CONCERNENTI IL RAPPORTO DI LAVORO DEL PERSONALE DEL COMPARTO REGIONI E AUTONOMIE LOCALI
agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
RACCOLTA SISTEMATICA CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI DI LAVORO DEL COMPARTO REGIONI E AUTONOMIE LOCALI
SOTTOSCRITTI DAL 6/7/1995 AL 22/1/2004
Annotata con gli orientamenti applicativi dell’ARAN
Aprile 2004
RACCOLTA SISTEMATICA DELLE DISPOSIZIONI CONTRATTUALI
CONCERNENTI IL RAPPORTO DI LAVORO DEL PERSONALE DEL COMPARTO REGIONI E AUTONOMIE LOCALI
AGGIORNATA AL CCNL DEL 22.1.2004
Annotata con:
✓ gli orientamenti applicativi elaborati dall’ARAN aggiornati al mese di aprile 2004;
✓ l’ultima versione delle schede riepilogative della disciplina dei permessi e dei congedi per la tutela dei disabili e della maternità e paternità;
✓ la Tabella A allegata al CCNL del 13.5.1996, contenente esempi per la corretta applicazione della disciplina delle assenze per malattia dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato o determinato;
✓ alcune significative decisioni giurisprudenziali.
INDICE
TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 12
Campo di applicazione (Artt. 1 e 3, comma 2 CCNL del 22/1/2004) 12
Durata, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto (Art. 2 CCNL del 22/1/2004) .......................................................................................................................................
TITOLO II IL SISTEMA DELLE RELAZIONI SINDACALI 16
CAPO I OBIETTIVI E MODELLI RELAZIONALI 16
Conferma sistema relazioni sindacali 15
Obiettivi e strumenti (Art. 3 CCNL del 1/4/1999) 16
Contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente (Art. 4 CCNL del
1/4/1999) ..................................................................................................................................... 18
Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo (Art. 5 CCNL del 1/4/1999) 20
Contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale (Art. 6 CCNL del 1/4/1999) 21
Informazione (Art. 7 CCNL del 1/4/1999) 40
Concertazione (Art. 8 CCNL del 1/4/1999) 40
Relazioni sindacali (Art. 16 CCNL del 31/3/1999) 44
Relazioni Sindacali nelle Unioni di Comuni 43
Monitoraggio e verifiche (Art. 25 CCNL del 1/4/1999). 45
Pari opportunità (Art. 19 CCNL del 14/9/2000). 46
Soggetti sindacali nei luoghi di lavoro (Art. 9 CCNL del 1/4/1999) 48
Composizione delle delegazioni (Art.10 CCNL del 1/4/1999) 48
CAPO III DIRITTI E PREROGATIVE SINDACALI. 50
Diritto di assemblea (Art. 56 CCNL del 14/9/2000) 50
Contributi sindacali (Art. 12 bis CCNL del 6/7/1995 (aggiunto dall’art. 2 CCNL del
13/5/1996) ................................................................................................................................... 50
Disciplina a livello territoriale dei permessi sindacali (Art. 23 CCNL del 5/10/2001) 50
Interpretazione autentica (Art.9 CCNL 22.1.2004) 56
CAPO IV PREVENZIONE DELLA CONFLITTUALITA’ 56
Clausole di raffreddamento (Art. 11 CCNL del 1/4/1999) 56
Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing (art.8 CCNL 22.1.2004) 55
TITOLO III SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE PROFESSIONALE 59
CAPO I OBIETTIVI E CLASSIFICAZIONE 59
Obiettivi (Art. 2 CCNL del 31/3/1999). 59
Il sistema di classificazione del personale (Art. 3 CCNL del 31/3/1999) 59
Norma di inquadramento del personale il servizio nel nuovo sistema di classificazione
(Art. 7 CCNL del 31/3/1999). 77
Norme finali e transitorie del Capo I (Art. 12 CCNL del 31/3/1999) 80
Norme finali e transitorie di inquadramento economico (Art. 15 CCNL 31/3/99). 80
Finanziamento del sistema di classificazione (Art. 14 CCNL del 31/3/99) 80
Finanziamento degli oneri di prima attuazione (Art. 19 CCNL del 1/4/1999) 82
Progressione verticale nel sistema di classificazione (Art. 4 CCNL del 31/3/1999) 82
Disposizioni in materia di progressione verticale nel sistema di classificazione (Art. 9
Progressione economica all’interno della categoria (Art. 5 CCNL del 31/3/1999) 102
Sistema di valutazione (Art. 6 CCNL del 31/3/1999) 102
Finanziamento delle progressioni orizzontali (art.34 CCNL 22.1.2004) 102
Integrazione delle posizioni economiche (art.35 CCNL 22.1.2004) 102
Partecipazione del personale comandato o distaccato alle progressioni orizzontali e
verticali (art.19 CCNL 22.1.2004) 103
Area delle posizioni organizzative (Art. 8 CCNL del 31/3/1999) 120
Valorizzazione delle alte professionalità (art.10 CCNL 22.1.2004) 119
Conferimento e revoca degli incarichi per le posizioni organizzative (Art. 9 CCNL del 31/3/1999) 122
Retribuzione di posizione e retribuzione di risultato (Art. 10 CCNL del 31/3/1999) 123
Disposizioni a favore dei Comuni di minori dimensioni demografiche (Art. 11 CCNL del 31/3/1999) 124
Posizioni organizzative apicali (art.15 CCNL 22.1.2004) 123
Posizioni organizzative a tempo parziale (art.11 CCNL 22.1.2004) 123
Mansioni superiori (Art. 8 CCNL del 14/9/2000) 151
Sviluppo delle attività formative (Art. 23 CCNL del 1/4/1999) 165
Disposizione programmatica (Art. 24 CCNL del 5/10/2001) 166
Commissione paritetica per il sistema di classificazione (art.12 CCNL 22.1.2004) 165
CAPO II PERSONALE DELL’AREA DI VIGILANZA 168
Disposizioni speciali per il personale dell’area di vigilanza con particolari responsabilità
(Art. 29 CCNL del 14/9/2000). 168
Premessa al Titolo III - Capo III CCNL 22.1.2004 169
Indennità del personale dell'area della vigilanza (art.16 CCNL 22.1.2004) 169
Prestazioni previdenziali ed assistenziali (art.17 CCNL 22.1.2004) 170
Permessi per l'espletamento delle funzioni di pubblico ministero (Art.18 CCNL 22.1.2004) 170
CAPO III PERSONALE DELLE SCUOLE 182
Personale docente nelle scuole materne (Art. 30 CCNL del 14/9/2000) 182
Personale educativo degli asili nido (Art. 31 CCNL del 14/9/2000) 184
Personale docente delle scuole gestite dagli enti locali (Art. 32 CCNL del 14/9/2000) 186
Docenti addetti al sostegno operanti nelle scuole statali (Art. 32 bis CCNL del 14/9/2000) 188
Docenti ed educatori addetti al sostegno operanti nelle istituzioni scolastiche gestite dagli
enti locali (Art. 33 CCNL del 14/9/2000) 188
Disposizione per il personale della scuola (Art. 7 CCNL del 5/10/2001) 188
Personale docente dei centri di formazione professionale (Art. 34 CCNL del 14/9/2000) 188
TITOLO IV IL RAPPORTO DI LAVORO 199
CAPO I COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO 199
Il contratto individuale di lavoro (Art. 14 CCNL del 6/7/1995) 199
Periodo di prova (Art. 14 bis CCNL del 6/7/1995 (introdotto dall’art. 3 CCNL del
13/5/1996), art. 20 CCNL del 14/9/2000) 202
Ricostituzione del rapporto di lavoro (Art. 26 CCNL del 14/9/2000, art. 17 CCNL del 5/10/2001) 206
CAPO II ORARIO DI LAVORO E SUE ARTICOLAZIONI 208
Orario di lavoro (Art. 17 CCNL del 6/7/1995) 208
Riduzione dell’orario di lavoro (Art. 22 CCNL del 1/4/1999) 214
Banca delle ore (Art. 38 bis CCNL 14/9/2000) 214
Turnazioni (Art. 22 CCNL del 14/9/2000) 216
Reperibilità (Art. 23 CCNL del 14/9/2000, art. 11 CCNL del 5/10/2001) 225
Trattamento per attività prestata in giorno festivo – riposo compensativo (Art. 24 CCNL
del 14/9/2000, art. 14 CCNL del 5/10/2001) 232
CAPO III MOBILITA’ 235
Passaggio diretto ad altre amministrazioni del personale in eccedenza (Art. 25 CCNL del 14/9/2000) 235
CAPO IV INTERRUZIONE E SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO 245
Ferie (Art. 18 CCNL del 6/7/1995) 245
Permessi retribuiti (Art. 19 CCNL del 6/7/1995) 263
Permessi brevi (Art. 20 CCNL del 6/7/1995) 263
Permessi per l'espletamento delle funzioni di pubblico ministero (art.18 CCNL 22.1.2004) 286
Assenze per l'esercizio delle funzioni di giudice onorario o di vice procuratore onorario
(art.20 CCNL 22.1.2004) 286
Assenze per malattia (Art. 21 CCNL del 6/7/1995, art. 10 CCNL del 14/9/2000, art. 13
CCNL del 5/10/2001) 289
Tutela dei dipendenti in particolari condizioni psico-fisiche (Art. 21 CCNL del 14/9/2000) 296
Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio (Art. 22 CCNL del 6/7/1995, art.
10 bis CCNl del 14/9/2000) 297
Congedi dei genitori (Art. 17 CCNL del 14/9/2000) 329
Congedi per la formazione (Art. 16 CCNL del 14/9/2000). 367
Congedi per eventi e cause particolari (Art. 18 CCNL del 14/9/2000) 367
Aspettativa per motivi personali (Art. 11 CCNL del 14/9/2000) 367
Aspettativa per dottorato di ricerca o borsa di studio (Art. 12 CCNL del 14/9/2000) 368
Altre aspettative previste da disposizioni di legge (Art. 13 CCNL del 14/9/2000) 368
Cumulo di aspettative (Art. 14 CCNL del 14/9/2000) 368
Diritto allo studio (Art. 15 CCNL del 14/9/2000) 375
Servizio militare (Art. 9 CCNL del 14/9/2000) 381
CAPO V FLESSIBILITA’ DEL RAPPORTO DI LAVORO 383
Rapporto di lavoro a tempo parziale (Art. 4 CCNL del 14/9/2000) 383
Orario di lavoro del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale (Art. 5 CCNL del 14/9/2000) 385
Trattamento economico - normativo del personale con rapporto di lavoro a tempo
parziale (Art. 6 CCNL del 14/9/2000) 385
Contratto a termine (Art. 7 CCNL del 14/9/2000) 409
Contratto di fornitura di lavoro temporaneo (Art. 2 CCNL del 14/9/2000) 426
Contratto di formazione e lavoro (Art. 3 CCNL del 14/9/2000) 428
Disciplina sperimentale del telelavoro (Art. 1 CCNL del 14/9/2000) 433
CAPO VI ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO 435
Cause di cessazione del rapporto di lavoro (Art. 27 ter CCNL del 6/7/1995 (inserito
dall’art. 6 CCNL del 13/5/1996) 435
Obblighi delle parti (Art. 27 quater CCNL del 6/7/19956 (inserito dall’art. 6 CCNL del 13/5/1996)) 435
Termini di preavviso (Art. 39 CCNL del 6/7/1995 (sostituito dall’art. 7 CCNL del 13/5/1996)) 435
CAPO VII DISCIPLINA DELL’INQUADRAMENTO DEL PERSONALE TRASFERITO 445
Ambito di applicazione (Art. 26 CCNL del 5/10/2001) 445
Nuovo inquadramento professionale del personale trasferito (Art. 27 CCNL del
5/10/2001) ................................................................................................................................. 445
Inquadramento retributivo del personale trasferito (Art. 28 CCNL del 5/10/2001) 445
Disciplina contrattuale nella fase transitoria (Art. 29 CCNL del 5/10/2001) 447
CAPO VIII DISPOSIZIONI PER LE UNIONI DI COMUNI E I SERVIZI IN CONVENZIONE 451
Gestione delle risorse umane (art.13 CCNL 22.1.2004) 451
Personale a tempo parziale e servizi in convenzione (art.14 CCNL 22.1.2004) 452
TITOLO X XXXXX XXXXXXXXXXXX. 000
Xxxxxxx generale (art.22 CCNL 22.1.2004) 455
Obblighi del dipendente (Art. 23 CCNL del 6/7/95) 456
Sanzioni e procedure disciplinari (Art. 24 CCNL del 6/7/1995) 458
Codice di comportamento relativo alle molestie sessuali nei luoghi di lavoro (Art. 25
CCNL del 5/10/2001) 460
Codice disciplinare (Art. 25 CCNL del 6/7/1995) 460
Rapporto tra procedimento diciplinare e procedimento penale (art.25bis CCNL 6.7.1995) Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare (Art. 26 CCNL del 6/7/1995) .. 465 Sospensione cautelare in caso di procedimento penale (Art. 27 CCNL del 6/7/1999) 465
Disposizioni transitorie per i procedimenti disciplinari (art.28 CCNL 22.1.2004) 466
Allegato: Codice di comportamento dei Dipendenti Pubblici
TITOLO VI TRATTAMENTO ECONOMICO 482
CAPO I ISTITUTI DI CARATTERE GENERALE 482
Trattamento tabellare (Art. 13 CCNL 31/3/1999) 482
Stipendi tabellari (Art. 29 CCNL del 22/1/2004) 482
Effetti dei nuovi stipendi (Art.30 CCNL del 22/1/2004) 484
Tredicesima mensilità (Art. 3 CCNL del 5/10/2001) 484
Nozione di retribuzione (Art. 52 CCNL del 14/9/2000) 492
Struttura della busta paga (Art. 53 CCNL 14/9/2000) 495
Disapplicazione di disposizioni in contrasto con la disciplina contrattuale sul trattamento economico (Art. 21 CCNL del 1/4/1999) 495
CAPO II 506
Risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività (Art. 15
CCNL del 1/4/1999) 506
Integrazione risorse dell’art. 15 del CCNL dell’1/4/1999 (Art. 4 CCNL del 5/10/2001) 508
Personale incaricato di posizioni organizzative (Art. 8 CCNL del 5/10/2001) 508
Disciplina attuativa dell’art. 16 del CCNL dell’1/4/1999 (Art. 5 CCNL del 5/10/2001) 509
Disciplina delle risorse decentrate (art.31 CCNL 22.1.2004) 526
Incrementi delle risorse decentrate (art.32 CCNL 22.1.2004) 529
Utilizzo delle risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività
(Art. 17 CCNL del 1/4/1999). 533
Norme programmatiche (Art. 16 CCNL del 1/4/1999) 543
Requisiti per l’integrazione delle risorse destinate alla contrattazione decentrata
integrativa (Art. 48 CCNL del 14/9/2000) 543
Collegamento tra produttività ed incentivi (Art. 18 CCNL 1/4/1999) 543
Lavoro straordinario (Art. 14 CCNL 1/4/1999) 547
Lavoro straordinario (Art. 38 CCNL del 14/9/2000) 549
Lavoro straordinario elettorale, per eventi straordinari e calamità nazionali (Art. 39
CCNL del 14/9/2000) 549
Art. 16 CCNL del 5/10/2001 550
Straordinario per calamità naturali (art.40 CCNL 22.1.2004) 549
Disposizioni particolari per il personale incaricato delle funzioni dell’area delle posizioni organizzative (Art. 20 CCNL 1/4/1999) 563
Xxxxx per gli enti provvisti di Avvocatura (Art. 27 CCNL del 14/9/2000) 563
CAPO III 563
Indennità (Art. 37 CCNL 6/7/95) 563
Indennità del personale dell'area della vigilanza (art.16 CCNL 22.1.2004) 563
Norma transitoria (Art. 4 CCNL 16/7/96) 564
Indennità per il personale educativo e docente scolastico (Art. 6 CCNL del 5/10/2001) 565
Indennità maneggio valori (Art. 36 CCNL del 14/9/2000) 565
Indennità di rischio (Art. 37 CCNL del 14/9/2000 e art.41 CCNL 22.1.2004) 569
Istituzione e disciplina dll'indennità di comparto (art.33 CCNL 22.1.2004) 571
Mensa (Art. 45 CCNL del 14/9/2000) 575
Buono pasto (Art. 46 CCNL del 14/9/2000) 575
Trattamento di trasferta (Art. 41 CCNL del 14/9/2000, art. 16 bis CCNL del 5/10/2001) 579
Trattamento di trasferimento (Art. 42 CCNL del 14/9/2000) 587
Personale distaccato alle associazioni degli enti (art.38 CCNL 22.1.2004) 587
Trattamento economico dei dipendenti in distacco sindacale (Art. 47 CCNL del
14/9/2000) ................................................................................................................................. 588
Patronato sindacale e tutela del personale in distacco sindacale (Art. 19 CCNL del
5/10/2001) ................................................................................................................................. 589
Bilinguismo (Art. 40 CCNL del 14/9/2000, art. 12 CCNL del 5/10/2001) 589
Messi notificatori (Art. 54 CCNL del 14/9/2000) 589
Compensi per ferie non godute (Art. 10 CCNL del 5/10/2001) 591
Personale addetto alle case da gioco (Art. 46 CCNL del 22/1/2004) 591
Personale dipendente dal Comune di Campione d’Italia (Art. 47 CCNL del 22/1/2004) 591
Conferma discipline precedenti (Art. 22 CCNL del 5/10/2001 e art.45 CCNL 22.1.2004) 591
Copertura assicurativa (Art. 43 CCNL del 14/9/2000) 595
Patrocinio legale (Art. 28 CCNL del 14/9/2000) 596
Trattenute per scioperi brevi (Art. 44 CCNL del 14/9/2000) 598
Trattamento di fine rapporto di lavoro (Art. 49 CCNL del 14/9/2000) 599
Previdenza complementare (Art. 18 CCNL del 5/10/2001) 601
Modalità di applicazione di benefici economici previsti da discipline speciali (Art. 50
CCNL del 14/9/2000) 601
Attività sociali, culturali e ricreative (Art. 55 CCNL del 14/9/2000) 606
DISAPPLICAZIONI - Rinvio 606
ALLEGATI
ALLEGATO A) Declaratorie delle categorie (CCNL 31/3/1999)
ALLEGATO B) Icrementi mensili della retribuzione tabellare (Tab A CCNL 22.1.2004) ALLEGATO C) Nuova retribuzione tabellare (Tab B CCNL 22/1/2004)
ALLEGATO D) Nuova retribuzione tabellare dall'1.1.2003 (Tab C CCNL 5/10/2001) ALLEGATO E) Indennità di comparto (Tab D CCNL 5/10/2001)
APPENDICE:
Accordo Collettivo Nazionale in Materia di norme di garanzia del Funzionamento dei servizi pubblici essenziali nell'ambito del
comparto regioni – autonomie locali sottoscritto il 19.9.2002 619
A seguito della riforma avviata con il D. Lgs. n. 29/1993, la contrattazione collettiva nel settore del lavoro pubblico ha assunto, analogamente a ciò che da sempre accade nel mondo del lavoro privato, un ruolo primario ed esclusivo nella regolamentazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Con specifico riferimento al comparto Regioni –Autonomie Locali, a partire dal 6.7.1995, data di stipulazione del primo contratto collettivo nazionale di lavoro, ad oggi sono stati sottoscritti ben sette contratti collettivi.
Si tratta di testi caratterizzati da contenuti ampi ed eterogenei, che hanno segnato il progressivo abbandono degli istituti tipici del tradizionale e consolidato rapporto di pubblico impiego, sostituiti dai nuovi e sicuramente più flessibili ed efficaci strumenti regolativi propri del lavoro privato.
Tuttavia, proprio la molteplicità di contratti collettivi e l'eterogeneità di contenuti degli stessi hanno finito con il determinare una stratificazione disordinata e disorganica delle diverse clausole contrattuali, che per gli addetti ai lavori inevitabilmente si traduce in concreti problemi di individuazione e di esatta interpretazione delle regole effettivamente vigenti, da applicare al singolo caso concreto.
La seguente raccolta predisposta dall'ARAN, giunta alla sua seconda edizione, vuole essere solo un tentativo di sistemazione organica della disciplina contrattuale vigente, una semplice ed informale “reductio ad unum” dei diversi contratti collettivi stipulati dal 1995, in modo da offrire comunque un contributo, speriamo utile e gradito, al lavoro di tanti operatori del settore.
Si ribadisce che tale raccolta non ha carattere di ufficialità e neppure ha la pretesa d'essere perfetta e completa: siamo, infatti, consapevoli che essa contiene, con ogni probabilità, errori ed omissioni e che forse sarebbe stato possibile, impostandola diversamente, ottenere un risultato migliore.
Essa, tuttavia, può rappresentare sicuramente un'utile base di partenza per la predisposizione, ovviamente in sede negoziale, in occasione del prossimo rinnovo contrattuale concernente il quadriennio 2002-2005, di un Testo Unico ufficiale delle disposizioni contrattuali, idoneo cioè a divenire effettivamente l'unica fonte contrattuale del Comparto Regioni – Autonomie Locali.
Avvertenza:
I contratti da cui sono derivate le clausole della presente raccolta, che non ha carattere ufficiale, sono:
✓ CCNL del 22.1.2004 (quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002-2003;
✓ XXXX xxx 0/00/0000 (xxxxxxx economico 1/1/2000 – 31/12/2001);
✓ CCNL del 14/9/2000 (successivo a quello del 1° aprile 1999);
✓ CCNL del 1/4/1999 (quadriennio normativo 1998 – 2001 e biennio economico 1998 – 1999);
✓ CCNL del 31/3/1999 (revisione del sistema di classificazione del personale);
✓ CCNL del 16/7/1996 (biennio economico 1996 – 1997)
✓ CCNL del 13/5/1996 (integrativo del CCNL stipulato il 6 luglio 1995) ;
✓ CCNL 6/7/1995 (quadriennio normativo 1994 – 1997 e biennio economico 1994 – 1995);
Le diverse disposizioni contrattuali sono state riportate attraverso la mera composizione delle stesse per materia o per istituti omogenei.
I testi sono stati trascritti senza alcuna modifica o integrazione rispetto a quelli contenuti nei diversi CCNL.
Manca un coordinamento testuale (tipico di un T.U.). Sono stati inseriti, in ogni caso, richiami o note esplicative per favorire una lettura coordinata e omogenea; sono state anche segnalate le clausole la cui efficacia si è ormai esaurita.
Anche in questa terza edizione è stato inserito l'accordo sui servizi minimi essenziali da garantire in caso di sciopero sottoscritto il 19.9.2002.
Le clausole contrattuali rinviano spesso ad altri articoli di CCNL: in assenza di diversa indicazione, si tratta di rinvii allo stesso CCNL al quale appartiene la clausola esaminata.
Nella colonna di sinistra sono riportati, divisi per argomento, i testi contrattuali nella versione originale, salvo eccezioni opportunamente segnalate con una annotazione nella colonna di destra.
Nella colonna di destra sono riportati i mutamenti dei riferimenti normativi ed altre segnalazioni che dovrebbero facilitare la lettura complessiva del testo.
In calce ai singoli articoli (o a gruppi omogenei di articoli) sono riportati gli orientamenti applicativi dell’ARAN aggiornati al mese di aprile 2004. Si tratta delle risposte ai quesiti già pubblicate sul sito istituzionale dell'Agenzia (xxx.xxxxxxxxxxx.xx - Comparto Regioni ed Autonomie locali/voce Quesiti), opportunamente divise per argomento. Ogni risposta è contraddistinta da un codice, identico a quello utilizzato nel sito web. Alcune risposte risultano duplicate perché interessano diversi istituti contrattuali.
Anche in questa terza edizione sono state aggiunte le schede riepilogative della disciplina dei permessi e dei congedi per la tutela dei disabili e della maternità e paternità (aggiornate) , la Tabella A allegata al CCNL del 13.5.1996 (contenente esempi per la corretta applicazione della disciplina delle assenze per malattia dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato o determinato) e alcune decisioni giurisprudenziali, tutte pubblicate sul sito Aran (Comparto Regioni ed Autonomie locali/voce Documentazione/Giurisprudenza)
TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI
CAPO I
Campo di applicazione (Art. 1 CCNL 22.1.2004)
1. Il presente contratto collettivo nazionale si applica a tutto il personale - esclusi i dirigenti - con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, dipendente da tutti gli enti del comparto delle regioni e delle autonomie locali indicate dall'art. 10, comma 1, del CCNQ sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva del 18 dicembre 2002, di seguito denominati ”enti”.
2. Al personale delle IPAB, ancorchè interessato da processi di riforma e trasformazione, si applica il CCNL del comparto regioni e autonomie locali sino alla individuazione o definizione, previo confronto con le organizzazioni sindacali nazionali firmatarie del presente contratto, della nuova e specifica disciplina contrattuale nazionale del rapporto di lavoro del personale.
3. Al restante personale del comparto soggetto a processi di mobilità in conseguenza di provvedimenti di soppressione, fusione, scorporo, trasformazione e riordino, ivi compresi i processi di privatizzazione, riguardanti l'ente di appartenenza, si applica il contratto collettivo nazionale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, sino alla individuazione o definizione, previo confronto con le organizzazioni sindacali nazionali firmatarie del presente CCNL, della nuova e specifica disciplina contrattuale del rapporto di lavoro del personale.
4. Il riferimento al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni è riportato nel testo del presente contratto come X.Xxx.n.165 del 2001.
(Art. 3 CCNL 22.1.2004)
1. ……….. omissis ……….
2. Gli enti assumono le iniziative ricomprese nella disciplina dell'art. 1, comma 2 e 3, nel rispetto delle previsioni sulle relazioni sindacali del CCNL dell'1.4.1999.
Xxxxxx, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto (Art.2 CCNL 22.1.2004) 1. Il presente contratto concerne il periodo 1 gennaio 2002 - 31 dicembre 2005 per la parte normativa ed è valido dall'1 gennaio 2002 fino al 31 dicembre 2003 per la parte economica. 2. Gli effetti del presente contratto decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo specifica e diversa prescrizione e decorrenza espressamente prevista dal contratto stesso. 3. Gli istituti a contenuto economico e normativo aventi carattere vincolato ed automatico sono applicati dagli enti destinatari entro 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto di cui al comma 2. 4. Il presente contratto, alla scadenza, si rinnova tacitamente di anno in anno qualora non ne sia data disdetta da una delle parti con lettera raccomandata, almeno tre mesi prima di ogni singola scadenza. In caso di disdetta, le disposizioni contrattuali rimangono integralmente in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo. 5. Per evitare periodi di vacanza contrattuale, le piattaforme sono presentate tre mesi prima della scadenza del contratto. Durante tale periodo e per il mese successivo alla scadenza del contratto, le parti negoziali non assumono iniziative unilaterali né procedono ad azioni dirette. 6. Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza della parte economica del presente contratto o a tre mesi dalla data di presentazione delle piattaforme, se successiva, ai dipendenti del comparto sarà corrisposta la relativa indennità secondo le scadenze stabilite dall'Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993. Per le modalità di erogazione di detta indennità, l'ARAN stipula apposito accordo ai sensi degli artt. 47 e 48, commi 1, 2, 3, 4 e 5 del D.Lgs.n.165/2001. 7. In sede di rinnovo biennale per la parte economica, ulteriore punto di riferimento del negoziato sarà costituito dalla comparazione tra l'inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, secondo quanto previsto dal citato Accordo del 23 luglio 1993. | |
Dichiarazione congiunta n. 2 Allegata al CCNL del 22.1.2004 Le parti concordano nell'affermare che tutti gli adempimenti attuativi della disciplina dei contratti collettivi di lavoro sono riconducibili alla più ampia nozione di “attività di gestione delle risorse umane” affidate alla competenza dei dirigenti o dei responsabili dei servizi che vi provvedono mediante adozione di atti di diritto comune, con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, secondo la disciplina |
dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli previsti dal sistema delle relazioni sindacali. |
ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN GENERALI
Quesito: V1.1. L’indennità di vacanza contrattuale ha natura retributiva o natura risarcitoria?
Vedi, ora, art. 2, comma 6, del CCNL del 22/1/2004.
Vedi, ora, art. 2, comma 6, del CCNL del 22/1/2004.
ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN relativi al CCNL del 22.1.2004
i loro effetti solo dal giorno successivo alla definitiva sottoscrizione del CCNL.
TITOLO II IL SISTEMA DELLE RELAZIONI SINDACALI CAPO I OBIETTIVI E MODELLI RELAZIONALI Conferma sistema relazioni sindacali (Art.3 CCNL 22.1.2004) 1. Si conferma il sistema delle relazioni sindacali previsto dal CCNL dell'1.4.1999 con le modifiche riportate ai seguenti articoli. 2. Gli enti assumono le iniziative ricomprese nella disciplina dell'art. 1, comma 2 e 3, nel rispetto delle previsioni sulle relazioni sindacali del CCNL dell'1.4.1999. Obiettivi e strumenti (Art. 3 CCNL del 1/4/1999) 1. Il sistema delle relazioni sindacali, nel rispetto dei distinti ruoli e responsabilità degli enti e dei sindacati, è definito in modo coerente con l'obiettivo di contemperare l'esigenza di incrementare e mantenere elevate l'efficacia e l'efficienza dei servizi erogati alla collettività, con l'interesse al miglioramento delle condizioni di lavoro e alla crescita professionale del personale. 2. Il predetto obiettivo comporta la necessità di un sistema di relazioni sindacali stabile, che si articola nei seguenti modelli relazionali: a) contrattazione collettiva a livello nazionale; b) contrattazione collettiva decentrata integrativa sulle materie e con le modalità indicate dal presente contratto; c) contrattazione decentrata integrativa a livello territoriale, con la partecipazione di più enti, secondo la disciplina degli artt. 5 e 6; interpretazione autentica dei contratti collettivi, secondo la disciplina dell'art. 13 del CCNL del 6.7.1995; d) concertazione ed informazione. |
Orientamenti applicativi ARAN relativi al CCNL del 22.1.2004
Orientamenti sull’art.3.
3.1 Tenuto conto della risposta al quesito n.37.1 un ente ha sospeso la liquidazione degli acconti mensili sulla produttività , specificando che verrà liquidata al termine del processo valutativo delle prestazioni e dei risultati. Le organizzazioni sindacali hanno diffidato l’Amministrazione che ha adottato una azione unilaterale, in contrasto con quanto previsto nel contratto decentrato, affermando che le clausole del CCDI devono essere comunque rispettate fino alla stipula di un nuovo CCDI e non possono essere unilateralmente disattese.
Il comportamento dell’Ente è da ritenersi corretto?
La questione può assumere, a livello locale, aspetti sicuramente conflittuali. Occorre, pertanto, procedere con cautela e molta trasparenza, anche nei confronti del sindacato. Siamo orientati a condividere il comportamento cautelativo adottato dall'ente che, per evitare responsabilità anche di ordine contabile, ha sospeso i pagamenti mensili della produttività in quanto in contrasto con le espresse previsioni del contratto nazionale.
Si tratterebbe, infatti, di clausole nulle per contrasto con le disposizioni dei Contratti Collettivi Nazionali, stante il preciso vincolo dell'art.40, comma 3, del D.Lgs.n. 165/2001.
Rileviamo, comunque, che i contratti decentrati, una volta sottoscritti, non possono essere “disapplicati”unilateralmente e in via definitiva da una parte negoziale.
La sospensione cautelativa da parte dell'Amministrazione, utile ed opportuna per evitare ulteriori e più gravose responsabilità; non può essere considerata definitiva o risolutiva del problema. Occorre sicuramente, secondo i principi di correttezza e buona fede, una informativa puntuale nei confronti delle XX.XX. e gli scenari ipotizzabili possono essere così riassunti:
a) l'ente riconvoca i sindacati per modificare le clausole negoziali;
b) ove non si addivenga ad una soluzione ragionevole, allora l'ente può impugnare il contratto decentrato davanti al giudice ordinario per far dichiarare la nullità della clausola del contratto decentrato;
c) eventualmente l'Ente, ove si attivi ai sensi della precedente lett.b) al fine di tutelare la propria posizione, in considerazione della prevedibile durata non breve del giudizio di merito, potrebbe anche chiedere al giudice l'adozione di provvedimenti d'urgenza di carattere cautelare, ai sensi dell'art.700 c.p.c.
Contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente (Art. 4 CCNL del 1/4/1999) 1. In ciascun ente, le parti stipulano il contratto collettivo decentrato integrativo utilizzando le risorse di cui all'art. 15 nel rispetto della disciplina, stabilita dall'art.17. | Gli orientamenti applicativi dell’Aran sono riportati dopo l’art. 6. |
2. In sede di contrattazione collettiva decentrata integrativa sono regolate le seguenti materie: | |
a) i criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie, indicate nell'art. 15, per le finalità previste dall'art. 17, nel rispetto della disciplina prevista dallo stesso articolo 17; | |
b) i criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione del personale sulla base di obiettivi e programmi di incremento della produttività e di miglioramento della qualità del servizio; i criteri generali delle metodologie di valutazione basate su indici e standard di valutazione ed i criteri di ripartizione delle risorse destinate alle finalità di cui all'art.17, comma 2, lett. a); | |
c) le fattispecie, i criteri, i valori e le procedure per la individuazione e la corresponsione dei compensi relativi alle finalità previste nell'art. 17, comma 2, lettere e), f), g); | |
d) i programmi annuali e pluriennali delle attività di formazione professionale, riqualificazione e aggiornamento del personale per adeguarlo ai processi di innovazione; | |
e) le linee di indirizzo e i criteri per la garanzia e il miglioramento dell'ambiente di lavoro, per gli interventi rivolti alla prevenzione e alla sicurezza sui luoghi i lavoro, per l'attuazione degli adempimenti rivolti a facilitare l'attività dei dipendenti disabili ; | |
f) implicazioni in ordine alla qualità del lavoro e alla professionalità dei dipendenti in conseguenza delle innovazioni degli assetti organizzativi, tecnologiche e della domanda di servizi; | |
g) le pari opportunità, per le finalità e con le procedure indicate dall'art. 28 del DPR 19 novembre 1990, n. 333, anche per le finalità della legge 10 aprile 1991, n. 125; | |
h) i criteri delle forme di incentivazione delle specifiche attività e prestazioni correlate alla utilizzazione delle risorse indicate nell'art. 15, comma 1, lettera k); | |
i) le modalità e le verifiche per l'attuazione della riduzione d'orario di cui all'art.22; | |
l) le modalità di gestione delle eccedenze di personale secondo la disciplina e nel rispetto dei tempi e delle procedure dell’art. 35 del D.Lgs. 29/93; | ora Art. 33 del D.Lgs. 165/2001 |
m) criteri generali per le politiche dell'orario di lavoro. | |
3. La contrattazione collettiva decentrata integrativa riguarda, altresì, le materie previste dall'art. 16, comma 1, del CCNL stipulato in data 31.3.1999. |
4. Xxxxx restando i principi dell'autonomia negoziale e quelli di comportamento indicati dall'art.3, comma 1, decorsi trenta giorni dall'inizio delle trattative, eventualmente prorogabili in accordo tra le parti fino ad un massimo di ulteriori trenta giorni, le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione, limitatamente alle materie di cui al comma 2, lett. d), e), f), ed m). 5. I contratti collettivi decentrati integrativi non possono essere in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o comportare oneri non previsti rispetto a quanto indicato nel comma 1, salvo quanto previsto dall'art. 15, comma 5, e dall'art. 16. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate. |
Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo | |
ATTENZIONE | |
(Art. 5 CCNL del 1/4/1999) | |
1. I contratti collettivi decentrati integrativi hanno durata quadriennale e si riferiscono a tutti gli istituti contrattuali rimessi a tale livello, da trattarsi in un'unica sessione negoziale. Sono fatte salve le materie previste dal presente CCNL che, per loro natura, richiedano tempi di negoziazione diversi o verifiche periodiche essendo legate a fattori organizzativi contingenti. Le modalità di utilizzo delle risorse, nel rispetto della disciplina del CCNL, sono determinate in sede di contrattazione decentrata integrativa con cadenza annuale. 2. L'ente provvede a costituire la delegazione di parte pubblica abilitata alle trattative di cui al comma 1 entro trenta giorni da quello successivo alla data di stipulazione del presente contratto ed a convocare la delegazione sindacale di cui all' art.10, comma 2, per l'avvio del negoziato, entro trenta giorni dalla presentazione delle piattaforme. 3. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva decentrata integrativa con i vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri sono effettuati dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai servizi di controllo interno secondo quanto previsto dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 286. A tal fine, l'ipotesi di contratto collettivo decentrato integrativo definita dalla delegazione trattante è inviata entro 5 giorni a tali organismi, corredata da apposita relazione illustrativa tecnico finanziaria. In caso di rilievi da parte dei predetti organismi, la trattativa deve essere ripresa entro cinque giorni. Trascorsi 15 giorni senza rilievi, l'organo di governo dell'ente autorizza il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione definitiva del contratto. 4. I contratti collettivi decentrati integrativi devono contenere apposite clausole circa tempi, modalità e procedure di verifica della loro attuazione. Essi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi. 5. Gli enti sono tenuti a trasmettere all'ARAN, entro cinque giorni dalla sottoscrizione definitiva, il testo contrattuale con la specificazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio.” | Articolo così sostituito dall’art. 4 del CCNL del 22.1.2004 Le amministrazioni possono anche avvalersi dell’assistenza dell’ARAN, ai sensi dell’art. 46, comma 2 del D. Lgs. 165/2001. Si vedano, in proposito, gli specifici orientamenti applicativi collocati dopo l’art. 6 (dopo quelli relativi alla contrattazione integrativa). |
Dichiarazione congiunta n. 4 Allegata al CCNL del 22.1.2004 Le parti concordano sull'opportunità di sensibilizzare gli enti del comparto affinché adottino tutte le iniziative, nel rispetto di quanto espressamente previsto dall'art.10, comma 7, del CCNQ del 7.8.1998, affinché i diversi livelli di relazioni sindacali previsti dalla vigente contrattazione collettiva nazionale si svolgano al di fuori dell'orario di lavoro, in modo da assicurare il corretto svolgimento delle relazioni sindacali stesse, evitando ogni possibile ricaduta negativa connessa alla fruibilità delle prerogative sindacali. |
Contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale | |
ATTENZIONE | |
(Art. 6 CCNL del 1/4/1999) | |
1. Per gli enti, territorialmente contigui, con un numero di dipendenti in servizio non superiore a 30 unità, la contrattazione collettiva decentrata integrativa può svolgersi a livello territoriale sulla base di protocolli di intesa tra gli enti interessati e le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del presente contratto; l'iniziativa può essere assunta dalle associazioni nazionali rappresentative degli enti del comparto o da ciascuno dei soggetti titolari della negoziazione decentrata integrativa. | Articolo così sostituito dall’art. 5 del CCNL del 22.1.2004 |
2. I protocolli devono precisare: a) la composizione della delegazione trattante di parte pubblica; b) la composizione della delegazione sindacale, prevedendo la partecipazione di rappresentanti delle organizzazioni territoriali dei sindacati firmatari del presente CCNL, nonché forme di rappresentanza delle RSU di ciascun ente aderente; c) la procedura per la autorizzazione alla sottoscrizione del contratto decentrato integrativo territoriale, ivi compreso il controllo sulla compatibilità degli oneri con i vincoli di bilancio dei singoli enti, nel rispetto della disciplina generale stabilita dall'art. 5; d) i necessari adattamenti per consentire alle rappresentanze sindacali la corretta fruizione delle tutele e dei permessi. | |
3. I rappresentanti degli enti che aderiscono ai protocolli definiscono, in una apposita intesa, secondo i rispettivi ordinamenti: a) le modalità di formulazione degli atti di indirizzo; b) le materie, tra quelle di competenza della contrattazione integrativa decentrata, che si intendono affidare alla sede territoriale con la eventuale specificazione degli aspetti di dettaglio, che devono essere riservate alla contrattazione di ente; c) le modalità organizzative necessarie per la contrattazione e il soggetto istituzionale incaricato dei relativi adempimenti; d) le modalità di finanziamento dei relativi oneri da parte di ciascun ente. | |
4. La disciplina del presente articolo può essere attivata dalle Camere di commercio contigue indipendentemente dal numero dei dipendenti in servizio.” | |
Dichiarazione congiunta n. 9 Allegata al CCNL del 22.1.2004 | |
Con riferimento alla disciplina dell'art. 5, le parti concordano nel ritenere che la eventuale iniziativa riconosciuta alle “associazioni nazionali rappresentative degli enti” per la attivazione della contrattazione decentrata territoriale, deve intendersi riconosciuta anche alle articolazioni territoriali delle medesime associazioni nazionali, ove esistenti e operative. |
Tuttavia occorre ricordare anche che, nell'ambito delle materie demandate
Quesito: B14. Come devono essere valutati i contenuti di merito inseriti nei contratti decentrati?
Quesito B23: E’ possibile disciplinare la reperibilità con un apposito accordo decentrato ?
Tale rinvio ha avuto attuazione nell'art.5 del CCNL dell'1/4/1999.
Quesito B35
Quali sono le conseguenze del mancato accordo con le XX.XX. sulla utilizzazione delle risorse dell’art.15 del CCNL dell’1.4.1999 ? E’ possibile continuare ad applicare il vecchio contratto integrativo per le indennità e le posizioni organizzative?
Ai sensi dell'art.5, comma 4 del CCNL dell'1.4.1999, “i contratti collettivi decentrati integrativi … conservano la loro efficacia fino alla stipulazione dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi”.
Pertanto, fino a quando non sarà sottoscritto il nuovo contratto integrativo, l'ente dovrà continuare ad applicare tutte le clausole del precedente contratto integrativo (obbligo che scaturisce da una specifica clausola del CCNL che l'ente non può non adempiere); il mancato pagamento, agli aventi diritto, delle indennità e delle retribuzioni di posizione e di risultato sarebbe del tutto ingiustificato e fonte di inevitabili contenziosi che vedrebbero sicuramente soccombente l'amministrazione.
Quanto ai limiti della contrattazione integrativa in materia di posizioni organizzative, suggeriamo di consultare la risposta P12.
NOTA BENE:
- anche il nuovo testo dell’art.5 del CCNL dell’1.4.1999, come modificato dal CCNL del 22.1.2004 conferma i contratti integrativi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi.
Quesito B36
Quali sono le possibili conseguenze della nomina a componente della delegazione trattante di parte pubblica di un esperto estraneo all’ente ?
Riteniamo utile fornire i seguenti elementi di valutazione:
⮚ la composizione della delegazione trattante di parte pubblica è chiaramente definita nell'art.10 del CCNL dell'1.4.1999 e non possono farne parte soggetti, anche qualificati, estranei all'ente e non caratterizzati da uno specifico rapporto di lavoro subordinato (anche a tempo determinato);
⮚ l'art.10 citato è vincolante per gli enti; in caso di sua violazione, sarebbe anche possibile ipotizzare la nullità del contratto integrativo; infatti, l'art.40, coma 3 del D.Lgs.165/2001 stabilisce che “la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono Le pubbliche amministrazioni non possono
sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate”;
⮚ se è pacifico che soggetti estranei all'ente non possono far parte della delegazione trattante, l'ente potrebbe però avvalersi di consulenze al fine di consentire, alla stessa delegazione, in presenza di problemi particolarmente complessi, di acquisire la necessaria padronanza della materia in discussione. E' da escludere, in ogni caso, la partecipazione dell'esperto o del consulente alle diverse fasi negoziali con l'assunzione, anche parziale, del potere di intervenire, in qualità di componente, nella conduzione delle trattative.
Quesito B37
L’incompatibilità stabilita dall’art.11, comma 3 del CCNL dell’area della dirigenza del 23.12.1999 impedisce al dirigente dell’ente, che sia anche dirigente sindacale, di essere membro della delegazione trattante di parte pubblica di cui all’art.10 del CCNL dell’1.4.1999 ?
L'incompatibilità stabilita dall'art.11, comma 3 del CCNL dell'area della dirigenza del 23.12.1999 riguarda esclusivamente le relazioni sindacali relative all'area della dirigenza e, in tale ambito, si applica a tutti i modelli relazionali (contrattazione integrativa e concertazione); detta incompatibilità non opera, invece, al di fuori delle relazioni sindacali relative all'area della dirigenza, perché nei CCNL relativi al personale non dirigente non è stata inserita analoga previsione.
A1) ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN relativi al CCNL del 22.1.2004
Orientamenti sull’art.4
4.1 In relazione alla composizione della delegazione trattante di parte pubblica, un componente di essa (ad es. il Segretario generale in qualità di presidente ) può delegare, autonomamente, le funzioni assegnategli a tale titolo al responsabile di un servizio?
Siamo orientati ad escludere la ipotesi di delega delle funzioni di presidente della delegazione trattante di parte pubblica, in quanto spetta sempre alla Giunta la nomina dei componenti del presidente della delegazione stessa.
Diversamente ritenendo, tale rilevante determinazione dell'organo di governo dell'ente verrebbe ad essere, sostanzialmente, svuotata di contenuti.
4.2 Il periodo di riferimento del contratto decentrato, stipulato nel 2004 in applicazione del CCNL 22.1.2004, è relativo agli anni 2002-2005 o 2004-2007?
Il periodo temporale di riferimento per i contratti decentrati deve essere identico a quello che caratterizza i contratti collettivi nazionali. Sarà pertanto formalmente riferito al quadriennio normativo 2002-2005 e al biennio economico 2002-2003.
Orientamenti sull’art.5
5.1 Le selezioni interne, per la progressione verticale, possono essere disciplinate in sede di contrattazione decentrata?
Le selezioni interne (o concorsi interni), ex art.4 del CCNL del 31.3.1999, non sono oggetto di contrattazione decentrata. Xxxxxx, esclusivamente ed autonomamente, al singolo ente disciplinare, previa concertazione, i relativi requisiti di partecipazione e i criteri di valutazione e selezione, secondo i principi generali di ragionevolezza, correttezza e buona fede.
5.2 E’ possibile inserire fra i componenti della delegazione trattante di parte pubblica una figura esterna, specialistica, anche in forma associata con altri enti?
Un esperto esterno non può far parte della delegazione trattante di parte pubblica. Può, da esterno, solo fornire assistenza e consulenza alla stessa delegazione (senza, pertanto, assumere un ruolo di partecipazione attiva e diretta nel negoziato).
5.3 Un ente è capofila di altri 9 comuni per la gestione associata di alcuni servizi tra i quali quello di definire indirizzi uniformi per gli accordi integrativi a seguito della recente stipula del CCNL 0000-0000.Xx tentativo, già avviato nel passato, era quello di giungere ad un accordo integrativo territoriale, ma il sopraggiunto art.5 del vigente Contratto – coinvolgendo solo enti con numero di dipendenti inferiori a 30 unità – di fatto preclude questo tipo di contrattazione per tre comuni dei dieci totali.
I dubbi interpretativi al riguardo sono i seguenti:
1) la previsione dell’art.5 è vincolante oppure ha un valore solo ordinatorio e quindi superabile con l’accordo anche delle XX.XX. presenti sul territorio?
2) possono essere previste risorse aggiuntive per la contrattazione decentrata con finanziamento sui bilanci delle singoli enti?
Riteniamo che la previsione dell'art.5 relativamente ai 30 dipendenti debba essere ritenuta vincolante, ai fini della corretta procedura di contrattazione territoriale.
Le risorse aggiuntive decentrate, per la parte variabile, possono essere individuate dai singoli enti, perché siano rispettate le prescrizioni contrattuali in materia; al riguardo suggeriamo di prendere visione anche del contenuto dei quesiti specifici relativi all'art.31.
B) Giurisprudenza
Tribunale di Lamezia Terme; decisione del 24 maggio 2001-09-14 Partecipazione di organi politici alla delegazione trattante di parte pubblica.
"L'art. 10 del CCNL del personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali 1998/2001 prevede, infatti, ai fini della contrattazione collettiva decentrata integrativa, che le delegazioni di parte pubblica abilitate alle trattative siano composte da dirigenti – o, nel caso di enti privi di dirigenza, da funzionari -. Il testo della norma contrattuale individua, quindi, con l'uso di tali locuzioni, specifiche qualifiche proprie del personale amministrativo delle regioni o degli enti locali cui non possono ricomprendersi il sindaco (o suoi delegati), facendo gli stessi parte della compagine politica e non di quella amministrativa.
Trattasi di disposizione che non può essere disattesa da parte dell'Ente resistente considerato che l'art. 45 del d. lgs. 29/1993 espressamente prevede che la contrattazione collettiva integrativa si debba svolgere nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure che questi prevedono, statuendo la sanzione di nullità di quanto disposto in contrasto con i contratti collettivi nazionali. La previsione in tema di composizione delle delegazioni trattanti operata dal CCNL in esame si pone, quindi, come inderogabile e il successivo contratto collettivo decentrato integrativo stipulato da soggetti non legittimati si porrebbe come invalido, potendo essere disapplicato, sempre ai sensi dell'art. 45 del d. lgs. n. 29/93.
..........A ciò si aggiunga che prevedere la partecipazione di organi politici nell'ambito della delegazione trattante provocherebbe una commistione di ruoli che sono stati invece chiaramente definiti dalla norma contrattuale in oggetto la quale ha previsto che sia l'organo di governo dell'ente ad autorizzare la sottoscrizione del contratto. Tale autorizzazione presuppone, infatti, una alternatività di soggetti che non possono contemporaneamente partecipare al negoziato e, successivamente, autorizzare la sottoscrizione del relativo testo, venendo in tal modo gli organi politici ad espropriare gli organi amministrativi e tecnici delle competenze loro specificatamente assegnate.
Ciò premesso, avendo il comune di previsto quale componente nonché Presidente della delegazione trattante di
parte pubblica il Sindaco o un suo delegato, deve dichiararsi la illegittimità di tale operato che porterebbe, comunque, alla stipula di un contratto in contrasto con la normativa vigente e, quindi, passibile di disapplicazione. Deve, conseguentemente, dichiararsi che nessun membro diverso da dirigenti o funzionari comunali ha titolo per partecipare alla delegazione trattante di parte pubblica"
Tribunale di Padova, Giudice del lavoro del 15/2/2003 - Denuncia per condotta antisindacale, ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300/1970, di comportamenti tenuti dall'amministrazione ritenuti lesivi di diritti di informazione e contrattazione collettiva decentrata, nonché di informazione e concertazione riconosciuti alle RSU dalla contrattazione collettiva di settore dagli artt. 7, 4, 8 CCNL enti locali 1/4/1999.
Il Giudice del lavoro,
.....OMISSIS......
considerato, quanto al merito, che ha denunciato come antisindacali, ex art. 28 l. 300/1970, tre comportamenti
tenuti dall'amministrazione convenuta in quanto asseritamene lesivi di diritti di informazione e contrattazione collettiva decentrata (episodi n. 1 e 3), nonché di informazione e concertazione (episodio n. 2) riconosciuti alle RSU dalla contrattazione collettiva di settore – CCNL enti locali 1/4/1999 – specificamente dagli artt. 7, 4, 8;
rilevato in particolare che l'art. 7 cit. prevede l'obbligo da parte dell'Ente di informazione "sugli atti di valenza generale, anche di carattere finanziario, concernenti il rapporto di lavoro, l'organizzazione degli uffici e la gestione complessiva
delle risorse umane", informazione che "nel caso in cui si tratti di materie per le quali…… il CCNL prevede la concertazione o la contrattazione collettiva decentrata integrativa, …….deve essere preventiva";
rilevato che l'art. 4 – per quanto qui rileva – prevede al comma 2 tra le materie oggetto di contrattazione collettiva decentrata integrativa sub f) le "implicazioni in ordine alla qualità del lavoro e alla professionalità dei dipendenti in conseguenza delle innovazioni degli assetti organizzativi, tecnologiche e della domanda di servizi" e al comma 4 che "decorsi 30 giorni dall'inizio delle trattative, eventualmente prorogabili in accordo tra le parti fino ad un massimo di ulteriori 30 giorni, le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione, limitatamente alle materie di cui al comma 2, lett. f);
rilevato che l'art. 8 contempla al comma 1, tra le materie oggetto di concertazione, alla lettera d) "l'andamento dei processi occupazionali";
ritenuto quanto al primo episodio denunciato – delibera della ……. – di modifica del Regolamento Speciale del Corpo di Polizia Municipale mediante l'inserzione dell'art. 26 ter disciplinante nei suoi vari aspetti la Squadra interventi straordinari (SIS) che, diversamente da quanto sostenuto dal sindacato ricorrente, il Comune ha rispettato tanto l'obbligo di informazione quanto l'obbligo di contrattazione collettiva decentrata di cui agli artt. 7 e 4 sopra richiamati;
rilevato invero che l'istituzione e regolamentazione della suddetta squadra – SIS – doveva formare oggetto oltre che di informazione anche di contrattazione decentrata ex art. 4, comma 2, lett. f) del CCNL cit.;
ritenuto infatti che l'introduzione della SIS ha comportato certamente "un innovazione degli assetti organizzativi" tanto è vero che è stato appositamente inserito nel Regolamento Speciale del Corpo di Polizia Municipale un nuovo articolo, indice della stabilità di questa nuova struttura – con implicazioni sulla qualità e professionalità dei dipendenti facenti parte della suddetta squadra, come emerge dalla stessa delibera in contestazione, che fa espresso riferimento alla necessità di opportuna preparazione mediante specifici corsi di addestramento teorici e pratici dei componenti la squadra, nonché dal progetto presentato alle RSU nella riunione del …….successivamente trasmesso con alcune modificazioni alle stesse parti sindacali il…. Ove vengono indicate dettagliatamente le materie oggetto di formazione del personale in questione;
considerato altresì che l'istituzione di questa nuova squadra, con le implicazioni sopra delineate, si è posta certamente anche come conseguenza della "domanda di servizi", richiedente un adeguamento dei servizi offerti dal Corpo di Polizia Municipale alla nuova realtà cittadina;
ritenuto peraltro che l'Ente abbia rispettato nella fattispecie gli obblighi di informazione e di contrattazione in contestazione;
rilevato invero che tutti gli aspetti concernenti la regolamentazione della S.I.S., contenuti poi nella delibera impugnata, hanno formato puntuale oggetto non solo di preventiva informazione ma anche di ampia discussione con le parti sindacali, come emerge inequivocabilmente dai verbali delle riunioni sindacali prodotti dal Comune, riunioni che si sono susseguite quantomeno dal..al..;
rilevato che ai sensi dell'art. 4, comma 4, trascorsi trenta giorni dall'inizio delle trattative-termine che non risulta essere stato prorogato di ulteriori trenta giorni, in mancanza di intervenuto accordo tra le parti, il Comune ha riacquistato la propria libertà di iniziativa e di decisione e ha adottto, quindi, del tutto legittimamente la delibera impugnata;
ritenuto che la tesi prospettata dal sindacato ricorrente nella memoria integrativa secondo cui "con la precedente delibera del ……….si era definitivamente espressa la volontà del Comune in materia, sì che una nuova decisione avrebbe dovuto essere preceduta da una nuova informazione e contrattazione con le OO. SS." Non trova alcun fondamento né in fatto né in diritto;
ritenuto quanto al secondo episodio denunciato – nuove assunzioni e modifica della dotazione organica che parimenti l'amministrazione convenuta ha adempiuto al solo obbligo di informazione sussistente nella fattispecie;
ritenuto invero che sul punto vanno pienamente condivise le argomentazioni e tesi difensive svolte dal Comune di
…….;
considerato infatti che da un lato l'indizione del concorso per la copertura di 10 posti di insegnante di scuola materna non ha determinato alcuna variazione della pianta organica, trattandosi di posti già esistenti e vacanti, come risulta dalla documentazione prodotta in atti dal comune e dall'altro che la modifica della dotazione organica in contestazione, mediante la sostituzione di posizioni di categoria B e D1 con posizioni di categoria C1, non rientra affatto tra le materie
oggetto di concertazione ex art. 8 del CCNL, come emerge dalla stessa formula letterale della disposizione citata non venendo certo in considerazione l'ipotesi della lettere d) "andamento dei processi occupazionali", e come ulteriormente confermato del resto dall'interpretazione data più volte alla suddetta norma dall'ARAN;
ritenuto quanto al terzo episodio denunciato (incarico di posizione organizzativa conferito alla sig.ra….) che parimenti non sussistono le violazioni dei diritti sindaci denunciati ed in particolare, di quelli di informazione e di contrattazione collettiva decentrata;
considerato che per quanto attiene all'introduzione della posizione organizzativa nel settore …. Sono stati rispettati dall'amministrazione convenuta tutti gli obblighi di informazione e concertazione previsti in materia, come risulta dalla documentazione;
rilevato che per quanto attiene al diverso problema dei compiti in concreto attribuiti alla sig.ra…. nessun obbligo di contrattazione collettiva decentrata, nel senso preteso dal sindacato ricorrente, sussisteva nel caso concreto;
ritenuto infatti che non può essere ravvisata nella fattispecie l'ipotesi prevista dall'art. 4, comma 2, lett. f) del CCNL cit; rilevato invero che pacificamente i compiti in concreto attribuiti alla ………hanno inciso esclusivamente sulla posizione della dipendente ….., alla quale sono state tolte alcune mansioni, ma confermate tutte le altre;
ritenuto pertanto che potrebbe porsi eventualmente solo un problema di demansionamento ai danni della sig.ra… ,
senza alcuna implicazione su altre posizioni di lavoro, dal momento che essa ha mantenuto tutte le sue residue competenze e non le sono state affatto attribuito mansioni prima espletate da altri, sì che non si realizzano affatto quelle "implicazioni sulla qualità di lavoro e professionalità dei dipendenti di cui all'art. 4, comma 2, lette f)" più volte menzionato;
ritenuto inoltre che nessun nuovo ufficio è stato introdotto nella struttura del settore commercio, come evidenziato dal comune convenuto in memoria difensiva, sì che nessuna "innovazione di assetti organizzativi" si è parimenti realizzata nella fattispecie;
ritenuto pertanto che il ricorso ex art. 28 legge 300/1970 deve essere rigettato con conseguente condanna del sindacato ricorrente al pagamento delle spese processuali
PQM
Respinge il ricorso ex art. 28 legge 300/1970 proposto da ……nei confronti del comune di ……. condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ……
TRIBUNALE DI BARI SEZ. LAVORO - Decreto ex art. 28 L. n. 300/1970 del 11/03/2004 - Giudice del Lavoro Dott.ssa Xxxxxxxx
Condotta antisindacale ex art. 28 L. 300/1970 - violazione delle disposizioni contrattuali in materia di contrattazione integrativa - omessa convocazione di una delle delegazioni sindacali trattanti - estromissione dalla trattativa dei rappresentanti territoriali delle XX.XX.
Fatto
Il Giudice del lavoro;
sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 12.2.2004; letti gli atti e uditi i procuratori delle parti;
rileva in fatto e diritto quanto segue.
Con ricorso ex art. 28 L.n. 300/70 la O.S , in persona del suo Segretario, ha adito questo Giudice per sentir
dichiarare antisindacale il comportamento tenuto dal Dirigente ……. relativamente al mancato avvio della contrattazione integrativa con riferimento agli anni 1998-1999 sino a quello in corso 2003-2004 ed alla mancata
convocazione per le relative trattative, nonchè per la mancata formulazione, nei suoi confronti, della conseguente proposta contrattuale.
(Omissis) ….. in violazione degli artt. 6 e 7 del CCNL del comparto Scuola valido, per la parte normativa, dall'1.1.2002 al 31.1.22005.
Si è costituito il resistente che ha insistito per sentir rigettare il ricorso.
In via preliminare ha eccepito la inammissibilità del ricorso in ragione della inapplicabilità del CCNL richiamato in data anteriore all'1.1.2002 e per la mancata ascrivibilità di eventuali comportamenti sindacali in capo ai dirigenti scolastici in data anteriore a quella in cui (1.9.2000) la legge attuativa dell'autonomia scolastica ha affidato ad essi la rappresentanza della parte pubblica nella contrattazione a livello di istituzione scolastica; nonché per la assenza, in data anteriore al dicembre 2000, della costituzione di RSU all'interno della scuola .
Ha poi dedotto la mancanza del requisito dell'attualità della condotta, ritenendo non utilizzabili, ai fini della procedura ex art. 28 S.L., fatti risalenti nel tempo, quali i comportamenti relativi ai pregressi anni scolastici. (Omissis) Alla luce di tali circostanze di fatto, ha quindi sostenuto l'infondatezza del ricorso.
Motivi della Decisione
Tanto premesso, preliminarmente rileva il giudicante l'assenza del requisito della attualità della dedotta condotta antisindacale per gli anni scolastici 1998-2002, considerato il lungo tempo trascorso tra la condotta denunciata e il deposito del ricorso.
Tale considerazione induce a ritenere assorbite le ulteriori eccezioni di inammissibilità sollevate dalla resistente ed innanzi riportate.
Quanto, invece, alla condotta denunciata con riferimento all'anno scolastico in corso, si rileva che il ricorso è fondato e deve essere accolto.
L'art.3 del CCNL del Comparto scuola 2002/2005 prevede che il sistema di relazioni industriali si articola, tra l'altro, nel modello relazionale della contrattazione collettiva che si svolge a livello integrativo nazionale, regionale e a livello di istituzione scolastica, con le modalità, i tempi e le materie articolate agli artt. 4 e 6 .
(Omissis)
Per valutare il merito della controversia, pertanto, occorre verificare, alla luce delle vicende di fatto illustrate dalle parti, se ed in che misura il resistente ha rispettato gli obblighi previsti dalla contrattazione collettiva in tema di relazioni sindacali.
Xxxxxx, l'esame delle dichiarazioni rese dalle parti e della documentazione acquisita consente di affermare che nella specie il dirigente scolastico della scuola ….. non ha osservato le disposizioni contrattuali in tema di contrattazione integrativa d'istituto.
Ed invero, a fronte delle reiterate richieste, inoltrate anche a mezzo del difensore del ricorrente e documentate in atti, detto dirigente non ha mai convocato al tavolo delle trattative il rappresentante territoriale dell'O.S. ricorrente, né ha formulato la proposta contrattuale che, ex art. 6 citato, avrebbe dovuto essere fatta entro termini congrui con l'inizio dell'anno scolastico.
(Omissis)
Alla luce degli elementi di fatto testè evidenziati emerge dunque che il dirigente, anziché avviare le trattative con l'O.S. ricorrente e, conseguentemente, negoziare su tutte le materie indicate dal 2° comma dell'art 6 del CCNL, onde poi formulare la proposta contrattuale da sottoporre all'approvazione del sindacato, ha ritenuto di "saltare" la fase delle trattative o, meglio, di trattare le materie di cui all'art. 6 esclusivamente con gli RSU -in violazione dell'art. 7 del CCNL, che individua le delegazioni trattanti a livello di istituzione scolastica, nelle RSU e nei rappresentanti territoriali delle XX.XX. firmatarie del CCNL-, formulando all'esito la proposta contrattuale.
Detto comportamento ha indotto quindi l'estromissione del ricorrente dalle trattative, posto che la successiva sottoposizione ad esso della proposta contrattuale, per l'approvazione, certamente ha escluso, per il ricorrente, la possibilità di essere parte attiva del processo formativo dell'accordo sindacale; ha escluso, praticamente, la possibilità del sindacato di negoziare preventivamente le forme di tutela dei diritti del personale scolastico, nonché dei diritti sindacali di cui al punto f) dell'art. 6 del CCNL, venendo informato preventivamente sulle modalità ed i tempi di gestione della scuola e della ripartizione delle risorse economiche del dirigente, nonché di negoziare le forme di prevenzione della conflittualità delle relazioni sindacali.
La condotta della resistente assume, a parere del giudicante, il carattere della antisindacalità in quanto in aperta violazione dei diritti all'informazione e di contrattazione che il CCNL della scuola riconosce alle XX.XX. Ed invero, la finalità dell'incontro tra le parti sociali è quella di contemperare una serie di interessi giuridicamente rilevanti, al fine di migliorare le condizioni di lavoro e la professionalità dei dipendenti e nel contempo mantenere elevata l'efficacia e l'efficienza dei servizi per la collettività. L'art. 6 del CCNL, come visto innanzi, garantisce l'attivazione dell'informazione, della consultazione e della contrattazione in una serie di materie.
Pertanto, posto che l'attività del sindacato non si esaurisce solo sul posto di lavoro, ma si estende a tutti quei casi nei quali la contrattazione riconosce al sindacato posizioni partecipative dei processi decisionali, ne deriva che ogniqualvolta il datore di lavoro elude tale prerogativa, rendendo di fatto nullo il ruolo del sindacato nella fase di informativa e di consultazione, sussiste la condotta antisindacale (nello stesso senso, Trib. Avellino, decreto del 28.6.2003).
In giurisprudenza, comunque, è pacifico l'orientamento che afferma la antisindacalità della condotta datoriale in caso di violazione di disposizioni, di legge o contrattuali, che riconoscono al sindacato il diritto di informazione e di consultazione (cfr., X. Xxxx, 00-00-0000, Xxx. Xxxxxx, 13-03-2001, Trib. Pistoia, 29-02-2000 ).
(Omissis)
Il mancato rispetto del ruolo del sindacato concordato in sede di contrattazione costituisce certamente condotta antisindacale in quanto mette in discussione la credibilità e l'immagine del sindacato, vanificandone l'azione e sminuendo il ruolo di agente contrattuale soprattutto agli occhi dei lavoratori che, in tal caso, ben possono ritenere di non essere validamente rappresentati.
L'esclusione del ricorrente dalla trattativa e dalla consultazione, considerata anche l'importanza degli argomenti da trattare, appare anche in contrasto con i principi di buona fede e correttezza in quanto altera le regole del confronto sindacale stabilite in sede di contrattazione, dando luogo ad atteggiamenti di negazione del ruolo svolto dalle XX.XX., Non v'è dubbio che tale atteggiamento toglie credibilità al ricorrente, il quale si è visto spogliato della sua effettiva rappresentatività in seguito al disconoscimento del ruolo dialettico e di potere contrattuale.
Quanto alla intenzionalità della condotta, basta osservare che la più recente giurisprudenza, cui questo Xxxxxxx ritiene di aderire, esclude la necessità della dimostrazione della intenzionalità della condotta datoriale ai fini della qualificazione della antisindacalità; sul punto si è pronunciata la Suprema Corte a Sezione Unite (sent.n. 5295 del 12.6.1997) affermando che " ai fini della valutazione della antisindacalità della condotta datoriale è sufficiente che il giudice accerti che il comportamento del datore di lavoro abbia oggettivamente leso la libertà sindacale o il diritto di sciopero, non essendo necessario (ma nemmeno sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte dell'imprenditore" (conf. Cass. 00.0.0000 x.0000; id. n. 1600 del 16 .2.1998).
Sussiste nella specie anche l'attualità della condotta.
Ed invero, l'attualità della condotta antisindacale, che costituisce presupposto necessario per l'esperibilità dell'azione ex art. 28 l. 20 maggio 1970 n. 300, in quanto diretta ad una pronunzia costitutiva e non di mero accertamento, non è esclusa dall'esaurirsi della singola azione sindacale del datore di lavoro, ove il comportamento illegittimo di questi risulti tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell'attività sindacale (in tal senso, Cass., sez. lav., 02-06-1998, n. 5422).
(Omissis)
Conseguentemente, va ordinata alla resistente la immediata cessazione della condotta antisindacale di cui sopra, con il conseguente ordine, per rimuoverne gli effetti, di convocare formalmente il ricorrente per le trattative inerenti le materie di cui all'art. 6 del CCNL per il corrente anno scolastico entro e non oltre il termine di gg. 10 dalla comunicazione della presente ordinanza e di formulare la conseguente proposta contrattuale entro i successivi 10 giorni decorrenti dalla riunione fissata entro il termine che precede.
Le spese seguono la soccombenza
P. Q. M.
Accoglie in parte il ricorso ex art. 28 L. n. 300/70 proposto dalla ……O.S., in persona del segretario provinciale sig.
….., nei confronti del Dirigente e, per l'effetto, così provvede:
1) dichiara antisindacale la condotta posta in essere dal resistente con riferimento alla omessa convocazione del ricorrente per le trattative relative alle materie oggetto di contrattazione integrativa d'istituto ed alla omessa formulazione della conseguente proposta contrattuale, con riferimento al corrente anno scolastico;
2) ordina, per l'effetto, al Dirigente di convocare formalmente il ricorrente per le trattative inerenti le materie di cui all'art. 6 del CCNL per il corrente anno scolastico entro e non oltre il termine di gg. 10 dalla comunicazione della presente ordinanza e di formulare la conseguente proposta contrattuale entro i successivi 10 giorni;
3) condanna il resistente al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente, che liquida in complessive €
………… (di cui per onorari), oltre accessori.
Si comunichi a cura della cancelleria. Bari, 11.3.2004
Il giudice del lavoro Dott.ssa Xxxxxxx Xxxxxxxx
Tribunale di Roma – Giudice del lavoro, Sentenza n. 205113 del 15 luglio 2003 - modalita' e procedura della contrattazione decentrata – comportamento antisindacale - soggetti necessari alla stipula e sottoscrizione – principio del massimo consenso possibile
omissis
FATTO
ricorso ex art.28 legge n.300 del 1970 con cui il Coordinamento della Provincia di Roma clella rappresentanza Sindacale dí Base Federazione, dei Pubblico Impiego R.D.B. P.I., lamentando gravi irregolarita' poste in atto dalla Amministrazione Provinciale di Roma nelle modalità e nei termini della contrattazione di un Accordo prelìminare al Contratto Collettivo Decentrato Integrativo …………..chiede dichiararsi l'antisìndacalità del comportamento dell'Amministrazione Provinciale di Roma ……………secondo la stessa parte rícorrente la RSU si confiqura come agente negoziale necessario nelle trattative per la definizione deglì accordi decentrati e per la stipulazione dei relativi contratti e deve obbligatoriamente esservi coinvolta.
Il GIUDICE DESIGNATO
…………..appare evidente che il Coordinamento della Provincia di Roma della rappresentanza Sindacale di Base Federazione dei Pubblico Impiego difetta dì legittimazione attiva onde va rilevata la fondatezza della relativa eccezione di parte convenuta, secondo cui il Coordinamento predetto non ha titolo autonomo o diretto a lamentare lesìoni o a richiedere una tutela di interessi di cui è titolare la RSU, mentre è ammesso che lo stesso RDB non è legittimato alla sottoscrizione del contratto íntegrativo.
Va infatti tenuto presente che, in base all'Accordo Quadro 7.8.1998, le RSU sono subentrate alle rappresentanze sindacali aziendali nelle titolarità dei diritti sindacali con la conseguenza che le organizzazioni sindacali anche locali sono venute a perdere la titolarítà di posizione sindacale autonoma.
Ma l'art-28 richiede per la legittimazione attiva che l'azione sia promossa dall'organismo locale delle associazioni sindacali nazionali, intendendosi questo orqanismo locale come articolazione periferica ma pur sempre dotata di propria autonomia e soggettività
Non può ritenersi provato ….che il Coordinamento della Provincia di Roma della rappresentanza Sindacale di Base Federazione dei Pubblico impiego abbia siffatte caratteristiche, …….
Comunque nel merito il ricorrente lamenta il rifiuto della Provincia di rinviare la sottoscrizione dell'accordo preliminare al contratto collettivo decentrato per consentire l'esame della relativa proposta da parte del Consiglio della RSU nonché la sottoscrìzione, di detto contratto solo da alcuni membri della RSU e senza il rispetto dei principio maggioritario.
La prima lagnanza poteva avere un peso signifícativo se l'ipotesi di accordo avesse contenuto soluzioni nuove, mai emerse nelle precedenti lunghe trattative e quindi mai valutate prima, nulla al riguardo è stato peraltro dedotto, ed è comprensibile giacché a ben vedere solo la RSU (che non è parte in questo procedimento) poteva sollevare precise obiezioni ai riguardo.
Quanto al contratto collettivo-decentrato, non esistono norme regolatrici circa i soggetti necessari alla relativa stipula e sottoscrizione, mentre il CCNL delle autonomie locali (e in linea con lo stesso, l'accordo quadro 7.8.98 sulla costituzione delle RSU) espressamente prevede soltanto che nella contrattazione collettiva integrativa i poteri e le decisioni contrattuali vengano esercitati (con pari poteri) dalle RSU e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categorie firmatarie del relativo CCNL.
Da ciò consegue che non esiste la necessità della sottoscrizione da parte della RSU e non vige neanche il principio che le decisioni negoziali in sede decentrata siano prese a maggioranza, mentre appare legittima la stipulazione che avvenga con ricerca del rnassimo consenso possibile.
Per tutte queste considerazioni, s'impone il rigetto del rìcorso. Sussistono peraltro giusti motívi per compensare tra le parti le spese di lite.
p-q-m-
rigetta il ricorso. Spese compensate Roma, 15.7.2003
C) ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN IN MATERIA DI ASSISTENZA E CONSULENZA ALLE AMMINISTRAZIONI RAPPRESENTATE.
E' possibile avere assistenza dell'ARAN da parte dei singoli lavoratori nella interpretazione delle clausole contrattuali ?
Riteniamo opportuno precisare che l'ARAN, ai sensi dell'art. 50, comma 1, del D.Lgs. n. 29/1993, svolge attività di consulenza, per la uniforme applicazione dei contratti collettivi, esclusivamente a favore delle amministrazioni rappresentate. Pertanto, dovranno essere i singoli Enti, nell'ambito degli autonomi poteri di gestione, a valutare il caso e, conseguentemente, individuare la più corretta soluzione nel rispetto delle fonti legislative e contrattuali vigenti.
Qualora la questione da affrontare non dovesse risultare di agevole soluzione, sarà l'Ente che potrà decidere, altrettanto autonomamente, di richiedere l'assistenza all'ARAN. (tel 06/00000000)
Nota: Il richiamo all’art. 50 del D. Lgs. 29/93 deve ora intendersi riferito all’art. 46 del D. Lgs. 165/2001
E' possibile avere la collaborazione dell'ARAN per la contrattazione collettiva integrativa e per la riorganizzazione degli uffici e servizi?
L'art. 50, comma 2, del D.Lgs. n. 29/1993 prevede espressamente che le pubbliche amministrazioni possano avvalersi dell'assistenza dell'ARAN per gli aspetti attinenti la contrattazione integrativa. Per questa finalità, pertanto, siamo disponibili ad offrire tutto il contributo possibile, compatibilmente con gli impegni istituzionali derivanti dai vincoli della contrattazione nazionale.
Suggeriamo di concordare un incontro presso la nostra sede, anche in via informale, per valutare i problemi locali e gli eventuali interventi (tel.
06/00000000).
Nota: Il richiamo all’art. 50 del D. Lgs. 29/93 deve ora intendersi riferito all’art. 46 del D. Lgs. 165/2001
Come deve essere considerata l'attività di negoziazione in sede decentrata? L'ARAN ha poteri di controllo sui contratti stipulati dagli enti? Può denunciare o sanzionare eventuali illegittimità?
Riteniamo opportuno, preliminarmente, ricordare che nel sistema complessivo delineato dal D.Lgs. n. 29/1993, come modificato ed integrato dai Decreti Legislativi n. 396/1997, n. 80/1998 e n. 387/1998, tutte le attività connesse all'amministrazione e gestione del personale sono rimesse all'autonoma valutazione e decisione degli Enti, con conseguente e piena assunzione di responsabilità in materia. Fra queste rientra sicuramente anche l'attività connessa alla stipulazione dei contratti collettivi decentrati che si configura come quella attività con la quale il datore di lavoro pubblico definisce, con la partecipazione ed il consenso delle XX.XX., le regole per l'amministrazione e la gestione del personale.
A conferma di tale impostazione l'art. 4 del D.Lgs. n. 29/1993, nel nuovo testo, stabilisce che le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono adottati dagli organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato. Tale principio vale anche e soprattutto per la contrattazione collettiva, che rappresenta una delle più significative innovazioni introdotte dal D.Lgs.n.396/1997. Infatti, con il passaggio della contrattazione decentrata alla contrattazione integrativa, ha inteso valorizzare gli spazi di autonoma valutazione e decisione degli Enti in materia di gestione del personale in modo da garantire la possibilità di un più adeguato soddisfacimento di loro specifici interessi organizzativi e funzionali.
In tale direzione si è mosso anche il CCNL dell'1.4.1999 che, evitando il ripetersi delle esperienze del passato, ha demandato alle autonome decisioni degli Enti la definizione di molti e significativi aspetti della disciplina del rapporto di lavoro e del trattamento economico accessorio.
Tuttavia a livello decentrato non vi è una situazione di piena negoziabilità, in quanto per espressa previsione dell'art.45 del D.Lgs.n.29/1993, in ossequio dei principi in materia di rapporto tra livelli contrattuali diversi, la contrattazione integrativa deve svolgersi nei limiti segnati dal Contratto Collettivo Nazionale, anche e soprattutto sotto il profilo dei costi. Tale coerenza tra livelli contrattuali è garantita dalla previsione della sanzione della nullità delle clausole del contratto decentrato integrativo difformi rispetto al contratto nazionale.
Rispetto a tale disciplina, il D.Lgs. n. 29/1993 non riconosce all'Aran alcuna forma di poteri ispettivi o di controllo, o comunque di verifica ed approvazione preventiva o successiva dei contenuti dei contratti decentrati integrativi.
La previsione dell'art. 5, comma 5, del CCNL dell'1.4.1999, dell'invio all'Aran dei contratti decentrati integrativi non risponde, quindi, ad alcuna esigenza di controllo ma vale a consentire solo un'attività di studio e monitoraggio dell'andamento della contrattazione di 2° livello ai fini della contrattazione collettiva, anche in vista dei rinnovi contrattuali.
Inoltre, occorre evidenziare che l'acquisizione dei contratti integrativi consente all'Aran anche di assolvere ad altri due specifici compiti previsti dall'art.50 commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 29/1993:
1) la predisposizione, con cadenza trimestrale, di un rapporto sulle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti da inviare al Governo, ai Comitati di Settore ed alle Commissioni parlamentari;
2) l'istituzione e l'attivazione dell'apposito osservatorio paritetico, quindi aperto alla partecipazione delle XX.XX., con compiti sempre di monitoraggio sull'applicazione dei contratti collettivi nazionali e, appunto, sulla contrattazione integrativa.
Inoltre, occorre anche considerare che l'attribuzione all'Aran di poteri di verifica, finalizzati all'eventuale annullamento, avrebbe finito per reintrodurre una forma di controllo esterno sulla contrattazione di 2° livello, che invece il legislatore ha sicuramente inteso eliminare, valorizzando al contrario gli organismi di controllo interno agli Enti.
Tuttavia, se pure l'Aran non dispone di poteri di controllo o di approvazione dei contratti integrativi, e conseguentemente non ha alcun obbligo di segnalazione di eventuali clausole difformi, non può trascurarsi la delicatezza e rilevanza della materia, richiamando l'attenzione degli Enti del Comparto sui contenuti dei contratti integrativi che vanno a stipulare. Infatti, ai sensi degli articoli 1421 e 1422 del codice civile, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse, può essere rilevata d'ufficio ed è imprescrittibile.
Pertanto, essa potrebbe essere fatta valere anche a distanza di tempo dalla stipulazione del contratto integrativo ed ove riguardi clausole comportanti comunque costi a carico degli Enti, si potrebbero determinare delicati problemi di responsabilità per danno a carico non solo del rappresentante dell'amministrazione che lo ha stipulato ma anche di coloro che vi abbiano dato attuazione.
Infatti, l'art. 45, comma 4, del D.Lgs. n. 29/1993 espressamente stabilisce non solo che le clausole difformi sono nulle ma anche che esse non possono essere applicate, richiamando quindi anche la responsabilità di coloro che sono chiamati ad applicare e gestire le clausole contrattuali.
Nota: I richiami al D. Lgs. 29/93 devono ora intendersi riferiti alle corrispondenti disposizioni del D. Lgs. 165/2001
Che valore hanno le risposte fornite dall’ARAN ai quesiti formulati dalle Amministrazioni?
Le risposte che la nostra Agenzia fornisce in relazione ai quesiti formulati dagli enti, devono essere ricondotte nell'ambito della “attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi”, espressamente prevista dall'art. 50, comma 1, del D. Lgs. n. 29/1993.
Le stesse risposte, pertanto, assumono il contenuto di un orientamento di parte datoriale, e quindi non hanno carattere vincolante e non rivestono neanche la caratteristica della “interpretazione autentica” per la quale, invece, è prescritto uno specifico procedimento negoziale.
Gli enti, quindi, hanno piena disponibilità sulla valutazione delle singole questioni, e sulla indicazione delle soluzioni coerenti con le clausole contrattuali nel rispetto dei principi fondamentali di correttezza e buona fede.
Nota: Il richiamo all’art. 50, comma 1, del D. Lgs. 29/93 deve ora intendersi riferito all’art. 46, comma 1, del D. Lgs. 165/2001
Allo stato attuale quali sono le fonti normative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti di amministrazioni pubbliche?
A seguito della sottoscrizione del CCNL del 14.9.2000, devono ritenersi caducate e, quindi, prive di efficacia, tutte le previgenti disposizioni in materia di rapporto di lavoro e di trattamento economico, contenute sia nel DPR n. 3 del 1957
sia nei vari decreti del Presidente della Repubblica di recepimento degli accordi nazionali relativi al personale delle Autonomie locali.
La disapplicazione delle predette disposizioni deriva dalla chiara previsione dell'art. 72 del D.Lgs. n. 29 del 1993 (ora
D. Lgs. 165 del 2001), previsione che ha trovato conferma nell'art. 51 del CCNL del 14.9.2000.
Il CCNL sottoscritto il 5 ottobre 2001, può essere applicato anche senza la certificazione positiva della Corte dei Conti?
SI. Il contratto è stato legittimamente sottoscritto dall'ARAN e dalle Organizzazioni sindacali, nel rispetto della disciplina prevista dall'art. 47 del d. lgs. n. 165 del 2001; di conseguenza le sue clausole, giuridiche ed economiche, devono essere coerentemente applicate da tutti i datori di lavoro del Comparto delle Regioni e delle Autonomie locali.
Informazione (Art. 7 CCNL del 1/4/1999) 1. L'ente informa periodicamente e tempestivamente i soggetti sindacali di cui all'art. 10, comma 2, sugli atti di valenza generale, anche di carattere finanziario, concernenti il rapporto di lavoro, l'organizzazione degli uffici e la gestione complessiva delle risorse umane. 2. Nel caso in cui si tratti di materie per le quali il presente CCNL prevede la concertazione o la contrattazione collettiva decentrata integrativa, l'informazione deve essere preventiva. 3. Ai fini di una più compiuta informazione le parti, su richiesta di ciascuna di esse, si incontrano con cadenza almeno annuale ed in ogni caso in presenza di: iniziative concernenti le linee di organizzazione degli uffici e dei servizi; iniziative per l'innovazione tecnologica degli stessi; eventuali processi di dismissione, di esternalizzazione e di trasformazione, tenuto anche conto di quanto stabilito dall'art. 11, comma 5, del CCNL quadro per la definizione dei comparti di contrattazione del 2 giugno 1998. 4. Nei casi di cui all'art. 19 del D.Lgs. 626/94 è prevista la consultazione del rappresentante della sicurezza. La consultazione è altresì effettuata nelle materie in cui essa è prevista dal D.Lgs. 29/93. | ora D.Lgs. n. 165/2001 |
Concertazione | ATTENZIONE |
(Art. 8 CCNL del 1/4/1999) 1. Ciascuno dei soggetti di cui all'art. 10, comma 2, ricevuta l'informazione, ai sensi dell'art.7, può attivare, entro i successivi 10 giorni, la concertazione mediante richiesta scritta. In caso di urgenza, il termine è fissato in cinque giorni. Decorso il termine stabilito, l'ente si attiva autonomamente nelle materie oggetto di concertazione. La procedura di concertazione, nelle materie ad essa riservate non può essere sostituita da altri modelli di relazioni sindacali. | Articolo così sostituito dall’art. 6 del CCNL del 22.1.2004 |
2. La concertazione si effettua per le materie previste dall'art.16, comma 2, del CCNL del 31.3.1999 e per le seguenti materie: a) articolazione dell'orario di servizio; b) calendari delle attività delle istituzioni scolastiche e degli asili nido; c) criteri per il passaggio dei dipendenti per effetto di trasferimento di attività o di disposizioni legislative comportanti trasferimenti di funzioni e di personale; d) andamento dei processi occupazionali; e) criteri generali per la mobilità interna. | |
3. La concertazione si svolge in appositi incontri, che iniziano entro il quarto giorno dalla data di ricezione della richiesta; durante la concertazione le parti si adeguano, nei loro comportamenti, ai principi di responsabilità, correttezza e trasparenza. | |
4. La concertazione si conclude nel termine massimo di trenta giorni dalla data della relativa richiesta. Dell'esito della stessa è redatto specifico |
verbale dal quale risultino le posizioni delle parti. 5. La parte datoriale è rappresentata al tavolo di concertazione dal soggetto o dai soggetti, espressamente designati dall'organo di governo degli enti, individuati secondo i rispettivi ordinamenti. |
Quesito: B13. Le modifiche della dotazione organica sono oggetto di concertazione?
- Quanto sopra è confermato anche dall'art.6 del CCNL del 22.1.2004.
- Quanto sopra è confermato anche dall'art.6 del CCNL del 22.1.2004.
Giurisprudenza
Posto quindi che la procedura per l'istituto partecipativo della concertazione è stata rispettata, che non emerge in alcun modo che l'Ente si sia sottratto nella procedura al confronto violando regole di buona fede e di correttezza, che di fatto la ricorrente lamenta esclusivamente il "merito" della scelta e quindi l'adozione unilaterale di una decisione contrastante con gli esiti del confronto (almeno con riferimento alla sigla sindacale ricorrente ), che tale doglianza non tiene però in alcun conto della natura del 'istituto della concertazione che non è, per come sopra rilevato, uno strumento negoziale, che la materia rientra nell'ambito della concertazione e non in quello della contrattazione integrativa, deve ritenersi che non sussista allo stato alcuna ragione per ritenere l'antisindacalità della condotta.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Relazioni sindacali (Art. 16 CCNL del 31/3/1999) 1. In attesa di rivedere il sistema delle relazioni sindacali riguardante la contrattazione collettiva integrativa, le parti convengono che, allo stato, le materie di contrattazione decentrata di cui all'art. 5, comma 3, del CCNL del 6.7.1995, sono integrate dalle seguenti: • completamento ed integrazione dei criteri per la progressione economica all'interno della categoria di cui all'art. 5, comma 2; • modalità di ripartizione delle eventuali risorse aggiuntive per il finanziamento della progressione economica e per la loro distribuzione tra i fondi annuali di cui all'art. 14. 2. Nell'ambito della revisione del sistema delle relazioni sindacali, da attuarsi in sede di rinnovo del CCNL del quadriennio 1998-2001, le parti convengono che le procedure di concertazione tra gli enti e le rappresentanze sindacali devono comunque riguardare la definizione dei criteri generali per la disciplina delle seguenti materie: a) svolgimento delle selezioni per i passaggi tra qualifiche; b) valutazione delle posizioni organizzative e relativa graduazione delle funzioni; c) conferimento degli incarichi relativi alle posizioni organizzative e relativa valutazione periodica; d) metodologia permanente di valutazione di cui all'art. 6; e) individuazione delle risorse aggiuntive per il finanziamento del fondo per la progressione economica interna alla categoria di cui all'art. 5; f) individuazione dei nuovi profili di cui all'art. 3, comma 6; g) attuazione delle regole relative agli aggiornamenti e/o modificazioni di cui all'art. 14, comma 2. Le procedure di concertazione di cui al presente comma sono effettuate attraverso un confronto che deve comunque concludersi entro il termine massimo di trenta giorni dalla sua attivazione. | |
Relazioni sindacali delle unioni di comuni (Art. 7 CCNL 22.1.2004) 1. Le relazioni sindacali delle unioni di comuni sono disciplinate dal titolo secondo del CCNL dell'1.4.1999 con riferimento a tutti i modelli relazionali indicati nell'art. 3, comma 2, dello stesso CCNL. Sino alla elezione della RSU di ciascuna unione, secondo la vigente disciplina, la delegazione sindacale trattante è composta dai delegati delle RSU degli enti aderenti e dai rappresentanti territoriali delle organizzazioni sindacali firmatarie del presente contratto. |
Dichiarazione congiunta n. 5 Allegata al CCNL del 22.1.2004 Le parti concordano sulla necessità che le unioni di comuni, come entità istituzionali autonome, diano piena attuazione alla disciplina del CCNQ del 7.8.1998 in particolare per gli aspetti relativi alla quantificazione e utilizzazione del monte ore dei permessi sindacali di ente. | |
Monitoraggio e verifiche (Art. 25 CCNL del 1/4/1999) 1. Per l'approfondimento di specifiche problematiche, in particolare concernenti l'organizzazione del lavoro, l'ambiente, l'igiene e sicurezza del lavoro, i servizi sociali, possono essere costituite, a richiesta, in relazione alle dimensioni delle amministrazioni e senza oneri aggiuntivi per le stesse, Commissioni bilaterali ovvero Osservatori con il compito di raccogliere dati relativi alle predette materie - che l'ente è tenuto a fornire - e di formulare proposte in ordine ai medesimi temi. I Comitati per le pari opportunità, istituiti ai sensi delle norme richiamate nell'art. 9 del CCNL del 6.7.1995, svolgono i compiti previsti dal presente comma. 2. La composizione degli organismi di cui al comma 1, che non hanno funzioni negoziali, è di norma paritetica e deve comprendere una adeguata rappresentanza femminile. 3. Le Regioni, l'ANCI, l'UPI, l'UNIONCAMERE, l'UNCEM, le IPAB e le organizzazioni sindacali possono prevedere la costituzione di un Osservatorio, con le finalità di cui al comma 1, in materia di mobilità relativa a trasferimento di funzioni o ad eventuali esuberi a seguito di processi di riorganizzazione o di dissesto finanziario nonché sui processi di formazione e aggiornamento professionale nonché sull'andamento della contrattazione e delle controversie individuali. |
Pari opportunità (Art. 19 CCNL del 14/9/2000) 1. Al fine di attivare misure e meccanismi tesi a consentire una reale parità tra uomini e donne all'interno del comparto, nell'ambito delle più ampie previsioni dell'art. 2, comma 6, della L.125/1991 e degli artt. 7, comma 1, e 61 del D.Lgs.n. 29/1993 saranno definiti, con la contrattazione decentrata integrativa, interventi che si concretizzino in “azioni positive” a favore delle lavoratrici. 2. Presso ciascun ente sono inoltre costituiti appositi comitati per le pari opportunità, composti da un rappresentante dell'ente, con funzioni di presidente, da un componente designato da ognuna delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL e da un pari numero di funzionari in rappresentanza dell'ente, nonché dai rispettivi supplenti, per i casi di assenza dei titolari. 3. I comitati per le pari opportunità hanno il compito di: a) svolgere, con specifico riferimento alla realtà locale, attività di studio, ricerca e promozione sui principi di parità di cui alla L. 903/1977 e alla L. 125/1991, anche alla luce dell'evoluzione della legislazione italiana ed estera in materia e con riferimento ai programmi di azione della Comunità Europea; b) individuare i fattori che ostacolano l'effettiva parità di opportunità tra donne e uomini nel lavoro proponendo iniziative dirette al loro superamento alla luce delle caratteristiche del mercato del lavoro e dell'andamento dell'occupazione femminile in ambito locale, anche con riferimento alle diverse tipologie di rapporto di lavoro; c) promuovere interventi idonei a facilitare il reinserimento delle lavoratrici dopo l'assenza per maternità e a salvaguardarne la professionalità; d) proporre iniziative dirette a prevenire forme di molestie sessuali nei luoghi di lavoro, anche attraverso ricerche sulla diffusione e sulle caratteristiche del fenomeno e l'elaborazione di uno specifico codice di condotta nella lotta contro le molestie sessuali. 4. Gli enti assicurano, mediante specifica disciplina, le condizioni e gli strumenti idonei per il funzionamento dei Comitati di cui al comma 2. 5. In sede di negoziazione decentrata a livello di singolo ente, tenendo conto delle proposte formulate dai comitati per le pari opportunità, sono concordate le misure volte a favorire effettive pari opportunità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo professionale, considerando anche la posizione delle lavoratrici in seno alla famiglia, con particolare riferimento a: a) accesso ai corsi di formazione professionale e modalità di svolgimento degli stessi; b) flessibilità degli orari di lavoro in rapporto a quelli dei servizi sociali; c) perseguimento di un effettivo equilibrio di posizioni funzionali a parità di requisiti professionali, di cui si deve tener conto anche nell'attribuzione di incarichi o funzioni più qualificate, nell'ambito delle misure rivolte a superare, per la generalità dei dipendenti, l'assegnazione in via permanente di mansioni estremamente parcellizzate e prive di ogni possibilità di evoluzione professionale; d) individuazione di iniziative di informazione per promuovere comportamenti coerenti con i principi di pari opportunità nel lavoro. 6. Gli effetti delle iniziative assunte dagli enti, a norma del comma 5, formano oggetto di | ora artt. 7, comma 1, e 57 del D.Lgs.n. 165/2001, |
valutazione dei Comitati di cui al comma 2, che elaborano e diffondono, annualmente, uno specifico rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuno dei profili delle diverse categorie ed in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e della promozione professionale, dei passaggi di categoria e della progressione economica all'interno della categoria nonché della retribuzione complessiva di fatto percepita. 7. I Comitati per le pari opportunità rimangono in carica per un quadriennio e comunque fino alla costituzione dei nuovi. I loro componenti possono essere rinnovati nell'incarico per una sola volta. 8. I Comitati per le pari opportunità si riuniscono trimestralmente o su richiesta di almeno tre componenti. |
ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN
CAPO II SOGGETTI SINDACALI Soggetti sindacali nei luoghi di lavoro (Art. 9 CCNL del 1/4/1999) 1. I soggetti sindacali nei luoghi di lavoro sono: a) le rappresentanze sindacali unitarie (R.S.U.) elette ai sensi dell'accordo collettivo quadro per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale, stipulato il 7 agosto 1998; b) gli organismi di tipo associativo delle associazioni sindacali rappresentative previste dall'art. 10, comma 2, dell'accordo collettivo indicato nella lettera a). 2. I soggetti titolari dei diritti e delle prerogative sindacali, ivi compresi quelli previsti dall'art.10, comma 3, del CCNL quadro sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi sindacali stipulato il 7 agosto 1998, sono quelli previsti dall'art. 10, comma 1, del medesimo accordo. | Si vedano gli orientamenti applicativi relativi al Capo III |
Composizione delle delegazioni (Art.10 CCNL del 1/4/1999) 1. Ai fini della contrattazione collettiva decentrata integrativa, fatto salvo quanto previsto dall'art. 6, ciascun ente individua i dirigenti - o, nel caso enti privi di dirigenza, i funzionari - che fanno parte della delegazione trattante di parte pubblica. 2. Per le organizzazioni sindacali, la delegazione è composta: • dalle R.S.U; • dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali territoriali di categoria firmatarie del presente CCNL. 3. Gli enti possono avvalersi, nella contrattazione collettiva integrativa decentrata, dell'assistenza dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (A.R.A.N.). |
Quesito: B 5. E’ possibile ammettere consulenti esterni alle fasi negoziali?
Riteniamo utile premettere che soggetti, anche qualificati, estranei all'ente e non caratterizzati da uno specifico rapporto di lavoro subordinato (anche a tempo determinato) non sono titolati ad agire in nome e per conto dell'ente interessato. Avvertiamo, peraltro, l'esigenza di integrare le precedenti considerazioni ponendo in evidenza che lo stesso ente, in base alle vigenti fonti legislative, può avvalersi di consulenze specialmente quando la natura e la complessità dei problemi lo richiedano.
Anche in materia di contrattazione, pertanto, può essere utile, su temi di particolare rilievo, poter disporre del contributo di esperti esterni, al fine di consentire alla delegazione trattante di acquisire la necessaria padronanza della materia in discussione.
E' da escludere, in ogni caso, la partecipazione dell'esperto o del consulente alle diverse fasi negoziali con l'assunzione, anche parziale, del potere di intervenire, in qualità di componente, nella conduzione delle trattative.
Quesito: B 6. Come deve essere composta la delegazione trattante di parte pubblica? Ne possono far parte i politici?
Rileviamo anzitutto che la clausola contrattuale (art. 10 del CCNL dell'1.4.1999) si presenta estremamente chiara nella sua formulazione e che la conseguente applicazione, come tutta la disciplina del CCNL, è affidata alla autonoma e responsabile valutazione degli enti.
Prendiamo atto, peraltro, che, in più circostanze, le Associazioni degli Enti hanno affermato che la scelta relativa alla partecipazione o meno del Sindaco/Presidente o di un Assessore alla delegazione di parte pubblica dovesse essere autonomamente praticata da ogni singolo Ente, nell'ambito della autonomia organizzativa dell'ordinamento vigente.
Sulla questione riteniamo di dover aggiungere che la presenza nella stessa delegazione di uno o più dirigenti (o funzionari, in assenza di personale con qualifica dirigenziale) è senza alcun dubbio indispensabile per rispetto della specifica clausola del CCNL.
Per completezza di informazione segnaliamo che il Tribunale di Lametia Terme – Sezione Lavoro – con ordinanza del 26.1.2000 ha ordinato l'estromissione di un rappresentante politico da una delegazione trattante, per contrasto con l'art. 10, comma 1, del CCNL dell'1.4.1999.
Quesito: B11. Ci sono dei criteri per stabilire la composizione numerica massima della delegazione trattante di parte sindacale? Xxxxxx partecipare anche i rappresentanti delle Confederazioni?
Riteniamo utile, prioritariamente, richiamare l'attenzione sull'art. 10, comma 2, del CCNL dell'1.4.1999 che individua la delegazione trattante di parte sindacale nei seguenti soggetti: la RSU e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali territoriali di categoria firmatarie dello stesso CCNL.
Non sono, pertanto, previsti altri rappresentanti per le confederazioni o federazioni non meglio identificate.
Sul numero dei "rappresentanti" effettivamente, il contratto non individua, e non poteva individuare, una regola di comportamento rivolta a predefinire l'entità dei soggetti presenti.
Di norma, peraltro, avviene che il presidente della delegazione di parte pubblica, in sede di avvio delle trattative, ricerca, con la controparte sindacale, un punto di incontro sul numero massimo dei partecipanti per ogni sigla, anche al fine di rendere più produttivi i lavori e consentire, così, una sollecita e positiva conclusione del negoziato.
Ci sembra opportuno, con l'occasione, richiamare l'attenzione sulla regola prevista dall'art.10 comma 7 del contratto quadro sui permessi e distacchi sindacali del CCNQ del 7.8.1998, secondo la quale le trattative devono svolgersi preferibilmente al di fuori del normale orario di lavoro e che le ore destinate a tali trattative durante l'orario devono essere scomputate dal monte ore dei permessi sindacali che ogni sigla ha a disposizione annualmente; le stesse ore non possono essere considerate, pertanto, a carico dell'ente, in aggiunta a predetti permessi, magari anche con effetto sulle prestazioni straordinarie!
Quesito: B12. Con quali criteri può essere definita la composizione della delegazione trattante di parte pubblica? Sono consentite le dimissioni?
Riteniamo utile sottolineare che in materia non esistono regole giuridiche o modelli comportamentali oggettivi da seguire, dovendosi fare riferimento al buon senso ed ai principi generali di correttezza e buona fede nei rapporti reciproci tra chi conferisce l'incarico ed il destinatario dello stesso.
L'ente individua i componenti ed il presidente della delegazione trattante di parte pubblica tenendo conto delle competenze e conoscenze possedute dai dirigenti (o dai funzionari negli enti di ridotte dimensioni demografiche) e delle esigenze connesse alla contrattazione da soddisfare.
Ove sussistano particolari motivazioni di opportunità (ad esempio coinvolgimento nella discussione di aspetti personali; sussistenza di particolari rapporti con le OO. SS. od altro), riteniamo che ben possa il componente o il presidente dimettersi dall'incarico, evidenziando la situazione giustificativa di tale comportamento. Lo stesso può accadere anche nel caso in cui il presidente non condivida i contenuti che la trattativa debba assumere, sulla base dell'atto di indirizzo ricevuto, oppure che sia chiamato a sottoscrivere un contratto dai contenuti non condivisi, dato che comunque sullo stesso graverebbe la responsabilità di tali contratti.
Pertanto, poiché contrasta con i principi della logica e del buon senso richiedere oppure obbligare un soggetto a comportamenti contrastanti con la sua volontà e tenuto conto anche dell'impossibilità giuridica di costringerlo ad un fare, non può dubitarsi della possibilità del presidente della delegazione di parte pubblica di presentare le proprie dimissioni. Infatti, diversamente ritenendo, si trascurerebbe il venire meno del rapporto di reciproca fiducia che deve sussistere tra chi conferisce l'incarico e chi lo riceve, che rappresenta un elemento indispensabile per la corretta esecuzione dell'incarico stesso.
Per le dimissioni riteniamo che, trattandosi di attività svolte con i poteri e la capacità del privato datore di lavoro, sia sufficiente una semplice comunicazione con l'indicazione delle cause giustificative delle stesse.
Queste, ovviamente, saranno indirizzate allo stesso soggetto che ha conferito l'incarico e cioè alla giunta cui spetta, quale organo di vertice del comune, non solo la formalizzazione delle designazioni dei componenti e la individuazione del presidente della delegazione trattante ma anche la formulazione dell'atto di indirizzo.
E' evidente che a seguito delle dimissioni si dovrà procedere alla individuazione di un nuovo presidente.
CAPO III DIRITTI E PREROGATIVE SINDACALI Diritto di assemblea (Art. 56 CCNL del 14/9/2000) 1. I dipendenti degli enti hanno diritto di partecipare, durante l'orario di lavoro, ad assemblee sindacali in idonei locali concordati con l'amministrazione, per 12 ore annue pro capite senza decurtazione della retribuzione. 2. Per tutte le altre modalità di esercizio del diritto di assemblea trova applicazione la specifica disciplina contenuta nell'art.2 dell'Accordo collettivo quadro sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali del 7.8.1998. | Alcuni orientamenti applicativi Aran sulle prerogative sindacali sono collocati alla fine di questo Capo |
Contributi sindacali (Art. 12 bis CCNL del 6/7/1995 (aggiunto dall’art. 2 CCNL del 13/5/1996)) 1. I dipendenti hanno facoltà di rilasciare delega, a favore dell'organizzazione sindacale da loro prescelta, per la riscossione di una quota mensile dello stipendio per il pagamento dei contributi sindacali nella misura stabilita dai competenti organi statutari. La delega è rilasciata per iscritto ed è trasmessa all'amministrazione a cura del dipendente o dell'organizzazione sindacale interessata. 2. La delega ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello del rilascio. 3. Il dipendente può revocare in qualsiasi momento la delega rilasciata ai sensi del comma 1 inoltrando la relativa comunicazione all'amministrazione di appartenenza e all'organizzazione sindacale interessata. L'effetto della revoca decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della stessa. 4. Le trattenute devono essere operate dalle singole amministrazioni sulle retribuzioni dei dipendenti in base alle deleghe ricevute e sono versate mensilmente alle organizzazioni sindacali interessate secondo modalità concordate con l'amministrazione. 5. Le amministrazioni sono tenute, nei confronti dei terzi, alla segretezza sui nominativi del personale delegante e sui versamenti effettuati alle organizzazioni sindacali." | |
Disciplina a livello territoriale dei permessi sindacali (Art. 23 CCNL del 5/10/2001) 1. Le amministrazioni comunali che, al termine di ogni anno, accertino la mancata utilizzazione, in tutto o in parte, della quota dei permessi di spettanza delle organizzazioni sindacali ai sensi dell'art 3 del contratto collettivo quadro del 9.8.2000 (esclusa, quindi, la quota di spettanza della RSU), quantificano il valore economico della relativa temporizzazione, rapportata a ore, e assegnano le corrispondenti risorse finanziarie all'ANCI regionale competente per territorio entro il mese di gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento; la base di calcolo corrisponde alla nozione di retribuzione di cui al comma 2, lett. c) dell'art. 52 del CCNL del 14.9.2000. 2. Il monte ore dei permessi disponibili ai sensi del comma 1, viene utilizzato dai dipendenti dei Comuni che siano dirigenti delle organizzazioni sindacali territoriali |
rappresentative nel comparto delle Regioni e delle Autonomie locali nei limiti delle quote spettanti a ciascuna di esse nel rispetto del criterio di proporzionalità del livello di rappresentatività in ambito regionale. 3. All'accertamento del livello di rappresentatività provvede l'ANCI regionale nel rispetto degli stessi criteri definiti dall'art.43 del D.Lgs. n.165 del 2001 per il livello nazionale, acquisendo le relative informazioni dai Comuni interessati. 4. Le organizzazioni sindacali di comparto comunicano all'ANCI regionale i nominativi dei dirigenti che fruiscono dei permessi di cui al comma 2, la relativa durata e il Comune di appartenenza degli stessi dirigenti. 5. L'ANCI regionale trasferisce a ciascuno degli enti interessati l'importo corrispondente alla quota dei permessi fruiti dai rispettivi dipendenti in qualità di dirigenti sindacali, nei limiti delle disponibilità di cui al comma 1. 6. I permessi previsti dal presente articolo non possono essere cumulati per la fruizione di distacchi sindacali. |
A tutte le Amministrazioni del comparto Regioni - Autonomie locali
A tutte le Amministrazioni del comparto Sanità
Si ringrazia, in anticipo, per la cortese collaborazione
Se muta l’unità operativa ma non muta la sede, il nulla osta non è necessario.
Interpretazione autentica dei contratti collettivi (Art. 9 CCNL 22.1.2004) 1. In attuazione dell'art. 49 del D. Lgs. n. 165 del 2001, quando insorgano controversie sulla interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano, entro 30 giorni dalla richiesta di cui al comma 2, per definire consensualmente il significato della clausola controversa. 2. Al fine di cui al comma 1, la parte interessata invia alle altre, richiesta scritta con lettera raccomandata. La richiesta deve contenere una sintetica descrizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si basa; essa deve fare riferimento a problemi interpretativi e applicativi di rilevanza generale. 3. L'ARAN si attiva autonomamente o su richiesta del Comitato di settore. 4. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'art. 47 del D. Lgs. n. 165 del 2001 sostituisce la clausola controversa sin dall'inizio della vigenza del contratto collettivo nazionale. 5. Con analoghe modalità si procede tra le parti che li hanno sottoscritti, quando insorgano controversie sulla interpretazione dei contratti decentrati integrativi, anche di livello territoriale. L'eventuale accordo stipulato con le procedure di cui agli artt. 5 e 6 del CCNL dell'1.4.1999, sostituisce la clausola controversa sin dall'inizio della vigenza del contratto decentrato. 6. E' disapplicata la disciplina dell'art. 13 del CCNL del 6.7.1995. | |
CAPO IV PREVENZIONE DELLA CONFLITTUALITA’ Clausole di raffreddamento (Art. 11 CCNL del 1/4/1999) 1. Il sistema delle relazioni sindacali è improntato ai principi di correttezza, buona fede e trasparenza dei comportamenti ed orientato alla prevenzione dei conflitti. Entro il primo mese del negoziato relativo alla contrattazione decentrata le parti, qualora non vengano interrotte le trattative, non assumono iniziative unilaterali né procedono ad azioni dirette. Durante il periodo in cui si svolge la concertazione le parti non assumono iniziative unilaterali sulle materie oggetto della stessa. | |
Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing Art. 8 CCNL 22.1.2004 1. Le parti prendono atto del fenomeno del mobbing, inteso come forma di violenza morale o psichica in occasione di lavoro - attuato dal datore di lavoro |
o da altri dipendenti - nei confronti di un lavoratore. Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro e idonei a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore stesso nell'ambito dell'ufficio di appartenenza o, addirittura, tali da escluderlo dal contesto lavorativo di riferimento. 2. In relazione al comma 1, le parti, anche con riferimento alla risoluzione del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001, riconoscono la necessità di avviare adeguate ed opportune iniziative al fine di contrastare la diffusione di tali situazioni, che assumono rilevanza sociale, nonché di prevenire il verificarsi di possibili conseguenze pericolose per la salute fisica e mentale del lavoratore interessato e, più in generale, migliorare la qualità e la sicurezza dell'ambiente di lavoro. 3. Nell'ambito delle forme di partecipazione previste dall'art. 25 del CCNL dell'1.4.1999 sono, pertanto, istituiti, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente contratto, specifici Comitati Paritetici presso ciascun ente con i seguenti compiti: a) raccolta dei dati relativi all'aspetto quantitativo e qualitativo del fenomeno del mobbing in relazione alle materie di propria competenza; b) individuazione delle possibili cause del fenomeno, con particolare riferimento alla verifica dell'esistenza di condizioni di lavoro o fattori organizzativi e gestionali che possano determinare l'insorgere di situazioni persecutorie o di violenza morale; c) formulazione di proposte di azioni positive in ordine alla prevenzione e alla repressione delle situazioni di criticità, anche al fine di realizzare misure di tutela del dipendente interessato; d) formulazione di proposte per la definizione dei codici di condotta. 4. Le proposte formulate dai Comitati vengono presentate agli enti per i conseguenti adempimenti tra i quali rientrano, in particolare, la costituzione ed il funzionamento di sportelli di ascolto, nell'ambito delle strutture esistenti, l'istituzione della figura del consigliere/consigliera di fiducia nonchè la definizione dei codici, sentite le organizzazioni sindacali firmatarie del presente contratto. 5. In relazione all'attività di prevenzione del fenomeno di cui al comma 3, i Comitati propongono, nell'ambito dei piani generali per la formazione, previsti dall'art. 23 del CCNL del 1° aprile 1999, idonei interventi formativi e di aggiornamento del personale, che possono essere finalizzati, tra l'altro, ai seguenti obiettivi: a) affermare una cultura organizzativa che comporti una maggiore consapevolezza della gravità del fenomeno e delle sue conseguenze individuali e sociali; b) favorire la coesione e la solidarietà dei dipendenti, attraverso una più specifica conoscenza dei ruoli e delle dinamiche interpersonali all'interno degli uffici, anche al fine di incentivare il recupero della motivazione e |
dell'affezione all'ambiente lavorativo da parte del personale. 6. I Comitati sono costituiti da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali di comparto firmatarie del presente CCNL e da un pari numero di rappresentanti dell'ente. Il Presidente del Comitato viene designato tra i rappresentanti dell'ente ed il vicepresidente dai componenti di parte sindacale. Per ogni componente effettivo è previsto un componente supplente. Ferma rimanendo la composizione paritetica dei Comitati, di essi fa parte anche un rappresentante del Comitato per le pari opportunità, appositamente designato da quest'ultimo, allo scopo di garantire il raccordo tra le attività dei due organismi. Enti, territorialmente contigui, con un numero di dipendenti inferiore a 30, possono concordare la costituzione di un unico Comitato disciplinandone la composizione della parte pubblica e le modalità di funzionamento 7. Gli enti favoriscono l'operatività dei Comitati e garantiscono tutti gli strumenti idonei al loro funzionamento. In particolare valorizzano e pubblicizzano con ogni mezzo, nell'ambito lavorativo, i risultati del lavoro svolto dagli stessi. I Comitati adottano un regolamento per la disciplina dei propri lavori e sono tenuti a svolgere una relazione annuale sull'attività svolta. 8. I Comitati di cui al presente articolo rimangono in carica per la durata di un quadriennio e comunque fino alla costituzione dei nuovi. I componenti dei Comitati possono essere rinnovati nell'incarico; per la loro partecipazione alle riunioni non è previsto alcun compenso. |
TITOLO III SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE PROFESSIONALE CAPO I OBIETTIVI E CLASSIFICAZIONE Obiettivi (Art. 2 CCNL del 31/3/1999) 1. Il presente contratto persegue le finalità del miglioramento della funzionalità degli uffici, dell'accrescimento dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa e della gestione delle risorse e del riconoscimento della professionalità e della qualità delle prestazioni lavorative individuali. 2. Le parti, conseguentemente, riconoscono la necessità di valorizzare le capacità professionali dei lavoratori, promuovendone lo sviluppo in linea con le esigenze di efficienza degli enti. 3. Alle finalità previste nel comma 2 sono correlati adeguati ed organici interventi formativi sulla base di programmi pluriennali, formulati e finanziati dagli enti. | |
Il sistema di classificazione del personale (Art. 3 CCNL del 31/3/1999) 1. Il sistema di classificazione è articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D. Per il personale della categoria D è prevista la istituzione di una area delle posizioni organizzative, secondo la disciplina degli artt. 8 e ss. | |
2. Ai sensi dell'art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal D. Lgs. n. 80 del 1998, tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili. L'assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell'oggetto del contratto di lavoro. | ora art. 52 del D. Lgs. n. 165/2001 |
3. L'assegnazione temporanea di mansioni proprie della categoria immediatamente superiore costituisce il solo atto lecito di esercizio del potere modificativo. Essa, fino a diversa disciplina contrattuale, è regolata dai commi 2-4 dell’art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal D. Lgs. n. 80 del 1998. | ora art. 52 del D. Lgs. n. 165/2001 |
4. Le categorie sono individuate mediante le declaratorie riportate nell'allegato A, che descrivono l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse. | |
5. I profili descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. Nell'allegato A sono riportati, a titolo esemplificativo, alcuni profili relativi a ciascuna categoria. | |
6. Gli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificano i profili professionali non individuati nell'allegato A o aventi contenuti professionali diversi rispetto ad essi e li collocano nelle corrispondenti categorie nel rispetto delle relative declaratorie, utilizzando in via analogica i contenuti delle mansioni dei profili indicati a titolo semplificativo nell'allegato A. | |
7. Nell'allegato A sono altresì indicati, per le categorie B e D, i criteri per la individuazione e collocazione, nelle posizioni economiche interne delle stesse categorie, del trattamento |
tabellare iniziale di particolari profili professionali ai fini di cui all'art. 13. Dichiarazione congiunta n. 1 CCNL 5/10/2001 Le parti concordano nel confermare che, nel rispetto dei contenuti delle declaratorie delle categorie professionali di cui all'allegato A del CCNL del 31/3/1999, il diploma di scuola media superiore può essere richiesto, per l'accesso dall'esterno, solo per i profili collocati nella categoria C e che il diploma di laurea o di laurea specialistica o di laurea breve possono essere richiesti, per l'accesso dall'esterno, solo per i profili della categoria D. Dichiarazione congiunta n. 3 CCNL 5/10/2001 Le parti confermano che gli appartenenti al corpo dei servizi ispettivi pubblici preposti al controllo delle case da gioco trovano la collocazione d'accesso nella categoria D. Dichiarazione congiunta n. 4 CCNL 5/10/2001 Le parti concordano nel ritenere che gli enti, ove si avvalgano del profilo di Operatore socio-sanitario, caratterizzato dallo specifico titolo, richiesto per l'accesso sia dall'esterno che dall'interno, rilasciato a seguito del superamento del corso di formazione di durata annuale previsto dagli artt.7 e 8 dell'accordo provvisorio tra il Ministro della sanità, il Ministro della solidarietà sociale, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 18.2.2000, provvedono a collocarlo nella categoria B, posizione economica B3. Dichiarazione congiunta n. 2 CCNL 1/4/1999 Le parti concordano che nell'ambito delle iniziative per l'individuazione e collocazione dei profili professionali, in sede di attuazione della disciplina sul nuovo sistema di classificazione del personale, devono essere espressamente definiti e valorizzati quelli destinati allo svolgimento delle attività degli Enti nei riguardi dei cittadini. |
ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN
Quesito: O26. Quali criteri devono essere seguiti per la richiesta corretta di mansioni equivalenti?
Sull'argomento riteniamo utile fornire i seguenti orientamenti:
E', pertanto, da escludere in modo assoluto che, a decorrere dall'1.1.2002:
✓ i profili collocati precedentemente in B3 e D3 devono essere ricondotti in B1 e D1;
In conclusione e per ulteriore maggiore chiarezza precisiamo che, anche dopo il 31.12.2001:
✓ ·continuano a sussistere all'interno delle categorie B e D le posizioni giuridiche B3 e D3;
Riteniamo utile precisare quanto segue:
Siamo del parere che la soluzione proposta non sia praticabile.
A titolo collaborativo suggeriamo, in ogni caso, di seguire il seguente percorso:
- determinazione dell'organico complessivo di ente, ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. n. 29/1993;
Quesito: N 4. E' consentito prevedere un profilo di "Responsabile del servizio ragioneria"?
Quesito: N 8. È possibile per il dipendente imporre la variazione del proprio profilo professionale?
Giurisprudenza
N.B. Si legga anche la nota 1 in calce alla sentenza
All'udienza del 27.03.2002, i procuratori delle parti hanno così concluso:
vittoria di spese, competenze ed onorari".
diritto. Con vittoria di spese, competenze e Xxxxxxx".
1. Le eccezioni preliminari sollevate dal Comune convenuto non sono fondate:
- quella di nullità per indeterminatezza del ricorso è parimenti infondata ................
2 - Il ricorso è, invece infondato nel merito sia in fatto, sia in diritto.
Per tutte le considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto.
il Cancelliere Il Giudice dei Lavoro
Depositato in Cancelleria il ............
Norma di inquadramento del personale il servizio nel nuovo sistema di classificazione (Art. 7 CCNL del 31/3/1999) 1. Il personale in servizio alla data di stipulazione del presente CCNL è inserito, con effetto dalla medesima data, nel nuovo sistema di classificazione con la attribuzione della categoria e della posizione economica corrispondenti alla qualifica funzionale e al trattamento economico fondamentale in godimento (tabellare più eventuale livello economico differenziato), secondo le prescrizioni della allegata tabella C. 2. Il trattamento economico corrispondente alla posizione attribuita ai sensi del comma 1, indicato nella colonna 3 della tabella C, sostituisce e assorbe le voci retributive stipendio tabellare e livello economico differenziato di cui all'art. 28, comma 1, del CCNL del 6.7.1995. 3. Il personale della ex prima e seconda qualifica funzionale è collocato, con decorrenza 1.1.1998, nella ex terza qualifica funzionale e, con decorrenza dalla data di stipulazione del presente CCNL, nella categoria A, con la attribuzione dei relativi trattamenti tabellari iniziali, con riassorbimento dell'indennità di cui all'art. 4, comma 3 del CCNL del 16.7.1996. 4. Il personale dell'area di vigilanza, ivi compresi i custodi delle carceri mandamentali, inquadrato nella ex quinta qualifica funzionale è collocato, con decorrenza 1.1.1998, nella ex sesta qualifica funzionale e, con decorrenza dalla data di stipulazione del presente CCNL nella categoria C, con la attribuzione dei relativi trattamenti tabellari iniziali e con il conseguente riassorbimento della integrazione tabellare prevista dall'art. 37, comma 1, lett. a) del CCNL del 6.7.1995 e successive modificazioni e integrazioni. 5. A seguito della riclassificazione del personale dell'area di vigilanza di cui al comma 4, gli enti adottano tutte le misure atte a dare adeguata valorizzazione alle posizioni di coordinamento e controllo collocate nella ex 6^ qualifica funzionale della medesima area a seguito di procedure concorsuali. 6. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli enti devono prioritariamente considerare anche gli effetti della eventuale ritardata applicazione delle norme sul livello economico differenziato, relativamente alle selezioni non ancora concluse alla data indicata nel comma 1. 7. All'onere derivante dall'applicazione dei commi 3 e 4 del presente articolo e dell'art. 12, comma 4, si fa fronte con le somme di cui all'art. 2, comma 2, del CCNL 16.7.1996. Le ulteriori disponibilità dello stesso articolo 2, comma 2, del CCNL 16.7.1996 saranno utilizzate secondo le indicazioni del CCNL 1998-2001. |
ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN
Quesito: O 1. Le disposizioni di primo inquadramento previste dal CCNL del 31.3.1999 consentono di operare una ricollocazione del personale per casi particolari, diversa da quella riportata nella tabella C allegata allo stesso CCNL?
Le disposizioni di inquadramento del personale in servizio nel nuovo sistema di classificazione contenute nell'art. 7 del CCNL del 31.3.1999 e nella tabella C allegata allo stesso CCNL sono tassative e non consentono alcuna deroga. Pertanto il personale dovrà essere inquadrato nel nuovo ordinamento professionale esclusivamente in base alla qualifica funzionale ed al trattamento economico fondamentale in godimento (ivi compreso il LED) secondo le prescrizioni della citata tabella C.
Devono conseguentemente ritenersi vietati: il reinquadramento per mansioni, il reinquadramento operato solo in base al trattamento economico posseduto (ivi comprese le indennità ad personam) , la riclassificazione dei profili posseduti, il reinquadramento operato in sede di stipula del nuovo contatto individuale e qualsiasi altra operazione in contrasto con
le tassative previsioni contrattuali.
Quesito: O 2. Vi sono casi in cui è possibile procedere alla riclassificazione o promozione automatica del personale nella categoria superiore? E’ possibile classificare un dipendente in un profilo con ingresso in B3 o in D3 se egli abbia già acquisito un identico trattamento economico a seguito di progressione orizzontale?
Confermiamo che la collocazione dei profili professionali, attuale o futura, ha un contenuto esclusivamente oggettivo e non produce in nessun caso effetti automatici sull'inquadramento dei soggetti. Eventuali sviluppi verticali di carriera possono essere realizzati solo alle condizioni indicate dal D.Lgs. n. 29/93 e dall'art. 4 del Ccnl del
31.3.1999.
Il dipendente in possesso di un profilo professionale con trattamento tabellare in B1 o D1 che, per effetto di progressione economica orizzontale, abbia acquisito la posizione di sviluppo B3 o D3 non può essere riclassificato senza selezione in un posto di organico e in un profilo con parametro tabellare di ingresso in B3 o D3, anche se resta invariato il trattamento economico stipendiale, con esclusione della I.I.S. che è contraddistinta da due diversi valori (vedi anche quesito S5 e relative tabelle). Il CCNL, infatti, richiede, proprio per tale ipotesi, l'espletamento della selezione riservata di cui all'art. 4, comma 2.
Quesito: O12. E’ possibile chiarire il sistema di primo inquadramento del personale nelle categorie? E’ consentito l’automatico reinquadramento in base al profilo o alle mansioni?
La trasposizione del precedente ordinamento per qualifiche funzionali al nuovo sistema di classificazione, introdotto dal CCNL del 31.3.1999, avviene esclusivamente sulla base delle precise indicazioni contenute nella tabella C allegata al citato CCNL. Pertanto, alla luce di tali tassative indicazioni, il personale è inquadrato nel nuovo sistema di classificazione esclusivamente in base alla qualifica funzionale ed al trattamento economico fondamentale in godimento, ivi compreso il LED.
Conseguentemente sono da escludersi reinquadramenti per mansioni, riclassificazione dei profili posseduti, reinquadramenti operati in sede di stipula del nuovo contratto individuale e qualsiasi altra operazione in contrasto con le prescrizioni della citata tabella C.
Eventuali sviluppi verticali di carriera (sia nel senso di passaggio di categoria che di passaggio, nelle categorie, B e D ad uno dei profili con parametro tabellare di ingresso in B3 o D3), possono realizzarsi solo mediante selezioni interne alle condizioni indicate dal D.Lgs.n.29/1993 e dall'art.4 del CCNL del 31.3.1999.
L'art.3, comma 7, l'art.13 e le indicazioni contenute nell'allegato A, relativamente alle categorie B e D, non si possono interpretare nel senso di consentire forme di libero reinquadramento del personale in sede di applicazione del nuovo sistema di classificazione.
Tali disposizioni, soprattutto quelle dell'allegato A, valgono solo a fornire indicazioni agli enti su quali siano i profili da ascrivere, all'interno delle categorie B e D, al trattamento tabellare iniziale corrispondente alla posizione economica B3 e D3, (nella posizione B3 i profili della ex V q.f. e in quella D3 i profili della ex VIII q.f.). Si tratta, quindi, di previsioni di carattere specificativo e quindi statico, e non dinamico. Riguardano la collocazione dei profili e dei relativi posti in organico e non delle persone fisiche.
Pertanto, nel caso in esame, il dipendente interessato inquadrato nella ex VII q.f., ed in possesso del LED deve essere correttamente collocato nella categoria D, posizione economica D2; solo se già inquadrato nella ex VIII q.f., proprio alla luce dell'art.3, comma 7, dell'art.13 e delle previsioni dell'allegato A, avrebbe potuto essere inquadrato nei profili con trattamento tabellare iniziale D3.
Riteniamo opportuno, per completezza informativa, aggiungere anche che ove il dipendente in questione acquisisse, in virtù di progressione economica orizzontale, la posizione economica D3, egli continuerebbe a svolgere esclusivamente i compiti e le mansioni correlate al profilo giuridico D1. Infatti, la progressione economica orizzontale di cui all'art.5 del CCNL del 31.3.1999 remunera solo ed esclusivamente il particolare impegno qualitativo e quantitativo del lavoratore nell'espletamento delle mansioni proprie e quindi non determina un mutamento del profilo. Si tratterebbe, quindi, del raggiungimento da parte del dipendente di una posizione D3 di valenza esclusivamente economica.
Per poter accedere, invece, ad uno dei profili (ex VIII q.f.) per i quali è previsto un trattamento tabellare iniziale corrispondente alla posizione economica D3, proprio perché si tratta di un mutamento della posizione professionale del dipendente e della occupazione di un diverso posto in organico (il lavoratore quindi, cambia il profilo rivestito per svolgere mansioni diverse e più qualificate) è necessario attivare, sussistendone i presupposti, le procedure selettive interne previste dall'art.4 del CCNL del 31.3.1999.
Quesito: O13. Il personale della ex quarta qualifica con LED poteva essere inquadrato automaticamente nella posizione giuridica B3 in base alle mansioni svolte o al profilo posseduto? Tale nuovo reinquadramento può essere conseguito in base alla ricollocazione dei profili?
I lavoratori che nel precedente ordinamento erano inquadrati formalmente nella ex IV q. f. e fruivano dl LED, nel nuovo sistema di classificazione non potevano non essere collocati nella categoria B, posizione economica B2, come prescritto dall'articolo 7 e dalla Tabella C allegata al CCNL del 31.3.1999.
Tali disposizioni sono tassative e non consentono alcuna deroga. Pertanto, il personale doveva essere inquadrato nel nuovo sistema di classificazione esclusivamente in base alla qualifica funzionale ed al trattamento fondamentale in godimento (ivi compreso il LED), secondo le prescrizioni della citata tabella C.
Devono conseguentemente ritenersi vietati: il reinquadramento per mansioni, quello operato solo in base al trattamento economico posseduto (ivi comprese le indennità ad personam), la mera riclassificazione dei profili posseduti, il reinquadramento operato in sede di stipula del nuovo contratto individuale e qualsiasi altra operazione in contrasto con le tassative previsioni contrattuali.
La previsione contenuta nell'allegato A, circa la ricollocazione dei profili, ha carattere programmatico e deve essere letta unitamente all'articolo 3, comma 6 e 7, del CCNL del 31.3.1999. In base a tali disposizioni gli enti hanno il potere di individuare, in maniera autonoma, tutti i profili professionali necessari alle loro esigenze operative e di collocarli nelle diverse categorie nel rispetto delle declaratorie contenute nell'allegato A.
In tale ambito gli enti individueranno anche i profili da collocare nelle posizioni tabellari B3 e D3, tenendo conto appunto dell'allegato A, nel senso che trattandosi di profili con caratteristiche che, secondo il precedente ordinamento professionale, ne consentivano la collocazione nelle ex V ed VIII q. f., essi, nel nuovo sistema di classificazione, sono inseriti rispettivamente nelle categorie B e D, con trattamento tabellare iniziale B3 e D3.
La collocazione dei profili professionali, attuale e futura, ha un contenuto esclusivamente oggettivo e non produce effetti automatici sull'inquadramento dei soggetti che eventualmente possono avere svolto mansioni analoghe a quelle riclassificate.
Alle pubbliche amministrazioni, infatti, non è consentito l'utilizzo della promozione diretta, diversamente da quanto previsto nel settore privato. A tal fine gli enti potranno utilizzare solo i percorsi verticali di carriera previsti dall'articolo 4 del CCNL, nel rispetto dei principi enunciati negli articoli 36 e 56 del D.Lgs.n.29/1993.
I posti vacanti nei profili professionali riclassificati possono, infatti, in base alla programmazione triennale dei fabbisogni, di cui all'articolo 39 della legge della legge 449/1998, essere destinati alle selezioni interne per favorire lo sviluppo verticale di carriera del personale interno, avendo cura di destinare un'adeguata quota di altri posti
vacanti alle selezioni esterne .
Nota: Il richiamo agli artt. 36 e 56 del D. Lgs. 29/93 deve ora intendersi riferito agli artt. 35 e 52 del D. Lgs. 165/2001
Quesito: O15. E’ possibile attivare procedure di riclassificazione o di promozione automatica del personale in servizio al fine di garantire sviluppi di carriera?
Evidenziamo in riferimento al quesito, in primo luogo che le disposizioni di inquadramento del personale in servizio nel nuovo sistema di classificazione contenute nell'art. 7 del CCNL del 31.3.1999 e nella tabella C allegata allo stesso CCNL sono tassative e non consentono alcuna deroga.
Circa la possibilità di procedere alla riclassificazione o promozione automatica del personale nella categoria superiore, confermiamo che eventuali sviluppi verticali di carriera possono essere realizzati solo alle condizioni indicate dal D.Lgs. 29/93 e dall'art. 4 del Ccnl del 31.3.1999.
Pertanto, riteniamo che il personale non può essere riclassificato senza selezione in un posto di organico e in un profilo differente da quello di appartenenza, richiedendo, il CCNL, infatti, l'espletamento della selezione riservata di cui all'art. 4, comma 2. Il dipendente può, peraltro aspirare ad una progressione economica orizzontale ai sensi dell'art.5, del CCNL del 31.3.1999 conseguendo così in analogo incremento economico, pur conservando il profilo e il posto di organico della propria categoria.
Nota: Il richiamo al D. Lgs. 29/93 deve ora intendersi riferito al D. Lgs. 165/2001
Norme finali e transitorie del Capo I (Art. 12 CCNL del 31/3/1999) 1. L'inserimento nel nuovo sistema di classificazione in conformità del presente CCNL deve risultare dal contratto individuale che tutti i dipendenti in servizio dovranno stipulare ai sensi dell'art. 14 del CCNL del 6.7.1995. In caso di progressione verticale nel sistema di classificazione ai sensi dell'art. 4 gli enti comunicano ai dipendenti il nuovo inquadramento conseguito ai sensi della L. 152/97. 2. Sono portati a compimento i concorsi interni o pubblici banditi alla data di stipulazione del presente contratto. I vincitori sono automaticamente collocati nel nuovo sistema di classificazione, secondo quanto previsto nella tabella C, con effetto dalla data stabilita nel contratto individuale per la decorrenza della nuova posizione acquisita a seguito dell'espletamento del concorso o della selezione. 3. Fino al 31.12.2001, la progressione economica di cui all'art. 5 del personale dei profili con trattamento tabellare iniziale corrispondente alle posizioni economiche B1 e D1 delle relative categorie può svilupparsi fino all'acquisizione degli incrementi retributivi corrispondenti, rispettivamente, ai valori B4 e D3. 4. In sede di prima applicazione dell'art. 7, le Camere di Commercio tengono conto anche dell'accordo 7 ottobre 1993, punto b, sottoscritto dall'Unioncamere e dalle XX.XX., previa verifica tra i soggetti che lo hanno stipulato. | |
Norme finali e transitorie di inquadramento economico (Art. 15 CCNL 31/3/99) 1. Al personale assunto dopo la stipulazione del presente CCNL viene attribuito il trattamento tabellare iniziale di cui alla tabella allegato B previsto per la categoria cui il profilo di assunzione appartiene secondo la disciplina dell'art. 13, comma 1. 2. In caso di passaggio tra categorie, nonché di acquisizione di uno dei profili di cui all'art. 3, comma 7, al dipendente viene attribuito il trattamento tabellare iniziale previsto per la nuova categoria o profilo. Qualora il trattamento economico in godimento, acquisito per effetto della progressione economica, risulti superiore al predetto trattamento tabellare iniziale, il dipendente conserva a titolo personale la differenza, assorbibile nella successiva progressione economica. 3. Al personale proveniente per processi di mobilità da altri enti del comparto resta attribuita la posizione economica conseguita nell'amministrazione di provenienza. | |
Finanziamento del sistema di classificazione (Art. 14 CCNL del 31/3/99) 1. Le procedure selettive di cui all'art. 4 sono indette, ai sensi delle vigenti disposizioni, nel rispetto della programmazione in tema di gestione delle risorse umane e di reclutamento del personale, utilizzando le risorse a tal fine disponibili nei bilanci degli enti. 2. Per il finanziamento della progressione all'interno delle categorie di cui all'art. 5 e della retribuzione di posizione e di risultato di cui all'art. 10, gli enti provvedono, con la decorrenza prevista dall'art. 9, comma 6, alla costituzione di due distinti fondi annuali. Limitatamente al periodo 1998-2001, il CCNL, nel disciplinare le modalità di finanziamento degli oneri derivanti dalla progressione economica all'interno della categoria, dovrà individuare anche idonei strumenti per il controllo della spesa e per stimolare la selettività della stessa progressione prevedendo l'individuazione di valori massimi di riferimento per il costo del personale di ciascuna categoria e le regole per i relativi aggiornamenti e/o modificazioni. | Vedi anche art.34 CCNL 22.1.2004 |
3. In attesa della disciplina del CCNL 1998-2001, nel fondo per il finanziamento della progressione economica all'interno delle categorie di cui all'art. 5 confluisce, dalla data di stipulazione del presente CCNL, l'insieme delle risorse già destinate alla corresponsione, al personale in servizio alla stessa data, del livello economico differenziato. 4. Le condizioni, le procedure e gli adempimenti necessari per l'incremento del fondo di cui al comma 3 e per la effettiva costituzione del fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato di cui all'art. 10, formano oggetto di organica disciplina nell'ambito del CCNL per il quadriennio 1998-2001. |
Finanziamento degli oneri di prima attuazione (Art. 19 CCNL del 1/4/1999) 1. Agli oneri derivanti dalla riclassificazione del personale previsto dall'art. 7, commi 3 e 4 e dall'art.12, comma 4, del CCNL del 31.3.1999, si fa fronte mediante utilizzo parziale delle risorse dei singoli enti indicate nell'art. 2, comma 2 del CCNL del 16.7.1996. Le disponibilità dei fondi destinati al trattamento economico accessorio per l'anno 1998 e successivi sono ridotte in misura proporzionale. | Disciplina ormai inattuale; la si riporta per memoria |
2. Agli oneri derivanti dal pagamento delle prime tre mensilità degli incrementi tabellari previsti dall'art.12, comma 1, del presente contratto, con decorrenza dall'1.7.1999, si fa fronte con le risorse finanziarie che i bilanci dei singoli enti hanno già destinato alle spese per il trattamento economico del personale per l'anno 1999, secondo la programmazione triennale dei fabbisogni, e senza necessità di ulteriori integrazioni | |
Progressione verticale nel sistema di classificazione (Art. 4 CCNL del 31/3/1999) 1. Gli enti disciplinano, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto dei principi di cui all’art. 36 del D. Lgs. 29/93, come modificato dagli artt. 22 e 23 del D. Lgs. 80/98, e tenendo conto dei requisiti professionali indicati nelle declaratorie delle categorie di cui all'allegato A, le procedure selettive per la progressione verticale finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema di classificazione, nel limite dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria che non siano stati destinati all'accesso dall'esterno. Analoga procedura può essere attivata dagli enti per la copertura dei posti vacanti dei profili delle categorie B e D di cui all'art. 3, comma 7, riservando la partecipazione alle relative selezioni al personale degli altri profili professionali delle medesime categorie. 2. Gli enti che non versino nelle condizioni strutturalmente deficitarie ai sensi delle vigenti disposizioni procedono alla copertura dei posti vacanti dei profili caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall'interno degli stessi enti con le medesime procedure previste dal presente articolo. 3. Alle procedure selettive del presente articolo è consentita la partecipazione del personale interno anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previsti per l'accesso dall'esterno, fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti. 4. Anche i posti ammessi a selezione ai sensi del comma 1 sono coperti mediante accesso dall'esterno se la selezione stessa ha avuto esito negativo o se mancano del tutto all'interno le professionalità da selezionare. 5. Il personale riclassificato nella categoria immediatamente superiore a seguito delle procedure selettive previste dal presente articolo, non è soggetto al periodo di prova. | ora art. 35 del D. Lgs. n. 165/2001 |
Dichiarazione congiunta n. 1 Allegata al CCNL del 22.1.2004 Le parti concordano nell'affermare che le iniziative selettive degli enti per favorire lo sviluppo professionale del personale attraverso i passaggi interni alla categoria superiore, sono tutte riconducibili alla disciplina dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999. Le diverse espressioni utilizzate come: concorsi interni, selezioni interne, passaggi interni, ecc, sono |
da ritenere come equivalenti anche quando dovessero riguardare la copertura di posti caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall'interno. La espressione formalmente corretta deve essere individuata in quella utilizzata nella rubrica del citato art. 4: “progressione verticale nel sistema di classificazione”. Le parti concordano anche nel ritenere che la regolazione e la attuazione delle “progressioni verticali” debbano essere ricomprese nella attività di gestione di diritto comune secondo la disciplina dell'art. 5, comma 2, del D.Lgs.n.165 del 2001. |
Orientamenti appliativi Aran relativi al CCNL del 22.1.2004
Orientamenti sulla dichiarazione congiunta n.1
1. Che valore ha la dichiarazione congiunta n.1, rispetto ai contenuti della decisione della Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile, n. 15403 del 15.10.2003? Possono essere ancora realizzate le progressioni verticali, in base al CCNL del 31.3.99?
E' del tutto evidente che non possiamo non confermare i contenuti della dichiarazione congiunta n.1 allegata al CCNL del 22.1.2004.
E' altrettanto evidente che la magistratura competente può valutare, in sede di contenzioso, i comportamenti degli enti ed assumere, con piena autonomia, le proprie decisioni.
Al momento non ci risulta alcuna decisione che abbia dichiarato la nullità dell'art.4 del CCNL del 31.3.1999; di conseguenza le progressioni verticali restano ancorate alla disciplina di fonte negoziale.
Raccomandiamo, in ogni caso, molta cautela nell'espletamento delle selezioni interne che devono essere sempre adeguatamente motivate nell'ambito della programmazione dei fabbisogni e devono essere anche in numero inferiore ai posti destinati all'accesso dall'esterno, secondo le indicazioni fornite dall'Avvocature Generale dello Stato (pubblicate alla voce: quesiti, progressioni verticali).
Disposizioni in materia di progressione verticale nel sistema di classificazione (Art. 9 CCNL del 5/10/2001) 1. In materia di progressione verticale del personale nel sistema di classificazione, è integralmente ed esclusivamente confermata la disciplina dell'art.4 del CCNL del 31.3.1999, relativo alla revisione del sistema di classificazione del personale del comparto Regioni-Autonomie Locali, anche nella vigenza dell'art.91, comma 3, del T.u.e.l.(D.Lgs.) n.267/2000. |
ORIENTAMENTI APPLICATIVI ARAN
Quesito: O35. Il blocco delle assunzioni previsto dall’art. 19 della L. 448/2001 impedisce anche di coprire i posti di organico vacanti utilizzando lo strumento della progressione verticale ?
Si è del parere che il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dall'art. 19 della L. 448/2001 (per gli enti che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2001) non impedisce anche la copertura dei posti disponibili attraverso la procedura di cui all'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 (progressione verticale).
Infatti, il blocco dell'art. 19 è applicabile solo in caso di costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, mentre la progressione verticale nel sistema di classificazione disciplinata dall'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 comporta semplicemente la modifica di un rapporto di lavoro già esistente.
Quesito: O36. Ulteriori chiarimenti su blocco delle assunzioni ex art. 19 L. 448/2001 e progressioni verticali
Riteniamo che le progressioni verticali, attuate ai sensi dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, siano da ritenersi escluse dal “blocco delle assunzioni” previsto dall'art. 19 della legge n. 448 del 2001.
E' ormai condiviso, anche dalla giurisprudenza di Cassazione, che i passaggi di categoria del personale in servizio non possono essere assimilati a “nuove assunzioni” che richiedono invece un percorso selettivo esterno e pubblico.
Inoltre, il contenzioso relativo alle selezioni interne è ricompreso nella giurisdizione del giudice del lavoro mentre quello correlato alle selezioni pubbliche resta ancora nella competenza del giudice amministrativo.
Rileviamo, infine, che anche autorevoli posizioni espresse dall'ANCI e dal Ministero dell'Interno, confermano il contenuto delle nostre indicazioni.
Quesito: R 1. Quali sono gli adempimenti necessari per realizzare una corretta progressione verticale del personale?
La materia è regolata dagli artt. 36, 36-bis e 56 del D.Lgs. n. 29/93 e dall'art. 4 del CCNL del 31.3.1999. In base a tali disposizioni gli enti devono:
· adottare apposito regolamento per disciplinare le due tipologie di selezione: la prima per l'accesso dall'esterno e la seconda per le progressioni verticali. Quest'ultima espressione ricomprende le diverse dizioni oggi comunemente usate per designare la fattispecie, come ad esempio concorsi interni, progressioni verticali di carriera, selezioni interne, concorsi interni per professionalità acquisite all'interno dell'ente ecc. Il regolamento dovrà occuparsi non solo della procedura da seguire nelle due diverse tipologie di selezione ma anche dei relativi requisiti tenendo conto dei principi indicati nell'art. 36 del D.Lgs. n. 29/1993, della disciplina dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 e nel rispetto delle declaratorie delle diverse categorie di cui all'allegato A allo stesso CCNL e conseguentemente anche delle declaratorie dei singoli profili professionali cui la selezione si riferisce;
· provvedere alla programmazione dei fabbisogni per stabilire il numero dei posti da coprire distinguendo quelli da destinare all'accesso dall'esterno (in misura adeguata - cfr. art. 36, comma 1, del D.Lgs. n. 29/1993) da quelli riservati alle progressioni verticali.
Nota: Il rinvio agli artt. 36 e 36 bis e all’art. 56 del D. Lgs. 29/93 deve intendersi riferito, rispettivamente, agli artt. 35 e 52 del D. Lgs. 165/2001
Quesito: R 2. Il personale delle categorie A e C può partecipare alle selezioni interne per la copertura, rispettivamente, di posti correlati a profili con posizione tabellare iniziale B3 e D3?
La materia è regolata dall'art. 4, comma 1, del CCNL del 31.3.1999, ma è stata riconsiderata dalle Parti negoziali che hanno sottoscritto il Ccnl del 14.9.2000, le quali, nella Dichiarazione congiunta n. 5, hanno ritenuto che “gli enti, nell'ambito della propria autonomia regolamentare possono disciplinare anche le modalità di accesso a posti di categoria B3 per il personale appartenente alla categoria A e a posti di categoria D3 per il personale appartenente alla categoria C”.
Quesito: R 3. Alle selezioni per la categoria C possono partecipare i dipendenti classificati in B1 o soltanto quelli in B3?
Le selezioni verticali interne, ai sensi dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, sono previste per i passaggi del personale da una categoria a quella immediatamente superiore, senza alcuna specifica e particolare limitazione. Conseguentemente, alle selezioni per la categoria C possono partecipare tutti i dipendenti comunque classificati in B (da B1 a B6).
Quesito: R 4. In seguito alla progressione verticale interna di cui all'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 si ha la cessazione del precedente rapporto di lavoro oppure non c'è soluzione di continuità? Le ferie e gli altri istituti vengono calcolati ex novo o continuano sulla base del vecchio rapporto?
A seguito dell'entrata in vigore del CCNL del 31.3.1999 sul nuovo modello di classificazione del personale, si è indubbiamente realizzata la netta distinzione tra le procedure selettive o concorsuali pubbliche, affidate al regolamento dell'Ente nel rispetto dei principi stabiliti dagli artt. 36 e 36-bis del D.Lgs. n. 29/93, e le procedure selettive interne, meglio definite "progressioni verticali nel sistema di classificazione" dall'art. 4 del CCNL citato.
La distinzione non è solo terminologica ma ha valenza sostanziale in quanto:
a) le prime appartengono ancora all'area pubblicistica, richiedono l'adozione di provvedimenti amministrativi, scontano un contenzioso avanti al TAR e al Consiglio di Stato;
b) le seconde, derivando da una fonte negoziale, ricadono interamente nell'area del diritto civile, richiedono la formalizzazione delle decisioni con atti di diritto privato, sono ricomprese, più precisamente, nella vasta attività di gestione del rapporto di lavoro che è affidato alla competenza dei dirigenti che la esercitano con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro ai sensi dell'art. 4, comma 2, del D.Lgs. 29/93 e successive modificazioni ed integrazioni.
Ne consegue che il passaggio alla categoria superiore per effetto dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 non comporta la cessazione del precedente rapporto di lavoro nella categoria inferiore e l'inizio di un rapporto nuovo nella categoria
superiore; poiché il CCNL qualifica detto passaggio come "progressione verticale" abbiamo soltanto una modificazione parziale del rapporto di lavoro già in essere che continua anche nella nuova categoria senza soluzione di continuità.
Permangono, pertanto, i diritti e gli obblighi correlati al rapporto pregresso per tutti gli istituti contrattuali: le ferie residue devono essere fruite; il periodo di comporto per malattia continua ad essere calcolato senza interruzione, etc.
Nota: Il rinvio agli artt. 36 e 36 bis del D. Lgs. 29/93 deve intendersi riferito all’art. 35 del D. Lgs. 165/2001
Quesito: R 5. La progressione verticale di cui all'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 è diversa dal concorso interno? Con quali criteri si può correttamente derogare dal possesso del titolo di studio? Sono possibili passaggi dal tabellare B3 al tabellare D1 o D3?
A seguito della entrata in vigore del CCNL del 31.3.1999 relativo al nuovo sistema di classificazione del personale del Comparto Regioni – Autonomie Locali, la progressione verticale del personale già in servizio trova la sua regolamentazione esclusivamente nell'art.4 di tale CCNL.
Tale clausola ha riassorbito anche la particolare modalità di acquisizione da parte del dipendente della qualifica superiore tramite concorsi interni, prevista dall'art.6, comma 12, della legge n.127/1997. A tal fine è sufficiente la lettura del comma 2 del sopra citato art.4 del CCNL del 31.3.1999.
Alla luce delle disposizioni contenute in tale articolo, sicuramente non sono possibili salti “multipli” di categoria o passaggi diretti dalla categoria B, posizione economica B3, alla categoria D, posizione economica tabellare D1 o D3.
Infatti, espressamente l'art.4, comma 1, stabilisce che le procedure selettive interne da esso previste sono finalizzate solo al passaggio del personale nella categoria immediatamente superiore a quella di appartenenza.
Per ciò che attiene alla possibile deroga al titolo di studio richiesto per l'accesso ad una determinata categoria e gli eventuali tempi minimi di permanenza in una categoria ai fini del passaggio in una superiore (alla luce di quanto sopra detto deve essere quella immediatamente superiore), si tratta di elementi che dipendono esclusivamente dalle autonome valutazioni e decisioni degli enti. Si deve, comunque, ricordare che i criteri generali della disciplina dello svolgimento delle selezioni per i passaggi tra categorie sono oggetto di concertazione ai sensi dell'art.16, comma 2, lett. a) del CCNL del 31.3.1999.
Con particolare riferimento alle problematiche connesse al titolo di studio, occorre ricordare che le procedure selettive sono oggetto di autonoma determinazione degli enti che, in sede di predisposizione del relativo regolamento (non a contenuto pubblicistico), dovranno tenere conto dei requisiti stabiliti nelle declaratorie delle varie categorie.
Pertanto, poiché la procedura deve essere rivolta soprattutto all'accertamento dell'idoneità professionale del dipendente allo svolgimento di mansioni riconducibili alla categoria superiore, il contratto non impedisce al regolamento dell'ente di introdurre deroghe a favore del personale interno rispetto alla disciplina dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno alle varie categorie, salvo per quelli espressamente richiesti dalla legge (art.4, comma 3 del CCNL del 31.3.1999).
Quesito: R 6. Come si identificano i requisiti culturali per la partecipazione alla progressione verticale? Rileviamo, anzitutto, che l'art. 4, comma 4, del CCNL del 31.3.1999 consente le selezioni interne "anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previsti per l'accesso dall'esterno, fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti". Riteniamo, a tal fine, che per la corretta individuazione dei requisiti culturali necessari per accedere ai posti della categoria superiore, si debba fare necessariamente riferimento alla declaratoria professionale dei profili che caratterizzano i posti di organico della stessa categoria. Esiste, infatti, una stretta e inscindibile correlazione tra il contenuto del profilo e la preparazione culturale, professionale e l'esperienza dei candidati che hanno interesse ad accedervi. Da questa correlazione, se ben realizzata, si trarranno senza dubbio le indicazioni per dare prevalenza al titolo di studio o per valorizzare una grande esperienza e un curriculum di tutto rispetto.
Ricordiamo, ancora, che la selezione deve tendere ad accertare l'idoneità del candidato all'espletamento delle nuove competenze a garanzia del prevalente interesse dell'ente alla utilizzazione dei soggetti più idonei per il soddisfacimento dei propri fini istituzionali.
Quesito: R 7. Come deve essere disciplinata la partecipazione del personale alle selezioni per le progressioni verticali?
Dobbiamo evidenziare che la materia delle selezioni interne (o della progressione verticale nel sistema di classificazione) è stata disciplinata dall'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 che affida, in sostanza, la regolamentazione di dettaglio ai singoli enti "tenendo conto dei requisiti professionali indicati nelle declaratorie delle categorie". La disposizione contrattuale citata si limita ad affermare che le selezioni sono "finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore e che "è consentita la partecipazione del personale interno anche prescindendo dai titoli di studio …..".
Pur tenendo conto degli spazi di autonoma regolamentazione dei singoli enti, poniamo in evidenza che il contratto collettivo non fornisce indicazioni in ordine alla possibilità di riservare le selezioni interne al solo personale della stessa area professionale.
Riteniamo, altresì, che sussiste un interesse generale e prioritario dell'ente a favorire la più ampia partecipazione alle selezioni al fine di effettuare una comparazione più efficace; saranno, poi, i contenuti della selezione che consentiranno di individuare i soggetti professionalmente più qualificati per la assegnazione dei posti da coprire.
Segnaliamo, infine, l'esigenza di non trascurare il diritto di ogni dipendente a non essere discriminato in ordine alle opportunità di sviluppo professionale e che eventuali comportamenti non sorretti da ragionevolezza, correttezza e buona fede, potrebbero creare difficili condizioni di contenzioso.
Quesito: R 8. Quali sono gli adempimenti da mettere in atto per il finanziamento degli oneri per la progressione verticale?
Gli adempimenti che i singoli enti sono tenuti a porre in essere per realizzare, in modo legittimo, la progressione verticale del proprio personale sono:
a) L'approvazione del documento sulla programmazione dei fabbisogni prescritto dall'art. 39 della legge 449/1997;
b) L'indicazione, nel predetto documento, dei posti vacanti nella dotazione organica che si intendono destinare alle selezioni pubbliche e, di conseguenza, di quelli che possono essere destinati alle selezioni interne; (vedi anche art. 36, comma 1, del D. Lgs. n. 29/1993).
A questo punto, se i posti della dotazione organica risultano già finanziati a carico del bilancio dell'ente (come sembra corretto prevedere), le relative risorse finanziarie sono utili e sufficienti sia per la copertura dei posti con concorso pubblico sia per l'assegnazione dei posti mediante selezioni interne.
Nota: Il rinvio all’art. 36 del D. Lgs. 29/93 deve intendersi riferito all’art. 35 del D. Lgs. 165/2001
Quesito: R 9. Quali sono gli strumenti per l’adozione dei criteri per le progressioni verticali? Nel passaggio alla categoria C è necessario delimitare la partecipazione ad una posizione economica precisa? Per la variazione del profilo professionale è necessario effettuare una selezione?
In relazione ai quesiti formulati riteniamo utile fornire i seguenti elementi di valutazione:
· i criteri per le progressioni verticali sono adottati da ogni singolo ente, previa concertazione con le organizzazioni sindacali;
· alle selezioni interne per la categoria C, posizione iniziale, C1, devono essere ammessi i dipendenti della categoria B, senza alcuna distinzione tra il tabellare B1 e il tabellare B3;
· non è assolutamente necessario che un dipendente di categoria C, agente di polizia municipale, partecipi ad una selezione per un posto di diverso profilo della stessa categoria; il cambio di profilo, infatti, in presenza di un posto vacante, rientra tra gli ordinari poteri di gestione del datore di lavoro.
Quesito: R10. Come devono essere individuati i requisiti per l'accesso alla selezione per le progressioni verticali? È possibile prevedere il requisito dell'anzianità?
La individuazione dei requisiti di partecipazione alle selezioni interne per l'accesso alla categoria superiore deve essere effettuata da ogni ente, con propria determinazione, sulla base degli esiti della concertazione ai sensi dell'art. 4 e dell'art. 16 del CCNL del 31.3.1999.
Non sussistono formali divieti per la individuazione di un requisito minimo di anzianità; non ci sentiamo, peraltro, di raccomandarlo.
Quesito: R11. Come deve essere imputato il trattamento economico aggiuntivo, e come deve essere calcolata la remunerazione del lavoro straordinario, al dipendente che ha effettuato la progressione verticale?
In relazione alla questione evidenziata, riteniamo utile illustrare i seguenti elementi di valutazione:
- il dipendente collocato in posizione economica C4 che, a seguito di selezione interna, venga riclassificato nella categoria D, posizione economica D1, ha diritto ad un assegno personale riassorbibile nella misura pari alla differenza tra il trattamento economico di C4 e il trattamento economico di D1;
- poiché si tratta di un assegno personale riassorbibile con la successiva progressione economica nella categoria D, il relativo importo non può concorrere nella base di calcolo per la remunerazione del lavoro straordinario secondo la disciplina dell'art. 38, commi 4 e 5 del CCNL del 14.9.2000.
Quesito: R12. Esiste un legame fra la procedura per la corretta definizione dei requisiti necessari per la partecipazione alle progressioni verticali e quella per la declaratoria dei profili professionali?
I requisiti di partecipazione alle selezioni interne per la copertura di posti vacanti nella categoria superiore devono essere definiti preventivamente dall'amministrazione, previa concertazione (artt. 4 e 16 del CCNL del 31.3.1999).
Per stabilire, in particolare, i requisiti culturali necessari per l'accesso al profilo oggetto della selezione, si deve necessariamente fare riferimento alla declaratoria del profilo medesimo che deve essere, tra l'altro, coerente con quella della categoria di riferimento.
Se la costruzione della declaratoria di profilo è corretta, dovrebbe essere semplice stabilire se, per il personale interno, si può prescindere dal possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno o se, invece, occorre richiederne uno specifico, ove necessario per l'espletamento delle relative mansioni.
Siamo del parere, in ogni caso, che non si possa prescindere dal titolo di studio quando questo è correlato all'esercizio di particolari professioni specialmente se caratterizzate da iscrizione ad albi o collegi.
Quesito: R13. Qual è la differenza sostanziale tra l’espressione professionalità 'acquisita' e 'acquisibile'? Esiste una differenza tra le progressioni verticali e i concorsi interni?
Siamo del parere che il problema relativo alla eventuale differenza tra le espressioni "professionalità acquisibile" di cui all'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 e "professionalità acquisita" di cui all'art. 91 del D.Lgs. n. 267/2000, non abbia alcuna rilevanza pratica.
Siamo dell'opinione, infatti, che l'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 ha individuato una sola procedura di selezione interna per favorire lo sviluppo professionale e verticale del personale delle Autonomie locali; questa unica procedura può essere utilizzata per la copertura di tutti i posti vacanti della dotazione organica delle diverse Categorie (con esclusione dei posti della dirigenza che sono sempre coperti mediante selezione pubblica) fatta eccezione per quelli che la programmazione triennale dei fabbisogni ha espressamente destinato all'accesso dall'esterno mediante selezioni pubbliche nel rispetto dell'art. 35, comma 1, del D. Lgs. n. 165/2001.Le selezioni interne ex art. 4 del CCNL, pertanto, ricomprendono tutte le tipologie selettive e, quindi, anche gli eventuali posti destinati a premiare le professionalità "acquisibili" o "acquisite".
Quesito: R14. E’ possibile avere alcuni suggerimenti circa i requisiti culturali per la partecipazione alle selezioni interne? E’ utile collegare le prescrizioni dei titoli di studio alla disciplina dei profili professionali?
Ai sensi dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 le regole, le procedure e i contenuti delle selezioni interne per la progressione verticale devono essere definiti dai singoli enti, previa concertazione, tenendo conto dei requisiti professionali indicati per le singole categorie, nella tabella A allegata al citato CCNL.
E' evidente che, in tale ambito, dovrà essere stabilito il requisito culturale che deve essere necessariamente posseduto dei soggetti che intendono partecipare alla selezione.
Per evitare prevedibili contestazioni, suggeriamo di individuare preventivamente i requisiti culturali e professionali necessari per l'accesso ai diversi profili professionali di ogni categoria; tale adempimento, infatti, a nostro giudizio, deve rappresentare il logico completamento della declaratoria di profilo.
Vi deve essere, infatti, una ragionevole coerenza tra lo "spessore" delle competenze e delle responsabilità del singolo profilo ed il possesso di determinati requisiti culturali.
Il comma 3 dell'art. 4 del ripetuto CCNL del 31.3.1999, consente di prescindere dal possesso del titolo di studio ordinariamente previsto per l'accesso dall'esterno. "fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti".
Ne consegue che sia per "poter prescindere" da un titolo di studio, sia per "dover prescrivere" un particolare titolo di studio, occorre una chiara disciplina adottata dall'ente correlata, come abbiamo suggerito, alla tipologia dei profili inseriti nelle diverse categorie.
Quesito: R15. Nel passaggio tra categorie qual è l’importo del trattamento economico che deve essere confrontato ai sensi dell’art. 15, comma 2, del CCNL del 31/3/1999?
Riteniamo utile richiamare l'attenzione sul contenuto dell'art. 15, comma 2, del CCNL del 31.3.1999 che testualmente recita: “ In caso di passaggi alla categoria superiore …. al dipendente viene attribuito il trattamento tabellare iniziale previsto per la nuova categoria …. Qualora il trattamento economico in godimento, acquisito per effetto della
progressione economica, risulti superiore al predetto trattamento tabellare iniziale, il dipendente conserva a titolo personale la differenza, assorbibile nella successiva progressione economica”.
Risulta chiaro, quindi, che il confronto deve essere effettuato tra i soli trattamenti economici tabellari incrementati con gli importi derivanti dalla progressione economica; è esclusa ogni considerazione delle somme corrisposte a titolo di indennità integrativa speciale.
Tale considerazione, peraltro, risulta del tutto inutile in quanto, nella nuova categoria, spetta in ogni caso, al lavoratore, l'importo della I.I.S. correlato alla medesima categoria.
Quesito: R16. In caso di passaggio dalla posizione giuridica B1 alla posizione giuridica B3, per effetto di una progressione verticale, è possibile conservare al lavoratore le mansioni corrispondenti al profilo in precedenza posseduto?
Dobbiamo anzitutto rilevare che la progressione verticale di carriera, ai sensi dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, è finalizzata alla riclassificazione del personale in un posto di organico diverso da quello in precedenza ricoperto, cui è necessariamente correlato un profilo professionale altrettanto diverso.
Le predette considerazioni valgono sia nel caso di passaggio tra categorie sia nel caso di passaggio giuridico nelle categorie B e D. (B1 e B3, D1 e D3).
Ci sembra pertanto del tutto irragionevole che, a seguito delle procedure selettive interne, che l'ente conservi al personale interessato le stesse mansioni della posizione giuridica di provenienza.
Si potrebbe ipotizzare, anzi, nel caso in esame, una situazione di dequalificazione del lavoratore (vietata secondo la disciplina dell'art. 52 del d. lgs. n. 165 del 2001 e dell'art. 2103 del codice civile) con l'insorgere di un difficile contenzioso in sede giurisdizionale.
Quesito: R17. E’ necessaria la istituzione di una apposita commissione giudicatrice per la formulazione delle graduatorie delle selezioni verticali?
I requisiti, i contenuti e le procedure per le progressioni verticali, ai sensi dell'art. 4, del CCNL dell'1.4.1999, devono essere definiti dai singoli enti, sulla base anche dei risultati della preventiva concertazione.
La necessità o meno di una “commissione giudicatrice” è, naturalmente, correlata alle effettive modalità di espletamento delle selezioni.
Segnaliamo, peraltro, che si tratta in ogni caso di un procedimento di selezione interno del tutto diverso dalle procedure selettive pubbliche,
queste ultime, infatti, hanno natura pubblicistica e il relativo contenzioso sconta la competenza del giudice amministrativo; le prime (selezioni interne) trovano la loro fonte regolativi nel CCNL e rientrano tra le tipiche attività di gestione che vengono poste in essere con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro e l'eventuale contenzioso rientra nella esclusiva giurisdizione della magistratura ordinaria.
Quesito: R18. Le graduatorie relative alle progressioni verticali possono avere una validità triennale, come quelle pubbliche?
Siamo del parere che alla disciplina privatistica delle selezioni verticali di cui all'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, non possano essere applicati principi e regole che sono invece tipici delle selezioni pubbliche per l'accesso dall'esterno.
Ci riferiamo, in particolare, alla durata triennale delle graduatorie per la copertura di posti resisi vacanti successivamente alla relativa approvazione.
Tale comportamento appare del tutto incoerente rispetto alle finalità incentivanti che le selezioni interne dovrebbero perseguire senza trascurare il legittimo diritto di tutto il personale a partecipare a successive e periodiche iniziative di selezione per poter mettere a frutto le esperienze maturate e i meriti acquisiti.
Il blocco della graduatoria per un triennio comporterebbe, infatti, la impossibilità di avviare ulteriori momenti di selezione e di valutazione per lo sviluppo del personale per la medesima categoria e profilo professionale.
Quesito: R20. Su quale fondo deve gravare l’assegno personale riassorbibile previsto dall’art. 15, comma 2 del CCNL del 31.3.1999 per il dipendente riclassificato nella categoria superiore a seguito della progressione verticale di cui all’art. 4 dello stesso CCNL?
L'importo dell'assegno personale (riassorbibile con la successiva progressione economica) concesso al lavoratore che viene riclassificato in categoria superiore per effetto della progressione verticale, continua ad essere finanziato a carico del fondo per la progressione economica; a sostegno di questa soluzione depone sia il fatto che il maggior trattamento economico fruito dal dipendente era già a carico dello stesso fondo, (come effetto della progressione orizzontale realizzata nella categoria inferiore), sia perché trova in tal modo una coerente giustificazione il vincolo posto dall'art.
15, comma 2, del CCNL del 31.3.1999 secondo il quale l'assegno in parola deve essere riassorbito con la nuova progressione economica nella categoria superiore.
Quesito: R21. Qual è il corretto percorso attuativo per l’individuazione dei requisiti di accesso per le progressioni verticali ?
Dobbiamo ancora una volta confermare il nostro orientamento in ordine ai requisiti di accesso per le progressioni verticali, che dovrebbero essere individuati con il seguente percorso attuativo:
• individuazione dei profili professionali necessari per il corretto funzionamento dell'ente;
• collocazione dei profili nella categoria, attraverso una razionale descrizione dei relativi contenuti professionali, in coerenza con le declaratorie fissate dal contratto collettivo;
• per ogni profilo devono essere espressamente previsti i requisiti culturali indispensabili per l'accesso dall'esterno, specificando chiaramente i casi nei quali si può richiedere un titolo culturale diverso per le selezioni interne.
Quesito: R22. Il blocco delle assunzioni previsto dall’art. 19 della L. 448/2001 impedisce anche di coprire i posti di organico vacanti utilizzando lo strumento della progressione verticale ?
Si è del parere che il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dall'art. 19 della L. 448/2001 (per gli enti che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2001) non impedisce anche la copertura dei posti disponibili attraverso la procedura di cui all'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 (progressione verticale).
Infatti, il blocco dell'art. 19 è applicabile solo in caso di costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, mentre la progressione verticale nel sistema di classificazione disciplinata dall'art. 4 del CCNL del 31.3.1999 comporta semplicemente la modifica di un rapporto di lavoro già esistente.
Quesito: R23. Ulteriori chiarimenti su blocco delle assunzioni ex art. 19 L. 448/2001 e progressioni verticali
Riteniamo che le progressioni verticali, attuate ai sensi dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, siano da ritenersi escluse dal “blocco delle assunzioni” previsto dall'art. 19 della legge n. 448 del 2001.
E' ormai condiviso, anche dalla giurisprudenza di Cassazione, che i passaggi di categoria del personale in servizio non possono essere assimilati a “nuove assunzioni” che richiedono invece un percorso selettivo esterno e pubblico.
Inoltre, il contenzioso relativo alle selezioni interne è ricompreso nella giurisdizione del giudice del lavoro mentre quello correlato alle selezioni pubbliche resta ancora nella competenza del giudice amministrativo.
Rileviamo, infine, che anche autorevoli posizioni espresse dall'ANCI e dal Ministero dell'Interno, confermano il contenuto delle nostre indicazioni.
Quesito: R24. Dopo la sentenza n.194/2002 (e le altre precedenti di analogo contenuto) della Corte Costituzionale, gli enti del comparto possono ancora ricorrere alla progressione verticale, di cui all’art.4 del CCNL del 31.3.1999, per la copertura dei posti vacanti? E’ possibile avere qualche indicazione sulle corrette procedure da seguire?
Allo stato attuale, riteniamo che le sentenze n.1/1999 e n.194/2002 non sembrano produrre effetti limitativi anche rispetto ai sistemi di “carriera” del personale introdotti dai contratti collettivi in tutti i comparti del settore del lavoro pubblico, come quello relativo alla progressione verticale del personale disciplinato nell'art.4 del CCNL del 31.3.1999 concernente il comparto Regioni-Autonomie Locali.
Infatti, le citate sentenze della Corte Costituzionale hanno prodotto i loro effetti “abrogativi” solo, ed espressamente, nei confronti di specifiche e ben individuate disposizioni di legge concernenti il personale di una determinata amministrazione, senza assumere una portata generale.
Pertanto, tali sentenze non hanno in alcun modo inciso sulle progressioni verticali previste dall'art.4 del CCNL del 31.3.1999. Infatti, queste si fondano esclusivamente (come emerge chiaramente dalla lettura di tale clausola contrattuale) sulle disposizioni dell'art.36 del D.Lgs.n.29/1993, come modificato dagli artt.22 e 23 del D.Lgs.n.80/1998 (v.oggi l'art.35 del D.Lgs.n.165/2001; v.anche l'art.89, comma 3, del D.Lgs.n.267/2000), e dell'art.52 dello stesso decreto (che fa riferimento a forme di “sviluppo professionale” del personale) che non sono in nessun modo incorse nella dichiarazione di incostituzionalità.
Tuttavia, è evidente, che la legittimità delle progressioni verticali richiede che le stesse siano svolte nel pieno rispetto dei principi codificati nelle sopra citate disposizioni legislative, in modo da offrire ampie garanzie di serietà, imparzialità e trasparenza.
A tal fine si può ipotizzare il seguente percorso, secondo il quale l'ente:
▪ deve preventivamente disciplinare le modalità (ma anche i relativi requisiti di partecipazione, tenendo conto dei principi dell'art.35 del D.lgs.n.165/2001, della disciplina dell'art.4 del CCNL del 31.3.1999 e nel rispetto delle declaratorie delle diverse categorie di cui all'allegato A del CCNL del 31.3.1999) per realizzare le due diverse tipologie possibili di selezione per la copertura dei posti vacanti: quella pubblica per l'accesso dall'esterno e quella, interna (regolamentata dall'ente con atti adottati con i poteri e la capacità del privato datore di lavoro, secondo le previsioni dell'art.5, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001) da utilizzare per la progressione verticale;
▪ la nozione di progressione, come precisato anche dall'art.9 del CCNL del 5.10.2001, deve essere intesa in senso ampio in quanto ricomprende tutte le diverse dizioni prima comunemente utilizzate per designare la fattispecie, come ad esempio i concorsi interni, le progressioni verticali di carriera, selezioni interne, concorsi interni per professionalità acquisite solo dall'interno, ecc;
▪ deve adottare il provvedimento relativo alla programmazione triennale dei fabbisogni di cui all'art.39 della legge 27 dicembre 1997, n.449 ed all'art.6 del D.Lgs.n.165/2001, in modo da stabilire i posti vacanti e disponibili della dotazione organica di tutte le categorie da ricoprire in tale arco temporale, con i relativi piani annuali di attuazione;
▪ in tale sede, dove prevedere, per ciascun anno del triennio, il numero dei posti, vacanti e disponibili, da ricoprire mediante selezione pubblica, nel rispetto del principio dell'adeguato accesso dall'esterno, sancito espressamente e con carattere di vincolatività nell'art.35, comma 1,del D.Lgs.n.165/2001; in proposito è opportuno ricordare che la sentenza n.193/2002 della Corte Costituzionale ha ritenuto “non adeguata” la percentuale del 30 % che l'art.22 della legge n.133/1999, riservava all'accesso dall'esterno; l'Avvocatura Generale dello Stato, con proprio parere del 4.7.2002 reso relativamente agli effetti della citata sentenza n.194/2002 ad alcune amministrazioni statali, ritiene che il richiesto requisito della adeguatezza possa considerarsi soddisfatto in presenza di una percentuale non inferiore al 50%; inoltre, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza, n.234/1994 ha ritenuto non irrazionale e non lesiva del precetto costituzionale una riserva del 50% dei posti disponibili a favore del personale interno; occorre, inoltre, ricordare che un'eventuale comportamento degli enti non rispettoso del principio dell'adeguato accesso dall'esterno, dato il suo contrasto con norme imperative di legge (l'art.35, comma 1, del D.Lgs.n.165/2001), potrebbe ugualmente essere sanzionato in sede giudiziaria (x.xx tal senso la recente sentenza n.568/2002 del TAR Calabria, anche a prescindere da un intervento diretto della Corte Costituzionale);
▪ può destinare alle selezioni interne, ai sensi dell'art.4 del CCNL del 31.3.1999, solo i posti disponibili che residuano dopo la detrazione della percentuale riservata all'accesso dall'esterno; in proposito si deve anche ricordare che, in base all'art.4, comma 4, del citato CCNL del 31.3.1999, anche i posti destinati alla selezione interna per la verticale interna sono coperti mediante accesso dall'esterno (e quindi tramite il concorso pubblico) qualora la selezione stessa abbia avuto esito negativo o se, comunque, mancano del tutto all'interno le professionalità da selezionare;
▪ opportunamente, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che fa riferimento ad una adeguata giustificazione che dovrebbe essere alla base della decisione di ricorrere a selezioni interne, motiva adeguatamente la scelta della progressione verticale, facendo riferimento a particolari profili organizzativi e a specifiche forme di professionalità che si richiedono per la copertura dei posti, ad elementi cioè in grado di evidenziare la realizzazione dell'interesse pubblico alla scelta dei migliori e, quindi, al buon andamento dell'amministrazione; l'opportunità di un'adeguata motivazione della scelta a favore delle selezioni interne è sottolineata anche nel parere dell'Avvocatura Generale dello Stato;
▪ per ciascun anno, procederà alla copertura dei posti vacanti e disponibili secondo le previsioni della programmazione triennale, utilizzando, in relazione alle percentuali ad esse destinate, le due diverse tipologie di selezione consentite; in conformità al principio generale dell'art.35 del D.Lgs.n.165/2001, le due procedure selettive saranno, evidentemente, realizzate nello stesso anno per il quale è prevista la copertura dei posti vacanti e disponibili; ad esempio, non sembra, sotto tale profilo, conforme alle prescrizioni legali, la copertura di tutti posti disponibili in un anno attraverso le progressioni verticali, rinviando all'anno successivo la eventuale realizzazione delle selezioni pubbliche per la copertura dei posti che si sono resi disponibili proprio a seguito delle selezioni interne; questi ultimi posti, invece, saranno presi in considerazione nell'aggiornamento annuale della programmazione triennale dei fabbisogni;
▪ deve definire con particolare attenzione i requisiti e soprattutto i contenuti concreti della prova selettiva necessaria per la realizzazione della progressione verticale; deve trattarsi di elementi di valutazione “seri”, basati su criteri selettivi e meritocratici, effettivamente idonei a consentire l'accertamento, nel candidato, delle attitudini e della specifica capacità professionale richieste per la copertura dei posti vacanti; a tal fine, sicuramente dovranno escludersi elementi di valutazione con contenuti assolutamente generici oppure fondati sull'attribuzione di un valore esclusivo o anche solo preponderante all'elemento dell'anzianità di servizio; infatti, come ritenuto sia dalla
Corte Costituzionale che dall'Avvocatura Generale dello Stato, in tal modo si finirebbe solo per realizzare un automatico e generalizzato scivolamento del personale interno verso categorie superiori, in contrasto con il principio costituzionale del buon andamento; si consiglia, anche in considerazione delle indicazioni dell'Avvocatura Generale dello Stato, di valorizzare prevalentemente: il titolo di studio prescritto per la categoria di destinazione; le mansioni superiori svolte con apprrezzamento positivo; l'arricchimento professionale conseguente all'esperienza lavorativa, come desumibile dalle valutazioni annuali; l'accertamento attitudinale e professionale tramite prove o test.
Quesito R25 E' possibile chiarire il sistema di primo inquadramento del personale nelle categorie? E' consentito l'automatico reinquadramento in base al profilo o alle mansioni?
La trasposizione del precedente ordinamento per qualifiche funzionali al nuovo sistema di classificazione, introdotto dal CCNL del 31.3.1999, avviene esclusivamente sulla base delle precise indicazioni contenute nella tabella C allegata al citato CCNL. Pertanto, alla luce di tali tassative indicazioni, il personale è inquadrato nel nuovo sistema di classificazione esclusivamente in base alla qualifica funzionale ed al trattamento economico fondamentale in godimento, ivi compreso il LED. Conseguentemente sono da escludersi reinquadramenti per mansioni, riclassificazione dei profili posseduti, reinquadramenti operati in sede di stipula del nuovo contratto individuale e qualsiasi altra operazione in contrasto con le prescrizioni della citata tabella C.
Eventuali sviluppi verticali di carriera (sia nel senso di passaggio di categoria che di passaggio, nelle categorie, B e D ad uno dei profili con parametro tabellare di ingresso in B3 o D3), possono realizzarsi solo mediante selezioni interne alle condizioni indicate dal D.Lgs.n.29/1993 e dall'art.4 del CCNL del 31.3.1999.
L'art.3, comma 7, l'art.13 e le indicazioni contenute nell'allegato A, relativamente alle categorie B e D, non si possono interpretare nel senso di consentire forme di libero reinquadramento del personale in sede di applicazione del nuovo sistema di classificazione. Tali disposizioni, soprattutto quelle dell'allegato A, valgono solo a fornire indicazioni agli enti su quali siano i profili da ascrivere, all'interno delle categorie B e D, al trattamento tabellare iniziale corrispondente alla posizione economica B3 e D3, (nella posizione B3 i profili della ex V q.f. e in quella D3 i profili della ex VIII q.f.). Si tratta, quindi, di previsioni di carattere specificativo e quindi statico, e non dinamico. Riguardano la collocazione dei profili e dei relativi posti in organico e non delle persone fisiche.
Pertanto, nel caso in esame, il dipendente interessato inquadrato nella ex VII q.f., ed in possesso del LED deve essere correttamente collocato nella categoria D, posizione economica D2; solo se già inquadrato nella ex VIII q.f., proprio alla luce dell'art.3, comma 7, dell'art.13 e delle previsioni dell'allegato A, avrebbe potuto essere inquadrato nei profili con trattamento tabellare iniziale D3.
Riteniamo opportuno, per completezza informativa, aggiungere anche che ove il dipendente in questione acquisisse, in virtù di progressione economica orizzontale, la posizione economica D3, egli continuerebbe a svolgere esclusivamente i compiti e le mansioni correlate al profilo giuridico D1. Infatti, la progressione economica orizzontale di cui all'art.5 del CCNL del 31.3.1999 remunera solo ed esclusivamente il particolare impegno qualitativo e quantitativo del lavoratore nell'espletamento delle mansioni proprie e quindi non determina un mutamento del profilo. Si tratterebbe, quindi, del raggiungimento da parte del dipendente di una posizione D3 di valenza esclusivamente economica.
Per poter accedere, invece, ad uno dei profili (ex VIII q.f.) per i quali è previsto un trattamento tabellare iniziale corrispondente alla posizione economica D3, proprio perché si tratta di un mutamento della posizione professionale del dipendente e della occupazione di un diverso posto in organico (il lavoratore quindi, cambia il profilo rivestito per svolgere mansioni diverse e più qualificate) è necessario attivare, sussistendone i presupposti, le procedure selettive interne previste dall'art.4 del CCNL del 31.3.1999.
Quesito R26 E' possibile attivare procedure di riclassificazione o di promozione automatica del personale in servizio al fine di garantire sviluppi di carriera?
Evidenziamo in riferimento al quesito, in primo luogo che le disposizioni di inquadramento del personale in servizio nel nuovo sistema di classificazione contenute nell'art. 7 del CCNL del 31.3.1999 e nella tabella C allegata allo stesso CCNL sono tassative e non consentono alcuna deroga.
Circa la possibilità di procedere alla riclassificazione o promozione automatica del personale nella categoria superiore, confermiamo che eventuali sviluppi verticali di carriera possono essere realizzati solo alle condizioni indicate dal D.Lgs. 29/93 e dall'art. 4 del Ccnl del 31.3.1999.
Pertanto, riteniamo che il personale non può essere riclassificato senza selezione in un posto di organico e in un profilo differente da quello di appartenenza, richiedendo, il CCNL, infatti, l'espletamento della selezione riservata di cui all'art. 4, comma 2. Il dipendente può, peraltro aspirare ad una progressione economica orizzontale ai sensi dell'art.5, del CCNL del 31.3.1999 conseguendo così in analogo incremento economico, pur conservando il profilo e il posto di organico della propria categoria.
NOTA BENE: Il richiamo al D. Lgs. 29/93 deve ora intendersi riferito al D. Lgs. 165/2001.
Quesito R27. Quali regole devono essere seguite per la individuazione e collocazione dei profili professionali? Il personale può essere riclassificato in base alle mansioni svolte?
Dobbiamo precisare che la individuazione dei profili professionali e la loro collocazione corretta nelle categorie di cui al CCNL del 31.3.1999, è rimessa, nel rispetto del vincolo della concertazione con le XX.XX., all'autonomo apprezzamento dei singoli enti che devono assumere le relative decisioni con riguardo alla declaratoria professionale di ogni categoria.
Precisiamo ancora che il CCNL non si occupa della collocazione dei singoli lavoratori in base alle mansioni svolte, ma prende in esame scelte oggettive correlate al modello organizzativo adottato.
Richiamiamo infine l'attenzione sull'ipotesi che una eventuale ricollocazione di un profilo professionale in una categoria superiore, a seguito di un arricchimento dei relativi contenuti, non può comportare anche l'automatico reinquadramento del personale interessato che potrà solo fruire, alle condizioni prescritte, dei percorsi verticali di carriera, secondo la disciplina dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999.
Quesito R28 E' possibile il reinquadramento o la riclassificazione automatica del personale in base al profilo posseduto o alle mansioni svolte? Come si individuano i posti da destinare alle selezioni interne? I posti unici devono essere destinati all'accesso dall'interno o dall'esterno? La vigente disciplina legislativa e contrattuale del lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, non consente il reinquadramento o la riclassificazione automatica del personale neanche in base al profilo posseduto (o alla eventuale ricollocazione del profilo nella categoria superiore) o alle mansioni svolte.
Il percorso di sviluppo professionale è lecito soltanto nell'ambito delle regole sulle selezioni interne disciplinate dall'art. 4 del CCNL del 31/3/1999.
I posti che possono essere destinati alle selezioni interne devono essere individuati con la programmazione dei fabbisogni, riservando un adeguato numero di altri posti all'accesso dall'esterno (ai sensi dell'art. 35, comma 1, D.Lgs. 165/2001).
La disciplina degli accessi dall'esterno è affidata alla autonoma regolamentazione dei singoli Enti, fatti salvi i principi fissati dal comma 3 del citato art. 35; in tale ambito potrebbe essere anche riscritta la disciplina sulla utilizzazione e destinazione dei posti unici.
Quesito R29 Sono emerse ulteriori indicazioni in merito alle condizioni necessarie per realizzare legittime selezioni interne per le progressioni verticali del personale?
Riteniamo utile riportare uno stralcio del parere dell'Avvocatura Generale dello Stato n. 17975/PR4 del 6/9/2002, le cui indicazioni, anche se più direttamente rivolte ad una Amministrazione statale, possono risultare utili anche per gli enti del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali.
"……OMISSIS…. va premesso che la sentenza 194/2002 (della Corte Costituzionale) per quanto non abbia altro effetto diretto che quello di espungere dall'ordinamento le norme dichiarate incostituzionali e cioè gli articoli 3, commi 205, 206, 207 e 22, comma 2, della legge 13/5/1999 n. 133 che non riguardano il rapporto di lavoro del personale di codesta Amministrazione, enuncia principi già espressi in altre decisioni (314/94, 478/95, 320/92) e confermati nella successiva decisione 218/02 relativa al personale della Camera di Commercio, dei quali non può non tenersi conto per valutare la legittimità delle procedure di riqualificazione (o di selezioni interne).
Tali principi sono riconducibili alla regola contenuta nell'art. 97 Cost. secondo la quale per la copertura dei posti nei ruoli della Pubblica Amministrazione deve essere svolta procedura concorsuale pubblica, sicché un "automatico e generalizzato scivolamento verso l'alto del personale non può non essere ritenuto illegittimo".
La Corte Costituzionale nel riaffermare la validità di tale regola non può dirsi avere escluso in assoluto possibilità di far ricorso a sistemi diversi dal concorso pubblico propriamente detto a condizione che si fissino "criteri selettivi o verifiche attitudinali adatte a garantire l'accertamento della idoneità dei candidati essendosi in presenza di particolari situazioni che possano giustificare per una migliore garanzia del buon andamento della Amministrazione il ricorso a tali sistemi diversi dal pubblico concorso". Il contemperamento della regola del concorso pubblico con l'opportunità di consentire ai dipendenti già in servizio (e che hanno quindi superato un concorso pubblico per il primo accesso in servizio, salvo eccezionali e circoscritte ipotesi diverse ad es. ciechi ed invalidi di guerra) qualche avanzamento, appare legittimare l'uso di concorsi interni o di corsi di riqualificazione solo quando vengano rispettati taluni criteri che dalla sentenza delle Corte costituzionale è possibile desumere e che qui di seguito si indicano.
La individuazione e determinazione anche numerica dell'organico della Amministrazione per ciascuna delle …. (categorie) ….. dovranno rispondere non alla volontà di soddisfare le aspettative di carriera del personale in servizio ma alla necessità di soddisfare le esigenze effettive ed oggettive della Amministrazione. La copertura dei posti risultati scoperti si dovrà realizzare per la percentuale maggiore attraverso pubblico concorso, destinando ai meccanismi riservati al personale già in servizio una percentuale inferiore, consentendo l'accesso a tali meccanismi dei dipendenti che siano già stati utilizzati in mansioni superiori alla qualifica posseduta e che posseggano il titolo richiesto per l'accesso alla qualifica superiore di cui trattasi, escludendo quindi la considerazione prevalente
della anzianità di servizio. Neppure dovrà essere ammessa la possibilità di realizzare il c.d. doppio salto e cioè il passaggio a qualifica ulteriore rispetto a quella immediatamente superiore a quella posseduta.
Le procedure di riqualificazione (o di selezioni interne) dovranno tendere ad accertare e migliorare le capacità tecnico- professionali specificamente occorrenti per la qualifica superiore cui il dipendente aspira. Ove gli indicati criteri risultino essere stati rispettati da codesta Amministrazione le procedure di riqualificazione (o di selezioni interne) enunciate potranno essere portate a compimento, dovendosi altrimenti procedere al loro annullamento per non trovarsi di fronte al rischio di impugnazione dei loro esiti da parte di soggetti esclusi o contro interessati, con conseguenti responsabilità di chi abbia promosso e completato procedure non conformi ai criteri sopraindicati che costituiscono il limite non superabile per consentire sistemi alternativi al concorso pubblico di copertura di posti in organico di norma accessibili solo con concorsi pubblici.
Il rischio (in taluni casi già concretatosi) della declaratoria di nullità delle clausole dei contratti integrativi che abbiano previsto, oltre il limite dei criteri sopraindicati, la procedura di riqualificazione (o di selezione interna) non può essere bilanciato dalle aspettative di avanzamento di carriera creata nel personale dipendente, perché tale aspettativa si fonderebbe su clausole nulle per contrasto con norme inderogabili (quella dell'accesso ai pubblici impieghi per concorso pubblico e quelle che solo eccezionalmente e con criteri rigorosi consentono l'utilizzo di procedure diverse) epperciò sarebbe improduttivo di effetto OMISSIS"
Quesito R30 Un dipendente è stato a suo tempo riclassificato in qualifica inferiore per inidoneità fisica ai sensi dell’art.11 del DPR 347/83, non essendo possibile, per mancanza di posti, utilizzarlo in altre mansioni ascrivibili alla sua qualifica di inquadramento. Lo stesso dipendente, a seguito di progressione verticale, è stato ora reinquadrato nella categoria corrispondente alla qualifica superiore originariamente posseduta. La differenza di retribuzione tra le due qualifiche, computata nel maturato per anzianità ai sensi dell’art.27, comma 2 del DPR 347/83 si conserva o viene riassorbita ?
Preliminarmente, è il caso di evidenziare che, in vigenza dell'art.11 del DPR 347/83, il dipendente è stato riclassificato in qualifica inferiore perché, nonostante fosse inidoneo solo allo svolgimento delle mansioni del proprio profilo professionale, non sussistevano, nella sua qualifica di inquadramento, altri posti disponibili (di diverso profilo professionale). In altri termini, il dipendente non era assolutamente inidoneo allo svolgimento delle mansioni proprie della sua qualifica di provenienza e questo spiega come sia oggi possibile il suo reinquadramento nella categoria corrispondente a tale qualifica.
L'art. 27, comma 2, del DPR 347/83, prevedeva che “in caso di inquadramento a qualifica funzionale inferiore per idoneità fisica, in relazione a quanto previsto dal precedente art. 11, la differenza di retribuzione tra le due qualifiche sarà computata nel maturato per anzianità. Detta differenza sarà utilizzata a conguaglio nel caso di successivo passaggio a qualifica funzionale superiore.”
Tale disposizione mirava, da un lato, a non penalizzare eccessivamente il dipendente che, per ragioni di salute, si trovasse costretto a subire un declassamento; dall'altro, si preoccupava di evitare che in caso di reinquadramento dello stesso dipendente nella qualifica di provenienza questi avesse un trattamento economico migliore rispetto agli altri dipendenti della stessa qualifica. In sostanza, la norma affermava il principio che in caso di reinquadramento nella qualifica di provenienza il dipendente aveva diritto a vedersi riconosciuto solo il trattamento economico previsto per tale qualifica, senza alcuna maggiorazione.
Sia l'art. 11 sia l'art. 27 del DPR 347/83 non sono, però, più applicabili, in virtù dell'art. 69, comma 1, ultimo periodo, del D. Lgs. 165/2001.
La materia è oggi disciplinata dall'art. 21 del CCNL del 6.7.1995 e dall'art. 4 della L. 68/99.
L'art. 21, comma 4 del CCNL del 6.7.1995 e successive modificazioni stabilisce che in caso di utilizzo del dipendente inidoneo allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo professionale rivestito in mansioni ascritte alla qualifica inferiore debba trovare applicazione l'art. 4, comma 4 della L. 68/99 secondo il quale il dipendente ha “…diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
In apparenza, nulla si prevede per l'ipotesi in cui il dipendente torni successivamente ad essere utilizzato in mansioni proprie della categoria di provenienza (superiore).
Tuttavia, riteniamo che il problema possa agevolmente essere risolto secondo i consueti canoni della ragionevolezza e della buona fede.
La ratio di tali disposizioni, non diversamente da quelle del DPR 347/83 sopra esaminate e non più applicabili, è, ancora una volta, quella di non penalizzare il dipendente che, per ragioni di salute, si trovi costretto a subire una dequalificazione professionale (eccezionalmente consentita in tale ipotesi); non a caso la legge 68/99 parla, genericamente, di conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza; sicuramente, si può confermare che anche tale disciplina non ha lo scopo di precostituire una incomprensibile posizione di vantaggio per il lavoratore nel caso egli sia successivamente riutilizzato nelle mansioni proprie della categoria di provenienza (superiore).
Pertanto, sembra ragionevole concludere che anche in base alle nuove disposizioni, come nell'ipotesi in cui fossero state ancora applicabili le disposizioni del DPR 347/83, il lavoratore che torna ad essere utilizzato nelle mansioni
proprie della categoria di provenienza (superiore) non ha diritto a particolari privilegi: egli percepirà il trattamento economico previsto per la categoria superiore dalla quale proveniva senza alcuna maggiorazione (comunque denominata).
Se così è, la soluzione è estremamente semplice: non importa che, nel frattempo, sia intervenuta la disapplicazione dell'art. 27 del DPR 347/83; come pure non ha alcuna rilevanza il fatto che il trattamento economico della qualifica superiore di provenienza sia stato conservato nella RIA; sia in base alle vecchie norme, sia in base alle nuove, il vostro dipendente non potrebbe oggi percepire un trattamento complessivamente superiore a quello previsto per la “nuova categoria” di inquadramento (corrispondente alla qualifica superiore dalla quale proveniva).
Quesito R31 E’ possibile far partecipare una dipendente in congedo di maternità post-partum ad una prova selettiva finalizzata alla progressione verticale nel sistema di classificazione ? In caso affermativo, è possibile consentire alla dipendente di allontanarsi durante la prova per allattare il bambino ?
Premettiamo che l'art.46, comma 1 del D.Lgs.165/2001 assegna all'Aran compiti di assistenza nei confronti delle amministrazioni rappresentate solo ai fini dell'uniforme applicazione dei CCNL da essa stipulati ai sensi degli artt.40 e ss. dello stesso decreto legislativo.
Il quesito non riguarda l'applicazione del vigente CCNL ma l'interpretazione e l'applicazione di norme di legge sulle quali dovrete acquisire il parere del Dipartimento della funzione Pubblica al quale istituzionalmente competono poteri di indirizzo e coordinamento in materia di interpretazione di disposizioni legislative concernenti il rapporto di lavoro pubblico.
Tuttavia, nell’ambito di una proficua collaborazione con le amministrazioni rappresentate, può essere utile esporre la nostra opinione in materia, anche se priva di valenza interpretativa “ufficiale”, che può così riassumersi.
Il X.Xxx.151/2001 fa assoluto divieto all'amministrazione di adibire al lavoro la dipendente nei periodi in cui è previsto il congedo di maternità.
Nel nostro caso, però, la lavoratrice, attualmente in congedo di maternità post-partum, parteciperebbe ad una procedura selettiva e non sarebbe adibita al lavoro; conseguentemente, il divieto previsto dal D.Lgs.151/2001 non sembra di immediata e certa applicazione.
Pertanto, nel dubbio, se non è proprio possibile prevedere una apposita “sessione d’esame”, siamo del parere che l’amministrazione, al fine di non discriminare la dipendente e ferma restando la sospensione del rapporto di lavoro, potrebbe consentire anche alla lavoratrice in congedo di maternità post-partum di partecipare alle prove selettive per la progressione verticale nel sistema di classificazione, perché queste non sono, a rigore, attività lavorativa; è tuttavia necessario che l'ente si cauteli in qualche modo, visto che tale attività, che sicuramente comporta un minimo di stress emotivo, potrebbe comunque tradursi in un danno per la salute della madre (e forse anche per la salute del bambino): potrebbe essere sufficiente, a tal fine, che la dipendente produca una certificazione medica che attesti che non vi sono particolari controindicazioni al riguardo e che l’ente declini comunque ogni responsabilità.
Quanto al secondo problema, pensiamo che esso possa essere facilmente risolto facendo accompagnare la candidata che abbia necessità di allontanarsi dall'aula per allattare il bambino da uno dei membri della commissione (preferibilmente donna) e garantendo comunque alla stessa candidata un numero di ore effettive per lo svolgimento delle prove pari a quello degli altri candidati.
Giurisprudenza
Sentenza N. 1 - Cassazione, Sezioni Unite Civili; Sentenza n. 7859 dell'11 giugno 2001 Regolamento di giurisdizione sulle selezioni interne
"… le Sezioni unite hanno già esaminato (sent. 22 marzo 2001, n. 128) il problema ermeneutico posto dall'art. 68, quarto comma, del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall'art. 29 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, a norma del quale "restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni".
Hanno ritenuto che, dovendosi valutare la portata di questa disposizione alla luce della regola generale (posta dal primo comma dello stesso articolo), che devolve al giudice ordinario la cognizione di "tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni …. incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro", si impone la conclusione che tale devoluzione riguarda qualsiasi fase dei detti rapporti, dall'instaurazione fino alla estinzione, comprese quelle intermedie, relative ad ogni vicenda modificativa, anche se finalizzata alla progressione in carriera e realizzata attraverso una vicenda selettiva di tipo concorsuale.
La "ratio" della ritenuta limitazione della residuale giurisdizione amministrativa alle sole controversie concernenti l'espletamento di procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto implica, peraltro, non solo la conseguenza … della insussistenza di alcun momento di collegamento rispetto a questa stessa giurisdizione dei casi in cui la selezione avvenga all'interno delle categorie del personale già dipendente dalla pubblica amministrazione e sia quindi funzionale ad una modificazione dei rapporti già costituiti, ma anche quella … di uguale insussistenza della giurisdizione amministrativa nei casi in cui la materia litigiosa riguardi atti successivi alla conclusione delle operazioni selettive, come la nomina dei concorrenti giudicati idonei, non più accreditabile della natura propria del provvedimento amministrativo e riconducibile, invece, al modello contrattuale di tipo privatistico.
La Corte dichiara, pertanto, la competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria
Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili Sentenza 15/10/2003 n. 15403 –
Giurisdizione e competenza – selezioni interne – giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo
Attenzione, con la sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione modifica precedenti decisioni delle stesse Sezioni Unite (si veda quella precedente)
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
sentenza 15 ottobre 2003 n. 15403 (Pres. Carbone, Est. Prestipino) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 23 marzo 2000 GG conveniva davanti al giudice unico del lavoro del Tribunale di Prato il ministero delle Finanze, alle cui dipendenze prestava attività lavorativa quale direttore tributario, ed esponeva che, avendo partecipato al concorso interno per titoli e colloquio indetto con decreto ministeriale 19 gennaio 1993 per l'assegnazione di 999 posti di primo dirigente del ruolo amministrativo, al momento della pubblicazione della graduatoria nel Bollettino ufficiale del Ministero (dopo l'approvazione, deliberata con provvedimento del 9 luglio 1999) era venuto a sapere che gli era stato riconosciuto un periodo di servizio inferiore a quello effettivo e che, per questa ragione, gli erano stati attribuiti punti 91,85, anziché 92,30, tanto da essere collocato al 1054° posto invece che al 976°. Il ricorrente chiedeva, quindi, che fosse dichiarato il suo diritto a vedersi riconosciuti altri 0,45 punti, con l'attribuzione del posto di primo dirigente.
Costituitosi in giudizio, il Ministero convenuto eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, contestava la fondatezza della pretesa avversaria, chiedendone il rigetto.
Con sentenza del 14 luglio 2000 il Tribunale, rigettata l'eccezione pregiudiziale dedotta dal convenuto, in accoglimento del ricorso dichiarava che al G dovevano essere riconosciuti ulteriori 0,45 punti.
Questa decisione, impugnata dal ministero delle Finanze, veniva confermata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza del 30 maggio 2001.
La Corte di appello, per quanto qui interessa, osservava che l'articolo 68, quarto comma, del decreto legislativo 29/1993, come modificato dall'articolo 29 del d.lgs 80/1998 e dal decreto legislativo 387/98 doveva essere interpretato nel senso che, in materia di riparto della giurisdizione fra il giudice ordinario e il giudice amministrativo, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, la locuzione "procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti" comportante una deroga alla giurisdizione del giudice ordinario fa riferimento alle procedure indette per l'ingresso in carriera dei dipendenti, mentre, in caso di controversie inerenti a concorsi interni utili per la progressione in carriera, vale la regola generale della devoluzione delle stesse al giudice ordinario.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il ministero delle Finanze in base ad un unico, complesso motivo.
Ha resistito con controricorso il G, che ha pure depositato una memoria.
Il ricorso è stato rimesso a queste Sezioni unite per la decisione della questione di giurisdizione dedotta nel ricorso per cassazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura dell'unico motivo del l'impugnazione il Ministero ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 37 c.p.c., 68, commi primo, terzo e quarto, decreto legislativo 29/1993, come modificato dall'articolo 29 decreto legislativo 80/1998 e dall'articolo 18 decreto legislativo 387/98 e sostiene che, in base alla nuova normativa che regola la ripartizione della giurisdizione fra il giudice amministrativo e il giudice ordinario nelle controversie relative al personale dipendente dalle Pubbliche amministrazioni, la materia dei pubblici concorsi, dalla emanazione del bando fino all'approvazione della graduatoria, è devoluta al giudice amministrativo, mentre resta attribuita al giudice ordinario la disciplina successiva del rapporto, compresa fra la sottoscrizione del contratto di lavoro e la cessazione dal servizio e che tale normativa è applicabile anche ai concorsi interni, specie a quelli diretti a reclutare personale dirigenziale, tanto è vero che i vincitori sono tenuti a sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro. l motivo è fondato.
I. Stabilisce l'articolo 63, primo comma, decreto legislativo 165/01, che reca le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni e che ha recepito le disposizioni contenute nel decreto legislativo 29/1993 e successive modificazioni che «sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni». Il medesimo articolo di legge, nel quarto comma, dispone peraltro che al giudice amministrativo continua ad essere attribuita la giurisdizione generale dì legittimità, come deve intendersi in considerazione del fatto che la norma poi assegna alla giurisdizione esclusiva del medesimo giudice le controversie del personale indicato nel precedente articolo 3 (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, ecc.) sulle controversie «in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni».
II. Nell'interpretare quest'ultima disposizione di legge, da parte di queste Sezioni unite è stato affermato che la riserva in via residuale alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia dì impiego pubblico cosiddetto privatizzato concerne esclusivamente le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro e non riguarda i casi in cui il concorso sia diretto non già ad assumere, ma a promuovere il personale già assunto, dal momento che il legislatore ha inteso attribuire al giudice ordinario la giurisdizione su tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, dalla sua instaurazione fino all'estinzione, compresa ogni fase intermedia relativa a qualsiasi vicenda modificativa, anche se finalizzata alla progressione in carriera e realizzata attraverso una selezione di tipo concorsuale (così, testualmente, x. xx xxxxxxxx 0000/00 in motivazione; v. nello stesso, in precedenza, le sentenze 128/01, 7859/01, 15602/01 e successivamente le ordinanze 2514/02 e 9334/02). È stato al riguardo precisato che nell'ambito dello stesso rapporto, che ha natura privatistica, non è possibile configurare la procedura selettiva per ottenere un superiore inquadramento come un concorso esterno, trattandosi invece di un concorso interno per la progressione in carriera che si conclude con un atto amministrativo non negoziale (v. l'ordinanza 2514/02 sopra indicata).
III. L'articolo 35, primo comma, decreto legislativo 165/01 prescrive che l'ingresso nella Pubblica amministrazione deve avvenire "tramite procedure selettive", che sono dirette ad accertare la professionalità richiesta e che garantiscono in misura adeguata l'accesso dall'esterno. Questa regola deve ritenersi applicabile, in via generale, anche con riferimento all'attribuzione al dipendente di una qualifica superiore (in base alle disposizioni contenute nei contratti collettivi cui rinvia l'articolo 40, primo comma, del medesimo decreto legislativo), dato che, a norma del successivo articolo 52, primo comma, la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore «per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive». Pertanto, considerato che mediante gli accordi collettivi stipulati nel comparto del pubblico impiego è stato previsto un sistema di inquadramento del personale articolato in aree o fasce, all'interno delle quali sono contemplati diversi profili professionali, si deve ritenere che le procedure che consentono il passaggio da un'area inferiore a quella superiore integrino un vero e proprio concorso tali essendo anche le procedure che vengono denominate "selettive" qualunque sia l'oggetto delle prove che i candidati sono chiamati a sostenere.
D'altra parte, fermo restando che in materia di impiego pubblico il legislatore è dotato di un'ampia discrezionalità riguardo al potere diretto all'inquadramento del personale, tale discrezionalità essendo soltanto limitata dal principio di non arbitrarietà e di non manifesta irragionevolezza come da tempo è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale (v., in proposito, la sentenza 320/97; x. xxxx xx xxxxxxxx 000/00 x 000/00), xx rilevato che la stessa Corte costituzionale, argomentando dalla norma contenuta nell'articolo 97 della Costituzione secondo cui ai pubblici uffici, che debbono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione, si accede «mediante concorso salvi i casi stabiliti dalla legge" anche prima della cosiddetta privatizzazione aveva sostenuto che il concorso costituisce, di norma, la regola generale per l'accesso ad ogni tipo di pubblico impiego, anche a quello inerente ad una fascia funzionale superiore, essendo lo stesso «il mezzo maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci ed idonei ad assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione» (v. le sentenze 487/91, 453/90, 161/90).
Questo indirizzo ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza costituzionale intervenuta dopo la privatizzazione del rapporto di impiego, essendo stato in particolare precisato che il passaggio ad una fascia funzionale superiore
costituisce l'accesso ad un nuovo posto di lavoro e che la selezione, alla stregua di qualsiasi altro strumento di reclutamento, deve rimanere soggetta alla regola del pubblico concorso (v., fra le tante, le sentenze 320/97 e 314/94).
IV. Questi principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale hanno trovato puntuale applicazione, da parte della medesima giurisprudenza, quando la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di diverse disposizioni legislative che avevano riservato solamente ai dipendenti interni alcune volte in modo pressoché automatico, in carenza di una vera e propria procedura selettiva l'accesso ad un'area funzionale superiore.
Il giudice delle leggi, dopo avere ribadito che «il passaggio ad una fascia funzionale superiore, nel quadro di un sistema come quello oggi in vigore che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti», deve essere attuato mediante una forma di reclutamento che permette "un selettivo accertamento delle attitudini" e, quindi, mediante pubblico concorso, ha rilevato che quest'ultimo non può essere riservato esclusivamente ai dipendenti interni, il nuovo assetto creato dal legislatore essendo preordinato a realizzare «il valore dell'efficienza, grazie a strumenti gestionali che consentono di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero una sua più flessibile utilizzazione». Per questa ragione è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di plurime disposizioni di legge (alcune delle quali relative ai corsi-concorso per la riqualificazione del personale del ministero delle Finanze: articolo 3, commi, 205, 206 e 207 legge 549/95 e successive modificazioni) nella parte in cui le stesse prevedevano il passaggio a fasce funzionali superiori "in deroga alla regola del pubblico concorso" o comunque non prevedevano "alcun criterio selettivo", ovvero riservavano, esclusivamente o in maniera ritenuta eccessiva, al personale interno l'accesso alla qualifica superiore. Inoltre, come è stato sottolineato dalla stessa Corte costituzionale, la previsione non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso interno, in quanto riservato ai dipendenti dell'amministrazione per una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, appare irragionevole e si pone in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione (v. le sentenze 4 1/1999, 194/02, 218/02 e 373/02).
V. A tali principi si è ispirata la medesima Corte costituzionale nel motivare l'ordinanza 2/2001, con la quale è stata dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 68 decreto legislativo 29/1993 e successive modificazioni (ora articolo 63 decreto legislativo 165/01). In tale ordinanza la Corte, nel fornire la sua interpretazione della norma di legge, ha affermato che la procedura selettiva diretta all'accesso ad una qualifica superiore - e riservata sia al personale interno all'amministrazione, sia a candidati esterni integra "una vera e propria procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando".
VI. Alla luce dell'intero quadro normativo, come deriva, soprattutto, dalle sentenze della Corte costituzionale che si sono succedute nel tempo (indicate nei paragrafi che precedono), l'indirizzo giurisprudenziale esposto nel paragrafo II deve essere sottoposto ad una necessaria rimeditazione.
Dovendo essere considerato come un imprescindibile presupposto (della conclusione che deve essere adottata) il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l'accesso del personale dipendente ad un'area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione dì candidati esterni si deve affermare che il quarto comma dell'articolo 63 decreto legislativo 165/01, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo «le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni», fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore: il termine "assunzione", d'altra parte, deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica.
VII. Nel caso in esame, come bene deduce il Ministero ricorrente, il concorso al quale ha partecipato il G riguarda l'accesso ad uno dei 999 posti della qualifica di primo dirigente del ruolo amministrativo. Pertanto, trattandosi di un'area diversa (superiore) a quella di appartenenza dei candidati interni ed essendo stata dal G denunciata l'illegittimità della graduatoria e non già un atto a questa successivo, la controversia deve essere decisa dal giudice amministrativo nonostante che l'approvazione della medesima graduatoria sia intervenuta il 9 luglio 1999 e, quindi, che la questione sia relativa ad un periodo successivo al 30 giugno 1998 (v. Cassazione, Sezioni unite, 7856/01 per l'interpretazione dell'articolo 69, settimo comma, decreto legislativo 165/01 in ordine allo spartiacque costituito dalla data del 30 giugno 1998 e per la rilevanza che deve essere data all'approvazione della graduatoria nelle controversie inerenti a pubblici concorsi). In tal senso debbono essere condivise le argomentazioni svolte nel ricorso per cassazione a sostegno della censura formulata avverso la decisione impugnata, essendo stata questa basata sull'indirizzo giurisprudenziale del quale viene qui operata la revisione.
Tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, deve essere accolta la prima censura dell'unico motivo del ricorso proposto dal ministero delle Finanze, con assorbimento della seconda censura (relativa al merito della controversia), deve essere dichiarata la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio in relazione alla censura accolta.
Giusti motivi sussistono, atteso l'effettuato mutamento del precedente indirizzo giurisprudenziale, per compensare interamente fra le parti le spese dei due gradi della fase di merito e della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La corte accoglie la prima censura dell'unico motivo del ricorso, dichiara assorbita la seconda censura e dichiara la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. Xxxxx senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e compensa fra le parti le spese dell'intero giudizio.
Così deciso alla c.c. del 3 luglio 2003.
Depositata in cancelleria in data sentenza 15 ottobre 2003.
TAR Calabria (Catanzaro) Sez. II; decisione in forma semplificata del 7.3.2002: Copertura di posti di organico attraverso procedure selettive riservate al solo personale interno pur non trattandosi di professionalità acquisibili solo dall'interno dell'ente - illegittimità - giurisdizione del giudice amministrativo : sussistenza.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria - Catanzaro
Sezione seconda
composto dai Signori Magistrati
dr. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Presidente,
dr. Xxxxxxx Xxxxxxx referendario
dr. Xxxxxxx Xxxxxxx referendario est.
ha pronunciato la seguente
DECISIONE IN FORMA SEMPLIFICATA
nella Camera di Consiglio del 7/3/2002, Visto il ricorso n" 253/2002 proposto da …; contro
il COMUNE di …. , in persona del Sindaco pro – tempore,….. e nei confronti di …..
per l'annullamento previa sospensione
- della, determina dirigenziale n°484 del 29.11.2001 (con relativo avviso di selezione interna) avente ad oggetto l'approvazione dell'avviso di selezione interna per progressione verticale in vista dell'assunzione a tempo indeterminato di n°2 istruttori Categoria C 1 Settore Area Finanziaria, di cui n° 1 Servizio Tributi e n° 1 Servizio Gestioni e Bilancio;
-nonché di ogni altro atto propedeutico e presupposto ……..
FATTO E DIRITTO