Accordo intercantonale del 14 giugno 2007
Accordo intercantonale del 14 giugno 2007
sull’armonizzazione della scuola obbligatoria (Concordato HarmoS) Commento sulle singole disposizioni dell’accordo
Il nuovo accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria è un accordo a carattere normativo tra i cantoni (cosiddetto concordato) ai sensi dell’art. 48 della Costituzione federale. Sul piano giuridico ha lo stesso statuto del Concordato scolastico del 1970 e degli accordi intercantonali sul riconoscimento dei diplomi (1993) e sul finanziamento delle scuole universitarie (1997, rispettivamente 1998). Per aderire all’accordo, ogni cantone deve applicare la procedura prescritta dal proprio diritto per la conclusione degli accordi intercantonali. L’accordo non affronta il tema della compensazione degli oneri tra cantoni e non è dunque sottoposto all’accordo quadro per la collaborazione intercantonale con compensazione degli oneri (CQI).
I. Scopo e principi dell’accordo
Art. 1 Scopo
I cantoni concordatari armonizzano la scuola obbligatoria,
a. armonizzando gli obiettivi dell’insegnamento e le strutture scolastiche, e
b. sviluppando e garantendo la qualità e la permeabilità del sistema scolastico mediante stru- menti comuni di pilotaggio.
L’art. 1 descrive lo scopo del nuovo accordo: si tratta di armonizzare la scuola obbligatoria allo scopo di assicurare la qualità e la permeabilità del sistema scolastico svizzero. Armonizzare non significa semplicemente uniformare. Non si tratta di rendere tutto uguale dappertutto :
in un paese multilingue e multiculturale come il nostro le diverse tradizioni e specificità scolastiche e pedagogiche rappresentano un valore identitario e l’effetto stimolante della concorrenza tra percorsi differenti per conseguire lo stesso obiettivo può alla fine risultare vantaggioso per lo sviluppo della qualità. Si tratta piuttosto, in un sistema scolastico decentralizzato, di conciliare tra loro gli obiettivi curricolari e le strutture tanto che possano essere garantite la qualità del sistema e la sua permeabilità nell’insieme del paese.
Oggetto dell’armonizzazione è la scuola obbligatoria, la «sufficiente istruzione scolastica di base», che per l’art. 62 della Costituzione federale i cantoni devono offrire gratuitamente, e secondo la neutralità confessionale, a tutti i bambini. Per consenso basato su dottrina e
giurisprudenza, oggi questa scuola obbligatoria garantita dalla Costituzione dura almeno nove anni e comprende comunemente i gradi elementare e secondario I.
Concretamente, devono essere armonizzati gli obiettivi curricolari dell’insegnamento obbligatorio e le strutture scolastiche (lett. a). L’armonizzazione degli obiettivi viene concretizzata agli art. 3, 4,7 e 8 dell’accordo, l’armonizzazione delle strutture scolastiche agli art. 5 e 6. Inoltre, la qualità e la permeabilità del sistema scolastico devono essere assicurate e sviluppate attraverso strumenti comuni di pilotaggio (lett. b) e questi strumenti sono concretizzati agli art. 7-10. Infine, per l’organizzazione della giornata scolastica, l’art. 11 prevede dei principi che devono essere applicati da tutti i cantoni concordatari.
Art. 2 Principi
1Rispettando la diversità delle culture nella Svizzera plurilingue, i cantoni concordatari seguono il principio della sussidiarietà in tutte le loro misure a favore dell’armonizzazione.
2 S’impegnano ad eliminare tutto ciò che sul piano scolastico è d’ostacolo alla mobilità nazionale e internazionale della popolazione.
L’art. 2 enuncia due principi essenziali per l’armonizzazione del sistema scolastico a cui mira il presente accordo.
Per il principio di sussidiarietà, i compiti sono eseguiti a un livello superiore della collettività pubblica solo nella misura in cui l’obiettivo non può essere altrimenti perseguito. Il carattere sussidiario di un intervento a livello nazionale è dovuto per rispetto alle diverse lingue e culture del paese e alla sovranità dei cantoni in materia scolastica, vero fondamento del federalismo (cpv. 1). Da questo stesso principio di sussidiarietà si può far derivare anche la conduzione di un sistema educativo orientato ai risultati, visto come i processi educativi si sviluppino, per loro natura, in modo decentralizzato: a ogni singolo istituto scolastico e alla sua direzione, al suo corpo docente e al suo personale specializzato, spettano una grande responsabilità nell’organizzazione del processo educativo. Essi devono poter assumere questa responsabilità organizzativa e pedagogica nel modo più completo possibile : questo è l’equivalente della conduzione per obiettivi.
Mentre il principio della sussidiarietà rappresenta in un certo modo un limite alle misure d’armonizzazione scolastica a livello nazionale, nel cpv. 2 viene citato il criterio della mobilità nazionale e internazionale della popolazione come importante motivo per l’applicazione delle misure di armonizzazione: tutto ciò che sul piano scolastico é di ostacolo alla mobilità deve essere eliminato.
Questi due principi saranno determinanti nell’applicazione dell’accordo.
II. Obiettivi della scuola obbligatoria
Per poter arrivare ad un’armonizzazione degli obiettivi della scuola obbligatoria a livello nazio- nale e ad accordarsi a livello intercantonale sulle procedure e sugli strumenti appropriati (in particolare per gli standard di formazione), è necessario precisare nel modo più sintetico pos- sibile quali siano gli obiettivi di questa scolarità.
Art. 3 Formazione di base
1 Durante la scuola obbligatoria, tutte le allieve e gli allievi acquisiscono e sviluppano le cono- scenze e le competenze fondamentali, nonché l’identità culturale, che permettono loro di conti- nuare ad imparare durante tutta la vita e di trovare il loro posto nella vita sociale e professiona- le.
2Nel corso della scuola obbligatoria, ogni allieva e ogni allievo acquisisce la formazione di base che le/gli permette d’accedere ai cicli di formazione professionale o di formazione generale di grado secondario II, in particolare nei seguenti settori:
a. lingue: una solida formazione di base nella lingua locale (padronanza orale e scritta) e delle competenze essenziali in una seconda lingua nazionale e almeno in un'altra lingua straniera,
b. matematica e scienze naturali: una formazione di base che permetta di applicare nozioni e procedure matematiche essenziali e che dia la capacità di riconoscere le connessioni fonda- mentali delle scienze naturali e tecniche,
c. scienze umane e sociali: una formazione di base che permetta di conoscere e capire gli aspet- ti fondamentali dell’ambiente fisico, umano,sociale e politico;
d. musica, arte visiva e arte applicata: una formazione di base teorica e pratica diversificata, mirata allo sviluppo della creatività, dell’abilità manuale e del senso estetico, nonché all’acquisizione di conoscenze inerenti al patrimonio artistico e culturale,
e. movimento e salute: un’educazione al movimento e un’educazione alla salute dirette allo svi- luppo di capacità motorie e d’attitudini fisiche, come pure alla promozione del benessere fisi- co e psichico.
3 La scuola obbligatoria favorisce nelle allieve e negli allievi lo sviluppo di una personalità auto- noma come pure l’ acquisizione di competenze sociali e del senso di responsabilità verso il prossimo e verso l’ambiente.
Cpv. 1: durante la scuola obbligatoria sono gettate e consolidate le basi decisive per permettere in seguito alle allieve e agli allievi di integrarsi nella società e nella vita professionale e di vivere in armonia con se stessi e con gli altri. Non solo l’acquisizione di conoscenze e di competenze è essenziale,ma importante risulta pure essere il contributo della scuola allo sviluppo dell’identità culturale degli allievi. Oltre a ciò, una sfida particolare per la scuola consiste nel sensibilizzare e predisporre allieve e allievi alla formazione continua lungo tutto l’arco della vita.
Cpv. 2: uno degli obiettivi perseguiti in Svizzera è quello che tutti i giovani acquisiscano, al di là della scuola obbligatoria, un certificato di formazione professionale o generale del grado secondario II. Il compito principale della scuola obbligatoria consiste pertanto nel trasmettere a tutti gli allievi la formazione di base che permetterà loro l’accesso al grado secondario II (i rap- presentanti della formazione professionale e quelli della formazione generale devono essere coinvolti in modo appropriato nel momento di concretizzare la formazione di base con i piani di studio, gli standard di formazione e altri strumenti) .La denominazione di questa formazione di base è quella di «cultura» (fr. «culture», ted. «Grundbildung») e corrisponde al concetto di
«literacy» coniato dall’OCSE, che ingloba conoscenze, capacità e competenze. Questa cultura generale si articola in cinque grandi aree di formazione: lingue; matematica e scienze naturali; scienze umane e sociali; musica, arti visive e arti applicate; movimento e salute. All’interno di queste cinque grandi aree andranno determinate con più precisione le caratteristiche
essenziali della formazione da trasmettere e da sviluppare. Le cinque aree principali menzionate dovranno ritrovarsi nei piani di studio della scuola obbligatoria, il corpo docente dovrà essere formato al loro insegnamento, il contenuto degli standard nazionali di formazione dovrà spaziare in questi ambiti. L’utilizzazione dell’espressione „in particolare“ mostra che non si tratta di un elenco esaustivo, i cantoni e le scuole possono aggiungervi altri contenuti di insegnamento secondo necessità.
Cpv. 3: La scuola deve anche preoccuparsi di sostenere gli allievi nello sviluppo della loro personalità come pure delle loro competenze sociali e di altre competenze trasversali.
In particolare essa deve contribuire a far loro prendere coscienza delle responsabilità nei confronti degli altri e dell’ambiente.Da questo punto di vista l’accordo parte dal principio che il mandato di formazione della scuola obbligatoria è indissociabile dal suo mandato educativo che completa in modo sussidiario quanto spetta all’autorità parentale.
Art. 4 Insegnamento delle lingue
1La prima lingua straniera è insegnata al più tardi a partire dal 5° anno di scuola e la seconda al più tardi a partire dal 7°anno, ritenuto che la durata dei gradi scolastici è conforme a quanto sta- bilito dall’art. 6. Una delle due lingue straniere è una seconda lingua nazionale e il suo insegna- mento comprende una dimensione culturale; l’altra è l’inglese. Le competenze previste per que- ste due lingue al termine della scuola obbligatoria sono equivalenti. I cantoni dei Grigioni e del Ticino, nella misura in cui prevedono pure l’insegnamento obbligatorio di una terza lingua na- zionale, possono derogare alla presente disposizione per quanto concerne gli anni di scolarità stabiliti per l’introduzione delle due lingue straniere.
2Un’offerta appropriata d’insegnamento facoltativo di una terza lingua nazionale è proposta du- rante la scuola obbligatoria.
3L’ordine in cui vengono insegnate le lingue straniere è coordinato a livello regionale. I criteri di qualità e di sviluppo di questo insegnamento s’iscrivono nel contesto della strategia globale adottata dalla CDPE.
4Per quanto riguarda gli allievi immigrati i cantoni assicurano il loro sostegno, per gli aspetti organizzativi, ai corsi di lingua e di cultura dei paesi d’origine (LCO) predisposti, nel rispetto della neutralità religiosa e politica, dai paesi di provenienza e dalle diverse comunità linguisti- che.
In un paese plurilingue come la Svizzera è essenziale regolamentare in modo coordinato l’insegnamento delle lingue. L’acquisizione delle lingue nazionali é altrettanto importante di quella dell’inglese, che s’impone sempre più come « lingua franca » degli scambi internaziona- li. La normativa appositamente inserita nel presente accordo fa seguito alla strategia comune che le direttrici e i direttori della pubblica educazione hanno adottato il 25 marzo 2004 per co- ordinare a livello nazionale lo sviluppo dell’insegnamento delle lingue nella scuola obbligatoria. A questo proposito si sottolinea l’importanza fondamentale dell’insegnamento delle lingue a scuola e si definiscono la promozione e lo sviluppo delle competenze linguistiche come un obiettivo fondamentale della formazione (cfr. strategia della CDPE sulle lingue del 25 marzo 2004). Questa strategia è accompagnata da un programma di lavoro che precisa le misure prospettate per la messa in atto a livello nazionale. La strategia è attualmente in fase di attua- zione in diversi ambiti e alcuni cantoni l’hanno pure confermata con l’esito delle votazioni po- polari.
Cpv.1 : questo capoverso definisce il momento della scolarità in cui deve iniziare l’insegnamento delle lingue straniere. Ne consegue che, nella scuola elementare che avrà una durata di otto anni secondo le nuove disposizioni (cfr. art. 6), la prima lingua straniera de-
ve essere insegnata al più tardi a partire dal 5° anno di scuola (l’attuale 3°) e la seconda lingua straniera al più tardi a partire dal 7° anno (il 5° attuale). Nel rispetto dei principi contenuti nella
strategia del 2004 l’accordo non precisa indicazioni vincolanti sull’ordine d’introduzione delle lingue, ma prescrive l’insegnamento di una seconda lingua nazionale, comprensiva della di- mensione culturale, in aggiunta all’inglese. Il ruolo preponderante assunto dalle lingue nazio- nali in un paese plurilingue è adeguatamente preso in considerazione.
Il principale strumento dell’armonizzazione nazionale risiede negli standard. La CDPE defini- sce infatti per le lingue dei livelli di competenza verificabili (degli standard secondo l’art. 7 cpv.2).Gli allievi dovranno averli obbligatoriamente raggiunti per la prima lingua al termine del 4°,8° e 11° anno di scolarità (gli attuali 2°,6° e 9° anno) e alla fine dell’ 8° e 11° anno ( gli attua- li 6° e 9°) per le due lingue straniere obbligatorie (seconda lingua nazionale e inglese), gli standard di fine scolarità (11° anno) essendo di pari livello per entrambe le lingue.
In considerazione della loro situazione particolare i cantoni Ticino e Grigioni fruiscono di una normativa specifica (cpv.1) : nella misura in cui essi prevedono pure l’insegnamento obbligato- rio di una terza lingua nazionale , i due cantoni possono derogare ai principi previsti da questo capoverso per quanto attiene agli anni di scolarità stabiliti per l’introduzione delle due lingue straniere.
Tenuto conto dell’importanza che riveste pure la terza lingua nazionale (indipendentemente da quale sia) il cpv. 2 impone ai cantoni concordatari di proporre, a titolo facoltativo nel corso della scuola obbligatoria, un’offerta appropriata alle necessità d’insegnamento di una terza lingua nazionale.
Poiché l’accordo non prescrive in quale ordine occorre introdurre le lingue straniere obbligato- rie, il cpv. 3 obbliga i cantoni per questo aspetto a coordinarsi a livello regionale. Il termine “regionale” rinvia in questo caso alle conferenze regionali della CDPE così come sono definite nel Concordato scolastico del 1970 e non solo alle regioni linguistiche. E’auspicabile infatti, a titolo esemplificativo, che i cantoni tedeschi (o la parte tedesca dei cantoni bilingui) che confi- nano con la frontiera linguistica possano introdurre dapprima il francese e, all’opposto, i canto- ni della Svizzera centrale e orientale l’inglese; in ogni caso gli obiettivi finali restano gli stessi in virtù degli standard nazionali.
Questa coordinazione é sulla buona strada. Per quanto concerne la normativa federale relativa all’ordine d’insegnamento delle lingue, così come approvata dal Consiglio nazionale il 21 giu- gno 2007 nella legge sulle lingue, la base costituzionale è carente. L’art. 70 e l’art. 61 e se- guenti della Costituzione non prevedono una simile ingerenza nella sovranità scolastica dei cantoni1. Concretamente questa ingerenza non avrebbe una grande validità se si considera la soluzione concordata adottata dai cantoni. A maggior ragione sarebbe pericoloso, sul piano della politica linguistica, di arrischiare, senza alcuna necessità, una nuova prova di forza sul tema della pretesa ponderazione delle lingue nazionali in rapporto all’inglese come “lingua franca” internazionale.
Le prime lingue dei ragazzi della migrazione sono valorizzate nell’insegnamento con degli ap- procci come, ad esempio, “la sensibilizzazione alle lingue”. Il sostegno alla lingua d’origine, la cui padronanza è essenziale per l’acquisizione della lingua standard locale e delle altre lingue, è assicurato nel quadro dei corsi di lingua e cultura d’origine (LCO) proposti dai paesi interes- sati o dalle comunità linguistiche. Il cpv. 4 prevede che i cantoni concordatari devono mettere a disposizione dei corsi LCO gli edifici scolastici ,favorirne l’attuazione con un sostegno alle modalità organizzative, invitare le scuole a collaborare a livello locale con i responsabili di questi corsi. Condizione irrinunciabile per questo sostegno: il rispetto della neutralità religiosa e politica di questo insegnamento. I corsi LCO sono finanziati, di regola, dai paesi d’origine.
1 Si veda la presa di posizione del 25 giugno 2007 richiesta a titolo peritale al prof.dr. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx.
III. Caratteristiche strutturali della scuola obbligatoria
L’accordo attualizza le caratteristiche strutturali della scuola obbligatoria stabilite per la prima volta con il Concordato del 1970 (età di inizio della scuola e durata dell’obbligo scolastico).
Nuova è la determinazione della durata dei differenti gradi scolastici. Invece, a differenza del Concordato del 1970, l’accordo rinuncia a definire la durata dell’anno scolastico, non apparendo questa disposizione adeguata alla conduzione per obiettivi. Allo stesso modo l’accordo rinuncia a precisare la durata della scuola fino alla maturità liceale, in quanto le relative disposizioni sono oggi contenute nelle normative della Confederazione e dei cantoni sul riconoscimento della maturità. La più importante innovazione per quanto riguarda la struttura scolastica è rappresentata dall’inizio anticipato della scuola e dalla durata flessibile dei primi anni di scuola.
Art. 5 Scolarizzazione
1Le allieve e gli allievi iniziano la scuola con il compimento dei 4 anni (il giorno di riferimento è il 31 luglio).
2Nel corso dei primi anni di scuola (insegnamento prescolastico ed elementare), la bambina/il bambino impara gradualmente le premesse per la socializzazione e si familiarizza con il lavoro scolastico, completando e consolidando in particolare le basi linguistiche fondamentali. Il tempo necessario alla bambina/al bambino per superare questi primi anni di scuola, dipende dal suo sviluppo intellettuale e dalla sua maturità affettiva, se necessario la/lo si sostiene con delle misu- re specifiche.
Il cpv. 1 fissa l’inizio della scolarizzazione a quattro anni compiuti: la scuola è obbligatoria per tutti i bambini che hanno compiuto il quarto anno di età entro il 31 luglio. La data limite del 31 luglio non può più essere anticipata o ritardata di quattro mesi –contrariamente a quanto prevedeva il Concordato scolastico del 1970.
L’anticipo dell’età di inizio della scuola ha come conseguenza che gli anni di scuola dell’infanzia sono integrati nel curricolo scolastico normale e diventano obbligatori. Oggi nella maggioranza dei cantoni sono proposti due anni di scuola dell’infanzia, in qualcuno un anno solo. In più cantoni un anno di scuola dell’infanzia è già obbligatorio. La percentuale dei bambini che frequentano la scuola dell’infanzia è già oggi molto elevata in tutti i cantoni. Al contrario, non si intende anticipare, parallelamente all’inizio, anche la fine della scuola obbligatoria, che si conclude generalmente all’età di 15 anni. Ai nove anni scolastici finora obbligatori se ne aggiungono due all’inizio della scolarità.
Secondo il cpv. 2, già dal primo anno di scuola vengono progressivamente acquisite le basi per la socializzazione e per il lavoro scolastico. È espressamente menzionata la promozione della lingua standard locale: il consolidamento dei fondamenti linguistici deve essere garantito nei primi anni di scuola in quanto buone conoscenze linguistiche sono la premessa per l’ulteriore percorso scolastico. Inoltre, sono valide anche per i primi anni di scuola le aree di formazione menzionate all’art. 3 cpv. 2; per le lingue si confronti la strategia adottata dalla CDPE il 25 marzo 2004 .
Poi, nello stesso capoverso, viene spiegato il principio metodologico per i primi anni di scuola. Non va solo anticipata l’età di inizio della scuola, ma contemporaneamente va flessibilizzata, nel senso dell’individualizzazione, la prima parte della scolarizzazione concepita come un processo e non solo come un avvenimento puntuale. Per questo motivo vengono introdotti esplicitamente i concetti di flessibilità e di sostegno individuale che devono contrassegnare in futuro i primi anni di scuola: da un lato, la durata della scuola dell’infanzia ed elementare deve essere fissata per ogni singolo bambino in relazione allo sviluppo intellettuale e alla sua
maturità, d’altro lato, il sistema scolastico deve poter sostenere gli allievi in modo particolarmente efficace proprio nei primi anni di scuola. Questo sostegno significa segnatamente una pedagogia adeguata all’età dei bambini, un insegnamento individualizzato con un corrispondente livello di esigenze (crescente) che tenga conto delle loro capacità e della loro maturità intellettuale e affettiva. Il sostegno supplementare può consistere in misure specifiche di logopedia, di psicomotricità o di psicologia scolastica. Il fatto che non si precisa niente per quanto riguarda le strutture lascia ai cantoni la possibilità di conservare la scuola dell’infanzia, ma consente pure ai cantoni l’introduzione di un nuovo ciclo di entrata nella scolarità (con il termine generico di “ciclo elementare” in molti cantoni sono attualmente in corso progetti pilota coordinati su scala nazionale).
Art. 6 Durata dei gradi scolastici
1Il grado elementare, scuola dell’infanzia compresa, dura otto anni.
2Il grado secondario I segue il grado elementare e dura, di regola, tre anni.
3Nel Cantone Ticino la distribuzione degli anni di scuola tra il grado elementare e il grado se- condario I può variare di un anno rispetto a quanto previsto dal capoverso 1 e 2.
4Il passaggio al grado secondario II ha luogo dopo l’11° anno di scolarità. Il passaggio nelle scuole di maturità liceale avviene nel rispetto delle disposizioni del Consiglio federale e della CDPE1, di regola dopo il 10° anno.
5Il tempo necessario per frequentare i diversi gradi della scuola dipende, in ogni singolo caso, dallo sviluppo individuale dell’allieva o dell’allievo.
La denominazione dei gradi scolastici della scuola obbligatoria e la loro durata nell’ambito delle strutture scolastiche cantonali sono stabilite in modo vincolante.
Cpv. 1 il grado elementare dura 8 anni, inclusa la scuola dell’infanzia o il ciclo elementare. Questa formulazione lascia spazio a diversi modelli cantonali: dal mantenimento della struttura scuola dell’infanzia-scuola elementare fino all’adozione di un particolare tipo di ciclo elementare (cfr. il commento all’art. 5 cpv. 2). La struttura interna scelta da ogni singolo cantone non può modificare né la durata complessiva del grado elementare, fissata in otto anni, né il principio della scolarizzazione iniziale precoce e flessibile, né gli obiettivi di insegnamento fissati in termini di standard di formazione da raggiungere entro determinati momenti della scolarità. Differenze nelle strutture interne cantonali del grado elementare non sono in contrasto con l’obiettivo dell’armonizzazione e della mobilità perseguiti dall’accordo. In questo modo si realizza un grado elementare di 8 anni, durante il quale non è operata nessuna selezione, vale a dire non vengono istituite classi separate o scuole distinte, a cui gli allievi verrebbero destinati in base a processi di selezione.
Cpv. 2 : al grado elementare di 8 anni segue il grado secondario I, che dura generalmente 3 anni.
Cpv.3: in ragione di un’impostazione da tempo applicata e alla quale gli ambienti politici e culturali assegnano una grande importanza, il Cantone Ticino beneficia della possibilità di ripartire diversamente la suddivisione degli anni di scuola tra il grado elementare e quello secondario I così come definita ai cpv. 1 e 2. La suddivisione indicata potrà variare di un anno.
1 Attualmente fanno stato l’Accordo amministrativo del Consiglio federale del 16 gennaio 1995 e il regolamento della CDPE del 15 febbraio 1995 sul riconoscimento degli attestati liceali di maturità (RRM). Raccolta delle basi giuridiche della CDPE, cifra 4.3.1.1 / RS 413.11
Nel capoverso 4 viene fissato il passaggio al grado secondario II. Quest’ultimo ha luogo dopo l’11° anno di scuola.
L’applicazione delle disposizioni legali concernenti il riconoscimento della maturità comporta tuttavia una deroga a questa regola per il passaggio alle scuole che preparato alla maturità liceale. Infatti l’Accordo amministrativo del Consiglio federale del 16 gennaio 1995 e il regola- mento della CDPE del 15 febbraio 1995 sul riconoscimento degli attestati liceali di maturità (RRM) prevedono quanto segue: la durata totale degli studi fino al conseguimento della matu- xxxx è di almeno dodici anni; durante almeno gli ultimi quattro anni l’insegnamento deve essere espressamente ideato e organizzato in funzione della preparazione alla maturità; un corso della durata di tre anni è possibile solo se il grado secondario I prevede un insegnamento di carattere preliceale. Il RRM non precisa il passaggio dal grado secondario I al liceo. L’ art. 6 dell’accordo prevede di prolungare di due anni (corrispondenti all’attuale livello prescolastico) la scuola obbligatoria; ciò ha come conseguenza che la durata minima degli studi fino alla ma- turità, così come definiti nel RRM, sarà di quattordici anni al posto di dodici. Se le condizioni minime del RRM sono rispettate, vale a dire se sui quattordici anni previsti (attualmente dodici) gli ultimi quattro sono svolti in una struttura liceale, com`è spesso il caso, il passaggio dal gra- do secondario I al liceo ha luogo, di regola, dopo il 10° anno di scuola (attualmente l’8°). Il passaggio dopo l’11° (attualmente il 9°) è possibile, ciò che porta ad un totale di quindici anni di studio (attualmente tredici) con una struttura liceale di quattro anni, oppure di quattordici anni di studio (attualmente dodici) con una struttura liceale di tre anni autorizzata a titolo d’eccezione. L’art. 62 cpv. 4 della Costituzione impone un’armonizzazione nazionale della du- rata dei gradi d’insegnamento e dei passaggi da uno all’altro. Per definire il momento di questo passaggio il presente accordo tiene conto, da un lato, delle disposizioni in materia che reggo- no il conseguimento della maturità e, dall’altro, della soluzione adottata dalla maggior parte dei cantoni per quanto concerne la durata complessiva degli studi e della struttura liceale, e stabi- lisce che il passaggio deve aver luogo, di regola, al termine del 10° anno di scolarità. Solamen- te una revisione della legislazione federale e intercantonale concernente il riconoscimento del- la maturità permetterebbe di armonizzare ulteriormente il passaggio al liceo e la durata della formazione liceale.
Cpv. 5: questa disposizione mostra che la durata dei diversi gradi scolastici fissata nei capoversi 1,2 e 4 contiene una precisazione che i cantoni devono imperativamente tenere in considerazione nella determinazione delle proprie strutture scolastiche. Il tempo effettivamente necessario per ogni allievo per percorrere i differenti gradi della scuola obbligatoria corrisponderà generalmente, ma non obbligatoriamente, alla durata fissata in questi capoversi; il sistema dovrà piuttosto offrire al bambino la possibilità di percorrere i gradi scolastici più o meno rapidamente, secondo le sue predisposizioni, le sue capacità e la sua maturità personale.
IV. Strumenti di sviluppo del sistema e assicurazione della qualità
Le misure applicate su scala nazionale per armonizzare la scuola obbligatoria riguardano il sistema educativo e sono parte integrante della conduzione del sistema. Di conseguenza, l’accordo elenca –dopo la descrizione degli obiettivi fondamentali della scuola obbligatoria e l’armonizzazione delle sue più importanti caratteristiche strutturali– gli strumenti di controllo e di sviluppo della qualità a livello del sistema, con un’importante eccezione: la qualità della formazione dei docenti. Infatti il controllo di qualità, mobilità e libera circolazione nell’ambito della formazione dei docenti avviene sulla base dell’accordo intercantonale sul riconoscimento dei diplomi scolastici e professionali e non è pertanto regolato dal presente accordo.
Art. 7 Standard di formazione
1Allo scopo d’armonizzare gli obiettivi dell’insegnamento a livello nazionale, si fissano degli standard nazionali di formazione.
2Questi standard di formazione possono essere di due tipi, ossia:
a. standard di prestazione basati, per ogni settore disciplinare, su un quadro di riferimento comprensivo dei livelli di competenza;
b. standard che determinano dei contenuti di formazione o delle condizioni per la loro attuazione nell’insegnamento.
3Gli standard nazionali di formazione sono sviluppati e validati scientificamente sotto la respon- sabilità della CDPE. Sono oggetto di una consultazione ai sensi dell’articolo 3 del Concordato sulla coordinazione scolastica del 29 ottobre 19702.
4Sono approvati dall’Assemblea plenaria della CDPE con una maggioranza di due terzi dei suoi membri, dei quali almeno tre cantoni a maggioranza linguistica non tedesca. La revisione é svol- ta dai cantoni concordatari secondo una procedura analoga.
Cpv. 1 e 2: nella determinazione degli standard di formazione deve essere fatta la distinzione tra gli standard di prestazione (performance standards), fondati su un modello di competenza per ogni area disciplinare e sulla descrizione precisa dei livelli di competenza progressivi, e gli altri standard orientati ai contenuti (“content standards”) o alle loro condizioni di realizzazione nell’insegnamento (“opportunity to learn standards”).
Cpv. 3: segnatamente gli standard di prestazione necessitano una elaborazione scientifica e una validazione empirica prima di essere definitivamente determinati; i relativi progetti sono in corso sotto l’egida della CDPE. Prima dell’adozione definitiva degli standard deve pure aver luogo una procedura di consultazione, conformemente all’art. 3 del Concordato scolastico del 1970 (promulgazione di raccomandazioni), dove in particolare è esplicitamente fissata la consultazione delle associazioni svizzere dei docenti.
Cpv. 4: l’adozione degli standard di formazione esige una maggioranza di due terzi dei membri dell’assemblea plenaria della CDPE, di cui almeno tre devono rappresentare un cantone a maggioranza linguistica non germanofona. Questo evita che i cantoni latini siano messi in minoranza nell’adozione degli standard. Per ogni revisione ulteriore degli standard vale un’ analoga procedura, vale a dire due terzi dei cantoni concordatari, di cui almeno tre non a maggioranza germanofona, devono approvare la modifica proposta.
2 Raccolta delle basi giuridiche della CDPE, cifra 1.1
Art. 8 Piani di studio, mezzi d’insegnamento e strumenti di valutazione
1 L’armonizzazione dei piani di studio e il coordinamento dei mezzi d’insegnamento sono garanti- ti a livello delle regioni linguistiche.
2 Piani di studio, mezzi d’insegnamento e strumenti di valutazione, come pure gli standard di formazione, sono coordinati tra di loro.
3 I cantoni collaborano nell’ambito delle regioni linguistiche alla messa in vigore del presente accordo. Essi possono adottare le disposizioni organizzative che s’impongono.
4 La CDPE e le regioni linguistiche si consultano caso per caso per sviluppare delle prove di rife- rimento sulla base degli standard di formazione.
Cpv.1: L’armonizzazione della scuola obbligatoria su scala nazionale avviene attraverso l’armonizzazione dei suoi obiettivi, fissati in termini di standard sulla base dei modelli di com- petenza, e attraverso la valutazione del raggiungimento di questi standard a livello dell’intero sistema. I piani di studio e i mezzi d’insegnamento invece, conformemente al principio della sussidiarietà, devono essere elaborati e coordinati a livello delle diverse regioni linguistiche, in quanto tra loro esistono considerevoli differenze culturali, pedagogiche e curricolari.
L’armonizzazione dei piani di studio ha già preso forma nella Svizzera romanda con il Piano di studio romando (PER) attualmente in fase di allestimento. Nella Svizzera tedesca i lavori per un concetto di piano di studio intercantonale è stato accolto. L’armonizzazione dei programmi a livello delle regioni linguistiche è oramai una realtà.
Di fatto già oggi ha luogo una coordinazione dei mezzi d’insegnamento a livello delle regioni linguistiche, anche se –segnatamente nella Svizzera tedesca– si tratta soprattutto di una coordinazione a livello di produzione di mezzi didattici tra le case editrici. In considerazione del grande influsso dei mezzi d’insegnamento sui processi educativi e dei considerevoli costi di elaborazione degli stessi è opportuno che la coordinazione in questo ambito –analogamente al lavoro sui piani quadroni studio – sia concepita in avvenire a livello delle regioni linguistiche.
Cpv.2 : per ottenere un quadro coerente occorre preoccuparsi di stabilire una concordanza tra i diversi elementi che costituiscono i piani di studio e i mezzi d’insegnamento - armonizzati e coordinati a livello delle regioni linguistiche, gli standard di formazione definiti a livello naziona- le e gli strumenti di valutazione applicabili ai diversi livelli del sistema.
Cpv. 3 : nel rispetto del principio della sussidiarietà (cr. art. 2 cpv. 1), il presente accordo asse- gna, e questo rappresenta una novità, dei compiti molto importanti alle regioni linguistiche (ar- monizzazione dei piani di studio e coordinazione dei mezzi d’insegnamento). Per il momento le regioni linguistiche non dispongono di un quadro organizzativo appropriato. Le quattro confe- renze regionali della CDPE menzionate all’art. 6 del Concordato scolastico del 1970 non coin- cidono con le regioni linguistiche; i lavori attuati finora in quest’ambito si basavano su degli accordi puntuali per ogni singolo progetto. L’attuazione del presente accordo implica quindi una riorganizzazione dei cantoni per regione linguistica. La Svizzera romanda ha elaborato il suo specifico concordato ( la Convention romande del 21 giugno 2007). La Svizzera tedesca prevede di mettere in atto un’organizzazione dei lavori che raggrupperà e concentrerà le risor- se delle tre conferenze interessate (BKZ, EDK-Ost, NW EDK).
Cpv. 4 : gli standard avranno tra l’altro una ripercussione sull’elaborazione armonizzata dei piani di studio e dei mezzi d’insegnamento. Il quadro di riferimento alla base degli standard permetterà non solo di valutare il sistema, ma pure di sviluppare e di adattare altri strumenti di valutazione, come quelli previsti per allestire un bilancio delle competenze di ogni allievo (“é- preuves” de référence secondo l’art. 15 della Convenzione scolastica romanda del 21 giugno 2007). In relazione ai diversi livelli del quadro di riferimento per aree disciplinari, saranno da
elaborare delle prove validate che dovranno adempiere diverse funzioni. In considerazione degli importanti investimenti necessari per un lavoro serio in questo ambito, bisogna stare attenti a non disperdere il potenziale scientifico e i mezzi finanziari. Il presente accordo prevede pertanto che la CDPE e le regioni linguistiche si consultino in vista dello sviluppo delle prove di riferimento .
Art. 9 Portfolii
I cantoni concordatari provvedono affinché gli allievi e le allieve possano certificare le loro co- noscenze e competenze per mezzo di portfolii nazionali o internazionali secondo le raccomanda- zioni della CDPE.
I portfolii documentano il processo d’apprendimento non solo nel contesto formale della scuola, ma anche dell’apprendimento informale (svolto al di fuori dell’ambito scolastico). Per questo motivo i portfolii permettono non solo all’insegnante di avere un’idea più differenziata dei progressi d’apprendimento individuali degli allievi e di valutare con più precisione il loro livello d’apprendimento, ma aiutano anche gli allievi stessi ad acquistare più padronanza dei loro processi di apprendimento.
Come documentazione sulle competenze acquisite durante il tempo scolastico e fuori dalla scuola, i portfolii rivestono un ruolo sempre più importante nel mercato del lavoro, in particolare per la mobilità e la libera circolazione della popolazione attiva su scala nazionale e internazionale. I portfolii sono strumenti concreti ed efficaci a sostegno della propria formazione continua nel corso dell’intera vita professionale. L’esempio più significativo finora è il Portfolio europeo delle lingue (PEL) che oggi esiste in versioni diverse per diversi gruppi d’età e la cui introduzione generalizzata è stata raccomandata ai cantoni dalla CDPE con la decisione del 25 marzo 2004 sulla strategia dell’insegnamento delle lingue.
L’idea del portfolio corrisponde in grande misura al concetto degli standard nazionali di formazione. Poiché questi ultimi si basano su modelli e livelli di competenze strutturati progressivamente, caratterizzati da esigenze crescenti, essi corrispondono alla logica del portfolio che coglie e documenta con precisione i progressi dell’allievo nel corso del processo di apprendimento. Per questo è molto sensato che nel solco dell’accordo sugli standard nazionali di formazione sia prevista anche l’utilizzazione di portfolii nazionali o internazionali nell’insieme del xxxxx.Xx loro numero aumenterà nei prossimi anni e le raccomandazioni previste nell’accordo implicano che la CPDE possa sostenere con simili strumenti il lavoro di orientamento e di assicurazione della qualità nell’insegnamento.
Art. 10 Monitoraggio del sistema educativo
1In applicazione dell’articolo 4 del Concordato sulla coordinazione scolastica del 29 ottobre 19703, i cantoni concordatari e la Confederazione partecipano a un monitoraggio sistematico, continuo e scientifico sull’insieme del sistema educativo svizzero.
2Gli sviluppi e le prestazioni della scuola obbligatoria sono valutati regolarmente nel quadro di questo monitoraggio del sistema educativo. La verifica del raggiungimento degli standard na- zionali di formazione, in particolare attraverso le prove di riferimento di cui all’art. 8 cpv. 4 , è parte integrante della valutazione.
Basandosi sull’art. 4 del Concordato scolastico del 1970, la CDPE ha già dato avvio al proget- to di monitoraggio per l’insieme del sistema educativo svizzero, monitoraggio svolto su basi scientifiche in modo continuato e sistematico per dare origine ad una pubblicazione periodica sui risultati ottenuti. Si tratta, secondo quanto comunemente definito con il termine di “evidence based policy”, di uno strumento determinante per la conduzione del sistema educativo svizze- ro che fornirà delle informazioni indispensabili per ogni livello decisionale, che si tratti del livello cantonale, regionale o nazionale. Su iniziativa della CDPE è stato elaborato un rapporto in base ad un mandato assegnato congiuntamente con i competenti uffici federali. Il rapporto è disponibile dal mese di dicembre 2006. Il documento passa in rassegna tre dimensioni del sistema educativo: l’efficacità, l’efficienza (vale a dire l’efficacia in rapporto agli investimenti attuati ; relazione tra input e output) e l’equità (giustizia, pari opportunità). Queste tre dimen- sioni sono valutate (a) tenendo presenti le indicazioni politiche (obiettivi definiti), (b) in base al confronto temporale (si tratta di confronti a lungo termine che saranno considerati con il moni- toraggio periodico del sistema educativo) e (c) nel quadro dei confronti cantonali.
L’art. 10 cpv. 1 dell’accordo crea una base legale supplementare ed esplicita per il monitoraggio sistematico del nostro sistema educativo. Nel cpv. 2 viene inoltre stabilito, per l’ambito della scuola obbligatoria, il rapporto tra monitoraggio del sistema e standard di formazione: questi ultimi saranno un elemento importante della valutazione quando, nell’ambito di questo monitoraggio, saranno valutati lo sviluppo e le prestazioni della scuola obbligatoria su scala nazionale.
3 Raccolta delle basi giuridiche della CDPE, cifra 1.1
V. Struttura della giornata di scuola
Gli sviluppi nel mercato del lavoro, l’accresciuta attività professionale delle donne al di fuori della famiglia e la mutata concezione dei ruoli di uomo e donna nella famiglia e nell’educazione dei bambini portano a un accresciuto bisogno di assistenza extrafamiliare e alla richiesta di strutture diurne di accoglienza e blocchi orari. Tenuta presente la mobilità richiesta dal mondo del lavoro, è opportuno introdurre una certa armonizzazione per favorire la presenza di queste strutture. Non bisogna comunque dimenticare che la loro attuazione spetta alla comunità locale tenendo conto del contesto di riferimento. E’ per questo motivo che nel titolo «struttura della giornata di scuola» vengono espresse essenzialmente delle dichiarazioni di ordine generale sui blocchi orari e sulle strutture diurne.
Art. 11 Blocchi orari e strutture diurne
1 Nel grado elementare è privilegiata nell’organizzazione dell’insegnamento la formula dei bloc- chi orari.
2
Un’offerta appropriata di presa a carico degli allievi è proposta al di fuori dell’orario
d’insegnamento (strutture diurne). L’utilizzazione di questa offerta è facoltativa e comporta di principio una partecipazione finanziaria da parte dei titolari dell’autorità parentale.
Cpv. 1: i blocchi orari prevedono una strutturazione del tempo d’ insegnamento che permetta di conciliare meglio l’orario scolastico dei bambini con la vita della famiglia e, segnatamente, con l’attività professionale dei genitori. Nei cantoni concordatari occorre quindi privilegiare nell’insegnamento per la scuola elementare la formula dei blocchi orari. Nel grado secondario I l’organizzazione dell’orario scolastico comporta una serie di prescrizioni e di vincoli che rendono difficoltosa l’attuazione di una simile soluzione; inoltre la maggiore età degli allievi rende questa soluzione meno impellente. Il termine restrittivo di “privilegiare” indica che ogni soluzione organizzativa deve sempre tenere in considerazione il contesto sociale e scolastico di riferimento.
Cpv. 2: i blocchi orari sono una misura di organizzazione scolastica. Al contrario, la presa a carico dei bambini durante spazi orari fissi nella giornata –fuori dal tempo di insegnamento– rappresenta una misura di accoglienza che non deriva necessariamente o addirittura non esclusivamente dal mandato assegnato alla scuola. Offrendo tali strutture diurne, che vanno oltre i blocchi orari e che inglobano anche la presa a carico degli allievi a scuola al di fuori delle ore lezione vere e proprie così come il pasto di mezzogiorno, i cantoni possono, nell’ambito della scuola obbligatoria, rispondere all’evoluzione della società precedentemente menzionata. Il bisogno di presa a carico in strutture diurne non è avvertito ovunque nello stesso modo; ne consegue che le offerte possono essere molto diverse: dalla presa a carico da parte delle mamme diurne all’organizzazione vera e propria di scuole ad orario continuato. I cantoni firmatari devono comunque disporre in questo campo di un’offerta che tiene conto della diversità dei bisogni. Ciò significa che ogni istituto o comune non deve necessariamente proporre delle possibilità parascolastiche di presa a carico, che possono presentarsi secondo modalità differenziate, ma che delle strutture diurne devono essere offerte a una distanza ragionevole per coloro che ne fanno richiesta. L’utilizzazione di tali strutture diurne rimane facoltativa. Secondo la concezione tradizionale, questa offerta non rientra nel diritto costituzionale alla gratuità della scuola obbligatoria e perciò, in linea di massima, non è gratuita e il ricorso a simili strutture implica generalmente una partecipazione finanziaria.
Questa disposizione rappresenta un obbligo minimo. I cantoni o i comuni possono andare oltre e prevedere offerte di una presa a carico più complete; essi possono pure decidere di finanziarle integralmente o parzialmente.
VI. Disposizioni finali
Art. 12 Termini d’esecuzione
I cantoni concordatari s’impegnano a stabilire le caratteristiche strutturali della scuola obbligato- ria come definite al capitolo III del presente accordo e ad applicare gli standard di formazione definiti all’articolo 7, al più tardi entro sei anni dall’entrata in vigore del presente accordo.
Ai cantoni concordatari, per l’adattamento della legislazione scolastica al nuovo accordo, deve essere accordato un tempo sufficiente affinché le necessarie modifiche strutturali e giuridiche possano essere pianificate e successivamente adottate in modo finalizzato in ogni cantone.
Per l’applicazione degli standard di formazione nel senso dell’art. 7 dell’accordo e per la de- terminazione delle caratteristiche strutturali della scuola obbligatoria nel senso del titolo III dell’accordo viene concesso un termine di adattamento di sei anni dopo l’entrata in vigore dell’accordo (vale a dire dopo che vi hanno aderito almeno dieci cantoni; cfr. art. 16). Calco- lando il lasso di tempo tra l’approvazione dell’accordo da parte della CDPE e la sua entrata in vigore, la durata ammonterebbe a ca. otto anni . I cantoni, la cui adesione avviene dopo il ter- mine di sei anni dall’entrata in vigore, dovranno adempiere gli impegni pattuiti a partire dal momento della loro adesione.
Art. 13 Adesione
L’adesione a quest’accordo si dichiara davanti al Comitato della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione.
Dopo l’adozione dell’accordo da parte dell’Assemblea plenaria della CDPE, in ogni xxxxxxx xxxx effettuata una procedura di ratifica secondo il vigente diritto cantonale. Se un cantone aderisce al nuovo accordo, la decisione deve essere comunicata dal governo cantonale al Comitato della CDPE.
Art. 14 Revoca
La revoca di quest’accordo deve essere dichiarata davanti al Comitato della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione. Entra in vigore alla fine del terzo anno civile dopo la dichiarazione di revoca.
A ogni cantone che ha aderito all’accordo è concesso il diritto di dichiararne la revoca presso il Comitato della CDPE. Il termine di revoca è di tre anni. Per gli altri cantoni concordatari, l’accordo resta integralmente in vigore.
Art. 15 Abrogazione dell’articolo 2 del Concordato scolastico del 1970
L’Assemblea plenaria della CDPE stabilisce la data d’abrogazione dell’articolo 2 del Concordato sulla coordinazione scolastica del 29 ottobre 19704.
Il nuovo accordo intercantonale rivede gli impegni contenuti nell’art. 2 lett. a, b e c del Concordato scolastico del 1970 riguardo all’età di inizio e alla durata della scuola, sostituendoli con le nuove regole (art. 5 e 6 del nuovo accordo); (l’art. 2 lett. d del Concordato scolastico del 1970 concernente l’inizio dell’anno scolastico è già privo di validità in base all’art. 62 cpv. 5 della Costituzione federale).
4 Raccolta delle basi giuridiche della CDPE, cifra 1.1
Conformemente all’art. 16, il nuovo accordo entra in vigore quando almeno 10 cantoni vi hanno aderito. Appena sarà entrato in vigore, l’art. 2 del Concordato scolastico del 1970 non avrà più validità per i cantoni che avranno aderito al nuovo accordo. Per quei cantoni che non vi avranno o non vi avranno ancora aderito, questa disposizione avrà ancora validità. Solo nel momento in cui tutti i cantoni firmatari del Concordato scolastico del 1970 avranno aderito al nuovo accordo le attuali regole dell’art. 2 del Concordato del 1970 saranno senza validità.
A quel momento l’Assemblea plenaria della CDPE potrà abrogare l’art. 2 del Concordato scolastico del 1970. Questo procedimento garantisce la sicurezza che in nessun momento manchi la coordinazione tra i cantoni e che l’art. 2 del Concordato scolastico del 1970 sarà abrogato solo quando questo non comporterà una mancanza di coordinazione.
Art. 16 Entrata in vigore
1Il Comitato della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione mette in vigore il presente accordo a partire dal momento in cui almeno dieci cantoni hanno dichiarato la loro adesione.
2L’entrata in vigore è comunicata alla Confederazione.
L’accordo entra in vigore a partire dal momento in cui dieci cantoni vi hanno aderito. La messa in vigore formale dell’accordo necessita di una decisione del Comitato della CDPE. Conformemente all’art. 48 cpv. 5 della Costituzione federale, l’entrata in vigore va portata a conoscenza della Confederazione.
Art. 17 Principato del Liechtenstein
Anche il principato del Liechtenstein può aderire al presente accordo. L’adesione gli conferisce gli stessi diritti e doveri dei cantoni concordatari.
Contrariamente all’art. 17 del Concordato scolastico del 1970, il nuovo accordo consente al Principato del Liechtenstein di aderire al nuovo accordo. Il Principato fruisce dunque degli stessi diritti e doveri dei cantoni concordatari. La sua eventuale adesione non avrà effetto ai sensi dell’entrata in vigore conformemente all’art. 16.
012.1/3/2007