Ritenuto in fatto
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato tra il 16 e il 18 aprile 2007, la HVALPSUND NET A/S, società di diritto (OMISSIS), con sede legale in (OMISSIS), ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione nel giudizio promosso avanti al Tribunale di Latina, sede distaccata di Gaeta, da MED-FISH s.p.a., con sede in (OMISSIS), nei confronti della AD-AQ s.r.l, con sede in (OMISSIS) perché fosse accertato l'inadempimento della convenuta al contratto, stipulato con l'attrice, di fornitura di prodotti asseritamene
difettosi (segnatamente reti in naylon per la coltivazione in acqua marina di avanotteri) e condannata la stessa alla somma complessiva di Euro 1.011.718,19 oppure a diversa somma da accertare in corso di causa, anche a mezzo di CTU, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo.
Nel costituirsi, la AD-AQ precisava che i beni, asseritamente difettosi, erano di produzione della società (OMISSIS); eccepiva la incompetenza territoriale del Tribunale di Latina, ritenendo, invece, sussistere la competenza territoriale del Tribunale di Brescia, sotto il profilo della conclusione del contratto; contestava nel merito la fondatezza della pretesa e, per quel che interessa in questa sede, dichiarava di voler chiamare in causa la società (OMISSIS), produttrice delle reti, perché, in caso di accoglimento della domanda, andava (previa risoluzione
del contratto di vendita per inadempimento) condannata la chiamata società (OMISSIS) a restituire il prezzo versato da AD-AQ, nonché a rifondere i danni; in via alternativa e/o cumulativa e/o subordinata condannarsi la società (OMISSIS) a rifondere tutti i danni a qualunque titolo subiti da essa AD-AQ e/o da Med-Fish sia ex contractu che ex delicto, eventualmente quale indennizzo per arricchimento senza causa e di manlevare e tenere indenne la convenuta da ogni domanda contro di lei proposta da Med-Fish, che dovesse essere accolta anche solo parzialmente dal Tribunale. Disposta la chiamata in causa, si costituiva la società (OMISSIS), la quale eccepiva tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice italiano, per quanto concerneva la domanda subordinata formulata dalla AD-AQ, e l'incompetenza territoriale del giudice adito, da identificarsi, a suo dire, comunque nel Tribunale di Brescia.
Con ordinanza del 6 dicembre 2006 il giudice riteneva che la questione di giurisdizione sollevata, nonché quella di incompetenza territoriale, potessero essere decise unitamente al merito.
La chiamata in causa (OMISSIS) proponeva l'attuale regolamento preventivo, assumendo il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Essa ha anche presentato memoria.
Resiste con controricorso la AD-AQ. Il P.G. ha concluso per l'affermazione della giurisdizione del giudice italiano.
Diritto
Considerato in diritto
1. Secondo la ricorrente, avendo essa venduto le reti alla AD-AQ e quest'ultima alla Med-Fish, dovrebbe affermarsi la giurisdizione del giudice danese a conoscere della domanda di garanzia impropria; che, in ogni caso, egualmente si apparteneva la giurisdizione a tale giudice per la domanda di risoluzione del contratto, proposta nei suoi confronti, poiché la causa dovrebbe essere regolata sulla base della Convenzione di Vienna sulla vendita di cose mobili dell'11 aprile 1980 (rat.con L. 11 dicembre 1985, n. 765).
Nella memoria la resistente contesta che l'unica domanda rivolta contro la società (OMISSIS) sia quella di garanzia, da quest'ultima qualificata impropria e sostiene di aver formulato nei confronti della chiamata in causa una serie di domande in via tra loro alternativa e/o cumulativa e/o
subordinata, per cui "di tutte le domande era necessario tener conto ai fini della determinazione della giurisdizione del giudice italiano".
2.1. Ritengono queste Sezioni Unite che vada dichiarata la giurisdizione del giudice italiano, anche relativamente alla domanda contenuta nell'atto di chiamata in causa da parte della AD-AQ. s.r.l. della Hvalpsund Net A/S.
Va, anzitutto, rilevato che la domanda è stata proposta dalla convenuta nei confronti della chiamata subordinatamente all'accoglimento della domanda proposta dall'attrice contro essa convenuta ed attiene alla risoluzione del contratto di vendita tra loro intervenuto relativamente ai soli beni per cui era stata iniziata la causa dall'attrice nei suoi confronti, con conseguente condanna alla restituzione del prezzo ed al pagamento dei danni subiti e da accertarsi.
Essendo la domanda nei confronti della chiamata stata proposta in via subordinata all'accoglimento della domanda proposta dall'attrice nei confronti della convenuta ed avendo la domanda della chiamante ad oggetto l'accertamento degli stessi vizi dei beni ed il ristoro dei danni da corrispondersi all'attrice, ai fini della decisione sulla giurisdizione tale domanda della chiamante nei confronti della società (OMISSIS)
si pone come domanda di garanzia (tra le varie domande proposte alternativamente la chiamante richiede anche che la chiamata sia
condannata a corrispondere direttamente all'attrice il risarcimento del danno, da quest'ultima lamentato). Con la chiamata in causa, la convenuta mira a riversare sulla chiamata i costi risarcitori che
essa convenuta eventualmente sia tenuta a corrispondere all'attrice. L'apparente pluralità delle cause petendi nella domanda della chiamante nei confronti della chiamata non modifica tale struttura e funzione della domanda.
Anche ai fini del riparto della giurisdizione tra il giudice italiano ed il giudice straniero opera il criterio del "petitum" sostanziale.
Di conseguenza, anche la giurisdizione del giudice italiano e quella del giudice straniero vanno determinate non già in base al criterio della cosiddetta prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione giuridica soggettiva che l'istante da all'interesse di cui domanda la tutela), ma in base al diverso criterio secondo cui, ai fini del relativo riparto, non è sufficiente e decisivo avere riguardo alle deduzioni ed alle richieste formalmente avanzate dalle parti, ma occorre tener conto della vera natura della controversia, da stabilire con riferimento alle concrete posizioni soggettive delle parti in relazione alla disciplina legale della materia, il tutto nell'esame delle prove costituite già acquisite agli atti di causa (Cass. Sez. Unite, 24/07/2007, n. 16296).
2.2. Ai fini dell'ordinamento interno italiano deve ritenersi sufficientemente pacifica la giurisprudenza di legittimità (Cass. 24.1.2007, n. 1515; Cass. n. 13178/2006; Cass., 19208/2005; Cass., n. 12029/2002) sulla distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria,
nel senso che la prima si ha quando la causa principale e quella accessoria hanno in comune lo stesso titolo e anche quando ricorra una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande; la seconda, quando il convenuto tende a riversare le conseguenze del proprio inadempimento su di un terzo in base ad un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale, ovvero in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale.
Sulla base di tale distinzione, inoltre, si era pressoché consolidato nella giurisprudenza elaborata dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (ex plurimis: Cass. civ., Sez. Unite, 15/03/2007, n. 5978; Cass., sez. un., n. 579/99; Cass., sez. un., n. 10891/2001; Cass., sez. un., n. 20998/2005) il principio che, in tema di giurisdizione nei confronti dello straniero, il criterio di cui all'art. 6, n. 2, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, resa esecutiva in Italia con la L. 21 giugno 1971, n. 804 - secondo cui, in caso di azione di garanzia, il garante può, di massima, essere citato davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, anche se carente di giurisdizione rispetto a tale domanda - si applica
solo in caso di garanzia propria, ravvisabile esclusivamente quando la
domanda principale e quella di garanzia abbiano lo stesso titolo, o quando si verifichi una connessione obiettiva tra i titoli delle domande, ovvero quando sia unico il fatto generatore delle responsabilità prospettato con l'azione principale e con quella di garanzia.
3.1. Il principio è stato recentemente rivisitato da queste S.U. con sentenza n. 5965 del 12.3.2009.
Questa Corte con tale ultimo arresto ha ritenuto che, ai fini della giurisdizione internazionale, non ha alcuna valenza la distinzione tra garanzia impropria e garanzia propria, di cui all'ordinamento interno italiano.
Ritengono queste S.U. di dover ribadire tale principio.
3.2. L'irrilevanza della distinzione tra garanzia propria ed impropria vale segnatamente per determinare la giurisdizione internazionale, ai sensi dell'art. 6, comma 1, n. 2 del Reg. CE n. 44/2001 (identico all'art. 6, comma 1, n. 2, della Convenzione di Bruxelles del 1968).
Infatti, quanto alla nozione di chiamata in garanzia e, più in generale di chiamata di un terzo nel processo, se non può superarsi l'ostacolo costituito dalla mancanza nel diritto nazionale di un istituto analogo (per questa ragione l'art. 5 del protocollo, la cui disposizione è ora ripersa dall'art. 65 Reg., aveva disposto che la competenza giudiziaria contemplata dall'art. 6, n. 2, non poteva essere invocata in (OMISSIS),
trovando invece applicazione norme che prevedono un diverso istituto), va applicato il principio che le norme nazionali, che delineano l'ambito di applicazione della chiamata in causa di un terzo, devono essere interpretate alla luce della funzione della norma convenzionale, quale
delineata dalla giurisprudenza della CGCE, a proposito dell'art. 6, punto 1.
Come rilevato dalla sentenza CGCE 15.5.1990, C - 365/88, Hagen, la Convenzione ha lo scopo non di uniformare le regole processuali nazionali degli Stati contraenti e quindi è lasciato a queste di disporre in ordine
ai tempi ed ai modi che devono essere osservati per chiamare un terzo nel processo; tuttavia queste norme non devono precludere l'effetto utile della convenzione e, quindi, non possono essere applicate per limitare l'operatività delle norme di competenza previste dalla convenzione (principio affermato anche dalla sentenza CGCE Duijnstee, 15.11.1983, C
- 288/92).
La distinzione interna all'ordinamento italiano tra garanzia propria ed impropria, se applicata anche ai fini della giurisdizione internazionale, realizza la limitazione dell'operatività della norma regolamentare dell'art. 6, punto 2 citato.
3.3. Inoltre la CGCE ha indicato in numerose sentenze la finalità della norma di cui all'art. 6, punto 1 della Convenzione, ed essa in effetti integra la ratio anche della norma di cui al punto 2 dello stesso articolo.
Si richiede che tra le domande nei confronti di vari convenuti, ai fini del foro facoltativo di cui all'art. 6, punto 1, vi sia connessione.
Nelle sentenze Kalfelis (27.9.1988, C - 189/87) e Reunion Europeenne (27.101998, C - 51/1997) questo vincolo di connessione è indicato in una relazione tra le domande tale da consigliare che istruzione e decisione avvengano in un medesimo giudizio, per evitare soluzioni che potrebbero essere incompatibili se le cause fossero giudicate separatamente.
Questo rischio di incompatibilità tra decisione separate esiste anche nel caso di chiamata di terzo per la c.d. garanzia impropria, quale quella
in esame, in quanto con essa il chiamante fa valere nei confronti del chiamato una responsabilità contrattuale per gli stessi vizi della cosa venduta, su cui si fonda la domanda di responsabilità contrattuale proposta nei suoi confronti.
Infine, con la sentenza 14/03/2006, in causa C - 103/05, la stessa Corte di giustizia (sulla premessa secondo la quale la Convenzione di Bruxelles del 1968 sarebbe stata sostituita con il regolamento n. 44/2001 con l'intento di unificare le regole che designano il giudice competente a decidere delle controversie al fine di salvaguardare il funzionamento del mercato interno) avrebbe avuto modo di precisare come le norme (sia pur con riferimento alle "controversie intracomunitarie") dovessero presentare "un alto grado di prevedibilità", fondandosi sul generale principio
"nel domicilio del convenuto (...) salvo in alcuni casi rigorosamente determinati nei quali la materia del contendere o l'autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento", anche se il detto foro deve essere completato attraverso fori alternativi, "in base al collegamento stretto tra l'organo giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia". Sulla base di tali premesse, ha ritenuto la Corte che, ai fini della legittima instaurazione
di una controversia dinanzi al giudice nazionale nonostante il chiamato in garanzia sia soggetto di diritto estero, non rilevi affatto la natura del rapporto di garanzia (se essa, cioè, risulta "propria" o "impropria", secondo una distinzione cara all'interprete italiano ma sostanzialmente sconosciuta a quello europeo), decisiva risultando, per converso, "la verifica se il ricorso della società attrice al foro speciale di cui all'art. 6
della Convenzione abbia, o meno, come unico scopo quello di sottrarre le parti al foro generale del domicilio del convenuto".
3.4. In definitiva è irrilevante la distinzione tra garanzia propria e impropria ai fini di affermare o negare la giurisdizione del giudice
nazionale in caso di chiamata, da parte del convenuto nella causa principale, di un soggetto di diritto straniero, dal quale egli pretenda di essere manlevato, onde consentire la celebrazione del simultaneus processus, dovendo l'indagine circoscriversi, viceversa, al solo accertamento della non pretestuosità di tale chiamata.
4. Nella fattispecie, quindi, poiché la domanda proposta dalla convenuta nei confronti della chiamata società (OMISSIS), per i pretesi vizi della cosa acquistata (e poi rivenduta all'attrice) integra un'ipotesi di garanzia (essendo irrilevante a questi fini della giurisdizione internazionale che si tratti di garanzia impropria) e poiché è evidente la non strumentante e la non pretestuosità della chiamata in garanzia della Hvalpsund Net A/ S, va affermata la giurisdizione del giudice italiano sulla base dell'art.
6, n. 2, della Convenzione di Bruxelles del 1968 (attesa l'inapplicabilità, alla Danimarca, del corrispondente art. 6 del reg. CE n. 44/2001, a norma dell'art. 1 dello stesso regolamento), relativamente alle domande proposte dalla convenuta AD-AQ. s.r.l. nei confronti della chiamata Hvalpsund Net A/S.
Poiché la decisione è stata resa sulla base del recente diverso orientamento di questa Corte in tema di rilevanza della domanda di garanzia ai fini della giurisdizione internazionale, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di questo regolamento.