Svolgimento del processo
Collegamento negoziale
Collegamento tra contratti e nullità: simul stabunt, simul cadent
CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 10 ottobre 2014, n. 21417 - Pres. Segreto - Est. Carluccio - P.M. Xxxxxxxxx – Onoranze funebri ledrensi di C.E. & C. S.a.s. c. Poker di fiori di T.E. & C. S.n.c.
Il collegamento negoziale tra un contratto nullo, nella specie costituito da una promessa di vendita e gli altri contratti collegati non nulli - affitto di ramo di azienda e vendita di beni aziendali - non può comportare la validità dell'intero complesso dei contratti collegati, in quanto il suddetto collegamento tra contratti non può operare come mezzo elusivo della nullità afferente il singolo contratto.
Svolgimento del processo
La Onoranze Funebri Ledrensi s.a.s. di Xxxxxxx Xxxxxx & C. e la Poker di fiori di Xxxxx Xxxx & C.
s.n.c. stipularono contestualmente (il 27 dicembre 2000) tre contratti. Con il primo, denominato “contratto di affitto di ramo di azienda” la Poker concesse in affitto alle Onoranze funebri il “ramo d'azienda” costituito dal commercio di forniture funebri e dalla agenzia di pompe funebri, escluso l'uso dei beni immobili aziendali, per la durata di un anno (l'intero 2001), non prorogabile e senza possibilità di recesso anticipato. Con il secondo, denominato “scrittura privata di promessa di vendita”, premesso il precedente contratto di affitto, la Poker promise di vendere a Onoranze funebri e quest'ultima promise di acquistare alla scadenza del precedente contratto di affitto il “ramo di azienda” affittato contemporaneamente, stabilendo il prezzo a corpo; in caso di inadempimento, si previde la possibilità di richiederne l'esecuzione o una penale doppia alla caparra. Sempre contestualmente, la Poker vendette alla Onoranze funebri tutta l'attrezzatura aziendale (autocarro e merci in giacenza), come risultante da fatture. Ed inoltre, le parti stipularono un accordo commerciale accessorio per la durata di cinque anni, con il quale la Onoranze funebri si impegnava a non commerciare fiori e ad acquistare quelli necessari per la gestione dell'azienda dalla Poker e la Poker si impegnava a fornirli ai prezzi correnti e a non svolgere attività concorrente con quella ceduta.
Sulla base di previsione contenuta nel contratto, si svolse un arbitrato irrituale in ordine al “contratto di affitto di ramo di azienda”, che si concluse (lodo del novembre 2005): con il rigetto della domanda di nullità dello stesso, avendo ad oggetto oltre che le licenze amministrative (rimaste intestate alla Poker) anche l'avviamento; con l'accertamento della tacita proroga sino al dicembre 2004 e dei canoni maturati sino all'epoca; con l'accertamento di somme già corrisposte dalla Onoranze funebri alla Poker e della debenza del residuo da parte della prima alla seconda.
Su richiesta della Poker, il Presidente del Tribunale di Trento ingiunse alla Onoranze Funebri il pagamento della somma di oltre Euro 21 mila, quale credito accertato dal lodo arbitrale irrituale.
L'opposizione proposta da Xxxxxxxx funebri fu rigettata.
Il Tribunale rigettò la domanda di nullità del lodo proposta da Xxxxxxxx Xxxxxxx e non prese in considerazione, ritenendole implicitamente assorbite, le altre domande concernenti il contratto preliminare di vendita, che esulavano dalla competenza degli arbitri e sulle quali questi non si erano pronunciati.
La Corte di appello, adita da Onoranze Funebri, con sentenza parziale, rigettò tutte le censure attinenti al lodo capi a), b) e c); ndr i capoversi del dispositivo, per chiarezza espositiva, sono stati contrassegnati da lettere dell'alfabeto da a) a g)); esaminando le domande della Onoranze relative al preliminare di vendita del ramo di azienda e poste in xxx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx - xxxxxxx o simulazione, risoluzione per inadempimento, accertamento di inefficacia per sopravvenuta
risoluzione consensuale, e relative restituzioni delle somme versate in esecuzione del contratto - le rigettò (capi da d) a g).
Con separata ordinanza, si dispose l'istruttoria per l'accertamento delle somme versate dalla Onoranze alla Poker, in più rispetto all'ammontare della caparra penitenziale prevista nel preliminare e riconosciuta spettante dalla sentenza parziale, che aveva ritenuto legittimo il recesso della Poker.
La sentenza definitiva, in esito all'istruttoria espletata, ritenuto pacifico che la Poker avesse incassato poco più di Euro 54.000,00 e ritenuto non provato l'ulteriore versamento di oltre Euro 7.000,00, individuò il credito restitutorio nella differenza tra quanto ricevuto in più dalla Poker rispetto alla caparra penitenziale ad essa spettante, da porre in compensazione con il credito della Poker di cui al decreto ingiuntivo, derivante dal lodo arbitrale relativo al contratto di affitto di “ramo d'azienda”. Quindi, revocato il decreto ingiuntivo, individuò il credito restitutorio spettante alla Onoranze Funebri, operata la compensazione con il credito della Poker derivante dal lodo e, quindi, dal decreto ingiuntivo, condannò la Onoranze Funebri al pagamento di oltre Euro 18.000, con accessori.
Poi, dato atto del pagamento da Onoranze Funebri alla Poker per effetto della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, condannò la Poker al pagamento della differenza tra la somma ricevuta e quanto dovutole dalle Onoranze Funebri.
La Onoranze Xxxxxxx Xxxxxxxx sas di Xxxxxxx Xxxxxx & X. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso le sentenze, sia parziale che definitiva, pronunciate dalla Corte di appello di Trento, rispettivamente in data 30 novembre 2009 e 15 luglio 2010.
La Poker, ritualmente intimata, non svolge difese.
Motivi della decisione
1)E' preliminare la verifica della ritualità e tempestività dell'impugnazione avverso la sentenza parziale e avverso la sentenza definitiva.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui “In tema di impugnazioni civili ed in ipotesi di sentenza non definitiva pronunciata ai sensi dell'art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, l'effetto riconducibile all'omessa riserva di impugnazione nel termine fissato dall'art. 361 c.p.c., non è quello della decadenza del soccombente dal potere di impugnare la sentenza, ma quello più limitato della preclusione circa la facoltà di esercizio dell'impugnazione differita. Ne consegue che la sentenza non definitiva può essere correttamente impugnata entro gli ordinari termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c.” (Cass. 8 aprile 2004, n. 6951, di recente, Cass. 9 gennaio 2007, n. 212).
1.1. Nella specie, la sentenza parziale - rispetto alla quale non era stata proposta riserva di impugnazione - è stata ritualmente impugnata, unitamente alla sentenza definitiva nel termine lungo previsto dall'art. 327, comprensivo del periodo di sospensione feriale, in mancanza di notifica delle stesse sentenze (sentenza parziale del 30 novembre 2009, sentenza definitiva del 15 luglio 2010, ricorso per cassazione avverso entrambe, del quale è stata effettuata la richiesta di notifica il 13 gennaio 2011).
2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1325, 1418 e 1344 c.c., dell'art. 8 del T.U. di pubblica sicurezza, dell'art. 112 c.p.c., unitamente a tutti i vizi motivazionali.
Si censura quella parte della sentenza parziale che ha escluso la nullità del contratto preliminare di vendita di “ramo di azienda”.
Si sostiene che sarebbe stata esclusa la nullità, erroneamente, nonostante oggetto dello stesso, emergente proprio dal collegamento dei contratti, fossero le licenze e l'avviamento e non il ramo di azienda. A tal fine, la ricorrente deduce la nullità del preliminare di vendita del ramo di azienda per inesistenza dell'oggetto indicato nel nomen iuris, tenuto conto: - che l'azienda promessa non esisteva, essendo stata già venduta l'attrezzatura aziendale (autocarro e merci in giacenza), ed essendo espressamente escluso dal contratto l'immobile in cui l'azienda era esercitata; - che oggetto dello stesso non potevano essere le “licenze di esercizio” atteso che il contratto sarebbe stato nullo:
per contrasto con norme imperative (art. 8 TULPS), le quali vietano la trasmissione delle stesse; ovvero per illiceità della causa ex art. 1344 c.c., perchè le parti sotto l'apparenza della promessa di vendita di azienda avrebbero compromesso di vendere le licenze; - che l'oggetto non poteva essere costituito dal solo avviamento, non cedibile separatamente dall'azienda, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Aggiunge che la Corte di merito aveva errato nel ritenere avvenuto il trasferimento del ramo di azienda attraverso i diversi contestuali contratti collegati. In particolare, non avrebbe potuto individuare un collegamento negoziale in mancanza di domanda in tal senso, così violando l'art. 112 c.p.c.; comunque, non avrebbe potuto ritenere il collegamento sulla base solo della contestualità della data, senza indagare il nesso teologico tra i negozi (requisito oggettivo) e il comune intento delle parti di perseguire non solo l'effetto tipico di ciascuno ma anche la realizzazione di un fine ulteriore (requisito soggettivo); comunque, non avrebbe spiegato le ragioni per cui dal collegamento negoziale risulterebbe un trasferimento di azienda.
Invece, secondo la prospettazione della ricorrente, proprio dal collegamento negoziale - nel quale emerge la vendita separata della dotazione materiale dell'azienda - risulterebbe la non esistenza della azienda promessa in vendita e la coincidenza dell'oggetto del contratto con le licenze commerciali (ndr e con l'avviamento).
2.1. La sentenza parziale della Corte di appello ha rigettato la domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di ramo di azienda, prospettata sotto il profilo della mancanza dell'oggetto, ritenendo che l'oggetto emergeva dal collegamento tra i tre contratti. Secondo il giudice di merito, all'esito dell'intersecarsi degli effetti dei tre contratti - l'affitto dell'azienda per un anno contemporaneamente alla vendita dei beni aziendali al conduttore e alla promessa di vendita con l'obbligo di stipulare il contratto definitivo alla fine dell'anno di affitto - veniva trasferita l'intera azienda, comprensiva dei beni materiali e immateriali e non solo le “licenze amministrative (ovviamente non cedibili con atti tra privati)”.
2.2. Il motivo va accolto nei limiti precisati.
Ai fini dell'accoglimento della censura rilevano due profili. Da un lato il preliminare di vendita del ramo di azienda è nullo per mancanza dell'oggetto, che avrebbe dovuto essere costituito dal complesso dei beni aziendali materiali e immateriali, essendo invece l'oggetto costituito dal solo avviamento, non autonomamente cedibile.
Dall'altro, l'esistenza dell'oggetto del contratto di promessa di vendita di ramo d'azienda non può ricavarsi dall'interazione degli effetti dei contratti contestuali collegati qualora, come nella specie, alcuni di questi non siano nulli, altrimenti, il collegamento negoziale finirebbe per essere un mezzo per eludere la nullità del singolo contratto collegato; con la conseguenza che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice del merito, il collegamento negoziale non è idoneo a consentire di ritenere esistente l'oggetto costituito dal trasferimento del ramo di azienda.
2.3. Con riferimento al primo profilo, va rilevato che, per ritenere integrata la nullità del contratto in argomento (artt. 1418 e 1325 c.c.) stante la mancanza dell'oggetto, costituito dal complesso dei beni materiali e immateriali, basta rilevare la sicura separata e contestuale cessione dell'intera attrezzatura aziendale (autocarro e merci in giacenza), mancando ogni prova in ordine all'esistenza di altri beni aziendali diversi da quelli ceduti separatamente, in una con l'espressa esclusione dal contratto dell'immobile in cui l'azienda era esercitata. Con la conseguenza che, oggetto effettivo della promessa di vendita risulta il solo avviamento, quale bene immateriale, che invece, secondo antica e non smentita, giurisprudenza di legittimità, non è autonomamente cedibile.
Ed infatti, si sostiene che, costituendo l'avviamento l'attitudine dell'azienda a funzionare e a produrre utili, non può essere concepito al di fuori dell'azienda, nè può essere considerato o trasferito separatamente da questa e la sua cessione si accompagna necessariamente alla cessione della azienda, della quale non è un elemento ma una qualità (Cass. 21 luglio 1967, n. 1889, Cass. 24 giugno 1968, n. 2110; Cass. 6 ottobre 1972, n. 2857).
Invece, ai nostri fini, diventa irrilevante che, secondo la censura avanzata dalla ricorrente, oggetto dello stesso contratto non potevano essere le “licenze di esercizio”, atteso che il contratto sarebbe
stato nullo: per contrasto con norme imperative (art. 8 TULPS), le quali vietano la trasmissione delle stesse; ovvero per illiceità della causa ex art. 1344 c.c., perchè le parti sotto l'apparenza della promessa di vendita di azienda avrebbero compromesso di vendere le licenze.
Nella direzione dell'irrilevanza di tale profilo ai fini della nullità del contratto, militano due osservazioni.
La prima è che dalla promessa di vendita (parzialmente riprodotta nel ricorso e indicata, in conformità alle prescrizioni dell'art. 366 c.p.c., n. 6, come doc. 2 nel fascicolo della ricorrente) risulta che nella stessa era presente il patto con cui il promittente venditore si obbligava nei confronti del promittente acquirente a prestare il suo consenso, o comunque a compiere l'attività necessaria, per consentirgli di ottenere una nuova “licenza”; patto ritenuto costantemente valido dalla giurisprudenza di legittimità, essendo un tale impegno finalizzato non alla violazione del principio della personalità della “licenza”, bensì alla sua osservanza (ex multis, Xxxx. 15 settembre 1986, n. 5600). La seconda è che negli ultimi anni, nella giurisprudenza di legittimità si è andato affermando il principio che l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività di impresa ha carattere personale e non è proprio riconducibile tra i beni che compongono l'azienda (Cass. 6 febbraio 2004, n. 2240), traendone la conseguenza che nel caso in cui l'azienda sia ceduta, il relativo contratto non può ritenersi, di per sè, nullo per violazione del principio di intrasferibilità delle autorizzazioni (Cass. 16 ottobre 2006, n. 22112).
2.4. Con riferimento al secondo profilo, è necessaria una premessa prima di soffermarsi sui contratti collegati.
2.4.1. Non rileva la censura in cui si lamenta che il giudice del merito non avrebbe potuto ritenere il collegamento sulla base solo della contestualità della data, senza indagare il nesso teologico tra i negozi (requisito oggettivo) e il comune intento delle parti di perseguire non solo l'effetto tipico di ciascuno, ma anche la realizzazione di un fine ulteriore (requisito soggettivo); indagine richiesta dalla giurisprudenza della Corte e rientrante tra i compiti esclusivi proprio del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (ex multis, Cass. 17 maggio 2010, n. 11974). Infatti, anche se il giudice non ha motivato su tali profili, il collegamento negoziale può ritenersi pacifico nella causa, atteso che la stessa ricorrente si muove nell'ottica del collegamento dei contratti per affermare l'assenza dell'oggetto nel preliminare di vendita, dato il contratto collegato di cessione dei beni aziendali.
2.4.2. In tema di collegamento tra contratti, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui, il collegamento negoziale - cui le parti, nell'esplicazione della loro autonomia possono dar vita con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto - non da luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, anche quando il collegamento determini un vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, ciascuno di essi si caratterizza in funzione di una propria causa e conserva una distinta individualità giuridica (ex multis, Cass. 10 luglio 2008, n. 18884). La conseguenza che se ne trae è che, in caso di collegamento funzionale tra più contratti, gli stessi restano soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre la loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi “simul stabunt, simul cadent” (Cass. 22 marzo 2013, n. 7255). Ciò comporta che se un contratto è nullo, la nullità si riflette sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti.
2.4.3. Ma, non è vero l'inverso. Se un contratto è nullo il collegamento negoziale con altri contrati non nulli non comporta la validità dell'intero complesso dei contratti collegati.
Infatti, il riflesso della nullità di un contratto sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti collegati, ma con individualità autonoma, costituendo l'effetto dell'essenza del collegamento negoziale dato dalla naturale interdipendenza dei contratti collegati, non può essere
impedito dalla circostanza che per ragioni estranee al fenomeno contrattuale alcuni di questi contratti siano non nulli. Come nella specie, nella quale il contratto di affitto del ramo di azienda risulta non nullo, per effetto del giudicato formatosi sulla statuizione emessa in sede di arbitrato irrituale, e il contratto di vendita dei beni aziendali risulta non nullo, perchè mai contestato in sede giudiziale.
Se si ammettesse che il collegamento negoziale tra un contratto nullo (nella specie promessa di vendita) e gli altri contratti collegati non nulli (nella specie affitto di ramo di azienda e vendita dei beni aziendali) comportasse la validità dell'intero complesso dei contratti collegati, il collegamento tra contratti finirebbe con l'operare come mezzo per eludere la nullità del singolo contratto.
E, nel caso di specie, legittimerebbe il risultato economico, cui le parti ragionevolmente miravano, di consentire l'esercizio di fatto per un anno dell'azienda da parte di persona diversa, cui i beni strumentali era stati ceduti, con l'autorizzazione amministrativa ancora intestata al cedente, ricevendo il corrispettivo per tale esercizio, con l'impegno del cedente ad adoperarsi e a non opporsi al trasferimento delle autorizzazioni amministrative nel momento in cui il cessionario avrebbe pagato l'avviamento; così ponendo in essere un contratto il cui unico oggetto era l'avviamento, essendo già stati ceduti i beni aziendali e non rientrando tra i beni aziendali l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività di impresa. Ne consegue che il collegamento tra i contratti considerati non può essere utilizzato per ritenere - come finisce con il fare il giudice di merito - che insieme all'avviamento furono trasferiti i beni e le attrezzature e quindi, per l'interazione degli effetti tra i contratti collegati, il contratto avesse per oggetto la promessa di vendita del ramo di azienda.
3. Dall'accoglimento del primo motivo e conseguente dichiarazione di nullità del preliminare di vendita, deriva l'assorbimento dei restanti motivi di ricorso, logicamente subordinati perchè presuppongono la validità del preliminare di vendita ritenuto nullo.
Con essi, infatti, si censura la sentenza parziale (con tutti i motivi) e la sentenza definitiva nella parte in cui richiama la sentenza parziale (solo con il secondo motivo), sul presupposto della validità del contratto preliminare di vendita di ramo d'azienda, prospettando l'erroneità della decisione che riconosce il diritto della Poker alla caparra penitenziale (secondo e terzo motivo) e che rigetta la domanda della Onoranze Funebri di risoluzione dello stesso contratto per inadempimento della Poker (quarto motivo).
3.1. Per effetto dell'accoglimento del primo motivo di ricorso, che comporta la nullità del contratto preliminare di vendita del ramo d'azienda, la sentenza parziale è cassata limitatamente ai capoversi del dispositivo ndr, contrassegnati da lettere dell'alfabeto per chiarezza espositiva da a) a g) rispondenti alle lett. d), e) ed f), relativi alla promessa di vendita; restano fermi i capoversi del dispositivo, concernenti il contratto di affitto, cui inerisce il credito portato dal decreto ingiuntivo a), b), c), e concernenti l'accordo commerciale g), non oggetto di censura in questa sede, dovendo restare esclusi dal giudizio in sede di rinvio i capi non impugnati; è cassata, inoltre, per quanto di ragione, la sentenza definitiva che aveva per presupposto la validità del preliminare di vendita, fermi restando - ai fini delle restituzioni - gli accertamenti delle somme versate da Onoranze Funebri alla Poker sulla base del contratto ora dichiarato nullo e non oggetto di censura in questa sede.
In sintesi, il giudice del rinvio, che liquiderà anche le spese processuali del giudizio di cassazione, individuerà le restituzioni conseguenti alla nullità del preliminare di vendita, fermo restando quanto accertato dalla sentenza definitiva, in ordine agli importi versati a tale titolo dalla Onoranze Funebri alla Poker e non oggetto di impugnazione in questa sede, e fermo restando quanto stabilito dalla sentenza parziale rispetto al contratto di affitto, cui inerisce il credito portato dal decreto ingiuntivo, e rispetto al rigetto della domanda concernente l'accordo commerciale, non censurati con il ricorso per cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa in relazione la sentenza parziale e la sentenza definitiva; rinvia, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione.
Gli effetti della nullità del singolo contratto sul collegamento negoziale
IL COMMENTO
di Xxxx Xxxxxxxxxxxx
La sentenza in commento si sofferma su una complessa fattispecie riguardante il collegamento negoziale tra un contratto nullo (nella specie promessa di vendita) e gli altri contratti collegati non nulli (nella specie affitto di ramo di azienda e vendita di beni aziendali) affermando che il riscontro di tale situazione non può comportare la validità dell'intero complesso dei contratti collegati, perché diversamente argomentando, il collegamento tra contratti finirebbe con l'operare come mezzo per eludere la nullità del singolo contratto. Conseguentemente, vengono esaminate le ragioni in base alle quali, la Cassazione, con la pronuncia in epigrafe, è giunta ad affermare il principio che se un contratto è nullo il collegamento negoziale con altri contratti non nulli non comporta la validità dell'intero complesso dei contratti collegati.
Il caso
Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte, riscontrata la nullità del contratto preliminare di vendita di ramo d’azienda per mancanza dell'oggetto, che anziché essere costituito dal complesso dei beni aziendali materiali ed immateriali, risultava invece rappresentato dal solo avviamento, non autonomamente cedibile, afferma che l'esistenza dell'oggetto del contratto di promessa di vendita di ramo d'azienda non può ricavarsi dall'interazione degli effetti dei contratti contestuali collegati qualora, come nella specie, alcuni di questi non siano nulli, altrimenti, il collegamento negoziale finirebbe per essere un mezzo per eludere la nullità del singolo contratto collegato, con la conseguenza che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice del merito, nella fattispecie esaminata, il collegamento negoziale non è idoneo a consentire di ritenere esistente l'oggetto costituito dal trasferimento del ramo di azienda.
I contratti così concepiti quindi non si fondono in un accordo unico, rimanendo distinti l'uno dall'altro, pur essendo volti al perseguimento di un risultato economico comune voluto dai contraenti.
Ciò non toglie che l'influenza reciproca debba escludere che vizi o mancanze di uno dei contratti possano essere compensate dal collegamento con gli altri, in quanto ogni contratto della struttura collegata deve essere valido ed efficace in sé, non potendo reperire aliunde elementi che sanino eventuali criticità.
La conseguenza di quanto sinora detto è che da un lato ciascun accordo deve rimanere assoggettato alla propria disciplina, e dall’altro che il collegamento determina soltanto una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale complessivamente inteso: simul stabunt, simul cadent.
Gli effetti del collegamento tra contratti
Il contratto è lo strumento giuridico attraverso il quale si possono costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici patrimoniali: è, dunque, un mezzo con cui si determinano gli spostamenti di ricchezza all’interno dell’ordinamento giuridico ed a tale fine, è indispensabile che tali spostamenti siano supportati da una causa.
Ciò premesso, con la pronuncia in commento la Suprema Corte ribadisce il principio che in tema di collegamento tra contratti, il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, essendo un meccanismo attraverso il quale le stesse parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una
pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un regolamento unitario dei reciproci interessi (1).
Pertanto, anche quando il collegamento determini un vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, ciascuno di essi si caratterizza in funzione di una propria causa e conserva una distinta individualità giuridica (2).
La conseguenza che se ne trae è che, in caso di collegamento funzionale tra più contratti, gli stessi restano soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre la loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui simul stabunt, simul cadent (3).
In ultima analisi, ciò comporta che se un contratto è nullo, la nullità si riflette sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti.
Infatti nella precedente giurisprudenza si è affermato costantemente che affinchè si possa parlare di collegamento negoziale non basta rinvenire l’esistenza dell’animus colligandi, ma è altresì indispensabile accertare un’obiettiva connessione fra i singoli contratti, in vista della realizzazione di un intento economico tangibile ed ulteriore, irraggiungibile con una unica pattuizione (4).
Il regime della nullità nel collegamento tra contratti
La giurisprudenza di legittimità ritiene che affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico (5), che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario (6), sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale (7).
Com'è noto, il collegamento negoziale si realizza attraverso la creazione di un vincolo fra i contratti che nel rispetto della causa e dell'individualità di ciascuno li indirizza al perseguimento di una funzione unitaria che trascende quella dei singoli contratti ed investe la fattispecie negoziale nel suo complesso (8). Nel collegamento volontario la fonte è costituita dall'autonomia contrattuale delle parti, e l'esistenza del collegamento va verificata non solo sulla base dei dati di natura soggettiva, bensì anche mediante il ricorso ad indici di tipo oggettivo. Il collegamento comporta la ripercussione delle vicende che investono un contratto - invalidità, inefficacia, risoluzione - sull'altro, seppure non necessariamente in funzione di condizionamento reciproco - ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all'altro e non viceversa - ed in rapporto di principale ed accessorio (9).
Per tale ragione, la considerazione della unitarietà ed interdipendenza funzionale degli interessi perseguiti pone in secondo piano il rilievo meramente formale della pluralità dei documenti sottoscritti dalle parti (10).
Infatti il criterio distintivo tra contratto “unico” e contratto “collegato”, non è dato da elementi formali, quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali, in quanto un contratto può essere unico anche se ricavabile da più testi ed un unico testo può riunire più contratti, o dalla mera contestualità delle stipulazioni, ma da quello sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti dalle parti interessate (11).
Il contratto collegato non è quindi un tipo particolare di contratto, ma un fenomeno di regolamento degli interessi economici delle parti (12), il cui accertamento del nesso di collegamento, delle sue modalità e conseguenze attraverso l'individuazione dell'effettiva volontà delle parti e della reale funzione economico-sociale che esse hanno inteso dare ai contratti nell'economia dell'affare rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito (13), il cui apprezzamento, notoriamente non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logico- giuridici, come peraltro si dà atto nella stessa sentenza annotata.
A ciò aggiungasi che il collegamento contrattuale può anche risultare legislativamente fissato ed essere allora tipizzato come accade nella disciplina della sublocazione contenuta nell'art. 1595 c.c., ma può essere anche tipico pur essendo espressione dell'autonomia contrattuale delle parti indicata dall'art. 1322 c.c. (14). In questi ultimi casi la giustificazione del collegamento è data dalla finalità complessiva, che è tale quando rende inscindibile l'assetto economico costituito dai diversi contratti posti in essere dalle parti contraenti (15).
Ciò premesso, con l’interessante pronuncia che si annota, premesso che l’avviamento di un’impresa commerciale non può formare oggetto di autonoma cessione, in quanto non riveste le caratteristiche richieste dall’art. 1346 c.c. per l’oggetto del contratto, si conferma il principio che se un contratto è nullo il collegamento negoziale con altri contrati non nulli non comporta la validità dell'intero complesso dei contratti collegati.
Infatti il riflesso della nullità di un contratto sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti collegati, ma con individualità autonoma, costituendo l'effetto dell'essenza del collegamento negoziale dato dalla naturale interdipendenza dei contratti collegati, non può essere impedito dalla circostanza che per ragioni estranee allo stesso fenomeno contrattuale alcuni di questi contratti non siano nulli.
In buona sostanza, in base al ragionamento della Corte, ove si ammettesse che il collegamento negoziale tra un contratto nullo e gli altri contratti collegati non affetti da nullità comportasse la validità dell'intero complesso dei contratti collegati, il “collegamento” tra contratti finirebbe con l'operare come mezzo o strumento per eludere la nullità del singolo contratto (16).
Le ragioni della riscontrata nullità del contratto di affitto di ramo d’azienda
In ordine al primo profilo di nullità riguardante la complessa fattispecie esaminata, i giudici di legittimità osservano che per ritenere integrata la nullità del contratto di cui trattasi, stante la riscontrata mancanza dell'oggetto, che avrebbe dovuto essere costituito dal complesso dei beni materiali ed immateriali, basterebbe rilevare la sicura separata e contestuale cessione dell'intera attrezzatura aziendale, mancando ogni prova in ordine all'esistenza di altri beni aziendali diversi da quelli ceduti separatamente, unitamente all'espressa esclusione evincibile dallo stesso contratto dell'immobile in cui l'azienda era esercitata.
Appare così evidente per la Suprema Corte come l’oggetto effettivo della promessa di vendita risulti essere il solo avviamento commerciale, nonostante quest’ultimo non possa essere autonomamente ceduto, in quanto notoriamente non viene ad esistenza autonomamente, ma solo come specifico elemento del complesso dei beni aziendali, inteso come surplus di valore dato dalla loro organizzazione ed attitudine a penetrare nel mercato dei beni e servizi producendo ricchezza, sulla cui scorta, pur costituendo un’autonoma “posta” di bilancio nella valutazione del complesso di beni aziendali, non può tuttavia costituire oggetto di separata pattuizione e cessione (17).
A ciò aggiungasi che nella promessa di vendita era altresì presente il patto - ritenuto legittimo dalla giurisprudenza di legittimità essendo finalizzato all’osservanza del principio di personalità della licenza - con cui il promittente venditore si obbligava nei confronti del promittente-acquirente a prestare il suo consenso, o comunque a compiere l'attività necessaria, per consentirgli di ottenere una nuova licenza (18).
Inoltre, sempre al fine di meglio chiarire il concetto che l’autonomia dei singoli contratti, sebbene collegati per eseguire un’unica e complessiva operazione economica, non può reputarsi elemento idoneo a consentire che la validità dei singoli atti possa essere giudicata nell’ottica dell’intera operazione, la Corte ha ripreso l’orientamento già formatosi nella giurisprudenza di legittimità nell’affermare il principio che l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività d’impresa, assumendo carattere personale, non è comunque riconducibile tra i beni che compongono l'azienda (19), con la conseguenza che nel caso di cessione di quest’ultima, tale contratto non può ritenersi di per sè nullo per violazione del principio di intrasferibilità delle autorizzazioni (20).
Conclusioni
Tirando le fila della breve disamina che precede, la sentenza che si annota desta interesse per avere precisato che i requisiti di validità dei singoli contratti, rimangono gli stessi anche in caso di collegamento negoziale e, dunque, l’oggetto di un contratto non può essere considerato ex art. 1346
c.c. semplicemente guardando al complesso delle pattuizioni poste in essere dai contraenti, altrimenti, si consentirebbe alle stesse parti di aggirare le norme imperative sulla nullità del contratto.
In definitiva, sotto tale ultimo aspetto, proprio perché il collegamento negoziale non esclude che ciascun contratto conservi la propria individualità e la propria causa, la Suprema Corte in occasione della fattispecie esaminata, ribadisce il principio che non può ritenersi legittimo l'esercizio di fatto per un anno dell'azienda da parte di persona diversa, cui i beni strumentali era stati ceduti, con l'autorizzazione amministrativa ancora intestata al cedente, ricevendo il corrispettivo per tale esercizio, con l'impegno del cedente ad adoperarsi ed a non opporsi al trasferimento delle autorizzazioni amministrative nel momento in cui il cessionario avrebbe pagato l'avviamento, in quanto, così operando si finisce con il porre in essere un contratto il cui unico oggetto è l'avviamento dell’azienda, essendo già stati ceduti i restanti beni aziendali, e non rientrando tra quest’ultimi l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività d’impresa.
In buona sostanza, la Suprema Corte nel rendere la soluzione alla fattispecie esaminata, sembrerebbe avere dato la propria valutazione assegnando la preminenza al criterio volontario- funzionale tra i contratti collegati che a sua volta considera l’operazione economica finale voluta dalle stesse parti, che in ultima analisi, costituisce l’oggetto del collegamento negoziale. Ciò si spiega in quanto l’unicità dell’affare, che sta alla base del fenomeno del collegamento, si pone anche come la stessa fonte delle obbligazioni scaturenti da ciascun contratto ma che confluiscono in rapporto di corrispettività nella complessiva ed unitaria trama contrattuale collegata (21).
In tal senso depone l’orientamento di legittimità precedentemente formatosi in materia (22), in base al quale, nel caso in cui le parti abbiano dato vita a contratti distinti che, pur conservando l'individualità propria di ciascun tipo negoziale e pur rimanendo sottoposti alla relativa disciplina, vengono tuttavia collegati tra di loro in modo che le vicende dell'uno si ripercuotono sugli altri, condizionandone la relativa validità, a tali contratti, strettamente interdipendenti, è applicabile la disposizione di cui all'art. 1419 c.c. (23), secondo cui la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole comporta la nullità dell'intero contratto. Le vicende che riguardano uno dei negozi collegati influenzano perciò necessariamente anche gli altri, condizionandone non solo l'esecuzione ma anche la stessa validità, dovendosi necessariamente supporre che se le parti avessero conosciuto la ragione dell’invalidità che colpisce uno dei contratti collegati non avrebbero posto in essere quelli ulteriori, ed al tempo stesso, ritenere che il venire meno dell'uno, impedendo la realizzazione del programma contrattuale che attraverso il collegamento doveva essere attuato, non giustifica il mantenimento in vita dei contratti collegati a quello invalido, in base al principio generale, che qui riceve deroga, della conservazione del negozio. Del resto in ciò risiede l'esistenza stessa del collegamento negoziale, che appunto significa interdipendenza funzionale e inutilità di un negozio collegato se l'altro non sia valido o non possa avere esecuzione (24).
Ciò aiuta a comprendere perchè la nuova concezione della causa del contratto sposta l’indagine dal piano formale della struttura dell’atto a quello sostanziale degli interessi perseguiti dalle parti contraenti, rappresentando la “causa” il momento attraverso il quale la dinamica contrattuale palesa nella sua reale portata e significato concreto il relativo assetto d’interessi. Ogni negozio è infatti espressione oggettiva di determinate finalità soggettive, e conseguentemente, la causa contrattuale non può che essere individuata come la funzione del singolo atto negoziale con la quale i soggetti hanno voluto disciplinare i propri interessi. In ciò trova anche spiegazione perchè, la causa non possa essere ridotta alla mera rappresentazione dell’interesse proprio del singolo contraente, ma fuoriesca dall’insieme degli interessi manifestati dalle parti che attraverso la loro sintesi palesano il senso della specifica operazione contrattuale rilevante e meritevole per l’ordinamento giuridico di
essere considerata ex art. 1322 c.c. Ciò che rappresenta la valorizzazione della causa concreta riferita all’intera operazione economica costituita dai contratti collegati (25).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono, non è quindi possibile sanare la nullità di un singolo contratto interpretandolo in connessione con gli altri atti negoziali che compongono la stessa operazione economica. La Corte al riguardo efficacemente sintetizza il suddetto principio affermando che se un contratto è nullo, la nullità può riflettersi sulla permanenza del vincolo delle pattuizioni connesse, che potrebbero perdere di utilità per le parti ma, al contrario, detto vincolo non può in alcun modo “salvare” un singolo atto negoziale che secondo le sue proprie norme è illegittimo.
(1) In dottrina si rinvia a X. Xxxxxxxx, Contratto collegato in Enc. dir., X, Milano, 1962, 54, rileva come agevole è la distinzione rispetto al contratto misto che costituisce un’unità - più prestazioni fuse fra di loro - mentre, nel caso del collegamento, siamo indiscutibilmente in tema di dualità o pluralità di contratti.
(2) Ex multis, si rinvia a Cass., 10 luglio 2008, n. 18884, in Guida al dir., 2008, 42, 80.
(3) Così Xxxx., 22 marzo 2013, n. 7255, in Guida al dir., 2013, 34-35, 42. La regola simul stabunt, simul cadent, lungi dall’essere di applicazione necessaria, rappresenta semplicemente la conseguenza dell’eventuale incompatibilità con l’originario programma negoziale della permanenza in vigore del negozio superstite, una volta venuto meno l’altro ad esso collegato. Quel negozio sarebbe in origine pienamente valido ed esente da vizi; purtuttavia, il programma unitario per la cui realizzazione si dà vita ad un collegamento negoziale non potrebbe più essere attuato, per esser venuto meno uno degli elementi costitutivi di esso; da qui l’inutilità degli altri negozi e la loro caducazione. La teoria dottrinale del collegamento negoziale, per la prima volta elaborata intorno agli anni '30 del secolo scorso, si fonda sul generale principio simul stabunt simul cadent, ovvero sull'efficacia immediata e diretta delle cause di invalidità, risoluzione o rescissione di uno dei negozi sull'altro, a causa dell'impossibilità di realizzazione dell'interesse perseguito dalle parti attraverso il loro coordinamento. Gli indici attraverso i quali la dottrina e la giurisprudenza hanno cercato di individuare il collegamento negoziale, onde derivarne le conseguenze giuridiche osmotiche dei vizi originari o sopravvenuti del sinallagma, sono di natura soggettiva - la volontà delle parti di realizzare una finalità unitaria attraverso due o più contratti - e di natura oggettiva - elementi contrattuali idonei a collegare funzionalmente i negozi. Il collegamento impresso dalle parti ai negozi non incide sull'autonomia strutturale dei contratti, ma ne determina la medesima sorte, legata a quella funzionalità economica unitaria data dai contraenti in vista del raggiungimento di un unico interesse economico. Cfr. Trib. Rovigo, 10 marzo 2011, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(4) Cass., sez. un., 25 novembre 2008 n. 23058. In dottrina, cfr. X. Xxxxx, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 4, 1167.
(5) In dottrina, sulle principali tematiche in ordine al fondamento di esso ed agli effetti che ne conseguono con particolare riferimento al rilievo della volontà e del nesso teleologico tra i negozi, nonché del principio fondato sul simul stabunt simul cadent cfr. F. Di Sabato, Unità e pluralità di negozi, contributo alla dottrina del collegamento negoziale, in Riv. dir. civ., 1959, I, 412; C. Xx Xxxxx, Collegamento negoziale e funzione complessa, in Riv. dir. comm., 1977, 279; X. Xxxxxxxxx, Negozi collegati in funzione di scambio, Riv. dir. civ., 1979, II, 398; X. Xxxxxxxxxxxx, Il collegamento negoziale, Napoli, 1983; X. Xxxxxxxx, I contratti collegati, nella Giur. sist. dir. civ. comm. fondata da Bigiavi e diretta da Xxxx e Xxxxxxx, I contratti in generale, III, Torino, 1991, 571.
(6) Si è osservato X. Xxxxxxxx, I contratti collegati, Milano, 1998, 36, in ordine all’operazione economica concepita e realizzata dalle parti mediante la tecnica del collegamento tra contratti distinti e causalmente autonomi, che oggetto del collegamento è proprio l’operazione economica, considerata nel complesso dei vari atti che la compongono e nel risultato pratico conseguito. La conseguenza di ciò è che aprendosi le porte alla valutazione non più dei singoli negozi ma dell’operazione complessiva che essi concorrono a realizzare, gli stessi singoli negozi non assumono più rilevanza individuale, ma assolvono, nella complessità dell’operazione, la medesima funzione che avrebbero svolto le singole clausole di un particolare contratto. Pertanto, anche i giudizi di liceità ed illiceità meritevolezza o meno, così come la valutazione dei vizi e delle cause di risoluzione, dovranno riferirsi all’intera operazione economica. In tal senso cfr. G.L. Rabitti, Project finance e collegamento contrattuale, in Contr. e impr., 1996, 224 e ss.
(7) Cass., 17 dicembre 2004, n.23470, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(8) Nei suoi aspetti generali, gli effetti del collegamento non investono la giurisdizione, e conseguentemente, si è escluso che tramite la clausola compromissoria contenuta in un contratto la deroga alla giurisdizione del giudice ordinario ed il deferimento agli arbitri si estendano a controversie relative a contratti collegati. Cfr. Cass., 7 febbraio 2006, n. 2598, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx; Cass., 11 aprile 2001, n. 5371, in Giust. civ. Mass., 2001, 764; Cass., sez. un., 28 luglio 1998, n. 7398, in Giust. civ., 1999, I, 2760.
(9) Xxxx., sez. un., 14 giugno 2007, n.13894, in Guida al dir., 2007, 37, 58; Cass., 28 giugno 2001, n. 8844, in
Giur. it., 2002, 1618.
(10) In dottrina si è rilevato che più negozi possono documentarsi in un unico atto e più atti documentare un unico negozio, cfr. X. Xxxxxxx, 1993, 188; Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, G. Oppo, Diritto delle società, in Scritti giuridici, II, Padova, 1992, 23.
(11) Cass., 27 aprile 1995, n.4645, in Giust. civ., 1996, I, 1093. In dottrina, si è osservato che ogni catena di contratti collegati è dal punto di vista logico assimilabile ad un unico contratto e che quest’ultimo è mentalmente scindibile in frammenti contrattuali contenenti ognuno tutti gli elementi astrattamente occorrenti per appartenere ad una figura contrattuale pensabile e nota, ovvero ad una figura contrattuale tipica, cfr. X. Xx Xxxx, Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxx, Torino, 1993, 468. Lo stesso autore precisa che quando viene in contestazione l’operazione economica finale in vista della quale sono stati realizzati l’insieme dei singoli contratti o frammenti quest’ultimi cessano singolarmente di avere una ragione d’essere non potendo più spiegare un’utile efficacia.
(12) Cass., 4 maggio 1989, n. 2065, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(13) In argomento cfr. X. Xxxxxxxxxxxx, 1960, Collegamento negoziale in Enc. dir., X, Milano, 375.
(14) In dottrina, X. Xxxxxxxxxx, Negozi giuridici collegati, in Riv. It. Sc. Giur., 1937, 38, ed in Scritti minori, Vol.II, 7 e ss. si è evidenziato come appartiene all’area concettuale del collegamento necessario - o per volontà della legge - il contratto accessorio che, deriva dalla funzione stessa cui il negozio, obiettivamente considerato adempie rispetto ad un altro, il cui tipico esempio è rappresentato dal contratto accessorio di garanzia che presuppone l’esistenza del contratto di credito al cui adempimento è funzionale.
(15) Cass., 17 novembre 1983, n. 6864, in Giur. it., 1984, I,1,1460. In dottrina C.M. Xxxxxx, Diritto civile, III, Milano, 1991, 455, ha rilevato come il nesso di interdipendenza non è un effetto legale dei contratti collegati, essendo invece il risultato conforme alla interpretazione del contratto, anche in mancanza di una specifica previsione delle parti.
(16) Sulla problematica inerente l’uso “anomalo” del collegamento negoziale, in precedenza, la giurisprudenza di legittimità aveva statuito che qualora anteriormente all'entrata in vigore della l. 23 ottobre 1960 n. 1369 - sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro - e quindi nella vigenza della l. 29 aprile 1949 n. 264 - sul divieto di mediazione del collocamento - un lavoratore fosse stato assunto da un'impresa appaltatrice di mano d'opera per essere posto a disposizione di altra impresa con un contratto di appalto, non si configuravano i presupposti della simulazione, bensì quelli di un negozio indiretto, mercè l'utilizzazione del negozio tipico di appalto per il perseguimento dello scopo ulteriore, dell'appalto di mano d'opera, vietato dall'ordinamento giuridico, con la conseguente nullità del detto negozio per illiceità della causa, in quanto in frode alla legge e l’estensione della nullità al negozio, funzionalmente collegato al primo, tra l'impresa intermediaria ed il lavoratore. Cfr. Cass., 3 dicembre 1987, n.8994, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(17) Secondo il tradizionale orientamento di legittimità, di cui viene dato atto nella pronuncia annotata, costituendo l'avviamento l'attitudine dell'azienda a funzionare ed a produrre utili, non può essere concepito al di fuori dell'azienda, nè può essere considerato o trasferito separatamente da questa, atteso che la sua cessione si accompagna necessariamente alla cessione dell’azienda, della quale non è un semplice elemento ma piuttosto una qualità. Cfr. Cass., 21 luglio 1967, n. 1889, in Mass. Giur. It., 1967, 721; Cass., 24 giugno 1968, n. 2110, ivi, 1968, 759; Cass., 6 ottobre 1972, n. 2857, ivi, 1972, 1080.
(18) Ex multis, Cass., 15 settembre 1986, n. 5600, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(19) Cass., 6 febbraio 2004, n. 2240, in Giust. civ., 2004, I, 891.
(20) Cass., 16 ottobre 2006, n. 22112, in Giur. it., 2007, 1652.
(21) Cass., 18 gennaio 1988, n.321, in Giust. civ., 1988, I, 1214. In dottrina cfr. X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 351, G.P. Xxxxxxx, Negozi collegati ed eccezione di inadempimento, in Xxxx.xx., 1982, I, 1, 380; X. Xxxxxxxx, op. cit., 71.
(22) Cfr. Cass., 15 dicembre 1982, n. 6917, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx; Cass., 17 novembre 1983, n. 6864, cit.; Cass., 25 luglio 1984, n. 4350, in Riv. notariato, 1985, 162.
(23) Osserva X. Xx Xxxxx, xx. xxx., 000 x xx. xxx xxxxxxxxx simul cadunt, simul cadent; non è accettabile, egli ha affermato, che le cause di invalidità, caratteristiche del momento formativo di un negozio e inerenti a quella sola fattispecie, si propaghino automaticamente al negozio ad esso collegato, “dotato per presupposto di vita e qualificazione autonoma e sottoposto, nella fase di conclusione, alle regole sue proprie”. Per tale ragione, secondo l’autore, non sarebbe corretto parlare di estensione delle cause di invalidità di un contratto, bensì di inutilità del contratto ad esso collegato, per il quale troverebbe applicazione il principio utile per inutile vitiatur, lontano da quello sancito dall’art. 1419 c.c.
(24) Nella pratica degli affari, si osservano con notevole frequenza casi di più negozi venuti ad esistenza anche separatamente, ma intimamente connessi l’un l’altro in vista del raggiungimento di un unitario obiettivo pratico ed economico. Ebbene, l’individualità di un negozio giuridico non è data dal numero degli effetti prodotti, bensì dal numero di conseguenze economiche generatesi. In altri termini, ogni negozio giuridico
sarebbe l’espressione di un unico intento pratico e sarebbe altresì la fonte di una unica conseguenza economica semplice, cfr. X. Xxxxxxxxxx, op.cit., 4. In pratica, serve non confondere il profilo della costituzione di uno o più negozi giuridici, demandato giocoforza alla volontà dei soggetti agenti, da quello dell’accertamento della loro unicità/pluralità. Il problema in esame attiene al diverso profilo dell’accertamento dell’esistenza di uno o più negozi giuridici, in quanto, trattandosi di due piani nettamente distinti non vanno confusi il momento della nascita del negozio giuridico con il momento dell’accertamento della sua unicità/pluralità. La stessa dottrina citata, ritiene più corretto propendere per l’adozione di un criterio che per la risoluzione della questione si affida ad una valutazione di natura giuridica obiettiva, che guardi al rapporto in cui stanno tra di loro le diverse prestazioni a tale fine sostenendo che si avrebbe un negozio unico quando le varie prestazioni considerate siano tra di loro dipendenti e connesse, nel senso che l’una renda possibile e faccia sorgere l’altra. In altri termini, un unico negozio può generare più d’una conseguenza economica, purchè sia possibile identificare una di esse come prevalente sulle altre, tanto sul piano giuridico quanto sul piano economico, cioè quando il risultato atteso dall’agente risulta irraggiungibile senza l’attività subordinata. In termini cfr. X. Xxxxxxxxxx, op.cit., 10. Secondo la ricostruzione del Giorgianni tre sono le principali caratteristiche che può assumere il collegamento contrattuale: un negozio è funzionale all’altro; un negozio trova la propria causa nell’altro, o meglio, nel rapporto giuridico originato dall’altro; oppure per esclusione, il caso del “collegamento in senso veramente tecnico”. In ogni caso, affinchè sussista il collegamento stricto sensu, alla struttura dei singoli contratti debbono aggiungersi due elementi, uno oggettivo ed uno soggettivo. Il primo consiste nel nesso teleologico ed economico, il secondo è l’animus, visto come l’intenzione di coordinare i vari negozi verso uno scopo comune. Secondo altra dottrina, orientata verso una visione che enfatizza il solo elemento obiettivo del collegamento negoziale - X. Xxxxxxxxxxxx, op.cit., 377; C.M. Xxxxxx, op.cit., 481 e ss. - ciò che invece interessa ai contraenti è il risultato pratico della pattuizione riassunta in termini prettamente economici, al cui soddisfacimento i contratti sono collegati. All’orientamento dottrinale sopra riferito si contrappone quello secondo il quale il collegamento negoziale trova fondamento logico nella volontà delle parti - X. Xxxxxxxx, op. cit., 48; X. Xxxxxxxxx, Collegamento e connessione tra negozi, in Riv. dir. comm., 1955, 372 - al punto che secondo X. Xxxxxxxx, op. cit., 32, il collegamento contrattuale non è una categoria autonoma dell’ordinamento giuridico, ma una mera tecnica contrattuale escogitata dalle parti per collegare fra di loro vari contratti tipici o atipici e determinare secondo la loro personale convenienza il contenuto di uno o più negozi. Pertanto, il collegamento negoziale darebbe vita ad un nuovo ed unitario negozio, che assommerebbe in sé le peculiarità dei singoli contratti e che, rispetto ad essi, vanterebbe un valore aggiunto: una causa a sé stante, idonea a realizzare l’interesse finale dei contraenti. Secondo altra dottrina - X. Xxxxx, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994, II ed., 299 - il fondamento del collegamento negoziale può invece essere rinvenuto sia sotto il profilo soggettivo, che sotto il profilo oggettivo, in quanto Il nesso di reciproca interdipendenza o di dipendenza unilaterale fra contratti potrebbe, infatti, risultare oggettivamente dallo stesso contenuto economico-sociale del rispettivo regolamento d‟interessi, ma anche dalla stessa volontà delle parti. Infine ad altra autorevole dottrina - X. Xxxxxxxxx Il contratto e l'operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, 93 e ss.; Mercato, contratto e operazione economica, in Rass. dir. civ., 2004, 1044 e ss.; L’operazione economica nella teoria del contratto, in Riv. trim. diritto e proc. civ., 2009, 905 e ss. - si deve l’elaborazione nel diritto dei contratti, dell’operazione economica, attraverso il procedimento inteso quale sequenza teleologicamente organizzata di atti e negozi giuridici funzionali alla realizzazione di un complesso risultato economico. L’indirizzo giurisprudenziale prevalente, pare aderire ad un’impostazione che pone l’accento sull’accertamento dell’esistenza del rapporto funzionale tra i contratti e perciò sull’assetto di interessi perseguito dalle parti, per come emergente dai contratti stessi, cioè sul programma economico unitario alla realizzazione del quale i diversi contratti sono coordinati. In particolare, l’unitarietà dell’interesse globalmente perseguito andrebbe ricercata dall’interprete sia sotto il profilo soggettivo, costituito dal comune intento delle parti di volere oltre all’effetto tipico dei singoli frammenti anche il risultato dell’operazione economica unitaria, sia sotto il profilo oggettivo, costituito dall’obiettivo collegamento ravvisabile fra i singoli contratti per attuare l’operazione stessa. Pertanto, la giurisprudenza di legittimità considera costantemente essenziali entrambi gli elementi: la voluntas colligandi non emerge come autosufficiente, ma rilevante solo perché funzionale alla realizzazione di un’operazione economica unitaria. Cfr. ex multis Cass., 16 marzo 2006, n. 5851, in Contratti, 2006, 1099;
Cass., 27 gennaio 1997, n. 827, in Corr. giur., 1997, 295; Cass., 4 settembre 1996, n. 8070, in Contratti, 1997,
26.
(25) Secondo X. Xxxxx, Contratti collegati e operazioni complesse, in I collegamenti negoziali e le forme di tutela, in Quaderni della rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2007, Milano, 43, l’esperienza del concreto mostra come la complessità del dato economico al quale l’attività contrattuale delle parti dà forma giuridica induca, con frequenza sempre maggiore, ad operazioni risultanti da una pluralità di contratti e atti tra loro autonomi e collegati in vista della realizzazione di un risultato unitario diverso da quello prodotto da ciascuno.