Art. 769 c.c. Definizione.
Art. 769 c.c. Definizione.
[I]. La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
GIURISPRUDENZA RILEVANTE
Sommario: 1. Gratuità e liberalità. – 2. Donazione indiretta. – 2.1. Rinunzia alla quota di comproprietà. – 2.1. Assicurazione sulla vita.
1. Gratuità e liberalità
Xxxxxxx distinguere non solo tra negozio a tito- lo gratuito e negozio a titolo oneroso, ma anche tra gratuità e liberalità. In particolare l’assenza di corrispettivo, se è sufficiente a caratterizzare i ne- gozi a titolo gratuito (così distinguendoli da quelli a titolo oneroso) non basta invece a individuare i caratteri della donazione, per la cui esistenza sono necessari, oltre l’incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spi- rito di liberalità) consistente nella consapevolez- za di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un ele- mento di carattere obiettivo, dato al depaupera- mento di chi ha disposto del diritto o ha assunto la obbligazione. Si può - quindi - avere un negozio che, benché gratuito, non è manifestazione di libe- ralità. L’assenza del corrispettivo - che connota di gratuità il negozio - non ne comporta per ciò solo la nullità come dimostra, ad esempio, l’esperienza dei rapporti negoziali tra società collegate. Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2015, n. 22567
2. Donazione indiretta
Nell’ipotesi di acquisto di un immobile con dena- ro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione in-
ÂPrima questione
diretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto, sicché, in caso di collazione, secon- do le previsioni dell’art. 737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile e non il denaro. Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2015, n. 17604
2.1. Rinunzia alla quota di comproprietà Costituisce donazione indiretta la rinunzia alla quota di comproprietà, fatta in modo da avvantag- giare in via riflessa tutti gli altri comproprietà; e poiché per la realizzazione del fine di liberalità vie- ne utilizzato un negozio, la rinunzia alla quota da parte del comunista, diverso dal contratto di do- nazione, non è necessaria la forma dell’atto pub- blico richiesta per quest’ultimo. Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 2015, n. 3819
2.2. Assicurazione sulla vita
Nell’assicurazione sulla vita l’indicazione di un terzo come beneficiario di persona non legata al designante da un vincolo di mantenimento o di dipendenza economica, deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta. Ne consegue che ad essa è applicabile l’art. 775 c.c., e se com- piuta da incapace naturale è annullabile a pre- scindere dal pregiudizio che quest’ultimo possa averne risentito. Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2016, n. 3263
Il contratto atipico di vitalizio improprio o assistenziale costituisce una ipotesi di donazione?
} Norme del codice civile collegate
Articoli: 793; 1322; 1872.
}ORIENTAMENTO CONTRARIO
Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2013, n. 7479
L’aleatorietà costituisce elemento essenziale del contratto atipico di mantenimento, deno- minato anche vitalizio assistenziale. Detta aleatorietà deve essere accertata con riguardo
209•
al momento della conclusione del contratto stesso, il quale è caratterizzato dalla incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante in relazione alle esigenze assistenziali del vitaliziato (dipendenti non solo dalla sopravvivenza del beneficiario ma anche dalle sue condizioni di salute, il cui peggioramento implica un aggravio delle cure) e il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio. (Nella specie, ha osservato la Suprema corte il giudice del merito, dopo avere esaminato la natura delle prestazioni a carico dei vitalizianti ha sostanzialmente omesso una apprezzabile oggettiva valutazione dell’immobile a essi ceduto con riferimento all’epoca della conclusione del contratto, ritenendo superfluo l’espletamento di una consulenza d’ufficio al riguardo sen- za dare sufficiente e logica motivazione di tale convincimento).
SENTENZA RISOLUTIVA
Cass. civ., sez. II, 29 luglio 2016, n. 15904
Il contratto atipico di vitalizio improprio o assistenziale si differenzia dalla donazione per l’elemento dell’aleatorietà, essendo caratterizzato dall’incertezza obiettiva iniziale circa la durata di vita del beneficiario e il conseguente rapporto tra valore complessivo delle prestazioni dovute dall’obbligato e valore del cespite patrimoniale cedutogli in corri- spettivo. Ne consegue che l’originaria macroscopica sproporzione del valore del cespite ri- spetto al minor valore delle prestazioni fa presumere lo spirito di liberalità tipico della dona- zione, eventualmente gravata da “modus”.
PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI
- omissis -
Questione problematica
Negozio atipico
Caratteristiche
•210
La Corte territoriale ha chiarito, con una motivazione logica e completa che, per- ciò, non può essere sindacata nella presente sede, come il contratto in esame non fosse simulato, ma dovesse essere qualificato in via interpretativa come una donazione modale e non come un vitalizio assistenziale.
Al riguardo, si osserva che, per costante giurisprudenza, il contratto con il quale una parte, dietro corrispettivo della cessione di un immobile, si obbliga, anche per i propri eredi e aventi causa, a prestare all’altra, per tutta la durata della vita, una completa assistenza materiale e morale, provvedendo ad ogni sua esigenza, integra un negozio atipico qualificabile come vitalizio improprio o assistenziale. Detto contratto è caratterizzato: dall’aleatorietà, che può essere accertata com- parando le prestazioni dedotte sulla base di dati omogenei, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento alla data di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, a detta epoca, della durata della vita e delle esigenze assistenziali del vitaliziato; dall’infungibilità di quanto pattuito, intesa come insostituibilità con una somma in denaro ed incoercibilità; dalla non patrimonialità, dovuta all’elemento di fidu- ciarietà che informa la scelta dell’obbligato e all’incertezza derivante dalla variabilità e discontinuità delle prestazioni in rapporto allo stato di bisogno del beneficiario
(Cass. S.U. n. 6532/94 e Cass. n. 1503/98).
La differenza fra il contratto de quo ed una donazione va apprezzata, soprattut- to, avendo riguardo all’elemento dell’aleatorietà, poiché il vitalizio assistenziale è caratterizzato dall’incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del bene- ficiario e dalla correlativa eguale incertezza del rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dall’obbligato ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio, potendosi, peraltro, ritenere presuntivamente sussistere lo spirito di liberalità, tipico della donazione, proprio tramite la verifica della originaria sproporzione tra le prestazioni (Cass. n. 7479/13, resa in un giudizio finalizzato ad accertare la simulazione di una donazione).
Nello specifico, la Corte d’appello ha ritenuto che il negozio in questione fosse ispirato “da un intento di liberalità” (peraltro, non negato dal ricorrente nel suo atto di impugnazione). Tale intento è stato desunto dalla corte territoriale, coerentemen- te con i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, sulla base di una serie di elementi di fatto, quali l’età dei coniugi al momento della stipula del contrat- to, l’obbligo alimentare che, comunque, sarebbe gravato sul figlio per legge, e, so- prattutto, la macroscopica differenza fra il minor valore della prestazione gravante sull’obbligato e quello, ben maggiore, dell’immobile trasferito.
- omissis -
Differenze con la donazione
Intento di liberalità
ÂSeconda questione
La compravendita di un bene ad un prezzo inferiore a quello effettivo realizza, di per sé, un “negotium mixtum cum donatione”?
} Norme del codice civile collegate
Articoli: 1325; 1470.
}ORIENTAMENTO CONSOLIDATO
Cass. civ., sez. II, 29 settembre 2004, n. 19601
Nel cosiddetto negotium mixtun cum donatione, la causa del contratto ha natura onerosa, ma il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via in- diretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò realiz- zando il negozio posto in essere una fattispecie di donazione indiretta. Ne consegue che la compravendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non integra, di per sé stessa, un ne- gotium mixtum cum donatione, essendo, all’uopo, altresì necessario non solo la sussistenza di una sproporzione tra prestazioni, ma anche la significativa entità di tale sproporzione, oltre alla indispensabile consapevolezza, da parte dell’alienante, dell’insufficienza del corrispettivo ricevuto rispetto al valore del bene ceduto, funzionale all’arricchimento di controparte acqui- rente della differenza tra il valore reale del bene e la minore entità del corrispettivo ricevuto. Xxxxxxx poi alla parte che intenda far valere in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il negotium mixtum cum donatione l’onere di provare sia la sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la consapevolezza di essa e la sua
211•
volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al trasferimento del bene a tali condizioni dall’animus donandi nei confronti dell’acquirente.
SENTENZA RISOLUTIVA
Cass. civ., sez. II, 23 maggio 2016, n. 10614
La compravendita di un bene ad un prezzo inferiore a quello effettivo non realizza, di per sé, un “negotium mixtum cum donatione”, occorrendo non solo una sproporzione tra le prestazioni di entità significativa, ma anche la consapevolezza, da parte dell’alienan- te, dell’insufficienza del corrispettivo ricevuto rispetto al valore del bene ceduto, sì da porre in essere un trasferimento volutamente funzionale all’arricchimento della controparte acquirente della differenza tra il valore reale del bene e la minore entità del corrispettivo ricevuto.
PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI
- omissis -
Questione problematica
Animus donandi
Causa del contratto
•212
1 Con il primo motivo del ricorso C.P. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’istituto giuridico del contratto di compravendita ex art. 1470 c.c. e ss. (Vizio di natura sostanziale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Secondo la ricorren- te, erroneamente, la Corte distrettuale avrebbe qualificato il contratto inter- corso tra C.P. e la di lei madre Z.F., quale negotium mixtum cum donatione perché il negozio posto in essere non integrerebbe gli estremi di una dona- zione indiretta. Se si conviene, specifica la ricorrente, che per poter qualificare un contratto di compravendita quale donazione indiretta è necessario che via sia non solo una sproporzione tra le prestazioni, ma anche che quest’ultima sia di significativa importanza, nel caso in esame, il prezzo versato dalla C. in favore della madre per l’acquisto dell’appartamento era interiore a quello di mercato, ma non era di certo inadeguato considerato, pure, che la figlia viveva con la madre. E di più,, sarebbe, comunuque, necessario, per qualificare la compravendita quale donazione indiretta, che il venditore avesse consapevolezza della sproporzione del prezzo e sarebbe indotta dalla vendita per animus donandi.
Nel caso concreto Xx.Xx., secondo il ricorrente, non avrebbe fornito, come avreb- be dovuto, la prova della sussistenza dell’animus donandi della madre nei confronti della sorella e non ha neppure dimostrato che il prezzo pattuito per la vendita fosse significativamente sproporzionato rispetto al valore di mercato del bene di cui si dice.
1.1. Il motivo è fondato. Com’é pacifico in giurisprudenza, nel negotium mixtum cum donatione, la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato, viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indi- retta, attraverso la voluta sproporzione delle prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore, rispetto a quella di scambio, consistente nell’ar- ricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello del contraente che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio posto in essere a realiz- zare una donazione indiretta.
Tuttavia, va qui precisato che la vendita ad un prezzo inferiore a quello effet- tivo non realizza, di per se stessa, un negotium mixtum cum donatione, essendo necessario non solo che sussista una sproporzione tra le prestazioni, ma anche che questa sia d’entità significativa, ed, inoltre, che la parte alienante sia stata consapevole dell’insufficienza del corrispettivo percepito rispetto al valore del bene ceduto e abbia, ciò nonostante, voluto il trasferimento della proprietà e l’abbia vo- luto allo specifico fine d’arricchire la controparte acquirente della differenza tra il detto valore e la minore entità del corrispettivo.
Con l’ulteriore precisazione che incombe sulla parte la quale intenda far accertare in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il negotium mixtumm cum do- natione, l’onere di provare sia la sussistenza d’una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante, in quanto indotto al trasferimento del bene pur a tale condizione da animus donandi nei confronti dell’acquirente. Ora, nella specie, la sentenza (sia quella non definitiva che quella definitiva) non precisa le ragioni per cui abbia rite- nuto che la compravendita integrasse gli estremi di un negotium mixtum cum dona- tione, limitandosi semplicemente a ritenere accertata una sproporzione tra il prezzo accertato e il prezzo dichiarato dalle parti nel contratto e corrisposto dall’acquirente. Epperò era necessario chiarire per quali ragioni la sproporzione andava consi- derata significativa e, soprattutto, se l’asserita donazione fosse caratterizzata dallo spirito di liberalità. Come è stato già detto da questa Corte (sent. 21781 del2008), affinché un atto dispositivo possa qualificarsi come donazione non è sufficiente che il medesimo sia compiuto a titolo gratuito, ma occorre anche che la di- sposizione patrimoniale sia animata da “spirito di liberalità”, ossia effettuata
a titolo di mera e spontanea elargizione, fine a sé stessa.
- omissis -
Sproporzione tra le prestazioni
Onere della prova
Spirito di liberalità
ÂTerza questione
L’acquisto di un immobile da parte di un soggetto, con denaro fornito da un terzo per spirito di liberalità, configura una donazione indiretta?
} Norme del codice civile collegate
Articoli: 1325; 1414 e ss.; 1470.
}ORIENTAMENTO CONSOLIDATO
Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 2004, n. 4015
Nella donazione indiretta realizzata attraverso l’acquisto del bene da parte di un soggetto con denaro messo a disposizione da altro soggetto per spirito di liberalità, l’attribuzione gratuita viene attuata con il negozio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti che lo pongono in essere, differenziandosi in tal modo dalla simulazione; tale negozio produce, in- sieme all’effetto diretto che gli è proprio, anche quello indiretto relativo all’arricchimento del
213•
destinatario della liberalità, sicché non trovano applicazione alla donazione indiretta i limiti alla prova testimoniale - in materia di contratti e simulazione - che valgono invece per il ne- gozio tipico utilizzato allo scopo.
SENTENZA RISOLUTIVA
Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2016, n. 1986
Nel caso di acquisto di un immobile da parte di un soggetto, con denaro fornito da un terzo per spirito di liberalità, si configura una donazione indiretta, che si differenzia dalla simulazione giacché l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il nego- zio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale - in materia di contratti e simulazione - che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo.
PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI
- omissis -
Questione problematica
Differenze con la simulazione
•214
Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che i contratti di compravendita relativi all’immobile di cui al mappale 338 in- tegrassero gli estremi di una donazione indiretta perché non avrebbe tenuto conto dei documenti prodotti e, soprattutto, del fatto che negli stessi atti di acquisto mai si menziona che i soldi sono stati dati dal padre. In particolare nel caso in esa- me le scritture prodotte dal V.G.B. sarebbero in grado di escludere la prova testimo- niale perché non potrebbe confutare il contenuto di un documento scritto. Per altro, sempre secondo il ricorrente, non sarebbe possibile richiamare la prova presuntiva perché questa non sarebbe ammessa nei casi in cui sarebbe esclusa l’ammissibilità della prova documentale e sia perché nel caso in esame, comunque, non sussi- sterebbe gli elementi della donazione indiretta che sono pur sempre quello dello spirito di liberalità e dell’arricchimento altrui. Piuttosto, chiarisce ancora il ricorrente, la realtà sarebbe che il sig. V.G. B. ha acquistato la proprietà intera dell’immobile di cui al mappale 338 con ben due atti di compravendita.
1.1. Il motivo è infondato.
Come ha avuto modo di precisare la Corte distrettuale richiamando un orien- tamento di questa Corte di cassazione (sent. N. 4015 del 2004), che qui si intende confermare: nella donazione indiretta realizzata attraverso l’acquisto del bene da parte di un soggetto con denaro messo a disposizione da altro soggetto per spirito di liberalità, l’attribuzione gratuita viene attuata con il negozio oneroso che corri- sponde alla reale intenzione delle parti che lo pongono in essere, differenziandosi in tal modo dalla simulazione; tale negozio produce, insieme all’effetto diretto che gli è proprio, anche quello indiretto relativo all’arricchimento del destinatario della libe- ralità, sicché non trovano applicazione alla donazione indiretta i limiti alla prova te- stimoniale - in materia di contratti e simulazione - che valgono invece per il negozio tipico utilizzato allo scopo. A sua volta, la Corte distrettuale si è preoccupata di spe- cificare che la prova testimoniale, che come abbiamo finito di dire era ammissibile, aveva evidenziato che il prezzo del bene acquistato da V.G.B. era stato corrisposto dal padre V.E. con spirito di liberalità, tanto è vero che dall’istruttoria non erano
emersi elementi idonei a reputare dovuto o doveroso l’esborso effettuato dal padre
X. Xxxxxx, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la Corte ha adeguatamente chiarito che nel caso in esame ricorrevano tutti gli elementi necessari (lo “spirito di liberalità” dato che il pagamento del prezzo della compravendita dell’immobile di cui si dice, era stato effettuato da V.E., “l’arricchimento” di V.G.B. con correlativa depauperamento del donante) per identificare un contratto di donazione indiretta. Né risulta, e lo stesso ricorrente, neppure in questa sede, indica la prova, e/o un indizio di prova, che il corrispettivo della compravendita, di cui si dice, fosse stato corrisposto dall’interessato e/o che l’esborso effettuato dal padre X. fosse dovuto oppure non diretto all’acquisto del bene di cui si dice.
Come è stato detto da questa Corte in altra occasione (sent. n. 17604 del 04/09/201): l’acquisto di un immobile da parte di una persona con denaro di altra persona integra gli estremi di una donazione indiretta, se il denaro, quale corrispettivo della vendita, viene corrisposto, nella sua interezza, dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene, oppure (come sembra sia avvenuto nel caso in esame), mediante il versamento diretto dell’importo al venditore. Pertanto, a fronte delle corrette valutazioni della Corte distrettuale, prive di vizi logici o giuridici e, soprattutto, coerenti con il materiale probatorio acquisito in giudizio, il ricorrente contrappone le proprie, ma, della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le proprie aspettative e/o con le proprie valutazioni.
- omissis -
ÂQuarta questione (pendente)
Denaro altrui
Qual è la struttura e il meccanismo di funzionamento delle donazioni indirette?
} Norme del codice civile collegate
Articoli: 809; 1325.
SENTENZA RISOLUTIVA
Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2017, n. 106
Xxxxx rimessi gli atti al Primo Presidente affinché valuti l’opportunità che la Corte di Cas- sazione pronunci a Sezioni Unite sulla questione relativa alla struttura e al meccanismo di funzionamento delle donazioni indirette.
PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI
- omissis -
4. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la falsa applicazione e violazione degli artt. 769, 782 ed 809 c.c., in relazione agli artt. 1834 e 1852 c.c., poiché la corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che il mero trasferimento di titoli, privo
Questione problematica
215•
Emissione o girata di titoli di credito
Rimessione degli atti al Primo presidente
Art. 809
cod. civ.
Struttura e meccanismo di funzionamento
Vantaggio patrimoniale
•216
di qualsiasi giustificazione causale, rappresentasse una donazione indiret- ta, non avendo colto l’essenza del relativo istituto.
In particolare, poteva aversi, ad avviso della ricorrente, una donazione indiretta solo qualora si fosse adottato, per realizzare l’intento donativo, un negozio causale e non, come nella specie, un atto privo di una sua giustificazione causale, come per la emissione o la girata di titoli di credito.
Non ricorreva l’equivalenza, affermata dalla Corte territoriale, fra l’ordine di tra- sferire titoli di credito da un conto di deposito ad un altro conto di deposito e la cointestazione di un conto corrente bancario (ipotesi alla quale si riferivano gli ar- resti di legittimità riportati).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddit- toria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in quanto la corte territoriale non aveva chiarito il perché un mero ordine di trasferimento titoli dovesse essere considerato una donazione indiretta.
5. Reputa il Collegio sussistere l’opportunità di trasmettere gli atti al Primo Pre- sidente per le sue valutazioni in ordine al disposto dell’art. 374 c.p.c., comma 2, e a tal fine osserva quanto segue.
L’art. 809, cod. civ., costituente norma di chiusura stabilisce, al suo primo com- ma che “Le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769, sono soggette” a revocazione e a riduzione. Non si nutrono dubbi sull’inapplica- bilità della forma solenne, prevista dall’art. 782 c.c., a tali liberalità, che, comune- mente vengono dette donazioni indirette.
6. Gli studiosi si sono sforzati di porre in evidenza, attraverso le varie definizioni coniate, la struttura e il meccanismo di funzionamento ora mettendo in luce l’uti- lizzo di “altro strumento negoziale avente scopo tipico diverso dalla c.d. causa do- nandi e tuttavia in grado di produrre, insieme con l’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto mediato di un arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito di libera- lità da una parte (beneficiante) a favore dell’altra (che ne beneficia)”. Ora notando che “le parti ricorrono ad un determinato negozio giuridico, ma lo scopo pratico che esse si propongono non è affatto quello normalmente attuato mediante il negozio da esse adottato, ma uno scopo diverso, talora analogo a quello di un altro negozio, più spesso mancante di una propria forma tipica nell’ordinamento”.
Ora affermando trattarsi di “qualsiasi vantaggio patrimoniale, pecuniariamente ap- prezzabile, non causato da un contratto di donazione ma prodotto dall’attuazione di un atto materiale o di un negozio giuridico unilaterale o bilaterale, che pur avendo in ogni caso un proprio scopo tipico diverso dalla donazione diretta, raggiunga identico risultato per lo spirito di liberalità che lo ebbe a determinare e per le conseguenze cui dà luogo”. Ora, ancora, spiegando trattarsi di “qualsiasi liberalità non direttamen- te voluta ed attuata attraverso il mezzo appositamente apprestato dall’ordinamento giuridico, caratterizzato da uno scopo tipico diverso dalla liberalità, onde quest’ulti- ma costituisce una conseguenza secondaria ed ulteriore dell’atto compiuto”.
A ben vedere già da questi sforzi definitori di sintesi è possibile scorgere quale sia il punto che, nonostante la penetrante esplorazione di dottrina e giurisprudenza,
resta controverso e controvertibile: quale lo strumento utilizzabile e quale il meccanismo di funzionamento.
Nel rispetto dei limiti della presente disamina, abbandonate alcune ipotesi, ora- mai scarsamente seguite (negozio atipico, unico negozio con clausola speciale), si ritiene in dottrina ed in giurisprudenza (Sez. 2, n. 21449 del 21/10/2015) che il feno- meno vada spiegato come la risultante della combinazione di due negozi (il negozio-mezzo ed il negozio-fine, accessorio e integrativo).
7. Il quadro, già di per sé non nitido in vitro, risulta non univoco attraverso il vaglio della casistica giurisprudenziale.
Si è sostenuta la sufficienza di un solo negozio, purché capace di procurare l’effetto indiretto della liberalità (Sez. 1, n. 11327 del 15/11/1997, Rv. 509941; Sez. 2, n. 5410 del 7/12/1989, Rv. 464506).
Si è affermata la donazione indiretta nel caso di dazione di una somma di denaro, ove, accertato lo specifico fine di permettere al beneficiario con la detta di procurarsi l’acquisto di un bene (Sez. 6-2, n. 18541 del 2/9/2014, Rv. 632422; Sez. 2, n. 26746 del 6/11/2008, Rv. 605904; Sez. 2, n. 4015 del 27/2/2004, Rv. 570643;
Sez. 2, n. 3642 del 24/2/2004, Rv. 570449; Sez. 2, n. 502 del 15/1/2003, Rv. 559753).
Anche se non sono mancate le sentenze di contrario avviso (Sez. 2, n. 4711 del 19/10/1978, Rv. 394403; Sez. 3, n. 1771 del 28/6/1963, Rv. 262712), le quali hanno ritenuto che la consegna gratuita del denaro costituisce donazione diretta.
L’assenso del coniuge non acquirente partecipante all’atto d’acquisto personale dell’altro coniuge, avente natura ricognitiva e in parte confessoria (art. 179, cod. civ.) - Se. 2, n. 19513 del 9/11/2012, Rv. 624096; Sez. 1, n. 4680 dell’8/5/1998, Rv. 515266 -. In
presenza di negotium mixtum cum donatione (negozio oneroso con previsione di un corrispettivo a prezzo vile) non si è dubitato della ricorrenza della donazione indiretta (Sez. 2, n. 1955 del 30/1/2007, Rv. 594939; Sez. 2, n. 13337 del 776/2006, n. 589816,
Sez. 2, n. 1214 del 10/2/1997, Rv. 502306; Sez. 2, n. 1266 del 27/2/1986, Rv. 444716;
Sez. 1, n. 201 del 28/1/1972, Rv. 355996; Sez. 2, n. 833 del 24/3/1971, Rv. 3500685).
Ad analoga conclusione si è giunti per il contratto a favore del terzo (Sez. 1, n. 2727 del 29/7/1968, Rv. 335312; Sez. 2, n. 1277 del 21/4/1956, Rv. 880451). Anche in un caso abbastanza peculiare nel quale risultava essere stata commissionata un’o- pera a favore del beneficiario (Sez. 2, n. 1561 del 22/6/1949, Rv. 881504).
Molte altre risultano le escogitazioni censite in sede di legittimità: il contratto preliminare stipulato dal beneficiante con denaro proprio, che fa intervenire nell’atto definitivo il beneficiato, al quale fornisce il denaro per pagare il saldo (Sez. 2, n. 6581 del 15/12/1984, Rv. 438129).
La cointestazione di buoni fruttiferi postali (Sez. 2, n. 10991 del 9/5/2013, Rv. 625981). Il mandato ad amministrare con obbligo di versare la rendita al beneficiario (Sez. 3, n. 1987 del 6/6/1969, Rv. 341198). La cointestazione di deposito bancario (Sez. 2, n. 26983 del 12/11/2008, Rv. 605302; Sez. 2, n. 468 del 14/1/2010, Rv. 610813;
Sez. 2, n. 3499 del 10/4/1999, Rv. 525158).
A fianco, poi, di affermazioni, in generale, del meccanismo di funzionamento della donazione indiretta (Sez. 2, n. 10991 del 9/5/2013, Rv. 625981; Sez. 2, n. 3526
Collegamento negoziale
Casistica giurisprudenziale
Dazione di somma di denaro per acquisto del bene …
… assenso del coniuge non acquirente …
… e contratto a favore del terzo …
… contratto preliminare …
… cointestazione di buoni fruttiferi postali
217•
Autonomia dell’effetto della gratuità
Contratto commutativo
Risultato pratico divergente
Indicazioni dottrinali
•218
del 16/10/1976, Rv. 382277; Sez. 1, n. 2565 del 5/12/1970, Rv. 348910; Sez. 2, n. 2054
del 16/10/1970, Rv. 348151) se ne annovera qualche altra che pone la distinzione tra una donazione indiretta e diretta nel mezzo utilizzato (Sez. 1, n. 1465 del 3/5/1969, Rv. 340265).
Per contro in talune occasioni la Cassazione ha escluso ricorrere l’ipotesi della donazione indiretta per l’assenza di autonomia dell’effetto della gratuità (Sez. 2,
n. 7507 del 30/3/2006, Rv. 594104, la quale ha così concluso per l’accollo interno, stante che la liberalità qui non sarebbe un effetto indiretto, ma la causa propria dell’accollo stesso).
Analogamente per l’assenza di un contratto commutativo, che conservi la pro- pria autonomia sostanziale, in quanto attui un effettivo scambio di beni o diritti, sia pure di valore non equivalente ed implicante una attribuzione patrimoniale in favore di una delle parti, e, di conseguenza, resti assoggettato alla disciplina giuridica che gli è propria anche per la parte rivolta all’indiretta realizzazione di detta liberalità (si trattava di un corrispettivo pattuito per il diritto di costruire in aderenza, spettante, ricorrendone i presupposti, in xxx xxxxxxxxxx xx xxx. 000 x.x.) - Xxx. 0, n. 526 del 24/1/1979, Rv. 396639 -.
Infine, la donazione indiretta, concepita come mezzo per conseguire, attra- verso l’utilizzazione di un negozio con causa tipica, un risultato pratico da que- sta divergente, non è stata ritenuta configurabile rispetto ai titoli di credito, per loro natura astratti, suscettibili di realizzare in modo diretto qualsiasi scopo voluto dalle parti (Sez. 1, n. 527 del 23/2/1973, Rv. 362546).
Non sono mancate le pronunzie, dissonanti rispetto a quella ipotesi che teorizza la necessaria combinazione di almeno due negozi, che hanno ritenuto confa- cente la rinunzia abdicativa, che accresca la posizione del beneficiato (Sez. 2, n. 1545 del 29/5/1974, Rv. 369681; Sez. 2, n. 3819 del 25/2/2015, Rv. 634473).
In una pronuncia (Sez. 2, n. 4623 del 29/3/2001, Rv. 545303) si è chiarito in motivazione (la massima non è utile allo scopo) che il fine liberale può essere raggiunto con qualunque negozio o atto non negoziale.
In definitiva, se è chiaro il meccanismo di funzionamento, non lo è altrettanto a riguardo della strada percorribile (necessità di almeno due negozi, di almeno uno o anche di un solo atto materiale).
8. La dottrina non offre soluzioni univoche o, comunque, tali da resistere alle avverse osservazioni.
Ammessa, abbastanza uniformemente la ricorrenza dell’ipotesi allo studio, per la rinunzia, il contratto a favore del terzo, l’adempimento del terzo (che, si è eviden- ziato, a differenza dell’adempimento del debitore, ha natura negoziale, perché “é un atto giuridicamente libero, caratterizzato dall’animus solvendi debiti alieni”), la donazione mista, la delegazione, l’espromissione, l’accollo, il trust e le cointestazioni bancarie o postali. La si è esclusa, invece, per i titoli di credito, per il comodato e la garanzia per debiti altrui. Sussiste, poi, tutta un’area, che in questa sede non si esplorerà, in quanto non direttamente utile allo scopo, delle ipotesi che si riscontra- no nella vita delle società collegate ad un gruppo.
Assume rilievo, in relazione al tema processuale, evidenziare la mancanza di unanimità anche a riguardo degli atti non negoziali. Esclusi fermamente da ta- luno, vengono ammessi da altri, i quali, fanno riferimento ai casi, peraltro larga- mente di scuola, della semina, della piantagione, della costruzione su fondo altrui, della confessione giudiziale di un debito inesistente, della soccombenza volontaria in giudizio e financo della rinunzia a far valere decadenze o prescrizioni, con ani- mo ovviamente liberale, teorizzando che la donazione indiretta non costituisce una categoria giuridica, ma economica. Né si sono reputate decisive le osservazioni di segno contrario, secondo le quali l’effetto giuridico dell’arricchimento non deriva, in siffatti casi, dal fatto materiale, ma da un atto negoziale successivo e “se non v’é accordo, se non v’é negozio, vi è soltanto un atteggiamento di inerzia del soggetto, del titolare del diritto a cui si possono collegare gli effetti... ma non le conseguenze”. Si è, infatti, contrapposto che la liberalità non discende dalla rinunzia postuma a richiedere il compenso previsto dalla legge, ma dal fatto finalizzato all’altrui gratuito vantaggio.
9. Xxxxxxx, a questo punto, tirare le fila del discorso.
Nel caso in esame appare difficilmente inquadrabile in un autonomo atto nego- ziale la disposizione data dal C. (priva di rilievo giuridico deve ritenersi la procura conferita alla P. in quanto resa inefficace dalla presenza dall’ordine del titolare del rapporto) alla propria banca; trattandosi, semmai, di un ordine che si colloca nella fase di esecuzione del contratto bancario di riferimento, cioè di un atto mero, che non si distinguerebbe dal disporre un qualsiasi pagamento per xxx xxxxxxxxx. Xxx- xxxx, questa, dissimile, come appare evidente, dalla cointestazione ab origine del conto, che importa, appunto, la intermediazione del negozio attraverso il quale si intende perseguire lo scopo di liberalità. Xxxxxxx che viene posto in essere ab ori- gine al fine di perseguire lo scopo di liberalità, nel mentre nel caso che ci occupa il contratto bancario qui in vigore era stato, a suo tempo, stipulato dal C. al fine esclusivo di soddisfare la causa sua propria.
La questione avrebbe opposta soluzione ove si ritenesse, come pure è plausibile, che l’art. 809 c.c., abbia inteso evocare qualunque mezzo utile allo scopo, sia esso fatto, atto giuridico in senso stretto o negozio giuridico.
Pare al Collegio, qui giunti, che emerga la necessità di ricomporre il qua- dro frammentato, che si è cercato di descrivere, con l’autorevolezza delle S.U., in quanto oltre alla mancanza di apprezzabilmente uniforme interpretazione, larga- mente inquinata dai turbamenti del caso concreto, la questione si carica di partico- lare rilievo ove si consideri che le operazioni in discorso assumono assai di sovente funzione trans o post mortem, e quindi, il significato di regolamento ultimo, non più emendabile.
Per contro, non può obliterarsi l’esigenza, sottesa alla prescrizione della forma solenne imposta dal legislatore in materia di donazione diretta, di circondare con particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo di uno, più o di tutti i suoi beni.
- omissis -
Atti non negoziali
Mezzo utile allo scopo
Funzione trans
o post mortem
Forma solenne
219•
Art. 771 c.c.
Donazione di beni futuri.
[I]. La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati.
[II]. Qualora oggetto della donazione sia un’universalità di cose e il donante ne conservi il godi- mento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, salvo che dall’atto risulti una diversa volontà.
GIURISPRUDENZA RILEVANTE
Sommario: 1. Usucapione abbreviata. – 2. Titolo astrattamente idoneo.
1. Usucapione abbreviata
La donazione di cosa altrui, benché non espres- samente disciplinata, deve ritenersi nulla alla stre- gua della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri riguarda tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale dona- zione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione de- cennale, poiché il titolo richiesto dall’art. 1159 cod. civ. deve essere suscettibile in astratto, e non in
ÂQuestione
concreto, di determinare il trasferimento del dirit- to reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sa- rebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare. Cass. civ., sez. VI, 23 maggio 2013, n. 12782
2. Titolo astrattamente idoneo
La donazione di beni altrui, pur se nulla ai sen- si dell’art. 771 c.c, costituisce titolo astrattamente idoneo per il perfezionamento di un acquisto “a non domino”, mediante usucapione abbreviata. Cass. civ., sez. II, 5 maggio 2009, n. 10356
La donazione di cosa altrui è soggetta alla sanzione della nullità prevista per la donazione di cosa futura?
} Norme del codice civile collegate
Articoli: 769; 782; 1325.
}ORIENTAMENTO FAVOREVOLE
Cass. civ., sez. II, 5 maggio 2009, n. 10356
La donazione dispositiva di beni altrui, con cui il donante intende produrre un effetto traslativo immediato, è nulla alla luce della complessiva disciplina della donazione. Nonostante manchi un espresso divieto, l’art. 769 c.c. impone nella donazione con effetti reali immediati l’attualità dello spoglio, la quale implica che il donante disponga di un “suo diritto”. Inoltre l’art. 771 com- ma 1 c.c., nel comminare la nullità della donazione di beni futuri, esprime l’esigenza, comune alle liberalità riguardanti cose altrui, di limitare gli atti di prodigalità del donante. Tale istanza protettiva richiede un superamento dell’interpretazione letterale dell’art. 771 c.c., così da ricom- prendere nel suo divieto ogni bene futuro, sia in senso oggettivo, che in senso solo soggettivo.
}ORIENTAMENTO CONTRARIO
Cass. civ., sez. II, 5 febbraio 2001, n. 1596
La donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell’usucapione abbre- viata ex art. 1159 c.c., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di
•220
godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare.
SENTENZA RISOLUTIVA
Cass. civ., sez. un., 15 marzo 2016, n. 5068
La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia con- sapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ere- ditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante.
PRINCIPALI PASSAGGI ARGOMENTATIVI
- omissis -
3.1. - In conclusione, la Seconda Sezione ha rimesso all’esame di queste Se- zioni Unite la seguente questione: “Se la donazione dispositiva di un bene altrui debba ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in par- ticolare, dell’art. 771 c.c., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante e quindi anche quelli aventi ad oggetto i beni altrui, oppure sia valida an- corché inefficace, e se tale disciplina trovi applicazione, o no, nel caso di donazione di quota di proprietà pro indiviso”.
4. - Come riferito, sulla questione se la donazione di cosa altrui sia nulla o no, la giurisprudenza di questa Corte si è reiteratamente espressa, nel senso della nullità.
4.1. - Secondo Cass. n. 3315 del 1979, “la convenzione che contenga una promes- sa di attribuzione dei propri beni a titolo gratuito configura un contratto prelimi- nare di donazione che è nullo, in quanto con esso si viene a costituire a carico del promittente un vincolo giuridico a donare, il quale si pone in contrasto con il principio secondo cui nella donazione l’arricchimento del beneficiario deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioè di un atto di autodeterminazione del donante, assolutamente libero nella sua formazione”.
La successiva Xxxx. n. 6544 del 1985, ha affermato che la donazione di beni altrui non genera a carico del donante alcun obbligo poiché, giusta la consolidata inter- pretazione dell’art. 771 cod. civ., dal sancito divieto di donare beni futuri deriva che è invalida anche la donazione nella parte in cui ha per oggetto una cosa altrui; a differenza di quanto avviene, ad esempio, nella vendita di cosa altrui, che obbliga il non dominus alienante a procurare l’acquisto al compratore. Tale decisione ha quindi affermato che “ai fini dell’usucapione abbreviata a norma dell’art. 1159 cod. civ. non costituisce titolo astrattamente idoneo al trasferimento la donazione di un bene altrui, attesa l’invalidità a norma dell’art. 771 c.c., di tale negozio”.
Questione problematica
Tesi tradizionale
Cass. civ. 3315/1979
Cass. civ. 6544/1985
221•
Cass. civ. 11311/1996
Cass. civ. 12782/2013
Cass. civ. 1596/2001
Titolo idoneo per l’usucapione abbreviata
Nullità per mancanza di causa
•222
Sempre nell’ambito della nullità si colloca Cass. n. 11311 del 1996, così massimata: “l’atto con il quale una pubblica amministrazione, a mezzo di contratto stipulato da un pubblico funzionario, si obblighi a cedere gratuitamente al demanio dello Stato un’area di sua proprietà, nonché un’altra area che si impegni ad espropriare, costi- tuisce una donazione nulla, sia perché, pur avendo la pubblica amministrazione la capacità di donare, non è ammissibile la figura del contratto preliminare di xxxxxxx- ne, sia perché l’atto non può essere stipulato da un funzionario della pubblica am- ministrazione (possibilità limitata dal R.D. n. 2440 del 1923, art. 16, ai soli contratti a titolo oneroso), sia perché l’art. 771 c.c., vieta la donazione di beni futuri, ossia dell’area che non rientra nel patrimonio dell’amministrazione “donante” ma che la stessa si impegna ad espropriare”.
Particolarmente significativa è poi Cass. n. 10356 del 2009, secondo cui “la do- nazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 c.c., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del do- nante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 c.c., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’ac- quisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare”.
Da ultimo, Cass. n. 12782 del 2013 si è espressa in senso conforme alla decisione da ultimo richiamata.
4.2. - In senso difforme si rinviene Cass. n. 1596 del 2001, che ha affermato il principio per cui “la donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella dona- zione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c., ma è semplicemente inefficace e, tutta- via, idonea ai fini dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a deter- minare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare”.
4.3. - A ben vedere, il contrasto tra i due orientamenti giurisprudenziali non coin- volge il profilo della efficacia dell’atto a costituire titolo idoneo per l’usucapione abbreviata, ma, appunto, la ascrivibilità della donazione di cosa altrui nell’area della invalidità, e segnatamente della nullità, ovvero in quella della inefficacia.
5. Il Collegio ritiene che alla questione debba essere data risposta nel senso che la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui è nulla, non per applica- zione in via analogica della nullità prevista dall’art. 771 c.c., per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione.
5.1. - Deve innanzi tutto rilevarsi che la sentenza n. 1596 del 2001 evoca la categoria della inefficacia, che presuppone la validità dell’atto, e si limita ad affermare la non ope- ratività della nullità in applicazione analogica dell’art. 771 c.c., comma 1, in considerazione di una pretesa natura eccezionale della causa di nullità derivante dall’avere la donazione ad oggetto beni futuri, ma non verifica la compatibilità della donazione di cosa altrui con la funzione e con la causa del contratto di donazione. La soluzione prospettata appare, quindi, non condivisibile, vuoi perché attribuisce al divieto di cui alla citata disposizione la natura di disposizione eccezionale, insuscettibile di interpretazione analogica; vuoi e soprattutto perché non considera la causa del contratto di donazione.
Al contrario, una piana lettura dell’art. 769 c.c., dovrebbe indurre a ritenere che l’appartenenza del bene oggetto di donazione al donante costituisca elemento essenziale del contratto di donazione, in mancanza del quale la cau- sa tipica del contratto stesso non può realizzarsi. Recita, infatti, la citata disposizio- ne: “La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arric- chisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione”.
Elementi costitutivi della donazione sono, quindi, l’arricchimento del terzo con correlativo depauperamento del donante e lo spirito di liberalità, il c.d. animus donandi, che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario e che, nella giurisprudenza di questa Corte, va ravvisato “nella con- sapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale” (Cass. n. 8018 del 2012; Cass. n. 12325 del 1998; Cass. n. 1411 del 1997; Cass. n. 3621 del 1980).
Appare evidente che, in disparte il caso della donazione effettuata mediante as- sunzione di una obbligazione, nella quale oggetto dell’obbligazione del donante sia il trasferimento al donatario di un bene della cui appartenenza ad un terzo le parti siano consapevoli, l’esistenza nel patrimonio del donante del bene che questi inten- de donare rappresenti elemento costitutivo del contratto; e la consustanzialità di tale appartenenza alla donazione è delineata in modo chiaro ed efficace dalla ci- tata disposizione attraverso il riferimento all’oggetto della disposizione, individuato in un diritto del donante (“un suo diritto”). La non ricorrenza di tale situazione - cer- tamente nel caso in cui né il donante né il donatario ne siano consapevoli, nel qual caso potrebbe aversi un’efficacia obbligatoria della donazione - comporta la non riconducibilità della donazione di cosa altrui allo schema negoziale della donazione, di cui all’art. 769 c.c. In altri termini, prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri, di cui all’art. 771 c.c., comma 1, la altru- ità del bene incide sulla possibilità stessa di ricondurre il trasferimento di un bene non appartenente al donante nello schema della donazione dispositiva e quindi sul- la possibilità di realizzare la causa del contratto (incremento del patrimonio altrui, con depauperamento del proprio).
5.2. - La mancanza, nel codice del 1942, di una espressa previsione di nullità della donazione di cosa altrui, dunque, non può di per sé valere a ricondurre la fat- tispecie nella categoria del negozio inefficace. Invero, come si è notato in dottrina,
Tesi dell’inefficacia
Art. 769
cod. civ.
Elementi costitutivi
Esistenza nel patrimonio del donante
Mancanza di una espressa previsione
223•
Donazione obbligatoria
Sanzione della
nullità
Bene solo in parte altrui
•224
il fatto stesso che il legislatore del codice civile abbia autonomamente disciplinato sia la compravendita di cosa futura che quella di cosa altrui, mentre nulla abbia sta- bilito per la donazione a non domino, dovrebbe suggerire all’interprete di collegare il divieto di liberalità aventi ad oggetto cose d’altri alla struttura e funzione del con- tratto di donazione, piuttosto che ad un esplicito divieto di legge. Pertanto, posto che l’art. 1325 c.c., individua tra i requisiti del contratto “la causa”; che, ai sensi dell’art. 1418 x.x., xxxxx 0, xx xxxxxxxx di uno dei requisiti indicati dal’art. 1325 c.c., produce la nullità del contratto; e che l’altruità del bene non consente di ritenere integrata la causa del contratto di donazione, deve concludersi che la donazione di un bene altrui è nulla.
5.3. - Con riferimento alla donazione deve quindi affermarsi che se il bene si trova nel patrimonio del donante al momento della stipula del contratto, la donazione, in quanto dispositiva, è valida ed efficace; se, invece, la cosa non appartiene al donan- te, questi deve assumere espressamente e formalmente nell’atto l’obbligazione di procurare l’acquisto dal terzo al donatario.
La donazione di bene altrui vale, pertanto, come donazione obbligatoria di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 c.c.). Se, invece, l’altruità del bene donato non risulti dal titolo e non sia nota alle parti, il contratto non potrà produrre effetti obbligatori, né potrà applicarsi la disciplina della vendita di cosa altrui.
5.4. - La sanzione di nullità si applica normalmente alla donazione di beni che il donante ritenga, per errore, propri, perché la mancata conoscenza dell’al- truità determina l’impossibilità assoluta di realizzazione del programma negoziale, e, quindi, la carenza della causa donativa. La donazione di bene non appartenente al donante è quindi affetta da una causa di nullità autonoma e indipendente rispetto a quella prevista dall’art. 771 c.c., ai sensi del combinato disposto dell’art. 769 c.c. (il donante deve disporre “di un suo diritto”) e dell’art. 1325 x.x., x xxx. 0000 x.x., xxxxx
0. In sostanza, avendo l’animus donandi rilievo causale, esso deve essere preci- samente delineato nell’atto pubblico; in difetto, la causa della donazione sarebbe frustrata non già dall’altruità del diritto in sé, quanto dal fatto che il donante non assuma l’obbligazione di procurare l’acquisto del bene dal terzo.
5.5. - Alle medesime conclusioni deve pervenirsi per il caso in cui, come nella specie, oggetto della donazione sia un bene solo in parte altrui, perché appartenen- te pro indiviso a più comproprietari per quote differenti e donato per la sua quota da uno dei coeredi. Non è, Infatti, dato comprendere quale effettiva differenza corra tra i “beni altrui” e quelli “eventualmente altrui”, trattandosi, nell’uno e nell’altro caso, di beni non presenti, nella loro oggettività, nel patrimonio del donante al momento dell’atto, l’unico rilevante al fine di valutarne la conformità all’ordinamento.
In sostanza, la posizione del coerede che dona uno dei beni compresi nella co- munione (ovviamente, nel caso in cui la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni) non si distingue in nulla da quella di qualsivoglia altro donante che disponga di un diritto che, al momento dell’atto, non può ritenersi incluso nel suo patrimonio.
Né una distinzione può desumersi dall’art. 757 c.c., in base al quale ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione anche se per acquisto all’incanto e si con- sidera come se non avesse mai avuto la proprietà degli atri beni ereditari. Invero, proprio la detta previsione impedisce di consentire che il coerede possa disporre, non della sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, ma di una quota del singolo bene compreso nella massa destinata ad essere divisa, prima che la divisione venga operata e il bene entri a far parte del suo patrimonio.
6. - In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “La dona- zione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.
Coerede
Conclusioni
- omissis -
225•