CGIL SPI IRES
CGIL SPI IRES
Quarto rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
NOVEMBRE 2013
INDICE
PRESENTAZIONE
Il “bisogno” di contrattazione
Xxxx Xxxxxxxx 4
Il crescere della contrattazione sociale nel declino del Paese
Xxxx Xxxxxxxxx 7
Contrattare e partecipare nella Crisi
Xxxxx Xxxxxxxx 11
Introduzione riunioni Interregionali presentazione 4° Rapporto sulla contrattazione sociale
Xxxxx Xxxxxx 15
L’Ocs e la pratica territoriale di contrattazione del sindacato
Beppe De Sario 19
PARTE I: LA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE NEL 2012 22
I dati e il profilo generale della contrattazione sociale La fisionomia tematica della contrattazione sociale La “mappa” delle voci tematiche negoziali
Le differenze territoriali: un focus su Nord, Centro, Sud Italia e Isole
PARTE II: APPROFONDIMENTI TEMATICI 67
Crisi del welfare abitativo e ruolo della contrattazione, Xxxxx Xxxxxxx
I servizi di cura agli anziani nei progetti del Piano di Azione e Coesione, Xxxxx Xxx
L’iniziativa antievasione attraverso la contrattazione sociale del sindacato, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
L’offerta educativa di Istruzione e Formazione nella contrattazione sociale territoriale, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxx Xxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx
PARTE III: CONTRIBUTI DAI TERRITORI 90
Xxxxxx Xxxxxxxxx, segreteria Cgil Piemonte Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxx Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx Xxxx, segreteria Spi Cgil Genova Xxxxxxx Xxxxxxxx, segreteria Cgil Lombardia Xxxxxxx Xxxxx, segreteria Spi Cgil Lombardia
Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Segretario generale Spi Cgil Milano Xxxxx Xxxxxxxxxx, segreteria Cgil Veneto
Xxxxxxx Xxxxxxxx, Segretario generale Spi Cgil Treviso
Xxxxxxxx Xxxxxxx, Cgil Xxxxxx Xxxxxxx
Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Segretario generale Spi Cgil Umbria Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Segretaria generale Spi Cgil Abruzzo Xxxxxxxxx Xxxxx, segreteria Cgil Puglia
Xxxxx Xxxxxxxxx, Segretaria generale Xxx Xxxx Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Segretario generale Xxx Xxxx Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxx, segreteria Cgil Calabria
Xxxxxxx Xxxxxxx, segreteria Spi Cgil Calabria
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
Questo Rapporto è strutturato in tre parti principali. La prima si concentra sui dati raccolti ed elaborati nel corso del 2012: l’avvio è dedicato a una rappresentazione generale della contrattazione sociale del 2012 (tipologia dei documenti, ripartizione territoriale, parti coinvolte, destinatari, etc.); a ciò segue un primo dettaglio riguardante le aree tematiche negoziate sui territori e una successiva articolazione dei temi negoziati per ciascuna area tematica. La seconda parte affronta dimensioni maggiormente valutative e propositive: vengono presentate proposte, temi in agenda e campagne promosse dalla Cgil, dallo Spi e dalle categorie nazionali intorno a temi come politiche abitative, non autosufficienza, fisco locale, infanzia e scuola. La terza parte presenta una sintesi degli interventi tenuti da responsabili territoriali e regionali di Cgil, Spi e categorie nel corso delle tre presentazioni del IV rapporto Ocs tenute a luglio 2013 a Napoli, Ancona e Milano. Quando non esplicitamente riportato nell’indice o in testa ai contributi, le sezioni di questo rapporto sono da attribuirsi a Xxxxx Xx Xxxxx (elaborazione dei dati, analisi dei documenti e stesura dei testi); ha collaborato al rapporto Xxxxxxxx Xxxxxxxx per la parte relativa al data management. Il coordinamento e l’impostazione del rapporto si devono a Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx e Xxxxx Xx Xxxxx. | |||
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PRESENTAZIONE
Il “bisogno”
di contrattazione
VERA XXXXXXXX
N
Segretaria nazionale Cgil
el 2011 le famiglie in condi- zione di povertà relativa era- no l’11,1 per cento; si tratta
di 8,2 milioni di individui poveri, il 13,6 per cento della popolazione resi- dente. La povertà assoluta coinvolge il 5,2 per cento delle famiglie, per un to- tale di 3,4 milioni di individui. Per quanto riguarda il mercato del lavoro prosegue l’incremento del lavoro a tempo determinato (più 5,5 per cento rispetto al 2010), del part time “invo- lontario” ossia di un lavoro a tempo parziale che si svolge in assenza di oc- casioni di impiego a tempo pieno. Molto marcato lo squilibrio di genere: le donne occupate sono il 49,9 per cento, gli uomini il 72,6 per cento.
A fronte di questi dati allarmanti, il fondo per le politiche sociali è passato da una dotazione di 1.464.233.696 euro del 2008 di cui 656.451.180 eu- ro destinati alle Regioni, ai 42.908.611 euro del 2012, di cui
10.680.362 euro destinati alle Regio- ni. È una spesa caratterizzata da un forte squilibrio tra le generazioni e tra i territori; da una mancata correlazio- ne tra welfare e sviluppo, incapace di coniugare assistenza e condizioni per
4 Presentazione
la crescita.
Queste “aride” cifre sono la rappresen- tazione delle insostenibili condizioni di vita di milioni di donne e uomini e delle scandalose disuguaglianze che la crisi ha acuito per effetto di politiche inique e spesso inefficaci.
Per far fronte a insicurezze e paure vecchie e nuove rinvigorite dalla crisi, dal lavoro che non c’è, che se c’è è sempre più precario, si è rafforzata la domanda di sicurezza, di protezione, di tutela, si è rafforzata l’esigenza di un forte ed efficace ruolo del pubbli- co. Tuttavia la qualità dei servizi non è cambiata, lo stato sociale ha continua- to a essere bersaglio di “riforme” giu- stificate da ragioni di costo, per dimi- nuire la quantità di risorse dedicate e non, per i necessari interventi di ri- qualificazione che non si affrontano mai veramente.
Per cui, nonostante siamo sempre più consapevoli che serva più pubblico siamo sempre più assuefatti all’idea che il pubblico “non funziona”: quin- di deve comunque essere ridimensio- nato. Sono cresciuti così la sfiducia e il senso di solitudine, l’idea che bisogna “difendersi da soli”, mettendo così in discussione il senso stesso della citta- dinanza e delle sue implicazioni, a partire dalla condivisione e riconosci-
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
mento del contratto sociale, costituti- vo di qualsiasi democrazia che ha i suoi presupposti nella giustizia, nella solidarietà, nell’equità, nel riconosci- mento della centralità della persona e delle sue relazioni. In questa sintetica delineazione di sce- nario si colloca la contrattazione so- ciale territoriale del sindacato, la sua insostituibile funzione. Oggi il biso- gno di contrattazione sul territorio è ancora più forte che in passato, ma non basta essere consapevoli di un’esi- genza per essere automaticamente al- l’altezza del problema. L’attività nego- ziale del sindacato tiene, nonostante le difficoltà, le condizioni avverse, (si- tuazione finanziaria, rapporti di forza, ecc.), in taluni casi addirittura aumen- ta. Spesso sentiamo dire: è una “con- trattazione difensiva”, lasciando inten- dere un giudizio negativo: difensiva, certo è innegabilmente questa la ca- ratteristica prevalente della nostra contrattazione, ma impedire x xxxxx- nere lo smantellamento del welfare lo- cale, realizzare maggiore equità e tute- la dei redditi da lavoro e da pensione, non sono risultati che meritano giudi- zi liquidatori. Testimoniano una pre- senza vitale del sindacato che ha biso- gno di attenzione e investimento in termini di proposta, innovazione, for- mazione, qualità. I cambiamenti che la lunga e pesante crisi porta con sé, la frammentazione dei bisogni, la conseguente numero- sità di soggetti portatori di interessi diversi e potenzialmente conflittuali, fanno sì che anche un semplice raffor- zamento della partecipazione non è sufficiente, se non è finalizzato, priori- tariamente, alla definizione di una “vi- | sione condivisa” delle cose da fare, di come leggere i fenomeni, come defini- re gli obiettivi e le priorità, cioè le con- dizioni di contesto all’interno del qua- le i singoli possono confrontare effica- cemente le proprie proposte. La con- trattazione, la partecipazione, debbo- no in primo luogo farsi carico di que- sto primo, fondamentale livello di ri- composizione sociale, altrimenti i processi di corporativizzazione diven- teranno esiziali per l’intero sistema di welfare pubblico, e non solo. Essa deve esser sostenuta da una forte legittimazione da parte dei cittadini, delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati che deve realizzarsi con un coinvolgimento sempre più capillare, a partire dalla definizione delle piattaforme. Confederalità e territorialità debbono essere le peculiarità distintive e irri- nunciabili per affrontare e valorizzare il nesso tra luoghi di lavoro e territorio come condizione di efficaci politiche sindacali a favore delle/i lavoratrici/to- ri, delle/i pensionate/i, dei cittadini. I mutamenti del mercato del lavoro, il protagonismo sempre più marcato delle imprese nella erogazione di servi- zi e/o prestazioni monetarie in forma diretta, spesso non contrattata, che in- cidono anche sulle politiche salariali, richiedono un coinvolgimento unita- rio della confederazione e delle cate- gorie nel ridefinire le coordinate delle possibili e necessarie integrazioni fra i diversi livelli di intervento nelle politi- che di welfare, della regolazione del rapporto pubblico privato. Questo è lo spirito e la cultura che hanno ispirato il piano per il lavoro: territorio, integrazione, rete, sono al- | ||
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cune delle parole chiave che lo con- traddistinguono, in sintesi: centralità della negoziazione.
La negoziazione territoriale si configu- ra sempre più come una fondamenta- le esperienza di partecipazione e di de- mocrazia che agisce tre le ragioni di u- na profonda riforma del welfare e le sue irrinunciabili caratteristiche di u- niversalità, solidarietà e giustizia. L’or- ganizzazione del territorio, la qualità dei suoi servizi, degli “spazi pubblici”, la loro accessibilità ed aderenza ai bi- sogni reali delle persone sono elemen- ti essenziali per la qualità della vita di una comunità. La contrattazione può contribuire significativamente a l con- seguimento di questo obiettivo, oggi essa deve misurarsi con la profonda crisi che ha investito l’economia mon- diale, crisi che non ha natura esclusi- vamente finanziaria, ma investe anche la dimensione sociale, valoriale, etica. Le insicurezze, il senso di precarietà che ne derivano, si combattono dan- do alle persone concrete prospettive di futuro, un futuro che torni ad evocare la possibilità di un progetto di vita, del miglioramento delle proprio condi- zioni. Anche in queste scelte risiedono le ragioni di un importante e rinnova- to ruolo del sindacato.
6 Presentazione
PRESENTAZIONE
Il crescere
della contrattazione sociale nel declino del Paese
XXXX XXXXXXXX
I
Segretario nazionale Spi Cgil
l 2012 assieme al 2013 sono gli an- ni più significativi ed emblematici della crisi economica, politica e fi-
nanziaria del nostro Paese.
Sono gli anni della massima disoccu- pazione giovanile, del più alto grado del- l’impoverimento sociale, di una povertà che ha coinvolto non più solo i sogget- ti al margine della società, ma nuove schiere di poveri che lavorano, che han- no la pensione, di centinaia di migliaia di giovani che non trovano nessun sboc- co occupazionale e quando lo trovano è per l’appunto precario.
Sono gli anni della più forte ed emble- matica deindustrializzazione, della mes- sa in discussione delle più elementari protezioni sociali, dal taglio alle risorse sulla non autosufficienza, al sistema sa- nitario nazionale, ai tagli diffusi sull’as- sistenza sociale per gli anziani, per i bam- bini, per i soggetti più fragili della so- cietà italiana, sono gli anni della cresci- ta dell’imposizione fiscale a carattere lo- cale, dei ticket sanitari.
Il 2012 e i 9 mesi del 2013 segnano la più grave ed ampia crisi di rappresen- tanza politica, istituzionale e sociale che l’Italia del dopoguerra non abbia mai conosciuto.
È in questo contesto politico e sociale che cresce il bisogno da parte dei citta- dini di contrattazione e negoziazione sociale, un bisogno interpretato anco- ra troppo timidamente da parte del sin- dacalismo confederale ma che se af- frontato in tutta la sua ampiezza e profondità, può crescere e rappresenta- re concretamente la nuova forza per un attore sociale come quello sindacale. In primo luogo la contrattazione socia- le rappresenta il forte bisogno non an- cora espresso, di democrazia, di demo- crazia partecipata, vale a dire la possibi- lità di cambiare e migliorare insieme le condizioni sociali dei cittadini, li nel ter- ritorio, dove si incontrano le differen- ze e le contraddizioni delle persone in carne ed ossa.
Se noi analizziamo l’attività svolta nei territori per costruire l’impianto, l’os- satura della contrattazione sociale, ci rendiamo conto della quantità di ela- borazioni, di relazioni, politiche, isti- tuzionali, sociali che servono prima di sedersi attorno ad un tavolo per nego- ziare i temi che riguardano i diversi bi- sogni delle persone di quel territorio. La contrattazione sociale se esercitata in misura estesa in tutto il territorio è uno degli strumenti utili a combatte- re la disillusione sociale verso la poli- tica e le istituzioni pubbliche, può di-
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale 7
ventare un punto di incontro tra i dif- ferenti soggetti, una pratica di inclu- sione di quelle persone che la società ha abbandonato alla solitudine e spes- so ai margini sociali.
La contrattazione e la negoziazione so- ciale vanno esercitate in tutte le condi- zioni politiche, sociali ed economiche sia in una fase di espansione che di re- cessione, come quella che stiamo vi- vendo in questi anni.
La contrattazione che si è sviluppata nel 2012 rappresenta concretamente le dif- ficoltà sociali determinate dalla crisi, dal confronto con le regioni ed i comuni per definire misure di sostegno al red- dito, di aiuto ai crescenti livelli di po- vertà, una contrattazione relativa alla fi- scalità, introducendo forme di pro- gressività, una negoziazione tesa ad evi- tare maggiori tagli alle prestazioni so- ciali verso le fasce più deboli della po- polazione, in alcuni casi si sono deter- minate azioni di contrasto all’evasione fiscale attraverso l’istituzione di patti antievasione tra le amministrazioni co- munali, le organizzazioni sindacali e le agenzie delle entrate.
Altre forme di negoziazione sono rap- presentate dai confronti che riguarda- no gli aspetti sociosanitari, come ad esempio il tema delle liste di attesa, op- pure il contrasto ai tagli lineari sulla sa- nità, cosi come sono state importanti le azioni per avere dei servizi sociali pre- senti sui territori come la costruzione in alcune aree territoriali delle case della salute. Vi sono state poi forme di inter- vento per ridurre i costi delle rette del- le case di riposo e per renderle più ac- coglienti e meno oppressive.
Come possiamo notare la contratta- zione sociale abbraccia molteplicità di
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questioni, tutte legate alla condizione materiale della persona ed al territorio, però si intreccia costantemente con la contrattazione sociale nazionale, per- tanto le prossime azioni rivendicative dovranno concertare l’azione nazio- nale con quella territoriale, alfine di definire piattaforme coerenti a tutti i livelli di contrattazione, definendo qua- li sono le priorità della nostre propo- ste rivendicative.
In primo luogo vanno utilizzati tutti gli strumenti e le conoscenze sulle scelte di politica sociale e finanziaria che le am- ministrazioni pubbliche vanno defi- nendo sia di entrata che di uscita. L’os- servatorio sui bilanci comunali,regio- nali e delle aziende partecipate, con- sentono di comprendere alla fonte qua- li sono le scelte che le nostre contropar- ti vanno facendo. Di conseguenza l’os- servatorio sulle politiche di contratta- zione sociale deve essere affiancato da quello sulle politiche di bilancio, co- gliendo quali possono essere gli inter- venti sia di razionalizzazione delle spe- se, che di investimento a sostegno di un nuovo welfare sia locale che nazionale. Un altro strumento può essere la defi- nizione di questionari rivolti ai cittadi- ni di quel territorio sia esso locale che regionale, allo scopo di conoscere i lo- ro bisogni e le loro aspettative. La let- tura comparata dei questionari ha la ca- pacità di indicarci le priorità della po- polazione,per costruire le piattaforme rivendicative attraverso il consenso di una più ampia partecipazione dei cit- tadini.
La contrattazione sociale dovrà essere la più diffusa possibile su tutto il territorio nazionale, se vi è una criticità in questi ultimi anni è quella di essere stata una
contrattazione concentrata in alcuni ter- ritori, dunque abbiamo la necessità di rafforzare la nostra azione rivendicativa i misura più ampia, a partire da quelle realtà che sono più in difficoltà. Una con- trattazione capace di interpretare i mu- tamenti sociali, istituzionali che la crisi economica e finanziaria ha prodotto in questi anni, di rispondere ai nuovi pro- blemi che il forte cambiamento demo- grafico ha determinato, a partire dalle risposte alle nuove patologie che l’in- vecchiamento pone alla società moder- na, ma anche alla necessità di un mi- glioramento delle condizioni di benes- sere per milioni di persone.
Insomma la contrattazione sociale può diventare il traino per una politica rin- novata che vede la partecipazione dei lavoratori e dei pensionati alle scelte am- ministrative come nuovo fattore de- mocratico di cambiamento.
Contrattare socialmente è appropriar- si del territorio, è controllare che le scel- te che si fanno siano condivise e che ab- biano come fondamenta criteri di egua- glianza e giustizia.
Possiamo dire che in questi ultimi anni si è aperta una nuova frontiera sindaca- le che va rafforzata ed estesa a tutto il corpo dell’organizzazione sindacale con- federale, una frontiera che parte dal ter- ritorio e si estende al livello nazionale. La crisi economica, finanziaria e politi- ca di questi anni ci consegna un Paese diviso e profondamente diseguale, un paese con forti ingiustizie, con prote- zioni sociali minori, e con un forte au- mento delle aree di povertà e di minori diritti, la contrattazione sociale deve ri- vendicare maggiore uguaglianza, più giustizia e diritti, maggiori protezioni, attraverso un welfare rinnovato.
Un welfare che vede prioritario dare al Paese una legge nazionale sulla non au- tosufficienza di livello essenziale, af- fiancata da leggi regionali che colgono le differenze territoriali, dunque una legge di civiltà che va sostenuta finan- ziariamente.
Un sistema sanitario universale, che non scivoli velocemente verso un sistema privatistico, perciò la contrattazione so- ciale è lo strumento atto a ricercare so- luzioni condivise per il cambiamento, per superamento degli sprechi, delle inefficienze nella gestione amministra- tiva, per trovare le soluzioni al proble- ma delle liste di attesa, all’uso impro- prio dei pronto soccorso, attraverso l’i- stituzione di centri di accoglienza terri- toriali capaci di dare le primarie rispo- ste al cittadino.
Occorre affrontare con determinazio- ne il tema dell’integrazione socio sani- taria, a partire dal territorio insieme con il livello nazionale al fine di determina- re un nuovo ruolo concertato tra i di- versi livelli di intervento sia sanitario che assistenziale.
Riportare al centro del confronto l’idea di un sistema sanitario universale come motore di sviluppo e di ricchezza per tutto il Paese. Promuovere benessere so- ciale significa più risorse e meno costi sociali, significa ricerca, innovazione e di conseguenza migliore occupazione. Costruire nel territorio protezioni so- ciali integrate, che vedano di nuovo in- sieme i diversi attori sociali, dai medici di medicina generale, agli assistenti so- ciali, agli operatori sanitari coordinati seriamente dalle istituzioni, puntual- mente riformate, evidenzia con forza un’idea di prevenzione sociale volta al benessere della persona ed alla sua cu-
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale 9
ra, le stesse case di riposo o residenze protette devono essere migliorate, ed umanizzate, inserendole nel tessuto so- ciale per favorire il rapporto positivo tra la persona ed il suo ambiente famiglia- re e relazionale.
In fine la tutela del reddito si compone di più fattori: dal contratto nazionale di lavoro, dalla retribuzione della pensio- ne nazionalmente definita, ma anche di contrattazione aziendale per i lavorato- ri, di contrattazione sociale per i citta- dini su tariffe, fiscalità locale, servizi so- ciali efficaci, amministrazione buro- cratica efficiente, dal costo della casa sia in affitto che di proprietà, dalla funzio- nalità dell’amministrazione pubblica, dal controllo sui costi della politica con i suoi annessi come ad esempio la mol- titudine di aziende comunali compar- tecipate. Questi sono alcuni dei temi che riguardano direttamente la con- trattazione sociale nel territorio ed a li- vello nazionale.
Altro tema importante è quello della tu- tela ambientale, del patrimonio urba- no delle città e dei piccoli centri, del ri- sanamento del territorio, della salva- guardia dei beni storici ed ambientali, della vivibilità dei centri urbani. Que- sto potrebbe essere l’altra faccia del be- nessere della persona, integrata nella vi- ta di un territorio ambientalmente sa- no e pulito.
Insomma la contrattazione sociale può diventare la risposta alla crisi di rappre- sentanza sociale del sindacalismo con- federale e alla domanda di maggiore par- tecipazione che viene dai cittadini in questi anni.
Dunque ora bisogna praticarla e farla diventare il dna della nostra azione sin- dacale.
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Presentazione
PRESENTAZIONE
Contrattare
e partecipare nella crisi
XXXXX XXXXXXXX
Coordinatrice dell’Osservatorio
È
sulla contrattazione sociale Cgil e Spi
il nostro quarto appuntamento con il rapporto sulla contratta- zione sociale e territoriale. Ab-
biamo iniziato questa attività di rileva- zione con una crisi che stava comin- ciando a manifestare i suoi effetti e le sue inedite caratteristiche. Sono passati quat- tro anni e siamo ancora nel tunnel, la morsa non si allenta, il peso della crisi si riverbera in maniera assai iniqua sui cit- tadini, anche per effetto di scelte politi- che che privilegiano sempre le strade già note per il risanamento dei conti pub- blici: taglio dei finanziamenti al welfa- re, aumento dell’imposizione fiscale, nes- sun intervento serio di riforma dei ser- vizi che affronti anche il costoso e dila- gante tema della corruzione; perman- gono invece elevatissimi i livelli di eva- sione fiscale.
Il conto si presenta sempre e solo ai “pa- gatori certi”: lavoratori e pensionati. La politica predilige la semplificazione del- le relazioni, il rapporto diretto con i cit- tadini si risolve in una scelta tra un Sì e un No negli appuntamenti elettorali e/o referendari: una scelta manichea, che esclude impegno e ragionamento, con- fronto e dialogo, quindi sintesi della plu-
ralità delle posizioni e delle esigenze che spesso si esprimono, talora anche legit- timamente, in forma corporativa e lob- bistica, con una visione parziale e per certi versi egoistica delle cose.
La crisi della politica ha raggiunto livelli fino a pochi anni fa impensabili per il nostro Paese di disaffezione dei cittadi- ni alla partecipazione, realizzando una vera e propria crisi democratica. Quel- lo a cui assistiamo è una crescente cor- porativizzazione della società che mu- ta in radice i modi e i sensi della parte- cipazione democratica, come azione vol- ta al bene comune. Tutto questo rende quanto mai necessaria la riappropria- zione da parte della politica della sua funzione “sintetica dei bisogni sociali”, per invertire il segno di un sistema in cui vince il soggetto più forte e conti- nuano ad indebolirsi giustizia, equità e legami sociali.
La crisi della politica è anche crisi dei gruppi dirigenti, della classe ammini- strativa, della loro qualità e capacità di far fronte in maniera adeguata alle esi- genze ed emergenze che si debbono af- frontare. L’azione negoziale del sinda- cato non può non risentire di questa si- tuazione; ma un primo dato importan- te va rilevato: non c’è stato il temuto ri- trarsi, sono diminuiti gli accordi sotto- scritti, perché non si sono trovate me-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
diazioni condivisibili, ma la presenza sul territorio è ancora forte e il confronto con le istituzioni diffuso.
Le differenze più significative, rispetto agli anni passati (peraltro conferme di tendenze che si erano già evidenziate) ri- guardano il merito.
La gran parte della negoziazione è im- pegnata essenzialmente su due “aree”:
• misure di sostegno al reddito, rispo- sta “dovuta” a fronte dei crescenti li- velli di impoverimento, di mancan- za e di precarizzazione del lavoro, del diffondersi del “lavoro povero”. È da sottolineare come alla numerosità de- gli interventi non corrisponda il li- vello di adeguatezza necessaria: spes- so sono limitati sostegni al pagamen- to degli affitti, delle utenze, se non ve- ri e propri interventi caritativi: pac- chi alimentari, etc. Risulta comple- tamente assente il tentativo di af- frontare la questione in forme più strutturali e non meramente assi- stenzialistiche; decisiva in tal senso è la mancanza di misure di carattere na- zionale.
• I temi della fiscalità locale: i suoi rei- terati e indiscriminati inasprimenti sono lo specchio della iniquità del no- stro sistema fiscale. La contrattazio- ne territoriale agisce sul versante del recupero di una maggiore progressi- vità ed equità del prelievo. Interes- santi e significativi segnali arrivano anche da alcune esperienze di lotta al- l’evasione fiscale, particolarmente in relazione ai tributi locali.
Questa polarizzazione, dettata dagli ef- fetti della crisi sociale ed economica, ha ridimensionato l’attenzione su settori importanti sia sotto il profilo quantita- tivo che qualitativo, come le politiche di
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Presentazione
genere, i diritti di cittadinanza più in ge- nerale, i servizi all’infanzia, le politiche per l’immigrazione.
Possiamo dire che l’attività di contratta- zione è sempre più condizionata dalla ne- cessità di rispondere all’emergenza a sca- pito di proposte con un orizzonte più profondo, che provino a misurarsi con le necessarie riforme e innovazioni, anche dei sistemi sociali ed economici territo- riali che, invece, stanno cambiando per effetto dei tagli ai finanziamenti, senza al- cuna relazione (o assai marginale e scar- samente influente) con motivazioni di maggiore efficacia, aderenza ai concreti bisogni dei cittadini, trasparenza, etc.
Altra evidenza che merita un confronto realistico, libero da pregiudizi, è il nes- so del tutto inedito rispetto alle forme del passato che dovrebbe instaurarsi tra contrattazione nei luoghi di lavoro e con- trattazione territoriale: sia per l’incidenza che le politiche di welfare, fiscali, dei tra- sporti, dei servizi educativi, hanno sul- la qualità della vita e la disponibilità di reddito delle/ei lavoratrici/ori sia per il diffondersi del welfare aziendale (con tutti i riflessi, sul salario, sulle risorse, sul scelte fiscali che ne conseguono).
Per questo, credo sia necessario riflette- re sui modi con cui il sindacato “inter- pella” le istituzioni pubbliche, chiama- te in causa come soggetti deputati a rea- lizzare le proposte di cui è portatore e si fa rappresentante. In questa prospetti- va, sarebbe necessaria dunque una tor- sione marcatamente progettuale del- l’attività rivendicativa che nulla toglie alla sua natura negoziale, ma punta a far sì che essa si eserciti su un terreno più avanzato e produttivo. Del resto la stes- sa proposta del Piano del lavoro, e ancor più, la sua attuazione, muovono da que-
sto assunto: essere protagonisti della ri- progettazione dei sistemi sociali ed eco- nomici territoriali attraverso la valoriz- zazione, l’integrazione delle risorse (in- tellettuali, umane, economiche, socia- li...) e delle peculiarità di ciascuna realtà nel quadro di un nuovo sviluppo del si- stema Paese.
È un’occasione per confrontarci con una diversificazione delle modalità con cui i cittadini cercano di avere visibilità sociale perché c’è una sempre maggio- re difficoltà a riconoscersi integralmente nelle tradizionali “classi sociali” e sem- pre più ciascun individuo presenta ca- ratteristiche ed esigenze che sono tra- sversali.
Abbiamo bisogno di investire in qualità e quantità sulla negoziazione territoria- le, che è una componente sempre più ri- levante del profilo di un sindacato con un forte insediamento territoriale, con una rappresentanza legittimata da un coinvolgimento effettivo dei cittadini e dei lavoratori, a partire dalla definizio- ne delle piattaforme rivendicative, sem- pre più capace di integrazione tra istan- ze verticali (categorie) e confederalità. Ma abbiamo anche bisogno di istitu- zioni pubbliche più forti e capaci di as- sumere pienamente nelle proprie scelte la complessità sociale, senza cercare fa- cili scorciatoie.
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
PRESENTAZIONE
Introduzione riunioni interregionali
XXXXX XXXXXX
I
Resp. nazionale Spi Cgil Osservatorio contrattazione sociale territoriale
n primo luogo voglio ringraziare tut- te le compagne e i compagni che han- no fatto nel 2012 i 1.020 accordi sul-
la contrattazione sociale, permettendo alla Cgil, Spi e Associazione Xxxxx Xxxx- tin di presentare il IV rapporto nazio- nale dell’Osservatorio sulla Contratta- zione Sociale. Farò una breve introdu- zione dicendo l’essenziale, cercando di stare lontano dalle lunghe introduzio- ni, e arrivare subito al punto.
I dati del rapporto sulla contrattazione sociale che vi verranno illustrati da Bep- pe De Sario dell’Ires sono la fotografia dell’Italia in profonda crisi economica, sociale e occupazionale le cause che han- no determinato la crisi economica e oc- cupazionale dell’Italia sono “esogene” (esterne) ed “endogene” (interne) con pesanti ripercussioni sui risultati degli accordi sulla contrattazione sociale.
Il nuovo metodo di presentazione del rap- porto dell’osservatorio nazionale a livel- lo interregionale è finalizzato a costruire un’ampia partecipazione di chi fa con- trattazione sociale. Quindi non temete non vogliamo con questa iniziativa lan- ciare l’idea sindacale delle macro regioni d’Italia anticipando la lega nord. Peraltro
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Presentazione
l’obiettivo futuro è di presentare il rap- porto dell’Ocs in tutte le regioni.
La gravissima crisi economica e occu- pazionale ha prodotto e produrrà ulte- riormente in futuro un forte incremen- to della domanda di sostegno al reddito e di accesso ai servizi in forma agevola- ta per un numero sempre maggiore di cittadini.
Ma le risposte date nella contrattazione sociale ai bisogni di sostegno sociale dei cittadini in difficoltà, sono state insuf- ficienti per colpa dei pesanti tagli ai tra- sferimenti, e il patto di stabilità che han- no ridotto i margini di azione delle am- ministrazioni locali.
Purtroppo è un periodo difficile, com- plicato per la contrattazione sociale che ha come obiettivo prioritario il miglio- ramento del welfare, della fiscalità loca- le, efficaci politiche redistributive, la tu- tela dei diritti sociali e il consolidamen- to dei processi di democratizzazione del- le istituzioni pubbliche.
Il processo della contrattazione sociale è iniziato negli anni novanta con il varo del- la “riforma delle autonomie locali” e i suc- cessivi decreti attuativi con il “decentra- mento amministrativo”. Lo sviluppo del- la contrattazione sociale tra i sindacati e gli enti locali si è reso possibile per lo spo- stamento in periferia dei livelli di gover- no di funzioni importanti attinenti al lo-
ro sviluppo sociale ed economico. Quin- di, dal 1990 il processo di contrattazione ha interessato in modo crescente l’ente comune, l’unione dei comuni, le Asl, le comunità montane, le aziende parteci- pate, le province e le regioni.
Negli ultimi anni, inoltre, nel sindaca- to è aumentata la consapevolezza di far convergere obiettivi e temi della con- trattazione sociale con le azioni di con- trattazione aziendale, con lo scopo di non separare i diritti di cittadinanza dai diritti del lavoro.
Finalità generale della contrattazione so- ciale è quella di “affermare responsabi- lità pubblica e cittadinanza attiva, in- clusione sociale e rispetto dei diritti uma- ni, equità nell’allocazione delle risorse pubbliche e uguaglianza nell’accesso al- le opportunità, trasformare i favori e le clientele in diritti di cittadinanza, pro- muovere trasparenza e rispetto delle re- gole” (documento approvato dal 16° Congresso Nazionale Cgil 2010).
La contrattazione sociale è stata limitata nella sua azione negoziale per gli effetti pesanti dei tagli dei fondi nazionali che hanno perduto circa il 75% delle risorse complessivamente stanziate dallo stato. Dal 2008 al 2012 la dotazione del fon- do per le politiche sociali è stato ridotto da 929,3 milioni a 69,95 milioni. Inol- tre la manovra di bilancio del 2011 ha cancellato ogni stanziamento per il fon- do per la non autosufficienza, che nel 2010 disponeva di 400 milioni. Il fon- do nazionale per le politiche della fami- glia, che sosteneva le adozioni, la conci- liazione dei tempi di vita e di lavoro per i nuovi nati, è passato da 185,3 milioni 31,99 milioni. Solo dopo le nostre azio- ni di lotta il governo ha stanziato di nuo- vo solo per il 2013 i fondi per le politi-
che sociali e per i non autosufficienti. Quindi le politiche economiche decise dai governi con la Spending Review (re- visione della spesa) e con i tagli lineari ha anche ridotto le risorse per la sanità. Nell’ultimo rapporto del Censis ci dice che 9 milioni di italiani rinviano le cu- re e almeno 12 milioni ricorrono alle cu- re private sia per ridurre le liste d’attesa sia perché ormai spesso costa di più ri- volgersi al sistema sanitario pubblico. Peraltro, il sistema della sanità pubblica considerando l’intera filiera della salu- te, vale l’11,2 del PIL nazionale. Quin- di, la questione della sostenibilità’ del welfare sanitario, non è solo, o tanto, di carattere finanziario, ma soprattutto di carattere sociale. Ne consegue che una parte della politica stia sempre più spin- gendo i cittadini a scegliere di costruir- si con i fondi integrativi una sanità pri- vata perché quella pubblica si ridurrà sempre di più nel futuro.
La grande contraddizione di questa po- litica economica scellerata dei governi che si basa “sul facciamo pagare i costi della crisi ai contribuenti onesti”, visto che l’Italia risulta il paese in Europa con il dato più alto di evasione rispetto al PIL. I dati dichiarati dalla corte dei con- ti dell’evasione in Italia è 180 miliardi l’anno che rappresenta il 27% del PIL Italiano. Il paradosso è che sono stati re- cuperati nel 2011 solo 7,2 milioni e ci sono 11 milioni di contribuenti che pa- gano zero. La domanda nasce sponta- nea perché in Italia non si fa una seria, coerente, incisiva lotta all’evasione e elu- sione fiscale? Visto che esistono paesi co- me l’America che battono l’evasione pa- gando gli informatori anche 104 milio- ni,ma gli permette di recuperare note- voli somme di frodi fiscali. C’è il fonda-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
to dubbio o sospetto che in itali i parti- ti non vogliono combattere seriamente l’evasione e l’elusione fiscale, perché non vogliono perdere i voti degli 11 milioni di contribuenti che pagano zero. Molto si potrebbe aggiungere su questo aspet- to dell’evasione, visto che è l’unico set- tore dove si possono realmente recupe- rare soldi se si vuole realmente cambia- re radicalmente il sistema fiscale abbas- sando la pressione delle imposte e rilan- ciare l’economia e il lavoro per i giovani e meno giovani in Italia.
I dati dei documenti dei quattro rapporti nazionali: 1. rapporto anno 2010 n.121
documenti, 2. rapporto anno 2011
n.439 documenti, 3. rapporto anno 2012 n. 955 documenti, 4. rapporto an- no 2013 n.1.020 documenti. Il nume- ro dei documenti varia da Regione a Re- gione e tra Nord, Centro e Sud. Regioni del Nord = 607/60% dei do- cumenti, Regioni del Centro = 323/30% dei documenti, Sud e Isole = 90/10% dei documenti, Totale piattaforme pre- sentate in Italia 40.
Dei 1.020 documenti catalogati nell’Ocs nazionale voglio evidenziare solo 5 ar- gomenti delle aree di primo livello, che sono stati definiti nella contrattazione sociale: Contrasto all’evasione fiscale e patti antievasione; Contributi econo- mici; Riduzione addizionale Irpef co- munale; Parti coinvolte-livello unitario; Rapporto piattaforme accordi-verbali.
1) È aumentato il numero dei documenti che hanno definito azioni di contrasto all’evasione fiscale e tributaria, passan- do da 312/34% del 2011 a 423/39,9% del 2012. Ciò significa che nonostante l’ambiguità, la miopia dei governi na- zionali i sindacati a livello locale conti- nuamente provano a recuperare risorse
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Presentazione
finanziarie per destinarle al welfare o al miglioramento dei servizi per i cittadi- ni. Ma per aumentare ulteriormente l’impegno dei comuni sulla lotta all’e- vasione fiscale, bisognerebbe che il go- verno stabilisca che il 100% delle risor- se recuperate dai comuni con i patti an- tievasione restino al comune e non solo il 50% come avviene adesso. Peraltro la scelta di destinare il 100% ai comuni, potrebbe essere un incentivo ulteriore contro l’evasione. Inoltre è urgente che il governo per il rilancio della lotta all’e- vasione fiscale adotti misure più effica- ci con la tracciabilità nelle transazioni tra partite iva, il superamento dello spe- sometro per gli acquisti dei privati.
2) Sono aumentati i documenti che han- no stabilito contributi economici con forma di “una tantum contro la povertà” passando da 169/18,4% del 2011 a 295/27,8% del 2012.cio’ ci dice che è aumentato il numero dei poveri in Ita- lia che chiedono sostegno economico al comune.
3) C’è stato un aumento dei documen- ti che hanno definito riduzioni dell’ad- dizionale Irpef comunale per le fasce so- ciali più deboli passando da 319/34,7% del 2011 a 489/46,1% del 2012. Que- sti dati ci dicono quanto sia ampia e cre- scente la domanda dei cittadini per un welfare basato sulla solidarietà e più ade- guate economie sociali.
4) È l’unica contrattazione sindacale con oltre il 80% dei documenti firmati uni- tariamente da Spi-Fnp- Uilp e circa il 50% da Cgil Cisl Uil e in alcuni anche i sin- dacati di categoria del pubblico impiego.
5) La prima criticità da affrontare è tra il
numero basso degli accordi fatti 1.020 rispetto al numero dei Comuni in Italia che sono 8.093. La seconda criticità è il
numero bassissimo delle piattaforme presentate che state solo 40 rispetto ai
1.020 accordi-verbali fatti nel 2012. È necessario invertire questa tendenza pro- vando ad aumentare in primo luogo la quantità delle piattaforme, costruendo- le con il coinvolgimento e la partecipa- zione dei cittadini e delle associazioni. Concludo con alcune proposte:
1) È necessario integrare i sistemi infor- matici degli osservatori regionali (Pie- monte, Lombardia,Toscana, Emilia Ro- magna) con quello Nazionale, predi- sponendo il trasferimento automatico dei flussi-dati dei documenti.
2) È indispensabile dare definitivamente avvio della pagina web Cgil - Spi - Ocs per dare informazione continua degli ac- cordi sulla contrattazione sociale e delle materie attinenti al welfare generale.
3) È urgente costituire in tutti i livelli del-
la Cgil i “comitati d’indirizzo sulla con- trattazione sociale” con le stesse caratte- ristiche contenute nell’intesa del 2009 tra Cgil e Spi nazionale. La Cgil dovrebbe decidere rapidamente, che i responsa- bili della contrattazione sociale debbo- no svolgere esclusivamente, assidua- mente questa attività sindacale e non “una tantum” .Bisogna aumentare il no- stro impegno, spostando sulla contrat- tazione sociale, le donne e gli uomini più preparati e competenti visto che essa si dispiega nell’intero arco dell’anno e tut- ti gli anni. Chiudo su questa aspetto ri- cordando che sulla contrattazione so- ciale si afferma il profilo più alto del no- stro ruolo confederale.
4) È necessario realizzare al più presto una “Guida” nazionale sulla contratta- zione sociale, visto che nell’intesa del 2009 tra Spi e Cgil sottoscritta da Car- la Cantone e Xxxxxx Xxxxxxxxx, venne
deciso di cambiare il termine usato dal- lo Spi Negoziazione a Contrattazione Sociale. Ritengo che la scelta fatta dallo Spi dalla Cgil è stata quella di costruire un nuovo modello di contrattazione dei temi del welfare Comunale. Penso ad modello di guida che contenga leggi, analisi dei bilanci comunali, regole sul- l’Isee, linee di indirizzo per le piattafor- me rivendicative e i rapporti dell’Osser- vatorio sulla contrattazione sociale, etc.
5) Riaprire il tavolo nazionale unitario di confronto con l’Anci per definire un protocollo sulle linee guida per la con- trattazione sociale Regionale, Provin- ciale e Comunale. Il protocollo Nazio- nale con l’Anci può aiutare a rendere più esigibile l’apertura del confronto con gli Enti Locali che sono meno disponibili a fare accordi con i sindacati.
Come è noto la contrattazione sociale non è regolata né da leggi né da accordi interconfederali e quindi si realizza con l’impegno costante delle strutture sin- dacali e la disponibilità degli Enti Loca- li, che hanno più sensibilità politica a confrontarsi con i rappresentanti delle parti sociali.
Quindi ogni giorno il sindacato deve co- struire con l’impegno costante, il con- senso, la partecipazione e i risultati, ciò implica un duro lavoro per tutti coloro che si occupano di contrattazione so- ciale. Noi Nazionali siamo disponibili a dare il nostro contributo a tutte le strut- ture sindacali che hanno bisogno delle nostre conoscenze e competenze.
Concludo con la premessa scritta nel do- cumento del 1995 sulla contrattazione sociale e pubblicato nel numero 17 di Spi-Informa, nel quale sono stati pre- sentati i risultati e le analisi dei 150 ac- cordi sulla contrattazione sociale fatta
17
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
nei Comuni in Italia.
C’è scritto “l’analisi della contrattazio- ne sociale evidenzia il ruolo nazionale del sindacato, il modello organizzativo lo rende presente con un insediamento territoriale unico, come nessuna strut- tura sindacale possiede. In un contesto unitario con Fnp e Uilp, si pone l’esi- genza di nuovi obiettivi della contratta- zione territoriale, muovendoci nella di- rezione di un nuovo welfare, basato su forme di solidarietà, capace anche di pro- muovere più economie sociali”.
Ritengo che i contenuti e i principi di quanto ho letto, siano ancora validi e di estrema attualità. Quindi, spetta a tutti noi il compito e il ruolo di provare a rea- lizzarli con la contrattazione sociale. Rafforzando il metodo praticato dei rap- porti unitari e della concertazione del confronto con gli Enti Locali.
Solo aumentando in tutte le regioni il numero degli accordi, potremmo real- mente provare a costruire realmente la “terza gamba” del sistema contrattuale, come ha detto il nostro Segretario Ge- nerale Nazionale Xxxxxxx Xxxxxxx.
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Presentazione
PRESENTAZIONE
L’Ocs e la pratica territoriale di contrattazione
del sindacato
BEPPE DE SARIO
P
Associazione Xxxxx Xxxxxxx Isf Ires
er certi versi il 2012 si può con- siderare un anno di mutamenti significativi nel profilo della con- trattazione sociale del sindacato, e que- sto principalmente come riflesso di di- versi processi politici, sociali, economi- ci e amministrativi – a loro volta di dif- ferente intensità e durata storica – la cui convergenza sull’anno passato ne ha reso particolarmente radicali gli ef- fetti sulle politiche sociali e territoriali, di cui la contrattazione è una compo- nente e, allo stesso tempo, un sensore. Anzitutto, tra i processi di più lunga du- rata è evidente la crisi della finanza lo- cale anche a seguito di un federalismo municipale finora velleitario, del crol- lo dei trasferimenti da parte del gover- no nazionale e in generale per l’emer- sione di una questione fiscale che attie- ne sia alla sostenibilità dei welfare loca- li sia a questioni più ampie di giustizia sociale, di godimento di una piena cit- tadinanza, nonché di corrispondenza delle policies ai caratteri fondamentali della Costituzione repubblicana – tra i quali, senz’altro, il principio di pro- gressività e la parità di condizioni di ac- cesso e di esercizio dei diritti di cittadi-
nanza –.
In secondo luogo, ha avuto un ruolo de- cisivo il passaggio politico e istituzio- nale vissuto nelle due fasi della legisla- tura nazionale precedente, nelle quali lo sviluppo territoriale, gli attori locali e gli stakeholder sociali sono stati con- siderati un fardello o un capitolo di spe- sa pubblica da sfrondare; o, nell’ultima fase della legislatura, una variabile so- ciale ed economica del tutto dipenden- te rispetto alle politiche nazionali di ade- guamento alle normative europee di au- sterità (certo, con la rilevante eccezio- ne rappresentata dalle iniziative per la coesione territoriale, per quanto assai specifiche dal punto di vista sia di po- licy sia di concentrazione territoriale). In terzo luogo, dalla lettura analitica dei dati e quindi dalla riflessione su ciò che è accaduto nel 2012 emergono senz’al- tro diverse domande – sia pratiche sia strategiche – rivolte alla contrattazione sociale e territoriale del sindacato: ad esempio, (1) la dipendenza della con- trattazione da variabili contestuali e con- tingenti a causa delle quali di anno in anno possono mutare fortemente i ri- sultati ottenuti, la loro distribuzione ter- ritoriale e quindi i benefici distribuiti tra i cittadini e i lavoratori. Inoltre, (2) va indagato il legame tra politiche so- ciali territoriali e politiche del lavoro e dello sviluppo – anche alla luce dei da-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ti attuali – per capirne la contingenza o, al contrario, la dimensione strategica, specie alla luce di diversi elementi qua- li il contrasto degli effetti della crisi e le possibili vie d’uscita, l’interazione tra le politiche di sviluppo e la contrattazio- ne territoriale e di secondo livello, il con- trasto dei nuovi rischi sociali (che di- ventano fenomeni di massa, come nel caso della diffusione della povertà rela- tiva e assoluta), la connessione della con- trattazione sociale con le stesse linee gui- da più generali della Cgil (in particola- re, come ovvio, il Piano del lavoro).
Le pagine che seguono illustrano diversi elementi quantitativi e qualitativi del- la contrattazione sociale realizzata dal sindacato nel corso del 2012. Tuttavia, prima di immergersi nei documenti del- l’azione sindacale e nei dati elaborati dall’Ocs, va sottolineata la multidi- mensionalità dell’azione dell’Osserva- torio stesso. Difatti, l’occasione del rap- porto annuale non è solo il momento di sintesi e di messa in luce delle ten- denze e dei nodi critici delle politiche sociali locali, ma anche un’occasione di autoriflessività, di apprendimento e di aggiustamento della contrattazione so- ciale in quanto pratica sindacale. E lo stesso Osservatorio – immaginato co- me un sistema informativo capace di in- teragire con le domande, le riflessioni e le intuizioni del sindacato attivo nei ter- ritori – si giova in questa fase di elabo- razione dei momenti di confronto con la contrattazione concreta, che si rea- lizza giorno per giorno e cerca di conti- nuo nuove soluzioni e opportunità di miglioramento.
In tal senso, il confronto tra i dati e la voce dei responsabili sindacali torna a porci diversi temi che attraversano la
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Presentazione
storia e l’evoluzione più recente della contrattazione sociale. Se da una parte con essa si rafforza l’orientamento del- le organizzazioni dei lavoratori e dei pen- sionati a una rappresentanza generale degli interessi e dei bisogni dei cittadi- ni, dall’altra la contrattazione sociale ri- sulta più sensibile di altre pratiche sin- dacali ai mutamenti sociali, economi- ci, istituzionali, e ai loro effetti sulla so- cietà locale. In tal senso, i tempi – o me- glio, le temporalità – implicati nella con- trattazione sociale non possono che es- sere complessi: essa è chiamata a inter- venire tempestivamente sugli effetti più concreti delle criticità sociali, e allo stes- so tempo deve confrontarsi con percorsi e progettualità di più lunga durata e di prospettiva, specie laddove la negozia- zione si incrocia con la concertazione delle politiche sociali. La contrattazio- ne sociale, diversamente dalle altre at- tività contrattuali, non solo si connet- te alle difficoltà del ciclo economico, ma entra in relazione con le debolezze e le lacune dell’apparato amministrati- vo. In tal senso, i vincoli esterni della contrattazione sociale sono di vario ge- nere e non si limitano a quelli di legge e all’autonoma determinazione delle re- gole e delle prassi da parte degli attori coinvolti, come nel caso della contrat- tazione nazionale di lavoro e di quella di secondo livello.
Accanto a ciò, la contrattazione socia- le paga – e a volte si giova di – una scar- sa formalizzazione delle relazioni tra le parti, essendo fondata principalmen- te sulla conferma, anno dopo anno, di patti formali sulle relazioni sindacali ma anche tradizioni e consuetudini al confronto tra sindacato e amministra- zioni locali. Su di queste influiscono
pertanto le prassi stabilite ma anche le culture degli attori, nelle loro caratte- rizzazioni territoriali, politiche, sinda- cali, e così via. Vi è tuttavia anche una forza centripeta che ha reso nel corso del tempo utile la contrattazione so- ciale anche per le amministrazioni lo- cali, in termini di legittimazione delle scelte e – in casi più fecondi – di ricer- ca della scelta sociale migliore; più in generale è emersa (sostenuta progres- sivamente anche per via normativa) una “domanda di politica sociale” che ha trovato una risorsa strategica anche nell’azione del sindacato.
Infine, il tema decisivo risulta quello della rappresentanza. Questa non è af- fatto scontata nemmeno nella con- trattazione di lavoro, sia per ciò che at- tiene alle regole della rappresentanza formale sia per i mutamenti della com- posizione sociale, contrattuale, occu- pazionale del mondo del lavoro che so- no sempre più accentuati e interpella- no criticamente il sindacato stesso (un aspetto per tutti: quello della preca- rietà). Pertanto il tema di quali soggetti mettere in luce, di quali bisogni per- seguire il soddisfacimento e in che mo- do, risulta una sfida costante della con- trattazione sociale territoriale. Tale complessità attiene certamente alla ca- pacità del sindacato di percepire il mu- tamento dei bisogni e di portarlo nel- le agende negoziali; ma, ciò induce ad analizzare le specificità di una pratica sindacale in cui rappresentanza non coincide linearmente con affiliazione e/o con sostegno e adesione. Occorre quindi interrogarsi costantemente su quali modalità siano necessarie per en- trare in relazione con i soggetti socia- li, con le organizzazioni della società
civile che svolgono un ruolo di advo- cacy, con i portatori di saperi e com- petenze sociali (anche all’interno del- le categorie sindacali dei lavoratori at- tivi e dei pensionati) e sintetizzare tut- to questo nella pratica negoziale.
La contrattazione sociale, a seguito del- la sua evoluzione più che ventennale, è oggi certamente orientata a un ap- proccio universalistico e, allo stesso tempo, ha la possibilità di mettere in evidenza i bisogni specifici degli indi- vidui e dei gruppi sociali. Questo bi- nomio non è affatto, tuttavia, un dato acquisito una volta per tutte, né tan- tomeno da considerare scontato o pie- namente soddisfacente. Ciò, come det- to, è dovuto sia alle questioni legate al- la rappresentanza, alla qualità del pro- cesso negoziale, sia a una molteplicità di fattori territoriali e legati agli attori in campo (dall’atteggiamento delle am- ministrazioni locali alle diverse sensi- bilità delle culture sindacali confede- rali e categoriali), ma anche a elemen- ti più contingenti e relativi alle prio- xxxx indotte dalla crisi e dagli interven- ti per contrastarla. Al di sotto dell’il- lustrazione quantitativa dei dati, per- tanto, l’analisi proposta – come d’al- tra parte un auspicabile approccio sin- dacale alla contrattazione – intende sottolineare la centralità dei bisogni nel rinnovamento della stessa base del pro- cesso negoziale, il quale può condurre ad accordi che beneficiano i diversi sog- getti in virtù di agende negoziali pla- smate dall’osservazione, dalla relazio- ne e dal proficuo rapporto con il terri- torio.
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
PARTE I
La contrattazione sociale territoriale nel 2012
I DATI E IL PROFILO GENERALE
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE
L’analisi proposta per il rapporto 2012 può confrontarsi per la prima volta con una base dati complessivamente con- solidata, e quindi confrontabile con quella dell’anno precedente. Per questo motivo, il rapporto di quest’anno si gio- verà – almeno nella trattazione del pro- filo generale della contrattazione – di un confronto tra il 2012 e il 2011, quan- do questo sia ovviamente possibile, so- stenibile e utile per l’argomentazione e la riflessione sindacale.
I documenti qui analizzati sono nel com- plesso 1020. Circa un terzo proviene dalla raccolta, analisi, classificazione e inserimento operata direttamente sul sistema dell’Ocs da parte dei responsa- bili Cgil e Spi regionali, attivi in gran parte dei territori. I restanti due terzi dei documenti sono tratti da osservatori e banche dati delle strutture confederali e di categoria regionali, attraverso una modalità di traduzione e corrispondenza tra la classificazione degli osservatori re- gionali e di quello nazionale. Questi ul- timi documenti sono stati quindi rivi- sti, acquisiti e analizzati da parte dell’é- quipe nazionale dell’Ocs.
Tipologia dei documenti
Da un punto di vista generale, i 1020 documenti raccolti per il 2012 sono sta- ti articolati per “tipologia del materia-
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Parte I
le”. La classificazione adottata prevede tre generi di documenti: (1) Piattafor- me negoziali, (2) Resoconti e verbali di incontro, (3) Accordi, intese, protocol- li e verbali d’intesa. L’area dei documenti che raccoglie sostanzialmente le intese tra sindacato e amministrazioni pub- bliche è assai variegata nella denomi- nazione che assume; difatti, l’espressio- ne vera e propria utilizzata per classifi- care tali documenti è piuttosto artico- lata, comprendendo “accordi”, “inte- se”, “protocolli d’intesa” e “verbali d’in- tesa”. Questa diversità di espressioni che si ritrova sulla carta solo a volte corri- sponde, in concreto, a effettive diffe- renze di merito nella lettera degli ac- cordi (o intese, o protocolli, etc.). Tali denominazioni sono utilizzate spesso come sinonimi, sebbene emergano va- riazioni in base alla maggiore o minore completezza dei testi, o all’affinità o me- no con altri generi accordi tra parti isti- tuzionali – quali, ad esempio, gli accordi di programma –. In linea generale, la gran parte degli accordi presenta una premessa che riprende lo stato delle re- lazioni tra le parti, evidenziando inol- tre la normativa di riferimento o altri accordi di livello superiore che forni- scono il quadro di indirizzo dell’accor- do specifico. La parte più strettamente negoziata e tematica degli accordi mo- stra diversi livelli di specificazione, or- dine e articolazione degli argomenti; nei
casi migliori questi sono strutturati per aree di politica sociale entro le quali so- no trattati singoli e specifici punti te- matici. Nella maggioranza dei testi i punti trattati sono effettivamente frut- to di accordo tra le parti, e in alcuni di questi – una buona pratica da segnala- re – oltre alle premesse politiche sono forniti dati e indicazioni circa i servizi in essere e i risultati dell’applicazione di accordi precedenti, a cui seguono i pun- ti concordati per l’anno in corso, non- ché i momenti di successiva verifica del- l’implementazione delle intese.
In altri casi, gli accordi sono nei fatti il resoconto dell’esposizione, da parte del- l’amministrazione, delle scelte di bi- lancio a cui il sindacato dà il proprio consenso, esprime critiche o chiede in- tegrazioni. Non a caso, molti di questi documenti sono stati qui classificati nel
dente risultano in forte crescita i ver- bali di incontro (dal 19,2% al 30,2%), a spese degli accordi veri e propri, se- gno probabile di una sensibile mag- giore difficoltà dei negoziati con le am- ministrazioni. Questa questione, di- fatti, non è solo formale o nominali- stica dal momento che l’aumento de- gli accordi-mancati o parziali corri- sponde al protrarsi della fase di crisi economica e sociale.
GRAF. 1 TIPOLOGIA DEL MATERIALE NEGOZIALE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
2012
30,2 %
308
merito, e quindi collocati tra i Verbali di incontro.
Una delle caratteristiche dell’Ocs è l’os- servazione e l’analisi dei documenti di
3,9 %
40
65,9 %
672
contrattazione sociale anche secondo l’andamento del processo negoziale – dalla piattaforma agli esiti –; pertanto risulta interessante osservare la propor- zione, nella documentazione prodotta, tra accordi veri e propri (a seconda del- le diverse denominazioni: Intese, Ac- cordi, Protocolli, Verbali di intesa, etc.), verbali di incontro (che rappresentano la fotografia di momenti intermedi o interlocutori del processo negoziale) e piattaforme negoziali.
Per il 2012, gli accordi rappresentano il 65,9% dei documenti prodotti (vd. Grafico 1), i verbali sono ben il 30,2%, mentre le piattaforme raccolte rap- presentano il 3,9% di tutti i documenti. Va notato che rispetto all’anno prece-
Accordi, intese, protocolli, verbali di intesa
Piattaforme negoziali Resoconti e verbali di incontri
2011
19,2 %
183
3,9 %
37
77 %
735
Accordi, intese, protocolli, verbali di intesa Piattaforme negoziali
Resoconti verbali di incontri
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
23
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
Livello territoriale
La contrattazione sociale del sindacato si conferma un’attività concentrata forte- mente sul livello comunale, e quindi in rap- porto con le amministrazioni dei singoli comuni. Ben l’84,6% si concentra su tale livello; in leggera crescita la contrattazione che si realizza a livello intercomunale (6,3%), fondamentalmente entro le strut- ture del welfare territoriale (Piani di zona, consorzi, distretti socio-sanitari, etc.) e a li- vello di associazionismo dei comuni. Ri- sulta ancora assai limitato il riflesso sulla contrattazione sociale della tendenza – pe- raltro ancora flebile – a un più intenso as- sociazionismo tra icomuni, sia di tipo nuo- vo sia tradizionale (Unioni, Comunità montane, etc.), in particolare per le que- stioni di ordine amministrativo, per la ge- stione associata dei servizi pubblici e di quelli sociali. Questa evoluzione della go-
TAB. 1 TIPOLOGIA DEL MATERIALE NEGOZIALE, PER LIVELLO TERRITORIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
Accordi Piattaforme Verbali Tot.
2012
Liv. reg. 2,2 40,0 2,6 3,8
Liv. prov. 4,0 30,0 2,6 4,6
Liv. interprov. 0 2,5 0 0,1
Liv. intercom. 5,5 10,0 7,5 6,3
Liv. com. 87,4 17,5 87,3 84,6
Liv. sub-com. 0,9 0 0 0,6
Totale 100 100 100 100
2011
Liv. reg. 3,3 27,0 3,3 4,2
Liv. prov. 2,3 | 51,4 | 2,7 | 4,3 |
Liv. intercom. 6,0 | 5,4 | 4,9 | 5,8 |
Liv. com. 88,0 | 13,5 | 88,5 | 85,2 |
Liv. sub-com. 0,4 | 2,7 | 0 | 0,4 |
Altro 0 | 0 | 0,5 | 0,1 |
Totale 100 | 100 | 100 | 100 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
24
Parte I
vernance territoriale dovrebbe essere as- sunta pertanto tra le tematiche in agenda della contrattazione sociale, dal momento che una diversa fisionomia delle compe- tenze e dei profili della governance locale ha conseguenza diretta sulle forme e sull’orga- nizzazione ottimale che la contrattazione sociale deve prendere sia in sede negoziale sia in quella dell’orizzonte progettuale.
Andamento nel corso dell’anno
Il dato critico già evidenziato a proposito della tipologia dei documenti prodotti dal- la contrattazione – con una crescita dei ver- bali a scapito degli accordi veri e propri – viene confermata dalla lettura dei dati a proposito del periodo dell’anno in cui so- no state svolte le trattative e siglate le intese. La data di sigla del documento è uno degli elementi raccolti nella classificazione dei documenti. Il grafico seguente (Grafico 2) mette in evidenza una sensibile differenza tra la curva della contrattazione sociale del 2011 e quella del 2012: nel 2011, infatti, la
TAB. 2 ACCORDI, PER CLASSI DI COMUNI COINVOLTI
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
Accordi
1 comune | 654 | 95,6 | |
Da 2 a 5 comuni | 8 | 1,2 | |
Da 6 a 20 comuni | 20 | 2,9 | |
Oltre 20 comuni | 2 | 0,3 | |
Totale | 684 | 100 |
val. ass. val. %
2012 | ||
1 comune | 594 | 94,7 |
Da 2 a 5 comuni | 15 | 2,4 |
Da 6 a 20 comuni | 17 | 2,7 |
Oltre 20 comuni | 1 | 0,2 |
Totale | 627 | 100 |
2011 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
maggior parte delle intese e dei verbali di in- contro sono stati realizzati nel primo qua- drimestre dell’anno, con un picco in apri- le, in corrispondenza delle valutazioni con- divise sui bilanci di previsione dei comuni.
Viceversa, nel 2012 la contrattazione so- ciale ha subito un effetto di slittamento, concentrandosi in accordi (e soprattutto in molti verbali di incontro) siglati nel secon- do quadrimestre dell’anno, con un picco
GRAF. 2 ANDAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE NEL CORSO DELL’ANNO,
PER TIPOLOGIA DEI MATERIALI (V.A.,DATI 2012 E 2011)
2012
140
120
100
100
80
60
40
20
Dicembre 2011
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre 2012
0
Accordi Verbali Piattaforme
2011
180
160
140
120
100
80
60
40
20
Dicembre 2010
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre 2011
0
Accordi Verbali Piattaforme
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
25
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
nel mese di giugno. Sotto traccia, questo cambiamento mostra probabilmente il convergere delle difficoltà delle finanze lo- cali dei comuni nello sviluppare un’utile in- terlocuzione col sindacato, ma soprattutto la complessità della “questione Imu” che ha impegnato amministrazioni locali e sinda- cato fino alla soglia dell’estate passata, an-
che a scapito (come si vedrà da alcuni dati sulle tematiche contrattate) di altri aspetti delle politiche sociali locali.
In linea di massima, comunque, la di- pendenza temporale del percorso nego- ziale (che sia rivolto al confronto sui bi- lanci locali o su questioni più circoscrit- te) di per sé non è evitabile, e spesso di-
TAB. 3 ACCORDI, PER PARTI COINVOLTE NELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
2012 | 2011 |
Accordi
val. ass. val. %
Accordi
val. ass. val. %
Comuni | 601 | 89,4 | Comuni | 647 | 90,9 | |
Spi/Fnp/Uilp | 555 | 82,6 | Spi/Fnp/Uilp | 569 | 79,9 | |
Cgil/Cisl/Uil | 325 | 48,4 | Cgil/Cisl/Uil | 370 | 52,0 | |
Categorie lavoratori | 75 | 11,2 | Categorie lavoratori | 109 | 15,3 | |
Cgil | 43 | 6,4 | Distretti | 38 | 5,3 | |
Spi | 25 | 3,7 | Cgil | 30 | 4,2 | |
Altri enti | 21 | 3,1 | Altri enti | 29 | 4,1 | |
Distretti | 21 | 3,1 | Spi | 24 | 3,4 | |
Altri sindacati | 20 | 3,0 | Altri sindacati | 22 | 3,1 | |
Cisl | 18 | 2,7 | Ass. dell’industria | 18 | 2,5 | |
Fnp | 13 | 1,9 | Regioni | 18 | 2,5 | |
Regioni | 9 | 1,3 | Terzo settore | 17 | 2,4 | |
Aziende pubbliche | 9 | 1,3 | Province | 16 | 2,2 | |
Province | 8 | 1,2 | Fnp | 16 | 2,2 | |
Aziende private | 8 | 1,2 | Ass. cooperazione | 16 | 2,2 |
Ass. dell’industria | 7 | 1,0 | e artigianato | 12 | 1,7 | |
Uilp | 7 | 1,0 | Cisl | 11 | 1,5 | |
Altre associazioni datoriali 6 0,9 Altre associazioni Comunità montane/ datoriali 11 1,5 Unioni di comuni 6 0,9 Aziende pubbliche 9 1,3 Terzo settore 6 0,9 Autonomie funzionali 8 1,1 |
Ass. cooperazione 7 1,0 Ass. commercio
Ass.commercio e artigianato | 5 | 0,7 |
Anci | 3 | 0,4 |
Uil | 3 | 0,4 |
Autonomie funzionali | 1 | 0,1 |
Comunità montane/
Aziende private | 4 | 0,6 |
Uilp | 2 | 0,3 |
Anci | 2 | 0,3 |
Ordini professionali | 1 | 0,1 |
Upi | 1 | 0,1 |
Totale | 2005 | 281,6 |
Unioni di comuni 7 1,0
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
26
Parte I
pende sia da fattori contingenti sia dai “cicli” imposti dalle tematiche specifi- che trattate. D’altra parte, anche le sca- denze contrattuali relative ai contratti nazionali o alla contrattazione di secon- do livello hanno proprie cadenze tem- porali – sebbene, in genere, stabilite da- gli accordi tra le parti sulle relazioni sin- dacali e sul sistema contrattuale – e pos- sono subire ritardi. Tuttavia, la contrat- tazione sociale mostra sottotraccia lo svolgimento parallelo di due contratta- zioni: quella, fondamentale, legata alla definizione dei bilanci locali, e quindi alla necessaria azione del sindacato per un intervento redistributivo fondato sul- l’equità sociale, e la contrattazione pro- gettuale, definitoria di quadri di azione e di indirizzo delle politiche sociali, ter- ritoriali, di sviluppo che va incrementa- ta dal momento che sempre meno in fu- turo la progettualità e il raggio di azio- ne delle politiche sociali saranno circo- scritti alle dimensioni comunali (senza contare l’attribuzione di prerogative di spesa e di diffusione delle risorse).
Parti coinvolte
Rispetto alle “parti coinvolte” nella con- trattazione, ovvero nel nostro caso i sogget- ti chiamati a firmare un documento di ac- cordo o un verbale, non si registrano so- stanziali cambiamenti dal 2011 al 2012 (vd.Tabella 3). L’89,4% degli accordi vede la presenza delle amministrazioni comu- nali. Da parte sindacale, si conferma l’am- pia presenza dello Spi e delle altre organiz- zazioni dei pensionati (nell’82,6% degli ac- cordi), mentre Cgil Cisl Uil sono presenti nel 48,4%. Sebbene in misura molto lieve, tutte le altre organizzazioni o enti registra- no un arretramento, in particolare le altre Categorie di lavoratori, sotto cui è com-
presa principalmente la Funzione pubbli- ca (dal 15,3% all’11,2%).
La contrazione della presenza di altre or- ganizzazioni, enti pubblici e privati, del non profit e delle categorie degli attivi è in qualche modo il riflesso (vd.Tabella 4) della più ampia presenza dei verbali di in- contro, maggiormente concentrati nel rapporto bilaterale tra amministrazione locale e sindacato, ma anche in una ri- duzione degli accordi di maggiore com- plessità, specie nei campi dello sviluppo, del lavoro, delle infrastrutture territoria-
TAB. 4 ACCORDI, PIATTAFORME E VERBALI, PER CLASSI DI PARTI COINVOLTE
NELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
Accordi Piattaforme Verbali Tot.
2012
1 parte
coinvolta - 56,4 - 2,2
2 parti
coinvolte 48,3 23,1 51,3 48,2
3 parti
coinvolte 39,0 12,8 23,5 33,3
4 parti
coinvolte 9,3 5,1 22,2 13,0
più di 4
parti coinvolte 3,4 2,6 2,9 3,3
100,0 100,0 100,0 100,0
2011
1 parte
coinvolta - 29,2 - 2,1
2 parti
coinvolte 49,3 37,5 30,2 44,1
3 parti
coinvolte | 29,5 | 8,3 | 47,3 | 32,3 |
4 parti coinvolte | 18,5 | 12,5 | 20,7 | 18,8 |
più di 4 parti coinvolte | 2,7 | 12,5 | 1,8 | 2,8 |
100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
27
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
li, del welfare (come si evince dai para- grafi successivi dedicati ai temi contrat- xxxx). Nel particolare, gli accordi 2012 che coinvolgono 4 parti convolte rappresen- tano il 9,3%, contro il 18,5% dell’anno precedente (vd.Tabella 4). Questo gene- re di accordi sono quelli in cui verosimil- mente, oltre alla presenza delle ammini- strazioni locali, di Cgil Cisl Uil e di Spi Fnp Uilp, vi è anche un altro soggetto (ad esempio sindacale, come le Xx.Xx del pub- blico impiego, o un’organizzazione asso- ciativa delle imprese).
Questo segnale non va enfatizzato; tut- tavia, occorre porre attenzione al calo di tensione nel coinvolgimento del più am- pio spettro di attori locali nella definizio- ne delle azioni e nella costruzione di re- lazioni e di coalizioni locali: nella “do- manda di politiche pubbliche” che attie- ne al campo della contrattazione sociale non va dimenticata l’esigenza di rispec- chiare la complessità dei bisogni e degli interessi, nonché valorizzare le risorse, i saperi e il capitale sociale che offrono i soggetti locali. Se le prime fasi della crisi avevano fatto intravedere diversi spunti per approcci coalizionali, che coinvolge- vano uno spettro di soggetti che andava dal sindacato alle amministrazioni pas- sando per le associazioni di impresa e il Terzo settore; l’acuirsi della crisi fiscale lo- cale – specie quella indotta dalle misure di austerità – corre il rischio di ridurre il raggio dei soggetti coinvolti, se non spin- xxxx le amministrazioni – come si è già osservato – a chiudere i canali negoziali di interazione con il sindacato.
Destinatari
In maniera più accentuata che per le “par- ti coinvolte”, i documenti della contrat- tazione 2012 si caratterizzano in modo
28
Parte I
specifico per quanto riguarda i “soggetti destinatari” degli interventi e delle misu- re contrattate. Difatti, mentre si confer- mano in cima ai destinatari la “generalità di cittadini e le famiglie” (in oltre il 91% degli accordi, vd. Tabella 5) e gli anziani (81,7%), risulta di grande evidenza la cre- scita dei soggetti più deboli e sottoposti al peso perdurante della crisi: le famiglie e gli individui in condizione di povertà sono in forte crescita (dal 41,3% del 2011 al 54,6% del 2012, superando in presenza percentuale la misura in cui tale sogget- to è proposto nelle Piattaforme negozia- li), come anche i disoccupati, sebbene più arretrati nella posizione dei soggetti prio- ritari negli interventi (dal 20,6% al 28,9%). Sono invece in regresso percen- tuale soggetti quali le persone non auto- sufficienti, i minori, i disabili; in partico- lare si conferma la discesa degli interven- ti destinati a lavoratori vittime della crisi (dal 36,6% al 24,3%). Ciò in parte può essere interpretato con la messa a regime di strumenti anticrisi come i fondi dedi- cati ai soggetti deboli del mercato del la- voro e ai lavoratori che hanno vissuto un calo del proprio reddito; d’altra parte, questo dato può anche combinarsi con l’aumento dei destinatari collocati in con- dizione di povertà, per segnalare una vi- rata da politiche di contenimento degli effetti della crisi per i lavoratori ancora oc- cupati verso iniziative indirizzate a un cre- scente ambito di criticità sociale. In leg- gera crescita soggetti solitamente più mar- ginali nella contrattazione; in questo ca- so spesso associati a misure di inclusione e contrasto della povertà e della crisi: Im- migrati, 12,9%; Donne, 11,9%.
Da segnalare l’aumento della presenza del Terzo settore tra i destinatari di iniziative e interventi (dall’11,1% del 2011 al
TAB. 5 SOGGETTI DESTINATARI, PER ACCORDI E PIATTAFORME DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
Accordi Piattaforme
val. ass. val. % val. ass. val. %
2012
Generalità cittadini e famiglie | 615 | 91,5 | Generalità cittadini e famiglie | 30 | 75,0 |
Anziani | 549 | 81,7 | Anziani | 25 | 62,5 |
Fam. e ind. in condizione di povertà | 367 | 54,6 | Disabili | 21 | 52,5 |
Minori e infanzia | 294 | 43,8 | Non autosufficienti | 18 | 45,0 |
Disabili | 224 | 33,3 | Fam. e ind. in condizione di povertà | 18 | 45,0 |
Disoccupati | 194 | 28,9 | Giovani | 12 | 30,0 |
Non autosufficienti | 178 | 26,5 | Lavoratori/trici | 11 | 27,5 |
Lavoratori/trici di aziende in crisi | 163 | 24,3 | Minori e infanzia | 9 | 22,5 |
Giovani | 139 | 20,7 | Lavoratori/trici di aziende in crisi | 8 | 20,0 |
Terzo settore | 113 | 16,8 | Disoccupati | 8 | 20,0 |
Lavoratori/trici | 97 | 14,4 | Donne | 8 | 20,0 |
Immigrati | 87 | 12,9 | Lavoratori/trici precari | 8 | 20,0 |
Donne | 80 | 11,9 | Immigrati | 8 | 20,0 |
Imprese | 55 | 8,2 | Terzo settore | 7 | 17,5 |
Lavoratori/trici precari | 47 | 7,0 | Imprese | 6 | 15,0 |
Inoccupati | 43 | 6,4 | Inoccupati | 5 | 12,5 |
Lavoratori autonomi | 30 | 4,5 | Lavoratori autonomi | 5 | 12,5 |
Consumatori di sostanze e dipendenze | 21 | 3,1 | Detenuti/ex detenuti | 3 | 7,5 |
Detenuti/ex detenuti | 20 | 3,0 | Altri destinatari | 3 | 7,5 |
Altri destinatari | 15 | 2,2 | Persone lgbt | 2 | 5,0 |
Personelgbt | 11 | 1,6 | Consumatoridisostanzeedipendenze | 2 | 5,0 |
2011 | |||||
Generalità cittadini e famiglie | 593 | 82,1 | Generalità cittadini e famiglie | 33 | 91,7 |
Anziani | 589 | 81,6 | Anziani | 26 | 72,2 |
Non autosufficienti | 370 | 51,2 | Non autosufficienti | 20 | 55,6 |
Minori e infanzia | 365 | 50,6 | Minori e infanzia | 19 | 52,8 |
Disabili | 305 | 42,2 | Fam. e ind. in condizione di povertà | 19 | 52,8 |
Fam. e ind. in condizione di povertà | 298 | 41,3 | Disabili | 18 | 50,0 |
Lavoratori/trici di aziende in crisi | 264 | 36,6 | Lavoratori/trici | 17 | 47,2 |
Disoccupati | 149 | 20,6 | Lavoratori/trici di aziende in crisi | 14 | 38,9 |
Lavoratori/trici | 95 | 13,2 | Disoccupati | 12 | 33,3 |
Giovani | 88 | 12,2 | Donne | 12 | 33,3 |
Terzo settore | 80 | 11,1 | Giovani | 10 | 27,8 |
Immigrati | 72 | 10,0 | Immigrati | 10 | 27,8 |
Donne | 49 | 6,8 | Imprese | 6 | 16,7 |
Imprese | 34 | 4,7 | Inoccupati | 5 | 13,9 |
Inoccupati | 26 | 3,6 | Lavoratori/trici precari | 5 | 13,9 |
Lavoratori/trici precari | 23 | 3,2 | Terzo settore | 4 | 11,1 |
Altri destinatari | 9 | 1,2 | Lavoratori autonomi | 3 | 8,3 |
Lavoratori autonomi | 8 | 1,1 | Detenuti/ex detenuti | 2 | 5,6 |
Persone lgbt | 6 | 0,8 | Persone lgbt | 2 | 5,6 |
Detenuti/ex detenuti | 5 | 0,7 | Altri destinatari | 1 | 2,8 |
Consumatori di sostanze e dipendenze | 4 | 0,6 | Consumatori di sostanze e dipendenze | 1 | 2,8 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013) | |||||
29
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
16,8% del 2012). Tale crescita, nel con- creto degli accordi stipulati, in parte cor- risponde a rapporti di appalto per nuovi servizi o per l’esternalizzazione di servizi sociali esistenti; in altra parte, vede prin- cipalmente lo stanziamento di risorse o il riconoscimento di attività condotte dal volontariato ed evidenzia un ulteriore orientamento della contrattazione socia- le sui soggetti più fragili. Non è possibile desumere direttamente, tuttavia, dalla lettera degli accordi se e quanto questa funzione del volontariato e dell’associa- zionismo corrisponda a un’integrazione delle iniziative con l’ente pubblico o una più semplice delega di funzioni assisten- ziali e di integrazione sociale.
Come appare evidente, la maggiore o mi- nore presenza di interventi diretti rivolti a destinatari specifici è ovviamente un indi- ce di attenzione delle politiche sociali terri- toriali verso una popolazione differenziata e dai bisogni variegati. Premesso ciò, risul-
TAB. 6 ACCORDI, PIATTAFORME E VERBALI, PER CLASSI DI DESTINATARI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
Accordi Piattafor. Verbali Tot.
2012 | |||
1-2 destinatari | 10,2 | 25,0 | 18,2 13,2 |
3-4 destinatari | 27,5 | 25,0 | 41,0 31,5 |
5-6 destinatari | 30,3 | 22,5 | 25,4 28,5 |
7-8 destinatari | 18,4 | 7,5 | 10,4 15,6 |
+ di 8destinatari | 13,6 | 20,0 | 4,9 11,2 |
Totale | 100 | 100 | 100 100 |
2011 | |||
1-2 destinatari | 19,8 | 13,9 | 30,4 21,5 |
3-4 destinatari | 31,6 | 16,7 | 28,7 30,5 |
5-6 destinatari | 28,3 | 22,2 | 29,8 28,3 |
7-8 destinatari | 13,3 | 19,4 | 7,0 12,4 |
+ di 8destinatari | 7,1 | 27,8 | 4,1 7,3 |
Totale | 100 | 100 | 100 100 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATT | AZIONE SOCIALE | CGIL SPI (2013) |
30
Parte I
ta altrettanto importante il mix di misure e di orientamenti di policy destinati ai diffe- renti soggetti sociali; questo mix necessita certamente di misure rivolte specificamen- te ai diversi gruppi di popolazione, ma an- che un contesto di iniziative universalisti- che che possano sostenere l’efficacia delle misure mirate. Ciò significa che, di per sé, misure di sostegno al reddito per i disoccu- pati, o di “integrazione” per gli immigrati o di promozione delle pari opportunità per le donne hanno maggiori possibilità di im- plementazione positiva se collocate in un contesto negoziale che arrivi a definire – per esempio – una favorevole politica fiscale lo- cale, un buon tessuto di servizi per l’infan- zia, e così via; in modo da rendere meno e- pisodici e segmentati gli interventi specifi- camente destinati a soggetti ben determi- nati. Per analogia con le economie di scala, si potrebbe parlare in questo caso della ne- cessità di politiche sociali di scala.
Peraltro, inserire le singole misure specifi- che per soggetti determinati all’interno di una visione d’insieme dovrebbe interro- gare il sindacato anche a proposito della formulazione delle piattaforme e delle a- gende negoziali: spesso in esse si affianca una strutturazione per aree tematiche (fi- sco, servizi sociali, casa, ambiente) a un’in- tegrazione supplementare di sezioni e ca- pitoli dedicati a soggetti specifici (giovani, donne, anziani, immigrati, disabili) in u- na sovrapposizione che non sempre gio- va, nemmeno allo scopo di mettere in maggiore luce i bisogni dei soggetti stessi, specialmente quelli emergenti. Ciò risul- ta in qualche modo evidente nell’ap- profondimento degli interventi e dall’at- tenzione rivolta agli immigrati nella con- trattazione sociale. Nei testi, un termine ricorrente è naturalmente quello di “inte- grazione”, per quanto ancora delimitato
principalmente a sezioni specifiche degli accordi le quali attengono al riconosci- mento dei diritti civili di base, all’appren- dimento linguistico, all’integrazione so- colastica e alla socializzazione. Assai mi- nore l’enfasi sul lavoro quale mezzo di in- tegrazione, e cioè sugli interventi tesi a mi- tigare le distorsioni del mercato del lavo- ro e gli effetti profondi della perdurante crisi economica. Probabilmente anche l’“integrazione” necessiterebbe di essere data meno per scontata (come tema d in- dirizzo delle politiche a favore degli im- migrati) ed essere a sua volta integrata nel complesso delle aree chiave delle politiche sociali territoriali. L’impressione è che nel corso degli anni della crisi l’attenzione del- la contrattazione sociale direttamente ri- volta agli immigrati non abbia sostanzial- mente cambiato di segno, concentrando- si su un’agenda “tradizionale”, ancora de- bitrice di una fase differente della storia dell’immigrazione in Italia. Questo aspet- to suggerisce la necessità di articolare più a fondo, nel confronto con le ammini- strazioni, proprio le molteplici dimensio- ni dell’integrazione, anche alla luce di nuovi o emergenti bisogni della popola- zione immigrata: i servizi scolastici inte- grativi, il contrasto del lavoro nero e irre- golare, l’inserimento e il reinserimento la- vorativo, l’informazione e facilitazione dell’accesso ai servizi sociali (anche per componenti nuove della popolazione im- migrata: anziani, disabili, famiglie mono- parentali, e così via).
Ripartizione territoriale
La contrattazione sociale, da un punto di vista della sua pratica, risulta legata alle specificità territoriali, sia di organizza- zione sindacale sia amministrative, cul- turali, sociali ed economiche. La con-
giuntura della crisi ha certamente reso più fragili le possibilità di interlocuzione con le amministrazioni locali, e senz’altro – dal punto di osservazione dell’Ocs – vie- ne confermato il divario tra le diverse zo- ne del paese anche sotto il profilo di que- sta attività negoziale, cui corrispondono ovviamente diverse capacità, sia oggetti- ve sia soggettive, delle amministrazioni di avere una relazione produttiva con le parti sociali e i diversi attori locali. Nel complesso (vd. Tabella 7), i dati mostra- no rispetto al 2011 una leggera crescita dei documenti nel Nord-ovest, in cui è concentrato il 53,5% dell’intera attività negoziale sociale del sindacato (in parti- colare pesa il dato lombardo, che vede tut- tavia una crescita dei verbali di incontro). A questa si affianca una contrazione del- la contrattazione sociale nel Nord-est, con il 14,7% (qui conta particolarmente il da- to emiliano-romagnolo). La percentua- le di contrattazione sociale al Centro è so- stanzialmente invariata (22,9% nel 2012, contro il 22,3% nel 2011); mentre nel
TAB. 7 DOCUMENTI PER RIPARTIZIONE TERRITORIALE
(V.A E PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
val. ass. | val. % | |
0000 | ||
Xxxx-xxxxx | 546 | 53,5 |
Nord-est | 150 | 14,7 |
Centro | 234 | 22,9 |
Sud e isole | 90 | 8,8 |
Totale | 1020 | 100 |
2011 | ||
Nord-ovest | 486 | 50,9 |
Nord-est | 194 | 20,3 |
Centro | 213 | 22,3 |
Sud e isole | 62 | 6,5 |
Totale | 955 | 100 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
31
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
Sud e Isole si registra un leggero aumen- to (dal 6,5% al 8,8%), probabilmente da attribuire alla maggiore penetrazione del- l’Ocs nella raccolta dei documenti.
A parte le oscillazioni generali in valore assoluto e percentuale tra le diverse aree del paese, va sottolineata ancora la diffe- renza per composizione e tipologia dei documenti prodotti: i verbali di incon- tro (quindi le intese parziali o i cosiddet- ti “mancati accordi”, oppure accordi so- lo formalmente attestati come tali ma in verità “prese d’atto” delle scelte delle am- ministrazioni) risultano raddoppiati nel Nord-ovest (dal 17,5% del 2011 al
34,8% del 2012), ovvero nell’area stori- camente più forte per la tradizione sin- dacale di contrattazione sociale. I verba- li crescono anche a Nord-est (dal 26,3% al 30,7%) e nel Centro (dal 8% al 141,1%), ma in misura inferiore; men- tre sono stabili al Sud e Isole, laddove la difficoltà di raggiungere intese e accordi veri e propri ha già una sua notevole con- sistenza precedente.
TAB. 8 RIPARTIZIONE TERRITORIALE PER TIPOLOGIA MATERIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012 E 2011)
Piattafor. Accordi Verbali Tot.
0000 | ||||
Xxxx-xxxxx | 1,5 | 63,7 | 34,8 | 100 |
Nord-est | 2,0 | 67,3 | 30,7 | 100 |
Centro | 5,1 | 80,8 | 14,1 | 100 |
Sud e isole | 18,9 | 37,8 | 43,3 | 100 |
Totale Italia | 3,9 | 65,9 | 30,2 | 100 |
2011 | ||||
Nord-ovest | 1,2 | 81,2 | 17,5 | 100 |
Nord-est | 3,1 | 70,6 | 26,3 | 100 |
Centro | 7,0 | 85,0 | 8,0 | 100 |
Sud e isole | 16,1 | 37,1 | 46,8 | 100 |
Totale Italia | 3,9 | 77,0 | 19,2 | 100 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
32
Parte I
Questi brevi cenni alle specificità dei ter- ritori nella contrattazione sociale verran- no approfonditi in paragrafi specifici com- presi nel presente Rapporto. Più ampia- mente, va rilevato come le differenze ter- ritoriali risultino una questione cruciale per lo sviluppo della contrattazione so- ciale e per l’investimento del sindacato nel radicamento della sua rappresentan- za. La centralità della questione delle dif- ferenze territoriali va posta pertanto sia intrinsecamente, quindi nella lettura dei bisogni e delle caratteristiche socio-eco- nomiche specifiche dei territori, ma oc- corre anche – sul piano del metodo e del- la pratica – coniugare la contrattazione sociale di cui è titolare il sindacato con le risorse attive e le forme di rappresentan- za dei cittadini e della società civile. Il le- game produttivo con i soggetti del terri- torio presuppone una molteplicità di di- mensioni, nonché l’attivazione di senso- ri capaci di leggere in tempo reale e di dia- logare con i bisogni dei cittadini (atti- vando anche le strutture della rete dei ser- vizi sindacali e delle categorie).
LA FISIONOMIATEMATICA
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE
Il confronto generale tra le principali aree tematiche trattate nella contrattazione sociale territoriale consente di individuare alcune linee di continuità e di differenza tra il 2011 e il 2012 (vd. Tab. 9). Vi è an- zitutto una crescita dell’area relativa alla regolazione delle Relazioni tra le parti che vede una crescita significativa (nell’83,1% degli accordi, per il 2012) segnata, come si vedrà nel dettaglio, da maggiori riferi- menti a verifiche periodiche specie in re- lazione alla definizione e applicazione del- la nuova Imu. Si riduce invece il peso di aree che di solito sono associate al “me-
todo” e ai presupposti istituzionali delle politiche sociali stesse: l’area 2 (Politiche e strumenti della partecipazione) passa dal 24,8% al 20,2%; mentre l’area 3, (Pubblica amministrazione) dal 29,5% del 2011 al 21,6% del 2012.
La contrattazione sociale si conferma lar- gamente impegnata nella discussione sul- le Politiche di bilancio (area 4, nell’82,9% degli accordi-verbali per il 2012) e tut- tavia emerge un generale restringimen- to delle tematiche negoziate, segno di dif- ficoltà a raggiungere accordi di ampio re- spiro: a partire da un calo delle Politiche
socio-sanitarie e assistenziali (dal 82,7% al 74,5%), come anche le Politiche abi- tative e del territorio (48,5% nel 2012, contro il 53,7% del 2011) e le Politiche dell’infanzia, giovani ed educative (40,9% nel 2012, a fronte del 48% l’anno pre- cedente). Viè un calo anche dell’area che attiene al fisco locale (Politica locale dei redditi e delle entrate, dall’87,9% all’80,2%) per quanto rimanga uno dei campi tematici più ampiamente trattati (e sensibilmente diversificati interna- mente rispetto all’anno precedente, co- me si vedrà nelle voci specifiche nego-
TAB. 9 AREE TEMATICHE NEGOZIALI, PER ACCORDI-VERBALI E PIATTAFORME
(V.A. E PERCENTUALE,DATI 2012 E 2011)
Accordi-Verbali Piattaforme val. ass. val. % val. ass. val. %
2012 | ||||
1 Relazioni tra le parti | 814 | 83,1 | 19 | 47,5 |
2 Politiche e strumenti della partecipazione | 198 | 20,2 | 7 | 17,5 |
3 Pubblica amministrazione | 212 | 21,6 | 15 | 37,5 |
4 Politiche di bilancio | 812 | 82,9 | 13 | 32,5 |
5 Politiche socio-sanitarie e assistenziali | 730 | 74,5 | 27 | 67,5 |
6 Politiche del lavoro e dello sviluppo | 382 | 39,0 | 15 | 37,5 |
7 Politica locale dei redditi e delle entrate | 786 | 80,2 | 28 | 70,0 |
8 Azioni di contrasto delle discriminazioni | 76 | 7,8 | 6 | 15,0 |
9 Politiche abitative e del territorio | 475 | 48,5 | 17 | 42,5 |
10 Politiche infanzia giovani educative | 401 | 40,9 | 9 | 22,5 |
11 Politiche culturali socializzazione e sicurezza | 231 | 23,6 | 10 | 25,0 |
2011 | ||||
1 Relazioni tra le parti | 618 | 68,4 | 29 | 82,9 |
2 Politiche e strumenti della partecipazione | 224 | 24,8 | 9 | 25,7 |
3 Pubblica amministrazione | 267 | 29,5 | 24 | 68,6 |
4 Politiche di bilancio | 722 | 79,9 | 13 | 37,1 |
5 Politiche socio-sanitarie e assistenziali | 748 | 82,7 | 30 | 85,7 |
6 Politiche del lavoro e dello sviluppo | 460 | 50,9 | 22 | 62,9 |
7 Politica locale dei redditi e delle entrate | 795 | 87,9 | 28 | 80,0 |
8 Azioni di contrasto delle discriminazioni | 106 | 11,7 | 10 | 28,6 |
9 Politiche abitative e del territorio | 485 | 53,7 | 23 | 65,7 |
10 Politiche infanzia giovani educative | 434 | 48,0 | 18 | 51,4 |
11 Politiche culturali socializzazione e sicurezza | 343 | 37,9 | 11 | 31,4 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013) |
33
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ziate). Anche in contrazione è l’area del- le Politiche del lavoro e dello sviluppo (il 39% degli accordi 2012, contro il 50,9% del 2011), in particolare a causa della ri- duzione di nuovi interventi di contrasto della crisi e di sostegno dei redditi dei la- voratori colpiti dalla recessione e dalla di- soccupazione, segnando un ulteriore ca- lo anche rispetto ai valori del 2009 e 2010 nei quali si erano sviluppati nuovi e am- pi interventi per la creazione, soprattut- to, di fondi anticrisi. È in leggero calo l’a- rea delle Azioni di contrasto delle discri- minazioni (dall’11,7% al 7,8%), in par- ticolare a causa di una ulteriore riduzio- ne di interventi per l’integrazione, men- tre risultano in crescita gli interventi (seb- bene ancora decisamente marginali) di contrasto della violenza contro le donne e del razzismo e xenofobia. In significa- tivo restringimento gli interventi di Po- litica culturale socializzazione e sicurez- za, tra i campi che continuano a subire i maggiori tagli da parte delle ammini- strazioni locali: dal 37,9% del 2011 al 23,6% dell’anno passato.
Si conferma anche nel 2012 un elemen-
to strutturale della contrattazione socia- le: la sensibile differenza territoriale, non solo dal punto di vista quantitativo (vd. Tabella 8) ma anche da quello delle te- matiche contrattate e quindi del profilo della negoziazione. La contrattazione so- ciale nel Sud Italia è quella maggiormente specifica: poco centrata sul negoziato in- torno ai bilanci comunali, si indirizza principalmente alle politiche socio-sa- nitarie e assistenziali (63,9%). Nelle al- tre aree territoriali – per quanto in gene- rale calo rispetto al 2011 – si conferma- no alcune differenze e specificità territo- riali: la presenza significativa di interventi riguardanti la pubblica amministrazio- ne nel Nord-est (in particolare Xxxxxx Xxxxxxx) e nel Centro (rispettivamen- te nel 42,9% e nel 51,8%), delle politi- che di bilancio nel Nord-ovest (nella qua- si totalità dei documenti: 98,3%). In li- nea generale, la contrattazione nel Nord- est e nel Centro mostra interventi più diffusi per le politiche socio-sanitarie e assistenziali, del lavoro e sviluppo, abi- tative e del territorio; mentre nel Nord- ovest più ampi gli interventi per le poli-
TAB. 10 AREE TEMATICHE NEGOZIALI PER RIPARTIZIONE TERRITORIALE
(ACCORDI E VERBALI, PERCENTUALE, DATI 2012)
Nord ovest | Nord est | Centro | Sud e Isole | Totale Italia | |
1 Relazioni tra le parti | 84,4 | 87,8 | 92,3 | 36,1 | 83,1 |
2 Politiche e strumenti della partecipazione | 22,3 | 6,8 | 27,5 | 9,7 | 20,2 |
3 Pubblica amministrazione | 4,5 | 42,9 | 51,8 | 13,9 | 21,6 |
4 Politiche di bilancio | 98,3 | 82,3 | 68,5 | 13,9 | 82,9 |
5 Politiche socio-sanitarie e assistenziali | 71,6 | 79,6 | 82,0 | 63,9 | 74,5 |
6 Politiche del lavoro e dello sviluppo | 38,7 | 42,2 | 46,4 | 12,5 | 39,0 |
7 Politica locale dei redditi e delle entrate | 87,8 | 76,9 | 82,4 | 25,0 | 80,2 |
8 Azioni di contrasto delle discriminazioni | 3,9 | 19,0 | 11,3 | 2,8 | 7,8 |
9 Politiche abitative e del territorio | 49,1 | 55,1 | 54,1 | 13,9 | 48,5 |
10 Politiche infanzia giovani educative | 47,6 | 33,3 | 41,4 | 5,6 | 40,9 |
11 Politiche culturali socializzazione e sicurezza | 27,9 | 17,7 | 22,5 | 6,9 | 23,6 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013) |
34
Parte I
TAB. 11 AREE TEMATICHE NEGOZIALI PER LIVELLO TERRITORIALE
(ACCORDI E VERBALI, PERCENTUALE, DATI 2012)
Liv. Liv. Liv. Liv. Totale comunale intercomunale provinciale regionale
1Relazioni tra le parti 85,0 68,3 65,7 72,7 83,1
2 Politiche e strumenti della partecipazione | 20,6 | 13,3 | 20,0 | 22,7 | 20,2 |
3 Pubblica amministrazione | 19,6 | 36,7 | 42,9 | 31,8 | 21,6 |
4 Politiche di bilancio | 92,3 | 23,3 | 11,4 | 13,6 | 82,9 |
5 Politiche socio-sanitarie e assistenziali | 74,1 | 88,3 | 71,4 | 68,2 | 74,5 |
6 Politiche del lavoro e dello sviluppo | 40,7 | 26,7 | 28,6 | 31,8 | 39,0 |
7 Politica locale dei redditi e delle entrate | 86,6 | 41,7 | 25,7 | 40,9 | 80,2 |
8Azioni di contrasto delle discriminazioni | 7,7 | 13,3 | 5,7 | 0 | 7,8 |
9 Politiche abitative e del territorio | 52,8 | 18,3 | 20,0 | 18,2 | 48,5 |
10 Politiche infanzia giovani educative | 44,6 | 21,7 | 8,6 | 13,6 | 40,9 |
11 Politiche culturali socializzazione
e sicurezza 26,2 8,3 0 4,5 23,6
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
tiche dell’infanzia ed educative. Osservando la contrattazione sociale nella dimensione dei vari livelli territoriali (Ta- bella 11), si conferma una differenziazione, o specializzazione, degli ambiti in cui di-
verse tematiche sono contrattate. Avolte si tratta del risvolto di prerogative ammini- strative e istituzionali, ma si potrebbe anche trarre dalla distribuzione per livello territo- riale della negoziazione alcune indicazioni
TAB. 12 AREE TEMATICHE NEGOZIALI PER CLASSI DI PARTI COINVOLTE
(ACCORDI E VERBALI, PERCENTUALE, DATI 2012)
2soggetti | 3soggetti | 4soggetti Piùdi4soggetti Totale | |||
1Relazioni tra le parti | 79,1 | 86,5 | 86,2 100 83,1 | ||
2 Politiche e strumenti della partecipazione | 25,1 | 15,3 | 9,2 | 43,8 | 20,2 |
3 Pubblica amministrazione 13,4 33,6 13,8 53,1 21,6 4 Politiche di bilancio 83,3 84,1 87,7 56,3 82,9 |
TA
N | ||||||
C | ||||||
5 Politiche socio-sanitarie e assistenziali 77,2 75,7 62,3 71,9 74,5 6 Politiche del lavoro e dello sviluppo 29,4 51,1 40,0 53,1 39,0 7 Politica locale dei redditi | S To FON |
N
e delle entrate 8 Azioni di contrasto delle discriminazioni | 75,4 8,6 | 85,0 7,5 | 90,0 6,2 | 75,0 6,3 | 80,2 7,8 |
9 Politiche abitative e del territorio | 50,3 | 49,2 | 36,2 | 68,8 | 48,5 |
10 Politiche infanzia giovani educative | 32,6 | 49,2 | 50,8 | 46,9 | 40,9 |
11 Politiche culturali socializzazione
e sicurezza 26,7 21,6 20,8 12,5 23,6
FONTE:OSSERVATORIOSULLACONTRATTAZIONESOCIALECGILSPI(2013)
35
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
per intensificarla in particolari contesti: ad esempio, risultano ancora marginali i temi legati alla pubblica amministrazione pro- prio al livello comunale, laddove l’urgenza di interventi risulta piuttosto evidente spe- cie sul piano del contrasto dell’evasione fi- scale e tributaria, oppure della riduzione dei costi e delle spese non produttive. Vicever- sa, la politica dei redditi e delle entrate si concentra fortemente proprio sul livello co- munale, pur nella necessità di introdurre maggiore uniformità e linee guida a livelli territoriali superiori specie nelle complesse negoziazioni su Imu, Irpef locale e sulla prossima introduzione della Tares.
Il confronto tra le aree effettivamente negoziate e il numero di parti coinvolte (Tabella 12) mostra in controluce la maggiore o minore facilità con cui alcu- ni temi possono venire affrontati nel confronto tra sindacato e amministra- zioni locali. Difatti, politiche del lavoro
e dell’infanzia sono maggiormente asso- ciate ad accordi in cui sono coinvolti al- meno tre o quattro soggetti (nb: Cgil Cisl Uil, Spi Fnp Uilp sono considerati, ciascuno, un soggetto quando firmano unitariamente gli accordi). Viceversa, le politiche abitative e del territorio ma an- che quelle della partecipazione paiono più associate a confronti bilaterali (spes- so tra amministrazioni e sindacati dei pensionati).
La Tabella 13 illustra il rapporto tra le aree negoziate e la numerosità dei destinatari. Per certi versi evidenzia un tema piuttosto ovvio, e cioè il legame tra la maggiore pro- babilità di considerare e beneficiare una molteplicità di soggetti laddove vengono trattate più ampiamente le tematiche di politica sociale territoriale. Meno ovvio in- vece è evidenziare anche il reciproco: l’in- clusione dei bisogni e delle richieste dei di- versi soggetti sociali ha la conseguenza di
TAB. 13 AREE TEMATICHE NEGOZIALI PER CLASSI DI SOGGETTI DESTINATARI
(ACCORDI E VERBALI, PERCENTUALE, DATI 2012)
1 Relazioni tra le parti | 69,9 | 88,4 | 83,3 | 85,8 | 79,2 | 83,1 |
2 Politiche e strumenti della partecipazione | 9,8 | 12,6 | 28,1 | 25,8 | 24,5 | 20,2 |
3 Pubblica amministrazione 13,0 16,8 20,3 34,2 30,2 21,6 4 Politiche di bilancio 49,6 81,9 92,9 92,3 84,9 82,9 |
1-2 3-4 5-6 7-8 Più di 8 Totale destinatari destinatari destinatari destinatari destinatari
5 Politiche socio-sanitarie e assistenziali | 49,6 | 60,0 | 85,4 | 94,2 | 87,7 | 74,5 |
6 Politiche del lavoro e dello sviluppo | 15,4 | 19,0 | 44,5 | 63,2 | 74,5 | 39,0 |
7 Politica locale dei redditi e delle entrate | 51,2 | 70,6 | 96,1 | 92,9 | 83,0 | 80,2 |
8 Azioni di contrasto delle discriminazioni | 0,8 | 2,3 | 2,8 | 12,9 | 36,8 | 7,8 |
9 Politiche abitative e del territorio 11,4 28,7 61,6 76,1 74,5 48,5 10Politicheinfanziagiovanieducative 6,5 20,3 58,7 66,5 56,6 40,9 |
11Politicheculturalisocializzazione e sicurezza | 3,3 | 9,7 | 33,1 | 41,3 | 36,8 | 23,6 |
FONTE:OSSERVATORIOSULLACONTRATTAZIONESOCIALECGILSPI(2013)
36
Parte I
ampliare lo spettro tematico della contrat- tazione, non limitandolo a binomi in qual- che misura tradizionali che associano temi trattati e soggetti destinatari. Difatti, non per caso la presenza di accordi con molte- plici destinatari (segno di attenzione nego- ziale ad ampio raggio) consente l’emersio- ne di tematiche plurali; in qualche misura, prendere in considerazione diversi sogget- ti destinatari invita naturalmente a pratica- re il confronto su un raggio più ampio di te- mi. Analogamente, una maggiore multila- teralità del confronto, dal punto di vista delle parti coinvolte, apre a una trattazione più vasta delle agende negoziali.
Al di là delle differenze tematiche della ne- goziazione indotte da fattori strutturali profondi (le differenze territoriali) oppure dalle prerogative istituzionali degli interlo- cutori (nel caso dei livelli territoriali a cui si svolge la contrattazione), per alcune aree tematiche esiste una soglia di visibilità (che è anche una soglia di attenzione) sotto la quale esse sono prese in minore considera- zione all’interno degli accordi/verbali. Queste soglie hanno fondamentalmente a che fare con la complessità – qui intesa come ricchezza e potenzialità – del percor- so negoziale, con i suoi strumenti e con la visibilità dei destinatari.
ficazione di aree e specifiche tematiche negoziali).
Lo schema stesso è parte del set di va- riabili identificative e descrittive di cia- scun documento inserito nell’Osserva- torio, ed è connesso strettamente alle altre variabili: ad esempio, attraverso la scelta di concentrarsi, nello schema, su aree e voci specifiche riferite alle diver- se politiche sociali e territoriali, ap- prontando uno schema legato ai con- tenuti della contrattazione e affiancan- do a questo la definizione di un campo dedicato ai beneficiari degli interventi per aggiungere specificità all’approccio prescelto. Ciò ha consentito, in linea ge- nerale, di evitare il rischio di uno sche- ma in qualche modo spurio, che con- tenesse sia voci strettamente tematiche e strutturali insieme a voci relative a sog- getti specifici e a temi congiunturali. Le aree tematiche sono state concepite, nelle loro relazioni reciproche e nell’ar- ticolazione interna, per fornire una map- pa delle tematiche negoziali, e cioè del- le materie contrattate, che sia il più pos- sibile aderente e integrata con le forme stesse dell’azione contrattuale sociale e territoriale. Pertanto, dopo l’ampia let- tura e immersione nei dati elaborati per
il Rapporto 2011, sono stati introdot- T
La “mappa” delle voci tematiche negoziali
ti limitati ma in qualche misura signi- R
Dopo aver tratteggiato il profilo gene- rale della contrattazione sociale 2012,
ficativi cambiamenti nello schema . (
Nelle prossime pagine si procederà, quin- 2
ed essere entrati nell’articolazione del-
di, per ogni area tematica a una descri- N
le tematiche negoziali con le variabili
zione del peso e dei contenuti principa- N
principali, nel presente capitolo ver-
li delle singole voci negoziali presenti ne- C
ranno delineate le dimensioni, le carat- teristiche quantitative, i rapporti e le proporzioni tra le diverse aree e voci ne- goziali utilizzate nello schema di classi- ficazione della contrattazione sociale (nel complesso oltre 140 voci di classi-
gli accordi e nei verbali di incontro. Un’articolazione così puntuale dei ri- sultati e delle linee di orientamento svi- luppate nei confronti negoziali non è so- lo parte di una restituzione completa del- l’attività di contrattazione sociale e ter-
37
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ritoriale della Cgil, ma è anche la pre- messa per la costruzione di mappe pra- tiche – per l’orientamento – e cognitive
– per l’attribuzione di senso strategico – utili all’iniziativa sindacale.
Area 1. Relazioni tra le parti e definizione del processo
L’area delle Relazioni tra le parti e defini- zione del processo negoziale rappresenta un indicatore della salute del metodo e del- le procedure negoziali. Tra 2011 e 2012 si evidenzia una crescita significativa dell’a- rea 1.3 (dal 24,1% al 44,4), presente con la stessa dicitura in tutte le aree tematiche (Monitoraggio, ricerca, raccolta dati, os- servatori), ma che in questa specifica area sta a significare la predisposizione di mo- menti di verifica rispetto ai contenuti defi- niti e concordati nel negoziato. Sotto que- sta voce, per il 2012, viene in luce la neces- sità di verificare e riprendere il confronto specie intorno all’applicazione delle misu- re di fiscalità locale, soprattutto per quan- to riguarda l’Imu, ma anche l’addizionale
Irpef locale. Inoltre, considerando la più ampia presenza di verbali – e quindi di “ac- cordi mancati” o solo parziali – non stupi- sce il rimando a successivi momenti di in- contro e di verifica, non necessariamente seguenti ad accordi veri e propri ma piut- tosto a un prolungamento, non sempre fruttuoso, del negoziato.
Area 2. Politiche e strumenti della partecipazione e cittadinanza attiva
L’area delle Politiche e strumenti della par- tecipazione e cittadinanza attiva esprime quelle iniziative prese all’interno della contrattazione sociale attinenti principal- mente al metodo del confronto con la cit- tadinanza, con le organizzazioni sociali, il non profit, in materia di informazione, comunicazione, consultazione e parteci- pazione. L’area risulta nel complesso in ca- lo negli accordi (dal 24,8% del 2011 al 20,2% del 2012), in particolare per quan- to riguarda gli strumenti di comunicazio- ne, trasparenza, partecipazione e accoun- tability delle amministrazioni nei con-
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO (e solo primo livello) | AREA TERZO LIVELLO (e solo secondo livello) |
2012 | ||
1.Relazionitralepartie definizionedelprocesso (814/83,1%) | 1.1.Valutazioni di premessa (435 /44,4%) 1.2.Composizione tavoli di confronto (216 /22,0%) 1.3.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (439 /44,4%) | |
2011 | ||
1.Relazionitralepartie definizionedelprocesso (618/68,4%) | 1.1.Valutazioni di premessa (505/55%) 1.2.Composizione tavoli di confronto (196/21,4%) 1.3.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (221/24,1%) |
38
Parte I
fronti dei cittadini (i Bilanci sulla qualità sociale passano, nel complesso, dal 5,3% al 1,2%). Se in generale l’area 2 vede scen- dere il suo peso negli accordi-verbali, re- stano sullo stesso livello del 2011 gli in- terventi di Promozione del terzo settore e della partecipazione sociale (8,5%), die- tro i quali vi è il sostegno all’associazioni- smo, alla partecipazione sociale dei citta- dini (forme di volontariato civico), ma an- che richieste di supplenza al non-profit per interventi di tipo sociale, in particola- re a favore delle fasce più deboli della po- polazione.
Va inoltre sottolineato che nella voce Per- corsi di informazione, consultazione e
coinvolgimento dei lavoratori e dei citta- dini (13,4% dei documenti, nel 2012) si ritrovano in genere servizi di informazio- ne rivolti alla cittadinanza su temi specifi- ci (Urp, Informagiovani, sportelli di infor- mazione rivolti a immigrati, donne, fa- miglie in difficoltà specie su accesso ai ser- vizi, ad agevolazioni ed esenzioni su com- partecipazione al welfare, su fondi per l’af- fitto, utenze domestiche, etc.). Più rara- mente, in questa voce sono ricomprese i- niziative di comunicazione e diffusione – a volte intraprese dal solo sindacato, ma presenti nella lettera degli accordi – al fine di divulgare i contenuti delle intese tra la popolazione destinataria.
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO (e solo primo livello) | AREA TERZO LIVELLO (e solo secondo livello) |
2012 | ||
2.Politicheestrumenti della partecipazione ecittadinanza attiva (198/20,2%) di cui soloIlivello (5/0,5%) | 2.1.Bilancisullaqualitàsociale(12/1,2%) di cui solo II livello (1 /0,1%) 2.2.Bilancio partecipato,partecipativo (8 /0,8%) 2.3.Percorsi di informazione, consultazione coinvolgimento dei lavoratori e dei cittadini (131 /13,4%) 2.4.Promozione del terzo settore e della partecipazione sociale (83 /8,5%) 2.5.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati, osservatori (0) | 2.1.1.Bilanciosociale (11/1,1%) 2.1.2.Bilancio di genere (1/0,1%) 2.1.3.Bilancio ambientale (0) |
2011 | ||
2.Politicheestrumenti della partecipazioneecittadinanza attiva (224/24,8%) di cui soloIlivello (4/0,4%) | 2.1.Bilanci sulla qualità sociale (49/5,3%) di cui solo II livello (7/0,8%) 2.2.Bilancio partecipato,partecipativo (8/0,9%) 2.3.Percorsi di informazione,consultazione ecoinvolgimento dei lavoratoriedei cittadini (138/15%) 2.4.Promozione del terzo settoreedella partecipazione sociale (79/8,6%) 2.5.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati, osservatori (8/0,9%) | 2.1.1.Bilanciosociale (39/4,2%) 2.1.2.Bilancio di genere (10/1,1%) 2.1.3.Bilancio ambientale (0) |
39
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
Area 3. Pubblica amministrazione
Il campo della Pubblica amministrazione risulta sensibilmente in calo rispetto agli interventi del 2011 (dal 29,5 al 21,6%). Più in dettaglio, si registra una minore pre- senza di tutte le voci specifiche dell’area, in particolare le Politiche del personale (6,3%), la Regolazione di appalti e subap- palti (6,2%), le Esternalizzazioni/interna- lizzazioni (2,6%), le Relazioni tra pubbli- che amministrazioni e gestioni associate (8,8%). Nel complesso, più che un orien- tamento involutivo delle tematiche relati- ve alla pubblica amministrazione si intra- vede invece la presenza di segni di stagna- zione, in un contesto di restrizione e fragi-
lità delle risorse che non pare corrisponde- re a una significativa innovazione delle macchine amministrative locali. Ciono- nostante – e sebbene si evidenzi una certa disomogeneità territoriale – si ritrovano i- niziative di attenzione a una migliore re- golazione degli appalti della pubblica am- ministrazione (spesso associati a interven- ti di contrasto della precarietà, del lavoro nero e per la salute e sicurezza, ovvero alla connessione tra appalti pubblici e clauso- le sociali, garanzie di trasparenza e corret- tezza del rapporto di lavoro tra aziende for- nitrici e lavoratori delle stesse). Inoltre, il te- ma delle gestioni associate si fa largo sia da un punto di vista del recupero di risorse a
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
3.Pubblicaamministrazione (212 /21,6%) di cui soloIlivello (7/0,7%) | 3.1.Politiche del personale (62/6,3%) 3.2.Esternalizzazionieinternalizzazioni (25/ 2,6%) 3.3.Regolazione appaltiesubappalti (61/6,2%) 3.4. Accreditamento (16/1,6%) 3.5. Formazione del personale e organizzazione (23 / 2,3%) 3.6. Aziende pubblicheepartecipate (17/1,7%) 3.7. Relazioni tra amministrazioniegestioni associate (86/8,8%) 3.8. Uso del patrimonio pubblico (45/4,6%) 3.9. Monitoraggio,ricerca,raccolta dati, osservatori (3/0,3%) | |
2011 | ||
3.Pubblica amministrazione (267/29,5%) di cui soloIlivello (6/0,7%) | 3.1.Politichedelpersonale(100/10,9%) 3.2.Esternalizzazionieinternalizzazioni(52/5,7%) 3.3.Regolazioneappaltiesubappalti(96/10,5%) 3.4. Accreditamento (26/2,8%) 3.5.Formazione del personaleeorganizzazione (28/3,1%) 3.6.Aziende pubblicheepartecipate (22/2,4%) 3.7.Relazioni tra amministrazioniegestioni associate (104/11,3%) 3.8.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati, osservatori (49/5,3%) |
40
Parte I
partire da una riduzione delle spese per i servizi indivisibili (quali polizia locale, tra- sporti, energia ecc.) sia per i servizi sociali in ottica di integrazione e migliore alloca- zione delle risorse esistenti.
Da segnalare anche gli elementi di qualità e gli auspici di innovazione in voci temati- che al momento marginali, come la For- mazione del personale e organizzazione dei settori delle amministrazioni locali: buona parte delle limitate iniziative segna- late nella contrattazione sociale 2012 (pa- ri solo al 2,3% degli Accordi/Verbali) si as- socia a interventi di contrasto dell’xxxxxx- ne fiscale e tributaria, e cioè a interventi per il coordinamento tra settori dell’ammini- strazione, competenze, banche dati, al fi- ne di una verifica puntuale delle possibili aree di evasione e delle dichiarazioni pre- sentate dai cittadini ai fini di esenzione o compartecipazione ai costi del welfare.
Nella classificazione del 2012 va segnalata l’introduzione di una nuova voce tematica, frutto dell’osservazione concreta degli ac- cordi dell’anno passato che contenevano interventi non previsti dall’allora schema di classificazione. Quindi, per quest’tanno si
ritrovano nel 4,6% degli accordi-verbali in- terventi sull’Uso del patrimonio pubblico, sotto i quali le amministrazioni definisco- no la messa a frutto, la valorizzazione, o an- che la vendita, di immobili e beni di pro- prietà pubblica.
Area 4. Politiche di bilancio
Nel complesso, l’area delle Politiche di bi- lancio conferma la natura profonda della contrattazione sociale e il suo legame con la negoziazione intorno ai bilanci di previsio- ne dei comuni (dal 79,2% del 2011 al 82,9% del 2012).Neldettaglio, tuttavia, va evidenziato come per il 2012 risulti in calo quella quota – seppur sempre minima – di accordi di più ampio respiro, relativi all’in- teromandato amministrativoocomunque intese pluriennali di indirizzo del bilancio locale (dal 2,9% del 2011 al 0,5% del 2012). Naturalmente si tratta di variazioni su numeri assoluti già molto modesti, per cui risulta difficile sostenere la presenza di una tendenza chiara; una conferma o me- no di questa criticità si potrà avere negli ac- cordi stipulati dopo le prossime tornate di elezioni amministrativepreviste per il2014.
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
4.Politiche di bilancio (812/ 82,9%) di cui soloIlivello (4/0,4%) | 4.1.Confronto sugli accordi di mandato (5/0,5%) 4.2.Confronto sui bilanci di previsione (782/79,8%) 4.3.Confronti su consuntivoeassestamento di bilancio (74/7,6%) 4.4.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (14/1,4%) | |
2011 | ||
4.Politiche di bilancio (722/79,9%) di cui soloIlivello (6/0,7%) | 4.1.Confronto sugli accordi di mandato (27/2,9%) 4.2.Confronto sui bilanci di previsione (699/76,1%) 4.3.Confronti su consuntivoeassestamento di bilancio (52/5,7%) 4.4.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (8/0,9%) |
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
Area 5. Politiche socio-sanitarie ed assistenziali Per quanto in calo rispetto al 2011, l’area delle Politiche socio-sanitarie e assisten- ziali si conferma il cuore delle misure di merito prese nel corso dei negoziati di contrattazione sociale, presente in circa i tre quarti degli accordi-verbali (dall’82,7% al 74,5%). L’articolazione
ampia e particolareggiata di quest’area ci consente di evidenziare spostamenti di attenzione (e presumibilmente di risorse) da una voce specifica a un’altra. Tra le a- ree di secondo livello, l’azione di Pro- grammazione di servizi e prestazioni re- sta costante e si ritrova in circa il 24-25% dei documenti; ciò segnala che non vi è
ACCORDI E VERBALI | |||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO | |
2012 | |||
5.Politiche socio- sanitarie ed assistenziali (730 /74,5%) di cui soloIlivello (15/1,5%) | 5.1.Programmazione servizie prestazioni (239/24,4%) di cui solo II livello (36/3,7%) 5.2.Modelli organizzativie dell’offerta(167/17,0%) di cui solo II livello (12/1,2%) 5.3.Prestazionieservizi (544 /55,5%) di cui solo II livello (55/5,6%) 5.4.Interventi di contrasto alla povertà(377/38,5%) di cui solo II livello (59/6,0%) 5.5 Non autosufficienza (174/17,8%) di cui solo II livello (22/2,2%) 5.6.Welfareintegrativo /mutualitàterritoriale(9/0,9%) 5.7.Monitoraggio,ricerca, raccoltadati,osservatori (64/6,5%) | 5.1.1.Pianieprogrammazione sociale (31/3,2%) 5.1.2.Pianieprogrammazione sanitaria (15/1,5%) 5.1.3.Pianieprogrammazione integrata (74/7,6%) 5.1.4.Piani di zona e/o distrettuali (129/13,2%) 5.2.1.Aziendespecialiesocietàpartecipate (19/1,9%) 5.2.2.Modalitàdiaffidamentodelleprestazioni (26/2,7%) 5.2.3.Semplificazionepercorsidiaccesso (100/10,2%) 5.2.4.Modalità di presa in carico (14/1,4%) 5.2.5.Cartadei servizi/Diritti degli utenti (31/3,2%) 5.3.1. Residenziali (207/21,1%) 5.3.2.Semiresidenziali (79/8,1%) 5.3.3.Domiciliari (386/39,4%) 5.3.4.Territoriali (209/21,3%) 5.3.5.Accoglienza ed emergenza (6/0,6%) 5.3.6.Prevenzione socio-sanitariaepromozione della saluteedel benessere (37/3,8%) 5.4.1.Minimo vitale/Reddito minimo (22/2,2%) 5.4.2.Contributieconomiciunatantum(292/29,8%) 5.4.3.Contributi in servizi/beni di prima necessità (25/2,6%) 5.4.4.Interventi promozionali per l’inclusione sociale (15/1,5%) 5.5.1.Contributi economici (104/10,6%) 5.5.2.Servizidisostegnoallanon-autosufficienza (78/8%) 5.5.3.Regolarizzazione,formazionee accreditamento lavoro di cura (16/1,6%) |
42
Parte I
stato un arretramento del confronto in- torno a Piani di zona, programmi sociali e sanitari di livello territoriale; e tuttavia, alla luce dei dati successivi, si assiste a una contrattazione più circoscritta e vincola- ta al calo di risorse. Difatti, alla luce del ca- lo degli interventi sui modelli di offerta e sui servizi, potrebbe indicare il ridimen-
sionamento del welfare locale soprattut- to a livello comunale e di prossimità, con una tenuta relativa maggiore proprio ne- gli ambiti di pianificazione e progettazio- ne sovracomunali.
Rispetto alla specificità degli interventi, si segnala un calo delle misure maggior- mente legate ai Modelli organizzativi e
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2011 | ||
5.Politiche socio- sanitarie ed assistenziali (748/82,7%) di cui soloIlivello (16/1,7%) | 5.1.Programmazione servizie prestazioni (229/24,9%) di cui solo II livello (29/3,2%) 5.2.Modelli organizzativie dell’offerta(241/26,3%) di cui solo II livello (13/1,4%) 5.3.Prestazionieservizi (604/65,8%) di cui solo II livello (52/5,7%) 5.4.Interventi di contrasto alla povertà(266/29%) di cui solo II livello (67/7,3%) 5.5. Non autosufficienza (194/21,1%) di cui solo II livello (48/5,2%) 5.6.Welfareintegrativo /mutualitàterritoriale(16/1,7%) 5.7.Monitoraggio,ricerca, raccoltadati,osservatori(64/7%) | 5.1.1.Pianieprogrammazione sociale (34/3,7%) 5.1.2.Pianieprogrammazione sanitaria (25/2,7%) 5.1.3.Pianieprogrammazione integrata (85/9,3%) 5.1.4.Piani di zona e/o distrettuali (121/13,2%) 5.2.1.Aziende specialiesocietà partecipate (31/3,4%) 5.2.2.Modalità di affidamento delle prestazioni (99/10,8%) 5.2.3.Semplificazione percorsi di accesso (100/10,9%) 5.2.4.Modalità di presa in carico (35/3,8%) 5.2.5.Cartadeiservizi/Dirittidegliutenti(26/2,8%) 5.3.1.Residenziali (245/26,7%) 5.3.2.Semiresidenziali(106/11,5%) 5.3.3.Domiciliari (430/46,8%) 5.3.4.Territoriali (273/29,7%) 5.3.5.Accoglienza ed emergenza (15/1,6%) 5.3.6.Prevenzione socio-sanitariaepromozione della saluteedel benessere (50/5,4%) 5.4.1.Minimovitale/Redditominimo(30/3,3%) 5.4.2.Contributieconomiciunatantum(169/18,4%) 5.4.3.Contributiinservizi/benidiprimanecessità (37/4%) 5.5.1.Contributi economici (75/8,2%) 5.5.2.Servizidisostegnoallanon-autosufficienza (55/6%) 5.5.3.Regolarizzazione,formazioneeaccreditament lavoro di cura (49/5,3%) |
o
43
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
dell’offerta (5.2, dal 26,3% al 17%), in- sieme a un calo degli interventi sui servi- zi stessi (5.3 Prestazioni e servizi, dal 65% circa al 55%). Più in dettaglio, a proposi- to dell’offerta di servizi e prestazioni, il ca- lo più rilevante in termini percentuali ri- sulta quello relativo ai servizi territoriali, passati dal 29,7% al 21,3%, in cui si ri- trovano iniziative di vario genere: servizio sociale professionale, i servizi socio-edu- cativi e di sostegno, i centri di ascolto, la rete ambulatoriale, le strutture ospedalie- re insieme a consultori e presidi. Questo dato è rilevante, specie se confrontato con l’aumento proprio degli ultimi anni de- gli interventi territoriali rispetto a quelli più tradizionali dei servizi residenziali e semiresidenziali; tuttavia si possono se- gnalare elementi di qualità, specie nella (complessa) tendenza a costituire strut- ture integrate per l’accesso alla medicina di base e all’orientamento ai servizi spe- cialistici in diverse regioni italiane.
In controtendenza – e coerentemente con quanto evidenziato rispetto ai bene- ficiari – va registrata la crescita degli in- terventi di contrasto della povertà: dal 29% del 2011 al 38,5% del 2012. Va e- videnziato inoltre che tali interventi ri- sultano in crescita soprattutto sotto il profilo assistenziale (il 29,8% degli ac- cordi prevede contributi una tantum, ad esempio di sostegno agli affitti o per le u- tenze domestiche) o contributi in beni di prima necessità (2,6%), mentre gli inter- venti promozionali e di inclusione (tema introdotto nella classificazione del 2012) risultano assai marginali (1,5%). Proprio questo aspetto segnala la necessità (peral- tro indicata nelle premesse di diversi ac- cordi) di individuare nuovi strumenti di sostegno al reddito combinati con misu- re di inserimento (sociale, lavorativo, re-
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Parte I
lazionale, etc.) nei confronti di soggetti dal profilo nuovo, per i quali oltre a indi- catori oggettivi (l’assenza di reddito e la condizione di disoccupazione, ad esem- pio) si affianchino indicatori, e di conse- guenza misure, centrate sulle modifiche della propria condizione di rischio di po- vertà: separazioni, riduzione del reddito complessivo, presenza di minori e fami- glie monoparentali, anziani soli, assenza di reti sociali e famigliari, e così via.
Analogo discorso – pur in una leggera contrazione dell’area – si può sostene- re per gli interventi sulla Non autosuf- ficienza: questi passano dal 21,1% al 17,8% degli accordi-verbali, ma al lo- ro interno cresce (non necessariamen- te nei termini quantitativi dell’eroga- zione) la definizione di Contributi eco- nomici (dall’8,2% al 10,6%), mentre calano decisamente gli interventi più qualitativi in relazione a Regolarizza- zione, formazione e accreditamento la- voro di cura (1,6% nel 2012, contro il 5,3% del 2011).
Area 6. Politiche del lavoro e dello sviluppo Dopo il vistoso calo registrato tra 2010 e 2011, soprattutto a causa della ridu- zione degli investimenti ma anche per via dell’implementazione e messa a re- gime dei molti fondi anticrisi definiti a livello locale fin dal 2009, l’area delle Politiche del lavoro e dello sviluppo nel 2012 vede un’ulteriore calo di peso (complessivamente, dal 50,9% al 39% dei verbali/accordi). Sembra confermato un calo di tensione della contrattazio- ne sociale – di certo influenzato strut- turalmente dalle criticità delle finanze locali – intorno ai temi della crisi sia in prospettiva di tutela sociale sia in ter- mini di sviluppo territoriale.
In particolare, risultano stagnanti o in ca- lo quelle voci di intervento che risultano maggiormente strutturali o promoziona- li, e che pertanto sarebbero vincolate alla disponibilità di investimenti di risorse da parte delle amministrazioni. I temi atti- nenti allo sviluppo e al sostegno alle im- prese non raggiungono il 5% degli accor- di-verbali (voci 6.1 e 6.3). Da questi dati emergono l’assenza di risorse proprie o trasferite dal livello nazionale, la difficoltà di sviluppare capacità propositive per l’ac- cesso ai fondi strutturali europei, ma an- che di un’azione di regia e promozione e- conomica. Ciò si riflette anche nella voce relativa allo Sviluppo dell’economia so- stenibile, sociale e solidale (1,9% nel 2012), del tutto marginale specie se raf- frontata all’enfasi posta sulla necessità di i- niziative di sostenibilità dell’economica, sviluppo della green economy, protezione del territorio e promozione di economie socialmente basate e responsabili.
Risultano piuttosto stabili le Azioni per l’inserimento lavorativo (21,6%) e gli in- terventi di Tutela del lavoro (7,3%). Nel primo gruppo di interventi la presenza più rilevante (11,4%) è costituita da ini- ziative per l’inserimento lavorativo, ad e- sempio borse-lavoro per soggetti svantag- giati o vittime della crisi; si tratta di misu- re assai capillari e mirate, ma ugualmente disperse e limitate, specie se confrontate con l’assai ridotta presenza di iniziative più strutturali su formazione, orientamento e inserimento lavorativo e alla presenza dei servizi per l’impiego trai temi della con- trattazione sociale (pari, rispettivamente, al 4,3% e al 2,9%). Rispetto alla tutela del lavoro, si segnala la riduzione degli inter- venti per il contrasto del lavoro nero, irre- golare e della precarietà (7,3%, nel 2012); laddove presenti, si tratta fondamental-
mente di richiami a clausole sociali negli appalti e generici riferimenti all’impegno delle amministrazioni alla verifica delle condizioni contrattuali e occupazionali dei lavori coinvolti in aziende subfornitri- ci o di aziende pubbliche o partecipate. Da segnalare la presenza di alcuni proto- colli specifici dedicati al tema della regola- zione degli appalti.
Il calo maggiormente incidente sull’ar- retramento complessivo dell’area si re- gistra nel campo della Protezione so- ciale e del reddito (19,8% nel 2012, con- tro oltre il 36% nel 2011). Questo ca- lo si configura nella mancanza sostan- ziale di nuovi interventi di sostegno al reddito per i soggetti colpiti dalla crisi (magari in presenza, non citata negli ac- cordi, della continuità degli strumenti varati negli anni precedenti) e nel pro- sciugamento degli strumenti di soste- gno all’erogazione degli ammortizza- tori sociali (anticipazioni garantite dal- le pubbliche amministrazioni presso gli istituti bancari, etc.). Va segnalata pro- prio la limitata consistenza di interven- ti relativi agli ammortizzatori sociali (0,7%) che pure segnalano, nel quinto anno di crisi, la presenza di un signifi- cativo problema non risolto: la neces- sità di intervenire con celerità nell’ero- gazione degli assegni di mobilità, di- soccupazione, integrazione guadagni da parte dell’Inps, in assenza della qua- le alcune amministrazioni hanno prov- veduto all’anticipazione delle risorse.
Area 7. Politica locale dei redditi e delle entrate
L’area della Politica locale dei redditi e delle entrate rappresenta, insieme alle politiche sociali, uno dei campi inter- venti maggiormente trattati nella con-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
6.Politiche del lavoro edello sviluppo (382/39,0%) di cui soloIlivello (3/0,3%) | 6.1.Accordidiareaepianificazione interventi(38/3,9%) 6.2.Sviluppodell’economiasostenibile, socialeesolidale(19/1,9%) 6.3.Sostegnoadaziendeecreazionedi impresa(47/4,8%) | |
6.4. Azioniperl’inserimento lavorativo(212/21,6%) dicuisoloIIlivello(62/6,3%) | 6.4.1.Sportellolavoro/serviziper l’impiego(28/2,9%) 6.4.2.Formazionecontinua/ professionale(42/4,3%) 6.4.3.Progettispecialidiinserimento socio-lavorativo (112/11,4%) | |
6.5.Tuteladellavoro(72/7,3%) dicuisoloIIlivello(13/1,3%) | 6.5.1.Contrastoedemersionedel lavoroneroeirregolare (26/2,7%) 6.5.2.Contrastodellaprecarietàe stabilizzazionedellavoro (25/2,6%) 6.5.3.Saluteesicurezza(38/3,9%) | |
6.6.Protezionesocialeedelreddito (194/19,8%) dicuisoloIIlivello(35/3,6%) 6.7. Azioniperlaconciliazione(8/0,8%) 6.8.Monitoraggio,ricerca,raccoltadati, osservatori(8/0,8%) | 6.6.1.Ammortizzatorisociali (7/0,7%) 6.6.2.Sostegnoalredditodei soggettiinteressatidacrisiaziendalio occupazionali(156/15,9%) 6.6.3.Sostegnoall’autoimpiegoe microimpresa(4/0,4%) |
ACCORDI
AREA PRIMO LIVELLO AREA SECONDO LIVELLO AREA TERZO LIVELLO
trattazione sociale (dal 87,9% del 2011 al 80,2% del 2012). Oltre a un calo non indifferente di peso dell’area, nel suo complesso, la specificità del 2012 risie- de principalmente nella riduzione di in- terventi sulla modulazione e l’utilizzo dello strumento Isee nei nuovi accordi (48,7%, contro il 63,3% nel 2011). Questo dato, piuttosto che indicare una regressione dell’Isee nella regolazione dell’accesso alle prestazioni del welfare locale segnala, probabilmente, la mes- sa a regime dello strumento dopo l’am-
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Parte I
pia diffusione – e la sperimentazione di varie e differenti soluzioni – avvenuta negli anni passati, 2010 e 2011, con l’in- troduzione di forme di Isee “istantaneo” o “attualizzato” (ovvero relativo ai red- diti presenti dei beneficiari), “continuo” (per evitare i salti dovuti alle diverse fa- sce di reddito Isee) e differenziato, ad esempio tra diversi tipi di reddito (prin- cipalmente tra lavoro dipendente/pen- sione e lavoro autonomo). Va segnala- to inoltre anche il calo rilevante di in- terventi sulla Compartecipazione ai co-
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2011 | ||
6.Politiche del lavoroedello sviluppo (460/50,9%) di cui soloIlivello (%) | 6.1.Accordidiareaepianificazione interventi(37/4%) 6.2.Sviluppodell’economiasociale esolidale(28/3,1%) 6.3.Sostegnoadaziendee creazionediimpresa(41/4,5%) | |
6.4. Azioniperl’inserimento lavorativo(191/20,8%) dicuisoloIIlivello(56/6,1%) | 6.4.1.Sportellolavoro/serviziper l’impiego(24/2,6%) 6.4.2.Formazionecontinua/ professionale(29/3,2%) 6.4.3.Progettispecialidiinserimento socio-lavorativo (107/11,7%) | |
6.5.Tuteladellavoro(83/9%) dicuisoloIIlivello(5/0,5%) | 6.5.1.Contrastoedemersionedel lavoroneroeirregolare (33/3,6%) 6.5.2.Contrastodellaprecarietàe stabilizzazionedellavoro (34/3,7%) 6.5.3.Saluteesicurezza(41/4,5%) | |
6.6.Protezionesocialeedelreddito (332/36,2%) dicuisoloIIlivello(3/0,3%) | 6.6.1.Ammortizzatorisociali(23/2,5%) 6.6.2.Sostegnoalredditodeisoggetti interessatidacrisiaziendalio occupazionali(318/34,6%) 6.6.3.Sostegnoall’autoimpiegoe microimpresa(5/0,5%) | |
6.7.Azioniperlaconciliazione (8/0,9%) 6.8.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori(8/0,9%) |
ACCORDI
AREA PRIMO LIVELLO AREA SECONDO LIVELLO AREA TERZO LIVELLO
sti del welfare da parte dei cittadini (dal 54% al 34,7%), in particolare per la de- terminazione di rette dei servizi pub- blici (sociali, educativi, assistenziali). Dietro la riduzione complessiva degli interventi sulla compartecipazione (sia sulle soglie sia di tipo regolativo, più in generale) probabilmente si intravedo- no gli scarsi margini di manovra delle amministrazioni per determinare cri- xxxx di accesso ai servizi centrati su una più forte progressività, a fronte, invece, di interventi per il contrasto alla povertà
maggiormente centrati sulla dimensio- ne assistenziale (vedi area 5.4 nelle Po- litiche sociosanitarie e assistenziali).
Il mutamento sostanziale più significa- tivo nella contrattazione sociale sulle te- matiche della politica locale dei redditi risiede nel campo delle Imposte e tasse locali: queste iniziative sono in crescita rispetto al 2011 (67,8% contro 60,6%), principalmente a causa dell’esplosione del negoziato intorno all’Imu (52,8%, contro il 24,7% per l’Ici nel 2011) e sul- le addizionali Irpef comunali (48,9%
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
7.Politica locale dei redditie delle entrate (786/80,2%) di cui soloIlivello (6/0,6%) | 7.1.Isee(477/48,7%) 7.2.Compartecipazionecosti welfare(340/34,7%) dicuisoloIIlivello(12/1,2%) | 7.2.1.Retteservizipubblici(248/ 25,3%) 7.2.2.Ticketsanitari(108/11,0%) |
7.3.Tariffeservizipubblici(420/ 42,9%) dicuisoloIIlivello(34/3,5%) | 7.3.1.Rifiuti(337/34,4%) 7.3.2.Utenzedomestiche(113/ 11,5%) 7.3.3.Traspostipubblici(44/4,5%) | |
7.4.Imposteetasselocali(664/ 67,8%) dicuisoloIIlivello(3/0,3%) 7.5.Altreimpostetariffeetasse locali(14/1,4%) 7.6.Calmieramentoprezzi(17/ 1,7%) 7.6.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori(47/4,8%) | 7.4.1.Contrastoall’evasionefiscalee tributaria(408/41,6%) 7.4.2.AddizionaliIrpef(479/48,9%) 7.4.3.Imu(517/52,8%) 7.4.4.Tassediscopo(22/2,2%) | |
2011 | ||
7.Politica locale dei redditie delle entrate (795/87,9%) di cui soloIlivello (1/0,1%) | 7.1.Isee(581/63,3%) 7.2.Compartecipazionecosti welfare(496/54%) dicuisoloIIlivello(78/8,5%) | 7.2.1. Retteservizipubblici (353/38,5%) 7.2.2. Ticketsanitari(95/10,3%) |
7.3.Tariffeservizipubblici (538/58,6%) dicuisoloIIlivello(48/5,2%) | 7.3.1. Rifiuti(419/45,6%) 7.3.2. Utenzedomestiche (169/18,4%) 7.3.3. Trasportipubblici(77/8,4%) | |
7.4.Imposteetasselocali (556/60,6%) dicuisoloIIlivello(9/1%) 7.5.Altreimposte,tariffeetasse locali(37/4%) 7.6.Calmieramentoprezzi(26/2,8) 7.7.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori(53/5,8%) | 7.4.1. Contrastoall’evasionefiscalee tributaria(312/34%) 7.4.2. AddizionaliIrpef(319/34,7%) 7.4.3. Ici(227/24,7%) 7.4.4.Xxxxxxxxxxxx(5/0,5) |
ACCORDI
AREA PRIMO LIVELLO AREA SECONDO LIVELLO AREA TERZO LIVELLO
48
Parte I
contro il 34,7%del 2011). In linea assai generale, il ricorso ad aliquote Imu mas- sime per le seconde case (pari al 10,6 per mille) è stata di frequente negoziata con il bilanciamento di aliquote di favore o con il rimborso indiretto per situazioni specifiche sia reddituali sia in presenza di contratti di locazione a canone age- volato. Un ruolo analogo di “asso pi- gliatutto” della contrattazione sociale potrebbe essere preso, nel 2014 e in se- guito, dalla determinazione dei criteri della nuova Tares, la quale proprio per la sua natura composita (includendo il pagamento dei servizi indivisibili, la mi- sura della produzione individuale di ri- fiuti, la determinazione di una variabi- le legata alla dimensione/valore del- l’immobile abitato e/o posseduto dal contribuente) rischia di suscitare note- voli problemi specie intorno al tema del- l’equità e della progressività dell’impo- sizione. Va sottolineato che, a fronte di una crescita degli interventi di aumen- to dell’addizionale comunale Irpef, vi sono esperienze locali in cui questo si ac- compagnato (o è stato mitigato) all’in- troduzione di criteri di progressività del- l’imposizione fiscale.
È indubbio che intorno a questi due temi si sia orientata la necessità contingente di stabilire la massima equità possibile nella loro applicazione – all’interno dagli stret- ti vincoli strutturali – ma indubbiamente è possibile immaginare che l’urgenza di ta- li punti negoziali abbia potuto mettere in secondo piano altre tematiche ugual- mente impellenti rispetto ai bisogni so- ciali. Da segnalare invece, rispetto al 2011, l’aumento sensibile delle iniziative di con- trasto dell’evasione fiscale e tributaria, pre- senti nel 41,6% degli accordi-verbali, nei quali oltre all’attivazione e implementa-
zione di patti antievasione sono presenti i- niziative di revisione degli apparati am- ministrativi locali (dipartimenti, settori amministrativi, verifiche controlli e san- zioni, revisione del catasto, etc.). Dall’a- nalisi approfondita dei testi di accordo presenti nell’Osservatorio sulla contratta- zione sociale, riferiti agli anni 2011 e 2012, emerge anzitutto una grande mag- gioranza di prese di posizione comuni, più meno generiche o finalizzate all’effet- tiva attivazione di azioni antievasione: vi si trova la riaffermazione degli impegni per definire una convenzione con l’Agen- zia delle entrate, il rafforzamento delle at- tività antievasione proprie della struttura amministrativa dei comuni, etc. In una quota minore di casi si tratta dell’attiva- zione vera e propria di un Patto antieva- sione, di cui si enunciano gli impegni per la destinazione dei fondi eventualmente recuperati, in particolare per le politiche sociali e anche su temi specifici come i ser- vizi per l’infanzia, i fondi anticrisi, le risor- se di sostegno all’affitto, i servizi per an- ziani e disabili, delineando in tal modo u- na sorta di recupero di scopo dell’xxxxxx- ne fiscale e tributaria.
Un’altra sfumatura delle iniziative antie- vasione si concentra sulle azioni da intra- prendere per un orientamento più colla- borativo e integrato tra gli enti locali di di- verso livello. In particolare, si evidenzia la necessità della collaborazione interco- munale, per una diffusione coerente sul piano territoriale di tali iniziative: non so- lo entro i consorzi e le unioni di comuni, ma anche all’interno dell’associazionismo intercomunale centrato sui servizi socia- li, intorno alla verifica dei criteri di com- partecipazione.
Vi è poi un gruppo di temi di accordo – generalmente contenuti nei capitoli de-
49
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
8.Azioni di contrasto delle discriminazioniepari opportunità (76/7,8%) di cui soloIlivello (1/0,1%) | 8.1.Pariopportunitàeintegrazione(64/6,5%) 8.2.Azionicontrolediscriminazioniperetà (4/0,4%) 8.3.Azionicontrorazzismoexenofobia (20/2,0%) 8.4.Azionicontrolediscriminazionidigeneree sceltasessuale(20/2,0%) 8.5.Azionicontrolediscriminazioniaidisabili (9/0,9%) 8.6.Azionidicontrastodellaviolenzasudonne xxxxxxx(25/2,6%) 8.7.Monitoraggio,ricerca,raccoltadati, osservatori(5/0,5%) | |
2011 |
8.Azioni di contrasto delle discriminazioniepari opportunità (106/11,7%) di cui soloIlivello (1/0,3%) | 8.1.Pariopportunitàeintegrazione(88/9,6%) 8.2.Azionicontrolediscriminazioniperetà (3/0,3%) 8.3.Azionicontrorazzismoexenofobia(9/1%) 8.4.Azionicontrolediscriminazionidigeneree sceltasessuale(4/0,4%) 8.5.Azionicontrolediscriminazioniaidisabili (3/0,3%) 8.6.Azionidicontrastodellaviolenzasudonnee minori(10/1,1%) 8.7.Monitoraggio,ricerca,raccoltadati, osservatori(6/0,7%) |
dicati ai temi del fisco locale all’interno degli accordi sui bilanci di previsione – in cui si profilano interventi per lo svi- luppo tecnico-organizzativo degli appa- rati comunali: l’unificazione e integra- zione delle banche dati, il coordina- mento tra settori e dipartimenti del- l’amministrazione – anche mediante l’internalizzazione di funzioni prima e- sternalizzate–, e inoltre la messa in di- scussione del ruolo di Equitalia per il re- cupero dei tributi evasi e accordi speci- fici con la Guardia di finanza per un maggiore impegno sui controlli Isee.
Area 8. Azioni di contrasto
50
Parte I
delle discriminazioni e pari opportunità
Come già evidenziato nel dato genera- le, l’area delle Azioni di contrasto delle discriminazioni e pari opportunità ri- sulta in calo rispetto al 2011 (dal 11,7% al 7,8%). In particolare scende la voce tematica in cui sono presenti gli inter- venti promozionali (Pari opportunità e integrazione, 6,5% degli accordi-ver- bali), per quanto a volte puramente mi- nimi ed essenziali, specie a beneficio di immigrati e donne. Sono invece in leg- gera crescita gli interventi di contrasto di fenomeni maggiormente critici, pe- raltro in crescita negli anni più acuti del-
la crisi: Azioni contro razzismo e xe- nofobia (2,0%) e Azioni di contrasto della violenza su donne e minori (2,6%). Riguardo alle azioni per gli immigrati, si segnalano interventi per l’informa- zione e il coinvolgimento (Urp, servizi informazione su diritti sociali e accesso ai servizi, vademecum su diritti e acces- so ai servizi, mediazione culturale, ac- compagnamento nel mondo del lavo- ro e nella ricerca dell’alloggio, ma an- che di promozione della cittadinanza – adempimenti e scadenze per la richie- sta di cittadinanza per i giovani figli im- migrati –, consulte dei migranti e coor- dinamenti delle associazioni di immi- grati o che si rivolgono a essi special- mente nel campo assistenziale). Il se- condo gruppo di interventi fa riferi- mento ad azioni per l’accoglienza e l’e- mergenza (sostegni e riqualificazione di spazi per l’ospitalità di rifugiati e ri- chiedenti asilo, ma soprattutto persone senza casa). Un altro campo significati- vo comprende i temi dell’istruzione dei minori e della formazione linguistica prevalentemente degli adulti (integra- zione scolastica, corsi di italiano per stra- nieri, sia famiglie sia adulti in genere e donne in particolare all’interno di per- corsi culturali di integrazione sociale). Si conferma infine un ampio spettro di interventi per il contrasto della xenofo- bia, del razzismo e anche delle discri- minazioni in materia di diritti social e civili (specie per i termini temporali del- la residenza richiesti per accedere ai con- tributi per l’affitto, alle facilitazioni e al- le esenzioni per l’accesso ai servizi so- ciali e ad altri benefit).
Più limitati gli interventi di contrasto della violenza contro le donne, che ve- dono la costituzione di progetti (spes-
so in collaborazione con soggetti asso- ciativi) per l’accoglienza e l’assistenza di donne vittima di violenza.
Area 9. Politiche abitative e del territorio L’area delle Politiche abitative e del ter- ritorio si segnala in leggero calo (48,5% nel 2012, contro il 53,7% del 2011), che si somma a quello già registrato tra 2011 e 2010. In particolare, scendono gli interventi che richiedono un mag- giore e costante investimento di risorse e investimenti; difatti nella Pianifica- zione e gestione del territorio (11,3%) si ritrovano anche i piccoli interventi di cura e manutenzione (le “piccole ope- re”); questi si riducono ulteriormente (nel 8,6% degli accordi) concentran- dosi in particolare sulla manutenzione ordinaria, mentre sono più rari gli in- terventi di riqualificazione maggior- mente organici o specifici (come la ri- mozione delle barriere architettoniche, l’illuminazione pubblica, etc.).
Stabile è l’area delle Politiche ambien- tali (intorno al 17% degli accordi/ver- bali), nella quale si segnala una leggera crescita negli interventi per l’efficienza energetica e in generale di risparmio del- le risorse naturali (l’acqua, in primo luo- go); in questa voce emergono anche azioni di ridiscussione dei contratti de- gli Enti pubblici con le società di forni- tura energetica, in funzione di maggio- ri risparmi per le amministrazioni, an- che attraverso l’approccio associato de- gli investimenti, dei servizi e dei con- tratti di fornitura.
Scendono lievemente anche gli interven- ti, e presumibilmente le risorse, per le Po- litiche per la casa e condizione abitativa in senso stretto: nel complesso di passa dal 42% del 2011 al 39,7% del 2012. All’in-
51
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
9.Politiche abitative edel territorio (475/48,5%) di cui soloIlivello (5/ 0,5%) | 9.1.Pianificazionee gestionedelterritorio (111/11,3%) dicuisoloIIlivello(6/0,6%) 9.2.Politicheambientali (169/17,2%) dicuisoloIIlivello (12/1,2%) 9.3.Politicheperlacasae condizioneabitativa (388/39,6%) dicuisoloIIlivello (57/5,8%) 9.4.Monitoraggio,ricerca, raccoltadati,osservatori (7/0,7%) | 9.1.1.Definizione,attuazioneevariantideipiani regolatori (6/0,6%) 9.1.2.Programmazione,recuperourbanoecuradel territorio (84/8,6%) 9.1.3.Programmidiinfrastrutturazionedelterritorio (39/4,0%) 9.1.4.Adeguamentotempieoraridellacittà(1/0,1%) 9.2.1.Organizzazioneserviziigieneurbana,raccolta differenziataeverdepubblico (44/4,5%) 9.2.2.Mobilitàurbanaedextraurbana(91/9,3%) 9.2.3.Efficienzaerisparmioenergeticoedidrico (59/6,0%) 9.3.1.Programmazioneediliziasociale(72/7,3%) 9.3.2.Risanamentoalloggi(25/2,6%) 9.3.3.Graduazionesfrattiemergenzaabitativae morosità (53/5,4%) 9.3.4.Interventisugliaffitti(271/27,7%) 9.3.5.Agevolazioniacquistoprimacasa(10/1,0%) |
2011 | ||
9.Politiche abitative edel territorio (485/53,7%) di cui soloIlivello (9/1%) | 9.1.Pianificazionee gestionedelterritorio (124/13,5%) dicuisoloIIlivello(5/0,5%) 9.2.Politicheambientali (152/16,6%) dicuisoloIIlivello(6/0,7%) 9.3.Politicheperlacasae condizioneabitativa (386/42%) SoloIIlivello(11/1,2%) 9.4.Monitoraggio,ricerca, raccoltadati,osservatori (10/1,1%) | 9.1.1.Definizione,attuazioneevariantideipiani regolatori(25/2,7%) 9.1.2.Programmazione,recupero urbano ecura del territorio (86/9,4%) 9.1.3.Programmidiinfrastrutturazionedelterritorio (42/4,6%) 9.1.4.Adeguamentotempieoraridellacittà(5/0,5%) 9.2.1.Organizzazioneserviziigieneurbana,raccolta differenziataeverdepubblico(73/8%) 9.2.2.Mobilitàurbanaedextraurbana(77/8,4%) 9.2.3.Efficienzaerisparmioenergeticoeidrico (63/6,9%) 9.3.1.Programmazioneediliziasociale(160/17,4%) 9.3.2. Risanamentoalloggi(31/3,4%) 9.3.3.Graduazionesfrattiemergenzaabitativae morosità(68/7,4%) 9.3.4.Interventisugliaffitti(288/31,4%) 9.3.5.Agevolazioniacquistoprimacasa(17/1,9%) |
52
Parte I
terno di questa voce tematica, calano gli Interventi sugli affitti (dal 31,4% al 27,%), ma il calo più vistoso si registra nella Programmazione dell’edilizia socia- le (dal 17,4% al 7,3%) segnalando un impasse circa la progettualità e la fattibi- lità di interventi per rilanciare l’edilizia di iniziativa pubblica.
Area 10. Politiche dell’infanzia,
per i giovani, educative e dell’istruzione
Le Politiche dell’infanzia, per i giovani, educative e dell’istruzione vedono ri- dotta la loro presenza nella contratta- zione sociale (dal 48% del 2011 al 40,9% del 2012). Il calo più vistoso si registra negli interventi sugli Asili nido (dal 27,9% al 18,4%). Nello specifico, sono limitati i casi di un’estensione del- l’offerta; si ritrovano invece nuove mo- dulazioni delle tariffe, in base al reddi- to Isee, e una diffusa presenza di accor- di che prevedono l’affidamento a sog- getti esterni, specie per i servizi socio- educativi 0-6 anni.
Accanto a ciò, va rilevata una tenuta de- gli interventi per il Diritto allo studio (30,4% nel 2012, contro il 33,3% del 2011), nel quale tuttavia possono esse- re compresi anche aumenti della com- partecipazione alle spese per i servizi ero- gati intorno alla dimensione scolastica. Difatti, il dato sta a indicare un’atten- zione delle amministrazioni concen- trata principalmente sulle questioni re- lative ai costi e all’organizzazione dei servizi, quali mensa e trasporto scola- stico, insieme a interventi sulle rette e i contributi per gli asili nido – già signi- ficativamente intervenuti nel corso del 2011 –. Quasi assenti gli interventi per un’estensione dell’offerta, sia di nuove strutture sia con l’estensione dell’offer-
ta nelle strutture esistenti, se non me- diante convenzioni con soggetti priva- ti o con il sostegno di esperienze asso- ciative. Entro quest’area di interventi, si segnala la lieve controtendenza delle azioni per l’integrazione scolastica, in particolare mediante progetti e servizi rivolti agli alunni figli di stranieri (7,1%). In significativo calo (1,6% degli accor- di /verbali, contro il 3,5% del 2011) i già limitati interventi a sostegno del- l’apprendimento permanente e delle università popolari, in qualche misura una restrizione di risorse connessa con il più generale ritiro delle amministra- zioni pubbliche dal finanziamento di attività culturali e di socializzazione.
Area 11. Politiche culturali, di socializzazione e sicurezza
Le Politiche culturali, di socializzazione e sicurezza rappresentano, per la con- trattazione sociale del 2012, l’area che ha visto il calo relativo più accentuato passando dal 37,9% registrato nel 2011 al 23,6%. Attraverso i dati di quest’area emerge la cartina di tornasole dello sta- to delle finanze locali, in relazione non solo agli investimenti necessari per lo svi- luppo e la tenuta del welfare locale ma anche in rapporto alla prospettiva di svi- luppare iniziative di più lungo respiro per la qualità della vita dei territori. Non a caso, quindi, accanto agli scarsi inter- venti promozionali contro la povertà e gli effetti della crisi, insieme a un calo delle “piccole opere” di sviluppo econo- mico o della qualità dei servizi e della manutenzione del territorio già registrati per le altre aree, si registra il forte ridi- mensionamento delle politiche più am- piamente culturali: la Promozione del- l’offerta e delle attività culturali passa dal
53
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
10.Politiche dell’infanzia, perigiovani,educative edell’istruzione (401/40,9%) di cui soloIlivello (21/2,1%) | 10.1.Asili nido (180/18,4%) 10.2.Scuole d’infanzia (114/11,6%) 10.3.Scuola dell’obbligo (62/6,3%) 10.4.Università,scuole superiori, Centri di Formazione Professionale (12/1,2%) 10.5.Diritto allo studio (298/30,4%) di cui solo II livello (32/3,3%) 10.6.Apprendimento permanentee università popolari (16/1,6%) 10.7.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (5/0,5%) | 10.5.1.Preepost-scuola (69/7,0%) 10.5.2.Menseetrasporti (205/20,9%) 10.5.3.Integrazione (70/7,1%) 10.5.4.Convenzionie agevolazioni per gli studenti (15/1,5%) 10.5.5.Contrasto della dispersione scolastica (6/0,6%) |
2011 | ||
10.Politiche dell’infanzia,peri giovani,educativee dell’istruzione (434/48%) di cui soloIlivello (31/3,4%) | 10.1. Asili nido (256/27,9%) 10.2.Scuole d’infanzia (129/14,1%) 10.3.Scuola dell’obbligo (65/7,1%) 10.4.Università,scuole superiori, Centri di Formazione Professionale (19/2,1%) 10.5.Diritto allo studio (306/33,3%) di cui solo II livello (22/2,4) 10.6.Apprendimento permanentee università popolari (32/3,5%) 10.7.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (8/0,9%) | 10.5.1.Preepost-scuola (65/7,1%) 10.5.2.Menseetrasporti (251/27,3%) 10.5.3.Integrazione (51/5,6%) 10.5.4.Convenzionie agevolazioni per gli studenti (20/2,2%) 10.5.5.Contrasto della dispersione scolastica (5/0,5%) |
54
Parte I
ACCORDI E VERBALI | ||
AREA PRIMO LIVELLO | AREA SECONDO LIVELLO | AREA TERZO LIVELLO |
2012 | ||
11. Politiche culturali,di socializzazioneesicurezza (231/23,6%) di cui soloIlivello (6/0,6%) | 11.1. Promozione dell’offertaedelle attività culturali (28/2,9%) di cui solo II livello (9/0,9%) 11.2.Iniziative di socializzazione (200/20,4%) di cui solo II livello (18/1,8%) 11.3.Piani per la sicurezza urbana,la vigilanza edisoccorsi (61/6,2%) 11.4.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (0) | 11.1.1.Bibliotecheeservizi informativi (13/1,3%) 11.1.2.Promozione delle attività culturalieinterculturali (7/ 0,7%) 11.2.1.Promozione centri di aggregazione (125/12,8%) 11.2.2.Promozione del turismo sociale (85/8,7%) 11.2.3.Promozione dello sport di base (29/3,0%) |
2011 | ||
11. Politiche culturali,di socializzazioneesicurezza (343/37,9%) di cui soloIlivello (9/1%) | 11.1. Promozione dell’offertaedelle attività culturali (77/8,4%) di cui solo II livello (6/0,7%) 11.2.Iniziative di socializzazione (273/29,7%) di cui solo II livello (12/1,3%) 11.3.Piani per la sicurezza urbana,la vigilanza edisoccorsi (87/9,5%) 11.4.Monitoraggio,ricerca,raccolta dati,osservatori (3/0,3%) | 11.1.1.Biblioteche (17/1,9%) 11.1.2.Promozione delle attività culturalieinterculturali (55/6,4%) 11.2.1.Promozione centri di aggregazione (192/20,9%) 11.2.2.Promozione del turismo sociale (128/13,9%) 11.2.3.Promozione dello sportdi base (31/3,4%) |
8,4% del 2011 al 2,9% del 2012. An- che le Iniziative di socializzazione risul- tano decisamente ridotte, e in partico- lare il contributo ai luoghi di aggrega- zione e incontro tra le persone, di cui be- neficiano soprattutto giovani e anziani: dal 20,9% del 2011 al 12,8% del 2012. Risultano ridimensionati (dal 9,5% del 2011 al 6,2%) gli interventi per la
sicurezza, nei quali la contrattazione sociale definisce prevalentemente pia- ni di sicurezza integrata che prevedo- no la partnership tra amministrazioni pubbliche, soggetti del Terzo settore, comitati o gruppi di cittadini, rivol- gendosi in particolare ai gruppi di po- polazione più fragili (anziani, minori, disabili).
55
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
LE DIFFERENZETERRITORIALI:
UN FOCUS SU NORD,CENTRO,SUD ITALIAE ISOLE
Nord
La contrattazione sociale nelle regioni del Nord Italia ha una storia lunga e con- solidata. Fin a partire dagli anni ottan- ta l’azione del sindacato dei pensionati e delle strutture confederali si è con-
GRAF. 3 TIPOLOGIA DEL MATERIALE NEGOZIALE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
35,3 %
214
63,3 %
centrata dapprima particolarmente sui diritti sociali degli anziani per estendersi all’intera cittadinanza, specie in mate- ria di welfare territoriale e politica dei redditi e delle entrate.
Nel corso del tempo, il riconoscimento tra le parti sociali si è strutturato attraver-
1,5 %
9
384
Accordi, intese, protocolli, verbali di intesa Piattaforme negoziali
Resoconti e verbali di incontri
so protocolli di relazioni sindacali che hanno costituito in diverse aree le basi per lo sviluppo delle relazioni sindacali – pur con differenze, anche significative, inter- regionali e infraregionali –.
Negli anni della crisi mediante la con- trattazione sociale sono stati sviluppati sperimentalmente diversi approcci alla compartecipazione dei cittadini ai co- sti del welfare, specie attraverso la mo- dulazione dello strumento Isee (Isee “istantaneo”, continuo, etc.). Anche sot- to il profilo delle specifiche misure di contrasto della crisi e di sostegno al red- dito, nelle regioni settentrionali sono state piuttosto diffuse le misure anticrisi (di anticipo dei trattamenti di cassa in- tegrazione guadagni, i fondi anticrisi di integrazione del reddito per disoccu- pati, lavoratori in Cig/Cigs e in deroga, per lavoratori in mobilità, etc.).
Il 2012 è stato naturalmente un anno assai critico sotto molti indicatori so- ciali ed economici, e anche la contrat- tazione sociale ne ha colto i riflessi, in- sieme a una generalizzata crisi delle fi- nanze locali che ha reso più complesso
56
Parte I
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
il raggiungimento e la conferma delle intese realizzate negli anni precedenti. Un segno è rappresentato proprio dal- l’articolazione dei documenti di con- trattazione sociale realizzati nel 2012: a fronte di un totale di 607 documenti (circa il 60% dell’intera documenta- zione raccolta dall’Ocs per l’anno pas- sato), gli accordi rappresentano circa due terzi del totale (63,3%), mentre i verbali di incontro (tra i quali si ritro- vano diversi accordi “mancati” ma an- che molte intese solo parziali nell’im- possibilità di raggiungere accordi pieni con le amministrazioni) sono ben il 35,3%, segno di una sensibile difficoltà nel confronto con gli enti locali. Da se- gnalare l’estrema limitatezza del nume- ro di piattaforme negoziali raccolte dal- l’Ocs: solamente l’1,5% del totale dei documenti analizzati.
L’andamento della contrattazione sociale svolta nel corso dell’anno illustra la con- centrazione dell’attività negoziale nel pri- mo semestre dell’anno: oltre la metà della contrattazione viene svolta nei mesi com-
GRAF. 4 ANDAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE NEL CORSO DELL’ANNO
(PERCENTUALE, DATI 2012)
16,0
14,0
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
0
Contrattazione sociale 2012
Dicembre 2011
Dicembre 2012
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
presi tra marzo e giugno, con un picco proprio nel mese di maggio (14,8%). Co- me si vedrà dalle successive tabelle, questa concentrazione è spiegabile con la corri- spondenza tra la contrattazione sociale del sindacato e i confronti con i comuni in- torno ai bilanci di previsione (e, per que- st’anno, con la forte incidenza del con- fronto intorno all’implementazione del- l’Imu e Irpef e in generale a causa delle dif- ficoltà di chiusura dei bilanci stessi da par- te delle amministrazioni).
L’articolazione della contrattazione so- ciale per livello territoriale fornisce un’in- dicazione circa i luoghi e le dimensioni nei quali concretamente si svolge l’attività negoziale. In maniera ancor più accen- tuata che in altre zone del paese, e supe- riore quindi alla media nazionale, la con- trattazione si concentra quasi esclusiva- mente sul livello comunale: ben il 96% dei documenti sono siglati o hanno a ri- ferimento la dimensione comunale. Del tutto marginale è la presenza di docu-
menti di livello provinciale e regionale (tra quelli raccolti, rispettivamente il 1,3% e il 1%), e anche i documenti della contrattazione a livello intercomunale so- no decisamente limitati (1,2%), segno di una probabile minore incidenza della ne- goziazione e della concertazione nelle di- mensioni associative dei comuni e nelle strutture del welfare territoriale.
La centralità della dimensione comuna- le si riflette anche nell’analisi delle parti
TAB. 14 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER LIVELLO TERRITORIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
Liv. regionale 1,0
Liv. provinciale 1,3
Liv. sub-comunale 0,5
Liv. intercomunale 1,2
Liv. comunale 96,0
Totale 100
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
57
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
coinvolte nei negoziati: le amministra- zioni comunali sono presenti nel 96,9% dei documenti. Per quanto riguarda le parti sindacali, e considerando la diffu- sione della contrattazione anche in pic- coli e piccolissimi comuni delle regioni del Nord (specie in Lombardia e Pie- monte), non sorprende che nel 93,1% dei documenti siano presenti unitaria- mente i sindacati dei pensionati, con una percentuale largamente superiore alle medie nazionali; mentre la presenza del- le tre confederazioni è inferiore alle me- die e si attesta sul 33,5% dei documenti. Più consistente che in altre zone d’Italia è la presenza delle categorie dei lavoratori, soprattutto della Funzione pubblica (nel 20,3%), mentre assai marginali sono gli altri interlocutori istituzionali (tra i primi dieci soggetti coinvolti le strutture della pianificazione e gestione del welfare ter- ritoriale – distretti, consorzi ecc. – sono presenti nell’1,2%).
TAB. 15 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER PARTI COINVOLTE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
val. ass. val. %
comunale | 587 | 96,9 |
Spi Fnp Uilp | 564 | 93,1 |
Cgil Cisl Uil | 203 | 33,5 |
Categorie lavoratori | 123 | 20,3 |
Cgil | 24 | 4,0 |
Cisl | 15 | 2,5 |
Fnp | 10 | 1,7 |
Distretti, ambiti, consorzi socio-sanitari | 7 | 1,2 |
Spi | 7 | 1,2 |
Amministrazione
Alte organizzazioni
sindacali 4 0,7
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
58
Parte I
La contrattazione sociale realizzata nel Nord presenta un profilo decisamente u- niversalistico, in particolare osservando il dato dei soggetti destinatari: la quasi to- talità dei documenti (98,7%) presenta interventi per la generalità dei cittadini/ famiglie; ciò sta a significare nel concreto interventi di politica sociale, fiscale, di compartecipazione al welfare, di politica del territorio, e così via.
Considerando la forte presenza dei sin- dacati dei pensionati, non sorprende che al secondo posto tra i beneficiari vi siano proprio gli anziani (84,8%). È forte an- che l’orientamento a misure che riguar- dano i minori e l’infanzia (46,5%); e ri- sultano in crescita i beneficiari maggior- mente associati agli effetti sociali della perdurante crisi economica: al quarto po- sto vi sono le famiglie e gli individui in condizione di povertà (41,9%) e al sesto i disoccupati (nel 30,4% dei documen- ti). Meno significativa che negli anni pas-
TAB. 16 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER SOGGETTI DESTINATARI
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
val. ass. val. %
di cittadini/famiglie | 598 | 98,7 |
Anziani | 514 | 84,8 |
Minori e infanzia | 282 | 46,5 |
Famiglie e individui |
Generalità
in condizione di povertà 254 41,9 Disabili 187 30,9
Disoccupati | 184 | 30,4 |
Terzo settore | 118 | 19,5 |
Giovani | 116 | 19,1 |
Non autosufficienti | 83 | 13,7 |
Lavoratori/trici di aziende
in crisi 77 12,7
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
sati la presenza tra i destinatari di lavora- tori/trici di aziende in crisi (12,7%).
La focalizzazione della contrattazione so- ciale del Nord Italia sulla dimensione co- munale si riflette in alcuni dati relativi al- le tematiche contrattate e a loro aspetti procedurali: difatti, nell’83,4% dei do- cumenti sono presenti riferimenti alle re- lazioni tra le parti (valutazioni comuni, ri- conoscimento delle parti sociali, proto- colli di relazioni sindacali, etc.). Non stu- pisce che ben il 95,2% dei documenti af- fronti aspetti di politica di bilancio (co- munale), considerando la capillarità del- la negoziazione, che spesso raggiunge in alcune aree un grande numero di piccoli e piccolissimi comuni.
Sul piano maggiormente contenutistico,
TAB. 17 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER AREE TEMATICHE NEGOZIALI
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
val. ass. val. %
1 Relazioni tra le parti 506 83,4 2 Politiche e strumenti
della partecipazione 123 20,3
3 Pubblica amministrazione 34 5,6
4 Politiche di bilancio 578 95,2
5 Politiche socio-sanitarie
e assistenziali 428 70,5
6 Politiche del lavoro
e dello sviluppo 237 39,0
7 Politica locale
dei redditi e delle entrate 524 86,3
8Azioni di contrasto
delle discriminazioni 40 6,6
9 Politiche abitative
e del territorio 299 49,3
10 Politiche infanzia
giovani educative 267 44,0
11 Politiche culturali
socializzazione e sicurezza 154 25,4
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
il gruppo di temi largamente maggiorita- rio è rappresentato dalle politiche locali dei redditi e delle entrate (86,3%). Tra le voci specifiche di quest’area di contrattazione risulta assai intensa l’attività negoziale in- torno all’Imu (56,8%) ma anche sull’ad- dizionale Irpef comunale (56%, in per- centuale decisamente superiore alla media nazionale). In crescita anche la presenza di contrattazione sui temi del contrasto del- l’evasione fiscale e tributaria (42%).
Rispetto all’area del welfare sociale, sanita- rio e assistenziale, resta la centralità degli in- terventi sui servizi e sulle prestazioni (55,7%), articolata soprattutto per i servi- zi domiciliari (46,5%) e per quelli territo- riali (25,7%). Assai significativi, e in cresci- ta, sono gli interventi di contrasto della po- vertà (39% dei documenti), in particolare per quanto riguarda gli interventi assisten- ziali di natura economica (34,1%).
Centro
La contrattazione sociale nel Centro Ita- lia (in questo caso considerando anche la regione Xxxxxx Xxxxxxx) ha una sto- ria feconda e complessa sviluppata nel corso del tempo, almeno a partire dal- la seconda metà degli anni ottanta. Pur nelle differenze interregionali, emerge anzitutto come un modello di contrat- tazione sociale innestato sulla cultura amministrativa e politica del territorio e, naturalmente, anche delle strutture territoriali del sindacato.
Ciò emerge fin dal dato più appariscen- te, e cioè il numero di documenti pro- dotti: si tratta di ben 323 documenti, tra accordi, verbali di incontro e piattaforme. Anche l’articolazione per tipologia del materiale illustra un rapporto tra le parti consolidato, anche in un contesto diffici- le a causa delle acute conseguenze della
59
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
crisi sulle finanze locali e sul tessuto so- ciale e produttivo. Difatti, nelle regioni del Centro, in media, emerge che il 78,6% dei documenti è rappresentato da accordi (intese, protocolli, etc). I verbali, nei quali si possono ritrovare resoconti di incontri che sono sfociati oppure no in accordi veri e propri, rappresentano il 17% dei documenti; mentre le piattafor- me raccolte sono il 4,3%, sopra la media nazionale, eppure va segnalato che anche in territori con una consolidata vocazio- ne di contrattazione sociale vi sia un o- rientamento limitato alla formalizzazio- ne delle agende negoziali.
L’andamento nel corso dell’anno della contrattazione realizzata nel Centro illu- stra una grande concentrazione di attività negoziale intoro ai mesi di maggio e giu- gno (oltre un quarto dell’attività è con- centrata nel solo mese di giugno), indi- cando da una parte la focalizzazione del- l’attività negoziale sui confronti intorno
GRAF. 5 TIPOLOGIA DEL MATERIALE NEGOZIALE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
17,0 %
55
4,3 %
14
78,6 %
254
Accordi, intese, protocolli, verbali di intesa Piattaforme negoziali
Resoconti e verbali di incontri
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
ai bilanci di previsione comunali, e dal- l’altra il “nodo Imu” e su altri temi della fiscalità locale (in primo luogo le addi- zionali Irpef ) che ha protratto tali con- fronti fin oltre i primi mesi dell’anno, co- me avveniva negli anni passati.
GRAF. 6 ANDAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE NEL CORSO DELL’ANNO
(PERCENTUALE, DATI 2012)
30,0
25,0
20,0
15,0
6,0
4,0
2,0
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
0
Contrattazione sociale 2012
Dicembre 2011
Dicembre 2012
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
60
Parte I
I diversi livelli territoriali in cui avviene il confronto in tema di contrattazione socia- le possono illustrare alcune caratteristiche peculiari di tale attività nel Centro Italia. Anzitutto questa si svolge prevalentemen- te a livello comunale (74,3%), essendo il confronto intorno ai bilanci di previsione dei comuni il vettore chiave della contrat- tazione. Questa forte prevalenza del livel- lo comunale è condivisa con altre regioni italiane, specie nel Nord; tuttavia, la speci- ficità del Centro si registra in un altro da- to, quello dell’attività negoziale che si svol- ge a livello intercomunale: ben l’11,1, qua- si il doppio del valore nazionale. Dietro a questo dato emerge sia l’attività negoziale e di concertazione che avviene a livello di ambiti sociali, distretti socio-sanitari e pres- so le altre istanze di programmazione e ge- stione del welfare territoriale; ma è anche il segno di una più ricca attività associativa delle amministrazioni locali rispetto ad al- tre zone del paese (unioni di comuni, con- ferenze metropolitane dei sindaci, comu- nità montane, etc).
Leggermente superiori alla media sono anche i documenti siglati a livello pro- vinciale (7,4%) e regionale (6,2%).
L’articolazione dei documenti per parti
TAB. 18 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER LIVELLO TERRITORIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012)
Liv. regionale | 6,2 |
Liv. provinciale | 7,4 |
Liv. sub-comunale | 0,9 |
Liv. intercomunale | 11,1 |
Liv. comunale | 74,3 |
Totale | 100 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013) |
Documenti
coinvolte nei negoziati – e cioè le parti ef- fettivamente firmatarie delle intese, dei verbali o delle piattaforme negoziali – con- sente di osservare una contrattazione so- ciale focalizzata fortemente sul rapporto del sindacato con le amministrazioni co- munali, le quali sono coinvolte in ben l’80,6% dei documenti raccolti. La con- trattazione sociale nel Centro Italia è me- diamente il frutto della combinazione tra una forte ed equilibrata presenza delle con- federazioni e dei sindacati dei pensionati (presenti in modo unitario, rispettiva- mente, nel 69,7% e nel 60,9% dei casi). L’investimento della Cgil nel suo com- plesso sulla contrattazione sociale è evi- dente anche nella presenza della sola Cgil (12,2%) e dello Spi (10,9%), segno non tanto di intese o negoziati non unitari quanto della modalità di partecipazione della Cgil confederale a intese firmate uni- tariamente dai pensionati, oppure dall’ini- ziativa dello Spi specie nelle elaborazioni delle agende negoziali dei pensionati.
TAB. 19 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER PARTI COINVOLTE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Amministrazione comunale | 258 | 80,6 |
Cgil Cisl Uil | 223 | 69,7 |
Spi Fnp Uilp | 195 | 60,9 |
Cgil | 39 | 12,2 |
Spi | 35 | 10,9 |
Categorie lavoratori | 19 | 5,9 |
Fnp | 19 | 5,9 |
Cisl | 17 | 5,3 |
Altre organizzazioni sinda | cali 14 | 4,4 |
Documenti val. ass. val. %
Distretti, ambiti,
consorzi socio-sanitari 14 4,4
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
61
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
L’articolazione dei documenti secondo i destinatari raggiunti dagli interventi mo- stra più precisamente il profilo della con- trattazione sociale nel Centro Italia. Anzi- tutto è una contrattazione con una forte centralità universalistica, indicata dal fat- to che l’86,5% dei documenti si rivolge in qualche misura alla generalità dei cittadi- ni e delle famiglie. Questo dato è abbina- to con forza alla destinazione degli inter- venti a favore degli anziani (72,3%), be- neficiari tradizionalmente considerati nel- la contrattazione sociale del sindacato. È assai rilevante, tuttavia, osservare le novità rispetto all’anno passato, ovvero la forte crescita di iniziative e interventi a favore di famiglie e individui in condizione di po- vertà, presenti in ben il 56,9% dei docu- menti. Questo è sì dovuto a una più profonda maturità delle agende sindacali e della cultura amministrativa locale, ma è anche il segno di una crescita di aree di fragilità sociale e di pauperizzazione del tessuto sociale anche in aree considerate finora al riparo dagli effetti della crisi sulla tenuta del legame sociale.
L’abbinamento di attenzione alla fragilità sociale e all’inclusione emerge anche nel- le voci successive: il 39,3% dei documen- ti si occupa di minori e infanzia, il 38,4% di lavoratori/trici di aziende in crisi.
Da segnalare le alte percentuali che rag- giungono nell’insieme le prime dieci ca- tegorie di destinatari, segno anzitutto che nella contrattazione del Centro Italia vi è una maggiore pluralità di attenzione a soggetti diversi all’interno dei negoziati e delle intese tra le parti.
Questi elementi del profilo della contrat- tazione sociale nel Centro Italia (maggio- re formalizzazione, attenzione ai nuovi ri- schi sociali, ampiezza dei destinatari, coinvolgimento stretto delle strutture
62
Parte I
TAB. 20 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER SOGGETTI DESTINATARI
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti val. ass. val. % | ||
Generalità di cittadini/famiglie | 275 | 86,5 |
Anziani | 230 | 72,3 |
Famiglie e individui | ||
in condizione di povertà 181 56,9 Minori e infanzia 125 39,3 | ||
Lavoratori/trici di aziende in crisi 122 | 38,4 | |
Non autosufficienti | 113 | 35,5 |
Disabili | 94 | 29,6 |
Giovani | 64 | 20,1 |
Disoccupati | 50 | 15,7 |
Lavoratori/trici | 47 | 14,8 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIAL | E CGIL SPI (2013) |
confederali e dei pensionati) si riflettono anche nell’articolazione degli argomenti contrattati per principali aree tematiche. Difatti, la maggiore formalizzazione – in termini di continuità, riconoscimento delle parti, proceduralizzazione del con- fronto – emerge dal fatto che ben il 91,6% dei documenti affronta i temi del- le relazioni tra le parti e delle relazioni sin- dacali. Non a caso, questo dato rende comprensibile che il 55,4% dei docu- menti si concentri su tematiche legate al- la pubblica amministrazione (personale, riorganizzazione amministrativa, azien- de partecipate, accreditamento, appalti e subappalti, etc.).
Come in altre aree del paese, il cuore del- la contrattazione sociale del Centro Italia è senz’altro concentrato sulle politiche so- cio-sanitarie e assistenziali (83,9% dei do- cumenti) e sulla politica locale dei redditi e delle entrate (81,7%). In termini stret- tamente percentuali, tali dati sono supe- riori alle medie nazionali; in termini più
TAB. 21 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER AREE TEMATICHE NEGOZIALI
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
val. ass. val. %
1 Relazioni tra le parti 296 91,6 2 Politiche e strumenti
della partecipazione 73 22,6
3 Pubblica amministrazione 179 55,4
4 Politiche di bilancio 233 72,1
5 Politiche socio-sanitarie
e assistenziali 271 83,9
6 Politiche del lavoro
e dello sviluppo 146 45,2
7 Politica locale dei redditi
e delle entrate 264 81,7
8Azioni di contrasto
delle discriminazioni 39 12,1
9 Politiche abitative
e del territorio 180 55,7
10 Politiche infanzia
giovani educative 138 42,7
11 Politiche culturali
socializzazione e sicurezza 78 24,1
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
qualitativi, emerge il dato di una tenuta generale dei servizi e delle prestazioni, in particolare a favore della domiciliarità (27,6%), dei servizi territoriali (17,2%) e in una crescita degli interventi di contra- sto alla povertà (45,5%); mentre nel cam- po della fiscalità locale sono stati intensi i confronti intorno alla nuova Imu (53,9%), ma è anche da segnalare l’attivi- smo locale intorno ai temi del contrasto e recupero dell’evasione fiscale e tributaria (48%, tra le più alte percentuali naziona- li per la contrattazione sociale).
Sud Italia e Isole
La contrattazione sociale del sindacato realizzata nel Sud e nelle isole ha tradizio- nalmente una sua propria fisionomia, sia quantitativa e dimensionale sia qualitati-
va e relativa alle agende tematiche e ad al- tri aspetti dell’attività sindacale e del rap- porto con le amministrazioni.
Questa specificità risulta evidente a par- tire dall’entità e dalla suddivisione dei do- cumenti (accordi, verbali, piattaforme negoziali) nel meridione del paese. Anzi- tutto, i documenti censiti sono nel com- plesso 90, ovvero poco meno del 10% dell’intera documentazione raccolta dal- l’Osservatorio per il 2012. In rapporto al- la popolazione e all’estensione del terri- torio, la contrattazione sociale risulta quindi sottodimensionata nel Meridio- ne rispetto alle altre aree del paese.
Se nell’analisi del livello nazionale si è no- tata – pur in presenza di una maggioran- za di documenti che attestano intese ed accordi, di vario genere – una contrazio- ne degli accordi veri e propri in favore di un aumento del verbali di incontro o de- gli accordi parziali/mancati, nel Sud que- sto dato appare strutturale e si evidenzia una maggiore difficoltà a raggiungere in- tese (presenti nel 37,8% dei documenti raccolti), a fronte di una più vasta area di
GRAF. 7 TIPOLOGIA DEL MATERIALE NEGOZIALE
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
43,3 %
39
37,8 %
34
18,9 %
17
Accordi, intese, protocolli, verbali di intesa Piattaforme negoziali
Resoconti e verbali di incontri
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
63
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
verbali di incontro (che pure, spesso, con- tengono il massimo livello di accordo re- gistrabile in alcune aree territoriali, all’in- terno di verbalizzazioni delle posizioni sindacali e delle intenzioni delle ammini- strazioni, 43,3%). Da segnalare la pre- senza più ampia – in termini relativi – delle piattaforme sindacali, nel 18,9%: di certo un segno di vivacità dell’elaborazio- ne sindacale, per quanto ciò si confronti con un contesto territoriale difficile.
Dal punto di vista dell’andamento della contrattazione nel corso dell’anno, il pri- mo semestre registra alcune caratteristi- che già evidenziate per il livello naziona- le: lo spostamento delle date di sigla dei documenti dal primo semestre dell’anno alla fine del secondo semestre (in questo caso, per giunta, va ricordato che la mag- gioranza relativa dei documenti è costi- tuita da verbali di incontro), lasciando in- tuire le discussioni intervenute intorno alla regolazione dell’Imu, laddove è stato possibile aprire un confronto con le am-
ministrazioni.
Nel secondo semestre, invece, la contrat- tazione del Sud e isole mostra, almeno per il 2012, un aumento dei documenti, in crescita proprio in prossimità della fi- ne anno.
La specificità territoriale è una delle ca- ratteristiche principali della contrattazio- ne sociale in quanto pratica del sindaca- to. Ciò si riflette anzitutto nell’osserva- zione dei livelli del territorio entro i qua- li la contrattazione si realizza concreta- mente. In questo senso, la caratteristica più evidente è che sebbene la contratta- zione meridionale si concentri in termi- ni relativi sempre sulla dimensione co- munale, ciò avviene in una percentuale quasi dimezzata rispetto al dato naziona- le (44,4%). Maggiore rilievo che altrove è assegnato ai livelli provinciale (16,7%) e regionale (14,4%). Va segnalata la si- gnificativa presenza di documenti siglati a livello intercomunale (23,3%), i quali indicano la vivace (e spesso obbligata) at-
GRAF. 8 ANDAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE NEL CORSO DELL’ANNO
(PERCENTUALE, DATI 2012)
18,0
16,0
14,0
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
Dicembre 2011
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre 2012
0
Contrattazion sociale 2012
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
64
Parte I
TAB. 22 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER LIVELLO TERRITORIALE
(PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
Liv. regionale | 14,4 |
Liv. provinciale | 16,7 |
Liv. interprovinciale | 1,1 |
Liv. intercomunale | 23,3 |
Liv. comunale | 44,4 |
Totale | 100 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013) |
tività di negoziazione e concertazione che avviene entro le strutture di pianificazio- ne e gestione dei servizi sociali di livello distrettuale, di zona e consortile, le quali
– in modo specifico al Sud – spesso rap- presentano il quasi esclusivo erogatore di servizi sociali e assistenziali essenziali nel territorio di ciascun comune.
Le specificità finora evidenziate della con- trattazione sociale nel Meridione si ri- chiamano e rimandano le une alle altre. Emergono quindi anche nella fisionomia dei soggetti coinvolti nel confronto e nel negoziato. L’azione più presente risulta quella di Cgil Cisl Uil che, in forma uni- taria, è presente nel 53,4% dei docu- menti. Seguono le amministrazioni co- munali – nel 47,7% dei casi – e i sinda- cati dei pensionati (46,6%).
Uno degli interlocutori specifici della contrattazione sociale nel meridione è rappresentato da distretti, consorzi e strutture di pianificazione e gestione so- ciale, assistenziale e sanitaria, presenti in ben il 23,9% dei documenti. Da segna- lare anche la forte presenza dello Spi Cgil, protagonista di intese e piattaforme an- che senza le altre organizzazioni sindaca- li dei pensionati (21,6%).
Il profilo delle agende, dei risultati e quin-
TAB. 23 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER PARTI COINVOLTE
(V.A. E PERCENTUALE, PRIME 10 VOCI, DATI 2012)
Documenti
val. ass. val. %
Cgil Cisl Uil 47 53,4
Amministrazione comunale | 42 | 47,7 |
Spi Fnp Uilp | 41 | 46,6 |
Distretti, ambiti, consorzi socio-sanitari | 21 | 23,9 |
Spi | 19 | 21,6 |
Altre organizzazioni sindacali | 7 | 8,0 |
Amministrazione regionale 6 6,8
Categorie lavoratori 6 6,8
Associazioni dell’industria | 4 | 4,5 |
Cgil | 4 | 4,5 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL | SPI (2013) |
di dei destinatari degli interventi di con- trattazione sociale pare riflettere le carat- teristiche di un welfare povero di risorse e strutture, quindi focalizzato sulle condi- zioni di maggiore criticità e in particola- re quelle degli anziani (71,9%), delle per- sone disabili (43,8%) e non autosuffi-
TAB. 24 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER DESTINATARI
(V.A. E PERCENTUALE, PRIME 10 VOCI, DATI 2012)
Documenti val. ass. val. %
Anziani 64 71,9
Generalità di cittadini/famiglie | 44 | 49,4 |
Disabili | 39 | 43,8 |
Non autosufficienti | 36 | 40,4 |
Lavoratori/trici | 33 | 37,1 |
Famiglie e individui in condizione di povertà | 29 | 32,6 |
Lavoratori/trici precari | 23 | 25,8 |
Minori e infanzia | 22 | 24,7 |
Donne | 21 | 23,6 |
Terzo settore | 21 | 23,6 |
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL | SPI (2013) |
65
4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
cienti (40,4%). Il riferimento alla gene- ralità delle famiglie/cittadini – che di so- lito è associata agli interventi di natura fi- scale, di gestione del territorio, alla cultu- ra e alla sicurezza, alla strutturazione e ac- cesso al welfare locale – raggiunge a ma- lapena il 49,4% dei documenti. Assai più limitati che nel dato nazionale – pur in presenza di indicatori che segnalerebbe- ro, invece, l’urgenza dei rispettivi bisogni
– sono i destinatari in condizione di po- vertà (famiglie e individui, 32,6%) e mi- nori e infanzia (24,7%).
In sintesi, la contrattazione sociale nel Meridione ha una dimensione meno centrata che altrove sul confronto sui bi- lanci di previsione dei comuni. Emerge invece – anche per la necessità di suppli-
TAB. 25 DOCUMENTI
DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE, PER AREE TEMATICHE NEGOZIALI
(V.A. E PERCENTUALE, DATI 2012)
Documenti
val. ass. val. %
1 Relazioni tra le parti 31 34,4 2 Politiche e strumenti
della partecipazione 9 10,0
3 Pubblica amministrazione 14 15,6
4 Politiche di bilancio 14 15,6
5 Politiche socio-sanitarie
e assistenziali 58 64,4
6 Politiche del lavoro
e dello sviluppo 14 15,6
7 Politica locale dei redditi
e delle entrate 26 28,9
8Azioni di contrasto
delle discriminazioni 3 3,3
9 Politiche abitative
e del territorio 13 14,4
10 Politiche infanzia
giovani educative 5 5,6
11 Politiche culturali
socializzazione e sicurezza 9 10,0
FONTE: OSSERVATORIO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE CGIL SPI (2013)
66
Parte I
re a strutture del welfare comunale assai precarie – la dimensione intercomunale del welfare territoriale, sulla quale si ap- plicano tuttavia le pressioni convergenti dei bisogni dei cittadini, da una parte, e dei deficit di risorse, di infrastrutture so- ciali e di welfare, dall’altra.
Il complesso di queste caratteristiche si ri- flette infine sull’articolazione dei docu- menti analizzati per le rispettive voci te- matiche principali, ovvero per le “macro- aree” che corrispondono ai campi più ge- nerali delle politiche sociali e territoriali. Non a caso, l’area largamente più presen- te è quella delle politiche socio-sanitarie e assistenziali (64,4%), seguita dalle rela- zioni tra le parti (che indicano il riferi- mento a regole e riconoscimenti tra le parti contraenti ed elementi di relazioni sindacali, 34,4%). A buona distanza dal- le politiche socio-sanitarie e assistenziali si collocano tutte le altre voci che di soli- to compongono il quadro delle agende negoziali e dei successivi accordi: la poli- tica locale dei redditi (28,9%), politiche del lavoro e dello sviluppo (15,6%), po- litiche abitative (14,4%). Da ciò risulta un profilo assai differente dalla contratta- zione sociale nel Meridione: solo il 15,6% dei documenti indica l’area delle politiche di bilancio. In genere, invece, in altre aree del paese la contrattazione si concentra proprio sulla dimensione co- munale e intorno al momento chiave del confronto sui bilanci di previsione dei co- muni.
PARTE II
Approfondimenti tematici
Crisi del welfare abitativo
e ruolo della contrattazione
XXXXX XXXXXXX
resp. Politiche abitative Cgil nazionale
N
ell’ambito dei diritti sociali, il dirit- to all’abitazione si pone come pre- condizione essenziale per la realizzazione dei diritti fondamentali dell’individuo. Guardando alle risposte date al problema, tuttavia, oggi vediamo come siano in di- scussione il welfare abitativo e le politiche sociali della casa, contestualmente alle ge-
nerali politiche sociali.
Il problema è reso più grave dagli effetti di una crisi che aumenta le difficoltà eco- nomiche ed il disagio abitativo, inteso co- me impossibilità nel trovare una soluzio- ne abitativa compatibile con le condizio- ni reddituali delle famiglie, o anche come difficoltà nel mantenerla, per i costi cre- scenti e le scarse forme di sostegno a si- tuazioni particolarmente disagiate.
Negli ultimi anni la spesa relativa all’abi- tare è cresciuta in maniera esponenziale e, travalicando il limite del costo dell’abita- zione, condiziona il percorso di vita e di lavoro di un numero sempre più ampio di persone e, incidendo pesantemente nella gerarchia dei consumi delle fami- glie, determina problemi economici tan- to da diventare motivo di freno per la cre- scita del paese.
Fasce sempre più ampie di popolazione, oltre a quelle tradizionalmente svantag- giate, sono investite da un disagio abita- tivo che concorre ad approfondire disu- guaglianze ed esclusione sociale, colpen- do soprattutto cittadini con redditi bassi: giovani, anziani, disoccupati, migranti. Segnali allarmanti sulla gravità del pro- blema vengono dai dati sugli sfratti e sui pignoramenti: negli ultimi cinque anni quasi 150 mila famiglie hanno perso la propria abitazione in proprietà o in affit- to a causa di morosità. Senza forme di so- stegno ai redditi e maggiore disponibilità di abitazioni a prezzi sostenibili, altre 300 mila famiglie, proprietarie o in affitto, po- trebbero perdere la propria abitazione nel prossimo triennio.
Attualmente la media delle spese per l’a- bitazione ha raggiunto un livello di inci- denza sui redditi che si attesta sul 31,2%, ma per circa 3 milioni di famiglie questa incidenza supera la soglia critica del 40%. Qualunque lettura del fenomeno fornisce un quadro in cui il problema abitativo ri- sulta un’emergenza territoriale sempre più palese, un bisogno in gran parte insoddi- sfatto per fasce crescenti di popolazione, un diritto la cui esigibilità riguarda una platea di soggetti sempre più ampia.
Di qui il ruolo fondamentale della con- trattazione che oggi, oltre ad un impegno che ha visto il Sindacato in scelte sostan-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
zialmente volte a negoziare aspetti speci- fici del welfare locale e del bilancio co- munale (edilizia residenziale pubblica, Fondo di sostegno per l’affitto, applica- zione della legge 431/98 sugli affitti), de- ve entrare più nel merito rispetto ai temi della casa e dell’abitare.
La qualità del vivere, infatti, dipende an- che da elementi strettamente correlati a temi come sviluppo edilizio, qualità ur- xxxx, infrastrutture, servizi sul territorio, uso degli spazi, condizioni di viabilità.Te- mi che assumono un grande peso per ri- lanciare la contrattazione, a partire dalle esperienze oggi in campo.
Principali aree oggetto di accordi e verbali nel 2012
Nella contrattazione territoriale, come ri- levato dall’Osservatorio per il 2012, sono difatti presenti, sui temi più vicini alle po- litiche abitative e del territorio, accordi e verbali che negoziano più che altro ele- menti che rappresentano un sostegno al reddito: l’Imu è presente nel 51% dei ca- si (l’Ici nel 2011 lo era nel 24,7%); gli in- terventi sugli affitti nel 26,4% dei casi (e- ra il 31,4 nel 2011), segno che nonostan- te il fondo nazionale di sostegno all’affit- to sia stato praticamente azzerato, in mol- ti territori si è cercato il concorso degli en- ti locali per realizzare fondi che potessero assistere le famiglie in affitto in maggiore disagio economico, onde evitare l’accre- scere del fenomeno degli sfratti e delle morosità, oggi vera emergenza naziona- le. Interventi in quest’ultimo senso sono stati negoziati, tuttavia, solo nel 5,3% dei casi (erano il 7,4% nel 2011).
Reali politiche urbane sono presenti in un numero molto più limitato di accor- di: la programmazione ed il recupero ur- bano nell’8,3% dei casi ( 9,4% nel 2011),
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Parte II
la programmazione di edilizia sociale nel 7,4% dei casi ( era il 17,4% nel 2011), la mobilità urbana ed extraurbana, stretta- mente legata al tema abitativo, nel 9% dei casi (8,4% nel 2011).
Le politiche abitative per lo sviluppo
La Cgil ha proposto un nuovo Piano del Lavoro per uscire dalla crisi, all’insegna dell’equità e della sostenibilità. I temi di politica abitativa, all’interno di questo percorso, possono rappresentare un ter- reno per creare nuova occupazione e qua- lità del lavoro.
La risposta ai bisogni abitativi ha sempre coinciso, nella storia delle città, con l’e- spansione urbana e l’utilizzazione di aree esterne ai territori urbanizzati. Dobbiamo rivendicare un modello di sviluppo urba- no in cui tale risposta guardi invece alla ri- qualificazione del patrimonio edilizio esi- stente e degli spazi urbani degradati o i- nutilizzati, delle aree dismesse, delle peri- ferie dei grandi centri, al miglioramento della mobilità sostenibile, integrando gli interventi di trasformazione urbana a scel- te che considerino anche la loro condizio- ne di accessibilità e fruizione, contrastan- do ulteriore consumo di suolo e urbaniz- zazione di territorio agricolo. Perché lo spazio entro il quale vivremo non può che essere, per la gran parte, quello già co- struito ed il tema oggi è soprattutto dare senso e futuro al territorio già urbanizza- to e ai sistemi consolidati di relazione.
È chiaro che in una condizione in cui le trasformazioni urbane sono legate ad un tale tipo di percorso, il Sindacato assume un ruolo centrale nella negoziazione, che diventa lo strumento principale per rela- zionarsi con le amministrazioni locali e partecipare attivamente a scelte riguar- danti le politiche di sviluppo territoriale,
ricercando un ruolo attivo sulle scelte strategiche che ridisegnano la città.
Campagna nazionale“La casa e l’abitare”
“La casa e l’abitare” sono i temi della cam- pagna nazionale che la Cgil propone con l’obiettivo di sensibilizzare istituzioni ed opinione pubblica sulla situazione che connota oggi il disagio abitativo, tentan- do di individuare possibili linee di inter- vento da rivendicare per una nuova poli- tica nazionale e locale. Lo strumento del- la campagna porta con se l’analisi, le pro- poste, i modelli di governance ma so- prattutto le linee di contrattazione e azio- ne su cui rendere esigibile il diritto alla ca- sa, come un pezzo di nuovo welfare ri- pensato per l’autonomia delle persone, come nuovo campo di intervento pub- blico e di qualificazione degli investi- menti privati.
Sui temi individuati la Cgil intende apri- re il confronto con le istituzioni, nazionali e locali. In questo contesto la negoziazio- ne territoriale assume un ruolo impor- tantissimo: può e deve, sostenendo scel- te prioritarie, aggredire carenze e distor- sioni del sistema di welfare, diventando anche lo strumento principale per rela- zionarsi con le amministrazioni locali su politiche di sviluppo territoriale e parte- cipando a scelte vitali per i cittadini. Il welfare locale (in particolare, quello abi- tativo) deve essere, in quest’ottica, parte integrante dei processi di rinnovamento e riqualificazione urbana.
Le priorità per una nuova politica abitativa
• Riqualificare il patrimonio esistente, un settore strategico per il futuro del settore edilizio, duramente colpito dalla crisi, e cruciale in relazione all’obiettivo di ri- durre il consumo di suolo.
È indispensabile varare un piano di ri- qualificazione edilizia di ampia portata, valorizzando le risorse dei privati e quelle pubbliche, con una regia in grado di met- tere insieme tutti gli elementi. Un’azione, cioè, in grado di rimuovere le difficoltà di accesso al credito che ostacolano l’acces- so all’enorme giacimento energetico vir- tuale del nostro parco edilizio. Possono essere utilizzati istituti di credito e fondi pensione, potenziati i fondi di garanzia e di rotazione, rafforzato il ruolo delle Esco. Circa le detrazioni fiscali, permane la ne- cessità che siano rese strutturali, al fine di poter pianificare meglio interventi com- plessi, evitando in questo modo approc- ci che non permettono programmazione degli investimenti e sviluppo tecnologico e favorendo un vero rilancio dell’econo- mia e dell’occupazione.
Accanto allo strumento degli incentivi privati, occorre migliorare il mercato del- la certificazione energetica degli edifici, e- manando i regolamenti attuativi per i si- stemi di certificazione, definendo requi- siti minimi a livello nazionale, raccor- dando i sistemi di valutazione regionale con quello nazionale, garantendo con- trolli e sanzioni.
Importante, ancora, migliorare l’efficacia degli interventi favorendo il passaggio da azioni sull’alloggio a quelle sull’edificio, introducendo un nuovo incentivo, che premi il miglioramento della classe ener- getica realizzato negli alloggi/edifici.
È necessario, inoltre, che la detrazione per la riqualificazione energetica sia estesa con modalità definitive anche agli interventi di prevenzione antisismica nel patrimo- nio edilizio esistente. È necessario rivede- re i limiti imposti dal patto di stabilità, che non permettono agli enti locali che ab- biano risorse disponibili di avviare il con-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
solidamento antisismico degli edifici pub- blici, necessario a partire dalle scuole.
Infine, sul fronte della prevenzione e dei controlli, occorre dare strutturalità ed ef- ficacia a strumenti ordinari e obbligatori di manutenzione programmata, da cer- tificare nel “libretto di fabbricato”.
• Sostenere i redditi delle famiglie, conte- nendo i costi connessi all’abitazione, at- traverso una tassazione sulla casa che as- suma caratteri di maggiore equità. Bisogna procedere rapidamente alla revi- sione del Catasto, per allineare le rendite ai valori di mercato e consentire una tas- sazione immobiliare più aderente alla realtà. Nuove forme di tassazione, attual- mente oggetto di discussione parlamen- tare, devono essere a vantaggio dei reddi- ti più alti e devono prevedere detrazioni specifiche a tutela di fasce di popolazione in condizione di particolare fragilità eco- nomica. L’agibilità lasciata ai Comuni non deve generare irragionevoli disparità a livello territoriale ed in ogni caso sareb- be del tutto illogico un trasferimento del prelievo fiscale dalla proprietà all’inquili- nato. Considerando gli aumenti negli ul- timi anni, è necessario ridurre la pressione fiscale sulle bollette, eliminando gli oneri impropri, disporre tariffe sociali omoge- nee e piani tributari, sostenibili per i bi- lanci delle famiglie, da definire attraverso il confronto con le Associazioni sindacali.
• Aumentare l’offerta di alloggi in affitto a canoni sostenibili, sia rilanciando l’edi- lizia sociale, con interventi di edilizia sov- venzionata e forme di social housing, sia agendo sul mercato privato attraverso misure che possano agire in direzione di un contenimento dei canoni e di un am- pliamento dell’offerta, favorendo l’emer-
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Parte II
sione del nero.
L’edilizia residenziale pubblica necessita di nuovi finanziamenti destinati ad un pro- gramma pluriennale di edilizia sovven- zionata, per aumentare significativamen- te la disponibilità di alloggi che possono fornire una risposta alle fasce in condizio- ne di disagio maggiore. Una rivendicazio- ne legittima, in quanto l’azione program- matoria dello Stato in materia non è mai stata annullata, né dalle norme, né dalle interpretazioni della Corte Costituziona- le, individuandone a volte una parte co- munque concorrente. Dopo la Gescal so- no mancate le risorse da attribuire, ma la necessità di un ruolo centrale è evidente, anche dai residui ancora giacenti che, in assenza di un controllo programmatorio non sono stati ancora utilizzati.
Allo stesso tempo, in un programma di breve periodo, possono essere resi agibili gli immobili pubblici non utilizzati at- tualmente perché necessitano di inter- venti di ristrutturazione edilizia o effi- cientamento energetico. Perché questo possa avvenire devono essere resi dispo- nibili i fondi non utilizzati dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, stanziati per programmi di edilizia residenziale or- mai esauriti, e deve essere estesa agli ex Iacp la detrazione per interventi di ri- strutturazione edilizia ed efficientamen- to energetico e l’esenzione Imu che per- metterebbe di recuperate risorse da desti- nare alla manutenzione degli alloggi.
Bisogna inoltre rivendicare quote certe di edilizia residenziale pubblica all’interno delle attuali dinamiche: progetti di edili- zia sociale, recupero di beni demaniali, a- ree dismesse o immobili degradati, premi di cubatura sugli interventi di demolizio- ne e ricostruzione.
È necessario poi pensare a una strategia di
riscatto dei quartieri esistenti contro i continui tentativi di liquidazione di un patrimonio che li abbandona a loro stes- si invece che agire per riqualificarli, fa- cendoli al contrario diventare luoghi di sperimentazione e protagonismo degli u- tenti, per contrastare marginalizzazione e privatizzazione.
Sono necessarie misure per l’attuazione del Piano di edilizia abitativa, che rendano compatibili i canoni di locazione con i red- diti delle famiglie, consentendo un rendi- mento accettabile per gli investitori: sia nelle politiche fiscali, che in quelle urbani- stiche (utilizzo del patrimonio pubblico di aree ed immobili e delle abitazioni inven- dute del mercato privato, acquisizione di terreni delle “aree a standard”, spesso so- vradimensionate, da utilizzare per la co- struzione di edilizia sociale in affitto).
All’attuazione del piano possono concor- rere gli immobili dismissibili a titolo non oneroso agli Enti locali, secondo il pro- cesso di federalismo demaniale. Una par- te del patrimonio deve essere trasferito ai Comuni con vincolo alla realizzazione di una quota significativa di edilizia a costi calmierati.
Nell’ottica di utilizzazione del patrimo- nio esistente è indispensabile trovare meccanismi per una riconversione degli alloggi invenduti, da ricercare in patti tra pubblica amministrazione, forze sinda- cali e associazioni dei costruttori al fine di immettere questo patrimonio sul merca- to a costi sostenibili, per l’affitto o per l’ac- quisizione in proprietà.
Bisogna esigere dai Comuni una verifica della congruità dei progetti in corso: gli al- loggi devono essere finalizzati a famiglie che hanno un reddito non sufficiente per accedere al mercato privato, la percentua- le degli alloggi in affitto a canone sociale o
agevolato non può essere irrisoria ed il ca- none non deve superare il tasso di sforzo che può sopportare il reddito familiare. Nei progetti del Piano città, bisogna ri- vendicare risposte in direzione di un am- pliamento dell’offerta di alloggi in affitto, mantenendo la finalità di riduzione del- la tensione abitativa attribuita al Fondo. Bisogna riformare il regime delle locazio- ni, attraverso una nuova legge che superi il doppio canale e abbia nella contratta- zione collettiva lo strumento che stabili- sce gli aspetti contrattuali ed economici della locazione.
Le misure fiscali devono essere orientate e diventare strumento di politica abitati- va: la cedolare secca deve essere mante- nuta come opzione solo per il canale con- cordato.
Il Fondo di sostegno all’affitto deve esse- re rifinanziato con risorse adeguate e con un meccanismo di erogazione del contri- buto in tempo reale ai cittadini.
È necessario mantenere l’accesso al mer- cato delle compravendite, con soluzioni orientate soprattutto verso le famiglie ed i giovani; quindi occorre un ridimensiona- mento dei prezzi, coerente con le logiche di mercato, nonché una riduzione della tassazione, giunta a livelli insostenibili. I- noltre, per avviare una ripresa del merca- to immobiliare, che apra possibilità alle fa- miglie ed ai giovani, è indispensabile da un lato avviare un maggiore controllo su- gli spread eccessivamente alti applicati dalla banche, dall’altro studiare misure di sostegno e formule innovative.
Va riaffermato un ruolo programmato- rio a livello centrale necessario per elabo- rare programmi rispetto ad obiettivi prio- ritari. Come avviene in altri paesi europei è ipotizzabile istituire un’Agenzia nazio- nale per l’Abitare che elabori programmi,
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
anche in relazione a misure economiche e sociali che vengono definite. A questa dovrebbe affiancarsi un Osservatorio del- la condizione abitativa con il compito di effettuare la raccolta dei dati ed il moni- toraggio permanente della situazione a- bitativa, in collegamento con gli osserva- tori già istituiti presso molti territori. Questi devono dotarsi di Agenzie comu- nali per la casa, costituite su iniziativa dei Comuni, per favorire l’incontro tra do- manda e offerta abitativa in affitto.
• Garantire un welfare urbano in termini di sviluppo di benessere, senso di appar- tenenza, coesione sociale, qualità della vi- ta e sicurezza, partendo dalla partecipa- zione attiva dei cittadini. Gli interventi di riqualificazione urbana consistono nella riqualificazione fisica, ma anche, nella ri- vitalizzazione del suo tessuto di relazioni sociali ed economiche di un quartiere. U- na priorità è garantire servizi all’abitare e alcune condizioni che vanno affermate come diritto (diritto alla pedonalità, alle relazioni, all’agire, al conoscere comune, alla mobilità per la fruizione di servizi). Una seconda priorità riguarda il tema della sicurezza, da promuovere come sta- to di benessere individuale e collettivo, at- traverso misure preventive mirate a ri- durre le opportunità di “delinquere” (ac- cessibilità, l’illuminazione, qualità del- l’arredo urbano ecc), misure dirette a ga- rantire la qualità fisica e sociale delle strut- ture e degli spazi pubblici (promozione di partecipazione, coesione, ecc.), interven- ti atti a favorire il ri-appropriarsi della co- munità della gestione e della manuten- zione degli spazi (comunità competente).
• Intensificare la lotta all’evasione per far “emergere il nero” e recuperare risorse da
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Parte II
destinare a politiche abitative. I controlli sul patrimonio in affitto devono essere in- tensificati, con tutti gli strumenti a di- sposizione (incrocio dei dati catastali con quelli relativi alle dichiarazioni dei reddi- ti, controlli sul territorio, verifica delle u- tenze). Il pagamento dei canoni di affitto deve essere reso tracciabile indipendente- mente dall’ammontare del canone men- sile ed è da valutare la possibilità di una detrazione, per l’inquilino, sui canoni pa- gati dall’inquilino (ad esempio il 19%, in analogia a quanto previsto per i mutui prima casa): questa misura, oltre a rap- presentare un elemento di equità, può at- tivare un conflitto di interesse tra inquili- no e proprietario, favorendo l’emersione del nero.
Bisogna definire dei “Patti Antievasione" che permetterebbero di reperire risorse da destinare al settore dell’edilizia abitativa. I Patti devono avere come protagonisti l’Agenzia delle Entrate e le Amministra- zioni locali, devono trovare nella contrat- tazione territoriale un impegno specifico, anche in rapporto alle strutture fiscali che operano nel territorio.
I servizi di cura agli anziani nei progetti
del Piano di Azione e Coesione
XXXXX XXX
resp.Progetti di ricerca, fondi strutturali
europei Fas e Por Spi nazionale
L’assistenza domiciliare integrata (Adi) negli obiettivi di servizio
C
e nel piano di azione e coesione
iò che ha caratterizzato la lunga prati- ca di contrattazione dei servizi per gli anziani non autosufficienti nelle otto re- gioni del Mezzogiorno (cominciata nel
2007 con gli Obiettivi di Servizio previsti nel Quadro Strategico Nazionale 2007- 2013 e finanziata con 375 milioni di euro), è stata l’idea che lo sviluppo di un territorio si dovesse misurare sull’aumento del be- nessere degli uomini e delle donne che vi a- bitano. Questo non è possibile se non si ga- rantiscono pari diritti attraverso la disponi- bilità per tutti di beni e servizi essenziali. Sono queste le condizioni anche per ren- dere i territori più attrattivi per le attività economiche e per dare efficacia all’azione pubblica in costante relazione con una partecipazione attiva dei cittadini, fatta di comprensione e condivisione.
La questione dei servizi è in questo conte- sto decisiva, soprattutto per quanto ri- guarda la non autosufficienza che interes- sa più di 3 milioni di persone che hanno nella famiglia la prima fonte di aiuto. Si tratta in larga misura di anziani. Bisogna prestare particolare attenzione al Mezzo- giorno, perché secondo le previsioni de- mografiche la popolazione del Sud è de- stinata nel lungo periodo a diminuire ed a invecchiare. È un’inversione di tenden- za, perché oggi il Mezzogiorno è la macro- area con l’età media più bassa. A ciò con- tribuisce anche un saldo migratorio nega- tivo in particolare per quanto riguarda le persone (i giovani) con buoni livelli di for- mazione. Completa questo quadro preoccupante il peggioramento delle con- dizioni economiche delle famiglie, che per un quarto è in difficoltà.
Se la prospettiva è uno sviluppo fondato sul benessere cambia anche il ruolo del sindacato che non è più solo agente ri- vendicativo (individua i bisogni sociali e chiede siano soddisfatti), ma diventa sog- getto capace di contrattare per program- mi (confrontandosi con le Amministra- zioni e la Politica sul merito delle soluzio-
ni proposte, sulla loro qualità ed appro- priatezza).
Da questa pratica sono venuti due ele- menti di condivisione per quanto riguar- da le scelte di politica nazionale, ripropo- sti dal Ministro Xxxxxxxx Xxxxx nel suo Rapporto di fine mandato “Le politiche di coesione territoriale” . Il primo è l’in- dicazione che la qualità della vita e l’in- clusione sociale devono essere una linea di intervento ordinaria nella nuova pro- grammazione dei fondi europei. La se- conda è che per realizzare i programmi di intervento occorre un partenariato mo- bilitato, cioè accettare l’idea che il deciso- re pubblico non sa tutto e quindi deve confrontarsi con tutti i soggetti che nel territorio possiedono conoscenza diffusa e rilevante, come sono i partner sociali, a cominciare dal sindacato. Ogni progetto deve, quindi, scaturire da una valutazio- ne pubblica aperta, di cui la contrattazio- ne sociale e territoriale deve essere parte informata e propositiva.
Nel 2012, in accordo con il Dipartimen- to per lo Sviluppo e la Coesione econo- mica (DPS) e con le Regioni del Sud, si è proceduto alla assegnazione della pre- mialità sulla base degli stati di avanza- mento verso il 3,5% di anziani in Adi previsti dagli Obiettivi di Servizio. Per A- bruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basi- licata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono stati stanziati circa 50 milioni di euro di premi intermedi e sono stati ripartiti 79 milioni di euro di risorse residue.
Gli Obiettivi di Servizio hanno impegna- to lo Spi Cgil in una lunga e complessa a- zione di confronto con le Regioni per la definizione dei Piani d’Azione, misuran- dosi con rigidità procedurali, difficoltà di relazione tra Assessorati regionali ed Enti locali, progetti talora scarsamente funzio-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
nali. Nonostante questa difficoltà nel pe- riodo 2010-2011 sono stati nel Sud 15 mila in più gli anziani assistiti in Adi.
Facendo tesoro di questa pratica nel 2012, anche attraverso una forte iniziati- va nazionale e locale dello Spi-Cgil, il Mi- nistro per la Coesione Territoriale Fabri- zio Xxxxx ha riprogrammato nuove risor- se per l’Adi (circa 330 milioni di euro) nell’ambito del Piano di Azione e Coe- sione, concentrandole sulle Regioni-con- vergenza più in difficoltà (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). È la prima volta nella lunga vicenda dei Xxxxx Xx- xxxxx che stanziamenti vengono ripro- grammati dal Fondo per lo Sviluppo ver- so la spesa sociale.
Nel 2013 è entrato nella sua fase attuati- va il Piano d’Azione per la Coesione (Pac), di cui fa parte il “Programma per i servizi di cura agli anziani” . Risultano spendibili 130 milioni di euro, che sono quasi il doppio delle risorse ordinarie del Fondo Nazionale per la non autosuffi- cienza destinata alle quattro regioni per il 2013 (circa 73 milioni di euro).
Gli obiettivi da realizzare in questa prima fase sono:
• dare centralità ai territori, alla loro ca- pacità di mobilitarsi ed elaborare pro- getti lasciando alle Regioni un compi- to di programmazione e integrazione degli interventi. A ciò contribuisce l’as- segnazione condizionale per ogni ter- ritorio delle risorse, che sono spendibi- li solo sulla base di progetti di qualità, frutto di accordi tra Asl e sistema degli Enti locali. In mancanza di progetti le risorse sono attribuite dopo sei mesi ad altri territori;
• rafforzare il sistema dei servizi per gli anziani in un’ottica di integrazione so- cio-sanitaria, dirottando una parte del-
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Parte II
le risorse al mantenimento dei livelli di servizio già operativi;
• garantire finanziamenti per l’intero ammontare dei progetti, anche per le spese di gestione;
• verificare territorio per territorio dello stato di avanzamento dei progetti ba- sandosi sul numero delle persone che acquisiscono un nuovo servizio (o non perdono uno già erogato);
• incentivare la mobilitazione del parte- nariato sociale in funzione di informa- zione, accompagnamento e valutazio- ne dei progetti.
La pratica di contrattazione dei servizi di Xxx per gli anziani, nell’ambito degli O- biettivi di Servizio e del Pac, fa parte di un disegno di rinnovata politica nazionale per la non autosufficienza fondata sullo scambio di “buone pratiche” sia a livello di Amministrazioni Pubbliche che di contrattazione sociale e territoriale. Nel 2013 sono stati significativi, pertanto, non solo le iniziative nelle Regioni del Sud, ma anche importanti risultati come “L’accordo sullo sviluppo dei servizi sani- tari territoriali” in Liguria; la “Piattafor- ma unitaria per una rinnovata campagna di contrattazione territoriale e sociale” in Xxxxxx Xxxxxxx; l’iniziativa Spi Cgil per l’applicazione della convenzione sulle re- sidenze protette per gli anziani nella Mar- che; la piattaforma unitaria sulla non au- tosufficienza nel Veneto.
Schede allegate CALABRIA
La misura assistenza anziani del Piano di Azione Coesione rappresenta per la Ca- labria un’opportunità unica per organiz- zare in modo strutturato ed omogeneo i servizi di assistenza domiciliare, e non so- lo, che finora sono stati caratterizzati da
episodicità ed improvvisazione.
La mancanza di costanti relazioni sindaca- li e di regole condivise ha costituito, fino a poco tempo fa, un impedimento a quella che il Ministro Xxxxx ha sapientemente chiamato "mobilitazione cognitiva".
Ciononostante lo Spi non si è arreso. Tra il 2011 ed il 2012, in particolare, la strut- tura regionale e quelle comprensoriali hanno dato vita a cinque iniziative (una regionale e quattro territoriali) sul tema specifico dell’Adi per discutere con i sog- getti istituzionali sul "modello" possibi- le, partendo dalla presentazione di quel- lo dell’Azienda Sanitaria di Trieste con la presenza di un attore di quel sistema, il Dr. Xxxxxx Xxxxxxxx. Contemporanea- mente, mentre si avviava il percorso na- zionale di costruzione del Pac, ci si è resi conto che in Calabria mancava la cono- scenza di un pezzo importante del siste- ma: quello sociale. È stato quindi predi- sposto un questionario, inviato a tutti i Comuni calabresi, attraverso il quale si chiedeva di conoscere l’esistenza e le mo- dalità organizzative di eventuali forme di servizi di assistenza domiciliare. È emer- so, dagli oltre 140 questionari restituiti, che non soltanto esistono i servizi ma che in talune realtà il numero di persone an- ziane assistite è ben al di sopra del 3,5% auspicato dagli Obiettivi di Servizio nel QSN 2007-2013.
Il rischio era che i servizi potessero essere bloccati a causa della mancanza di risor- se economiche. Acquisita dunque l’im- portanza del Piano di Azione Coesione, anche per superare rischi e criticità, e par- tendo dal metodo di lavoro che nel livel- lo nazionale ha coinvolto tutti gli attori del sistema, abbiamo avviato con tutte le 7 strutture territoriali dello Spi un per- corso di incontri con i Sindaci per infor-
xxxxx sui contenuti del Pac e sollecitarli verso una programmazione distrettuale di qualità.
Da ottobre 2012 sono stati già incontra- ti oltre 158 dei 409 Comuni, sia singo- larmente che in 15 riunioni distrettuali. Alle riunioni, di norma, partecipa anche il segretario regionale al welfare. Periodi- camente il gruppo di lavoro, costituito dal segretario regionale con delega al wel- fare e dai segretari comprensoriali gene- rali e con delega, si riunisce per fare il punto della situazione. Per approfondi- menti tematici, man mano che vengono pubblicati i documenti, si tengono ap- posite giornate seminariali.
L’attenzione degli Amministratori locali è molto alta. Dopo la pubblicazione del Programma degli interventi, che riparti- sce anche la prima tranche delle risorse e- conomiche, in alcuni distretti abbiamo avviato su richiesta dei Sindaci il secondo giro di incontri. Abbiamo chiesto e otte- nuto la costituzione dei tavoli tecnico-po- litici con la presenza del sindacato unita- rio dei pensionati.
Il 24 aprile scorso, a Lamezia Terme, ci siamo incontrati con Fnp e Uilp per di- scutere sulla ripresa dei rapporti unitari a partire dal percorso Pac. Fnp e Uilp han- no dato ampia disponibilità in tal senso ed abbiamo convenuto di inviare unita- riamente ai Comuni una richiesta di in- contro con lettera-tipo predisposta dallo Spi; di tenere il 22 maggio un esecutivo unitario con la presenza di un esperto na- zionale dello Spi nella persona di Xxxxx Xxx; di predisporre un comunicato stam- pa sulla riunione unitaria. Abbiamo con- venuto inoltre di chiedere un incontro al neo-eletto Assessore regionale alle politi- che sociali su tutte le questioni generali a- perte: rinnovo Piano sociale regionale,
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
piani di zona, dimensione dei distretti e quant’altro. L’auspicio è che questo sia l’avvio di una stagione che, partendo dal Pac e proseguendo nella Programmazio- ne 2014-2020, possa dare ai cittadini ca- labresi servizi sociali strutturati, omoge- nei e di qualità, in un sistema regionale di regole condivise e partecipate a garanzia dei diritti di tutti.
PUGLIA
La costruzione del percorso del Pac ci ha consentito di sperimentare una metodo- logia di lavoro, al nostro interno, e nel rap- porto con il gruppo di progetto del Mini- stero competente, estremamente innova- tiva ed efficace in relazione ai risultati sino a questo momento raggiunti. Il lavoro si- nergico sviluppato in questi mesi ha per- messo a tutti i soggetti coinvolti (gruppo di lavoro del Dps, categoria Spi naziona- le, regionale e territoriale) di lavorare in stretta sinergia e nel pieno rispetto dei di- versi compiti e ruoli; esaltando nel con- tempo le singole conoscenze, l’interscam- bio delle idee, le diverse peculiarità e sto- rie dei territori interessati. Per giungere in- fine alla definizione di un progetto forte- mente unitario nei suoi obiettivi, capace di utilizzare le migliori prassi sperimenta- te, ma rispettoso, nello stesso tempo, del- le diversità esistenti. Si è lavorato per step successivi, partendo da ipotesi e tracce di lavoro nazionali, le stesse sono state sotto- poste sistematicamente ad un confronto con i livelli regionali e territoriali del sin- dacato. Apportando di volta in volta mo- difiche, correzioni e riscontrando sempre una piena predisposizione all’ascolto e quindi al recepimento di quanto veniva di volta in volta proposto.
In Puglia questo lavoro è stato caratteriz- zato da un rapporto continuo e costante
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Parte II
con l’Assessorato al Welfare della Regio- ne. Approfittando della circostanza che l’assessore era impegnata assieme a noi sulla verifica a conclusione del secondo triennio dell’ attuazione della Legge 328 in Puglia onde pervenire alla definizione del 3° Piano regionale delle Politiche So- ciali 2013-2015.
Quale migliore occasione quindi per ten- tare di raccordare la programmazione or- dinaria con quella straordinaria, in riferi- mento all’ obiettivo di servizio Adi previsto dal Pac? Tutto ciò siamo certi ci potrà con- sentire di traguardare i due obiettivi fonda- mentali che l’azione del Pac si propone: e- stendere e qualificare ulteriormente il ser- vizio di Xxx nei 44 ambiti della nostra Re- gione rispondendo crediamo in questa ma- niera ad una esigenza e bisogno fortemen- te presente nella popolazione pugliese. In- fine, un rapporto stretto e continuativo con i nostri sei territori Spi, ci ha consentito di tenere costantemente informati e coinvol- ti i gruppi dirigenti degli stessi i quali a loro volta sono stati così messi nelle condizioni di poter sviluppare un’ azione di sollecita- zione e di informazione puntale e costante verso le Amministrazioni Comunali e le stesse Asl del nostro vasto territorio.
SICILIA
La pratica della contrattazione sociale e territoriale dei servizi di cura agli anziani, sia nell’ambito degli Obiettivi di servizio che nell’ambito – più specifico – del Pac, ha consentito a tutto lo Spi Cgil Sicilia (in tutte le sue articolazioni strutturali, poli- tiche e organizzative) di sperimentare concretamente un metodo di lavoro più decisamente ed ampiamente condiviso. Metodo che è stato costruito a pezzi, per successive approssimazioni (è tutt’ora in progress), sulla logica della necessità ine-
ludibile di “fare rete” : per tentare di su- perare quelle che si sono appalesati, pro- gressivamente, come i limiti e le smaglia- ture dell’azione contrattuale condotta nei territori, sia insieme alla Confederazione che unitariamente con le altre due Orga- nizzazioni dei Pensionati.
I ripetuti appuntamenti nella sede dello Spi Nazionale, susseguitisi nel corso del- l’anno 2012 e nei primi mesi dell’anno 2013, hanno avuto anche il merito di fa- re acquisire piena consapevolezza della importanza e della delicatezza del proces- so avviatosi. I riferimenti circostanziati al- le “buone pratiche”, che sono stati for- mulati nel corso delle predette riunioni nazionali hanno indotto lo Spi Sicilia ad una verifica più attenta e puntuale delle situazioni esistenti nella Regione, coin- volgendo direttamente tutte le dieci strutture comprensoriali siciliane.
Tale esame ha consentito di acquisire i da- ti reali di una situazione territoriale diffu- sa dove i servizi sociali, sanitari e socio-sa- nitari sono deboli o – addirittura – del tutto inesistenti e quindi. I cittadini, in un contesto caratterizzato dagli effetti de- vastanti della crisi economica, sociale ed istituzionale che imperversa da anni, so- no costretti a contare quasi esclusiva- mente su risorse proprie, quando si tro- vano a fare fronte alle condizioni di per- dita di autonomia di un loro congiunto e devono affrontare nella solitudine e nella disperazione della loro famiglia il dram- ma della non autosufficienza.
Nel contempo, però, tale esame ha per- messo di confermare positivamente l’esi- stenza, in Sicilia, di una “buona pratica” di Adi. Buona pratica evidenziata in ripetu- te circostanze anche dagli interlocutori i- stituzionali dello Spi Nazionale (Ministro Barca, Dps-Uval): quella realizzatasi nel-
la Provincia di Ragusa, ove si sono otte- xxxx risultati di rilievo sia in termini quan- titativi (4,3% di anziani ultra65enni in A- di nel 2011) che in termini di qualità ed appropriatezza delle prestazioni fornite. Risultati notevoli nel panorama siciliano, anche considerando il fatto – di rilievo as- soluto – che tali risultati sono stati ottenuti realizzando una efficace integrazione ef- fettiva dei servizi sociali con quelli sanita- ri a costi sostenibili. Le valutazioni ed i ri- sultati di tale attività di ricerca sono stati messi al centro di ripetute riunioni del gruppo dirigente dello Spi siciliano (Festa di LiberEtà 2012 del Settembre 2012, Riunione seminariali a tema, con la par- tecipazione di Dirigenti regionali dell’As- sessorato Regionale delle Politiche sociali e dei compagni del Dipartimento Mez- zogiorno e Coesione territoriale della Cgil nazionale) che hanno consentito a tutti i partecipanti di assumere piena con- sapevolezza dell’impegno sociale e sinda- cale che grava in particolar modo sullo Spi rispetto alla effettiva disponibilità di risor- se economiche rilevanti ed aggiuntive, de- stinate a dare sostegno concreto a famiglie in condizione di grave disagio, residenti in territori attraversati da gravissime situa- zioni di difficoltà economica e sociale.
Nel contesto di un processo di “mobilita- zione cognitiva” avviato dallo Spi Nazio- nale in riferimento alle risorse del Pac-A- di, che ha successivamente coinvolto o- perativamente le strutture Regionali, Comprensoriali eTerritoriali dello Spi Si- cilia, sono già stati avviati – ad oggi – con- fronti sindacali con :
• 38 Sindaci di Comuni capo-fila (su 55 distretti socio-sanitari operanti inSicilia);
• 5 delle 9 Prefetture operanti in regione;
• 4 delle 9 Asp (Aziende sanitarie provin- ciali)incuisuddivisoilterritoriosiciliano.-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
Il lavoro di mobilitazione cognitiva, ope- rato nei confronti dei soggetti istituzio- nali del partenariato interessati dal pro- cesso di attuazione del Pac - Adi, ha mes- so in evidenza – purtroppo – una diffusa ed estesa mancanza di conoscenze speci- fiche sulla pur grande opportunità legata a risorse che offrono la concreta possibi- lità di aumentare significativamente il numero di anziani ultrasessantacinquen- ni trattati in Adi e/o di migliorare la quantità e la qualità delle prestazioni so- cio-sanitarie erogate.
Anche la constatazione di tale sconfortan- te evidenza ha urgentemente indotto lo Spi Sicilia a promuovere ed attuare una se- rie di incontri operativi con le Segreterie Regionali di Fnp/Cisl e Uilp/Uil. Gli in- contri hanno condotto ad una riuscita riu- nione degli Esecutivi Regionali Unitari, te- nutasi il 23 maggio u.s., che ha trovato me- ritato spazio negli organi di stampa regio- nali. Nella riunione sono stati messi in evi- denza e sottolineati gli impegni unitari del- le tre OoSs. dei Pensionati : lo sviluppo della contrattazione sul Pac - Adi, in tutti i livelli regionali e territoriali, è stato indica- to come impegno prioritario e preminen- te in termini di urgente realizzazione.
Si segnale di particolare rilievo l’Accordo di programma sul servizio Adi stipulato e sottoscritto nel Distretto Socio Sanitario di Xxxxxxxx Xxxxxxx da tutti i soggetti del partenariato istituzionale e sociale (Co- muni del Distretto Socio Sanitario, A.S.P. Provinciale, Distretto Sanitario, Cgil Ci- sl Uil e Spi Fnp Uilp).
All’Accordo di Programma ha fatto segui- to un Protocollo di Intesa, molto circostan- ziato, ed un Piano finanziario di dettaglio : in tutti idetti documenti, di fatto, vengono anticipate e recepite molte delle indicazio- ni operative del processo Pac - Adi.-
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Parte II
L’iniziativa antievasione attraverso la contrattazione sociale del sindacato
XXXXXXXX XXXXXXXXXX
dip. Politiche economiche Cgil nazionale
È
indubbio che nel corso degli anni più recenti diversi fenomeni assai signifi- cativi, sia indotti dalle azioni legislative e di governo sia influenzate dai processi so- cio-economici innescati dalla crisi, hanno interagito con le agende sindacali della contrattazione sociale. Da una parte, i progressivi e sempre più profondi tagli ai trasferimenti destinati agli enti locali han- no ridotto le capacità di spesa delle am- ministrazioni locali, connettendosi ai vin- coli introdotti dal patto di stabilità inter- no. Dall’altra, l’accentuazione dei proces- si di impoverimento, fragilizzazione so- ciale, precarietà e crisi del tessuto produt- tivo hanno condotto all’emergere di ne- cessità sempre più urgenti di tutela del la-
voro e dei diritti sociali.
La combinazione di questi processi ha spinto le amministrazioni locali a inter- venire nel campo della fiscalità e in gene- rale sulle fonti di entrata. In particolare, il 2011 e il 2012 hanno visto accrescersi – accanto a riduzioni dei servizi ai cittadi- ni, specie nelle regioni del sud – gli inter- venti di rimodulazione della comparteci- pazione ai costi del welfare, a partire dal- le tariffe per gli asili nido, i servizi domi- ciliari per anziani e disabili, i trasporti. La relativa tenuta dei servizi sul territorio, tuttavia, ha acceso un focus di attenzione su un elemento critico della fiscalità loca- le: le aree grigie di evasione dei tributi, da una parte, e la riformulazione di mecca- nismi di compartecipazione in grado di risultare effettivamente ispirati al princi- pio costituzionale di progressività.
Per affrontare l’uno e l’altro termine della questione, il legislatore è intervenuto con- sentendo un sempre maggiore vantaggio per le amministrazioni locali che recupe- rano l’evasione fiscale dei tributi erariali sul territorio. Accanto a questo, permane il problema dell’intensificazione dei siste- mi di controllo e verifica della fiscalità strettamente locale e dei meccanismi di compartecipazione ai costi dei servizi (ca- sa, rifiuti, educazione, scuola, assistenza). I bisogni emergenti e cruciali per affron- tare il tema, sul piano della contrattazione sociale con le amministrazioni locali, van- no pertanto nella direzione di definire:
• anzitutto il monitoraggio dell’attua- zione Xxxx, anche attraverso dispositivi di dissuasione oltre a controlli e verifi- che delle dichiarazioni (ad esempio, in- dividuando settori e gruppi di popola- zione sottoposti a maggiore attenzione sul piano dei controlli, o adoperando- si per verificare i redditi/patrimoni maggiormente omessi nelle dichiara- zioni Xxxx, quali i conti correnti, conti deposito, fondi d’investimento;
• un approfondito e costante confronto con le amministrazioni locali a propo- sito dei meccanismi organizzativi ca- paci di rendere efficace ed effettiva l’a- zione antievasione (ad esempio, inte- grando l’attività dei diversi settori del- le enti locali, specie comunali, nel caso degli uffici tributi, la polizia municipa- le, gli uffici tecnici, l’anagrafe, etc.)
Questa seconda dimensione dipende fon- damentalmente dalla capacità dei comu- ni e delle amministrazioni locali in genere di dotarsi di un sistema integrato di verifi- che, controlli e segnalazioni a partire pro- prio dalle sinergie che si possono stabilire tra diversi settori e nuclei amministrativi. In tal senso, il sindacato è chiamato a una
contrattazione più proattiva, di ampiezza confederale e mettendo a frutto le compe- tenze e le specificità delle singole categorie, in particolare la Funzione pubblica.
Risulta chiaro che i due punti evidenziati non possono procedere separatamente, anche nell’azione sindacale di contratta- zione sociale, e vanno portati avanti di pa- ri passo: da una parte l’attività di contrat- tazione sociale vera e propria, definendo accordi circa l’utilizzo delle risorse per il sociale in relazione alla modulazione dei carichi di contribuzione delle diverse fasce di popolazione; dall’altra, intervenendo in fase concertativa con le amministrazioni per stabilire riforme e trasformazioni del- l’organizzazione degli enti pubblici.
Relazioni,contenuti e coinvolgimento delle parti nella contrattazione sociale sui temi fiscali
La sfida risulta senz’altro complessa: ride- finire un sistema fiscale locale equo e ispi- rato a progressività, agendo all’interno di un’acuta crisi sociale ed economica strut- turale, in un quadro – specie amministra- tivo – nel quale le stratificazioni di “infe- deltà” fiscale, i meccanismi di scambio politico, le inadempienze, le inefficienze e le resistenze al cambiamento ereditate dal passato sono assai accentuate e vischiose. Dal punto di vista sindacale, l’osservazio- ne della contrattazione sociale e in parti- colare quella sviluppata in alcune regioni del paese (tra le altre, Piemonte, Xxxxxx Xxxxxxx, Lombardia), permette di mo- strare alcuni percorsi i cui elementi posso- no risultare utili per avvicinare l’obiettivo: 1.anzitutto, l’approccio confederale al tema della fiscalità locale: sia armonizzando un’e- qua distribuzione dei carichi e della com- partecipazione tra le diverse fasce e gruppi di popolazione, sia includendo le compe- tenze e le prerogative di rappresentanza di
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
alcune categorie sindacali (si pensi al ruolo della Funzione pubblica, non solo nella contrattazione in campo sociale e sanitario, ma anche nel ridefinire gli obiettivi e gli strumenti nelle attività antievasione).
2. In secondo luogo, l’affinamento e l’ap- profondimento politico e funzionale del- le relazioni sindacali: in diverse regioni, diversi protocolli e accordi di livello re- gionale, in particolare tra Cgil Cisl Uil e le organizzazioni di rappresentanza degli enti locali, hanno stabilito sia modalità di confronto a cui ispirarsi – e legittimarsi reciprocamente – sul piano comunale, sia spunti e ispirazioni nel campo dell’x- xxxxxxxxx xxx xxxxxxxxxx xxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxxxxx (xx pensi alla grande diversificazione che sul terreno ancora ca- ratterizza l’Isee), e ancora la definizione di comuni intenti e indirizzi nel campo del contrasto dell’evasione fiscale e tributaria.
3. In terzo luogo, è fondamentale il piano delle procedure e delle strutture preposte: come per altri temi della contrattazione sociale, anche il contrasto dell’evasione dei tributi comunali o la verifica della corret- tezza e congruità della compartecipazio- ne deve basarsi su meccanismi di verifica, monitoraggio e aggiustamento bilaterali, quindi stabiliti di concerto e perseguiti sia da parte delle amministrazioni – che ne hanno la prerogativa istituzionale – sia da parte sindacale, attraverso la messa in pra- tica di un principio di rappresentanza de- gli interessi sociali in una prospettiva più ampia di quella tradizionalmente associa- ta all’organizzazione sindacale.
In estrema sintesi, dal punto di vista del- le prassi di contrattazione sociale occorre lavorare per la messa all’opera dell’orien- tamento di advocacy della cittadinanza già implicita nella contrattazione sociale stessa, nonché la messa a frutto delle
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Parte II
“competenze sociali” dei responsabili sin- dacali e delle strutture confederali e di ca- tegoria che rappresentano la peculiarità dell’azione di advocacy (fondata sul lavo- ro) che può essere interpretata dal sinda- cato rispetto a quella di altre organizza- zioni sociali. In questo caso si tratta di competenze legate ai saperi del lavoro, al- la loro funzione sociale e nello specifico delle attività antievasione si può intende- re la messa all’opera di competenze tecni- co-sociali legate alla comprensione dei meccanismi amministrativi degli enti lo- cali, dei bilanci comunali, dell’interven- to proattivo e progettuale nella riforma delle amministrazioni.
Come già accennato, questo piano deve svilupparsi insieme a una più definita struttura delle relazioni sindacali, che di- venga il più possibile vincolante nei con- fronti dei diversi livelli amministrativi – Regioni, Province, Comuni e le diverse dimensioni dell’associazionismo tra enti locali – nonché a una maggiore efficacia dell’intero percorso negoziale – cosa che pertiene al sindacato stesso – ovvero ad e- sempio inserendo negli accordi una stret- ta periodicità e un orientamento non ri- tuale al monitoraggio degli interventi contrattati e dei risultati attesi. Altro a- spetto decisivo riguarda il miglioramen- to delle pratiche di contrattazione socia- le del sindacato, mediante una mirata in- dividuazione di responsabilità e funzioni interne sia alla confederazione sia alle ca- tegorie e in particolare definendo mecca- nismi partecipativi e di democrazia deli- berativa nel rapporto con i cittadini, ad e- sempio nella condivisione delle agende sindacali e di verifica degli accordi stabi- liti con le amministrazioni locali.
Se questo passaggio democratico diviene, in generale, essenziale nel legittimare e ar-
ricchire la contrattazione sociale, sia dal lato del rapporto con la sua constituency tradizionale sia di quello con la cittadi- nanza più ampia, appare ancor più deci- siva nella promozione di negoziazione e azione contro l’evasione fiscale e tributa- ria, dal momento che consentirebbe al sindacato di intervenire per una maggio- re consapevolezza dell’importanza della fedeltà fiscale da parte dei cittadini.
Il ruolo del sindacato nella contrattazione sociale sui temi antievasione
Il profilo della contrattazione sociale del sindacato è in costante evoluzione. Sia sot- to l’aspetto dell’organizzazione sindacale sia nel tentativo di adattamento della con- trattazione ai temi, ai bisogni e alle urgen- ze emergenti dal territorio. Dall’osserva- zione delle prassi esistenti e dal confronto con i responsabili sindacali regionali, e- mergono quindi alcune indicazioni da sviluppare sul territorio, al fine di intensi- ficare, migliorare e rendere più omogenea l’azione del sindacato in funzione del con- trasto dell’evasione fiscale e tributaria:
• anzitutto sviluppare, nella dialettica con le amministrazioni, l’elenco di tutti i tri- buti in senso ampio, tariffe, concessio- ni (ad esempio occupazione suolo pub- blico, permessi per i passi carrabili, etc.), che possono rientrare tra quelli che de- finiscono l’ambito del Patto;
• far precedere la fase dei controlli dal- l’annuncio degli stessi, incentivando fenomeni di autodenuncia e regolariz- zazione spontanea;
• estendere i patti antievasione e gli accor- di di livello regionale che possono orien- tare la contrattazione ai livelli inferiori;
• monitorare, verificare, sviluppare mo- menti bilaterali di controllo, rilancio, correzione delle iniziative antievasione
con l’amministrazione locale;
• coordinare l’azione sindacale a livello locale tra le strutture confederali e l’ap- porto decisivo delle categorie, poten- ziandola con opportuna formazione sul campo, linee guida e di indirizzo, ag- giornamenti e approfondimenti sulle e- voluzioni normative e amministrative;
• integrare l’iniziativa antievasione lun- go tutta la filiera della contrattazione sociale, e non relegarla in capitoli spe- cifici e/o generici entro più ampi do- cumenti di accordo. In particolare, ciò risulta necessario nel momento in cui molti dei temi di accordo nei campi delle politiche sociali locali rientrano o influiscono sulla compartecipazione dei cittadini ai costi dei servizi; senza contare che la tendenza più recente ve- de l’azione antievasione estendersi an- che ai piccoli comuni;
• integrare la struttura sindacale territo- riale, confederale e categoriale, sia ver- ticalmente, attraverso l’azione delle strutture regionali e di Camera del la- voro, sia orizzontalmente, coinvolgen- do altri stakeholder del territorio (asso- ciazioni di cittadini, utenti dei sevizi, Terzo settore, etc.), stimolando inizia- tive intercomunali che coinvolgano consorzi di comuni, ambiti sociali, etc.;
• sul piano strategico: indirizzare il recu- pero dell’evasione, nell’attuale con- giuntura di crisi, al sostegno della spe- sa sociale; ma in prospettiva occorre le- gare, come d’altra parte si orienta l’ini- ziativa nazionale sul fisco, il recupero dell’evasione a una rimodellazione del- la fiscalità locale e del contributo dei cittadini al welfare in ottica di progres- sività e di riduzione del peso fiscale su lavoratori, pensionati, precari e sogget- ti a rischio di impoverimento.
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
L’offerta educativa di Istruzione
e Formazione nella contrattazione sociale territoriale
XXXXXXXX XXXXXX
resp. Infanzia Cgil nazionale
XXXX XXXXX
segreteria nazionale Flc Cgil
XXXXXXXX XXXXXXX
coord.Dip.FormazioneericercaCgilnaz.
N
elle precedenti campagne nazionali sulla contrattazione sociale territoria-
le, nel primo documento “Il welfare contro la crisi e oltre” erano presenti linee guida sui temi della formazione e della ricerca.
Il “Programma per la conoscenza” della Cgil e l’ultimo documento congressuale della Flc hanno dedicato spazio alle poli- tiche territoriali anche in considerazione delle prerogative attribuite dalla riforma del Titolo V della Costituzione alle Re- gioni, agli Enti Locali e alle Istituzioni scolastiche e formative autonome.
In questi ultimi anni, sulla base di questi orientamenti, le strutture territoriali-con- federali e della Flc hanno arricchito le piattaforme contrattuali territoriali con- tribuendo a contrastare l’indebolimento e la dequalificazione della scuola pubbli- ca prodotti dai tagli dei governi Berlu- sconi e Monti e per ampliare e migliora- re l’offerta formativa.
Le iniziative territoriali hanno, inoltre, ri- guardato il contrasto alla dispersione sco- lastica e i temi dell’infanzia (Sezioni pri- mavera), soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, per rispondere alle esigen- ze delle Azioni previste dal Piano Sud e dal Piano Azione e Coesione.
La riduzione del welfare scolastico e stu- dentesco si è sommata agli effetti della cri- si economica sulle famiglie che non pos- sono sostenere i costi derivanti dalla ri-
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Parte II
duzione dell’offerta formativa pubblica e l’aumento dei costi di servizi scolastici. Enti Locali e Regioni, a causa dei tagli su- biti e dai vincoli previsti dal patto di sta- bilità interno, non riescono ad interveni- re per supplire lo Stato che scarica sulle autonomie locali i costi per mantenere la qualità dell’offerta formativa e l’integra- zione dei soggetti più deboli.
La riduzione delle risorse si fa sentire in modo ancora più drammatico nel Mez- zogiorno dove invece l’intervento pub- blico andrebbe potenziato e qualificato (scuole per l’infanzia, sezioni primavera, tempo pieno) proprio per combattere la dispersione scolastica e formativa e i bas- si livelli di apprendimento.
La riduzione del tempo scuola e la can- cellazione delle compresenze degli inse- gnanti hanno messo in difficoltà le scuo- le nella programmazione delle attività ri- volte ai soggetti più deboli (percorsi indi- vidualizzati, formazione linguistica degli alunni stranieri) e di qualificazione del- l’offerta formativa (didattica laboratoria- le, uscite didattiche, attività alternative per chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica).
Le piattaforme devono allora prioritaria- mente rivendicare la continuità delle e- sperienze formative già presenti e favori- re l’avvio di progetti che qualifichino il si- stema d’istruzione pubblica e che siano coerenti con le necessità del territorio. Di seguito si elencano, a titolo esemplifica- tivo, alcune tematiche che possono com- pletare le piattaforme territoriali da presen- tare ai tavoli iconfronto e negoziazione con l’Amministrazione scolastica regionale e provinciale, le Regioni e gli enti locali:
a) programmazione dei servizi per il di- ritto allo studio (servizio mensa, piano dei trasporti, benefici economici agli a-
xxxxx, riduzione costo dei libri) e con- trattazione dei criteri per pagamento con- tributi famiglie;
b) definizione di risorse, beni e servizi da parte degli enti locali;
c) manutenzione degli edifici scolastici e applicazione normativa sulla sicurezza (per contrastare le “classi pollaio”);
d) dimensionamento scolastico e piano di utilizzo degli edifici per attività extra- scolastiche;
e) prevenzione del disagio;
f) accordo di programma per il sostegno all’integrazione scolastica per alunni stra- nieri e nomadi;
g) accordo di programma per il sostegno all’integrazione degli alunni disabili;
h) educazione degli adulti (Cpia);
i) partecipazione dei genitori alla vita della scuola (informazione e coinvolgimento);
l) sostegno al Pof;
m) attività integrative e prolungamento orario scolastico nella scuola primaria ;
n) obbligo scolastico e contrasto all’ab- bandono e alla dispersione scolastica e so- stegno alle fasce sociali più deboli.
o) scuola infanzia e servizi educativi: nidi d’infanzia, servizi educativi integrativi, se- zioni primavera.
Con particolare attenzione vanno af- frontati temi relativi all’offerta formativa coordinata per il lavoro: poli, its, ifts, i- struzione tecnica e professionale, forma- zione professionale, apprendistato, for- mazione continua.
In questa fase di crisi economica assumo- no un ruolo rilevante i tavoli finalizzati al- la creazione e all’accompagnamento di un sistema coordinato e integrato dell’in- tera offerta formativa per il lavoro: connessa con la ricerca, riferita ad un am- bito territoriale e alle specifiche aree set- toriali, capace il più possibile di superare
l’attuale proliferazione di poli e distretti riferiti a formazione, ricerca e innovazio- ne tecnologica, coerente con i Piani O- perativi Regionali e con le Azioni previ- ste, per le Regioni della convergenza, dal Piano di Azione e Coesione.
Questo obiettivo strategico può essere rea- lizzato, innanzitutto dando concreta appli- cazione e sostanza alle norme sull’istruzio- ne e formazione tecnica superiore (art. 11 del Dpcm 25/01/2008), che prevedono e- splicitamente il coinvolgimento delle par- ti sociali nella definizione dei Piani territo- riali che le regioni devono adottare ogni tre anni in relazione alla programmazione de- gli istituti tecnici superiori, dei poli tecnico- professionali e dei nuovi percorsi di Ifts.
A partire dalla redazioni dei Piani territo- riali e tenuto conto dei soggetti coinvolti nei suddetti percorsi (scuole, università, Epr, centri di formazione professionale, imprese, ecc.), appare naturale che il con- fronto si orienti alla definizione di specifi- che proposte finalizzate alla realizzazione di una offerta formativa per studenti, ap- prendisti, lavoratori, disoccupati (in rac- cordo con i centri per l’impiego) relative: ai percorsi per il conseguimento della qua- lifica e del diploma professionale ; ai per- corsi Its e Ifts; a quelli di formazione con- tinua; alla creazione di un osservatorio permanente dei fabbisogni formativi pro- fessionali; ai piani per l’occupabilità dei giovani con priorità ai Neet; ai piani per l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani laureati anche attraverso l’ap- prendistato di alta formazione; alla azioni per le pari opportunità formative.
Edilizia scolastica,numero alunni per classe, qualità degli ambienti scolatici e sicurezza
Come previsto anche nel decreto legge I- struzione si prevede l’attivazione di mu-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
tui per ristrutturare o costruire nuovi edi- fici scolastici con una programmazione pluriennale 2013-2015.
Xxxxx richiesti appositi tavoli di con- fronto per i definire le priorità nei piani di intervento sull’edilizia scolastica sulla scorta delle esigenze sociali ed educative. Obiettivo del confronto è ottenere un quadro territoriale dell’edilizia scolastica sulla base del quale rivendicare la riquali- ficazione dell’edilizia scolastica in tutte le scuole e prevedendo il rispetto dei para- metri previsti per determinare il numero massimo di alunni per classe.
La trattativa può essere sostenuta da specifi- che diffide delle associazioni degli studenti, dei genitori e dai sindacati di categoria per evitare la costituzione di “classi pollaio”.
Integrazione scolastica alunni non italiani
Il peggioramento della qualità dell’offerta formativa delle scuole causato dalla ridu- zione del tempo scuola, dalla cancellazio- ne delle compresenze e dall’aumento degli alunni per classe ridurranno pesantemen- te le opportunità di integrazione dei sog- getti più deboli. Per gli alunni non italiani, già oggi tra i più colpiti dalla dispersione scolastica, aumenteranno ulteriormente le difficoltà: per l’apprendimento linguisti- co, l’insegnamento individualizzato e per l’educazione interculturale.
Si delinea un quadro in cui la situazione potrebbe arretrare rispetto alle condizioni attuali in cui le scuole, pur con difficoltà e impegno spesso non riconosciuto, hanno realizzato un positivo modello di integra- zione interculturale, capace di evitare di- scriminazioni e di valorizzare le diversità. Obiettivi dell’apertura di tavoli territo- riali sono la garanzia della formazione lin- guistica, l’attivazione di interventi di me- diazione interculturale, la realizzazione di
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Parte II
una programmazione territoriale che evi- ti processi di ghettizzazione in alcune scuole pubbliche, la costituzione di reti di scuole per la formazione interculturale.
Lotta alla dispersione e anagrafi degli studenti
Il quadro della strumentazione per con- trastare la dispersione scolastica è decisa- mente carente: la maggioranza dei terri- tori non è in grado di individuare chi e- vade l’obbligo scolastico e quello forma- tivo. Ma anche la dove si intercettano gli alunni in difficoltà, a causa della fram- mentazione dei servizi di orientamento, spesso non si riesce ad intervenire tem- pestivamente con colloqui, azioni recu- pero e orientamento.
A tal proposito appare urgente dare con- creta attuazione a quanto previsto dal Decreto legge 104/13 sulla integrazioni delle anagrafi nazionali e regionali degli studenti confrontandoli con le anagrafi universali dei comuni e delle Asl.
Gli obiettivi principali del confronto sono:
• avvio di un percorso che conduca alla costituzione di anagrafi degli studenti costantemente aggiornate, capaci di individuare i soggetti che evadono l’obbligo di istruzione e formazione at- traverso l’incrocio dei dati con le ana- grafi generali;
• costituzione di osservatori sulla disper- sione scolastica utilizzando i dati mes- si a disposizione dalle anagrafi degli studenti in modo da pervenire a veri e propri indicatori di previsione del ri- schio di dispersione sulla base dei qua- li programmare adeguate politiche di prevenzione;
• realizzazione del coordinamento dei servizi di orientamento in modo da as- sicurare ai giovani che hanno abban- donato la scuola colloqui e azioni di o-
rientamento, rimotivazione, accom- pagnamento;
• attivazione di interventi di contrasto e prevenzione della dispersione;
• verifica sull’andamento dell’obbligo di istruzione e di favorire l’integrazione dei percorsi al posto della sola forma- zione professionale quale modalità di assolvimento dell’obbligo.
Formazione permanente e educazione degli adulti Nella società della conoscenza,l’esigenza di una prospettiva dell’apprendimento permanente è essenziale. Si tratta per i sog- getti di entrare nella logica dell’imparare in ogni momento e contesto di vita, sia es- so formale,informale e non formale.
Nell’ambito dell’educazione, dell’istru- zione e della formazione degli adulti, la predisposizione di opportunità formati- ve si ottiene solo attraverso la gestione e la “governance” del sistema pubblico con ‘integrazione delle azioni fra tutti i sog- getti interessati (scuola, università, Re- gione, enti locali e associazioni ) e sulla puntuale conoscenza dei bisogni e delle forme dell’apprendimento adulto.
La Cgil, la Flc Cgil, lo Spi, l’Auser hanno presentato una proposta di disegno di legge di iniziativa popolare sull’apprendi- mento permanente che pone obiettivi che possono essere ottenuti nei territori attraverso la negoziazione sociale e che ri- guardano il coordinamento dell’offerta e la qualificazione dell’offerta, la sollecita- zione e il sostegno della domanda, l’atti- vazione di servizi di supporto.
Con il percorso “Sapere per contare” si sono realizzate diverse iniziative sulla ba- se di “10 proposte” per l’apprendimento permanente che rappresentano un utile riferimento per la costruzione delle piat- taforme territoriali.
L’approvazione della legge 92/2012, pur nelle sue incongruenze (il ruolo del siste- ma pubblico nell’apprendimento perma- nente non è sufficientemente esplicitato), apre la concreta possibilità di realizzare un sistema nazionale dell’orientamento per- manente costituito da: Sistema nazionale dell’apprendimento permanente, sistema nazionale di certificazione delle compe- tenze, reti territoriali dei servizi.
A livello territoriale dovranno essere a- perti tavoli di confronto con tutti i sog- getti che partecipano all’attuazione qua- lificata della legge.
Nella stessa direzione l’avvio dei progetti assistiti dei nuovi Centri provinciali per l’Istruzione degli Adulti rappresenta una importante occasione per coordinare tut- te le iniziative finalizzate a potenziare e qualificare l’offerta formativa e ad am- pliare la partecipazione degli adulti alla formazione, oggi ferma al 6%, ancora molto lontana dall’obiettivo del 15%, previsto da Europa 2020.
Il primo obiettivo della negoziazione ter- ritoriale è, quindi, ottenere l’utilizzo inte- grato di tutte le risorse presenti nel terri- torio finalizzate all’apprendimento per- manente sulla base di una programma- zione realizzata da forme di governance capace di coinvolgere tutte le istituzioni presenti sul territorio, le realtà associative e le parti sociali.
In particolare si tratta di:
• diffondere e implementare nei territo- ri l’utilizzo integrato di tutte le risorse per la formazione permanente e una programmazione unitaria e coerente;
• negoziare l’utilizzo delle risorse della formazione continua per la definizio- ne di ammortizzatori sociali fondati su politiche attive del lavoro che mettano al centro la formazione;
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
• potenziare e coordinare i servizi di o- rientamento;
• ottenere azioni di coordinamento e in- tegrazione tra servizi educativi, sociali e sanitari, la scuola pubblica per favo- rire l’emersione della domanda forma- tiva debole o inespressa;
• favorire l’incontro tra domanda e offer- ta formativa attraverso tutte le forme di potenziamento dell’informazione, a par- tire dalla realizzazione di Albi provincia- li o territoriali dell’offerta formativa.
Va previsto un monitoraggio ed un coor- dinamento di tutte le esperienze che con- sentono agli adulti, di arricchire e com- pletare il proprio bagaglio di conoscenze e competenze. In particolare vanno favo- rite tutte le offerte che si rivolgono alle fa- sce sociali più deboli e che sono interessa- te a percorsi finalizzati al conseguimento dell’obbligo scolastico, ai percorsi di alfa- betizzazione e alla certificazione e che so- no indispensabili per esercitare piena- mente il diritto alla cittadinanza attiva. La scuola pubblica attraverso la costituzione dei Cpia ( Centri provinciali per l’Istru- zione degli adulti), si prefigge questi o- biettivi in sinergia con i soggetti che sul territorio si prefiggono gli stessi obiettivi.
Nido d’infanzia e servizi educativi integrativi Come si sa gli effetti del Piano Nidi pro- mosso dal Governo Prodi nel 2006 han- no avuto breve tempo di azione perché nel 2010 le risorse sono state azzerate. A questo grave taglio si sono aggiunti i tagli fatti agli Enti locali. Nel 2010, nel 2011 e nel 2012 le esigue risorse a disposizio- ne erano veicolate con le Intese stipulate tra Dipartimento per la famiglia e confe- renza Unificata Stato Regioni.
Obiettivo: aprire immediatamente tavo- li di contrattazione sul livello regionale e
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Parte II
comunale per verificare all’oggi la situa- zione: quanti nidi d’infanzia e servizi e- ducativi integrativi sono presenti, per quanti posti, consistenza delle liste di at- tesa, forme di gestione attuate, previsioni di espansione del servizio educativo pre- viste nel piano sociale o/e nel piano del diritto allo studio regionale, risorse stan- ziate. Avere contezza dei dati è un obiet- tivo primario senza il quale diventa diffi- cile procedere e rivendicare che si attivi- no tutti gli elementi di governance affin- ché l’offerta dei servizi educativi nella fa- scia 0-3 trovi opportuni incroci con la do- manda dell’utenza in modo tale che que- st’ultima trovi chiare informazioni e ac- coglienza al più alto livello possibile.
Sezioni Primavera per bambini da 24 a 36 mesi
Il primo Agosto 2013 è stata rinnovata l’Intesa Nazionale in Conferenza Unifica- ta per la prosecuzione delle “sezioni prima- vera”. Questa esperienza –che si configura come antidoto alla proposta sbagliata di i- scrivere i bambini alla scuola dell’infanzia anche se più piccoli dei tre anni- ha visto l’attivazione nel 2007-2008 di 1350 sezio- ni ed ha consentito a circa 25.000 bambi- ni di accedere ad un servizio educativo pensato per la loro età. Nell’anno scolasti- co-educativo 2012-2013 le sezioni prima- vera sono rimaste in vita grazie, soprattut- to, ai finanziamenti messi a disposizione dalle regioni. Negli anni precedenti le inte- se locali previste per il funzionamento di queste sezioni hanno visto scarsa presenza di contrattazione da parte delle parti socia- li. Si registra diffusamente una scarsa go- vernance sia sul livello regionale sia su quel- lo comunale che auspichiamo veda presto inversione di tendenza.
Obiettivo: aprire tavoli sul livello regiona- le e comunale. A tal proposito ricordia-
mo alcuni compiti strategici dei tavoli
• Insistere affinché al Tavolo Regionale, a partire dalla stipula dell’Intesa ci sia- no sia le Confederazioni sia le catego- rie coinvolte - Funzione Pubblica e Flc
• Considerare con attenzione l’Intesa Nazionale siglata in Conferenza Unifi- cata l’1 agosto 2013 per far in modo che i punti qualificanti in essa contenu- ti possano essere condivisi/ integrati / migliorati dai partecipanti al Tavolo, al fine di giungere alla stipula dell’Intesa Regionale che sia qualificata e funzio- nale alle peculiarità del territorio.
• Insistere perché si renda agibile il tavo- lo regionale interistituzionale-cabina di regia- con compiti di indirizzo e mo- nitoraggio dell’esperienza delle sezioni primavera.
• Ricercare costantemente l’equilibrio fra Domanda e Offerta (Presenza di anticipi, Liste di attesa,.. e servizi 0-6 presenti sul territorio) attraverso la ri- chiesta di dati che l’Amministrazione deve fornire
• Vigilare affinché i rapporti di lavoro del personale impegnato nella sperimen- tazione delle sezioni primavera siano regolati da contratti riferiti all’applica- zione di contratti collettivi nazionali di lavoro del settore
• Garantire la trasparenza nell’applica- zione dei criteri di priorità concordati per la stesura dell’elenco dei Progetti "accoglibili"
• Adoperarsi affinché sia data attuazione al programma di consulenza, forma- zione, monitoraggio, coordinamento pedagogico a sostegno e supporto del- le esperienze di sperimentazione.
• Far circolare al fine di socializzarle anche sul livello nazionale le buone pratiche di contrattazione territoriale già avviate.
Sul livello comunale o di bacino di utenza intercomunale (vedi legge 328/2000) il ta- volo di contrattazione deve sollecitare po- liticamente gli amministratori a definire:
• la domanda di servizi educativi 0-3 , sezioni primavera, scuola dell’infanzia e anticipi;
• l’offerta educativa presente sul territo- rio servizi educativi 0-3, sezioni prima- vera, scuola dell’infanzia e anticipi;
• l’elenco dei soggetti erogatori di servizi educativi 0-6 nel sistema integrato ( sta- tale, comunale, paritario o accreditato); deve sollecitare politicamente gli ammi-
nistratori a realizzare:
• forme di collaborazione tra soggetti ge- stori dei servizi educativi già presenti al fine di ampliare concretamente l’offer- ta formativa nello 0-6 in termini qua- litativi e quantitativi;
• forme di coordinamento pedagogico dei servizi educativi e della scuola del- l’infanzia presenti sul territorio comu- nale o intercomunale;
• forme di monitoraggio, verifica e valu- tazione per controllare la qualità dell’e- sperienza, il rispetto dei criteri e delle condizioni.
Anticipo
Con l’anticipo – che purtroppo è ancora previsto – vi è la possibilità di iscrivere i bambini al di sotto dei tre anni alla scuo- la dell’infanzia. A decidere se accoglierli o no sarà la scuola che avrà voce anche nel decidere i tempi e le modalità di acco- glienza qualora- avendo il personale per farlo- si sia resa disponibile ad attuarla. Questa modalità rischia di indurre, pur- troppo, confusione e a volte anche ten- sione tra scuola e genitori.
Obiettivo: assicurare che tutta la contrat- tazione abbia sempre come obiettivo prio-
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
ritario l’incremento costante di accessibi- lità ai servizi educativi nella fascia 0-6 as- sicurando nel contempo le condizioni perché la qualità educativa non venga mai meno. In buona sostanza l’anticipo non è da riproporre. I tavoli di governance e contrattazione territoriale, quindi, do- vranno agire anche sull’informazione ai genitori e alle scuole specificando su qua- li servizi intendono investire e perché.
Generalizzazione della scuola dell’infanzia Xxxx’anno scolastico 2010-2011 – per la prima volta dal 1968 anno di sua istitu- zione – si è registrata una inversione di tendenza nel numero di sezioni funzio- nanti di scuola dell’infanzia statale. Que- sto è un dato molto preoccupante perché si ferma lo sviluppo di questa scuola men- tre sono in costante aumento i bambini in lista di attesa e le sezioni spesso accol- gono anche oltre i 30 bambini.
Obiettivo: si tratta di sollecitare tavoli co- munali o intercomunali per rilevare con certezza la reale consistenza delle liste d’at- tesa, superando il fenomeno delle doppie iscrizioni, e contrattare i modi e i tempi certi per l’istituzione di nuove sezioni ne- cessarie nell’ottica della generalizzazione della scuola dell’infanzia pubblica .
Qualificazione dell’offerta formativa nel 3-6 anni
Il funzionamento-tipo della scuola dell’in- fanzia è reso sulla base di 40 ore settimana- lie prevede –solo in questo modello di fun- zionamento –la contemporaneità. Mensa, trasporti e compresenza sono elementi im- prescindibili per qualificare la scuola del- l’infanzia evanno quindi previsti anche lad- dove vi sia il prolungamento orario in ac- coglienza delle esigenze dei genitori.
Obiettivo: Si tratta di aprire formali con- trattazioni in tavoli comunali o interco-
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Parte II
munali per far si che la qualità dell’offer- ta formativa e del suo eventuale amplia- mento(oltre le 40 ore settimanali) – se ne- cessario – siano condivisi e verificati dal- la comunità locale e si contrattino gli op- portuni interventi di integrazione laddo- ve il servizio pubblico non riesce – da so- lo – a coprire in modo qualificato. Inol- tre, anche per i servizi mensa e trasporti vanno contrattate tariffe tali da rendere il servizio accessibile a tutti.
Questo tema, oltre che di pertinenza del- la contrattazione territoriale incrocia ne- cessariamente quella di categoria.
Reddito minimo garantito,casa,trasporti,mobilità, accesso a occasioni culturali e formative Premessa
Da sempre la Flc Cgil dedica impegno e at- tenzione alla contrattazione sociale territo- riale. A quanto detto e fatto si somma l’ur- genza di dare risposte concrete ai bisogni, sempre più diffusi e profondi, di tutte e tut- ti coloro che della crisi economica speri- mentano il volto più feroce: l’assenza di la- voro e/o il lavoro precario, sempre più nu- merose/i nei comparti della conoscenza. Per questo la Flc Cgil, ha deciso di affian- care,ai temi succitati, che da sempre cura, specifiche proposte di inclusione e pro- mozione sociale rivolte a precari/e, disoc- cupate/i e inoccupate/i. Si tratta, da una parte, di supplire alle carenze nazionali sul piano delle politiche di welfare; dall’altra di cominciare a declinare alcuni temi spe- cifici che, sia nell’immediato che in pro- spettiva futura, possono essere affrontati anche e soprattutto a livello territoriale. Inoltre, soprattutto nel prolungarsi della crisi economica, l’azione contrattuale ever- tenziale territoriale assume una particolare rilevanza per dare continuità alla mobilita- zione, realizzare ampie alleanze politiche e
sociali per contrastare le scelte del governo, per lottare contro l’indebolimento e la de- qualificazione della scuola, dell’università e della ricerca pubblica e del welfare e per am- pliare e migliorare l’offerta formativa.
Obiettivi
Sostenere il reddito di disoccupate/i, i- noccupate/i, precariamente occupate/i, sostenere l’autonomia sociale dei giovani, nel rispetto dei principi di inclusione so- ciale previsti dalla nostra Costituzione che assegna alla Repubblica il compito di ri- muovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini impedisco- no il pieno sviluppo della persona umana. Garantire, anche attraverso un reddito indiretto sotto forma di servizi, l’esercizio di diritti minimi di cittadinanza di prima e seconda generazione (dalla casa, alla mobilità, all’accesso a occasioni culturali e formative).
Sottoazioni
Attivare, a livello regionale, un Reddito minimo garantito rivolto a disoccupate/i, inoccupate/i, precariamente occupate/i e a tutte/i coloro il cui reddito è inferiore a una soglia da definire in sede di contrat- tazione sociale. Di concerto con i centri per l’impiego, i soggetti beneficiari del- l’Rmg devono essere inseriti in percorsi di inserimento/reinserimento nel lavoro e nella vita attiva.
Connettere l’erogazione del contributo monetario con forme di reddito indiret- to, di concerto con le amministrazioni comunali:
• servizi di mobilità (attraverso l’amplia- mento della fascia di soggetti che pos- sono accedere ad abbonamenti agevo- lati o gratuiti)
• alloggi
• accesso a occasioni culturali e formative
Destinatari, Strumenti, Tempi
Precarie/i, inoccupate/i, disoccupate/i, chi ha un reddito inferiore ad una soglia da de- finire in sede di contrattazione (è oppor- tuno riferirsi al 60% del reddito mediano nazionale come da direttiva Ue), chi non ha accesso ad ammortizzatori sociali.
Rmg, azione centri per l’impiego; abbo- namenti agevolati o gratuiti per i traspor- ti; canoni agevolati per le locazioni/social housing; accesso facilitato o gratuito a i- niziative culturali (mostre, musei, teatri, concerti, ecc);
Attori principali
I soggetti istituzionali deputati ad attiva- re ed implementare gli strumenti sono la Regione, i Comuni, le Province, ciascu- no per le materie di sua competenza.
È inoltre necessario costruire una coali- zione sociale che coinvolga associazioni, ricercatori, base sindacale, cittadine/i coinvolti nel tema per sostenere e orien- tare gli interventi.
Monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza delle azioni attivate
Nell’interesse dei cittadini e al fine di mi- gliorare l’efficacia degli interventi, le am- ministrazioni erogatrici dei servizi danno luogo ad una rilevazione annuale su ca- pacità di soddisfazione delle domande, condizione dei beneficiari ad un anno dalla fruizione dei servizi, esiti delle poli- tiche in termini di capacità di reimmis- sione nella vita lavorativa attiva dei sog- getti coinvolti. Le organizzazioni sociali coinvolte nell’attività di contrattazione sociale operano un proprio monitoraggio sugli stessi temi. Annualmente si attiva un momento di valutazione comune tra Enti Locali ed organizzazioni sociali per la valutazione delle policy in essere.
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
PARTE III: CONTRIBUTI DAI TERRITORI
Gliinterventi dai territori
per le presentazioni interregionali del IV rapporto Ocs
XXXXXX XXXXXXXXX
Segreteria Cgil Piemonte
I
n Piemonte sono stati realizzati 117 tra Accordi e Verbali. Siamo di fronte ad x-
xx xxxxxx, xxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxx con- dizioni. Non possiamo trascurare che, an- che in realtà significative, non abbiamo fatto accordi per assenza di condizioni i- donee (vedi Torino). Questo è sicura- mente un problema con cui dovremo fa- re i conti. Va anche registrato un allarga- mento dell’esperienza a territori e realtà lo- cali che non erano state coinvolte dalle precedenti tornate negoziali. Sul piano qualitativo possiamo dire di avere difeso quanto ottenuto nelle precedenti tornate negoziali. Ma, nel valutare i pur conside- revoli passi avanti fatti, dobbiamo dispie- gare un’analisi critica dell’esperienza fatta valutandone i limiti, oltre ad approfondi- re l’analisi di contesto su cui la contratta- zione si sviluppa, per provare a costruire risposte adeguate.
Isee: omai assodato quale strumento per regolare la compartecipazione al costo dei servizi, a fronte della crisi, siamo riusciti ad acquisire nella maggioranza degli accordi l’applicazione dell’Isee istantanea (o Isee Corrente). Altrettanto, sia per le esenzio- ni che per le agevolazioni, si è diversifica- to tra redditi da lavoro dipendente/assi- milati e da pensione dal lavoro autonomo.
Sull’ipotesi di nuova Isee dobbiamo effet- tuare attente valutazioni. Intanto bisogna impedire che prenda corpo l’ipotesi, in re- lazione agli interventi sul socio-sanitario e assistenziale, di poterne cambiare gli equi- libri a livello regionale. Questo rompereb- be l’unicità dello strumento, cosa per cui ci siamo battuti, e, a partire dal Fattore Fa- miglia, produrrebbe 19 modelli diversi in competizione tra loro. Quanto alla con- trattazione con i comuni, relativa agli altri servizi, dai confronti fatti appare chiaro che a parità di condizioni, per avere lo stes- so livello di agevolazioni, è necessario, nel contrattare le fasce, elevare il livello dell’I- see. La nuova Isee ha corretto molte stor- ture, ma se non la si gestisce bene si corre il rischio di abbassare il livello di tutela sin qui garantito dagli accordi.
Contrasto alla crisi: registriamo un’esten- sione dell’esperienza di fondi (1€per abi- tante) per finanziare iniziative di contrasto alla crisi ( sostegno al reddito per lav. in Cig o in mobilità; finanziamento cantieri la- voro, etc.). Sono stati realizzati una decina di accordi che, fuoriuscendo dalla logica del xxxxxxx xxxxxxx, salvaguardano l’ap- plicazione dei Ccnl e degli accordi di 2° li- vello, nell’assegnazione degli appalti. Niente di stravolgente. Cose dignitose. Bi- sogna essere coscienti che non siamo alla fine della crisi, anzi. Le emergenze sociali aumenteranno e, ad oggi, non si intravve-
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Parte III. Contributi dai territori
dono politiche in grado di rilanciare la struttura industriale e dei servizi nel paese. La politica del “rigore ”, oltre a provocare la perdita di posti di lavoro e ad accelerare la crisi dei consumi, costringerà gli enti lo- cali, per far fronte alla mancanza di risorse, a ridurre, se non azzerare, gli investimenti, a esternalizzare i servizi e a privatizzare.
Immaginiamo cosa potrà capitare con l’en- trata in vigore del Fiscal-Compact. Senza un inversione di tendenza sul piano gene- rale, anche la contrattazione sociale vedrà erodere i già esigui spazi di intervento.
In questo quadro è ancor più necessario superare le separatezze presenti nella nostra iniziativa. Ci siamo concentrati, e abbia- mo acquisito importanti risultati, sul co- sto dei servizi e sui livelli di compartecipa- zione, tralasciando, o mettendo in secon- do piano il problema della qualità dei ser- vizi. Non siamo riusciti a connettere le esi- genze dei fruitori dei servizi con quelle de- gli operatori, consentendo ai nostri inter- locutori istituzionali di bypassare il con- fronto sugli organici, sull’organizzazione del lavoro quali elementi importanti di ga- ranzia della qualità dei servizi. Così ri- schiamo, involontariamente, di favorire u- na contrapposizione tra gli interessi di chi usufruisce e chi opera nel servizio. La con- federalità della nostra iniziativa si misura nella capacità di ricomporre il fronte.
Imu: siamo riusciti a determinare forme di progressività dell’imposta, attraverso il legame con la classificazione degli immo- bili e soprattutto, sulle seconde case, a di- versificare gli alloggi sfitti da quelli affitta- ti, favorendo quelli con canoni concorda- ti rispetto a quelli a libero mercato. In 13 realtà, e tra queste Torino e Asti, sono sta- ti costituiti fondi di restituzione dell’Imu sulla prima casa su base Xxxx, per i soli red- diti da lavoro dipendente ed assimilati e
da pensione. In questo modo si è fatto rientrare il criterio del reddito, che la leg- ge non contempla. Ma il problema della casa non è solo l’Imu. Quando in una città come Torino si hanno 250 sfratti al mese per morosità incolpevole, si può an- che puntare a rispondere con i fondi a so- stegno degli affitti, ma, se non si aggredi- sce che regionale il tema del rilancio degli investimenti per l’edilizia popolare, sia a livello nazionale, la situazione non potrà che subire un costante peggioramento e un innalzamento della tensione sociale. Irpef: anche qui si può dire che abbiamo fatto opera di contenimento. Nella gran parte dei casi si è convenuto di non au- mentare l’Irpef comunale, in altri a fronte di aumenti si è agito sulla progressività, per non intaccare i redditi medio bassi. In Pie- monte, nonostante gli sforzi, solo nel 10% dei comuni si applica l’Irpef in mo- do progressivo. La stragrande maggioran- za dei 1.200 comuni applica l’aliquota u- nica. La quasi totalità dei comuni applica una soglia di esenzione (una quota consi- stente tra i 10 e i 15 mila euro). Ci siamo interrogati se continuare ad agire sull’e- senzione sia un terreno a noi utile: una gran parte del nostro insediamento non ne usufruisce, mentre ci stanno dentro tutti gli evasori. Stiamo provando a forza- re su due versanti: 1) diversificando l’esen- zione tra i redditi. In due casi si è convenu- to su una soluzione selettiva, destinando l’esenzione a lavoratori in Cigs, mobilità e disoccupati (Locana, Busano). A tal pro- posito, il Ministero non ha fatto obiezio- ni; 2) istituendo, identificati con nomi di- versi, Fondi di restituzione dell’Irpef in ba- se al reddito Isee. Sono già sei i casi nella nostra xxxxxxx (Xxxxx, Xxxxxxxx, Xxx, Xxxxx Xxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx). Quella dei fondi di restituzione, è un’esperienza
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
che puntiamo a estendere, in quanto of- fre una risposta più adeguata a lavoro di- pendente e pensionati, ossia quelli che pa- gano alla fonte le tasse; ci permette di re- cuperare la progressività anche a fronte di aliquota unica spinta al massimo; doven- do fare domanda e dare disponibilità agli accertamenti, funziona da deterrente per gli evasori. Non si rischia per il rimborso di pochi euro l’accertamento sullo stato reale del reddito e del patrimonio.
Tares: i Comuni non sanno che fare. Sono pochi quelli che hanno definito il regola- mentoTares e a mia conoscenza, in un so- lo caso (Bra), ad oggi, sono stati trasferiti i benefici contrattati nel precedente regime nel nuovo regolamento. Bisogna fare mol- ta attenzione e non sottovalutare quel che può accadere. Perchè se è vero che, nel- l’immediato, i comuni possono ricorrere ad anticipi, secondo quanto definito nel- l’anno precedente in base a Tarsu o Tia, è altrettanto vero che, essendo la Tares en- trata in vigore dal 1° gennaio di quest’an- no, in assenza di modifiche sostanziali, a dicembre si incappa nel conguaglio. Un conguaglio che sarà fatto nel rispetto della normativaTares, così com’è. Questa som- mata ad altre incombenze (Imu? Iva? etc.) comporterà, per chi rappresentiamo, un vero e proprio salasso. Infine, non è dato sapere che sembianze avrà e che costi com- porterà la nuova tassa di cui parla il Gover- no. L’incertezza regna sovrana.
Xxxxx xxxxxxxxxxxx: abbiamo sottoscritto accordi con 92 Comuni. Ad oggi, 62 Co- muni hanno completato l’iter deliberando e sottoscrivendo la convenzione con l’A- genziadelle entrate.Questo strumento ri- schia, se non si interviene, di essere sem- pre meno appetibile per le amministra- zioni. L’Anci Piemonte, nonostante lo ab- bia sottoscritto, non garantisce il coordina-
mento dei comuni nel sostenerele forme as- sociate (fondamentale soprattutto per ipic- coli comuni), la formazione, la definizione di priorità da concertare con l’Agenzia del- le Entrate.L’Agenzia delle Entrate si muo- ve su priorità definite nazionalmente e tie- ne in scarsa considerazione quelle indica- te dai Comuni. I tempi di recupero sono lunghissimi. Se non si trovano soluzioni che facciano pervenire in tempi brevi, al- meno una parte dell’evasione accertata, il rischio di disincentivare i comuni che più ci hanno creduto c’è tutto. È necessario l’intervento del ministero che potrebbe, attraverso l’intervento della Xxxxx Xxxx- siti e Prestiti, anticipare ai Comuni alme- no la quota statisticamente certa di recu- pero dell’evasione. Dal 2015 la parte del recupero a disposizione dei comuni tor- na a essere il 50 per cento. La somma di questi fattori rischia non solo di frenare l’e- spansione dei Patti Antievasione, ma di produrre un regresso delle esperienze in corso. Da qualsiasi parte la leggiamo, sen- za invertire la tendenza sui temi generali, dal lavoro al Welfare al fisco, nonostante le esperienze positive che costruiamo, la contrattazione sociale territoriale rischia di non avere sufficiente ossigeno per di- spiegare tutte le sue potenzialità.
XXXXXXXX XXXXXXXXXX
Spi Cgil Biella
I
n Piemonte lo Spi ha svolto un ruolo essenziale nella contrattazione sociale, senza lo Spi probabilmente non si sareb- be conseguito questo risultato, in termini di accordi. Svariate sono le cause, a parti- re dai problemi di instabilità e precarietà nei rapporti di lavoro, mancata disponi- bilità delle categorie in termini di tempo,
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Parte III. Contributi dai territori
restringimento dei permessi sindacali. Il ruolo assunto dallo Spiè stato quello confe- derale perché loSpi rimane un’esperienza u- nica nel panorama europeoe“assume”(ver- bo usato nello statuto) le politiche sociali su temi che travalicavano il contratto di lavoro e rappresentano politiche pubbliche a inte- resse collettivo. Alle delegazioni trattanti hanno sempre partecipato, insieme ai confederali, unitariamente, i sindacati dei pensionati; molto importante, per non dire essenziale è risultata la presenza alle trattative dei referenti ”zonali” delle leghe in quanto conoscitori della realtà locale. Va premesso che le politiche delle ammi- nistrazioni, in particolare le politiche di bi- lancio, incidono in modo determinante sulle condizioni di vita per l’attivazione dei diritti di cittadinanza. I diritti sociali im- plicano però un dovere positivo, vale a di- re il dovere di dar vita a tutte quelle istitu- zioni che consentono la pratica esplica- zione dei diritti riconosciuti; ad es. co- struire e ristrutturare le scuole per rende- re esigibile il diritto all’istruzione. Solo e- sigendo investimenti di qualità sui servizi si possono rimuovere le cause che provo- xxxx l’esclusione sociale.
Si sta attraversando un momento di massi- ma confusione per la finanza locale: sono cambiati i tempi classici rispetto alla logica delle date su preventivo, consuntivo, asse- stamento; risorse/trasferimenti incerti ecc. ma lo stesso si è cercato di puntare a riven- dicare il territorio quale “bene comune”. I cittadini hanno il dovere di pagare le tasse, ma hanno anche il diritto di capire, con la massima trasparenza all’accesso, come i lo- ro soldi vengono investiti a favore della co- munità, nel territorio dove vivono. I servi- zi alla persona quali asili nido, scuole, resi- denze per anziani, trasporti locali, bibliote- che ecc. sono servizi/beni che si devono tu-
telare e conservare nell’interesse di tutti per- ché hanno un ruolo fondamentale per tut- ta la comunità. Le politiche di stampo li- berista di questi anni li stanno trasforman- do in merce per pochi. Abbiamo cercato, nei comuni che hanno firmato gli accordi, di conservare l’istanza di “bene/servizio co- mune” con libero accesso per tutti senza di- scriminazioni, come vogliono anche le di- rettive europee sulle pari opportunità.
Le leghe dei pensionati hanno assunto nei territori un ruolo insostituibile che se si fa venir meno, vuol dire sottrarre forza, pre- senza sul territorio non solo allo Spi ma anche alla Cgil. Non sono solo dei presidi attivi. Le leghe sono luoghi di incontro, di dibattito, se si chiudessero significhereb- be togliere spazi di partecipazione e di op- portunità di aiuto a persone che, con la crisi, non sanno più dove sbattere la testa. A volte si dimentica che ogni persona co- stituisce il fine e non il mezzo delle nostre trattative; la finalità è quella di affrancare le persone dai bisogni aumentando il loro livello di autodeterminazione e migliora- re le situazioni di dipendenza per condi- zioni sociali quali povertà, mancanza di relazioni familiari, di servizi ecc.
La classificazione dei bisogni sociali è mol- to più complessa oggi di qualche decennio fa. I bisogni sono di natura multi-proble- matica, in continua crescita e subiscono continui cambiamenti sia qualitativi che quantitativi. Sono definiti da contesti ter- ritoriali che dipendono da condizioni le- gate alle trasformazioni demografiche, dai diversi modi di produrre e consumare.
La contrattazione sociale se non parte dal- la conoscenza approfondita del territorio e dei suoi bisogni rischia di diventare un rituale che assorbe energie ma porta a scar- si risultati. Contrattare nella crisi dovrà si- gnificare soprattutto attivare i soggetti da
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
rappresentare per promuovere iniziative condivise e arrivare a piattaforme parteci- pate. Le leghe, coordinando le azioni sia in modo orizzontale che verticale (nazio- nale, regionale, provinciale, comunale) possono svolgere un ruolo strategico per integrare e promuovere attività vertenzia- li, dalla base al vertice e viceversa.
Il mancato federalismo ha messo in di- scussione il modello “classico” di contrat- tazione stile anni 90; ogni regione è diver- sa dall’altra e risulta difficile il confronto dei risultati in quanto mancano i parame- tri per confrontarsi sulle buone prassi. A tutt’oggi non esiste un sistema di riparti- zione delle risorse, nei confronti degli en- ti territoriali basato sull’individuazione dei fabbisogni standard, necessari a garantire, sull’intero territorio nazionale, il finanzia- mento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e so- ciali e delle funzioni fondamentali degli enti locali. Conseguentemente si sono co- struiti diversi modelli regionali e territo- riali con investimenti estremamente di- versificati in ambito sociale dando vita ad un autentico puzzle dei diritti.
Il nuovo sistema costituzionale, relativo all’autonomia di entrata degli enti territo- riali resta al momento inattuato. Il Pie- monte, a differenza delle regioni con cui ci confrontiamo oggi, non si è dotato né di un Piano Sociale né di uno sui traspor- ti, per cui è quasi impossibile il confronto tra sistemi regionali, e addirittura tra le provincie stesse. Nella nostra regione la ri- presa è più lenta rispetto alle regioni cen- tro-settentrionali. Il 2012 è stato conside- rato, rispetto al Pil, un anno di recessione confermando un andamento meno favo- revole rispetto all’area settentrionale. La popolazione è scesa per la prima volta sot- to i 4 milioni ed è diminuita pure la quo-
ta di popolazione di origine straniera, tra le più basse del centro-nord, dove è prima l’Xxxxxx Xxxxxxx. L’aumento della di- soccupazione è in linea con quello nazio- nale ma il crollo occupazionale non trova analoghi riscontri sul territorio nazionale. Piemonte e Lombardia rappresentano le regioni con la maggiore frammentazione amministrativa territoriale. Ne consegue che l’estensione territoriale media dei lo- ro comuni risulta essere piuttosto bassa 15,5 kmq per la Lombardia e 21,1 kmq per il Piemonte (la media nazionale è pa- ri a 37,3); va però ricordato che il Pie- monte ha un numero di comuni pari a 1206 mentre la Lombardia, che ha circa il doppio della popolazione, ne ha 1544. Si tratta quindi di una realtà composta per una grossa fetta da piccoli comuni e i Co- muni con popolazione inferiore ai 5000 ab. sono classificati dalla legislazione re- gionale come “marginali”. Hanno spese maggiori dei comuni di pianura per la manutenzione delle strade, gestione del territorio, viabilità ecc. e un loro sistema di indicatori per stabilire il livello di mar- ginalità in base a cui vengono distribuite le risorse regionali o concesse agevolazio- ni (es. attribuzione delle aliquote agevola- te sulle attività economiche ). Nel decreto di luglio noto come “spending review” ci sono anche importanti innovazioni per la gestione associata dei piccoli comuni in- fatti le funzioni fondamentali dei comu- ni e le loro modalità di esercizio dovranno essere esercitate in forma associata. Il Pie- monte con propria legge regionale abbas- sa la soglia demografica prevista a livello nazionale (10.000 ab.) e la fissa a 3000 per la montagna e la collina e a 5000 per la pianura; per la funzione sociale il limite minimo è stato fissato a 40.000 ab. nella consapevolezza che per garantire l’effi-
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Parte III. Contributi dai territori
cienza e l’erogazione occorrano ambiti più ampi. La legge regionale pone sullo stesso piano i due strumenti di gestione associa- ta, unione e convenzione; chiarisce anche che non sono alternativi, ma possono es- sere usati insieme per diversi ambiti terri- toriali. La funzione socio-assistenziale può essere anche gestita attraverso lo strumen- to dei consorzi, come prevede la spending review nazionale. Si sono sciolte le comu- nità montane e sono state sostituite da for- me aggregative (unioni montane o con- venzioni) su volontà dei Comuni aderen- ti, riconoscendone la peculiarità monta- na. Risulterà molto difficile ai comuni, per le motivazioni esposte, riordinare le funzioni con forme obbligatorie di ge- stione senza riferimenti certi di trasferi- menti di risorse, indipendentemente dal- le forme o aggregazioni che sceglieranno. Per forza un ambito di gestione è definito da costi standard, economie di scala, indi- catori di analisi, processo e risultato.
Analisi diversa meriterebbe l’area Metro- politana diTorino, che rappresenta, in ter- mini di popolazione circa la metà della re- gione; si potrebbero prevedere confronti, in tema di contrattazione, con altre aree metropolitane del nord come Milano, Genova, Bologna etc.; per omogeneità di problematiche e possibili soluzioni che ovviamente non sono le stesse dei comu- ni di media o piccola dimensione.
Forti preoccupazioni si evidenziano, in tutti gli accordi, rispetto ai vincoli del Pat- to di stabilità, come già evidenziato dal rapporto dell’Ires, ma principalmente per- ché le regole sono così restrittive che im- pediscono, nei fatti ai comuni, la realizza- zione della programmata attività a favore della cittadinanza. Questo sistema restrin- ge l’autonomia del Comune impedendo- gli sia di realizzare nuove opere pubbliche,
sia di effettuare interventi di manutenzio- ne straordinaria che le infrastrutture ri- chiedono in maniera sempre più urgente. Il problema delle risorse economiche ri- mane una questione centrale. Non si può prescindere dal rapporto che si crea tra li- velli essenziali di assistenza e loro modalità di erogazione, né dal volume complessivo dell’impegno, tenuto conto che le auto- nomie locali non saranno in grado di fi- nanziare i servizi. In un assetto istituziona- le tendenzialmente federale vi sono xxxxx- sogni su cui occorrerebbe prevedere una “tutela unificata”, di esse le sole Regioni non possono farsi carico. Se la contratta- zione è un processo dinamico dal basso al- l’alto non si possono non risolvere que- stioni aperte nazionali che meritano una soluzione strutturale. Quindi, in coerenza con il principio solidaristico sancito dal- l’art. 2 della Costituzione e alle esigenze di uguaglianza tra i cittadini, occorrerebbe trovare all’interno delle molte differenzia- zioni regionali uno standard ragionevole. Esso dovrebbe, in tema di diritti di cittadi- nanza nazionale, essere il frutto di un pat- to costituzionale che stabilisca un tasso di disuguaglianza accettabile al di sotto del quale non si può scendere per la definizio- ne ed erogazione dei servizi.
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Segreteria Spi Cgil Genova
È
necessario, nel proseguire il confron- to con i livelli istituzionali locali, met-
tere al centro le analisi e le proposte con- tenute nel Piano per il Lavoro valorizzan- dolo il più possibile, e cercando di porta- re avanti con coerenza quanto è lì conte- nuto in materia di welfare nella consape- volezza della necessità di essere anche noi
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
protagonisti di una riforma del sistema so- ciale che, così come è, non riesce più a da- re risposte adeguate sia ai vecchi che ai nuovi bisogni della nostra società. Non è dunque più rinviabile una discussione che oltre a sanità, previdenza, scuola, non af- fronti il tema di come intervenire nel mer- cato del lavoro ormai completamente tra- sformato, di come dare risposte alle fami- glie, anch’esse profondamente cambiate e al tema della non autosufficienza. Ciò si- gnifica affrontare il tema delle risorse in ter- mini di quantità e di appropriatezza, ma anche ripensare l’organizzazione istituzio- nale, soprattutto per quanto riguarda il rap- porto tra Regioni e Comuni e, di conse- guenza, ridare ai Comuni la possibilità di essere soggetto che si riappropria dell’orga- nizzazione territoriale del welfare potendo sviluppare politiche locali strettamente le- gate ai bisogni dei loro territori.
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Segreteria Cgil Lombardia
I
n Lombardia il 2012 è stato un anno difficile sia per la crisi economica sia per
gli effetti dei tagli che hanno colpito il wel- fare. Sono stati persi 62.000 posti di lavo- ro e il tasso di disoccupazione femminile e giovanile è in aumento, così come sono in salita i tassi che misurano le disugua- glianze perché questa crisi ha accresciuto l’area di povertà. Sono vere e proprie e- mergenze sociali che i Comuni devono affrontare in un quadro critico in tema di risorse, che sono state tagliate in nome della politica del rigore.
Similmente anche in Lombardia registria- mo un marcato calo: il fondo sociale regio- nale che nel 2010 era di 84 milioni, nel 2012 è stato ridotto a 70 milioni di euro.
Sea questo aggiungiamo l’architettura del sistema voluto da Xxxxxxxxx, caratterizza- ta dall’arretramento del pubblico, non si fatica a capire come ciò si sia tradotto in un aumento del disorientamento dei cittadi- ni nella gestione di situazioni di fragilità e difficoltà; in particolare in un sistema sa- nitario fortemente ospedalocentrico, con una gestione delle risorse economiche for- temente centralizzata che non ha mai na- scosto la preferenza per i trasferimenti mo- netari direttamente alle persone anziché il sostegno alla rete dei servizi resi ai cittadini e alla programmazione locale.
Questo è il quadro entro cui si è svolta la contrattazione sociale territoriale e infatti non è un caso che la gran parte degli ac- cordi di contrattazione sociale abbiano a- vuto al centro i temi legati ai contributi e agevolazioni di tariffe, alla compartecipa- zione alla spesa e all’Isee, ai servizi domici- liari, ai servizi assistenziali territoriali e so- ciosanitari residenziali, alla programma- zione dei servizi, alla fiscalità locale ecc.
Sono dunque temi che rimandano alla ne- cessità di continuare a garantire i servizi sul territorio ai cittadini, soprattutto in un mo- mento di stretta delle risorse disponibili con un aumento delle fragilità sociali, mante- nendo icaratteri di equità, di universalismo e quindi di inclusione sociale e una neces- sità di maggiore equità nella comparteci- pazione alla spesa sempre più pesante per gli utenti e le famiglie.
La negoziazione sociale territoriale ha do- vuto fare i conti con le difficoltà dei co- muni a far quadrare i bilanci a causa del ri- dimensionamento dei trasferimenti agli enti locali. Per queste ragioni abbiamo po- sto con forza il tema della rete dei servizi di welfare, rifiutando la logica del suo ri- dimensionamento figlio di una visione dello stato sociale come mero costo.
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Parte III. Contributi dai territori
La contrattazione sociale ha messo al cen- tro dell’azione sindacale il tema del territo- rio; la contrattazione territoriale diventa l’occasione per parlare della diffusione o- mogenea dei livelli e della qualità del welfa- re universale e del governo pubblico della rete dei servizi, ma anche di come si artico- la lo sviluppo e la crescita nel territorio at- traverso – solo per fare qualche esempio – le politiche di sviluppo e del lavoro, i patti territoriali per il lavoro, le politiche per l’oc- cupazione femminile, le politiche per i gio- vani e per i minori quale investimento sul nostro futuro.
Sul versante delle risorse la contrattazione territoriale può contribuire a un più cor- retto impiego e a un utilizzo più equo del- le leve fiscali. Il nodo delle risorse è inelu- dibile e, per questa ragione, il tema della lotta all’evasione fiscale diventa centrale: il dato apparso qualche giorno fa sulla stam- pa fa riflettere quando parla di neanche il 10% delle risorse recuperate, il 10% di u- na montagna di soldi evasi e, per questo, sottratti alla collettività e ai servizi del terri- torio; ecco perché la battaglia all’evasione fiscale è non solo battaglia di principio in nome di una più che giusta redistribuzio- ne della ricchezza, ma anche battaglia “di sostanza” perché restituisce i soldi recupe- rate agli enti locali che si attivano in questo senso permettendo loro di investirli tra- sformandoli in servizi per i loro cittadini. In ogni comune si deve riscontrare la con- sapevolezza di poter fare in prima persona la lotta all’evasione, costruendo accordi e/o patti antievasione tra enti locali, agen- zia delle entrate, inps ecc in modo da tra- durre le affermazioni di principio contro l’evasione in azione concreta quotidiana; soprattutto in considerazione del fatto che oggi la normativa prevede che il recupero economico ottenuto con la partecipazio-
ne attiva dei comuni rimane a disposizio- ne degli stessi diventando, di fatto, un’en- trata nuova per le casse degli enti locali. Per queste ragioni sul territorio è necessa- rio proseguire con la promozione e diffu- sione di politiche di contrasto all’evasione fiscale perché per la Cgil la lotta all’xxxxxx- ne fiscale ha un grande valore politico e strategico poiché rappresenta il presup- posto per rafforzare il pilastro della lega- lità, della giustizia e dell’equità sociale in grado di valorizzare i diritti di cittadinan- za e del lavoro. È lo strumento efficace per sostenere le politiche di bilancio degli en- ti locali in questo contesto di pesante cri- si economico-finanziaria, rappresentan- do una concreta alternativa al taglio dei servizi e all’aumento delle tariffe.
Politiche di contrasto all’evasione fiscale, patti antievasione, quali strumenti in gra- do di individuare quelle risorse sottratte alla collettività e da destinare allo stato so- ciale e allo sviluppo dei servizi dedicati al- la crescita e allo sviluppo del territorio per- ché il tema centrale é di continuare a ga- rantire i servizi ai cittadini, a maggior ra- gione in un momento di taglio delle ri- sorse e di profonda crisi economica.
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Segreteria Spi Cgil Lombardia
I
n Lombardia, nel 2012, abbiamo realiz- zato 435 intese e protocolli, quasi sem- pre unitari, incrementando il lavoro del- l’anno precedente di una cinquantina di accordi. Si tratta di un risultato impor- tante, che evidenzia il progressivo attec- chimento della prassi di contrattazione so- ciale: si è passati dai 135 accordi del 2005 ai 435 attuali del 2012, con un ricambio di comuni di circa il 16% ogni anno. Con
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4° rapporto sulla contrattazione sociale territoriale
la nostra negoziazione abbiamo toccato quasi 5 milioni di lombardi. Sul piano quantitativo il tasso di copertura dei co- muni raggiunto può essere ancora miglio- rato, specie se sapremo concentrarci con maggiore convinzione sulla scala sovra co- munale (Unione dei comuni, comunità montane, piani di zona) piuttosto che sui singoli comuni considerato che dal 2012 le funzioni fondamentali che riguardano i servizi sociali devono essere esercitate dai comuni in forma associata.
Abbiamo esteso la nostra capacità nego- ziale rafforzando la formazione dei nostri quadri con l’utilizzo di banche dati, ag- giornamenti continui, raccogliendo infor- mazioni e statistiche attraverso i 49 spor- telli sociali nati da due anni. Lo sportello sociale è una esperienza giovane, che va svi- luppata e perfezionata, ma che ha in sé un grande potenziale: essendo l’interfaccia con la domanda dei bisogni, è il luogo rea- le, concreto dove si materializza la doman- da, dove ogni nostro volontario raccoglie i bisogni delle persone e le indirizza verso la possibile soluzione dei problemi. Questo ci permette, inoltre, di costruire piattafor- me che rispondono alle effettive esigenze e maggiormente condivise dagli iscritti.
Abbiamo cosi chiesto alle nostre leghe di misurarsi con la negoziazione sociale, fa- cendo in modo che ci sia complementa- rietà tra servizi e negoziazione sociale e tentando così di uscire dallo schema rigi- do che relega la negoziazione solo alle se- greterie provinciali. Negli ultimi tre anni ci siamo concentrati su azioni di contrasto alla povertà con interventi di sostegno al reddito e contro la povertà estrema, pro- muovendo contributi sull’affitto e servizi di assistenza domiciliare, contenimento delle rette e nuovi modelli sociali sovra co- munali. Tutto questo rafforzando l’appli-
cazione della progressività fiscale nell’am- bito delle politiche comunali per le entra- te. Leva fiscale e sostegno alla legalità sono alcuni dei punti importanti di questa azio- ne per trovare le risorse, occorre insistere nell’azione nei confronti dei comuni, per- ché si moltiplichino i patti antievasione con l’Agenzia delle entrate, recuperando risorse necessarie ad abbattere il disagio so- ciale. Abbiamo messo in campo 9 iniziati- ve provinciali con al centro il tema del ri- schio evasione fiscale.
Dai risultati di ricerche sul rischio xxxxxx- ne nei comuni lombardi, commissionate all’Ires Xxxxx Xxxxxxxx, è emerso che, nel 2012, vi è stata una evasione fiscale in cre- scita del 16% e che l’evasione complessi- va è stata pari a 46,5 miliardi di imponi- bile, ciò ha prodotto mancate entrate per circa 10 miliardi, stime confermate dalla stessa Agenzia delle entrate presente alle nostre iniziative. Pensate quanto sociale potremmo garantire anche con solo il 50% di questa evasione recuperata e quante risorse sono state sottratte allo svi- luppo economico. Serve garantire il so- ciale senza aumentare né tributi né tariffe, servono risorse per tutelare il sociale, per questo la lotta all’evasione fiscale è neces- saria e la nostra azione di contrasto deve essere incessante e tenace. Dunque, per- ché non pensare di costruire, a livello lo- cale, tavoli sperimentali composti da a- genzia delle entrate, Anci e parti sociali al- largate che avviino un innovativo percor- so collaborativo sul contrasto all’evasione fiscale, aprendo in questo modo la strada a una programmazione partecipata?
Dobbiamo rafforzare la negoziazione so- ciale perché paga: da un’indagine fatta e- merge, ad esempio, che l’applicazione del- la multi-aliquota Irpef viene applicata nel 42% dei comuni lombardi soprattutto
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laddove negoziamo e questo vale per tut- to il tema della progressività fiscale. Come Spi, Fnp e Uilp abbiamo steso il docu- mento unitario di orientamenti alla ne- goziazione territoriale sociale 2013 e, a og- gi, abbiamo già sottoscritto unitariamen- te più di 145 intese. La gestione associata sia dei servizi che del recupero dell’xxxxxx- ne fiscale, come della partecipazione ai bandi europei e delle fondazioni bancarie, sono alcune delle azioni che dobbiamo mettere in campo e proporre agli enti lo- cali. Unruolo fondamentale devono eser- citarlo i comuni, che richiamiamo ogni giorno a realizzare politiche di livello sem- pre più distrettuale, coordinate attraverso i piani di zona e ai quali vanno riservate maggiori risorse. Occorre poi negoziare il controllo degli sprechi, fare in modo che le istituzioni pubbliche coordino tutte le attività del terzo settore e dell’associazio- nismo in modo da rendere coordinati e organici gli interventi, soprattutto per un migliore utilizzo delle risorse, evitando i- nutili doppioni di intervento.
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Segretario generale Spi Cgil Milano
N
el comprensorio di Milano la con- trattazione sociale dello Spi, da soli,
con la confederazione e/o le altre catego- rie viene esercitata in 60 degli 82 comuni del comprensorio, 3 Asl e 14 distretti so- cio-sanitari di riferimento ai piani di zona in 41 leghe (14 in città, 27 in provincia). Le condizioni di confronto e di rapporti sia comunale che distrettuale si presenta- no comunque disomogenee sul territorio, soprattutto sul piano distrettuale dei pia- ni di zona dove sono subordinate al livel- lo di integrazione politica tra i singoli co-
muni e quindi al grado di integrazione dei servizi neldistretto. Comunque il livello di coinvolgimento in fase di preparazione dei PdZ rimane complessivamente buono mentre più difficile è l’interlocuzione con gli uffici di piano per quanto riguarda la ve- rifica delle fasi di attuazione del piano stes- so. Anche sul nostro territorio tiene nel complesso la contrattazione comunale che avviene per consuetudine, per relazioni che si sono costruite nel tempo ma che, va det- to, incide sempre meno nel merito dei pro- blemi, per le ovvie difficoltà di bilancio de- gli enti locali. La contrattazione nelle Asl ri- sente delle scelte politiche fatte da Regione Lombardia che nel corso degli anni ne ha svuotato le funzioni, facendole diventare un mero strumento di controllo ammini- strativo delle attività, centralizzando le de- cisioni al solo livello regionale. Abbiamo vissuto comunque, negli anni passati, una importante fase che ci ha visto, insieme al- la Cdlm, siglare importanti accordi, proto- colli di intesa che ci hanno consentito di e- stendere la nostra azione rivendicativa in tante realtà. Nel momento di massimo sforzo, quando faticosamente con la Cdlm cercavamo di estendere la con- trattazione sociale a tutti i temi propri dei diritti di cittadinanza, la crisi econo- mica, il taglio delle risorse al welfare ha praticamente interrotto questo percor- so. Oggi, i dati dell’osservatorio fotogra- fano bene l’attuale fase.
Quali azioni mettere in campo per rilan- ciare la contrattazione sociale, ben sapendo che non possiamo aspettare una nuova fa- se espansiva dell’economia per rilanciare la contrattazione sociale? È proprio nei mo- menti di difficoltà che il welfare territoria- le assume una particolare importanza; mai come adesso emerge con chiarezza un collegamento e un intreccio sempre più
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