totale o parziale di un diverso ordinamento ad esso, si configura la cosiddetta pluralità degli ordinamenti.
L’organizzazione, invece, rappresenta un insieme di elementi che formano un sistema di persone, di servizi personali e di servizi reali che deve avere carattere permanente e duraturo, destinato a svolgere tutte le funzioni necessarie per lo sviluppo dell’ordinamento.
Risulta importante sottolineare come l’espressione ordinamento sportivo, ormai da tempo adoperata in dottrina, sia stata utilizzata molto spesso anche in giurisprudenza 10 entrando nel vocabolario del legislatore sia ordinario che costituzionale11.
3. L’ordinamento sportivo internazionale
La struttura organizzativa a livello internazionale dell’ordinamento sportivo, presentandosi esso come rigido, gerarchico e chiuso, può essere ben rappresentata da una piramide al cui apice è posto il CIO e, a seguire, i diversi Comitati Olimpici Nazionali, le FSI e le altre Istituzioni sportive presenti a livello internazionale.
L’ordinamento sportivo si compone dunque sia di organizzazioni definite semplici, perché costituite da soli individui come, ad esempio, il CIO, sia di organizzazioni composte o composite e cioè formate da associazioni di associazioni come, ad esempio, le FSI12.
3.1 Il Comitato Internazionale Olimpico (CIO)
Con lo scopo di istituire le Olimpiadi dell’età moderna, nel 1894 su spinta di Xxxxxx xx Xxxxxxxxx nasce a Parigi il Comitato Internazionale Olimpico (CIO)13.
10 In particolare si fa riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione, 11 febbraio, n.625. Sentenza che conferma la teoria pluralista, sostenendo che l’ordinamento giuridico sportivo italiano è originario e dotato di potestà organizzativa e normativa ed è collegato al CIO, dal quale attinge la sua fonte. La stessa afferma che l’ordinamento giuridico statale non poteva attribuire all’ordinamento sportivo potestà che sono al di fuori della funzione amministrativa.
11 Articolo 117 Costituzione.
12 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, op. cit. p.3.
13 Attualmente ha sede a Losanna, Svizzera, ed è composto da 99 membri che si riuniscono almeno una volta all’anno.
Quest’ultimo può essere definito come un’organizzazione sovranazionale non governativa senza scopo di lucro e con estrema rilevanza a livello mondiale essendo considerato ente esponenziale del Movimento Olimpico14.
Organo di vertice nell’ambito sportivo internazionale, a seguito dell’adozione della Carta Olimpica 15 esso ha la competenza esclusiva di adottare i principi fondamentali e le linee guida, a cui devono uniformarsi tutti i soggetti sportivi dal medesimo riconosciuti.
Dunque, oltre all’organizzazione quadriennale dei Giochi olimpici, sovrintendendo al loro svolgimento, il CIO incoraggia l’organizzazione di altre competizioni, vigilando sull’osservanza dei principi dell’olimpismo e delle regole sportive fondamentali espressi nelle Règles Olympiques, da esso formulate.
La Corte di Giustizia europea, in relazione alla disciplina dell’attività sportiva, paragona il CIO ad una vera e propria impresa in quanto esercita un’attività economica a tutti gli effetti, prescindendo dal fatto che i profitti vengano impiegati per lo sviluppo del movimento olimpico internazionale.
Il CIO è rappresentato a livello nazionale dai Comitati Nazionali Olimpici (C.N.O.) da esso singolarmente riconosciuti, i quali possono avere diversa forma e natura giuridica.
Il rapporto che intercorre tra i due organi è quindi di tipo associativo rappresentando tale riconoscimento l’abilitazione per ciascun comitato di selezionare e iscrivere i propri atleti per la partecipazione ai Giochi Olimpici16.
I C.N.O., così come i loro Regolamenti e Statuti, sono sottoposti al controllo costante da parte del CIO, il quale vigila sulla conformità degli stessi alle disposizioni contenute nella Carta Olimpica17.
14 Termine che viene talvolta utilizzato per comprendere chiunque o qualsiasi cosa sia coinvolta nelle Olimpiadi, come i corpi di governo sportivo nazionali, gli atleti, i media e gli sponsor dei Giochi Olimpici.
15 Una prima versione della Carta olimpica viene adottata nel 1908 sulla base di un regolamento interno scritto dal barone xx Xxxxxxxxx e denominato Annuario del CIO. Redatta in lingua inglese e francese (lingue ufficiali del CIO) costituisce il più importante documento in ambito sportivo e rappresenta la codificazione dei principi fondamentali dell’Olimpismo, delle Regole e delle Norme di applicazione adottate dal CIO.
16 Sono attualmente 206 i Comitati riconosciuti dal CIO (ultimo in ordine di tempo il Sudan del sud nel 2015). Esistono tuttavia dei Comitati che non sono riconosciuti: è il caso del Comitato Olimpico di Macao fondato nel 1987 che ha tentato più volte di far parte del CIO ma non è mai stato ufficialmente riconosciuto.
17 X.XXXXXXXXXX, Diritto Sportivo, Giappichelli Editore, Torino 2009, p.25.
Gli stessi C.N.O. hanno a loro volta il delicato compito di preservare l’integrità dei valori e dello sviluppo del Movimento Olimpico.
Altra importante competenza da attribuire al CIO è quella di essere arbitro di ultima istanza di tutte le controversie relative ai Giochi Olimpici. I suoi poteri si caratterizzano per essere esclusivi in tutte le materie verso chiunque, anche in campo disciplinare, delle quali le sanzioni più gravi sono la sospensione, la radiazione, la squalifica e l’esclusione.
Per la disciplina e l’organizzazione dei singoli sport il sistema sportivo internazionale è articolato in una serie di Federazioni.
Le Federazioni Sportive Internazionali (FSI) sono organizzazioni private non governative, disciplinate dal diritto dello Stato in cui hanno sede e soprattutto sono di tipo composto, in quanto raggruppano in sé altri enti in una struttura federale.
È il CIO ad affidare a ciascuna FSI, in via esclusiva, la governance di un determinato sport; il compito di dirigere ed incentivare la diffusione e la pratica del medesimo, nonché adottare decisioni in materia di amministrazione e organizzazione delle competizioni, decisioni alle quali debbono necessariamente adeguarsi le Federazioni Sportive Nazionali (FSN)18.
Meritano di essere menzionate quelle organizzazioni internazionali intermedie che fungono da tramite e da raccordo, a livello continentale, tra le FSN e le FSI. Queste vengono definite Confederazioni e hanno il compito di organizzare le competizioni continentali delle varie discipline sportive e sovraintendere al regolare svolgimento delle stesse19. Non hanno il potere di dettare regole tecniche con riferimento ad ogni singolo sport in quanto esse devono soggiacere sia alle direttive del CIO sia alle regole tecniche poste dalle rispettive FSN20.
Con particolare attenzione al gioco del calcio, emerge chiaramente come il sistema strutturale e organizzativo delle FSN sia di tipo piramidale: a livello mondiale opera la F.I.F.A. (Fédération Internationale de Football Association), in
18 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, op. cit. p.3.
19 Relativamente all’Europa si pensi, ad esempio, alla UEFA Champions League.
20 X.XXXXXX, X.XXXXXXX, Lezioni di Diritto Sportivo, Xxxxxxx editore, 2016, p.46.
sottordine a livello continentale organismi come, ad esempio, la U.E.F.A. (Union des associations Européennes de Football) e la CONMEBOL (Confederaciòn de Fùtbol)21, che a loro volta raggruppano le varie Federazioni nazionali come la FIGC in Italia.
3.2 La F.I.F.A.
Fondata a Parigi il 21 maggio 1904, la F.I.F.A. (Fédération Internationale de Football Association) rappresenta la massima autorità del gioco del calcio.
Si tratta di un’associazione di diritto privato dotata di personalità giuridica, ai sensi dell’art.60 e seguenti del Codice Civile Svizzero, avente sede legale a Zurigo.
La F.I.F.A. opera per il perseguimento di determinati obiettivi: migliorare e promuovere il gioco del calcio; organizzare le competizioni internazionali, tra le quali la più importante è il Campionato mondiale di calcio 22 ; redigere i regolamenti e provvedimenti garantendone l’attuazione; proteggere il gioco del calcio da ogni forma di abuso, ivi compresa ogni forma di discriminazione per motivi politici, etnici, razziali o religiosi23.
La struttura organizzativa interna alla F.I.F.A. si articola in una serie di organi di diversa importanza.
Il Congresso, innanzitutto, rappresenta il supremo organo legislativo e regolamentare ed è composto dai delegati delle Federazioni affiliate.
I compiti principali di questo organo sono l’elezione del Presidente, del Segretario Generale e degli altri membri del Comitato Esecutivo, l’approvazione dei provvedimenti relativi all’affiliazione delle Federazioni alla F.I.F.A. e delle modifiche allo Statuto e ai Regolamenti, ed inoltre l’approvazione del bilancio.
Il Congresso si riunisce ordinariamente con cadenza annuale e le decisioni in tale sede vengono prese a maggioranza semplice sulla base di un voto palese. Tuttavia,
21 Altre come la CAF (Confederation of African Football), la CONCACAF(Confederation of North, and Central America and Caribbean Association Football), la AFC (Asian Football Confederation) e l’OCF (Oceania Football Confederation).
22 La F.I.F.A. organizza competizioni sia per squadre nazionali come per esempio la
Confederetions Cup, sia esclusivamente per club come la Coppa del Mondo per Club.
23 Una novità introdotta dalla F.I.F.A. durante la Confederations Cup del 2017 in Russia consiste nel lasciare la possibilità all’arbitro di interrompere una partita nel caso in cui si accorga di una qualsiasi forma di discriminazione da parte dei tifosi presenti.
qualora le decisioni riguardino la modifica dello Statuto F.I.F.A. ovvero l’emanazione di provvedimenti relativi alla revoca dell’affiliazione delle Federazioni Nazionali, la maggioranza richiesta è qualificata, con la maggioranza assoluta dei componenti ed il voto favorevole di almeno tre quarti dei presenti.
Le delibere del Congresso entrano in vigore a partire dal sessantunesimo giorno dopo la chiusura dello stesso, salvo diverso termine indicato per quella specifica decisione.
Altro ruolo importante all’interno della F.I.F.A. è riconosciuto al Comitato Esecutivo che ne rappresenta il principale organo decisionale. Dotato di poteri esecutivi nomina i membri delle commissioni permanenti e degli organi giudicanti ed inoltre redige i regolamenti per l’organizzazione delle Commissioni permanenti e di quelle ad hoc.
Il Comitato Esecutivo si riunisce almeno due volte all’anno ed è composto da otto vicepresidenti, una rappresentante del Calcio Femminile e quindici membri nominati dalle confederazioni e dalle associazioni, ed è presieduto dal Presidente F.I.F.A24 il quale rappresenta la massima Federazione Calcistica internazionale sotto il profilo legale.
Quest’ultimo, nel mondo, è il maggior esponente della F.I.F.A. ed infatti mantiene i rapporti tra essa e le varie Confederazioni, le Federazioni Nazionali e gli altri organismi internazionali. Ha il compito di attuare le delibere approvate dal Congresso e dal Comitato Esecutivo e di sovrintendere all’operato della Segreteria Generale che svolge per lo più compiti amministrativi.
Un aspetto che risulta importante sottolineare fin da ora, e che verrà ripreso successivamente nel corso della trattazione, riguarda il ruolo svolto all’interno della F.I.F.A. dalle già citate Commissioni ad hoc e permanenti 25 che nella maggior parte dei casi svolgono un ruolo di assistenza al Comitato Esecutivo nello svolgimento delle sue attività.
24 Dal 26 febbraio 2016 è Xxxxxx Xxxxxxxxx.
25 Sono composte da un loro Presidente, da un Vice Presidente e da un numero, a seconda della esigenze, di altri membri.
Ciascuna di esse si occupa di un ambito specifico e le più famose nel mondo nel calcio sono la Commissione per lo Status dei Calciatori26, quella di consulenza televisiva e marketing, e il Comitato organizzatore della Coppa del Mondo F.I.F.A.
Elencati nello Statuto F.I.F.A. vi sono inoltre organi giudicanti che fanno parte dell’organigramma.
Tra questi la Commissione Disciplinare che può irrogare sanzioni come ammende, ammonizioni, sospensioni, espulsioni nei confronti di affiliati, club, dirigenti e calciatori; la Commissione Etica che, basandosi sul Codice Etico della F.I.F.A., verifica l’integrità e l’indipendenza dei componenti della Commissione Audit e Compliance; ed infine la Commissione d’Appello che è responsabile di esaminare gli appelli presentati contro le decisioni della Commissione Disciplinare e di quella per lo Status dei Calciatori27.
Sono irrevocabili le decisioni della Commissione d’Xxxxxxx, fatta salva la possibilità di rivolgersi al Tribunale Arbitrale dello Sport (T.A.S.) di Losanna che rappresenta l’ultimo grado di giudizio.
3.2.1 Lo status di membro F.I.F.A.
L’ultima versione dello Statuto F.I.F.A., il quale rappresenta un insieme di normative che disciplinano e regolamentano l’attività della Federazione, è stata approvata nel Congresso di Mosca del 13 giugno 2018.
Risulta importante, all’interno Statuto, la disciplina dedicata alle regole riguardanti l’affiliazione delle Federazioni nazionali alla F.I.F.A. prevista dal Titolo II rubricato “Ammissione”. Le disposizioni contenute in quest’ultimo regolamentano l’acquisizione, la sospensione e la perdita definitiva dello status di
26 Nello specifico la Commissione per lo Status dei Calciatori definisce e controlla il rispetto del Regolamento che disciplina lo status e i trasferimenti dei calciatori che si avrà modo di approfondire successivamente.
27 X. XXXXXXX, Non si fa goal solo sul campo: come districarsi fra Circolari, Norme, Regolamenti, Statuti, Decisioni, Codici, in ambito calcistico internazionale e nazionale, Edizioni Del Faro, 2012, p.10.
membro F.I.F.A. rimettendo ogni provvedimento in tal senso alla facoltà del Congresso28.
Tale status, per quanto riguarda l’iter pratico, si acquisisce mediante un provvedimento di affiliazione che segue ad una richiesta alla Segreteria generale. La richiesta di affiliazione deve essere corredata dallo Statuto legalmente valido dell’associazione richiedente che dovrà contenere obbligatoriamente le previsioni di impegnarsi ad uniformarsi alle regole del gioco in vigore, allo Statuto, ai regolamenti e alle decisioni della FIFA e delle Confederazioni di appartenenza.
A tale richiesta dovrà anche essere allegata una dichiarazione nella quale venga riconosciuta, da parte della aspirante affiliata, l’autorità del T.A.S. come giudice delle controversie29.
Soltanto alla presenza di questi documenti la F.I.F.A. provvederà ad inviare la richiesta alla Confederazione di appartenenza della Federazione richiedente che decide se ammetterla o meno come membro provvisorio. Questo risulta essere un passaggio fondamentale poiché l’affiliazione può essere deliberata dal Congresso soltanto se la Federazione nazionale è da almeno due anni membro provvisorio della rispettiva Confederazione continentale.
Decorsi due anni dall’ammissione, la Confederazione deve inviare alla F.I.F.A. una relazione nella quale è contenuta la descrizione dell’attività nel paese in questione, e che verrà esaminata dal Comitato Esecutivo che deciderà se chiedere al Congresso di ammettere o meno la Federazione richiedente.
A conclusione dell’iter, qualora il Congresso ritenga sussistenti i requisiti previsti, emana il provvedimento di affiliazione che, una volta formalizzata, comporterà in capo alla nuova affiliata una serie di diritti e di doveri.
28 Articolo 10, Statuto F.I.F.A.: “The Congress shall decide whether to admit, suspend or expel a member association solely upon the recommendation of the Council”.
29 Articolo 11, commi terzo, quarto e quinto, Statuto F.I.F.A.: “[…]Any association wishing to become a member association shall apply in writing to the F.I.F.A. general secretariat.
The association’s legally valid statutes shall be enclosed with the application for membership and shall contain the following mandatory provisions: (a) always to comply with the Statutes, regulations and decisions of F.I.F.A. and of the relevant confederetion; (b) to comply with the Laws of the Game in force; (c) to recognise the Court of Arbitration for Sport, as specified in these Statutes.”
Quanto appena detto permette di evidenziare, come si era accennato nei paragrafi precedenti, il rapporto di supremazia gerarchica della F.I.F.A. sulle Federazioni calcistiche nazionali.
In particolare, mediante l’affiliazione, vengono riconosciuti dalla F.I.F.A. soltanto gli ordinamenti calcistici nazionali che ad essa si conformino e, di conseguenza, mediante la revoca della stessa, la F.I.F.A. può disconoscere e addirittura espellere dall’ordinamento calcistico internazionale le Federazioni nazionali che non vogliano ad essa conformarsi.
Per curiosità è possibile evidenziare l’esistenza di alcune Federazioni calcistiche che non fanno parte dell’ordinamento F.I.F.A., ma vengono raccolte in altro ordinamento chiamato “Non F.I.F.A.-football”. Si tratta talvolta di nazionali affiliate solo alla propria Confederazione continentale 30 , talaltra di stati non riconosciuti ovvero di regioni autonome.
3.3 La U.E.F.A.
La (C.O.N.M.E.B.O.L.) Confederation Sudamericana de Futbol, la (A.F.C.) Asian Football Confederation, la (U.E.F.A.) Union of European Football Association, la (C.O.N.C.A.C.A.F.) Confederation of North, Central American and Caribbean Football e l’(O.F.C.), Oceania Football Association sono le sei Confederazioni continentali affiliate alla F.I.F.A.
Già citate in precedenza, esse non sono altro che associazioni tra Federazioni nazionali dello stesso continente che si pongono in una posizione intermedia tra queste e la F.I.F.A.
Oltre alle varie funzioni che si è avuto modo di affermare nei paragrafi precedenti, come l’organizzazione delle competizioni continentali, occorre aggiungere che le Confederazioni svolgono anche un ruolo politico, nel senso che eleggono i vicepresidenti e i membri del Comitato Esecutivo della F.I.F.A. ed istituiscono comitati che collaborino con quest’ultima.
30 Come, per esempio, Tuvalu, Micronesia e Palau che sono esclusivamente affiliate all’O.F.C. (Oceania Football Association) e, dunque, possono partecipare soltanto alle competizioni continentali.
Con l’intenzione di contestualizzare il discorso si è voluto approfondire nello specifico la disciplina e il ruolo della Confederazione calcistica europea, la
U.E.F.A. (Union des associations Européennes de Football).
Nata nel 1954 a Basilea per iniziativa delle federazioni calcistiche italiana, francese e belga, la U.E.F.A., che attualmente ha sede a Nyon, Svizzera, rappresenta l’organo a cui fanno riferimento le Federazioni nazionali europee oltre ad alcune extraeuropee come Turchia, Cipro, Armenia, Russia, Georgia, Israele, Azerbaijan e Kazakistan.
Con cospicue innovazioni negli ultimi anni, la U.E.F.A. organizza competizioni continentali sia per club professionistici che per rappresentative nazionali31.
In maniera molto simile alla F.I.F.A., la struttura della U.E.F.A. è articolata in più organi: il Congresso, il Comitato Esecutivo U.E.F.A., il Presidente U.E.F.A. e il panel di emergenza U.E.F.A.
Il Congresso è l’organo di controllo supremo. Si riunisce, presieduto dal Presidente U.E.F.A., ordinariamente una volta all’anno con la partecipazione dei rappresentanti delle Federazioni affiliate, che dal 2016 è aumentato a 55 con l’adesione della Federata e Futbollit Kosovës (Kosovo); straordinariamente, su scelta del Comitato Esecutivo, per discutere argomenti particolarmente importanti. In particolare esso si occupa dell’elezione dei membri europei del Comitato Esecutivo F.I.F.A., dell’elezione del Presidente U.E.F.A. e dei membri del Comitato Esecutivo, e della verifica delle richieste di affiliazione ed eventualmente della sospensione o esclusione delle associazioni già affiliate.
Al di fuori della giurisdizione del Congresso opera il Comitato Esecutivo
U.E.F.A. con funzioni prevalentemente amministrative e deputato a vigilare e regolamentare l’attività contabile.
Convocate dal Presidente, e da esso presiedute, le riunioni del Comitato Esecutivo si svolgono ogni due mesi con la possibilità che venga anche richiesta la presenza di terze parti come consulenti oltre ai quindici membri eletti dal Congresso.
31 La più recente novità in tema di competizioni per rappresentative nazionali è la “UEFA Nations League”. Una competizione, la cui prima edizione ha preso il via a settembre 2018, nata dalla consapevolezza delle Federazioni nazionali europee che le partite amichevoli non garantivano un livello adeguato rispetto alle partite ufficiali. Il format è stato approvato dal Comitato Esecutivo della U.E.F.A. nel dicembre 2014 e prevede la suddivisione delle nazionali in quattro gruppi di merito la cui composizione è stata basata sui risultati ottenuti nelle qualificazioni per il Mondiale del 2018 in Russia.
Il Presidente, eletto per un mandato di quattro anni dalle Federazioni affiliate, rappresenta la U.E.F.A32.
Cinque membri del Comitato Esecutivo compongono il panel di emergenza U.E.F.A., autorizzato a prendere decisioni e vigilarne l’applicazione su temi urgenti che ricadono nell’autorità dello stesso Comitato.
La U.E.F.A. è composta anche da organi disciplinari, dal Consiglio Strategico Calcio Professionistico (P.F.S.C.)33 e da vari comitati che si occupano di temi specifici come lo status e il trasferimento dei calciatori.
Sempre di rilevanza europea, nel gennaio del 2008 è stata costituita l’Associazione dei Club Europei (E.C.A.), un’organizzazione indipendente che rappresenta le società calcistiche a livello europeo, presieduta a partire dal 2017 da Xxxxxx Xxxxxxx.
Il suo obiettivo, d’intesa con la U.E.F.A., è quello raggiungere un proficuo rapporto tra squadre europee e l’organo di gestione del calcio in Europa.
4. L’ordinamento sportivo nazionale
La gerarchia piramidale che risulta nell’ordinamento sportivo a livello internazionale è riscontrabile nell’organizzazione del medesimo anche a livello nazionale.
Al suo interno opera al vertice il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), di seguito, le Federazioni sportive Nazionali e infine le varie Leghe.
4.1 Il C.O.N.I.
Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (in sigla C.O.N.I.) fondato nel 1914, e solo più tardi pienamente riconosciuto dall’ordinamento giuridico statale con legge 6 febbraio 1942, n. 426, rappresenta la miglior risposta dello Stato alle esigenze di pianificazione e sviluppo della pratica sportiva illustrate nel primo paragrafo.
32 Dal 14 settembre 2016 è lo sloveno Xxxxxxxxxx Xxxxxxx.
33 SI tratta di un organo che riunisce i principali portatori d’interesse del calcio europeo, non solo la U.E.F.A., ma anche i club, le leghe professionistiche e le associazioni dei calciatori.
Tale organismo, quale massima autorità sportiva in Italia, è l’ente pubblico non economico appartenente all’ordinamento sportivo italiano, posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, cui spetta l’organizzazione, la promozione e la diffusione della pratica sportiva sul territorio nazionale.
Il C.O.N.I. è attualmente regolato dal Decreto Legislativo 23 luglio 1999, n.242,
c.d. “Decreto Melandri” e dal Decreto Legislativo 8 gennaio 2004, n.15, c.d. “Decreto Pescante”, oltre che dal suo Statuto adottato per la prima volta nel 2004 e più volte modificato nel tempo.
La storia che intercorre tra la legge istitutiva di tale organismo e i decreti legislativi citati, è stata caratterizzata dal susseguirsi di normative volte a modificarne l’assetto organizzativo e funzionale.
Rubricato “Riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano”, il “Decreto Melandri” costituisce una svolta epocale nell’evoluzione legislativa del C.O.N.I., avendo fatto in modo che quest’ultimo venisse riconosciuto dall’ordinamento italiano come persona giuridica di diritto pubblico, sottolineandone la sede in Roma34, e che esso entrasse a far parte dell’ordinamento sportivo internazionale conformandosi ai principi, alle deliberazioni e agli indirizzi emanati dal C.I.O35.
Il “Decreto Melandri”, in sintesi, ha conferito al C.O.N.I. un’ampia potestà statutaria e regolamentare, ha sancito in via ufficiale il suo conformarsi alle disposizioni provenienti sia dall’ordinamento statale, integrato sia dal diritto comunitario, sia da quello sportivo internazionale e ha qualificato le Federazioni sportive nazionali come persone giuridiche di diritto privato.
Altra importante normativa è il Decreto Legge 9 luglio 2002, n. 138 convertito in legge, dalla L. 8 agosto 2002, n. 178, sul riassetto del C.O.N.I. che ha essenzialmente trasferito alla “CONI Servizi S.p.a.”, società per azioni costituita per legge, le attività strumentali C.O.N.I. stabilendo che i rapporti, anche economico-finanziari, tra la società e il Comitato siano disciplinati sulla base di un contratto di servizio annuale.
34 Articolo 1, D. Lgs.242/1999 (“Decreto Melandri”): “Il Comitato olimpico nazionale italiano, di seguito denominato CONI, ha personalità giuridica di diritto pubblico, ha sede in Roma, ed è posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali”.
35 Articolo 2, primo comma, D. Lgs.242/1999 (“Decreto Melandri”): “Il CONI si conforma ai principi dell’ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito CIO […]”.
Il Legislatore ha voluto in tal modo svuotare l’ente pubblico C.O.N.I. delle competenze operative e gestionali, relegandolo invece ad una funzione di mero indirizzo e promozione dello sport36.
A modificare il “Decreto Melandri” è intervenuto il D.Lgs.15/2004, nel linguaggio comune conosciuto come “Decreto Pescante”. Quest’ultimo ha introdotto novità in tema di regolamenti sul funzionamento delle F.S.N. e ha accresciuto i poteri di vigilanza e controllo sulle organizzazioni sportive.
Per individuare quali siano le funzioni svolte dal C.O.N.I. occorre rivolgersi al suo Statuto37.
L’articolo 1, prima di tutto, definisce l’organismo come “la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali (FSN) e delle Discipline sportive associate (DSA)”, nonché come “l’autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale dell’individuo e parte integrante dell’educazione e della cultura nazionale”.
Negli articoli 2 e 3 il legislatore pone come obiettivi del C.O.N.I. la cura e il coordinamento dell’organizzazione delle attività sportive sul territorio nazionale, nonché l’emanazione dei principi fondamentali per la disciplina e per il regolare e corretto svolgimento delle competizioni. Oltre a fornire regolamenti in tema di tesseramento degli atleti, inoltre, detta principi contro le disuguaglianze, il razzismo e la xenofobia.
Ai sensi dell’articolo 3 del “Decreto Melandri”, organi che formano il C.O.N.I. sono il Consiglio Nazionale, la Giunta Nazionale, il Presidente, il Segretario Generale, il Comitato Nazionale per lo sport per tutti ed il Collegio dei Revisori dei Conti.
Il Consiglio Nazionale è l’organo politico più rilevante dell’organizzazione sportiva italiana che esercita di fatto la maggior parte dei poteri che la legge conferisce al C.O.N.I.38
36 M.T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, 2012, p.27.
37 Lo Statuto C.O.N.I. adottato nel 2004 è stato successivamente modificato nel 2008, 2012, 2014 e da ultimo modificato nel 2016 con deliberazione del Consiglio Nazionale del 4 maggio, n.1549.
38 X. XXXXXX – X. XXXXXXX, Lezioni di Diritto sportivo, p.47.
Si occupa sia del coordinamento dell’azione delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, sia della fissazione dei principi e delle regole generali vincolanti per tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo nazionale.
La Giunta Nazionale è l’organo di indirizzo, esecuzione e controllo dell’attività amministrativa del C.O.N.I. È convocata una volta al mese, salvo particolari necessità39, dal Presidente, che viene eletto dal Consiglio Nazionale ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica.
Il Presidente è il legale rappresentante dell’ente non solo a livello nazionale ma anche in ambito internazionale e ha compiti di vigilanza sull’attuazione delle delibere del Consiglio e della Giunta40.
Il Segretario Generale si occupa della gestione amministrativa, dell’attuazione degli indirizzi e orientamenti previsti dalla Giunta e della redazione del bilancio annuale di attuazione e quello consuntivo del C.O.N.I.
Il Collegio dei Revisori dei Conti è nominato per quattro anni con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri e si occupa esclusivamente dell’attività contabile e finanziaria.
4.2 Le Federazioni sportive nazionali: in particolare la F.I.G.C.
Un gradino più in basso nella scala gerarchica rispetto al C.O.N.I. vi sono le Federazioni sportive nazionali che, unitamente alle Discipline sportive associate, costituiscono gli unici organismi giuridici riconosciuti ed autorizzati a rappresentare in Italia le singole discipline sportive.
Tali Federazioni possono operare all’interno dell’ordinamento sportivo nazionale soltanto se hanno ottenuto il riconoscimento da parte del C.O.N.I.
Tuttavia, prima di esplicare le modalità con cui ciò avviene e i requisiti che ciascuna Federazione deve avere per poter essere riconosciuta, occorre vedere come si sia giunti ad affermare la natura privatistica della personalità giuridica delle stesse.
Il percorso è stato molto tortuoso, connotato da un grande dibattito dottrinale e giurisprudenziale nato dall’ambiguità per la quale le Federazioni sportive
39 Nonché ogni altra volta che il Presidente ne ravvisi la necessità, ovvero ove sia fatta richiesta da parte di almeno cinque componenti.
40 X. XXXXXX – X. XXXXXXX, op. cit., p.50.
nazionali, nate come associazioni di diritto privato, venivano definite dall’art.5 della L. 426/1942 come “organi del C.O.N.I.” e, come tali, partecipi della natura pubblica dell’ente.
Di conseguenza, qualificando in modo differente queste Federazioni, si individuavano due diverse scuole di pensiero.
Da un lato, vi era chi, come la giurisprudenza civile 41 , sosteneva la natura pubblicistica delle Federazioni in quanto organi di ente pubblico.
Anche la giurisprudenza amministrativa, in alcuni casi, era a sostegno di questa tesi42; in altri casi ha optato per la duplice natura delle Federazioni43.
Dall’altro lato si sosteneva la tesi della natura privatistica delle Federazioni.
Si giunse poi, sia in dottrina che in giurisprudenza, ad ipotizzare una natura “mista” delle Federazioni poiché esse presentavano natura privatistica in virtù delle specifiche attività proprie distaccate da quelle delegate dal C.O.N.I., e natura pubblicistica in quanto esercitavano su delega dell’ente44.
È con il già menzionato “Decreto Melandri” che si pone fine all’incertezza e all’ambiguità, poiché, confermando come si è detto all’articolo 1 la personalità giuridica pubblica del C.O.N.I. viene sancita la natura privatistica delle Federazioni sportive nazionali..
A conferma di questo si ritiene opportuno riportare parte del testo dei primi due commi dell’articolo 15 del citato Decreto:
“Le FSN svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del C.I.O. e del C.O.N.I., anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifici aspetti di tale attività. Ad esse partecipano società ed associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti delle FSN in relazione alla particolare attività, anche singoli tesserati. Le FSN hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo”.
41 Cass. civ., sez. un., sent. n. 2725/1979.
42 cfr. Cons. St., sez. VI, 18 gennaio 1996, n. 108.
43 TAR Marche, sent. 30 gennaio 1998 n.87, in Foro Amm. 1998, p.2523.
44 In particolare si veda la pronuncia del Consiglio di Stato del 1995 in merito.
Assumono “valenza pubblicistica” alcune attività delle F.S.N. come l’ammissione e l’affiliazione di società o di singoli tesserati, la revoca a qualsiasi titolo e modificazione dei provvedimenti di ammissione e affiliazione, ovvero il controllo sul regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati professionistici, ma ciò non mette in dubbio la configurazione giuridica delle stesse.
Il riconoscimento da parte del C.O.N.I. richiede che la Federazione sportiva nazionale sia in possesso di determinati requisiti: lo svolgimento sul territorio italiano di un’attività sportiva; l’affiliazione ad una Federazione sportiva internazionale che sia riconosciuta dal C.I.O.; presenza di un ordinamento interno a base democratica e rispettoso del principio di uguaglianza e pari opportunità tra uomini e donne; composizione degli organi direttivi e procedure elettorali conformi a quanto previsto dall’art.16, comma 2, del “Decreto Melandri”45
Per ogni singola disciplina sportiva può essere riconosciuta soltanto una Federazione nazionale, la quale provvede a dettare regole e a gestire il potere disciplinare in caso di violazioni.
L’organizzazione e il controllo del gioco del calcio in Italia è di competenza della Federazione Italiana Giuoco Calcio (in sigla F.I.G.C.).
La F.I.G.C. è dotata di uno Statuto federale deliberato dal Commissario ad acta con decreto del 30 luglio 2014 e approvato con delibera del Presidente del
C.O.N.I. n. 112/52 del 31 luglio 2014.
Al primo comma dell’articolo 1 dello Statuto si chiarisce la natura della Federazione nazionale di riferimento in ambito calcistico definendola come associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato federata al
C.O.N.I. avente lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività del giuoco del calcio e gli aspetti ad essa inerenti.
Sempre nello Statuto 46 è esplicitamente affermato che la F.I.G.C. è l’unica federazione italiana che, per ogni aspetto riguardante il calcio in ambito nazionale e internazionale, è riconosciuta dal C.O.N.I., dalla F.I.F.A. e dalla U.E.F.A., e
45 X. XXXXXX – X. XXXXXXX, op. cit., p.52.
46 Nel quarto comma dell’articolo 1 dello Statuto F.I.G.C.
perciò deve svolgere le proprie funzioni in conformità con le deliberazioni e gli indirizzi di questi, in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione47.
Tra le principali funzioni della F.I.G.C., compiutamente elencate nell’articolo 3 dello Statuto, si richiamano, per maggiore importanza, la cura delle relazioni calcistiche internazionali, la supervisione della disciplina sportiva e della gestione tecnica ed economica delle squadre nazionali e la funzione risolutiva delle controversie con particolare riferimento alla giustizia sportiva.
Per quanto concerne l’assetto organizzativo, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha un suo Presidente che la rappresenta dal punto di vista legale e che convoca, almeno ogni bimestre, il Comitato di Presidenza e il Consiglio Federale. È previsto che resti in carica un quadriennio con la possibilità di essere confermato, ma, come rilevato dagli avvenimenti del gennaio 2018, non è sempre agevole la sua elezione48.
Vi sono due Vicepresidenti eletti dal Consiglio Federale che, oltre a quanto previsto dallo Statuto, svolgono funzioni sostitutive in assenza o impedimento del Presidente.
Una figura introdotta soltanto nel 2012 è quella del Direttore Generale, responsabile della gestione istituzionale, amministrativa e contabile.
Lo Statuto della F.I.G.C. a cui più volte abbiamo fatto rinvio viene adottato dall’Assemblea, che si compone dei delegati delle Leghe professionistiche che sono i Presidenti, o altri rappresentanti, delle società ad esse appartenenti; per la Lega Nazionale Dilettanti i delegati sono eletti dalle società con diritto di voto; i delegati degli atleti degli atleti, dei tecnici e degli ufficiali di gara.
L’Assemblea non si limita soltanto ad adottare lo Statuto ma elegge il Presidente federale e approva il bilancio consuntivo in caso di parere negativo del Collegio dei Revisori o di mancata approvazione da parte della Giunta Nazionale del C.O.N.I.
47 D. XXXXXXX, op. cit., pag. 243.
48 Le dimissioni da tale carica rassegnate da Xxxxx Xxxxxxxxx nel novembre 2017, in seguito alla mancata qualificazione ai Mondiali di calcio da parte della nazionale italiana, hanno reso necessarie nuove elezioni, ma l’incapacità di eleggere un nuovo Presidente ha portato alla nomina, da parte del C.O.N.I., di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx come commissario straordinario. Il caos creato il giorno delle elezioni e il successivo commissariamento hanno spinto la maggior parte dei media a definire la situazione come una delle pagine più brutte del calcio italiano.
4.3 Le Leghe
Pur essendo collocate tra i gradini più bassi di quella “piramide sportiva” che, seppur astrattamente, semplifica nella mente del lettore la struttura dell’ordinamento sportivo nazionale, le Leghe hanno assunto notevole importanza, negli ultimi anni, soprattutto negli sport economicamente più importanti, come il calcio.
Ponendo l’attenzione sulla natura giuridica delle Leghe, diverse pronunce giurisprudenziali hanno stabilito la natura di associazioni privatistiche tra persone giuridiche affiliate, dotate di autonomia organizzativa e amministrativa interna.
In particolare, essendo organismi associativi aventi lo scopo, tra gli altri, di rappresentare società ad esse affiliate nella conclusione degli Accordi collettivi di lavoro e nella predisposizione dei contratti-tipo, sulla cui base verranno conclusi i contratti individuali degli atleti professionisti, verrà successivamente posta attenzione soprattutto sul ruolo delle Leghe professionistiche del settore calcistico49.
Altra funzione delle Leghe è quello di organizzare le manifestazioni sportive, i campionati e le coppe, di realizzare i calendari di queste e di stabilirne i criteri e le modalità per l’iscrizione50.
Per quanto riguarda l’ambito calcistico si fa riferimento all’articolo 9 dello Statuto F.I.G.C., rubricato “Le Leghe”, ove viene affidata l’articolazione organizzativa all’autonomia delle Leghe che dovranno, però, attenersi allo Statuto federale e agli indirizzi del C.O.N.I.
4.4 Gli Enti di Promozione Sportiva, le Società e le Associazioni sportive
Gli Enti di Promozione Sportiva sono associazioni a livello nazionale o regionale senza fini di lucro, con lo scopo di promuovere e organizzare attività sportive con finalità ricreative e formative rispettando i principi fissati dal C.O.N.I. e dalle FSN.
49 Lega Nazionale professionisti serie A, la Lega Nazionale professionisti serie B e la Lega italiana calcio professionistico.
50 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p.70
Si tratta di organi che si occupano, in particolare, di organizzare attività a fine non squisitamente agonistico. Caratteristica che li differenzia dalle FSN.
Vengono riconosciute dal C.O.N.I. nel 1986, entrando così a far parte dell’ordinamento sportivo italiano.
Tra i più importanti Enti di Promozione Sportiva si ricordano il Centro Sportivo Italiano (in sigla CSI) e il Centro Universitario Sportivo Italiano (in sigla CUSI). La base della struttura piramidale dello sport a livello nazionale è costituita da società e associazioni sportive professionistiche e dilettantistiche, nonché da atleti e da tutti i soggetti la cui attività è connessa, direttamente o indirettamente, alla prestazione sportiva dello stesso atleta, come allenatori, medici sociali, dirigenti ed altri ancora51.
LE FONTI NORMATIVE E REGOLAMENTARI DEL SISTEMA CALCISTICO
5. Lo sport nelle politiche comunitarie
Il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, firmato a Roma nel 1957, non contemplava lo sport tra le materie di sua competenza.
Tuttavia, la costante evoluzione normativa e soprattutto la dimensione economica, ancora oggi in continua crescita, del fenomeno sportivo, inevitabilmente ha interessato anche le istituzioni europee.
Tale interesse porta le istituzioni a focalizzare l’attenzione soprattutto sulla rilevanza economica dello sport e, successivamente, sulla necessità di tutela del diritto di libera circolazione dei lavoratori sportivi e sull’applicazione della disciplina comunitaria della concorrenza alle trasmissioni televisive relative alle attività sportive.
51 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, op. cit., p.8.
Il primo passo a livello europeo nei confronti del fenomeno sportivo si ha nel 1974 quando la Corte di Giustizia sancisce l’assoggettabilità dello sport, come attività economica al diritto comunitario, ai sensi dell’art.2 del Trattato.
Dopo che con l’Atto Unico Europeo del 1987, il ruolo dello sport viene evidenziato sia a livello economico sia a livello sociale, a partire dagli anni novanta le iniziative della Comunità europea pongono in primo piano la dimensione sociale.
Durante la Conferenza dei Ministri europei dello Sport del 1992 a Rodi, vengono approvati il Codice europeo di etica sportiva (fair play) e la Carta europea dello Sport. Quest’ultima, quale primo atto normativo di fonte comunitaria in materia di sport, enuncia tra i suoi scopi l’impegno delle istituzioni comunitarie affinché sia offerta “ad ogni individuo la possibilità di praticare lo sport”52.
L’importanza che riveste lo sport viene riconosciuta a livello europeo con il Trattato di Amsterdam del 1997 nel quale si invitano gli organi dell’Unione Europea a prestare ascolto alle associazioni sportive laddove trattino questioni importanti che riguardino lo sport53.
Va ricordata, inoltre, la Risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione della Commissione al Consiglio europeo nell’ottica della salvaguardia delle strutture sportive attuali e del mantenimento della funzione sociale dello sport nel quadro comunitario”, meglio conosciuta come Relazione di Helsinki sullo sport, del dicembre 1999, in cui viene confermata la sua funzione educativa e sociale e il suo impatto positivo sulla salute. Obiettivo della Relazione è anche quello di chiarire la struttura giuridica dello sport, sottolineando la necessità di assicurare l’autonomia, amministrativa e organizzativa, delle istituzioni sportive nazionali e internazionali54.
52 Prosegue l’articolo 1 della Carta europea dello Sport: “[…] ed in particolare: (a) garantire a tutti i giovani la possibilità di beneficiare di programmi di educazione fisica per sviluppare le loro attitudini sportive di base; (b) garantire a ciascuno la possibilità di praticare sport e di partecipare ad attività fisiche ricreative in ambiente sicuro e sano; e, in cooperazione con gli organismi sportivi competenti, (c) garantire a chiunque, quando ne manifesti il desiderio e possieda le capacità necessarie, la possibilità di migliorare il suo livello di prestazione e di realizzare il suo potenziale di sviluppo personale e/o raggiungere livelli di eccellenza pubblicamente riconosciuti”.
53 X. XXXXXX, Diritto europeo dello sport, Editore Xxxxxxx, Xxxxxx 0000, afferma come questo passaggio possa rappresentare la prima “pietra” del faticoso cammino di valorizzazione del fenomeno sportivo nel contesto comunitario.
54 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op cit., p.18.
Attraverso la “Dichiarazione sulla specificità dello sport e la sua funzione sociale in Europa” adottata durante la conferenza intergovernativa tenutasi a Nizza nel dicembre 2000, viene espressa per la prima volta la volontà di tutelare le caratteristiche proprie dello sport, di cui si dovrà tenere conto nell’attuazione delle future politiche comunitarie.
Risulta necessario, soprattutto per il tema dell’elaborato, ricordare la Risoluzione 2006/2130 adottata dal Parlamento europeo il 29 marzo 2007 a Bruxelles 55 , riguardante il futuro del calcio professionistico in Europa, in cui esso riconferma il valore sociale ed educativo del calcio “quale strumento di inclusione sociale e di dialogo multiculturale che come tale deve svolgere un ruolo attivo nella lotta contro la discriminazione, l’intolleranza e la violenza”. Tale Risoluzione parte dal presupposto che il calcio europeo sia chiamato ad affrontare sempre più sfide che non possono essere raccolte dai soli organi sportivi.
Sempre nel 2007, l’azione comunitaria in materia di sport ha avuto una forte accelerata grazie all’adozione del Libro Bianco sullo Sport emanato dalla Commissione europea. Questo ha rappresentato la prima iniziativa su scala europea nel campo dello sport il cui obiettivo è quello di ribadirne l’importanza sociale ed economica nell’Unione Europea.
Il Libro pur non essendo vincolante, migliora la visibilità dello sport nella definizione delle politiche europee ed enuncia il principio di sussidiarietà e dell’autonomia delle organizzazioni sportive sviluppando, inoltre, il concetto di specificità dello sport nei limiti delle competenze dell’Unione Europea.
Altro documento normativo comunitario che contiene riferimenti al settore sportivo e che permette di superare le perplessità suscitate dal Libro Bianco è il Trattato di Lisbona sottoscritto il 13 dicembre 2007.
Con tale trattato lo sport ha acquisito riconoscimento formale quale materia oggetto di un’autonoma disciplina. A confermare la specificità dello sport è opportuno richiamare l’articolo 165 del trattato:
“L’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.
55 Risoluzione 2006/2130 (INI), in GUCE C 27E/232
L’azione dell’Unione è intesa a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’imparzialità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi”.
Nella prospettiva esplicata dall’articolo 165 del Trattato di Lisbona e sempre con l’intento di sviluppare la funzione sociale ed educativa dello sport, nel novembre 2012 sono state redatte delle “Linee Guida sulla doppia carriera degli atleti”56 con l’obiettivo di creare una rete di consapevolezza all’interno degli Stati con riguardo alle difficoltà incontrate dalla maggior parte degli atleti professionisti nel conciliare lo svolgimento dell’attività sportiva con un percorso di formazione universitaria.
Tali Linee Guida suggeriscono lo sviluppo a livello nazionale di agevolazioni e borse di studio per gli atleti che intendano intraprendere un percorso di studio, e la creazione di una fitta rete di rapporti tra le varie Federazioni sportive anche di diversi Stati.
Non essendo previsto un modello prestabilito vi è molta incertezza sul tema, anche se quale istituzione universitaria ha accettato la sfida della Dual Career predisponendo programmi accademici ad hoc per gli atleti professionisti57.
Nel testo della Costituzione Italiana, entrata in vigore il primo gennaio 1948, non vi era traccia in alcun modo di riferimenti al termine sport.
Questo sino alla riforma del 2001 con la quale, nel testo dell’articolo 117 della Carta costituzionale viene inserita, fra le materie concorrenti fra Stato e Regioni, l’organizzazione sportiva.
Secondo alcuni studiosi, il motivo principale di quello che poteva apparire come disinteresse nei confronti del fenomeno sportivo, è da rintracciare nel totale distacco da tutto ciò che aveva caratterizzato il ventennio fascista in Italia. Il regime utilizzava le manifestazioni sportive come propaganda politica,
56 “EU Guidelines on Dual Careers of Athletes Recommended Policy Actions in Support of Dual Careers in High-Performance Sport”, frutto dell’iniziativa intrapresa sulla questione della c.d. Dual Career degli atleti professionisti.
57 In Italia, per esempio, l’Università degli Studi di Foggia.
condizionando la vita delle persone, tanto che la selezione atletico-sportiva dei giovani era spesso percepita in un’ottica di predominio razziale.
Il riferimento allo sport, introdotto con la riforma del Titolo V da parte della legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001, è significativo poiché esso è chiamato a dare forma esplicita a tutto ciò che la dottrina, in precedenza, aveva ritenuto fosse implicitamente desumibile dal testo degli altri articoli della Carta costituzionale.
Infatti, i Padri Costituenti ritenendo opportuno di non occuparsi direttamente di sport, hanno lasciato che esso trovasse la sua disciplina dal contenuto di altri articoli come per esempio l’articolo 2 e l’articolo 18.58
Premesso ciò, occorre affermare in particolare che all’attività sportiva del calciatore professionistico si ritenevano e devono tuttora essere ritenuti applicabili, i cosiddetti principi fondamentali di ordine generale.
Il principio di personalità sancito dall’articolo 2 della Costituzione, il quale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità; e gli articoli 3 e 4 che rispettivamente sanciscono l’uno, il principio di uguaglianza formale e sostanziale e l’altro, il principio del diritto al lavoro di ogni cittadino, sancendo altresì l’obbligo dello Stato di promuovere le condizioni che rendano effettivo tale diritto.
Il fenomeno sportivo è costituzionalmente coperto anche dall’articolo 18 della Costituzione nel quale si richiama la libertà di associazione.
L’attività calcistica essendo poi configurata come attività lavorativa è soggetta anche a tutte le norme costituzionali e ai principi sanciti in materia di lavoro.
In particolare l’articolo 35 della Carta fondamentale che prima sancisce il dovere dello Stato di tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, dopodiché l’onere sempre di esso di curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori; affermando il diritto di ogni lavoratore a percepire una retribuzione, il successivo articolo 36 riserva alla legge il compito di determinare la durata massima della giornata lavorativa e riconosce il diritto inderogabile al riposo settimanale e alle ferie; l’articolo 38 che riconosce il diritto ad adeguate forme di previdenza ed assistenza sociale ad ogni lavoratore; l’articolo 39 e 40 che
58 In XxxxxxxxxXxxxxxxx.xx, 2006, che richiama X. XXXXXXXXX, Aspetti costituzionali dell’ordinamento sportivo, in Rivista di diritto sportivo, 1965, pp. 193 ss.
riconoscono principi di libertà sindacale e di contrattazione collettiva, nonché il diritto di sciopero.
7. Le Fonti Legislative. La Legge 23 marzo 1981, n.91 sul professionismo sportivo
Le fonti legislative che disciplinano il rapporto di lavoro del calciatore professionista sono rappresentate principalmente dalla legge 23 marzo 1981, n.91, aggiornata dalla legge 586/1996. Oltre a questa legge, di cui si parlerà nello specifico a breve, occorre non dimenticare che, trattandosi appunto di attività lavorativa trovano applicazione anche tutte le norme dettate in materia di lavoro subordinato in generale, laddove queste non siano incompatibili o espressamente escluse. Questo aspetto sarà facilmente comprensibile per l’interprete dopo aver gli articoli 3 e 4 della legge 91/81.
Prima, però, occorre sottolineare l’importanza di tale legge che, rubricata “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, ha costituito e costituisce tuttora il riferimento normativo principale tra le fonti di natura legislativa per tutte le discipline sportive professionistiche.
La sua promulgazione rappresenta l’atto conclusivo di un lungo iter parlamentare, che ha risentito fortemente del dibattito dottrinale in ordine alla problematica della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro sportivo59.
Alla legge è riconosciuto il merito di aver, per la prima volta, regolamentato il rapporto di lavoro intercorrente fra società e professionisti60, nonché quello di aver effettuato una organica e complessiva valutazione del fenomeno contrattuale nell’ambito dell’attività sportiva professionistica61.
Merito e importanza che, nel mondo del calcio, vengono anche sottolineati sul sito internet dell’Associazione Italiana Calciatori con una dichiarazione nella quale si afferma come il 4 marzo 1981 abbia rappresentato una data storica per i calciatori professionisti e che la legge è stata una conquista determinante per gli stessi, trovando finalmente delle certezze giuridiche e delle tutele ben precise.
59 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p.127
60 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p.126
61 X. XXXXXX, X. VERDE, Il Diritto sportivo, CEDAM, IV Edizione, 2015, p. 207.
La L.91/81 infatti ha rappresentato la base di partenza di molte conquiste che l’A.I.C. è riuscita ad ottenere negli anni, tra le quali l’abolizione del vincolo sportivo, che fino a quel momento aveva fatto del calciatore un’autentica merce di scambio62.
Il calciatore sempre più cosciente del suo ruolo e grazie al sindacato di categoria, l’A.I.C. nato nel 1968, assumerà sempre maggior forza negli anni a venire.
7.1 La situazione prima dell’entrata in vigore della legge 91 del 1981
Fino all’emanazione della legge 91/81 il Legislatore si era limitato a disciplinare gli aspetti di natura organizzativa dello sport mediante la legge 426/1942 e le sue successive modifiche, senza regolamentare in alcun modo il rapporto giuridico intercorrente tra le società e gli sportivi, lasciando molta autonomia alle Federazioni nazionali63.
Perciò, prima di approfondire nello specifico il testo di questa fonte normativa, è inevitabile soffermarsi sulla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore della legge 91/81.
In questa fase di assenza di attività da parte del Legislatore però, lo sport continuava a diffondersi e a crescere dal punto di vista economico, così da non poter essere più considerata un’attività esclusivamente ludica e di conseguenza creando notevoli problemi di ordine giuridico.
Di questi se ne sono occupate dottrina e giurisprudenza, che hanno posto l’attenzione soprattutto su vicende legate al settore calcistico (molto più diffuso di altri anche dal punto di vista del numero di praticanti).
Di particolare importanza è la sentenza della Corte di Cassazione del 2 aprile 1963, n. 811 (sez. III civile) che ha dato fondamento giuridico a tutti gli istituti caratteristici del settore sportivo, prima che avesse luogo l’irruzione nell’ordinamento sportivo di nuovi strumenti frutto di un mutato clima sociale e culturale.64
La prima questione affrontata dalla sentenza riguarda la distinzione tra professionismo e dilettantismo ritenuta troppo semplice poiché era considerato
62 Rintracciabile sul sito xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
63 M.T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, Xxxxxxxxxxxx, 2012, p.69.
00 X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., pp.197 e 198.
“dilettante” chi praticava l’attività sportiva senza fine di lucro, mentre “professionista” chi faceva dello sport la principale attività al fine di conseguire un guadagno.
Altra questione di particolare importanza presa in considerazione dalla sentenza riguarda il tesseramento degli atleti, unico elemento che permetteva di essere riconosciuti nella comunità sportiva nazionale.
Per quanto riguarda l’inquadramento sportivo, di conseguenza, lo status di sportivo professionista era condizionato al tesseramento da parte di un’associazione sportiva, a sua volta riconosciuta dal C.O.N.I., per effetto del quale il soggetto entrava sì nella comunità sportiva ma, al contempo, creava tra le parti un vincolo per cui la società aveva il diritto esclusivo sull’atleta, spettando alla stesso la scelta circa le sorti del rapporto.
Nella fase antecedente alla L.91/81, si ha un rapporto decisamente non paritario tra le parti, non avendo gli atleti né libertà contrattuale né diritto di recesso divenendo così “oggetti” del rapporto stesso.65
Il vincolo a carico dell’atleta era di intensità ben superiore a quella derivante dalle ordinarie obbligazioni contrattuali: intensità che rimanda ad una sorta di “titolo di proprietà” sull’atleta, visto come un bene della società sportiva detentrice del relativo cartellino, con conseguenze incompatibili con la dignità della persona e con il principio di libertà del lavoro.66
In particolare nel mondo del calcio, essendo previsto dalle norme federali, tale vincolo azzerava la forza contrattuale del calciatore professionista nei rapporti con la società di appartenenza.
La legge n.91 del 1981 fin da subito ha sollevato da più parti anche giudizi negativi, dovuti al fatto che il legislatore avesse posto l’attenzione principalmente sul mondo del calcio.
Anche se giustificabile, poiché da tale sport provenivano le maggiori esigenze di interventi normativi, al comportamento tenuto dal legislatore è conseguita una disciplina non sempre coerente con le peculiarità di altri ambiti sportivi.
65 X. XXXXXXXXX, L’atleta professionista: il regime giuridico anteriore alla L. 91/81, consultabile all’indirizzo xxx.xxxxxxx.xxx, pubblicato il 9 ottobre 2008.
66 X. XXXXXXXXX, op. cit.
Nonostante l’intenzione di fornire una regolamentazione per il professionismo sportivo in generale, la particolare attenzione al settore calcistico è testimoniata da quello che viene definito l’antefatto storico della L.91/81. Il 7 luglio 1978 con un provvedimento emesso in via d’urgenza, il Pretore di Milano, il Xxxxxx Xxxxxxxxxxx00, dichiarò illegittimo lo svolgimento del c.d. “calciomercato” tra le società appartenenti alla Lega Nazionale Professionisti, perché in contrasto con la legge 29 aprile 1949, n.264 in materia di collocamento.68
Concluse le indagini, il mercato fu dichiarato definitivamente chiuso e soprattutto nulli i contratti stipulati fino a quel momento oltre a 73 comunicazioni giudiziarie a dirigenti di società.
Il rischio del mancato avvio dei campionati di calcio, ma soprattutto il risalto mediatico della vicenda, portò ad un intervento tempestivo da parte del Governo, che con il decreto legge 11 luglio 1978, n.367, convertito in legge n.430/1978 escluse espressamente il rapporto di lavoro in ambito sportivo dal campo di applicazione della disciplina sul collocamento pubblico.69
È in questo clima di emergenza e di caos che scaturì la legge n.91 del 23 marzo 1981.
7.2 Natura giuridica del “vincolo sportivo”
In virtù di quanto detto nel paragrafo precedente, è chiaro come il calciatore si trovava ad essere legato alla società di appartenenza, prima della legge sul professionismo sportivo, dal c.d. “vincolo sportivo” che corrispondeva essenzialmente ad un vincolo “a vita” poiché i regolamenti federali lo prevedevano a tempo indeterminato.
L’intensità di tale legame, in ragione del quale il rapporto poteva essere sciolto solo con il consenso ovvero rinunzia della società, con la procedura della lista di
67 Il Pretore di Milano pose sotto sigillo i locali dell’Hotel Xxxxxxxx xx Xxxxx di Bruzzano, sede in cui si svolgevano le trattative, individuando una serie di illeciti penali.
68 La convinzione che mosse il magistrato è che dovendosi riconoscere la natura subordinata del lavoro sportivo, al club doveva applicarsi il divieto di intermediazione privata nel collocamento previsto dalla legge citata.
69 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p.128.
xxxxxxxx, mediante l’accordo delle parti e con il riscatto del vincolo su iniziativa dell’atleta70, rendeva quasi impossibili i trasferimenti dei calciatori professionisti. Questa difficoltà viene superata soltanto con l’articolo 16 della L.91/8171 che abolisce il vincolo sportivo.
Tuttavia, la presenza di questo tipico istituto di diritto sportivo rappresentava la risposta alle continue esortazioni dei club calcistici i quali chiedevano che tutti gli sforzi protesi all’allevamento e al lancio di giovani calciatori non venissero vanificati dalla libertà dell’atleta di passare presso altre società.
Questo sistema, che legava indissolubilmente il calciatore alla società di appartenenza privandolo della sua libertà contrattuale e vincolandolo alla scadenza del contratto alla scelta tra il rimanere inattivo e la stipula di un nuovo accordo, permetteva alla società di poter lucrare sul trasferimento o sullo svincolo dell’atleta, con la fissazione di un prezzo che la compensasse delle spese sostenute nonché della rinuncia a tale xxxxxxx00.
Per analizzare e definire la natura giuridica del vincolo sportivo si segnalano alcune tra le più rilevanti argomentazioni formulate da dottrina e giurisprudenza. Una posizione assunta dalla dottrina considerava il vincolo come un divieto di recesso unilaterale da parte del lavoratore, e da qui, la sua illegittimità per contrasto con l’art. 2118 del Codice Civile e con l’articolo 4 della Costituzione che garantisce la libertà di scelta dell’attività lavorativa. Altra posizione veniva assunta dalla giurisprudenza con la sentenza della Corte di Cassazione 811/196373 che configurava il vincolo come una specie di patto di non concorrenza ai sensi dell’art. 2125 del Codice Civile. Sia questo che il primo orientamento sono stati oggetto di numerose critiche per la profonda diversità tra il recesso unilaterale e la facoltà di stipulare altro contratto di lavoro nello stesso ramo di attività, dal momento che sarebbe solo quest’ultima facoltà ad essere limitata dalla presenza
70 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p.162.
71 Articolo 16, legge n. 91/1981: “Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come "vincolo sportivo" nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società.”
72 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p.163.
73 Rintracciabile in Giustizia civile, p. 1963.
del vincolo sportivo, che è istituto che non può vietare all’atleta di risolvere il contratto con la precedente società e di praticare altra attività lavorativa.74 Pertanto, come si è detto, con la L.91/81 e, in particolare con l’articolo 16, si abbandona l’illogico istituto del vincolo, seppur accettato dal mondo calcistico, per approdare in un sistema di abolizione di quest’ultimo e di previsione di un rapporto contrattuale, di durata da uno a cinque anni ai sensi dell’articolo 5 della L.91/81, e quindi a tempo determinato.
Ai sensi del secondo comma di questo articolo, in presenza di un contratto a termine, il trasferimento potrà essere attuato tramite una cessione del contratto in linea con l’art. 1406 c.c., purché vi sia il consenso del giocatore e siano osservate le regole federali.
Successivamente alla L.91/81 il prezzo di cessione del calciatore è soggettivamente determinato dalla propria società e viene pagato come prezzo della cessione del contratto da una società all’altra.
Le società calcistiche persero, con l’abolizione, la possibilità di continuare ad iscrivere negli atti del bilancio i valori patrimoniali connessi agli abrogati diritti di vincolo.75
Il legislatore, in parte, ha sopperito a ciò con l’articolo 6 della legge sul professionismo sportivo, che prevede, come modificato dalla legge n.586/96: “Nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle Federazioni sportive nazionali un premio di addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.
Alla società od alla associazione sportiva che, in virtù di tesseramento dilettantistico o giovanile, ha provveduto all'addestramento e formazione tecnica dell'atleta, viene riconosciuto il diritto di stipulare il primo contratto professionistico con lo stesso atleta. Tale diritto può essere esercitato in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e con le modalità stabilite dalle diverse federazioni sportive nazionali in relazione all'età degli atleti ed alle caratteristiche delle singole discipline sportive.
74 X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXX, Diritto Sportivo, UTET, 1998.
00 X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., p.249.
Il premio di addestramento e formazione tecnica dovrà essere reinvestito, dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento di fini sportivi.”
Tale “premio” sarà determinato rinviando a coefficienti e ai parametri fissati dalle Federazioni in relazione al singolo sport, e dunque in maniera oggettiva.
In tal modo occorre rilevare come il rapporto tra calciatore e società, seppur evoluto, rimane caratterizzato da un’anomalia. Infatti, di fronte al fatto che, per il trasferimento di un calciatore sotto contratto il prezzo da pagare può essere giustificato come corrispettivo della cessione del contratto, non vi sono ragioni, dal punto di vista giuridico, per le quali, a contratto scaduto, un’altra società interessata ad un giocatore non possa essere libera nel proporgli un nuovo contratto senza dover comunque pagare un corrispettivo, determinato oggettivamente, alla società alla quale il calciatore era legato contrattualmente.76
7.3 Il contenuto della legge
Si è avuto modo di affermare l’importanza e la centralità della L.91/81 e soprattutto di sottolineare come essa rappresenti il primo intervento da parte dello Stato, attraverso il quale esso, disciplinando i rapporti di lavoro sportivi, ha disposto la propria potestà legislativa in materia, salvo poi delegare una serie di tematiche alle discipline normative dei vari ordinamenti sportivi.
Risulta opportuno, ora, analizzare il testo o, meglio, il contenuto della legge in esame, focalizzando l’attenzione in particolar modo sulla prima parte, in quanto più rilevante ai fini dell’elaborato. Si esamineranno gli aspetti della legge relativi all’ambito soggettivo di applicazione, ai requisiti oggettivi del rapporto, quindi gli articoli 2 e 3, e al contratto di lavoro sportivo professionista di cui all’articolo 4.
La L.91/81 contiene “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti” che vengono suddivise in 4 capi:
- il primo, rubricato “Sport Professionistico”, comprende gli articoli dall’1 al 9;
- il secondo, comprendente gli articoli dal 10 al 14, relativo alle “Società Sportive e Federazioni Sportive Nazionali”, al loro funzionamento e alla loro attività;
76 X. XXXXXXX, La giurisdizione amministrativa in materia sportiva dopo la legge 17 ottobre 2003, n. 280, in AA.VV., la giustizia sportiva.
- il terzo, composto unicamente dall’articolo 15 che concerne “Disposizioni di carattere tributario”;
- il quarto, dall’articolo 16 all’articolo 18 conclude la legge con “Disposizioni transitorie e finali”.
L’articolo 1 della legge n.91/1981, in armonia con l’articolo 2 della Costituzione, afferma il principio della libertà di esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica.
Con riferimento alla sola attività sportiva professionistica, secondo la dottrina tale norma può essere interpretata come garanzia della libertà contrattuale rispetto all’imposizione di qualsiasi vincolo che potrebbe essere introdotto sia dall’ordinamento sportivo che da quello statale77. In tal senso la disposizione in esame valorizza la libertà di contrarre che, per la presenza del vincolo sportivo, era precedentemente compressa e che invece, ora, è configurata dal testo dell’articolo 5 che disciplina la durata massima e la cessione del contratto; da quello dell’articolo 6 che sancisce la libertà di stipulare un nuovo contratto alla scadenza del precedente; e da quello del già esaminato articolo 16 che abolisce il vincolo sportivo.
Tuttavia, una parte della dottrina considera questo principio un vero e proprio “bluff”, poiché secondo essa l’attività sportiva risulta veramente libera soltanto se svolta come attività ricreativa e come impiego di tempo libero, mentre quando viene praticata a livello professionistico, tale libertà viene ridimensionata per il ruolo di supremazia svolto dalle varie Federazioni nei singoli settori sportivi.
Attraverso l’articolo 2, la legge n. 91/1981 individua analiticamente l’ambito di applicazione soggettivo della normativa individuando come destinatari della stessa gli sportivi professionisti, escludendo quindi gli atleti che non possono essere definiti come tali poiché difettano dei requisiti richiesti. In particolare dispone che: “Sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali,
77 X. XXXXXXX, La legge 23 marzo 1981, n. 91, in Rivista Dir. Sport., p.320.
secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”.
In merito alle specifiche figure professionali indicate dalla disposizione in numero chiuso, si discute molto, tra dottrina e giurisprudenza, se tale indicazione abbia contenuto tassativo ovvero sia estensibile ad altre figure eventualmente previste dagli ordinamenti federali.
La legge in esame introduce ampie deroghe, spesso peggiorative, alla disciplina comune del lavoro subordinato, che precludono un ampliamento di fatto del suo ambito di applicazione oltre i limiti soggettivi tracciati dalla legge stessa: ciò non impedisce tuttavia che le Federazioni stesse possano individuare nuove professionalità, rientranti in una delle figure generali indicate dalla legge, nei cui confronti quest’ultima troverà pertanto applicazione.78
La dottrina79 prevalente ritiene l’elencazione delle figure professionali di cui all’art.2 meramente indicativa e dunque suscettibile di estensione ad altre figure. Pur essendo apprezzabile e semplice, la soluzione della questione non è così agevole. La dottrina non tiene conto che l’elemento che accomuna i soggetti indicati, ossia il concorso diretto della loro attività, anche mediante il miglioramento della prestazione e la sua impostazione e finalizzazione sotto l’aspetto tecnico-agonistico, è estraneo alle altre figure professionali che esercitano competenze non strettamente connesse all’attività agonistica come i medici o i massaggiatori.
Su questa base la giurisprudenza fa notare come ci si trovi di fronte ad una legge speciale in materia di lavoro subordinato, caratteristica che non ne consente un’estensione in via di interpretazione analogica. Pertanto agli sportivi professionisti non contemplati nell’elencazione, dovranno applicarsi le regole del diritto comune in materia di rapporto di lavoro subordinato.
Vi sarà modo di approfondire più avanti l’importanza della contrattazione collettiva di cui all’articolo 4 della legge n. 91/1981 ma, un ulteriore ostacolo
78 X. XXXXXXXXX, La legge 23 marzo 1981, n. 91 sul professionismo sportivo, pubblicato l’8 giugno 2008 e rintracciabile su xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx
79 In particolare X. XXXXXXX in, L’attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv. It. Dir.
Lavoro 1983, p. 699.
all’interpretazione estensiva dell’elencazione di cui all’articolo 2 si riscontra proprio dal contenuto dell’art.4, secondo il quale il rapporto di lavoro sportivo si costituisce attraverso un contratto individuale stipulato in conformità ad un contratto tipo che recepisca gli accordi stipulati a livello collettivo. Infatti, per i lavoratori non contemplati nell’art.2, il legislatore non richiede che la loro attività sia regolata da contratti collettivi ex art.4.80
Dopo aver limitato il suo campo di applicazione al professionismo sportivo, la legge n.91/1981 all’articolo 3 si occupa della natura del lavoro sportivo disponendo che: “La prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge.
Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: (a) l’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; (b) l’atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a seduta di preparazione od allenamento; (c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”.
Nel primo comma il legislatore ha voluto introdurre una presunzione assoluta di lavoro subordinato che secondo dettato della norma, ma anche da dottrina e giurisprudenza 81 , riguarda soltanto la figura dell’atleta, mentre per gli altri soggetti professionisti elencati nell’articolo precedente la subordinazione dell’attività prestata va accertata caso per caso dal giudice attraverso i criteri
00 X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., p. 214.
81 Xxxx., sez. lav., 1 Agosto 2011, n. 16849, che evidenzia come la “L. n. 91 del 1981 detta regole per la qualificazione del rapporto di lavoro dell'atleta professionista, stabilendo specificamente all'art. 3 i presupposti della fattispecie in cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato; per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell'art. 2 (allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici) la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve essere accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro (Cass., 28 Dicembre 1996, n. 11540)”, così avvalorando la configurazione di una prestazione di lavoro subordinato alle dipendenze di una associazione dilettantistica.
ordinari ricavabili dagli articoli 2094 e 2222 del Codice civile 82 , con la conseguenza che, in base all’esito di questo accertamento dipenderà l’applicazione o meno della legge n. 91/1981.
Tuttavia, nonostante la presunzione di cui al primo comma, la legge non esclude che la prestazione a titolo oneroso dell’atleta professionista possa assumere i caratteri di lavoro autonomo. Infatti, essa rappresenta oggetto di contratto di lavoro autonomo escludendo l’applicabilità ad esso della disciplina speciale della legge n.91/1981 quando ricorra uno dei requisiti di cui al secondo comma dell’articolo 3.
Questo secondo comma permette di osservare come il legislatore abbia voluto far dipendere l’acquisto della qualifica di sportivo professionista alla presenza di requisiti sia soggettivi che oggettivi.
In ordine ai requisiti soggettivi, il legislatore ha attribuito particolare potere alle Federazioni in materia di qualificazione dei lavoratori sportivi professionisti, poiché sono considerati come tali soltanto gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, tesserati presso società che svolgono attività sportive professionistiche rappresentate da Federazioni Sportive Nazionali facenti parte del C.O.N.I.
Invece, per quanto riguarda i requisiti oggettivi, il legislatore ha subordinato l’identificazione della prestazione oggetto del contratto di lavoro sportivo alla ricorrenza dei caratteri della onerosità e della continuità, salvo l’eccezione prevista per l’ipotesi di prestazione sportiva avente natura di lavoro autonomo di cui alla lett. a del secondo comma, articolo 3.83
In sintesi, l’adozione del metodo che distingue il lavoro subordinato sportivo dal lavoro autonomo non in linea generale e concettuale, ma attraverso la specifica individuazione d’ipotesi di prestazione d’opera, induce a ritenere che l’elencazione dei casi di cui al secondo comma sia da considerare tassativa, nel
82 Articolo 2094 c.c.: “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.
Articolo 2222 c.c.: “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro”.
83 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p.130.
senso che al di fuori di essi sarebbe impossibile accertare l’eventuale ricorrenza di fattispecie di lavoro autonomo.
In virtù del tema principale della trattazione, il contratto del calciatore professionista, risulta utile menzionare un problema che sorge circa la qualificazione della prestazione dei calciatori quando disputano partite con la propria nazionale. Tale problema deriva dalla valutazione che viene fatta della brevità temporale della manifestazione indicata nella lettera a) ex articolo 3, comma 2, che può dar luogo alla fattispecie di lavoro autonomo. Per manifestazione sportiva si deve intendere l’evento nella sua completezza ed unitarietà dal punto di vista funzionale, anche se ripartito in una pluralità di gare in uno o più giorni. 84
A fronte di ciò non si ritiene configurabile una fattispecie di distacco o comando della società di appartenenza presso la Federazione nell’ipotesi di prestazione atletica svolta dal calciatore in favore della propria squadra nazionale, portando così la Corte di Cassazione ad affermare in più situazioni la natura di lavoro autonomo per tali situazioni.85
7.4 L’Articolo 4: “Disciplina del lavoro subordinato sportivo”
L’art. 4, legge n. 91/1981 afferma che: “Il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
La società ha l’obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l’approvazione.
84 X. XXXXXXXXX, op. cit.
85 Cassazione 14 luglio 1999, n. 5866, in Xxxx xx., xxxx Xxxxx, x. 00; Cassazione 20 aprile 1990, n. 3303, in Dir. Lav., 1992, II, 14 con nota di X. XXXXXXX, Problemi di qualificazione della prestazione atletica degli “azzurri”, il quale propende per l’inquadramento della prestazione nel quadro del lavoro gratuito; Cassazione 20 aprile 1990, in Foro it., 1990, I, 3169, con nota di
X. XXXXXXX X’XXXX e X. XXXXXX, Sul rapporto tra Figc e calciatori delle squadre nazionali, secondo i quali la fattispecie in oggetto si articola in due momenti interdipendenti ossia quello della sospensione del rapporto di lavoro con la società di appartenenza e quello della costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con la Figc.
Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo.
Nel contratto individuale dovrà essere prevista la clausola contenente l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
Nello stesso contratto potrà essere prevista una clausola compromissoria con la quale le controversie concernenti l’attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli.
Il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni.
Le federazioni sportive nazionali possono prevedere la costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione della indennità di anzianità al termine dell'attività sportiva a norma dell'articolo 2123 del codice civile.
Ai contratti di cui al presente articolo non si applicano le norme contenute negli articoli 4, 5, 13, 18, 33, 34 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e negli articoli 1,
2, 3, 5, 6, 7, 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Ai contratti di lavoro a termine non si applicano le norme della legge 18 aprile 1962, n. 230.
L'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, non si applica alle sanzioni disciplinari irrogate dalle federazioni sportive nazionali.”
Si è voluto dedicare un apposito paragrafo al contenuto dell’articolo 4 della legge
n. 91/1981 data la sua importanza. In esso infatti è contenuta la disciplina della costituzione, della validità, della forma e del contenuto del contratto di lavoro sportivo subordinato.
Tale articolo, suddiviso in nove commi, detta dunque una disciplina che in più parti deroga alle regole generali del lavoro subordinato poiché la natura e le caratteristiche della prestazione dello sportivo professionista diverge da ogni altra
attività umana, confermando la specialità che contraddistingue tale rapporto di lavoro.
Come si può notare dal testo dell’art. 4, i primi due commi riguardano nello specifico il requisito di forma del contratto calcistico professionistico e perciò verranno trattati in maniera più ampia nel capitolo dedicato a tale contratto.
Il comma 3 utilizzando la disciplina contenuta nell’art. 2077, comma 2 del Codice civile86, per i contratti di lavoro subordinato, tutela il requisito della conformità del contratto individuale al contratto tipo prevedendo la sostituzione automatica delle clausole peggiorative nel caso vi fossero. Svolge, inoltre, la funzione di proteggere la parte contrattualmente più debole, l’atleta professionista, che per la sua posizione potrebbe essere indotto a sottoscrivere clausole peggiorative. Nel silenzio della legge è diffusa l’idea che siano ammesse clausole migliorative rispetto a quelle del contratto tipo, a favore del contraente più debole.
Tuttavia, sempre tenendo conto dell’evoluzione economica di uno sport così diffuso come il calcio, ritengo che queste clausole peggiorative continuino a trovare i modi più svariati per essere comunque inserite nel rapporto che intercorre tra il calciatore professionista e la società di appartenenza, pur non essendo previste da contratto.87
Al successivo comma 4, disponendo di inserire nel contratto individuale una clausola che imponga allo sportivo l’obbligo di rispettare le istruzioni tecniche e le prescrizioni impartite dalla società, oltre a quanto previsto dagli accordi collettivi di settore e dai regolamenti della rispettiva Federazione, il legislatore rimanda chiaramente all’articolo 2094 c.c. che prevede l’obbligo in capo al prestatore di sottostare alle direttive datoriali.88
Anche se non viene esplicitamente detto dal comma in esame, si ritiene che la società sia tenuta a consentire all’atleta, e secondo la dottrina non anche gli altri soggetti indicati nell’articolo 2, la partecipazione agli allenamenti e soltanto a
86 “Le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro”
87 Si rimanda all’ultimo capitolo.
88 X. XXXXXXXXXX, G.M. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXXXX, Lineamenti di diritto sportivo, Xxxxxxx editore, 2008, p. 160.
questi, non essendo previsto alcun diritto di partecipazione alle gare, che è riconosciuto invece in via diretta dall’articolo 15 Reg. F.I.F.A.89
Nel comma 5 è prevista l’apposizione facoltativa di una “clausola compromissoria”, strumento diretto a deferire ad un collegio arbitrale le controversie che possono insorgere tra atleti e società sull’attuazione del contratto stesso. La previsione di tale clausola spetta dunque alle parti che, se decidono di inserirla, dovranno indicare il numero e le modalità di nomina degli arbitri, se decidono invece di non inserirla devolveranno la competenza su tali controversie al giudice ordinario.
In realtà è bene ricordare che, essendo tal clausola molto spesso inserita nei contratti collettivi, la facoltatività menzionata viene spesso aggirata.
Clausole per le quali, al contrario, è previsto un divieto di inserimento nel contratto individuale sono quelle limitative della libertà contrattuale dello sportivo, c.d. “di non concorrenza”, per il periodo successivo all’estinzione del contratto stesso, come previsto dal comma 6.
L’intenzione del legislatore è quella di non limitare la mobilità degli sportivi professionisti data la natura concorrenziale dell’attività sportiva, affermando così il principio opposto a quanto disposto dall’articolo 2125 c.c. 90 Questo in considerazione del fatto che la vita lavorativa dello sportivo ha una durate “breve” e, d’altra parte i periodi di inattività si traducono in una diminuzione economica dell’atleta poiché incidono sul piano della sua efficienza fisica e dell’interesse delle società sportive.
Al comma 7, facendo espresso richiamo all’art. 2123 c.c., viene prevista poi la facoltà per ciascuna Federazione di costituire un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi, per la corresponsione di un’indennità di anzianità al termine dell’attività sportiva.
89 Il quale prevede la c.d. risolvibilità del contratto per giusta causa sportiva.
90 “Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.
La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura indicata dal comma precedente”.
Indennità che prima della legge n. 91/1981 i calciatori non avevano diritto di ricevere per l’atipicità del rapporto di lavoro sportivo 91 . In ogni caso con la previsione del comma 7 il problema non è stato totalmente risolto, visto che è ancora discusso cosa abbia voluto intendere il legislatore.
Di particolare importanza è il comma 8 il quale elenca le disposizioni normative ritenuto non applicabili al rapporto di lavoro sportivo, andando così a sottolineare la sua specialità.
In particolare la disciplina dei licenziamenti individuali ed alcune disposizioni dello Statuto dei Lavoratori e della Legge n. 604 del 15 luglio 1966 non esauriscono l’elenco delle norme inapplicabili al contratto sportivo così da renderlo tassativo, ma ad esse possono aggiungersene altre sulla base di un giudizio di incompatibilità pronunciato da parte del giudice.
Nello specifico la ratio della scelta del legislatore appare molto chiara per alcune di esse. Esso esclude l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori 92 perché l’attività sportiva è caratterizzata da ampia diffusione pubblicitaria così da rendere necessaria l’istallazione di apparecchi audiovisivi che andranno a svolgere una funzione di spettacolarizzazione dell’attività più che di controllo sui lavoratori.93
91 E sulla base della sua “refrattarietà a lasciarsi inquadrare negli schemi tradizionali del rapporto di lavoro autonomo o del lavoro subordinato”, come precisa CANTAMESSA nell’opera citata.
92 “Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi. (2)
La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
93 X. XXXXXXXXXX, G.M. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 165.
Escluso dal legislatore è anche l’articolo 5 dello Statuto94. Di fronte al fatto che la società ha un interesse a verificare lo stato psico-fisico del proprio atleta, a quest’ultimo deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto alla salute in modo da essere curato nel migliore dei modi per raggiungere le migliori prestazioni.
Sempre facente parte dello Statuto dei Lavoratori, il legislatore sancisce l’inapplicabilità dell’art. 13 perché è impossibile applicare agli atleti professionisti il concetto di mansione: per semplificare, risulterebbe assurdo che un calciatore assunto come attaccante non potesse essere schierato come centrocampista.
L’articolo 4 della legge n. 91/1981 si conclude con il comma 9 nel quale il legislatore ha stabilito la non applicabilità dell’art. 7 della L. 300/70 alle sanzioni disciplinari irrogate dalle Federazioni agli sportivi professionisti. Le ragioni di questa disposizione sono da rintracciare nella speditezza procedurale che richiede l’attività sportiva che sarebbe ostacolata da questo articolo 7.
L’evoluzione storica e la successiva analisi dell’articolo 4 della legge sul professionismo sportivo ci permettono di individuare a grandi linee il regime contrattuale che si è inteso creare nel lavoro sportivo. Un regime che ha sicuramente aumentato la libertà contrattuale dello sportivo professionista, rendendolo più libero e favorendo al contempo lo spettacolo e il livello delle competizioni; ma, a differenza di quello che accade nel lavoro ordinario, in virtù di tale regime, il professionista risulta più tutelato da un rapporto a tempo determinato che da uno a tempo indeterminato che, come vedremo, prevede la possibilità anche da parte della società di recedere liberamente.
Risulterà più chiaro con l’esame che si farà a suo tempo della disciplina del recesso, ma quanto detto porta chiaramente a preferire, almeno nell’ambito sportivo, la stipula di un contratto a tempo determinato anche se, in realtà, il timore del calciatore di non trovare l’ambiente giusto per valorizzarsi oppure della società di essersi assicurata le prestazioni di un calciatore che poi si riveli al di
94 “Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico”.
sotto delle aspettative, si rivelano le motivazioni che orientano il più delle volte la preferenza.
7.5 Critiche e tentativi di riforma della legge n. 91/1981
La legge n.91/1981 sul professionismo sportivo sin dalla sua promulgazione, oltre ai consensi ha sollevato molte perplessità.
Diffusa come legge per lo sport professionistico in generale, come già accennato, parte della dottrina ha pesantemente criticato il legislatore di averla formulata essenzialmente per il panorama calcistico, sottolineando che per alcuni sport professionistici come tennis e pugilato non si pone alcuno dei problemi che la legge stessa è intesa a risolvere ma addirittura ne creerebbe di nuovi.95
Altra parte della dottrina ritiene che la legge sia mal fatta per le soluzioni tecnico- giuridiche adottate poiché rimarrebbero i dubbi, già illustrati, circa i limiti soggettivi di applicabilità della legge, circoscritta ai soli professionisti.
Pur nelle sue imprecisioni a tale legge viene comunque riconosciuto il pregio di aver rappresentato, all’interno del mondo calcistico, il passaggio dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale alla sistemazione normativa del rapporto di lavoro sportivo professionistico.
In ogni caso questa legge non essendo più in grado di regolamentare e di stare al passo con gli interessi che è chiamata a tutelare, necessità di una riforma che vada a rimuovere le norme inadeguate ma al contempo dannose per il movimento sportivo, senza però danneggiare gli altri.
Si tratta di un lavoro necessario, che troppe volte è sembrato iniziare per poi finire in un nulla di fatto e che dunque risulta tutt’altro che semplice, soprattutto per i numerosi e delicati interessi in gioco. Il mancato rinnovamento della legge infatti è principalmente dovuto ai c.d. veti incrociati posti in essere dai vari movimenti sportivi che non trovano alcun punto di incontro.
In questo quadro di delicati equilibri e interessi, e di fronte a numerose dichiarazioni pubbliche da parte di molti atleti, il paradosso è che nei cassetti del
95 Per esempio, non è chiaro se il proprietario di un cavallo da corsa debba costituire una s.p.a. o una s.r.l. per stipulare un contratto con un fantino poiché l’articolo 10 comma 1 della legge in questione afferma che possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nelle medesime forme giuridiche.
governo una proposta di riforma c’è da tempo. Nata dall’idea di riformare la legge
n. 91/1981 dal basso, il C.O.N.I. aveva creato una apposita commissione coordinata dall’avvocato Xxxxxxxxx Xxxxxx, con lo scopo di presentare al Governo una proposta totalmente condivisa dai vari movimenti sportivi. Il testo era già stato consegnato al ministro del Lavoro nel “governo Xxxxx”, per poi passare di mano in mano nella successione dei vari Esecutivi.
Il 14 settembre 2017 Xxxx Xxxxx, al tempo Ministro dello Sport dichiara la necessità di rinviare la riforma della legge quadro 91/1981.
Le molteplici difficoltà, nonostante la volontà da parte di molti addetti ai lavori, rendono probabilmente ancora lunga l’attesa per questa tanto acclamata riforma.
8. Fonti di natura regolamentare
Nell’analisi delle fonti del contratto dello sportivo professionista, in particolare del calciatore, ora, verrà posta attenzione su quelle di natura regolamentare, l’una di origine sovranazionale, il Regolamento F.I.F.A. su status e trasferimenti di calciatori, l’altra di origine nazionale, le Norme Organizzative Interne della F.I.G.C., più semplicemente conosciute come N.O.I.F.
8.1 Il Regolamento F.I.F.A. sullo status e il trasferimento dei calciatori (R.S.T.P.)
L’emanazione della storica “sentenza Xxxxxx”, di cui si parlerà a breve, aveva posto il calcio professionistico di fronte all’obbligo di azzerare i parametri che fino ad allora avevano disciplinato l’apparato dei trasferimenti internazionali. Questo processo riguardò gli organi internazionali dell’ordinamento sportivo che, su esplicite pressioni da parte della Commissione Europea, si impegnarono ad elaborare una nuova disciplina in materia, il Regulations on the Status and Transfer of Players (R.S.T.P.) emanato dal Comitato Esecutivo F.I.F.A. nella riunione svoltasi in contemporanea a Buenos Aires e a Zurigo il 7 luglio 2001.96
96 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 187.
In particolare, l’Unione Europea e la F.I.F.A. stipularono un gentlemen agreement 97, il c.d. Accordo di Bruxelles, il 5 marzo 2001, col quale l’U.E. obbligava la FIFA ad attuare nella normativa sui trasferimenti dei calciatori una serie di principi vincolanti riguardanti la protezione dei minori, gli indennizzi per la formazione di giovani calciatori, i periodi di trasferimento, un sistema arbitrale per la risoluzione delle controversie e, aspetto importante per questa trattazione, il mantenimento della stabilità contrattuale nel calcio.
Lo scopo di tale documento è quello di definire “le regole vincolanti relative allo status e all’idoneità dei calciatori a partecipare alle attività del calcio organizzato e al loro trasferimento fra società appartenenti a Federazioni differenti”.98
Il R.S.T.P. si applica solamente ai trasferimenti e tesseramenti a livello internazionale, ma al contempo, obbliga anche le Federazioni di ogni nazione ad inserire o prevedere parte dei suoi articoli all’interno dei Regolamenti promulgati a livello nazionale in materia.
Dal punto di vista strutturale questo Regolamento è suddiviso in cinque sezioni, dedicate rispettivamente: all’ambito applicativo dello stesso; alla disciplina dello status dei calciatori e al tesseramento degli stessi; al mantenimento della stabilità contrattuale fra professionisti e società; alla tutela dei minori; e l’ultima dedicata alle risoluzioni delle controversie. A chiusura sono stati poi aggiunti cinque allegati: l’allegato 1 dedicato al rilascio dei calciatori per le squadre nazionali, l’allegato 2 alle procedure per le richieste di primo tesseramento e di trasferimento internazionale di minori, l’allegato 3 al TMS, l’allegato 4 alle modalità di pagamento delle indennità di formazione per giovani calciatori e infine l’allegato 5 dedicato al contributo di solidarietà.
Il Regolamento, la quale ultima versione è stata approvata dal Consiglio F.I.F.A. il 16 marzo 2018 ed entrata in vigore dal 1 giugno, è stato oggetto di numerosi aggiornamenti nel corso degli anni, resi necessari, sia dall’evolversi della
97 Con esso le parti posero fine al procedimento di infrazione che l’Unione Europea aveva avviato nel 1998 e che aveva ad oggetto il sistema dei trasferimenti dei calciatori. Quello che veniva criticato era il divieto ai giocatori di risolvere unilateralmente il contratto che li legava alle società nonché anche la questione delle indennità di trasferimento dei giocatori che la stessa
F.I.F.A. prevedeva nella sua normativa.
98 Si tratta del paragrafo 1 delle disposizioni introduttive del RSTP.
normativa comunitaria e internazionale (in particolare in materia di libera circolazione dei lavoratori), sia dall’evoluzione tecnologica.
Tra le novità degli ultimi anni, la principale riguarda il Trasfer Matching System (TMS) che è un sistema di trasparenza e di trasmissione di informazioni utili per i controlli F.I.F.A.
Nel percorso di questa trattazione si tornerà a parlare di questo Regolamento, in particolar modo della parte dedicata al mantenimento della stabilità contrattuale.
Nel paragrafo precedente si è fatta menzione della c.d. “sentenza Xxxxxx”. Risulta così doveroso dedicare qualche parola alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 15 dicembre 1995 che colpì, stravolgendolo, il mondo del calcio e che ebbe come principale conseguenza la redazione del Regolamento F.I.F.A. di cui si è parlato.
L’antefatto di questa famosa sentenza riguarda la vicenda del giocatore belga Xxxx Xxxx Xxxxxx che nel 1988 sottoscrisse un contratto con la società Royal Club Liegeois (R.C.L.) con uno stipendio di 75mila franchi oltre a vari premi. Scaduto tale contratto nel 1990, la R.C.L. non volendo più servirsi delle prestazioni di Xxxxxx gli propose uno stipendio di 30mila franchi come previsto dalle regole della Federazione belga. La risposta del calciatore fu negativa e di conseguenza fu inserito nell’elenco dei giocatori cedibili. L’indennità di trasferimento richiesta dalla R.C.L. a qualsiasi società interessata ad ingaggiare Xxxxxx venne fissata, ai sensi del Regolamento della Federazione belga a 11.742.000 franchi.
Il giocatore si trovò da un lato a non avere garanzie da parte della propria società e dall’altro nella difficoltà a trovare nuove società disposte a tesserarlo per via dell’alto prezzo dell’indennità.
Sempre nel 1990 nonostante questo, il giocatore riuscì a stipulare un contratto con la società francese Dunkerque ma la R.C.L. non rilasciò il certificato di trasferimento internazionale99 perché dubitava sulle possibilità di questa di pagare
99 Un documento indispensabile per il tesseramento di un giocatore presso una nuova Federazione che deve essere rilasciato dalla società di provenienza.
l’indennità100. Fu lo stesso calciatore, quindi, a presentare ricorso innanzi alla Corte di Giustizia chiedendo di dichiarare l’illegittimità delle norme contenute nel regolamento federale che prevedevano limiti al tesseramento ed all’utilizzazione di giocatori comunitari, e quelle che imponevano il pagamento di un corrispettivo per il trasferimento da una società all’altra di un calciatore anche quando il contratto che lo legava alla propria società fosse scaduto.
La decisione della Corte, dando ragione a Xxxxxx, sancì due principi molto importanti per l’ordinamento sportivo attuale: in primo luogo dichiara l’illegittimità delle norme dei regolamenti federali che prevedevano limiti al tesseramento ed all’utilizzazione di un certo numero di calciatori comunitari per violazione del principio sancito all’articolo 48101 del Trattato CE102 dichiarando precisamente che “sono illegittime per violazione dell’art. 48 Trattato Ce tutte le norme emanate da Federazioni sportive in forza delle quali, nelle partite che esse organizzano, le società calcistiche possono tesserare e schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri”; in secondo luogo dichiara l’illegittimità delle norme dei regolamenti federali che prevedevano che le società avevano diritto all’indennità di preparazione e promozione derivante dalla cessione di un proprio calciatore ad un’altra società, anche dopo la scadenza del contratto che legava lo stesso alla propria società, per violazione del principio di libera circolazione dei lavoratori, affermando precisamente che “sono illegittime per violazione dell’art. 48 del Trattato C.E. tutte le norme emanate da Federazioni sportive in forza delle quali un calciatore
100 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 168.
101 Articolo 48: “La libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità è assicurata al più tardi al termine del periodo transitorio.
Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:
a) di rispondere a offerte di lavoro effettive,
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri,
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.
Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione”.
102 Dispensa di Diritto dello Sport della LUISS di Roma.
professionista, cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società può essere ingaggiato da un’altra società solo se questa ha versato alla società di provenienza un’indennità di trasferimento, formazione e promozione”.
Secondo la Corte il giocatore professionista che entra a far parte dell’ordinamento sportivo non può subire una limitazione così grave all’esercizio di un diritto fondamentale che gli viene attribuito direttamente dal Trattato.103
È, inoltre, da attribuire a tale sentenza una grande innovazione sul piano contrattuale per il calciatore poiché, dichiarando illegittime le norme che prevedevano un’indennità per i trasferimenti anche dopo la scadenza del contratto, ha sancito l’approdo ad un regime “contrattuale puro”, garantendo un effettivo svincolo al calciatore il cui contratto sia scaduto permettendogli di trasferirsi liberamente ad altra società che dovrà soltanto pagare l’ingaggio al calciatore e nulla per il trasferimento (XXXXXXX l’ordinamento giuridico del giuoco calcio 2011, p.99).104
Questo ha portato il calciatore ad avere, durante la pendenza del contratto, una posizione molto forte nel rapporto con la società, e quest’ultima ad evitare di giungere a scadenza rinnovando periodicamente i contratti.
8.2 Le Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. (N.O.I.F.)
Altra fonte di natura regolamentare del contratto del calciatore professionista è rappresentata dalla Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. (N.O.I.F.).
Vengono emanate dal Consiglio Federale della F.I.G.C.105 al fine di disciplinare l’organizzazione, la struttura e l’attività della Federazione, il tesseramento e il trasferimento dei calciatori, la costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro tra atleta e società, nonché il trattamento economico delle parti dello stesso.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione soggettivo delle N.O.I.F., a lungo si è discusso circa la loro rilevanza anche per l’ordinamento statale o meno,
103 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 179.
104 X. XXXXXXX, L’ordinamento giuridico del giuoco calcio, Ist. Editoriale Regionale italiano, 2011, p. 99
105 Ai sensi dell’articolo 27 Statuto F.I.G.C., rappresenta l’organo normativo, d’amministrazione e di indirizzo generale della Federazione nazionale.
giungendo a sostenere la sindacabilità, da parte del giudice statale, della normativa interna federale, ma anche esterna ad esso, limitando i diritti fondamentali di soggetti che fanno parte dell’ordinamento sportivo ma anche di quello statale: è il caso di quelle norme che escludono o limitano la possibilità di tesseramento per i giocatori stranieri.106
Dal punto di vista strutturale le N.O.I.F. sono divise in due parti, ciascuna composta da diversi titoli. Ai fini di questa trattazione si rende necessario individuare, tra i 118 articoli di cui sono composta questa normativa, le più importanti disposizioni in essa contenute.
Per quanto riguarda la Parte Prima delle N.O.I.F. gli articoli dal 14 al 23 costituiscono il Titolo II interamente dedicato alle società destinatarie della normativa. Nello specifico è l’articolo 14 a fornire una definizione molto generale di esse, ossia: “Gli enti a struttura associativa che, indipendentemente dalla forma giuridica adottata, svolgono l’attività sportiva del giuoco del calcio”
Di particolare importanza, poiché dedicato ai calciatori, è anche il Titolo IV, composto dagli articoli dal 27 al 35. Mentre il R.S.T.P. si limita ad individuare i professionisti, considerando in via residuale i dilettanti, le N.O.I.F. all’articolo 27 individuano le tre categorie di “professionisti”, “non professionisti” e “giovani”, definendo poi espressamente all’articolo 28 come professionisti i calciatori che “esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega Nazionale Professionisti o nella Lega Professionisti di Serie C”, e qualificando all’articolo 29 come non professionisti “gli atleti che, a seguito di un tesseramento, svolgono attività sportiva per società associate nella Lega Nazionale Dilettanti compresi quelli di sesso femminile, quelli che giocano il Calcio a Cinque e quelli che svolgono attività ricreativa”. I giovani, che rappresentano la terza categoria di calciatori, sono definiti all’articolo 31 come “coloro che abbiano anagraficamente compiuto l’ottavo anno e che al 1°gennaio dell’anno in cui ha inizio la stagione sportiva non abbiano compiuto il 16°anno”.
Meritevoli di menzione, contenuti nella Parte Seconda delle N.O.I.F., sono sicuramente, il Titolo I (artt. 36-42) che ha ad oggetto il tesseramento del
106 X. XXXXXXX, op. cit. p.37
calciatore, ma ancor di più il Titolo VII (artt. 91-117) che disciplina i rapporti fra società e calciatori all’interno del quale gli articoli 91 e 92 riguardano i doveri delle società e i doveri dei tesserati.107
L’articolo 93 si occupa dei contratti tra società e tesserati mentre l’articolo 93 vieta tutti gli accordi che contrastino con le norme federali o contrattuali (testo norme).
Alcuni di questi articoli verranno ripresi successivamente data la loro importanza circa la posizione sia dei calciatori che delle società, al momento della stipula del contratto di prestazione sportiva.
A fini più che altro informativi si vuole illustrare una recentissima vicenda che ha riguardato gli articoli 49 e 50 delle N.O.I.F. L’estate del 2018 è stata molto complicata per quanto riguarda la Lega Nazionale Professionisti Serie B che ha visto il fallimento di molte squadre (Cesena, Bari e Avellino) che dalla stessa non sono state volontariamente rimpiazzate prevedendo da un lato, un campionato non più a 22 squadre ma a 19 e dall’altro lato, creando divergenze tra la stessa Lega, sostenuta dalla F.I.G.C. e il sindacato dei calciatori (A.I.C.) unito alle sei squadre che chiedevano il ripescaggio dalla Serie C (Novara, Catania, Siena, Ternana, Pro Vercelli e Virtus Entella). Il sindacato e le sei squadre hanno sostenuto che un campionato a 19 squadre avrebbe violato le regole della Lega, tuttavia una
107 Si riporta il testo integrale degli articoli. Articolo 91, “doveri della società”: “Le società, in relazione alla Serie di appartenenza, sono tenute ad assicurare a ciascun tesserato lo svolgimento dell’attività sportiva con l’osservanza dei limiti e dei criteri previsti dalle norme federali per la categoria di appartenenza in conformità al tipo di rapporto instauratocol contratto o col tesseramento.
L’inosservanza da parte della società nei confronti dei tesserati degli obblighi derivanti dalle norme regolamentari e da quelle contenute negli accordi collettivi e nei contratti tipo, comporta il deferimento agli organi della giustizia sportiva per i relativi procedimenti disciplinari”.
Articolo 92, “doveri dei tesserati”: “I tesserati sono tenuti all’osservanza delle disposizioni emanate dalla F.I.G.C. e dalle rispettive Leghe e Divisioni, nonché delle prescrizioni dettate dalla società di appartenenza. I calciatori “professionisti” e gli allenatori sono tenuti altresì all’ottemperanza degli accordi collettivi e di ogni legittima pattuizione contenuta nei contratti individuali. Nei casi di inadempienza si applicano le sanzioni previste in tali contratti.
I “giovani di serie” devono partecipare, salvo impedimenti per motivo di studio, di lavoro o di salute alle attività addestrative ed agonistiche predisposte dalle società per il loro perfezionamento tecnico, astenendosi dallo svolgere attività incompatibili anche di natura sportiva. Le sanzioni a carico dei “giovani di serie” vengono irrogate dal Tribunale Federale, su proposta della società di appartenenza secondo le modalità previste dagli accordi collettivi. Le sanzioni non possono essere di natura economica.
Le sanzioni a carico dei calciatori “giovani dilettanti” e “non professionisti”, indipendentemente dai provvedimenti adottati d’ufficio dagli organi di giustizia sportiva, sono irrogati dal Tribunale Federale competente su proposta della società”.
pronuncia del Collegio di Garanzia dello Sport 108 aveva sospeso i ripescaggi rinviando il giudizio a settembre.
Nello stato di agitazione creato dalla vicenda, e soprattutto nell’esigenza di superare lo stallo ed evitare lo slittamento dell’inizio del campionato, la F.I.G.C. ha deliberato alcuni passaggi importanti per mettere la parola fine alla decisione di portare il campionato di Serie B a 19 squadre. La Federazione ha così deliberato di annullare le disposizioni contenute nel Comunicato Ufficiale del 30 maggio 2018109 e di modificare con effetto immediato, d’accordo con la Lega di Serie B e le componenti tecniche, gli articoli 49 e 50 delle N.O.I.F. prevedendo un numero di 19 squadre anziché 22, mantenendo inalterato il numero delle promozioni e delle retrocessioni.
Di conseguenza e in virtù di tale vicenda è stato introdotto un terzo comma all’articolo 50 il quale recita: “Qualora vi siano concreti rischi che non sia garantito il regolare e/o tempestivo avvia del campionato, il Consiglio Federale con delibera assunta con maggioranza dei tre quarti dei componenti aventi diritto al voto, sentita la Lega interessata, può modificare il numero di squadre partecipanti ai campionati in corso con effetto immediato, anche prevedendo un numero inferiore o superiore rispetto a quello previsto dall’articolo 49 delle NOIF”.
9. La contrattazione collettiva nel calcio professionistico
Il contratto collettivo è quel rapporto, stipulato a livello nazionale, con cui le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro predeterminano la disciplina dei rapporti individuali di lavoro e gli aspetti dei loro rapporti reciproci.110
Da considerarsi come componente delle fonti che disciplinano il contratto calcistico professionistico, la contrattazione collettiva di categoria ha comportato altresì l’affermazione di soggetti portatori di interessi collettivi incaricati di
108 Terzo e ultimo grado della giustizia sportiva.
109 Prevedeva la composizione a 22 squadre e determinate regole per i ripescaggi della stagione successiva.
110 X. XXXXXXXX, Il nuovo accordo collettivo per la serie A di calcio, in Riv. Di diritto ed economia dello sport, vol. III fasc. 3, 2011, p.52.
negoziare le condizioni minime lavorative che ciascun club deve riconoscere ad ogni calciatore professionista.
Rimandando al terzo capitolo l’analisi contenutistica dei principali Accordi nazionali di lavoro, ossia quello stipulato tra F.I.G.C., A.I.C., L.N.P.A. (Lega Nazionale Professionisti Serie A) e quello con la L.N.P.B. (Lega Nazionale Professionisti Serie B), ci si limita ad illustrarne la natura e la funzione.
Innanzitutto tale accordo nasce per dare attuazione a quanto previsto nell’articolo 4 della legge n. 91/1981 nella parte in cui devolve alla contrattazione collettiva il compito di predisporre il contratto tipo.
Il suo scopo è quello di regolare i rapporti di carattere economico e normativo nonché garantire un livello minimo di tutela e di protezione allo sportivo professionista, definendo i diritti e i doveri e le conseguenti sanzioni in caso di violazione degli obblighi contrattuali, sia sportivi che extrasportivi.
Da sottolineare inoltre come il livello minimo di tutela sancito dall’Accordo Collettivo sia suscettibile di essere derogato dalle volontà individuali soltanto in meglio per il calciatore, trovando così applicazione il principio dell’articolo 2077
c.c. anche nel lavoro sportivo.111
Per quanto riguarda l’efficacia di questo Accordo occorre notare che, mentre i contratti collettivi di diritto comune sono vincolanti automaticamente solo nei confronti di coloro che sono iscritti al sindacato stipulante, nel settore sportivo gli viene riconosciuta efficacia erga omnes, quindi è automatica la sua applicazione a tutti gli appartenenti alla categoria. Questa efficacia non risulta comunque in contrasto con il disposto costituzionale dell’articolo 39, poiché attraverso la volontaria adesione alla federazione, società e sportivi accettano la normativa federale, compresa quella che prevede la conformità dei contratti individuali a quelli del tipo previsti dagli accordi collettivi.112
111 M.T. SPADAFORA, op. cit., p.159.
112 M.T. SPADAFORA, op. cit., p. 160.
C APITOLO II
IL C O N T R A TT O D E L C A LC I A T O R E P R O F E S S I O NI S T A
Tenendo in considerazione i principi derivanti dal diritto del lavoro, si nota come analogamente ad ogni altro rapporto subordinato113, anche quello del calciatore professionista trae origine da un contratto114.
Secondo la legge n. 91/1981 sul professionismo sportivo, la disciplina specifica del contratto in questione emerge, oltre che da alcune norme federali organizzative interne, dalle disposizioni contenute nell’Accordo Collettivo stipulato tra F.I.G.C., la Lega Nazionale Professionisti e l’A.I.C., che verranno specificate nel corso della trattazione.
Per individuare le caratteristiche peculiari di questo contratto, stipulato dal calciatore professionista con la società, occorre osservare che il contratto di lavoro sportivo si presenta come una fattispecie complessa a formazione progressiva, poiché costituita da più fasi successive che prevedono la redazione di un contratto scritto conforme al contratto tipo, il suo deposito presso le rispettive Federazioni e la conseguente approvazione da parte delle stesse.
113 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, op. cit., p. 64.
114 Non manca tuttavia chi sostiene la natura acontrattuale del rapporto di lavoro, sottolineando lo scarso rilievo dell’autonomia privata in materia di lavoro, regolata prevalentemente da leggi inderogabili e dalla contrattazione collettiva: in realtà, pur non trovando applicazione nei confronti del contratto di lavoro alcune regole e rimedi dettati in generale in materia contrattuale, è indubbio che alla base della costituzione e dello svolgimento del rapporto di lavoro, compreso quello degli sportivi professionisti, vi sia pur sempre un accordo frutto della concorde volontà delle parti.
Per quanto riguarda l’inquadramento giuridico, e volendo seguire la tradizionale classificazione della dottrina civilistica, il contratto calcistico professionistico è un contratto tipico, a titolo oneroso, consensuale, ad effetti obbligatori, formale, a prestazioni corrispettive e bilaterale115.
La tipicità deriva dal fatto che tale contratto sia previsto e disciplinato pienamente dalla legge. È noto, infatti, che, ai sensi della distinzione tra contratti tipici e contratti atipici, da un lato, secondo il principio di tipicità, l’ordinamento giuridico consente ai privati solo la scelta fra determinati tipi di negozi giuridici che, per la loro maggiore importanza o per la loro maggiore frequenza, sono stati specificamente regolati dal legislatore, anche se talvolta, come per il contratto in questione, il legislatore lascia uno spazio, più o meno ampio, entro il quale la volontà privata può determinare il contenuto del negozio, sempre che questa si esplichi in modo lecito (altrimenti non le verrà accordato riconoscimento e tutela); dall’altro lato, secondo il principio di atipicità, l’ordinamento concede alle parti la possibilità di determinare liberamente il contenuto, potendo anche concludere accordi che non rientrino nei tipi espressamente disciplinati dalla legge. Tale libertà, concessa ai sensi dell’articolo 1322, comma 2, c.c. 116 , rende potenzialmente illimitata la categoria dei contratti atipici.117
A conferma di quanto detto, e come già visto nel capitolo precedente, l’articolo 4 legge n. 91/1981 richiede che il rapporto contrattuale venga costituito secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dei rappresentanti delle categorie interessate.
All’articolo 3 della legge n. 91/1981, il legislatore prevede che la prestazione dell’atleta professionista sia a titolo oneroso rendendo di conseguenza applicabili allo sport i principi civilistici in materia di lavoro. Onerosità, nel senso che la prestazione deve essere remunerata con un corrispettivo proporzionato alla quantità e qualità della prestazione stessa, la cui misura viene poi liberamente
115 X. XXXXXXXX, Elementi di diritto privato sportivo: 2, Giraldi Editore, 2015, p. 132
116 “Le parti possono anche concludere anche contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”
117 X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, Xxxxxxx Editore, 2011, p. 685
determinata dalle parti contraenti, salvo il rispetto dei minimi collettivi comunque assai inferiori ai compensi pattuiti in concreto.118
Il contratto in questione è di natura consensuale, poiché si perfeziona con il semplice consenso o accordo delle parti ossia con l’incontro tra le manifestazioni di volontà provenienti dalla società e dal calciatore. Tuttavia, per essere efficace, necessita della forma scritta a pena di nullità, come previsto dall’articolo 4 legge
n. 91/1981, dando così carattere formale a questo contratto.
Essendo nota la distinzione tra contratti ad effetti reali e contratto ad effetti obbligatori, secondo la quale, mentre nei primi una volta concluso l’atto negoziale, l’effetto che ne scaturisce è costitutivo, modificativo o estintivo di un diritto reale, i secondi danno luogo alla nascita di un rapporto obbligatorio, il contratto de quo si presenta come contratto ad effetti obbligatori e a prestazioni corrispettive poiché all’obbligo insorto in capo ad una delle parti fa fronte una controprestazione, derivando così obbligazioni reciproche per entrambe le parti.
Da una parte si ha la prestazione sportiva dell’atleta e dall’altra parte il compenso erogato dalla società calcistica.
Per chiudere questo inquadramento giuridico che si è ritenuto necessario premettere alla prosecuzione della trattazione, è facilmente intuibile che il contratto calcistico professionistico, essendo stipulato da due parti, sia un contratto bilaterale.
Le parti contraenti sono coloro che mediante la stipulazione di un contratto cercano e realizzano la coincidenza delle volontà in ordine al perseguimento di un’operazione patrimoniale, nel rispetto di una funzione economico-sociale, che porti alla realizzazione di interessi evidentemente comuni.
Dal punto di vista soggettivo, il contratto calcistico professionistico, o di lavoro sportivo, viene stipulato dalla Società calcistica, parte contrattuale che assumerà la veste del datore di lavoro, e dal calciatore professionista, parte contrattuale che assumerà la veste di lavoratore subordinato.
118 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 133
Tuttavia è bene specificare che per calciatori professionisti ci si riferisce agli “atleti” di cui all’art. 2 legge n. 91/1981, il quale, però, elenca anche altre figure professionali che, in quanto sportivi professionisti, rientrano anch’essi nell’ambito di efficacia della legge sul professionismo sportivo.
2.1 I calciatori professionisti e il loro tesseramento
«Sono qualificati “professionisti” i calciatori che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega Nazionale Professionisti o nella Lega Professionisti Serie C».
Così l’articolo 28 delle Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. definisce il calciatore professionista distinguendolo, come si è già avuto modo di vedere, dal “non professionista” e dal “giovane”.
Per poter instaurare un valido rapporto di lavoro con la società, il calciatore professionista deve possedere alcuni requisiti soggettivi.
In primo luogo deve possedere la capacità giuridica a prestare concretamente l’attività lavorativa, la c.d. capacità lavorativa; in secondo luogo deve ottenere dalla F.I.G.C. “il tesseramento” per quella società calcistica professionistica che intende avvalersi delle sue prestazioni agonistiche.
Per quanto riguarda il primo requisito il problema che sorge riguarda la determinazione dell’età che il calciatore deve avere affinché acquisti capacità lavorativa, ossia l’età minima che gli consente di stipulare un contratto valido di lavoro calcistico professionistico.
Il silenzio a riguardo da parte della legge sul professionismo sportivo, rende di conseguenza applicabile la disciplina dettata in via generale per qualsiasi lavoratore.
Il primo riferimento normativo è da rintracciarsi nell’articolo 3 della n. 977/1967, riguardante la tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, il quale riconosce la capacità giuridica lavorativa al minore che ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e che abbia compiuto almeno il quindicesimo anno di età.
Derogando alla normativa precedente, è il D. Lgs. n. 345/1999 (in attuazione della direttiva 94/33/CE), riguardante la protezione dei giovani sul lavoro, che al suo articolo 6 consente alla direzione provinciale del lavoro di autorizzare, previo
assenso scritto dei titolari della potestà genitoriale, l’impiego dei minori in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non pregiudichino la sicurezza, l’integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastico o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale. Secondo tale disposizione, rispetto alla normativa precedente, la capacità giuridica a prestare attività lavorativa, è riconosciuta anche ai minori di quindici anni, seppur con previo assenso dei genitori, i quali dovranno provvedere alla conclusione del contratto e alla sottoscrizione di eventuali contratti di utilizzazione dell’immagine del minore ai fini pubblicitari.119
Nonostante la presenza di questi limiti legislativi, nel mondo del calcio professionistico è intervenuta la F.I.G.C. prevedendo, all’interno dei regolamenti federali, un’età superiore per accedere alla professione di calciatore. A disporlo è il comma 3 dell’art. 28 delle N.O.I.F., il quale prevede che: “Il primo contratto da professionista può essere stipulato dai calciatori che abbiano compiuto almeno il 19° anno di età nell’anno precedente a quello in cui ha inizio la stagione sportiva, salvo quanto disposto dal comma 3 dell’art. 33”.
Il comma 3, dell’art. 33 infatti prevede alcune eccezioni al limite generale di età appena esposto, per quanto riguarda i calciatori che vengono definiti “giovani di serie”, ossia coloro che hanno tra i quattordici e i diciannove anni di età, tesserati per una società professionistica. Il comma in questione, infatti, dispone che questi, al compimento del sedicesimo anno di età e purché non tesserati a titolo temporaneo, possono stipulare contratto professionistico con la società per la quale sono tesserati e hanno il diritto a ottenere la qualifica di professionista quando abbiano preso parte ad un certo numero di partite ufficiali con la “prima squadra” della loro società.
La coincidenza che, in un primo momento, non risultava sussistere tra i regolamenti federali e la disciplina legislativa in materia di lavoro, viene sicuramente raggiunta con l’articolo 1, comma 622120, della Legge finanziaria del
119 M.T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, 2012, p.69
120 “L’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. L’età per l’accesso al lavoro è conseguentemente elevata da quindici a sedici anni […]”
2007 (legge n. 296/2006) che ha modificato la normativa precedente, portando a sedici il numero degli anni di istruzione obbligatoria e innalzando, dunque, a sedici l’età minima di accesso al lavoro.121
Come già detto, il secondo requisito soggettivo, che deve sussistere in capo al calciatore professionista, è rappresentato dal c.d. tesseramento, ossia quell’atto d’iscrizione presso la Federazione dello sport praticato.
La giurisprudenza sportiva considera il tesseramento come un atto di amministrazione ordinaria122, il quale consente ad un soggetto di aderire ad una determinata Federazione e, attraverso tale adesione, poter praticare l’attività sportiva nell’ambito delle manifestazioni organizzate dalla Federazione medesima (a sua volta aderente al C.O.N.I.), attraverso la propria società di appartenenza.
Con tale atto il soggetto si impegna ad accettare e rispettare le regole poste dall’ordinamento federale, vincolandosi ad una società sportiva, entrando quindi a far parte dell’universo dell’ordinamento sportivo, accettando di sottostare alle previsioni del medesimo e a tutta una serie di diritti e doveri nei confronti degli altri tesserati, delle società appartenenti alla Federazione stessa, con lo scopo principale di partecipare alle competizioni sportive.123
Accettando le regole dell’ordinamento, in seguito al tesseramento, in capo ai soggetti sorge l’obbligo di conformare il contratto di prestazione sportiva a quelli tipo previsti dagli Accordi Collettivi, con la conseguenza che in assenza di tesseramento tale contratto non potrà avere efficacia nell’ordinamento stesso.
Preliminarmente a quanto detto è bene essere al corrente che l’atto di tesseramento alla Federazione sportiva di appartenenza è presupposto necessario per la costituzione del rapporto di lavoro sportivo: la sua mancanza implica invalidità e inefficacia radicale, insanabile e con effetto ex tunc del rapporto di lavoro, con conseguente applicazione dell’articolo 2126 c.c.124
121 In questo modo viene affermato, di conseguenza, il principio in virtù del quale l’età minima di ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui cessa l’obbligo scolastico.
122 Cfr. Corte Federale d’Appello F.I.G.C., CU n. 009/CFA, ss 2015/2016.
123 Avv. Xxxxxxx Xxxxx, Il rapporto di lavoro sportivo in ambito professionistico, AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani), nell’ambito del Minimaster in Diritto Sportivo, Milano 1 giugno 2018)
124 Per completezza si riporta il testo dell’articolo citato: “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa. Se il lavoro è stato prestato in violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione”.
Specificamente nel settore calcistico, a livello nazionale il tesseramento è disciplinato dagli artt. dal 36 al 42 delle N.O.I.F. È proprio l’articolo 36 che qualifica come tesserati dalla F.I.G.C. i dirigenti federali, gli arbitri, i dirigenti ed i collaboratori nella gestione sportiva delle società, i tecnici e, infine, i calciatori. Essendo la nostra trattazione orientata principalmente verso la figura del calciatore professionista, è da sottolineare come ad esso vengono dedicati articoli specifici.
L’articolo 39 stabilisce le modalità con cui deve avvenire il tesseramento per la F.I.G.C.: il calciatore deve presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, una richiesta che dovrà essere sia redatta in forma scritta sugli appositi moduli forniti dalla Federazione attraverso le Leghe, il Settore Giovanile e Scolastico, le Divisioni e i Comitati, sia debitamente sottoscritta dagli stessi e, nel caso dei minori, anche dall’esercente la potestà genitoriale, se ha durata annuale, o da entrambi, se ha durata pluriennale, nonché dal legale rappresentante della società o da altra persona autorizzata a rappresentare e impegnare validamente la società agli effetti sportivi e nei rapporti federali. Dopodiché, tale richiesta, dovrà essere inoltrata alla Lega o al Comitato anche attraverso la modalità telematica.
Per il calciatore professionista, la decorrenza del tesseramento e del rapporto contrattuale è stabilita dalla data di deposito o di arrivo della documentazione richiesta dalla Lega competente, purché venga concesso il visto di esecutività da parte della medesima Lega. L’utilizzo del calciatore prima della scadenza del termine o della data del visto di esecutività è punito con sanzione o ammenda a carico della società o, addirittura, in maniera più grave ai sensi del Codice di Giustizia Sportiva.
In materia è interessante, oltre che recente, la vicenda che ha coinvolto il Sassuolo Calcio e il calciatore professionista Xxxxxxxx Xxxxxx000, sulla quale è intervenuto il Collegio di Garanzia del C.O.N.I. con decisione n. 6/2017. Con questa decisione il Collegio ha statuito che le norme relative alla posizione del calciatore
125 Il Sassuolo Calcio, ai sensi dell’art. 17, comma 5, lett. a) del Codice di Giustizia Sportiva, veniva sanzionato con la punizione della perdita della gara di serie A disputata in data 28 agosto 2016 contro il Pescara Calcio, per aver utilizzato il calciatore Xxxxxxxx Xxxxxx, che risultava tesserato in data 26 agosto 2016 e inserito nella lista dei giocatori presentata dalla società per la gara in oggetto, senza però che il nominativo medesimo fosse stato trasmesso alla Lega di appartenenza, a mezzo PEC, entro le ore 12.00 del giorno precedente la gara, così come tassativamente previsto dalle norme federali.
in ambito di tesseramento sono da considerarsi essenziali ai fini del corretto svolgimento delle manifestazioni sportive ai fini del corretto svolgimento delle manifestazioni sportive e quindi le disposizioni e quindi le disposizioni delle stesse sono da considerarsi altresì tassative, precisando, con riferimento al caso in questione, che i sistemi di comunicazione non possono essere sovrapponibili o sostituibili da altri mezzi di comunicazione non previsti, trattandosi le violazioni delle predette disposizioni quali violazioni di norme di diritto e, in particolare, di fonte primaria sportiva, come tale non modificabile.126
L’articolo 40, sempre delle N.O.I.F., detta una serie di limitazioni al tesseramento dei calciatori, sia di nazionalità italiana sia di nazionalità estera. I commi dal primo al quinto stabiliscono alcune regole generali volte a garantire la trasparenza dell’organizzazione sportiva. Per quanto riguarda calciatori di nazionalità italiana, in particolare il quarto e il quinto comma, dispongono, l’uno il divieto di tesseramento contemporaneo per più società precisando che in caso di più richieste, debba considerata valida quella depositata o pervenuta prima, l’altro l’impossibilità per i calciatori, a pena di nullità, di assumersi impegni di tesseramento futuro a favore di società diverse da quella per la quale sono tesserati, salvo diverse ipotesi previste dalle norme federali.
Per quanto riguarda i calciatori di nazionalità estera, dal punto di vista procedurale, è precisato nel sesto comma che il loro tesseramento presso la
F.I.G.C. è condizionato al rilascio del trasnfer internazionale, o più precisamente il Certificato Internazionale di Trasferimento o Tranfer Matching System.
Con riferimenti a questo tipo di calciatori, di maggiore rilevanza risulta il comma 7, il quale dispone che: “Le società che disputano i Campionati organizzati dalle Leghe professionistiche possono tesserare liberamente calciatori provenienti o provenuti da Federazioni estere, purché cittadini di Paesi aderenti all’U.E. (o all’E.E.E.). A tal fine le richieste di tesseramento vanno corredate da attestazione di cittadinanza.
126 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, op. cit., p. 70
Le norme in materia di tesseramento per società professionistiche di calciatori cittadini di paesi non aderenti all’U.E. (o all’E.E.E.) sono emanate annualmente dal Consiglio Federale”.
Questo comma è stato oggetto di notevoli modifiche rispetto all’originaria formulazione 127 che prevedeva addirittura limiti numerici al tesseramento e all’impiego di calciatori stranieri a fronte del dettato attuale il quale, come si è visto prevede la libertà per le società di tesserare calciatori provenienti da Federazioni estere purché cittadini di Paesi aderenti all’U.E.
Mentre per quanto riguarda calciatori che sono cittadini di Paesi non aderenti all’U.E., il Consiglio Federale ha dettato le varie limitazioni e regole specifiche riguardanti il loro tesseramento per la stagione sportiva 2018/2019, con Comunicato Ufficiale n. 61, emanato il 6 giugno 2018.128
127 Originaria formulazione: “le società disputanti il Campionato di Serie A non potevano contemporaneamente tesserare più di cinque giocatori extracomunitari ma potevano inserire nell’elenco di gara e dunque utilizzare nelle partite ufficiali in ambito nazionale soltanto tre di essi; le società di Serie B potevano tesserare un solo calciatore extracomunitario, ma conservano la possibilità, in caso di retrocessione dalla Serie A di mantenere alle proprie dipendenze tutti quei giocatori non appartenenti all’U.E. che avevano disputato con essa il campionato medesimo, solo però fino alla scadenza del loro contratto; le società appartenenti alla Lega Pro non potevano tesserare calciatori extracomunitari salve le possibilità, nel caso di retrocessione dalla Serie B, di mantenere in organico l’eventuale giocatore che l’anno precedente era tesserato per essa, ma anche qui solo fino alla scadenza del suo contratto di lavoro e, nel caso di promozione della società dalla L.N.D. alla Seconda Divisione, di confermare il tesseramento di atleti extracomunitari precedentemente incardinati nei loro organici in qualità di dilettanti”
128 Il Consiglio ha deliberato che:
“A. le società in possesso del titolo per la partecipazione al Campionato di Serie A nella stagione sportiva 2018/2019 che, alla data del 30 giugno 2018, avranno più di due calciatori professionisti cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E., tesserati per esse a titolo definitivo, potranno tesserare un numero massimo di due calciatori cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E., provenienti dall’estero, a condizione che:
1. uno vada a sostituire altro loro calciatore di paese non aderente alla U.E. o alla E.E.E. che
(i) si trasferisca all’estero, sottoscrivendo contratto con società estera, o (ii) il cui contratto scadrà al 30 giugno 2018, o (iii) che acquisisca, a qualunque titolo, la cittadinanza di paese aderente alla U.E. o alla E.E.E. o che l’abbia acquisita dal 31 gennaio 2018 alla data di pubblicazione del presente provvedimento;
2. uno, senza alcun vincolo di sostituzione di altro calciatore, che al momento della richiesta di tesseramento sia stato convocato, con inserimento nella lista gara, per almeno due gare ufficiali della propria Nazionale di categoria nei 12 mesi antecedenti la data di richiesta di tesseramento, o per cinque gare ufficiali della propria Nazionale di categoria in carriera.
I calciatori da sostituire, dovranno essere espressamente indicati dalla società interessata e, quelli rientranti nei casi di cui ai punti 1 (i) e 1 (ii) non potranno tesserarsi per quest’ultima nella medesima stagione sportiva. Ai fini della sostituzione non potranno essere utilizzati calciatori ex Giovani di Serie che hanno ottenuto il primo contratto da professionista dopo il 30 giugno 2015.
Esaminata la disciplina nazionale sul tesseramento, per ragioni di completezza e sempre tenendo in considerazione la struttura piramidale dell’ordinamento
B. Le società in possesso del titolo per la partecipazione al Campionato di Serie A nella stagione sportiva 2018/2019 che, alla data del 30 giugno 2018 non avranno calciatori professionisti cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E., tesserati per esse a titolo definitivo o ne avranno uno solo tesserato a titolo definitivo, potranno tesserare, senza alcun vincolo di sostituzione di altro loro calciatore, calciatori di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E., provenienti dall’estero, fino al raggiungimento di un numero massimo di 3 calciatori di detti paesi per esse tesserati.
Le società in possesso del titolo per la partecipazione al Campionato di Serie A nella stagione sportiva 2018/2019 che, alla data del 30 giugno 2018, avranno due calciatori professionisti di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E., già tesserati per esse a titolo definitivo, potranno tesserare, senza vincoli di sostituzione di altro loro calciatore ai sensi del capoverso che precede, un calciatore di detti paesi proveniente dall’estero, nonché un solo altro calciatore di paese non aderente alla U.E. o alla E.E.E., a condizione che vada a sostituire altro loro calciatore di paese non aderente alla U.E. o alla E.E.E. che (i) si trasferisca all’estero, sottoscrivendo contratto con società estera, o (ii) il cui contratto scadrà al 30 giugno 2018, o
(iii) che acquisisca, a qualunque titolo, la cittadinanza di paese aderente alla U.E. o alla
E.E.E. o che l’abbia acquisita dal 31 gennaio 2018 alla data di pubblicazione del presente provvedimento.
I calciatori da sostituire, dovranno essere espressamente indicati dalla società interessata e, quelli rientranti nei casi di cui ai punti 1 (i) e 1 (ii) non potranno tesserarsi per quest’ultima nella medesima stagione sportiva. Ai fini della sostituzione non potranno essere utilizzati calciatori ex Giovani di Serie che hanno ottenuto il primo contratto da professionista dopo il 30 giugno 2015.
C. Le società in possesso del titolo per la partecipazione al Campionato di Serie B nella stagione sportiva 2018/2019 non potranno tesserare calciatori cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E. provenienti dall’estero, né tesserare con lo status di professionista calciatori di detti paesi già tesserati in Italia con status diverso da quello di professionista.
D. I nuovi tesserati, ai sensi delle precedenti lett. A) e B), potranno trasferirsi esclusivamente in altre società del Campionato di Serie A nella stagione sportiva 2018/2019, nel periodo di campagna trasferimenti diverso da quello in cui si sono tesserati provenendo dall’estero.
E. Le società che disputeranno nella stagione sportiva 2018/2019 il Campionato Serie C non potranno tesserare calciatori cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E. provenienti dall’estero, né tesserare con lo status di professionista calciatori di detti paesi già tesserati in Italia con status diverso da quello di professionista, fatta eccezione per le società neo promosse in Serie C che potranno stipulare contratto da professionista con i calciatori dilettanti di detti paesi, già per esse tesserati nella stagione sportiva 2017/2018.
F. Le limitazioni numeriche di tesseramento per società professionistiche non riguardano i calciatori cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E. già tesserati alla data del 30 giugno 2018 in Italia per società professionistiche, fatta salva l’applicazione della normativa in materia di visti e permessi di soggiorno e quanto successivamente previsto per coloro che intendano assumere per la prima volta lo status di Giovane di Serie. In tal caso, il tesseramento senza limitazioni numeriche, come Giovane di Serie, di calciatori cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E. è consentito:
- per i maggiorenni, a condizione che siano legalmente residenti in Italia in quanto trasferiti da minorenni al seguito della famiglia e per ragioni non legate alla attività sportiva o che si siano tesserati da minorenni, avvalendosi dell’art. 1 della Legge n. 12/2016 o dell’art. 1, comma 369, della Legge n. 205/2017 o che siano stati tesserati, per almeno una stagione sportiva, per una società dilettantistica o che svolga attività di settore per l’attività giovanile e scolastica;
- per i minorenni, a condizione che siano rispettate le disposizioni della FIFA e quelle previste dalla legislazione vigente.
G. I calciatori con cittadinanza svizzera sono equiparati a tutti gli effetti a quelli comunitari. Le presenti disposizioni si applicheranno con riferimento alla stagione sportiva 2018/2019”.
sportivo, si pone l’attenzione anche su qualche disposizione che il Regolamento
F.I.F.A. su status e trasferimento calciatori detta in materia di tesseramento.
Un principio generale è sancito dall’articolo 5 del R.S.T.P. il quale prevede che ciascun calciatore che voglia intraprendere una stagione calcistica con un club professionistico deve necessariamente essere tesserato con una Federazione nazionale. Analogamente a quanto disposto dalle N.O.I.F., anche in questo caso viene precisato che il calciatore soltanto tesserandosi può prendere parte al “calcio organizzato” aderendo, di conseguenza, allo Statuto e ai Regolamenti della F.I.F.A., delle Confederazione e delle Federazioni.
Lo stesso articolo dispone anche che il calciatore può essere tesserato solo per una società alla volta, che nell’arco temporale di una singola stagione sportiva può essere tesserato per un massimo di tre squadre ma che nonostante questo è abilitato a giocare in gare ufficiali soltanto per due società.
Ai sensi dell’articolo 6, poi, i calciatori possono essere tesserati esclusivamente durante uno dei due periodi annuali di tesseramento stabiliti dalla Federazione nazionale.
L’articolo 8 del Regolamento prevede che tutte le richieste di tesseramento come “professionista” dovranno sempre essere presentate insieme ad una copia del contratto individuale di lavoro del calciatore.
Sempre in materia di tesseramento, il Regolamento all’articolo 9 dispone che un calciatore già tesserato presso una Federazione può essere tesserato presso una nuova Federazione solo quando quest’ultima ha ricevuto il Certificato di Trasferimento Internazionale (C.T.I.) dalla Federazione di provenienza. Il rilascio di questo documento è necessario poiché costituisce il requisito indispensabile per il calciatore per poter giocare con la nuova società.
2.2 Le Società calcistiche e la loro affiliazione
Esaminata la figura del calciatore come parte contrattuale del contratto calcistico professionistico, si passa ora ad esaminare la controparte, e quindi la società calcistica.
La disciplina che riguarda le società professionistiche di calcio è dettata, in primo luogo, dalla legge n. 91/1981, e per questo motivo si ritiene utile, per la
prosecuzione della trattazione, riportare l’intero testo dell’articolo 10, inserito nel capo II dedicato alle Società sportive:
“Possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. In deroga all’articolo 2488 del codice civile è in ogni caso obbligatoria, per le società sportive professionistiche, la nomina del collegio sindacale.
L’atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali.
L’atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.
Prima di procedere al deposito dell’atto costitutivo, a norma dell’articolo 2330 del codice civile, la società deve ottenere l’affiliazione da una o più federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI.
Gli effetti derivanti dall’affiliazione restano sospesi fino all’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 11.
L’atto costitutivo può sottoporre a speciali condizioni l’alienazione delle azioni o delle quote.
L’affiliazione può essere revocata dalla federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all’ordinamento sportivo.
La revoca dell’affiliazione determina l’inibizione dello svolgimento dell’attività sportiva.
Avverso le decisioni della federazione sportiva nazionale è ammesso ricorso alla giunta esecutiva del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso.”
Quanto riportato è frutto di varie modifiche apportate dalla legge n. 586/1996129, resa necessaria a seguito degli effetti causati della nota sentenza Xxxxxx.
La formulazione originaria dell’articolo 10 da un lato, prevedeva che soltanto le società sportive costituite nella forma di società di capitali o a responsabilità limitata, previa affiliazione ad una o più federazioni sportive nazionali riconosciute dal C.O.N.I., potessero stipulare contratti con calciatori
129 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, recante disposizioni urgenti per le società professionistiche”
professionisti, dall’altro lato, escludeva la possibilità di distribuzione degli utili, prevedendo che le società provvedessero al totale reinvestimento degli utili conseguiti nell’attività svolta, con l’impossibilità per i soci, in caso di liquidazione della società, di ricevere una quota superiore al valore nominale delle rispettive partecipazioni. In sintesi, veniva escluso il fine lucrativo tipico delle società per azioni.
In sintesi, quello che emergeva dalla disciplina originaria è che le società sportive assumevano solo formalmente la forma di società di capitali, mentre sostanzialmente venivano rette da una disciplina speciale dovuta alle particolarità dell’attività sportiva che esse erano chiamate a praticare.
Una delle novità introdotte dalla legge n. 586/1996, e che risulta ancora molto rilevante al giorno d’oggi vista la dimensione economica del calcio, è stato il riconoscimento alle società sportive di un’ampia possibilità di potenziare e sfruttare le molteplici occasioni di guadagno offerte dallo svolgimento dell’attività sportiva a livello professionistico, poiché in quelle che vengono definite dal comma 2 come “attività connesse” vi rientra il ricorso al merchandising e quindi alla vendita di gadget con il proprio marchio.130
Tuttavia l’innovazione più importante è sicuramente quella di aver ricostituito il binomio società di capitali-scopo di lucro, come previsto dal comma 3 dell’art. 10, il quale stabilisce che l’atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere solo attività sportiva ed attività connesse e strumentali e deve stabilire che una quota di utili, non inferiore al dieci per cento, sia destinata a scuole di addestramento e formazione tecnico sportiva.131
Ai sensi dell’art. 10, legge n. 91/1981, oltre all’assunzione della forma sociale di
s.p.a. o di s.r.l. e alla previsione nell’atto costitutivo che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali, vi è un ulteriore requisito che deve sussistere in capo alla società di calcio per poter stipulare un valido contratto con il calciatore professionista ed è l’affiliazione della stessa ad una o più Federazioni sportive nazionali.
L’affiliazione rappresenta l’atto fondamentale attraverso il quale la società sportiva acquisisce lo status giuridico di soggetto dell’ordinamento sportivo.
130 M.T. SPADAFORA, op. cit., p.74
000 X. XXXXXX, X. XXXXX, Il diritto sportivo, Cedam Editore, 2015, p. 144.
Le modalità con cui una società professionistica di calcio italiana può ottenere l’affiliazione alla F.I.G.C. sono regolate dalle N.O.I.F. dove l’articolo 15 specifica che a tal fine, la società debba inoltrare al Presidente Federale apposita domanda, sottoscritta dal legale rappresentante e corredata in copia autentica dell’atto costitutivo e dello statuto sociale, dell’elenco nominativo dei componenti l’organo e gli organi direttivi, della dichiarazione di disponibilità di un idoneo campo di gioco.
Da sottolineare che le stesse società possono anche decadere dall’affiliazione alla
F.I.G.C. nel caso in cui non prendano parte ovvero portino a conclusione l’attività ufficiale oppure nel caso non provvedano, nei termini previsti, al versamento della tassa di rinnovo dell’affiliazione della tassa di partecipazione all’attività ufficiale, come previsto dall’art. 16, N.O.I.F.
3. La costituzione del rapporto di lavoro sportivo in ambito calcistico
Analizzate le parti stipulanti del contratto calcistico professionistico, risulta doveroso prendere in considerazione il momento costitutivo del rapporto di lavoro tra calciatore professionista e società sportiva.
L’art. 4, legge n. 91/1981, al primo comma dispone che ogni rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso, e quindi sicuramente quello tra calciatore professionista e società, si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto avente forma scritta e conforme al contratto tipo predisposto a seguito dell’Accordo collettivo stipulato ogni tre anni dalla Federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
Dunque, la nascita del rapporto in questione avviene con le modalità dell’assunzione diretta, ossia una chiamata proveniente direttamente dalla società sportiva che intende avvalersi delle prestazioni del calciatore.132
Al momento dell’entrata in vigore della suddetta disciplina non sono mancate obiezioni poiché essa costituiva una rilevante deroga ai principi sanciti dagli artt.
33 e 34 dello Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970), in virtù dei quali
132 X.XXXXX, X.XXXXXXXXXXX, X.X.XXXXXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXXX, X.XXXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXX, X.XXXXXXX, X.XXXXXXXXX, X.XXXXXXX & X.XXXXXXX FERRIOLO, I contratti sportivi e il sistema di risoluzione delle controversie nello sport, op. cit., p. 78
l’incontro fra la domanda di lavoro delle società sportive e l’offerta di lavoro proveniente dai calciatori, avrebbe dovuto svolgersi sotto il controllo pubblico, al fine di evitare discriminazioni nell’accesso al lavoro, e seguendo i criteri vigenti in materia.133
Nel corso degli anni, nonostante le varie critiche, non si sono avuti sostanziali cambiamenti al riguardo, soprattutto perché l’idea è sempre stata quella per la quale il rigido meccanismo statale di collocamento non fosse idoneo per essere applicato ad un settore come quello calcistico in cui l’oggetto del rapporto lavorativo, ossia la competizione agonistica, rende necessario lasciare libere le società di scegliere i calciatori più adatti al proprio obiettivo.
Infine, occorre precisare che, oltre alle deroghe rispetto alla disciplina sul collocamento, è esclusa ogni forma di mediazione nella conclusione del contratto lavorativo al fine di impedire il diffondersi di sgradevoli forme di speculazione nel momento in cui il calciatore si trovi nella necessità di trovare una occupazione.
A fronte di ciò, taluni autori hanno sottolineato che l’esigenza di salvaguardare gli interessi dei calciatori e di evitare forme di sfruttamento, ha incentivato la stipula di un accordo tra A.I.C., F.I.G.C. e Leghe nazionali professionistiche (Accordo Collettivo) in base al quale l’associazione calciatori, in regime di svincolo, creerà un’agenzia di collocamento senza diritto di esclusiva, lasciandosi integra la libertà dell’atleta di affidare un proprio rappresentante ovvero di trattare direttamente la conclusione del nuovo contratto di lavoro.134
Da quanto detto circa la costituzione del rapporto di lavoro sportivo, si può affermare che il calciatore professionista negozia la propria assunzione direttamente con la società ricorrendo, come accade nella prassi, alla figura degli “agenti”, i quali non sono altro che liberi professionisti che, avendo ricevuto a titolo oneroso, l’incarico, curano e promuovono i rapporti fra un calciatore e una società in vista della stipulazione di un contratto di prestazione sportiva.
133 Il criterio era quello della chiamata numerica inoltrata agli uffici pubblici delle cui liste di collocamento i soggetti da avviare al lavoro erano obbligati ad iscriversi ai sensi della legge n. 264/1949 così come modificata dalla legge n. 264/1961. M.T. SPADAFORA, op. cit., p.76
134 X. XXXXXXX X’XXXX, X. XXXXXX, La nuova disciplina del lavoro sportivo, in Riv. Dir. Sport., 1982, p. 14.
4. Gli elementi essenziali del contratto calcistico professionistico
Per essere valido, il contratto stipulato tra calciatore professionista e società sportiva, deve rispettare determinati requisiti ovvero elementi essenziali che il legislatore richiede espressamente.
Questi requisiti sono desumibili direttamente dalla disciplina dei contratti in generale dettata dal Codice civile che, ai sensi dell’art. 1325, evidenzia che gli elementi essenziali del contratto sono l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma.
4.1 L’accordo
Il primo requisito indicato dall’articolo 1325 c.c., è l’accordo delle parti. I modi nei quali si può formare questo accordo sono molteplici, ma in sostanza riconducibili ad una proposta proveniente da una parte e diretta ad un’altra, seguita poi da un’accettazione da parte del destinatario della proposta e diretta al proponente.
Data l’origine contrattuale del rapporto di lavoro, a fondamento della sua conclusione vi è il consenso delle parti.
Illustrando, nel paragrafo precedente, le modalità costitutive del rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso, dal testo dell’art. 4 della legge n. 91/1981 emerge, tra le altre cose, la necessità di uniformare il contratto individuale all’accordo collettivo. Si vedrà, più avanti nella trattazione e in maniera più specifica, l’importanza e soprattutto il fondamentale ruolo svolto dall’accordo collettivo nel settore del calcio professionistico in merito a questo bisogno di conformità.
Ciò che preliminarmente occorre dire è che questo bisogno risiede nel fatto che il contratto di lavoro subordinato è un negozio tipicamente non paritario, il cui contenuto potrebbe risultare più facilmente espressione di volontà della parte contrattuale più forte e non, invece, di una volontà comune, emersa nell’ambito di una trattativa portata avanti tra pari.
L’esigenza di tutela della parte più debole fa sì, pertanto, che nel rapporto di lavoro subordinato il consenso delle parti finisca per avere ad oggetto non il
contenuto del contratto, ma la stipulazione dello stesso, alle condizioni determinate a livello collettivo, rispetto alle quali potrebbero essere previste soltanto clausole di trattamento di miglior favore per il lavoratore.135
Il richiamo al contratto tipo è espressione della libertà contrattuale che il legislatore ha lasciato alle parti. Esso costituisce il modello cui le parti devono attenersi nella stipulazione del contratto individuale ed è uno schema essenziale in cui le parti si obbligano ad osservare l’accordo collettivo e sono lasciate libere di contrattare gli altri aspetti del contratto.136
Mediante la predisposizione di un modello il legislatore ha voluto facilitare la stesura del contratto individuale, ma è bene precisare che l’indispensabile conformità del contenuto del contratto individuale al contratto tipo oltre, come si vedrà, alla previsione di clausole vietate o necessarie, lascia comunque un certo margine di autonomia contrattale alle parti, le quali possono comunque regolamentare molteplici aspetti del rapporto.
A riguardo, si parlerà più approfonditamente di quelli che vengono definiti “patti aggiunti”, stipulati tra calciatore e società volti ad integrare i rapporti instaurati tra le parti.
4.2 La causa
Il disposto dell’art. 1325 c.c., indica come secondo elemento essenziale del contratto, la causa.
Si tratta di un termine, però, che viene adoperato con più significati, e ciò accresce le difficoltà di un concetto tutt’altro che semplice, soprattutto per l’eterogeneità dei tipi contrattuali.
Le varie critiche e le numerose ed autorevoli dottrine che si sono espresse sull’argomento richiederebbero un’analisi molto più approfondita che esulerebbe dal tema della trattazione, dunque, ciò che qui interessa, è valutare quale sia la causa del contratto calcistico professionistico.
Per fare ciò, occorre preliminarmente fare riferimento ad una delle più apprezzate dottrine secondo la quale la causa non sarebbe altro che lo schema dell’operazione
135 M.T. SPADAFORA, op. cit., p. 129
136 X. XXXXXXXXXX, Diritto sportivo, Giappichelli editore, Torino 2009, p. 168
economico-giuridica che il negozio realizza immediatamente, rappresentando così la ragione giustificatrice del negozio, sia dal punto di vista dei soggetti che lo pongono in essere, sia dal punto di vista dell’ordinamento giuridico.137
Al fine di individuare la causa del contratto calcistico professionistico però, essendo esso caratterizzato da un rapporto di corrispettività, sembrerebbe trovare spazio l’affermazione di un’altra autorevole dottrina. Precisamente, quella del giurista Xxxxxxx Xxxxx, secondo il quale la causa sarebbe l’interesse del promittente e varierebbe a seconda del contratto considerato.
Dunque, data la natura sinallagmatica del contratto de quo, la causa altro non sarebbe che il reciproco sacrificio, ossia la controprestazione.
Nello specifico, assumeranno rilevanza le obbligazioni della parti, dunque, società e calciatore, riguardanti il trattamento retributivo, assicurativo e sanitario, da un lato, a fronte della prestazione agonistica e altri obblighi, dall’altro.
4.3 L’oggetto
L’oggetto del contratto calcistico professionistico consiste nella prestazione del calciatore, a fronte del corrispettivo da parte della società.
Per quanto riguarda la prestazione del calciatore, l’articolo 10 dell’Accordo Collettivo tra F.I.G.C., L.N.P. e A.I.C. dispone che “il calciatore deve adempiere la propria prestazione sportiva nell’ambito dell’organizzazione predisposta dalla società e con l’osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici”.
Questa norma è dettata nel rispetto e in linea con l’art. 4, comma 4, legge n. 91/1981 ove, appunto, con riferimento allo sportivo professionista in generale, è previsto tale obbligo.138
Queste disposizioni attestano il vincolo di subordinazione tra il calciatore e la società, che trova espressione negli obblighi che la legge pone a carico del lavoratore, ex artt. 2104 e 2105 c.c., in materia di lavoro subordinato, e cioè,
137 X. XXXXXXXXX, Istituzioni di Diritto Privato, XVII Edizione, Milano, Xxxxxxx editore, p. 190.
138 Art. 4, comma 4, l. 91/1981: “Nel contratto individuale dovrà essere prevista la clausola contenente l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici”
l’obbligo di diligenza e l’obbligo di fedeltà, che a sua volta si differenzia nell’obbligo di non concorrenza e nell’obbligo del segreto d’ufficio.139
Sempre ai sensi della nota legge n. 91/1981, tali obblighi si applicano anche al lavoratore sportivo professionista che sia parte di un contratto di lavoro subordinato, dunque, anche al calciatore professionista, come viene confermato dall’articolo 10 dell’Accordo Collettivo sopra citato, il quale, oltre a quanto già richiamato, dispone che “Il calciatore è tenuto ad osservare strettamente il dovere di fedeltà nei confronti della società”, con evidente richiamo all’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c.140
È importante segnalare come l’articolo 4 della legge sul professionismo sportivo preveda alcune clausole che non possono essere pattuite tra le parti, ed altre che potrebbero essere inserite nel contratto.
In particolare, il comma 5, dell’articolo appena citato, prevede che possa essere pattuita la clausola compromissoria, mediante la quale tutte le eventuali controversie che dovessero insorgere tra le parti vengono deferite al giudizio di un collegio arbitrale.
Tuttavia, tale discrezionalità non si riscontra nel contratto calcistico professionistico, poiché l’Accordo Collettivo al quale il contratto deve uniformarsi, prevede sempre tale clausola, diventando quindi un obbligo per le parti.
Le clausole che invece non possono essere inserite nel contratto, né al momento della stipulazione, né durante lo svolgimento del rapporto, sono quelle di non concorrenza o comunque limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione per qualsiasi causa del contratto. La ratio di questa disposizione è quella di garantire massimamente la possibilità di impiego del lavoratore al termine dell’ingaggio, in considerazione del fatto che la vita
139 Specificamente l’art. 2104 c.c. dispone che: “Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende”.
Art. 2105 c.c. dispone che: “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.
140 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, Lezioni di Diritto Sportivo, Terza Edizione, Xxxxxxx editore, p. 146
lavorativa dello sportivo, si esaurisce in un ridotto periodo di tempo e, d’altra parte, periodi di inattività lavorativa si traducono in una diminuzione del valore economico dell’atleta, poiché incidono sul piano dell’efficienza fisica e dell’interesse da parte delle società sportive e degli sponsor.141
Affermato che l’oggetto del contratto che si sta esaminando è rappresentato dalla prestazione alla base del rapporto, e dopo aver semplicemente accennato alcune regole circa le clausole che calciatore e società possono, o meno, pattuire, si approfondirà nei capitoli successivi l’ampiezza di questa prestazione, dato che nella prassi dei rapporti calcistici questa non si esaurisce di certo con la disputa di una partita cui la società di appartenenza partecipa.
4.4 La forma
Secondo la disciplina civilistica, in via generale, per “forma” si intende la modalità di espressione della volontà individuale. Per quanto riguarda, nello specifico, il contratto, il codice civile annovera la forma tra i requisiti del contratto soltanto nell’ipotesi in cui essa sia richiesta dalla legge “a pena di nullità”.
Per analizzare la forma che il contratto stipulato dal calciatore professionista deve avere ai fini della sua validità occorre, ancora una volta, partire dal più volte citato art. 4, comma 1, legge n. 91/1981 secondo il quale: “Il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni, dalla Federazione Sportiva Nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate”. Il secondo comma aggiunge poi che: “la società ha l’obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l’approvazione”.
In ottemperanza a queste disposizioni, che dettano come requisiti di validità del contratto di lavoro dello sportivo professionistico, la forma scritta, la conformità al contratto tipo predisposto dalle federazioni e dai rappresentanti legale cui appartengono le parti del rapporto contrattuale, il deposito del contratto individuale presso la competente federazione sportiva, nonché l’approvazione da
141 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 148.
parte di quest’ultima, gli articoli 2 e 3 dell’Accordo Collettivo142 prevedono che il contratto individuale di lavoro tra il calciatore professionista e la società sportiva debba essere redatto in forma scritta e depositato presso la Lega competente per la approvazione.
Il requisito formale della conformità al contratto tipo predisposto dalle federazioni e dai rappresentanti legali cui appartengono le parti del rapporto contrattuale, così come le modalità di deposito e di approvazione verranno trattate in paragrafi ad essi appositamente dedicati
Per quanto riguarda la forma scritta, l’Accordo Collettivo prevede in particolare che il contratto, a pena di nullità, dovrà essere redatto in forma scritta sull’apposito modulo federale conforme al contratto tipo, allegato all’Accordo stesso, e sottoscritto dal calciatore professionista e da un rappresentante legale della società munito dei necessari poteri di rappresentanza.
L’esistenza di un contratto-tipo a cui conformare il contenuto del contratto individuale, nonché la necessità di consentire un controllo sull’osservanza di tale obbligo e sul rispetto delle norme di legge che escludono o impongono la presenza di determinate clausole contrattuali, non potevano che sfociare nell’imposizione della forma scritta ad substantiam.143
Nell’imporre ciò, per il contratto stipulato dal calciatore professionista, si prefigura un onere che non si riscontra per l’ordinario contratto di lavoro, rispetto al quale opera, come noto, il principio generale civilistico della libertà delle forme.144
Sembra da doversi condividere la tesi che individua la ragione di questa deviazione, oltre che nella tutela del lavoratore, anche nell’esigenza di agevolare il controllo delle Federazioni sull’operato delle singole società e per garantire maggiore certezza e celerità nella risoluzione di possibili controversie tra atleti e sodalizi sportivi con effetti sicuramente positivi sull’andamento dell’attività
142 Il riferimento è a tutti e tre gli Accordi Collettivi, quindi stipulati tra A.I.C., F.I.G.C. e, rispettivamente, Lega Nazionale Professionisti Serie A, Lega Nazionale Professionisti Serie B e Lega Pro.
143 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 170
144 La forma scritta ad substantiam infatti, è richiesta solamente per il patto di prova ai sensi dell’art. 2096 c.c., per il contratto a termine secondo quanto previsto dall’art. 1, comma secondo del D. Lgs. 368/2001, per il contratto di somministrazione ex art. 21 del D.Lgs. 276/2003, per il contratto di formazione e lavoro regolamentato dalla legge n. 451/1994 e per quello di arruolamento marittimo che la prevede nell’art. 328 del codice navale
agonistica, cadenzata nella maggior parte dei casi su impegni ripetuti e ravvicinati nel tempo.145
Uno degli aspetti più dibattuti in dottrina riguarda il caso del contratto di lavoro sportivo che, nonostante l’obbligo imposto dal legislatore, difetti di tale requisito essenziale.
La previsione della forma scritta ad substantiam a pena di nullità, comporta che l’omissione della stessa dia luogo ad un contratto stipulato tra calciatore professionista e società che debba ritenersi nullo. Secondo l’opinione del tutto prevalente la mancanza della forma scritta rende applicabile la disciplina prevista dall’art. 2126 c.c., escludendo pertanto, che la nullità operi per il periodo in cui il contratto ha avuto concreta esecuzione.146
Qualora un calciatore professionista sottoscrivesse un contratto nullo, si vedrebbe mantenuto immutato il suo diritto al ricevimento della remunerazione fino a quando non venisse accertata l’invalidità del contratto. Infatti, l’art. 2126 c.c. dispone una deroga al principio dell’efficacia ex tunc, in quanto prevede che l’invalidità dichiarata abbia, invece, efficacia ex nunc.
È chiara in questo caso l’intenzione del legislatore di favorire doppiamente il datore di lavoro, nel nostro caso la società sportiva che, in difetto della disposizione dell’art. 2126 c.c. sarebbe giovato sia per aver usufruito della prestazione del calciatore professionista, sia dal riconoscimento in giudizio della possibilità di non remunerarlo sulla base dell’invalidità del contratto inter partes. A confermare il fatto che la forma scritta ad substantiam rappresenta un elemento di tutela non solo per il calciatore, ma anche una forma di controllo per garantire il regolare svolgimento dell’attività agonistica si ritiene utile richiamare un’importante sentenza della Corte di Cassazione che viene spesso menzionata a tal riguardo dalla dottrina. Si tratta della sentenza n. 11462, pronunciata il 12 ottobre del 1999. La vicenda vedeva opposti alcuni calciatori professionisti che
000 X. XXXXXX, X. XXXXX, Il Diritto Sportivo, Quarta Edizione, Cedam Editore, 2015, p. 233.
146 L’articolo 2126 c.c., rubricato “Prestazione di fatto con violazione alla legge” recita: “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa.
Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione”.
avevano militavano nell’Associazione Calcio Perugia durante la stagione sportiva 1992/1993 e la società stessa.
I calciatori e l’Associazione Calcio Perugia avevano pattuito, con scrittura privata non depositata in Lega, e dell’importanza del deposito si avrà modo di parlarne, un premio pari a lire 1.400.000 da suddividere tra tutti i calciatori, nel caso in cui la squadra avesse acquisito per meriti sportivi il diritto di partecipare nella stagione successiva al campionato di serie superiore (Serie B). La condizione si avverò, senonché, a seguito di illecito disciplinare del suo presidente, la squadra è stata esclusa dal campionato di Serie B, con decisione della commissione disciplinare della Serie C emessa il 30 giugno 1993 e confermata in appello. I calciatori chiesero ugualmente il pagamento del premio ma che vedevano opporsi l’Associazione Calcio Perugia, e per questo ricorsero all’autorità giudiziaria.
La Corte di Cassazione, riformando completamente le pronunce dei gradi precedenti che avevano dato ragione ai calciatori, rigettò la domanda di questi ultimi osservando che oltre alla forma scritta ad substantiam del contratto, per la costituzione del rapporto di lavoro sportivo era necessaria anche l’approvazione di detto contratto da parte della F.I.G.C. quale condicio iuris per la sua efficacia e validità, previo consenso della Lega Calcio.147
Le disposizioni che si riferiscono alla durata massima del contratto calcistico professionistico sono rintracciabili sia all’interno della legge n. 91/1981, sia tra le N.O.I.F.
Da un lato, l’articolo 5 della legge sul professionismo sportivo dispone che il contratto di cui si parla può contenere l’apposizione di un termine risolutivo della durata massima non superiore a cinque anni, e ammette la successioni di più contratti a termine tra gli stessi soggetti, escludendo così l’applicabilità della legge
n. 230/1962 sul contratto di lavoro a termine.148
147 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 173.
148 La legge richiamata è stata abrogata dal d. lgs. 368/2001, in base al quale comunque l’apposizione di un termine non è lasciata alla libera determinazione delle parti, ma deve trovare giustificazione in ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Lo stesso decreto legislativo prevede poi che in caso di prosecuzione del rapporto oltre determinati
In questo modo il legislatore ha lasciato alle parti la possibilità di inserire nel contratto di lavoro sportivo un termine di scadenza finale, con possibile successione di più contratti a termine tra le stesse parti, senza che ciò possa considerarsi come un’eccezione alle regole di indeterminatezza del rapporto, dato che non sussiste per il lavoro sportivo.
Dall’altro lato, le N.O.I.F., all’articolo 28, dedicato ai calciatori professionisti, stabiliscono che il contratto tra calciatore e la società non possa avere una durata complessiva superiore alle cinque stagioni sportive per il calciatore maggiorenne, e non superiore alle tre stagioni per il calciatore minorenne.
Nel caso in cui venisse posto in essere un contratto di durata superiore a quella descritta, questa verrebbe ridotta ex lege ai termini previsti dall’ordinamento sportivo.
Ad una prima impressione il termine massimo previsto può essere considerato sproporzionato se si tiene conto della durata complessiva della carriera di un calciatore, tuttavia, in realtà, si tratta di un problema soltanto teorico, in ragione, da un lato, della convenienza di una società di calcio a non vincolarsi per lungo termine nei riguardi di calciatori professionisti che potrebbero deludere le loro aspettative a causa di demeriti o infortuni, e dall’altro lato della convenienza dei calciatori stessi a stipulare contratti non di lunga durata per la convinzione di migliorare le proprie prestazioni, con la conseguente possibilità di ricevere da nuovi club offerte di trattamenti economici più vantaggiosi.149
Sulla base di queste considerazioni si avrà modo di notare come sono cambiate le trattative tra calciatore professionista e società al momento della stipulazione del contratto e, soprattutto, quali escamotage sono sorti per poter soddisfare, almeno apparentemente, in pari modo, entrambe le parti.150
limiti temporali successivi alla scadenza del termine inizialmente fissato o prorogato, il contratto si consideri a tempo indeterminato, così come a tempo indeterminato viene considerato il rapporto nel caso di riassunzione a termine prima di un certo periodo successivo alla scadenza del precedente contratto o in caso di due assunzioni a termine successive senza soluzione di continuità
149 X. XXXXXXX, Il rapporto di lavoro nel mondo dello sport, Jovene Editore, Napoli, p.33
150 Recentemente il CIES – Football Observatory, famoso istituto di statistica, ha effettuato un’analisi sulla durata media dei contratti dei calciatori appartenenti ai cinque migliori campionati europei, cercando un nesso tra la durata degli accordi e i successi raggiunti dalla società. Barcellona e Real Madrid sono in testa alla classifica per durata media contrattuale maggiore dei giocatori della prima squadra, con una media intorno ai 3,23 anni rimanenti. Tra i
Inoltre, è bene chiarire che non tutte le società adottano policy simili in materia di stipulazione dei contratti. Ci sono club che preferiscono accordi più brevi, altri invece più orientati a legare i propri calciatori ad un progetto più lungo
Il contratto sottoscritto dal calciatore cesserà di avere efficacia tra le parti nel momento in cui sarà scaduto il termine finale dedotto all’interno di esso, o quello previsto dalla legge, però, sia la legge n. 91/1981 sia la normativa federale, prevedono la possibilità per il calciatore e le società di rinnovare il contratto che sia in pendenza, oppure quando sia scaduto.
In particolare, in ottemperanza all’art. 5 della legge sul professionismo sportivo il quale dispone l’ammissibilità della successione del contratto a termine tra gli stessi soggetti, la normativa federale riconosce che, in pendenza del contratto, e in ogni momento della stagione sportiva, il calciatore possa rinnovare il contratto stesso, sempre nel rispetto dei termini massimi di durata di tre o di cinque anni, dando luogo a quello che viene definito “rinnovo” o “prolungamento” del contratto del calciatore.
6. Profili d’invalidità: nullità e annullabilità
Dopo aver illustrato gli elementi essenziali e la durata del contratto calcistico professionistico è opportuno occuparsi anche dei profili di invalidità di esso, in quanto può essere viziato sia da ipotesi di nullità sia da ipotesi di annullabilità.
Quello che può accadere è che il contratto stipulato tra il calciatore professionista e la società difetti di uno o più requisiti necessari a garantirne la validità. Potrebbe mancare uno degli elementi essenziali voluti dalla legge, determinando così un’ipotesi di nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c. 151 , oppure che la volontà sia condizionata da fattori esterni che ne alterino la formazione ossia che essa risulti
club italiani, è l’A.S. Roma ad occupare il primo posto con una media di circa 2,95 anni rimanenti.
151 L’art. 1418 c.c. dispone che: “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente (comma 1). Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346. (comma 2). Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge (comma 3)”.
viziata da dolo, violenza morale o errore, determinando un’ipotesi di annullabilità del contratto152 ai sensi dell’art. 1425 c.c.153
In primo luogo, il contratto calcistico professionistico può essere annullato per violenza da intendere in senso civilistico, come male ingiusto prospettato per costringere il soggetto alla conclusione del contratto, ai sensi degli artt. 1434-1437 c.c.
In secondo luogo, nel caso in cui il calciatore sia stato indotto a stipulare il contratto con la società, condizionandolo con inganni e raggiri, il contratto de quo può essere annullato per dolo ai sensi degli artt. 1439-1440 c.c.
Infine questo contratto può essere annullato per errore. Su questo tipo di annullamento occorre fare alcune precisazioni. Prima di tutto occorre ricordare che ai sensi del Codice civile, l’errore, per poter portare all’annullamento del contratto, deve essere rilevante, ossia essenziale e riconoscibile dall’altro contraente. È riconoscibile dall’altro quando una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo, come disposto dall’art. 1431 c.c.
Sempre la disciplina civilistica in materia di errore, all’art. 1429 c.c. prevede che: “L’errore è essenziale: 1) quando cade sulla natura o sull’oggetto del contratto;
2) quando cade sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso; 3) quando cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una le altre siano state determinanti del consenso; 4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stata la ragione unica o principale del contratto”.154
Si è voluto riportare l’intero testo dell’articolo 1429, anche se l’ipotesi più rilevante è quella prevista dal n. 3, circa le qualità personali dell’altro contraente, dato che le capacità professionali del lavoratore rappresentano senza dubbio un elemento decisivo affinché si possa concludere positivamente il contratto. Tuttavia, riferendoci precisamente al contratto in esame e, dunque in particolar
152 M.T. SPADAFORA, op. cit., p. 134
153 L’art. 1425 c.c. dispone che: “Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrarre (comma 1). È parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 428, il contratto stipulato da persona incapace di intendere e di volere.
154 Si ritiene opportuno precisare che l’essenzialità descrive l’importanza oggettiva dell’errore, cioè il suo rilievo giuridico. Essa non va confusa con il carattere determinante dell’errore, con il quale si indica il fatto che esso influenza in modo decisivo la volontà della parte.
modo al calciatore professionista, le sue qualità personali e professionali hanno modo di palesarsi soltanto attraverso l’esecuzione delle prestazioni, che tra l’altro avvengono dopo la stipulazione del contratto e quindi durante la stagione sportiva, così che difficilmente la loro mancanza, verificata in concreto, potrà essere dedotta come motivo di annullamento del contratto per errore, ma piuttosto si tradurrà in una causa di recesso del rapporto.
Venendo ora alle ipotesi di nullità che possono affliggere il contratto stipulato tra calciatore professionista e società sportiva, esse ricorrono certamente quando viene a mancare uno degli elementi essenziali del contratto, ma anche quando il contratto in questione risulti contrario a norme imperative, salvo però il caso in cui tale contrarietà riguardi singole clausole suscettibili di essere sostituite di diritto da norme imperative, ai sensi degli artt. 1339 c.c. e 1419, comma 2 c.c.155, nonché per illiceità della causa, cioè quando la prestazione calcistica persegue uno scopo illecito, o ancora, ove venga posto all’interno del contratto una condizione sospensiva o risolutiva contraria a norme imperative, oppure a causa dell’illiceità, dell’impossibilità, indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto.156
In relazione al fatto che la mancanza di uno dei requisiti richiesti dall’art. 1325
c.c. integri un’ipotesi di nullità, con particolare riferimento alla mancanza della forma scritta occorre precisare alcune cose.
Nel paragrafo dedicato alla forma scritta si è avuto modo di sottolineare come essa, nel contratto tra calciatore professionista e società, venga richiesta a pena di nullità.
Tuttavia, è dibattuto in dottrina se, oltre alla forma scritta, l’inciso “a pena di nullità” disposto dall’art. 4 della legge n. 91/1981 debba ritenersi riferito anche agli altri requisiti formali del contratto de quo, quindi, conformità del contratto individuale al contratto-tipo, deposito e approvazione federale.
Il dubbio sorge soprattutto sulla collocazione dell’inciso nel testo dell’art. 4.
155 L’art. 1339 c.c., dispone che: “Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge o da norme corporative sono di diritto inserite nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti”.
L’art. 1419, comma 2 c.c., dispone che: “La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.
156 L.D. XXXXXXXXX, La risoluzione unilaterale del contratto dei calciatori professionisti, Tesi di Laurea, Università degli studi di Milano, p. 107
La sua posizione subito dopo la previsione del contratto in forma scritta, orienta la parte minoritaria della dottrina a ritenere che il legislatore abbia inteso sanzionare con la nullità soltanto la mancanza di forma scritta, e non gli altri requisiti formali.157
Secondo un orientamento, accreditato sia in dottrina che in giurisprudenza, sulla base del fatto che il contratto calcistico si presenta come fattispecie formale complessa a formazione progressiva, la sanzione della nullità consegue ogni qual volta l’iter formativo della fattispecie contrattuale non trova compiuta realizzazione. Dunque, anche quando non si riscontri la conformità sostanziale del contratto individuale a quello tipo.
Come viene anche affermato dalla giurisprudenza di legittimità 158 risulta preferibile l’opinione, secondo cui la previsione della sanzione di nullità vada riferita anche agli altri requisiti e non soltanto alla forma scritta.
In accordo con tale orientamento, una dottrina, è dell’avviso che la nullità vada riferita alla mancata conformità del contratto individuale al contratto-tipo, almeno nella più limitata forma della nullità parziale. Infatti, viene richiamato il rimedio della sostituzione automatica delle clausole nulle previsto ai sensi dell’art. 1419, comma 2, c.c., dall’art. 4 legge n. 91/1981, il quale, a sua volta, prevede la sostituzione di diritto delle clausole inserite nel contratto individuale, che dettino una disciplina peggiorativa rispetto alla disciplina del contratto tipo.
Il terzo comma dell’art. 4, non specifica se il contenuto peggiorativo vada riferito a entrambe le parti ovvero soltanto per quella più debole.159 Nel silenzio della legge, appare preferibile ritenere che la nullità parziale, con conseguente sostituzione di diritto delle clausole invalide, operi soltanto nell’ipotesi in cui esse prevedano una disciplina in peius nei riguardi del calciatore, e non anche la
157 In questo senso X. XXXXXX, Il rapporto di lavoro sportivo: professionisti e falsi dilettanti, in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx, p. 7.
158 v. tra le altre, Cass. Civ., 4 marzo 1999, n. 1855 e Cass. Civ., 23 febbraio 2004, n.3545
159 In proposito l’art. 2077 c.c. dispone che: “I contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo (comma 1). Le clausole difformi dei contratti individuali preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro (comma 2)”.
società, e, d’altra parte, che sia consentita la pattuizione di clausole migliorative, in favore del lavoratore stesso.160
Per completare il discorso sui profili d’invalidità che caratterizzano il contratto stipulato tra il calciatore professionista e la società sportiva, pare opportuno evidenziare gli effetti derivanti dalla sua nullità e dal suo annullamento.
Prima di tutto, è utile avere come riferimento la disciplina civilistica in materia di nullità e annullabilità dei contratti, secondo la quale il contratto viziato da nullità è privo di effetti come se non fosse mai stato stipulato, in quanto affetto da vizi di particolare gravità, mentre di minore gravità sono i vizi che affliggono il contratto annullabile, e proprio per questo esso produce tutti gli effetti di un contratto valido fino a quando non viene fatta valere con successo un’azione di annullamento, la quale conduce alla cessazione degli effetti del contratto per il futuro e vengono rimossi quelli fino a quel momento prodotti.
Dunque, se generalmente nel nostro ordinamento, sia nelle ipotesi di nullità sia in quelle di annullamento, gli effetti cui era diretto un contratto cessano ex tunc, cioè retroattivamente sin dal momento della sua stipulazione, abbiamo già avuto modo di sottolineare come l’art. 2126 c.c., preveda una deroga particolare in riferimento proprio al contratto di lavoro.
Come già detto, con tale disposizione e contestualizzando il discorso, il legislatore ha voluto evitare che la società sportiva sia doppiamente avvantaggiata. Tale norma prevede, infatti, che la dichiarata invalidità del contratto di lavoro abbia efficacia ex nunc, facendo salve le prestazioni già eseguite.
Si passa ora a parlare dei profili obbligatori che caratterizzano il contratto stipulato tra il calciatore professionista e la società. In particolare verranno esaminati i diritti e i doveri derivanti dal rapporto di corrispettività che corre tra le parti a seguito della stipulazione.
160 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 154
Gli obblighi che sorgono in capo alla società sportiva, nei confronti del calciatore professionista, possono essere distinti in base alla loro natura economica oppure normativa.
Volendo analizzare in primo luogo gli obblighi appartenenti al primo tipo, il riferimento è al tema del trattamento retributivo.
Il contratto calcistico professionistico, come detto, ha natura sinallagmatica, ed è conseguenza di ciò che la società, a fronte della prestazione offerta dal calciatore, debba corrispondere la retribuzione pattuita.
La retribuzione rappresenta la principale obbligazione della società nei confronti del calciatore legato ad essa da un regolare contratto, sia perché volta a remunerare l’attività che il calciatore svolge, sia perché essa costituisce il mezzo attraverso il quale l’individuo provvede a soddisfare i bisogni di vita propri e della propria famiglia.
Quello cui si sta facendo riferimento, altro non è che il compenso convenuto tra il calciatore e la società e che deve essere indicato, a pena di nullità, nel contratto e/o nel modulo “altre scritture” allegato al medesimo.
Nel pattuire tale compenso, devono essere rispettati i principi indicati dall’art. 36 della Costituzione, ai sensi del quale devono essere assicurate proporzionalità e sufficienza della retribuzione rispetto alle esigenze di vita del lavoratore: il requisito della proporzionalità deve tener conto del lavoro prestato e dell’impegno profuso in relazione alla durata della prestazione, nonché della qualità delle mansioni svolte e della responsabilità che ne consegue; il requisito della sufficienza si riferisce invece alla previsione di una misura minima di retribuzione che garantisca non soltanto al lavoratore, ma anche alla sua famiglia, un’esistenza dignitosa e libera dal bisogno.
I principi costituzionali trovano applicazione anche nei confronti del lavoro sportivo soprattutto rispetto a calciatori che non percepiscono un compenso stratosferico e per i quali è dunque necessario assicurare dei livelli salari minimi. Le tabelle che riportano i minimi federali previsti nel calcio professionistico riportano, infatti, cifre ben lontane da quelle dei principali top player come Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxx e Xxxxxx.
Attraverso un sistema che risulta essere diverso da quello dei comuni lavoratori subordinati, la determinazione della retribuzione per il calciatore professionista è affidata agli accordi collettivi.
Ai sensi della disciplina dettata in materia di diritto del lavoro, con riferimento ai comuni lavoratori subordinati, è prevista una retribuzione con una struttura complessa.
Comprende, da un lato, la retribuzione minima fissata in relazione alla qualifica e all’unità di misura della prestazione di lavoro, chiamata “retribuzione base” e, dall’altro lato, le “maggiorazioni”, per il lavoro notturno, straordinario e festivo, e gli “elementi accessori” come, ad esempio, la tredicesima e i premi di produzione. Prendendo in considerazione i calciatori professionisti del principale campionato italiano, la Serie A, l’Accordo Collettivo tra F.I.G.C., A.I.C. e L.N.P.A, agli artt. 4 e 5, prevede un sistema di determinazione della retribuzione, il cui importo è ragguagliato ad ogni stagione sportiva, ed è costituito da un compenso annuo lordo che assorbe ogni altro emolumento, indennità o assegno cui l’atleta potrebbe aver diritto a titolo di permessi, trasferte, gare notturne, ritiri o altro.161
161 Articolo 4, Accordo Collettivo F.I.G.C.-A.I.C.-L.N.P.A: “La retribuzione del calciatore può essere fissa o composta di una parte fissa e di una variabile. In quest’ultimo caso, la parte variabile può essere legata a risultati sportivi, individuali del calciatore o collettivi della squadra e anche a obiettivi non sportivi individuali del calciatore, come meglio riterranno di individuarli le parti di comune accordo, e secondo le seguenti regole.
Ove pattuita, la parte variabile: (i) non potrà eccedere, per ogni stagione sportiva di durata del contratto, separatamente considerata, il 100% di quella fissa annua, qualora quest’ultima sia concordata fino all’importo di € 400.000,00 lordi; (ii) non avrà limitazione alcuna, per ogni stagione sportiva di durata del contratto, separatamente considerata, qualora la parte fissa annua sia concordata in un importo superiore ad € 400.00,00 lordi; (iii) non avrà alcuna, nel caso di stipula di primo contratto da professionista. (comma 1)
La retribuzione deve essere espressa al lordo. Nel contratto pluriennale la retribuzione dovrà essere indicata per ciascuna stagione sportiva. (comma 2)
La quota lorda spettante quale partecipazione alle eventuali iniziative promo-pubblicitarie della società può essere o meno conglobata nella parte fissa della retribuzione. La relativa pattuizione deve essere indicata nel Contratto e/o nelle Altre Scritture. (comma 3)
Società e calciatori possono altresì stipulare apposite intese aventi ad oggetto i cosiddetti Premi Collettivi, cioè premi legati al conseguimenti di risultati sportivi, di squadra, analogamente a quanto previsto all’articolo 4.1 che precede. La pattuizione deve essere stipulata tra un rappresentante della società munito dei necessari poteri e i calciatori tesserati, ovvero, da almeno tre di loro muniti di procura rilasciata dagli altri in forma scritta, che conferisca ai rappresentanti il potere di negoziare e pattuire i risultati che generano l’erogazione del Premio Collettivo, il suo ammontare complessivo ed i criteri di assegnazione delle quote tra i singoli aventi diritto, ovvero la volontà dei calciatori aventi diritto di procedere alla suddivisione delle quote con criteri concordati direttamente tra loro. La società è estranea a eventuali controversie relative all’effettiva e corretta applicazione dei criteri di formazione e di assegnazione delle quote di Premio Collettivo. Le intese oggetto del presente articolo vanno depositate, unitamente all’eventuale procura, presso la LNP-A a cura della
Come disposto dall’art. 4, comma 1, dell’Accordo Collettivo, la retribuzione del calciatore professionista può essere fissa o composta di una parte fissa e di una variabile. Quest’ultima può comprendere eventuali bonus collettivi o individuali, aventi natura retributiva, in relazione al rendimento della squadra o del singolo, che vengono pattuiti in sede di trattative.
Il comma 4 precisa che società e calciatori possono altresì stipulare apposite intese aventi ad oggetto Premi Collettivi, cioè premi legati al conseguimento di risultati di squadra, ma anche che tale pattuizione debba essere stipulata nel rispetto di alcune regole.
Innanzitutto che tale pattuizione deve avvenire tra un rappresentante della società munito dei necessari poteri e i calciatori tesserati, ovvero, da almeno tre di loro muniti di procura rilasciata dagli altri in forma scritta, e che tale procura deve conferire il potere il potere di negoziare e pattuire i risultati che generano l’erogazione del Premio Collettivo, il suo ammontare complessivo ed i criteri di assegnazione delle quote tra i singoli o la volontà dei calciatori di procedere alla suddivisione delle quote, secondo parametri da essi stessi prestabiliti.
Il comma 3, stabilisce che possono fare parte della retribuzione anche le quote di partecipazione alle eventuali iniziative promo-pubblicitarie della società.
È in tema di queste iniziativa che vediamo emergere la doppia configurazione del calciatore professionista che agisce nelle veste non di prestatore di lavoro subordinato, ma di imprenditore per ciò che attiene allo sfruttamento commerciale della propria immagine al di fuori della trasmissione della gara. Gli eventuali importi percepiti, in tal senso, da quest’ultimi, sono da escludersi dalla retribuzione.
società entro 20 giorni dalla chiusura del periodo dei trasferimenti di gennaio. La LNP-A, trasmetterà copia delle stesse alla Federazione. Sono consentiti, per ciascuna competizione agonistica, più Premi Collettivi per obiettivi specifici. I Premi Collettivi nell’ambito della stessa competizione non sono cumulabili. (comma 4)
In caso di accordi aventi ad oggetto la licenza dei diritti di immagine per prestazioni di carattere promopubblicitario o di testimonial tra società e calciatori si terrà conto delle previsioni della Convenzione sulla Pubblicità. (comma 5)
La retribuzione può essere convenuta in misura diversa a seconda del Campionato e/o della competizione internazionale cui la società partecipa o parteciperà e non può in ogni caso essere inferiore al minimo di cui infra sub 4.7. (comma 6)
Il trattamento economico del rapporto è determinato nelle tabelle allegate al presente Accordo, che potranno essere modificate d’intesa tra le parti contraenti. (comma 7)”
Tuttavia il comma 5, testualmente afferma che: “In caso di accordi aventi ad oggetto la licenza dei diritti di immagine per prestazioni di carattere promopubblicitario o di testimonial tra società e calciatori si terrà conto delle previsioni della Convenzione sulla Pubblicità”.
Nel calcio moderno, in virtù dell’immensa attività pubblicitaria che permette di generare notevoli profitti a favore delle imprese che con accordi commerciali si legano ai singoli calciatori, succede che questi affidino la licenza esclusiva ad utilizzare l’immagine alla società sportiva, rinunciando alla possibilità di generare introiti extra, lasciandone la gestione e gli eventuali ricavi alla stessa, in cambio di ingaggi lordi leggermente più alti.
Il settimo, e ultimo, comma dell’art. 4, dispone che il trattamento economico minimo è determinato nelle tabelle allegate all’Accordo Collettivo e di seguito riportate, sia per quanto riguarda i calciatori di Serie A, Serie B e LegaPro.
Figura 1 - Si riportano le tabelle dei minimi allegate ai rispettivi Accordi Collettivi (Serie A, Serie B e LegaPro) riferiti alla stagione sportiva 2018/2019.
L’articolo 5 dell’Accordo Collettivo si occupa, invece, delle modalità di corresponsione.
È previsto che l’importo fisso della retribuzione debba essere corrisposto entro il ventesimo giorno del mese solare successivo in rate mensili posticipate di uguale importo, insuscettibili di riduzione o sospensione unilaterale, salvo specifiche disposizioni contrattuali in tal senso. Inoltre, che in caso di ritardo l’atleta abbia diritto al pagamento degli interessi legali.
Oltre al trattamento retributivo, le società che stipulano un contratto di lavoro con un calciatore professionista, devono ritenersi obbligate anche in tema di tutela sanitaria.
Sempre di più il legislatore ha rivolto particolare attenzione alla tutela delle condizioni di lavoro del lavoratore sportivo, posta la pericolosità che connota, seppur in modo più o meno intenso, ogni attività sportiva. Le società sportive devono rispettare non soltanto il dovere di sicurezza imposto a qualunque datore di lavoro previsto dall’art. 32 della Costituzione e dall’art. 2087 c.c.162, ma anche tutta una serie di obblighi specifichi in materia di certificazione dell’idoneità sportiva a livello agonistico, di controlli sanitari periodici e di redazione ed aggiornamento di specifiche schede sanitarie.163
Questi obblighi, soprattutto nel calcio, sono giustificati dall’esigenza di prevenire gli eventuali danni conseguenti dagli sforzi fisici di notevole intensità e scontri di gioco frequenti dovuti all’agonismo che è la base di questo sport.
A conferma di questo, infatti, in giurisprudenza si è stabilito: “Ogni disciplina sportiva che, come il calcio, rende frequente lo scontro fisico tra contendenti e che per il suo accentuato agonismo porta non di rado alla consumazione di falli di gioco improntati a condotte violente, giustifica una ampia operatività nel settore in oggetto dell’art. 2087 c.c., dovendosi le cautele a tutela della salute cui è tenuto il datore di lavoro parametrare sulla specifica pericolosità dell’attività svolta dello sportivo professionista, che deve essere controllato e seguito a livello medico con
162 Art. 2087 c.c.: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
163 X. XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., pp. 154 e 155.
continuità ed anche nel momento in cui, in sede di sedute di allenamento e di ritiro precampionato, svolge la propria attività, avendo la realtà fattuale mostrato come interventi solleciti siano serviti ad impedire la consumazione di eventi lesivi di particolare gravità ed, in qualche occasione, ad evitare finanche la morte dell’atleta”.164
Dunque, sono due gli aspetti che riguardano la tutela della salute del calciatore: il primo riguarda i vari controlli medici cui lo stesso è tenuto a sottoporsi, mentre il secondo attiene all’ipotesi di infortunio e malattia.
Per quanto concerne il primo aspetto, l’art. 9, comma 2 dell’Accordo Collettivo dispone che società e calciatori sono tenuti alla stretta osservanza delle disposizioni di legge, del C.O.N.I. e della F.I.G.C. in materia di tutela della salute e di lotta al doping. In ottemperanza e analogamente all’art. 7 della legge sul professionismo sportivo, l’articolo 9 prosegue stabilendo che il calciatore deve sottoporsi ai prelievi e controlli medici, anche periodici e/o preventivi, ivi compresi i prelievi e i controlli sangue-urina, predisposti dalla società, dal
C.O.N.I. e dalla F.I.G.C., previo decreto del Ministero della Sanità.
In ciascuna società sportiva è presente la figura del medico sociale, che svolge un ruolo fondamentale in tema di salute poiché oltre ad essere il diretto responsabile dell’adempimento degli obblighi di tenuta ed aggiornamento della scheda sanitaria del singolo calciatore, può disporre l’effettuazione di controlli medici ulteriori rispetto a quelli necessari per la predisposizione della scheda sanitaria, qualora lo ritenga opportuno per assicurare la più ampia tutela della salute del calciatore.165
Il secondo aspetto riguarda invece l’ipotesi di malattia e infortunio, la cura delle quali spetta sempre al medico sociale della società sportiva che, come previsto
164 Cass. Sez. lav., 8 gennaio 2003, n. 85 Mass. Giur. Lav., 2003, p. 232; in Resp. Civ. e prev., 2003, p. 765; in Nuovo dir., 2003, p. 185
165 cfr. DM 15 marzo 1995 stabilisce che l’esercizio dell’attività fisica sportiva professionistica è subordinata al possesso del certificato di idoneità, che accompagna l’atleta per l’intera durata della sua attività sportiva; che il medico sociale, “responsabile sanitario della società sportiva professionistica”, è tenuto alla effettuazione periodica dei controlli e degli accertamenti clinici previsti e ad ogni altro ulteriore accertamento che egli ritenga opportuno, oltre che “alla verifica costante dello stato di salute dell’atleta e dell’esistenza di eventuali controindicazioni, anche temporanee alla pratica dell’attività professionale”; che lo stesso professionista è anche obbligato alla custodia personale della cartella clinica “per l’intero periodo del rapporto di lavoro tra l’atleta e la società sportiva, con il vincolo del segreto personale e nel rispetto di ogni altra disposizione di legge
dalle norme federali deve essere uno specialista in medicina dello sport e iscritto in apposito elenco presso il Settore Tecnico F.I.G.C.166 È poi l’Accordo Collettivo a specificare tutti gli aspetti peculiari in caso di malattia e infortunio del calciatore.
L’articolo 14 di quest’ultimo, stabilisce che in caso di malattia o di infortunio, le spese di assistenza sanitaria e farmaceutica, degli eventuali interventi chirurgici e quelle di degenza ospedaliera, saranno a carico della società sportiva per quanto non operi la copertura del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, è riconosciuta al calciatore la possibilità di non usufruire dell’assistenza sanitaria proposta dalla società, previo invio di comunicazione motiva scritta.
L’Accordo Collettivo, all’articolo 15, distingue poi due tipi di conseguenze che possono derivare da malattia o da infortunio. A seconda dell’intensità della patologia, un calciatore può essere dichiarato inabile o inidoneo a svolgere l’attività agonistica.167
Se la condizione di inabilità si protrae per oltre sei mesi, la società sportiva potrà chiedere al Collegio Arbitrale la riduzione della retribuzione da corrispondere al calciatore fino alla cessazione dell’inabilità, ovvero, nei casi più gravi, la risoluzione del contratto.
Più grave è l’ipotesi di inidoneità definitiva del calciatore, derivante da malattia o infortunio, per la quale la società avrà diritto di richiedere immediatamente al Collegio Arbitrale la risoluzione del contratto.
È precisato, sempre nell’articolo 15, che, se la malattia o la menomazione delle condizioni fisiche del calciatore risultino dipendenti da colpa grave del calciatore stesso si applicheranno le regole generali in materia di inadempimento a prescindere dalla durata della malattia o della menomazione.
Per concludere sul tema, è ben noto che l’acquisita consapevolezza che nell’esercizio dell’attività sportiva a livello professionistico l’integrità psico-fisica
166 ved. Art. 44 N.O.I.F.
167 Per inidoneità si intende la condizione morbosa del Calciatore (certificata dalla competente
A.S.L. o equivalente struttura pubblica ai sensi delle leggi e dei provvedimenti amministrativi applicabili) che ne rende totalmente impossibile la prestazione lavorativa a titolo definitivo o temporaneo.
Per inabilità si intende la condizione morbosa del Calciatore che, pur non implicando l’impossibilità totale di rendere la prestazione, è comunque tale da non consentirgli di partecipare ad allenamenti che non siano esclusivamente di recupero funzionale.
dell’atleta costituisce elemento predominante per il successo nelle competizioni ha portato negli ultimi anni le società calcistiche professionistiche, che stipulano contratti con atleti alla stregua dell’art. 10 della legge n. 91/1981, ad inserire nel proprio organico un sempre maggior numero di persone, oltre al medico sociale anche massaggiatore, psicologo dello sport e specialista nell’alimentazione, addette tutte, pur con diversi compiti e con distinte professionalità, a tutelare la salute degli atleti.168
Interessante, soprattutto a livello mediatico, è stata la vicenda che ha riguardato il calciatore Xxxx Xxxxxx, il quale, ai tempi del suo rapporto con il Liverpool F.C., era stato affiancato da uno psicologo, al fine di favorire il proprio autocontrollo durante le gare poiché è stato troppe volte protagonista di spiacevoli eventi come ad esempio il morso al calciatore Xxxxxxx Xxxxxxxxx, durante una partita del Mondiale F.I.F.A. del 2014.
In capo alla società sportiva sorgono anche altri doveri di carattere economico che riguardano il trattamento previdenziale e assicurativo.
L’art. 8 della legge n. 91/1981 garantisce la tutela assicurativa, stabilendo l’obbligo a carico della società sportiva di stipulare una polizza assicurativa in favore di ciascuno sportivo professionista con essa tesserato contro il rischio di morte e di infortuni che possano pregiudicare il proseguimento della carriera professionistica. Questo, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all’età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle Federazioni sportive nazionali d’intesa con i rappresentanti delle categorie interessate.
Per quanto riguarda lo specifico rapporto instaurato tra società sportiva e calciatore professionista, tale disposizione viene recepita con quanto disposto dall’art. 16 dell’Accordo Collettivo, ove si dispone che la società è tenuta ad assicurare presso Compagnia di primaria importanza il calciatore contro infortuni con massimali integrativi rispetto all’assicurazione base, secondo le condizioni di polizza, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti in accordo con l’Associazione di categoria.
168 X.XXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p.253
L’art. 9 della legge n. 91/1981 garantisce, invece, la tutela previdenziale, estendendo a tutti gli sportivi professionisti l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti presso l’ENPALS.169
L’art. 9 prosegue prevedendo dei precisi criteri di calcolano dei contributi massimali annui e la ripartizione di tale onere contributivo tra società sportive ed assicurati nella misura rispettivamente di due terzi e di un terzo, con possibilità per gli sportivi di riscattare a domanda anche i periodi di attività sportiva professionistica svolta precedentemente all’entrata in vigore della legge n. 366/1973, a cui favore siano stati versati i contributi per almeno vent’anni.170
È stato emanato il D.P.R. n. 147/2013 attraverso il quale è stato predisposto il regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico della categoria. Alla categoria degli sportivi professionisti è stato garantito uno speciale regime di armonizzazione, fino all’anno 2022, in virtù del quale gli stessi potranno accedere alla pensione di vecchiaia al raggiungimento del requisito anagrafico di 53 anni e 7 mesi per gli uomini, mentre di 51 anni e 7 mesi per le donne, che si andrà gradualmente ad armonizzare con quello degli uomini a partire dal 1° gennaio 2022.171
Anche in questo caso, per quanto riguarda il mondo del calcio professionistico, tale disposizione è stata recepita attraverso l’art. 17 dell’Accordo Collettivo ai sensi del quale la società ha l’obbligo di effettuare agli enti previdenziali competenti i versamenti previsti dalla legge per l’assicurazione contro l’invalidità, vecchiaia e superstiti e contro le malattie, anche per la parte a carico del calciatore ed i relativi saranno trattenuti in rivalsa della retribuzione versata allo stesso.
7.1 Segue: diritto alla prestazione dell’attività lavorativa, formazione culturale, riposo settimanale, ferie e congedo matrimoniale
Si passa ora ad esaminare gli obblighi di natura normativa che sorgono in capo alla società in caso di rapporto con il calciatore professionista.
169 Ente nazionale di previdenza e di assistenza dei lavoratori dello spettacoli. Confluito, a far data dal 1° gennaio 2012, nell’INPS per effetto del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con
modifiche nella l. 27 dicembre 2011 n. 214
170 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., p. 138
171 Avv. Xxxxxxx Xxxxx, op. cit., p. 40