Contract
2. Contrattazione collettiva
2.1. Ipotesi di accordo quadro nazionale tra Ifoa e le XX.XX. per la riorganizzazione delle attività e la trasformazione dei rapporti di lavoro, 18 febbraio 2013 (in Boll. ADAPT, 2013, n. 17).
I segnali di un rinnovato interesse sul contratto di solidarietà espansivo: le esperienze Ifoa ed Isola Verde Erboristerie
Sommario: 1. Il contratto di solidarietà espansivo: caratterizzazione ed evoluzione dello schema originario. – 2. La leva dell’incentivazione alla base dello start-up del contratto di solidarietà espansivo, ma non anche della sua rinnovata e recente valorizzazione. – 3. Le esperienze contrattuali dell’Ifoa e dell’Isola Verde Erboristerie.
1. Il contratto di solidarietà “espansivo” (o “offensivo”), pur concorrendo con altre tipologie contrattuali affini al conseguimento dell’obiettivo di favorire l’occupazione messa in costante discussione da crisi strutturali, di settore o aziendali, è restato per molto tempo ai margini del nostro ordinamento, nonostante avesse ricevuto una precisa fisionomia giuridica ed una specifica previsione di risorse finanziarie già dagli inizi degli anni Ottanta.
Le origini del contratto di solidarietà espansivo sono connesse alla sottoscrizione del protocollo tra Governo e parti sociali – il noto Protocollo Xxxxxx – del 22 gennaio 1983 e alla posteriore intesa del 14 febbraio 1984. È tuttavia con l’art. 2, d.l. n. 726/1984, convertito, con modificazioni, nella l. n. 863/1984, che il contratto di solidarietà espansivo fa il suo ingresso nell’ordinamento italiano ricevendo una prima, e allo stato attuale definitiva, disciplina che si presenta articolata sotto plurimi profili (in generale si veda X. XXXXXX, Contratti di solidarietà, in DDPCom, 2000, 200 ss.; X. XXXX, La disciplina legale dei contratti di solidarietà: riflessioni generali, in DL, 1985, I, 14).
Invero, il nostro ordinamento si era avvicinato a tale tipologia contrattuale qualche anno più tardi rispetto agli altri Paesi europei nei quali era già in corso una prima sperimentazione intesa ad incoraggiare l’assunzione di giovani in cerca di prima occupazione mediante il riconoscimento di incentivazioni alle imprese che ricorrevano alla riduzione dell’orario di lavoro (ovvero all’istituto del prepensionamento) per i lavoratori già occupati in azienda. Nell’esperienza francese la sottoscrizione di un accordo definito di solidarietà, sulla base dell’ordonnance n. 82-40 del 16 gennaio 1982 e del décret n. 82-1055 del 16 dicembre 1982, aveva ad oggetto il pensionamento anticipato dei dipendenti con un’età anagrafica inferiore compresa tra i 55 ed i
60 anni di età a fronte di assunzioni di nuovi lavoratori ovvero di una riduzione dell’orario di lavoro di almeno 37 ore settimanali.
L’art. 2, comma 1, d.l. n. 726/1984, pone la seguente condizione «Nel caso in cui i contratti collettivi aziendali, stipulati con i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, al fine di incrementare gli organici, prevedano, programmandone le modalità di attuazione, una riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale [...]». La stretta correlazione tra riduzione dell’orario e nuove assunzioni a tempo indeterminato costituisce il sinallagma del contratto collettivo aziendale. Trattandosi di contratti che vanno ad incidere sui rapporti di lavoro subordinati già in essere, il medesimo art. 2 sottolinea che essi sono attivati mediante «contratti collettivi aziendali stipulati con i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale». Sotto il profilo della legittimazione, il riferimento ai sindacati è da associare alla singola entità sindacale che è dentro la confederazione, piuttosto che all’organizzazione risultante dall’unione dei sindacati nazionali di categoria. Un criterio selettivo, cui si faceva prevalentemente ricorso negli anni Settanta e Xxxxxxx, che si spiega con la volontà di distinguere i sindacati «aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale», cui il legislatore ha inteso affidare un potere, dagli altri, non confederali, che per converso ha voluto escludere. Sotto questo profilo, la selezione dell’agente contrattuale è condizione per il riconoscimento dei diversi incentivi previsti, ma non è di ostacolo, sul presupposto della garanzia della libertà costituzionale dell’art. 39, primo comma, alla volontà di sottoscrivere contratti di solidarietà espansivi “atipici” sottratti al regime promozionale ed agevolativi, ove sottoscritti con sindacati non aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative.
A differenza dei contratti di solidarietà “difensivi”, il legislatore non delimita l’area dei datori di lavoro che possono sottoscrivere tale tipologia contrattuale: ne consegue che possono accedervi le imprese di qualunque settore, senza possibili limitazioni concernenti la qualità o la dimensione dell’azienda, comprese le cooperative di produzione e lavoro. Lo scopo di evitare possibili (e strumentali) ridimensionamenti dell’organico e di consentire per converso il consolidamento degli assetti occupazionali ha imposto la previsione di escludere le imprese che nei 12 mesi precedenti l’assunzione abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni dal lavoro per cassa integrazione guadagni straordinaria.
Sul piano dell’efficacia soggettiva del contratto collettivo aziendale, sebbene ispirato da un apprezzabile – e finanche pregevole come si dirà più avanti – scopo solidaristico e aiuto reciproco, la sottoscrizione non pare vincolare il lavoratore che intenda dissentire dall’accordo aziendale nel caso in cui ritenga che vi sia un’effettiva ingerenza nella sfera dei suoi diritti soggettivi in assenza di un rilevante interesse collettivo correlato a situazioni nelle quali la riduzione degli organici è giustificata da gravi difficoltà economiche aziendali ovvero connesso a fattispecie di eccedenze strutturali che legittimano il
ricorso al licenziamento per riduzione di personale. Tale profilo critico può contribuire a comprendere le ragioni del suo marginale impiego, ma non anche a giustificarlo esaurientemente. Se la questione della vincolatività dell’accordo aziendale può essere definita ricorrendo, anteriormente alla sottoscrizione del contratto aziendale, ad uno specifico mandato da conferire al sindacato legittimato, sulla base dell’art. 411, c.p.c., e/o ad una successiva consultazione tra i lavoratori coinvolti nella solidarietà o al criterio della volontarietà (tale soluzione è indicata nell’accordo dell’8 luglio 2011 per il Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito; sul punto sia consentito rinviare a X. XXXXXXXX, Previdenza contrattuale e fondi di solidarietà bilaterali, in q. Rivista, 2012, n. 3, 662), più complessa è sembrata essere, nel corso degli anni, la prospettiva di impiegare la riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione per fini diversi da quelli tradizionalmente legati alla presenza di rilevanti e irreversibili fattori esterni. Pare allora che la solidarietà si sia riservata un suo spazio, anche notevole, ma solo quando essa è chiamata a salvaguardare l’occupazione dei lavoratori. Si aggiunga che il rigore della formulazione
«contestuale assunzione» è mitigata dalla precisazione, contenuta nel medesimo art. 2, comma 1, di programmarne le modalità di attuazione: ciò al fine di consentire che l’inserimento sia graduale e tenga altresì conto dei tempi tecnici occorrenti per l’addestramento e la formazione dei nuovi assunti.
Peraltro non va neppure trascurato che dalla lettura della prima parte dell’art. 2 non pare potersi escludere un contratto aziendale che sancisca la riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione di una sola parte della generalità dei lavoratori occupati in azienda ove l’accordo individui il numero dei lavoratori effettivamente coinvolti, il settore (o l’area interessata), l’entità della riduzione oraria (e della retribuzione) e le ore di lavoro che consentono l’assunzione di nuovo personale. In ogni caso, le nuove assunzioni non devono alterare le percentuali esistenti in azienda tra manodopera maschile e femminile: l’obbligo di rispettare tale percentuale è previsto in assoluto a favore del personale femminile, mentre per il personale maschile siffatto obbligo sussiste solo nel caso in cui il numero dei lavoratori sia inferiore rispetto a quello femminile (art. 2, comma 4-bis).
Dunque il modello di solidarietà espansivo, oltre a suggerire soluzioni contrattuali “aperte” rispetto a formalistiche imposizioni dettate dalla legge, precorre e, sotto certi aspetti, evoca il principio di solidarietà intergenerazionale, richiamato dall’art. 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (nella versione consolidata pubblicata in GUUE, 2012, C 326, 17) e dagli artt. 21 e 25, in materia di non discriminazione e di diritto degli anziani, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in GUCE, 2000, C 364). Difatti, anticipando quanto si avrà modo di argomentare più avanti, il comma 5 dell’art. 2, non esclude, tra le differenti incentivazioni, l’impiego di tale tipologia contrattuale al fine di agevolare il collocamento a
riposo di categorie di lavoratori in possesso di un’età anagrafica e di un’anzianità contributiva che consente loro di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico pubblico di vecchiaia. In questa variante, il lavoratore cumula con la retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro un importo di pensione pari all’importo del trattamento retributivo perduto a causa della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time, ferma restando la disciplina del cumulo di cui agli artt. 20 e 21 della
l. n. 153/1969. Una soluzione, quella della solidarietà abbinata al prepensionamento, che negli anni successivi il legislatore paleserà di rammentare, se con una norma meramente programmatica (art. 1, commi 1160 e 1161, della l. n. 296/2006) prospetterà la stipulazione di «un accordo di solidarietà tra generazioni», al solo scopo di promuovere su base volontaria le uscite dal sistema produttivo dei lavoratori di età superiore a 55 anni mediante la trasformazione a tempo parziale dei contratti di lavoro e la corrispondente creazione di nuovi posti di lavoro con contratto di lavoro a tempo parziale, per un orario pari a quello ridotto, a favore di giovani inoccupati o disoccupati (di età inferiore ai 25 anni, oppure ai 29 anni se in possesso di diploma di laurea).
Il tentativo è stato recentemente riproposto, sia pure servendosi di una denominazione in parte diversa, prendendo spunto dalla sperimentazione di analoghe esperienze nate dalla contrattazione collettiva di categoria (si pensi al “progetto ponte” dell’accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale dei chimici del 22 settembre 2012). L’emanando decreto ministeriale (annunciato dal Governo della XVI legislatura in data 6 dicembre 2012) sancisce, nel «quadro di azioni concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva», l’opportunità di attuare un “patto tra generazioni” in base al quale si conviene che un lavoratore vicino all’età della pensione possa trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale, in cambio dell’assunzione di un giovane con un contratto di apprendistato o con un contratto a tempo indeterminato. La copertura contributiva per il periodo nel quale il lavoratore interessato non svolge alcuna attività lavorativa è di competenza delle Regioni e delle Province alle quali il decreto assegna anche ulteriori e peculiari obblighi tra i quali comunicare il budget da investire sull’iniziativa nonché fornire ogni 3 mesi un quadro aggiornato dei datori di lavoro interessati al progetto, del numero dei lavoratori assunti e del totale dei versamenti da effettuare ai fini dell’integrazione dei contributi.
Sempre sul piano delle iniziative legislative occorre menzionare il recente disegno di legge del 10 ottobre 2012 n. 3515 sull’ «Active ageing» (nuovamente presentato il 15 marzo 2013 all’inizio della 17ma Legislatura), il cui scopo è quello, da un lato, di incrementare la domanda di lavoro e favorire l’invecchiamento attivo e, dall’altro lato, di porre rimedio alle criticità emerse dopo l’emanazione del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 e, più in generale, al mancato raccordo tra riforma delle pensioni e riforma del mercato del lavoro
(sullo scollamento tra le due riforme cfr. X. XXXXXXXX – X. XXXXXX, Il raccordo tra riforma delle pensioni e riforma del lavoro negli ammortizzatori sociali e negli interventi in favore dei lavoratori anziani in X. XXXXXXX – X. XXXXXXXXXX (a cura di), La nuova riforma del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2012, 361 e ss.).
Anche sul versante delle politiche regionali la materia ha rivelato una sua vivacità con riferimento a quelle sperimentazioni intese a contemperare le differenti esigenze dei lavoratori – giovani ed anziani – in una prospettiva di solidarietà intergenerazionale (fra tutte si menziona il progetto Ponte Generazionale della Regione Lombardia, iniziativa nata a metà dicembre 2012 da un’intesa sottoscritta da Uil, Cgil, Cisl e Assolombarda). Senza trascurare che anche al di fuori dei confini nazionali alcuni Paesi hanno ragionato sull’opportunità di prevedere nei loro ordinamenti siffatti strumenti solidaristici. In Francia, ad esempio, è stato introdotto il c.d. contrat de génération (loi n. 2013-185 del 1° marzo 2013 e successivo decreto attuativo
n. 2013-222 del 15 marzo 2013), le cui regole si presentano differenziate a seconda della consistenza occupazionale dell’azienda, che devolve agli accordi collettivi il compito di programmare l’assunzione di nuovi giovani a tempo indeterminato in cambio del contestuale e graduale collocamento a riposo dei lavoratori anziani. Una staffetta generazionale che promette di garantire il passaggio delle competenze e della conoscenza tra i lavoratori al fine di non pregiudicare la produttività dell’azienda.
Ad ogni modo, tali prospettazioni si presentano come varianti significativamente più emancipate, e sotto certi profili anche più evolute, del tradizionale schema di solidarietà espansiva sul quale è dato rilevare negli ultimi tempi un rinnovato interesse che lo ha destato dal torpore nel quale era stato frettolosamente ricacciato. Recentemente due accordi contrattuali aziendali, Ifoa (Istituto di formazione operatori aziendali) e Isola Verde Erboristerie, hanno di fatto rivitalizzato l’istituto, ponendo non solo in dubbio l’attuale assetto legislativo della flessibilità contrattuale in entrata, ma avvalorando il convincimento che «lavoratori e imprese hanno oggi bisogno di un quadro di regole semplici, sostanziali più che formali, accettate e rispettate in quanto contribuiscano a cementare rapporti di fiducia e un clima di fattiva collaborazione nei luoghi di lavoro. […] Questa è la vera stabilità del lavoro. Una stabilità basata su un sistema di convenienze reciproche piuttosto che formalistiche imposizioni di legge» (così X. XXXXXXXXXX, I paradossi di una riforma sbagliata (e che si farà, anche se non piace a nessuno), in P. XXXXXX, X. XXXXXXXXXX (a cura di), Lavoro: una riforma sbagliata. Ulteriori osservazioni sul DDL n. 5256/2012. Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita, ADAPT University Press, 2012, XIV ss.).
2. L’evidenza empirica corrobora la convinzione che se oggi è possibile argomentare con rinnovato interesse dei contratti di solidarietà espansivi, le cause sono da ricercare non tanto, e comunque non solo, nel favorevole
regime incentivante poiché esso è rimasto pressoché immutato nel corso degli anni. È pur vero che fin dalla sua introduzione, il legislatore ha confidato di dotare tale tipologia contrattuale di consistenti sgravi contributivi, di agevolazioni previdenziali e di incentivi normativi allo scopo di garantirne l’emancipazione e la progressiva diffusione. Proprio per questo scopo l’art. 2, comma 8, d.l. n. 726/1984, ha previsto uno stanziamento annuale di risorse mediante l’utilizzazione delle economie di gestione realizzate dalla cassa integrazione guadagni. Speculare all’impianto degli incentivi si presenta l’obbligo di depositare i contratti di solidarietà presso la Direzione provinciale del lavoro affinché quest’ultima accerti preliminarmente la corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate e posteriormente operi la vigilanza sulla corretta applicazione dei contratti collettivi aziendali (art. 2, comma 7). Trattasi di un controllo che si presenta di legittimità, dacché è operato sulla base della documentazione avanzata dal datore di lavoro, ma anche di merito, poiché è compiuto attraverso un riscontro sul campo della sussistenza del rapporto di causalità tra la riduzione dell’orario di lavoro e le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Sennonché la disciplina, nonostante tali accorgimenti, è rimasta pressoché inattuata
«tranne i pochi e spiacevoli accordi in cui l’uscita parziale dei lavoratori occupati era scambiata con l’assunzione dei figli» (X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Lavoro e previdenza nella Legge Finanziaria 2007, in LG, 2007, n. 2, 113).
Ad ogni modo, se è verosimile che il regime degli incentivi può aver indubbiamente contribuito alla sua riscoperta, non spiega perché tale valorizzazione sia avvenuta solo negli ultimi tempi.
Prima di provare a dare una risposta su tale questione, pare allora proficua una breve disamina delle diverse tipologie di incentivi che discendono dalla possibile stipulazione di un contratto di solidarietà espansivo.
Gli sgravi contributivi si presentano diversi in considerazione dell’età anagrafica del lavoratore assunto e dell’ubicazione dell’impresa. In particolare, se il lavoratore assunto ha un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, il datore di lavoro per i primi 3 anni e comunque non oltre il compimento del 29o anno di età, può assolvere gli obblighi contributivi mediante il pagamento della sola quota di contribuzione corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori (art. 2, comma 2). Invero, il sistema di agevolazioni fa riferimento alla disciplina degli apprendisti segnatamente per determinare l’entità della contribuzione a carico dei datori di lavoro e non per parificare lo ‘‘status’’ ed il regime assicurativo dei lavoratori in questione (si veda anche X. XXXXXXXX, Manuale del consulente del lavoro, Ipsoa, Milano, 2001, 162). Si aggiunga che le aziende industriali ed artigiane operanti nei territori indicati dal Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno (d.P.R. n. 218/1978 e successive modificazioni) hanno diritto ad un contributo aggiuntivo, per la durata di 3 anni, pari al 30%
della retribuzione lorda contrattuale. Nel caso in cui si proceda all’assunzione di lavoratori con un’età anagrafica non compresa tra i 15 e 29 anni, i datori di lavoro hanno diritto, per ogni lavoratore assunto e per ogni mensilità di retribuzione ad esso corrisposta, ad «un contributo a carico della gestione dell’assicurazione per la disoccupazione involontaria, pari, per i primi dodici mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo di categoria per il livello di inquadramento. Per ciascuno dei due anni successivi il contributo è ridotto, rispettivamente, al 10 e al 5% (art. 2, comma 1). Peraltro, qualora l’assunzione di nuovi lavoratori avvenga progressivamente, i benefici possono essere concessi allorquando è stato raggiunto nelle assunzioni il numero corrispondente alla riduzione complessiva dell’orario (cfr. circ. Inps 2 gennaio 1987, n. 2). Ad ogni modo, l’ammontare complessivo degli sgravi contributivi non può superare la somma totale dei contributi assicurativi e previdenziali dovuti dal datore di lavoro.
Fin qui gli sgravi contributivi. Il legislatore riconosce anche incentivi di natura previdenziale e benefici normativi.
Sul primo versante, come si è già anticipato in precedenza, il comma 5 dell’art. 2, riconosce la possibilità di avanzare un collocamento anticipato a favore di quei lavoratori che, subendo la riduzione dell’orario di lavoro e, conseguentemente, della retribuzione, abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di ventiquattro mesi e sempreché abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia. Alla presenza di entrambi i presupposti, al lavoratore spetta, a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della presentazione, il trattamento di pensione ove accetti di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell’orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo aziendale. In questi casi, il trattamento spetta a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla data di stipulazione del predetto contratto collettivo e sulla base di clausole, in esso appositamente inserite, che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell’occupazione. Il medesimo comma 5 dell’art. 2 sancisce che limitatamente al predetto periodo di anticipazione il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, ferma restando negli altri casi la disciplina del cumulo di cui agli articoli 20 e 21 della legge 30 aprile 1969, n. 153. Ne consegue l’onere per i datori di lavoro di effettuare le trattenute nei confronti dei lavoratori interessati sulla base dei criteri specificatamente individuati e differenziati a seconda che il trattamento retributivo perso a seguito della trasformazione del rapporto di lavoro sia inferiore o superiore al trattamento minimo vigente alla data di applicazione del divieto di cumulo.
Infine, sul piano dei benefici normativi i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi «ai fini dell’applicazione di norme ed istituti che prevedano l’accesso ad agevolazioni di carattere finanziario e creditizio» (art. 2, comma 7-bis), mentre sono computati ad ogni altro effetto (ad esempio, in caso di licenziamento, in materia di assunzioni obbligatorie, ecc.).
3. I primi segnali del rilancio dello schema della solidarietà espansiva si possono far risalire all’accordo dell’8 luglio 2011 (punto 8 dell’allegato) del Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito (ex Fondo esuberi) che ne ha previsto il ricorso nell’ambito degli ammortizzatori sociali contrattuali nel caso in cui intervengano «riduzioni stabili di orario di lavoro, attuate con la volontarietà dei lavoratori interessati, per un massimo di quarantotto mesi pro capite con riduzione proporzionale della retribuzione e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale al fine di incrementare gli organici» (per approfondimenti si rinvia nuovamente a X. XXXXXXXX, op. cit., 660 ss.). Tuttavia, i due recenti accordi di solidarietà espansivi (Ifoa ed Isola Verde Erboristerie), conclusi a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, rappresentano allora il paradigma di una riflessione, più che mai matura, in ordine alle azioni più opportune da innescare per il rilancio attuale dell’occupazione.
L’Ifoa, una società nazionale con sede a Reggio Xxxxxx che si occupa di formazione in molteplici ambiti specialistici, di servizi di inserimento al lavoro, di assistenza tecnica e di consulenza, ha sottoscritto in data 18 febbraio 2013 con le XX.XX. e la RSA della Fisascat-Cisl un contratto di solidarietà espansivo con cui si è convenuta l’assunzione di 29 nuovi lavoratori a tempo indeterminato e di 6 nuovi lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante, previa contestuale riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione di 82 dipendenti già occupati nell’impresa. Nella specie è prevista una riduzione oraria del 5% per 54 lavoratori full-time (pari a 2 ore settimanali in meno), mentre per altri 28 lavoratori part-time la riduzione è stabilita in misura percentuale con un arrotondamento per eccesso alla mezz’ora rispetto all’orario individuale. Peraltro per questi ultimi il contratto stabilisce che le riduzioni dell’orario avvengano in modalità orizzontale sulla base di specifiche comunicazioni da inoltrare preventivamente e tempestivamente ai lavoratori interessati. Dal contratto discende anche l’impegno della parte datoriale a garantire a tutti i lavoratori la maturazione integrale del trattamento di fine rapporto. Dunque, a fronte di una complessa situazione economica, di un’allarmante situazione occupazionale e di una riforma del mercato del lavoro che ha oggettivamente limitato gli ambiti di applicazione di forme contrattuali flessibili, la soluzione proposta è quella del ricorso alla solidarietà in un’ottica profondamente diversa rispetto a quella che fino ad oggi è stata ordinariamente impiegata al solo fine di salvaguardare, in tutto o in parte, l’occupazione. Quella solidarietà di cui il
famoso drammaturgo e poeta tedesco Xxxxxxx Xxxxxx ne aveva enfatizzato l’atteggiamento di piena adesione e di consenso agli interessi, alle idee e ai sentimenti altrui, poi emblematicamente sfociata nella più nota «Aiuta te mentre ci aiuti: pratica la solidarietà».
Tuttavia, l’intesa si connota anche per un altro profilo di cui è opportuno dare conto in questa sede e che, a nostro avviso, consente al contratto di solidarietà espansivo di assolvere appieno le finalità che sono alla base della sua attivazione. Ci si riferisce alla soluzione di impiegare siffatta tipologia contrattuale ai fini della regolarizzazione dei rapporti di collaborazione a progetto instaurati dall’impresa. Una soluzione che non esiteremmo a definire industriosa se non altro perché rafforza la convinzione che complicate misure tecnicistiche, e spesso infruttuose, adottate ai fini della promozione dell’occupazione, cui in passato è giunto il legislatore per addivenire alla stabilizzazione dei lavoratori (si pensi, solo per fare qualche esempio, all’art. 1, commi 1202-1210, l. n. 296/2006) possono essere sostituite da soluzioni parallele, se condivise. Secondo quanto si evince dagli allegati del contratto di solidarietà, i nuovi lavoratori assunti a tempo indeterminato sono stati individuati tra quelli che in precedenza avevano prestato un’attività di collaborazione a progetto, di cui all’art. 63 xx. xxx x.xxx. x. 000/0000, con la medesima società. Tale previsione opera la continuità occupazionale con conseguente stabilizzazione, sia pure di una parte, dei collaboratori che rivendicavano un rapporto di lavoro subordinato, senza disperdere, in termini di professionalità e di competenza, l’esperienza fin qui maturata dai medesimi. Il contratto, segnatamente nei diversi allegati, provvede inoltre a programmare le modalità di assunzione al fine di evitare contraccolpi organizzativi e produttivi derivanti da assunzioni in massa. Senza trascurare che dalla stipulazione del contratto di solidarietà discende, da un lato, l’impegno della società a fruire della prestazione dei collaboratori non assunti a tempo indeterminato (quantificati in un numero pari a 20), facendo ricorso all’istituto della somministrazione di manodopera e, dall’altro, l’onere di definire un modello di relazioni sindacali che consenta di supportare la piena attuazione dell’accordo di solidarietà del 18 febbraio 2013. Proprio per tale ultima ragione, si ipotizza la sottoscrizione di un protocollo che disciplini le diverse tipologie contrattuali autonome (collaborazioni a progetto, partite Iva, lavori occasionali) nonché le condizioni economiche da assicurare a queste ultime.
Qualche giorno più tardi, precisamente in data 27 febbraio 2013, tra Isola Verde Erboristerie, un’azienda con sede legale a Lugnano di Vicopisano che si occupa della vendita di prodotti fitoterapici, cosmesi naturale e di alimenti biologici, e i sindacati Filcams-Cgil, Nidil-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil e in presenza delle organizzazioni territoriali è stata sottoscritta una ipotesi di accordo aziendale finalizzata all’incremento dei livelli occupazionali, previa contrazione stabile dell’orario di lavoro e della riduzione della retribuzione. L’ipotesi di accordo, sottoposta successivamente al parere dei lavoratori,
coniuga alla tradizionale finalità di favorire l’occupazione quella già evidenziata nel contratto aziendale Ifoa, vale a dire della continuità occupazionale dei lavoratori in precedenza assunti con tipologie contrattuali diverse da quelle a tempo indeterminato. In particolare, mediante la riduzione del 5%, per un periodo massimo di 24 mesi, della retribuzione dei dipendenti già occupati, si è convenuta l’assunzione di 275 nuovi lavoratori a tempo indeterminato, individuati tra le precedenti posizioni professionali occupate nell’impresa con contratti di associazione in partecipazione. E ciò allo scopo di contenere i presumibili effetti che l’emanazione della l. n. 92/2012 avrebbe comportato sui contratti di associazione, impedendone di fatto il ricorso a causa della previsione della presunzione assoluta di subordinazione collegata al numero degli associati impegnati in una medesima attività non superiore a 3, con la sola eccezione dei casi di coniugio, di parentela entro il terzo grado (o di affinità entro il secondo), ovvero dei contratti già in essere e certificati. Peraltro a garanzia della continuità professionale, l’ipotesi di accordo garantisce, oltre l’integrale applicazione del contratto collettivo nazionale, l’anzianità maturata in precedenza in qualità di associato e l’assenza di un periodo di prova.
Volendo trarre le fila di quanto finora argomentato, entrambi gli accordi di solidarietà si presentano come esempi di contrattazione acquisitiva che si fa carico di combinare alla finalità di favorire (e di sostenere) l’occupazione, attraverso la riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione per i lavoratori già occupati in azienda, quella di favorire la ricerca di migliori soluzioni che consentano di includere nelle tutele tipiche del rapporto di lavoro a tempo indeterminato anche coloro che ne sarebbero esclusi, nella specie collaboratori e associati in partecipazione.
Xxxxxxx Xxxxxxxx Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo