Renegotiation of compositions with creditors: old and new reflections
La rinegoziazione del concordato preventivo tra vecchie e nuove sollecitazioni
Renegotiation of compositions with creditors: old and new reflections
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx*
Abstract:
L’articolo, prendendo le mosse dalla situazione di emergenza epidemiologica da COVID- 19 e dalle correlate misure di contenimento, che hanno dato vita, soprattutto in relazione ai contratti d’impresa, ad istanze di revisione delle originarie condizioni contrattuali divenute squilibrate, indaga se sia possibile modificare le condizioni della proposta e/o del piano di concordato preventivo omologato, al fine di consentirne l’esatto adempimento in un quadro economico-finanziario (sensibilmente) mutato.
L’analisi si sofferma sia sull’attuale legge fallimentare, sia sulla disciplina contenuta nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, valutando se le conclusioni raggiunte con ri- guardo alla prima restino confermate anche alla luce delle disposizioni del nuovo codice.
Parole chiave: concordato preventivo; rinegoziazione; esatto adempimento; risoluzione del concordato
This article, starting from the COVID-19 outbreak and the related containment measures, which have given rise to requests for revision of the original contractual terms that have become ‘unbalanced’, investigates whether it is possible to modify the terms of a proposal and/or a plan after confirmation in order to allow the proper fulfilment of the composition with creditors (concordato preventivo) in a (significantly) changed economic and financial framework.
The analysis focuses both on the current Italian Bankruptcy Law and the new Business Crisis and Insolvency Code, and it assesses whether the conclusions reached in relation to the former remain valid under the new Code.
Keywords: composition with creditors; renegotiation; proper fulfilment; termination of a composition with creditors
* Professore associato di diritto commerciale, Università Ca’ Foscari Venezia; e-mail: xxxx- xxxxxx.xxxxxxx@xxxxx.xx.
Sommario:
1. Premessa. – 2. La risoluzione del concordato preventivo ex art. 186 l. fall. – 3. Il dibattito sulla rinegoziazione del concordato omologato: gli argomenti a favore. – 4. (Segue) Gli “spazi di manovra” consentiti dall’attuale disciplina del concordato preventivo. – 5. (Segue) La modi- ficabilità del (solo) piano di concordato. – 6. Ulteriori argomenti ricavabili dal codice della cri- si d’impresa e dell’insolvenza. – 7. Soluzioni concretamente e attualmente praticabili.
1. Premessa.
L’art. 9, primo comma, del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, concernente la proroga dei termini di adempimento dei concordati omologati, è stato opportunamente modificato, in sede di conversione in legge, dalla l. 5 giugno 2020, n. 40. An- zitutto, la disposizione è stata estesa, oltre agli accordi di ristrutturazione dei debiti (già previsti), agli accordi di composizione della crisi e ai piani del con- sumatore omologati; in secondo luogo, è stata riformulata in modo che la pro- roga riguardi tutti i termini di adempimento di concordati, accordi e piani omologati con scadenza successiva al 23 febbraio 2020 – e non solo quelli che sarebbero scaduti alla data del 31 dicembre 2021 –, così da evitare un perico- loso effetto “imbuto” 1.
La legge di conversione non ha invece affrontato una questione da subito emersa tra gli operatori giuridici 2: la possibilità di riconoscere al debitore concordatario un diritto o una facoltà di rinegoziazione del concordato omolo- gato, in caso di persistente impossibilità di dare puntuale esecuzione alla pro- posta e al piano dopo l’esaurirsi dell’effetto temporaneo della proroga dei ter- mini di adempimento. Solo con il recentissimo decreto-legge recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale il legislatore è
1 V., per una prima applicazione della disposizione, così come modificata dalla relativa legge di conversione, e del terzo comma dell’art. 9, Trib. Ravenna, 16 giugno 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx. L’art. 9 d.l. n. 23/2020 ha subito ulteriori modifiche in sede di conversione, che tuttavia esulano dall’oggetto su cui verte il presente scritto: in particolare, l’introduzione della possibilità – per il debitore che abbia ottenuto la concessione dei termini di cui all’art. 161, sesto comma, o all’art. 182-bis, settimo comma, l. fall. – di depositare un atto di rinuncia alla procedura dichiarando di avere predisposto un piano di risanamento ex art. 67, terzo com- ma, lett. d), l. fall., pubblicato nel registro delle imprese, e depositando la documentazione rela- tiva alla pubblicazione medesima.
2 Ben lo rileva, tra gli altri, X. XXXXX, La nuova dimensione del giudizio di risoluzione del concordato a seguito della legislazione di emergenza introdotta per la pandemia da coronavi- rus, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 23 aprile 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx.
nuovamente intervenuto sull’adempimento del concordato preventivo, preve- dendo l’improcedibilità, fino al 31 dicembre 2021, dei ricorsi per la risoluzio- ne di concordati con continuità aziendale la cui omologazione sia avvenuta dopo il primo gennaio 2019 (e dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento “dipendente” dalle predette procedure).
La questione della rinegoziazione del concordato post-omologazione tra- scende evidentemente lo stretto ambito della legislazione emergenziale, seb- bene la situazione determinatasi per effetto della pandemia di COVID-19 ab- bia senza dubbio contribuito a sollecitare una riflessione sul tema, fino a quel momento abbastanza trascurato dagli interpreti 3. La riflessione, ad avviso di chi scrive, merita di essere proseguita e sviluppata: non tanto in una prospetti- va de iure condendo, quanto per valutare se il nostro ordinamento già offra strumenti, negoziali o procedurali, da utilizzare al predetto scopo 4.
3 Se si eccettua lo scritto di X. XXXXXXXXXX, La rinegoziazione del concordato post- omologazione, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 12/2015, specificamente dedicato alla questione di cui trattasi.
4 Data la finalità del presente saggio, la cui analisi trascende la straordinaria situazione di emergenza determinata dall’attuale pandemia, si ritiene poco utile soffermarsi su un’altra nor- ma della legislazione emergenziale, ossia l’art. 91 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (conv., con modificazioni, dalla l. 24 aprile 2020, n. 27), di cui è stata evidenziata la prossimità o vicinanza con la figura dell’impossibilità sopravvenuta ex art. 1256 c.c. (v. A.A. DOLMETTA, «Misure di contenimento» della pandemia e disciplina dell’obbligazione (prime note all’art. 91 comma 1
d.l. n. 18/2020), in Banca borsa tit. cred., 2020, I, 152 s.). Detta disposizione prevede l’inserimento, dopo il sesto comma dell’art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 (conv., con modifica- xxxxx, dalla l. 5 marzo 2020, n. 13), del seguente comma: «Il rispetto delle misure di conteni- mento […] è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti». Per alcuni com- menti della disposizione v., ex multis, A.M. XXXXXXXXX, Il «rapporto» obbligatorio al tempo dell’isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione?, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 4/2020;
X. XXXXXXXXXX, L’incursione del d.l. 17 marzo 2020 n. 18 in tema di obbligazioni non adem- xxxxx e responsabilità del debitore, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 20 aprile 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx; X. XXXXXX, Riflessioni sugli effetti dello stato di emergenza da Coronavirus nell’esecuzione dei contratti, in Contr. impr., 2020, 1192 ss.; X. XXXXXXX, Brevi riflessioni sulle sopravvenienze contrattuali alla luce della normativa sull’emergenza epidemiologica da Covid-19, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 4/2020. Secondo taluni – e nonostante il richiamo testuale agli artt. 1218 e 1223 c.c. –, la previsione potrebbe essere applicata anche in sede di risoluzio- ne del concordato preventivo, al fine di verificare se, avendo riguardo all’esigibilità della pre- stazione, il rispetto delle misure di contenimento sanitarie abbia influito sull’inadempimento della proposta: così X. XXXXX, (nt. 2), 8 ss.; nonché C.L. XXXXX, X. DE FILIPPIS, La sorte delle procedure concorsuali “minori” pendenti al tempo del Coronavirus, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 10/2020, 16 s.; D. DE FILIPPIS, L’esecuzione del concordato preventivo ai tempi del Coronavi- rus, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 17 aprile 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, 9 ss.; e, sep-
A tale riguardo, le considerazioni che si svolgeranno, pur se riferite alla vi- gente legge fallimentare, si attagliano anche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, poiché nel codice il profilo della rinegoziazione del concorda- to omologato (precisamente, della modifica della proposta e/o del piano con- cordatari) continua ad essere un profilo non espressamente regolato, diversa- mente da quanto avviene in altri ordinamenti (cfr. 11 U.S.C. § 1127, «Modifi- cation of plan»). La “futura” disciplina degli strumenti di regolazione della crisi è però in grado di fornire nuovi e interessanti spunti di riflessione, anche se va detto che gli ultimi interventi in materia concorsuale ad opera della legi- slazione emergenziale (su cui infra) hanno ulteriormente attenuato la distanza tra il vecchio e il nuovo.
2. La risoluzione del concordato preventivo ex art. 186 l. fall.
Dinanzi all’inadempimento, anche incolpevole, degli obblighi derivanti da un concordato preventivo omologato, il nostro legislatore si limita, sia nella legge fallimentare che nel c.c.i.i., a prevedere la risoluzione del concordato 5. L’art. 186 l. fall. stabilisce, infatti, che ciascuno dei creditori può richiederne la risoluzione per inadempimento – a condizione che si tratti di inadempimen- to di non scarsa importanza – e che il ricorso deve proporsi entro un anno dal- la scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concor-
pur più cautamente, X. XXXXX, Questioni in tema di risoluzione del concordato preventivo fra vecchia e nuova disciplina, anche alla luce della legislazione d’urgenza, in Crisi d’impresa ed emergenza sanitaria, opera diretta da X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, Bologna, Zanichelli, 2020, 204 ss.; solleva giustamente delle perplessità sul punto X. XXXXXXX, Prove di riflessioni sistemati- che per le crisi da Emergenza Covid-19, in Fallimento, 2020, 593, nt. 17.
Per completezza si aggiunge che, nell’ambito dello strumento di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa appena introdotto dal decreto-legge in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (emanato quando il presente lavoro era già in corso di stampa), l’esperto all’uopo nominato può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-
2. In mancanza di accordo, su domanda dell’imprenditore, il tribunale può rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale, e può assicurare l’equilibrio tra le presta- zioni anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo (v. art. 10, secondo comma, d.l. 24 agosto 2021, n. 118, relativo alla rinegoziazione dei contratti).
5 Come noto, la riforma del 2005-2007 ha eliminato anche l’automatismo tra risoluzione del concordato e dichiarazione di fallimento; la quale, pertanto, presuppone un’istanza da parte di un creditore rimasto insoddisfatto o una richiesta del P.M.
dato stesso. L’art. 119 c.c.i.i. estende la legittimazione ad agire al commissario xxxxxxxxxx, che può richiedere la risoluzione su istanza di uno o più creditori, ma continua a non prevedere nulla in merito ad una possibile rinegoziazione del concordato post-omologazione; e ciò nonostante l’art. 58 c.c.i.i. contenga una precisa disposizione che abilita l’imprenditore a modificare il piano origi- nariamente predisposto (e su cui si è formato l’accordo con i creditori) nel- l’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Ai sensi di detta ultima norma (sulla quale si tornerà più diffusamente infra, par. 6), qualora si renda- no necessarie modifiche «sostanziali» del piano, l’imprenditore vi apporta le modifiche idonee ad assicurare l’esecuzione degli accordi richiedendo al pro- fessionista attestatore indipendente il rinnovo dell’attestazione.
Come più volte ribadito anche dalla Suprema Corte, la risoluzione del con- cordato – diversamente dalla risoluzione disciplinata dall’art. 1453 e ss. c.c. – prescinde da eventuali profili di imputabilità dell’inadempimento e di colpa del debitore, venendo in rilievo il solo dato oggettivo della mancata esecuzio- ne degli obblighi concordatari assunti nella proposta e nel piano, da cui conse- gue l’«impossibilità di realizzare la promessa soddisfazione dei creditori» 6. I giudici di legittimità hanno in particolare affermato che la non imputabilità al
6 Limitandosi alle pronunce relative a procedimenti successivi alla riforma del 2005-2007,
x. Xxxx. xxx., xxx. X, 00 luglio 2019, n. 20652, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; Cass. civ., sez. I, 13 luglio 2018, n. 18738, in Dir. fall., 2019, 905 ss., con nota di F. XXXXXX, ove si evidenzia che la peculiare natura del concordato – caratterizzato da una natura negoziale con- temperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici e conduce, all’esito dell’omo- logazione, alla cristallizzazione di un accordo di carattere complesso ove una delle parti ha consistenza composita e plurisoggettiva – impedisce in quest’ambito una traslazione tout court delle categorie proprie dell’inadempimento contrattuale; Cass. civ., sez. I, 4 marzo 2015, n. 4398, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; quanto alla giurisprudenza di merito, Trib. Ravenna, 27 luglio 2018, Trib. Milano, 29 settembre 2016, Trib. Modena, 11 giugno 2014, Trib. Ravenna, 7 giugno 2012, tutti reperibili in xxx.xxxxxx.xx. Più “cauta” la posizione di una parte della dottrina (v., ad es., X. XXXXXXXXX, Il concordato preventivo, in AA.VV., Le altre procedure concorsuali, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da X. XXXXXXXX, F.P. XXXXX, X. XXXXXXXXX, IV, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2014, 428), mentre assume una netta posizione in favore dell’imputabilità dell’inadempimento al debitore, ai fini della risoluzione, G. LA CROCE, La liquidazione di beni nel concordato in continuità e la no- mina del liquidatore giudiziale (commento a Cass. civ., sez. I, 10 agosto 2017, n. 19925), in Fallimento, 2018, 39. A sostegno della risolubilità anche in presenza di un inadempimento non imputabile è stato fondatamente richiamato l’art. 14 della legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento (l. 27 gennaio 2012, n. 3), che prevede la risoluzione dell’accordo an- che se l’esecuzione diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore: cfr. X. XX- XXXXXXXXXX, Diritto fallimentare8, a cura di X. XXXXXXXX e con la collaborazione di X. Xxxx, Torino, Giappichelli, 2017, 377, nt. 95; X. XXXXX, Esecuzione, risoluzione ed annullamento del concordato fallimentare e preventivo, in Dir. fall., 2012, I, 535.
debitore dell’inadempimento non rileva ai fini della risoluzione del concordato in quanto l’art. 186 l. fall. intende valorizzare il mancato avveramento del pia- no secondo una logica diversa da quella dell’art. 1218 c.c., a mente del quale l’inadempimento costituisce un fatto causativo di responsabilità a carico della parte inadempiente. Questo orientamento non sembra mitigabile neppure ri- correndo all’art. 3, comma 6-bis, d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 7, la cui applica- zione, ad avviso di chi scrive, dovrebbe rimanere circoscritta all’ambito me- ramente contrattuale; non senza tacere del fatto che detto articolo resta, co- munque, una norma temporalmente limitata nella sua applicazione, quindi non utilizzabile oltre l’orizzonte del periodo emergenziale di contenimento e ge- stione della pandemia di COVID-19.
A ciò si aggiunga che, sempre secondo l’orientamento giurisprudenziale, i creditori possono agire per la risoluzione del concordato anche prima della scadenza del termine finale di adempimento dello stesso, qualora l’impossi- bilità di soddisfacimento dei creditori nella misura proposta ed approvata sia emersa in modo certo 8.
Peraltro, ai fini di comprendere quale sia il reale impatto della previsione dell’art. 186 l. fall. sulla posizione del debitore e sulla sua condizione di (in- colpevole) incapacità di adempiere, non vanno trascurati i seguenti profili.
In primo luogo, il concordato non è risolvibile se l’inadempimento è di scarsa importanza, da determinarsi attingendo alle regole o principi enucleati in materia contrattuale 9; è però dubbio, alla luce delle modifiche introdotte a
7 V. supra, nt. 4.
8 V., a mero titolo esemplificativo, Cass. civ., sez. VI, 29 maggio 2019, n. 14601, e Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2010, n. 7942, reperibili in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Rovigo, 7 dicembre 2017, in Fallimento, 2018, 734, con commento di X. XXXXX, X. XXXXXXX; Trib. Padova, 30 marzo 2017, Trib. Modena, 6 maggio 2016, Trib. Monza, 13 febbraio 2015, Trib. Genova, 26 giugno 2014, tutti reperibili in xxx.xxxxxx.xx; App. L’Aquila, 31 maggio 2012, in Fallimento, 2013, 59 ss., con commento di F. CASA. Cfr., altresì, G.B. XXXXXXXXXX, La risoluzione, ivi, 2020, 1334, il quale sottolinea come l’interpretazione giurisprudenziale, formatasi nella vigenza dell’originaria disci- plina della legge fallimentare, sia ancora attuale e sia applicabile ad ogni tipo di concordato.
9 Sebbene l’art. 186 l. fall. non richiami espressamente l’art. 1455 c.c., non c’è ragione – peraltro in presenza della medesima formulazione linguistica – di discostarsi dagli orientamenti formatisi, in relazione alla predetta norma, sull’accertamento dell’apprezzabilità in concreto del peso dell’inadempimento nell’economia complessiva del rapporto (conf. App. Venezia, 24 maggio 2017, reperibile in xxx.xxxxxx.xx). In questo senso, esplicitamente, la Relazione illu- strativa al d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, la quale precisa che il nuovo testo dell’art. 186 l. fall. è ritenuto in coerenza con l’accentuata natura privatistica del concordato preventivo e che
«in aderenza ai principi generali […] il concordato preventivo non si può risolvere se l’ina- dempimento risulta essere di scarsa importanza. Si recuperano, in questo modo, tutti i principi
partire dal 2005, quali siano i parametri cui ancorare la valutazione dell’im- portanza dell’inadempimento nella varietà di fattispecie concordatarie oggi ammesse 10. Oltretutto, se il concreto riempimento della clausola generale im- plica una valutazione fattuale che può rivelarsi problematica già nell’ambito della disciplina di diritto comune, le criticità si acuiscono nel contesto dell’e- secuzione di un concordato preventivo, ove alla dimensione individuale si af- fianca una dimensione collettiva o meta-individuale, quella dell’interesse co- mune della massa dei creditori (cui – si ritiene – va parametrata la gravità del- l’inadempimento).
In secondo luogo, pur non essendo l’opinione pacifica né, forse, prevalen- te 11, si condivide la tesi secondo cui ciò che rileva ai fini della risoluzione è l’inadempimento della proposta concordataria (rectius: delle obbligazioni ivi assunte), non del piano, ossia delle azioni programmate ai fini della concreta attuazione della proposta e delle relative modalità esecutive; ed è con riguardo alla proposta e all’entità di soddisfazione o utilità economica promessa ed ac- cettata dai creditori che va valutata l’importanza dell’inadempimento 12. La
sull’importanza dell’inadempimento contrattuale elaborati con riferimento alla norma generale di cui all’articolo 1455 del cod. civ.».
10 Lo rileva bene G.B. NARDECCHIA, (nt. 8), 1336 s. Per un’applicazione concreta x. Xxxx. Xxxxxxx, 0 giugno 2012, (nt. 6), che evidenzia la necessità che il pregiudizio si rifletta sull’equilibrio e sul fondamento dell’impianto obbligatorio disegnato dall’accettazione e suc- cessiva omologazione del concordato.
11 Per una attenta ricostruzione del dibattito e delle diverse possibili tesi in merito al ruolo del piano e alle conseguenze della sua inattuazione v. F. XXXXXX, Inattuazione del piano e ina- dempimento della proposta nel concordato preventivo, in Riv. dir. comm., 2018, I, 145 ss.
12 Così G.B. NARDECCHIA, (nt. 8), 1333 s., e ID., La risoluzione del concordato preventivo, in Fallimento, 2012, 258 s. Cfr., altresì, X. XXXXXXX, I disorientamenti nella nomofilachia a proposito della fattibilità del concordato preventivo e della cessione dei beni (nota a Cass. civ., sez. I, 16 settembre 2011, n. 18987, Cass. civ., sez. I, 15 settembre 2011, n. 18864, Trib. Mila-
no, 28 ottobre 2011 e Trib. Catania, 14 aprile 2011), in Foro it., 2012, I, 170 ss.; X. XXXXXXXX, La risoluzione del concordato preventivo: violazione dei termini della proposta o anche del piano?, 1 settembre 2014, in xxXxxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXX, La risoluzione del concordato pre- ventivo fra passato, presente e ... futuro (commento a Trib. Roma, 14 marzo 2007), in Falli- mento, 2007, 1213; X. XXXXXX, “Adempimento” del concordato e programma societario, in Impresa e mercato. Studi dedicati a Xxxxx Xxxxxxxxx. Tomo III. Crisi dell’impresa. Scritti vari, a cura di X. XX XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2015, 1481 ss., in part. 1491 ss.; X. XXXXXXX, Art. 186, in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di X. XXXXX, X. XXX- XXXXX, X. XXXXXXX, III, Torino, Giappichelli, 2010, 2364. Sulla stessa scia sembra porsi X. XXXXXXXXX, La risoluzione e l’annullamento del concordato preventivo, in Fallimento, 2006, 1105, lì dove distingue gli obblighi caratterizzanti la proposta concordataria e individuati come condizioni essenziali, sui quali si è formato il consenso espresso dai creditori, dagli ulteriori obblighi che non assumono la stessa rilevanza. Ritiene che «l’art. 186 l. fall. prescriv[a] quale
violazione delle previsioni del piano assume rilievo, ai fini dell’invocabilità dell’art. 186 l. fall., nella misura in cui detta violazione impedisca il rispetto degli impegni assunti con la proposta e, quindi, l’integrale soddisfacimento dei creditori.
Questa conclusione non sembra poter essere revocata in dubbio, con ri- guardo al concordato con cessione dei beni, dalla diffusa affermazione che l’oggetto dell’obbligazione concordataria sarebbe “unicamente” l’impegno a mettere a disposizione dei creditori i beni liberi da vincoli ignoti che ne impe- discano la liquidazione o ne alterino sensibilmente il valore 13. Si ritiene, infat- ti, che la percentuale di pagamento, che non può oggi essere inferiore al 20 per cento dell’ammontare dei crediti chirografari (ex art. 160, ultimo comma, l. fall.), costituisca il necessario termine di raffronto per valutare l’importanza dell’inadempimento, concorrendo ad integrare il contenuto della proposta di concordato con cessione dei beni 14. La quale importanza non può, nel vigore della legge attuale, essere slegata da una valutazione certa, nel senso di basata su dati attendibili e verificati e non più espressa in termini di mera probabilità, del risultato perseguibile dalla liquidazione 15. In altre parole, le modifiche ap-
presupposto della risoluzione concordataria il grave inadempimento del concordato (da inten- dersi della proposta […])» anche F. SACCHI, (nt. 11), 177, sebbene la posizione dell’autore con riguardo al rilievo degli scostamenti dal piano presenti profili di originalità. In giurisprudenza cfr. Trib. Rovigo, 30 novembre 2016, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, secondo il quale il parametro per valutare l’inadempimento ai fini della risoluzione non può essere il piano, bensì la propo- sta; Trib. Ravenna, 8 novembre 2013, ivi; Trib. Ravenna, 7 giugno 2012, (nt. 6).
13 V., in particolare, Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Fallimento, 2013, 149 ss., con commento di X. XXXXXXX.
14 Trib. Ravenna, 27 luglio 2018, (nt. 6). X. xxxxxxx, xxxxxxxxxxxxxxxxx, X. XXXXX, (xx. 0),
000 x.
00 Xx vedano sul punto le riflessioni di X. XXXXX, Il concordato liquidatorio, in Fallimento, 2020, 1234, secondo il quale «l’obbligo di assicurare il pagamento del 20%, proiettato sulla capa- cità dei beni ceduti di consentire il raggiungimento del risultato prospettato, sta a significare che il debitore assicura che i beni messi a loro disposizione sono idonei, sulla base dei dati verificati anche dall’attestatore, e quindi sulla base di un giudizio prospettico estimativo, a soddisfarli nella misura promessa, che non può essere inferiore a quella indicata dalla legge»; nonché Trib. Milano, 5 luglio 2021, reperibile in xxx.xxxxxxxxx.xxxxxx.xx; Trib. Treviso, 29 luglio 2016, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, e Trib. Padova, 2 maggio 2016, reperibile in www.fallimenti xxxxxxxx.xx (da cui si cita), lì dove entrambi rilevano che, «pur non richiedendosi impegni irre- vocabili all’acquisto o altre forme di garanzia della vendita, appaiono imprescindibili rigorose e concrete valutazioni sulla plausibilità della realizzazione dei valori indicati, attraverso per esempio comparazioni con vendite similari». Su questa linea si pongono anche X. XXXXXXX, I nuovi vincoli alla proposta di concordato preventivo visti dal prisma di una “lettura difensi- va” (commento a Trib. Firenze, 8 gennaio 2016, e a Trib. Siracusa, 23 dicembre 2015), in Fal-
portate alla disciplina concordataria dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, 16 influen- zano il contenuto minimo della proposta di concordato; di talché eventuali scostamenti tra quanto «assicurato» in sede di proposta – mediante assunzione di un “impegno” – e quanto concretamente conseguito dalla liquidazione dei beni legittimano il creditore concorsuale ad agire per la risoluzione del con- cordato, se non di scarsa importanza 17.
In terzo luogo, il fatto che il legislatore abbia circoscritto l’iniziativa della risoluzione ai soli creditori, privandone, rispetto al passato, il commissario xxxxxxxxxx e il tribunale, ha reso, di fatto, del tutto residuali i casi di ricorso ex art. 186 l. fall. 18; soprattutto nell’ambito dei concordati con cessione dei be- ni 19, ove peraltro il significato da attribuire all’ultimo comma dell’art. 160 l.
limento, 2016, 582 s.; X. XXXXXXXXXXXX, (nt. 6), 335 s., testo e nt. 6, 377 s., nonostante un’accentuazione (sembra) del significato del verbo garantire; X. XXXXXXXX, La rilevanza del livello di soddisfazione dei creditori (le percentuali concordatarie), in La nuova mini-riforma della legge fallimentare, a cura di X. XXXXXXXX, X. X’XXXXXXX, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2016, 105 s.
16 Come convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132.
17 Di diverso avviso P.F. CENSONI, Il concordato preventivo, in X. XXXXX, X. XXXXXXX, Trat- tato delle procedure concorsuali. IV. Concordato preventivo, liquidazione coatta amministra- tiva, tutela dei diritti, profili penali, Milano, Xxxxxxx, 2016, 361, nt. 65.
18 Come dimostrano i risultati di un’analisi empirica – X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXX, P. RIVA,
X. XXXXXX, Strumenti negoziali per la soluzione delle crisi d’impresa: il concordato preventi- vo, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), marzo 2018, n. 430 –, ove (a 24 s.) si precisa che l’opzione di richiedere la risoluzione è esercitata, in media, solo nel 17% dei ca- si; percentuale che si eleva al 30% nei concordati con continuità diretta. L’analisi condotta si basa su un dataset originale costituito da circa 3.350 procedure di concordato preventivo am- messe (quelle, cioè, in cui il piano è stato presentato e il tribunale ha giudicato ammissibile la domanda) nel periodo 2009-2015, pari a circa il 35% di quelle complessivamente ammesse negli stessi anni. Nel lavoro, in specie, si legge: «Il mancato rispetto dei termini per l’esecu- zione, in particolare nei concordati liquidatori, è in genere legato alle difficoltà incontrate nella vendita degli attivi. In tale contesto, i creditori spesso preferiscono attendere comunque il rea- lizzo piuttosto che chiedere la risoluzione del concordato e quindi il fallimento. […] Nel caso di continuità diretta il recupero per i creditori deriva dalla capacità dell’impresa risanata di produrre reddito. La mancata esecuzione del piano entro i termini può indicare l’insuccesso del tentativo di risanamento: in tale circostanza i creditori hanno incentivi a chiedere la risoluzione».
19 V., per un caso concreto, Trib. Roma, 10 ottobre 2017, in Dir. fall., 2018, 1238 ss., con nota di X. XXXXXX, seppur relativo ad un concordato il cui ricorso era stato depositato nel 2012 e omologato nel 2013, quindi precedente all’aggiunta dell’ultimo comma dell’art. 160 l. fall. e della previsione di cui all’art. 161, secondo comma, lett. e), l. fall. Anche con riguardo al con- cordato con cessione dei beni, comunque, non è dubitabile che lo stesso possa essere risolto ex art. 186 l. fall. (almeno) ove emerga che è venuto meno alla funzione che gli è propria, ossia la funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa: x. Xxxx. xxx., xxx. X, 00 luglio 2019, n.
fall. in punto di vincolatività della percentuale di pagamento è ancora contro- verso, sia in dottrina che in giurisprudenza.
Infine, come in ogni altra ipotesi di esercizio in giudizio di un’azione, deve ricorrere la condizione dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) in capo al creditore istante per la risoluzione. Detto interesse, a ben vedere, difette- rebbe qualora la situazione fosse tale, in concreto, da far escludere secondo una valutazione prognostica che il successivo fallimento possa offrire una migliore e/o più celere soddisfazione del creditore stesso (si pensi al pro- lungato disinteresse del mercato per i beni da liquidare) 20.
I rilievi sopra svolti in merito all’“effettività” del rimedio di cui all’art. 186
l. fall. non risolvono, evidentemente, il problema generale di cui si discute nel presente scritto, ma consentono, almeno, di ridimensionarne gli effetti pratici per il debitore incolpevole.
3. Il dibattito sulla rinegoziazione del concordato omologato: gli argo- menti a favore.
Di fronte all’emergenza epidemiologica e all’adozione delle note misure di contenimento è stato da taluno affermato, facendo ricorso a strumenti norma- tivi già a disposizione dell’operatore giuridico, che al debitore fosse consentito modificare il piano dopo l’omologazione, attesa la presenza di una causa estranea consistente nella forza maggiore 21. L’affermazione è però discutibile
20652, (nt. 6), anch’essa, peraltro, relativa ad un concordato omologato nel 2010, ove si affer- ma altresì che «la percentuale di soddisfacimento eventualmente indicata non è affatto vinco- lante, come detto, ma funge da punto di riferimento utile ad apprezzare l’importanza dell’ina- dempimento»; App. Venezia, 28 settembre 2020, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; nonché, distinguendo tra concordati cui si applica la disciplina ante 2015 e concordati cui si applica la di- sciplina successiva, la condivisibile analisi di Trib. Ravenna, 27 luglio 2018, (nt. 6).
20 X. Xxxx. Xxxxxxx, 00 dicembre 2017, in Fallimento, 2018, 742 s., con commento di X. XXXXX, X. XXXXXXX.
21 Ci si riferisce, in particolare, a X. XXXXXXXX, Gli effetti del coronavirus sulla continuità aziendale dopo l’omologazione del concordato preventivo, 13 aprile 2020, reperibile in www. xxxxxx.xx. La possibilità di fare ricorso alla condizione assolutoria della forza maggiore, al fine di ottenere la modifica del piano di concordato, è affermata anche nella Relazione tematica del- la Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del Massimario e del Ruolo, n. 56, 8 luglio 2020 (red. X. Xxxxxx), 17 ss. (per un’anticipazione di dette riflessioni cfr. X. XXXXXX, L’impatto della pandemia sui concordati preventivi omologati in continuità diretta: l’indagine, le soluzioni, in AA.VV., Dalla crisi all’emergenza: strumenti e proposte anti-Covid al servizio della continuità d’impresa, Centro Studi Diritto della Crisi e dell’Insolvenza, 2020, 174 ss.).
perché apre la porta, nelle procedure concorsuali e in particolare in quelle concordatarie, a una causa esimente, la cui individuazione può rivelarsi pro- blematica nel caso concreto 22, in assenza di precisi indici normativi a supporto della possibilità di fare generale ricorso, in materia, alle disposizioni sulle ob- bligazioni e sul contratto in generale (artt. 1256 e 1467 c.c.). Si è inoltre af- fermato che «dovrebbe essere escluso in ogni caso il fallimento dell’impren- ditore incolpevole, poiché la nuova situazione è dovuta a forza maggiore da Coronavirus», con il rischio però di dare la stura a una inopportuna (anche per ragioni di certezza e stabilità dei traffici giuridici) soggettivizzazione della va- lutazione di insolvenza 23.
22 Per una definizione di forza maggiore, ancora assente nel nostro ordinamento (diversamen- te da altri: cfr. art. 1218 Code civil francese), si v. la Convenzione di Vienna sui contratti di ven- dita internazionale (United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods), 11 aprile 1980, il cui art. 79, primo comma, prevede: «A party is not liable for a failure to perform any of his obligations if he proves that the failure was due to an impediment beyond his control and that he could not reasonably be expected to have taken the impediment into ac- count at the time of the conclusion of the contract or to have avoided or overcome it, or its conse- quences»; UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts 2016, il cui art. 7.1.7, rubricato «Force majeure», stabilisce: «Non-performance by a party is excused if that party proves that the non-performance was due to an impediment beyond its control and that it could not reasonably be expected to have taken the impediment into account at the time of the conclu- sion of the contract or to have avoided or overcome it or its consequences»; Principles of Euro- pean Contract Law elaborati dalla Commission on European Contract Law, dove all’art. 8:108, rubricato «Excuse Due to an Impediment», è così previsto: «A party’s non-performance is ex- cused if it proves that it is due to an impediment beyond its control and that it could not reasona- xxx have been expected to take the impediment into account at the time of the conclusion of the contract, or to have avoided or overcome the impediment or its consequences». In giurispruden- za, nelle pronunce della Corte di Cassazione, si legge che, «sotto il profilo naturalistico, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo dif- forme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, co- me una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate»: Cass. civ., sez. VI, 8 febbraio 2018, n. 3049, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx. V., altresì, a mero titolo esemplificativo, Cass. civ., sez. un., 23 aprile 2020, n. 8094, ivi, la quale ribadisce che i requisiti della forza maggiore sono da individuare nell’imprevedibilità ed inevitabilità dell’evento, tale da sovrastare la volontà dell’acquirente.
23 Le parole virgolettate sono di X. XXXXXXXX, (nt. 21), 4, e il tema è ripreso, più compiuta- mente, dall’autore in ID., La forza maggiore nel giudizio sull’insolvenza, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 2 aprile 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx. In senso conforme a quanto osservato nel testo v. invece X. XXXXXXX, (nt. 4), 593; X. XXXXXXXXX, La “falsa partenza” del codice del- la crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 21 aprile 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, 18 ss.
Non sembra utile neppure il richiamo, da parte del medesimo autore e agli stessi fini, all’art. 185, sesto comma, l. fall., da un lato, e all’art. 186-bis, set- xxxx xxxxx, l. fall., dall’altro.
Il citato comma dell’art. 185 l. fall., così come i precedenti commi quarto e quinto, il cui ambito di applicazione è stato oggetto di ampio dibattito in dot- trina, nascono con finalità affatto diverse, ossia con lo scopo di superare situa- zioni di stallo nella fase esecutiva del concordato dovute all’inerzia del debito- re; inerzia giustificata dal fatto che il debitore è chiamato a dare esecuzione a una proposta concorrente. Pur ammettendo, come in effetti fa la dottrina pre- valente, che le disposizioni di cui all’art. 185, commi quarto, quinto e sesto, l. fall., si applichino anche alle proposte e ai piani presentati dallo stesso debito- re, la fattispecie è circoscritta agli atti che si rende necessario porre in essere “autoritativamente”, per il tramite del commissario giudiziale o dell’ammini- stratore giudiziario-liquidatore, perché il debitore o i suoi organi non provve- dono o non provvedono tempestivamente. L’estensione analogica di dette di- sposizioni all’ipotesi in esame – perché di questo si tratterebbe nel caso di specie – è ingiustificata.
Quanto all’art. 186-bis, ultimo comma, l. fall., relativo all’ipotesi in cui, nel- l’ambito di un concordato con continuità aziendale, l’esercizio dell’attività d’impresa cessi o risulti manifestamente dannoso per i creditori, riesce difficile invocarne l’applicazione post-omologazione. Il testo normativo, infatti, il quale dispone la revoca dell’ammissione al concordato, salva la facoltà per il debitore di modificare la proposta, si riferisce alla fase precedente al decreto di omologa- zione e a tale fase resta circoscritto il suo ambito applicativo 24.
Un altro argomento addotto in favore della possibilità di modifica è il det- tato dell’art. 13, comma 4-ter, l. n. 3/2012, in materia di sovraindebitamento, a norma del quale «quando l’esecuzione dell’accordo o del piano del consuma- tore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest’ultimo, con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, può modificare la proposta» 25.
24 In favore dell’opinione prevalente per cui l’omologazione del concordato impedisce la possibilità di revoca dell’ammissione, configurabile solo nell’intervallo temporale compreso tra l’apertura della procedura e la sua omologazione, v., da ultimo, Cass. civ., sez. VI, 14 set- tembre 2020, n. 19005, reperibile in xxx.xxxxxx.xx.
25 Sul coordinamento tra detta disposizione e l’art. 14-bis, secondo comma, l. n. 3/2012 v., da ultimo, Trib. Napoli, 3 aprile 2020 e 17 aprile 2020, in Dir. fall., 2020, 1137 ss., con nota di
X. XXXXXX, per i quali «deve […] ritenersi che il rapporto tra art. 13 comma IV ter ed art. 14 bis comma II lett. b) va inteso nel senso che prevale la volontà del debitore di chiedere la modifica della proposta del piano rispetto a quella dei creditori di ottenere la cessazione degli effetti del-
In siffatta ipotesi il legislatore prevede expressis verbis l’applicabilità degli articoli precedenti al citato art. 13, relativi in particolare al procedimento, al raggiungimento e all’omologazione dell’accordo, nonché al procedimento di omologazione del piano del consumatore. Trarre da questa disposizione (pe- raltro sensibilmente rivista nel nuovo c.c.i.i. 26) un principio generale xxxxxxxx- bile di applicazione in materia di procedure concorsuali, o affermarne l’ap- plicazione analogica, è tutt’altro che scontato. In particolare, è assai dubbio che la mancata previsione legislativa della possibilità di modificazione della proposta e del piano concordatari, in sede di esecuzione, possa ritenersi una lacuna dell’ordinamento suscettibile di essere colmata con disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe ai sensi dell’art. 12 delle preleggi, piuttosto che una precisa scelta del legislatore, alla luce della peculiare natura del concordato. Tanto che, in effetti, il legislatore appresta uno specifico rime- dio al suo inadempimento, sia esso imputabile o meno: la risoluzione.
In termini più generali, l’argomento di maggior rilievo tra quelli addotti contro la rinegoziabilità, de iure condito, del concordato preventivo resta in- dubbiamente la circostanza che in esso, accanto ad elementi di natura negozia- le, che potrebbero giustificare l’applicazione delle norme in materia di impos- sibilità sopravvenuta della prestazione o di sopravvenuta onerosità, c’è sempre l’intervento del tribunale; il quale è chiamato ad esprimersi dapprima sull’am- missibilità della proposta (artt. 162-163 l. fall.), successivamente sulla sua omologazione (art. 180 l. fall.) 27. Poiché il vaglio del giudice è elemento es- senziale nell’ambito della procedura concordataria, la cui disciplina persegue (anche) interessi pubblici e compositi, è difficilmente giustificabile l’idea che,
la omologazione del piano del consumatore». Sottolinea l’applicazione macchinosa dell’art. 13, comma 4-ter, l. n. 3/2012, pur ritenendola disposizione opportuna, X. XXXXXXXXXX, Le pro- spettive di aggiornamento di piani e proposte per i soggetti sovraindebitati alla prova dell’emergenza sanitaria ed economica, 1 luglio 2020, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx.
26 Cfr., ad esempio, artt. 81, xxxxxx xxxxx, e 82, secondo comma, c.c.i.i., in materia di concordato minore, che, a seguito della modifica ad opera del d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 (c.d. decreto correttivo del c.c.i.i.), sono ora così formulati: «Quando il piano non è stato inte- gralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del pia- no ed un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine […] il giudice revoca l’omologazione» (art. 81); «Il giudice provvede allo stesso modo [i.e. revoca l’omologazione] in caso di mancata esecuzione integrale del piano […] o qualora il piano sia divenuto inattuabile e non sia possibile modificarlo» (art. 82). Parla di approccio “minimalista” del legislatore della riforma – in quanto la possibilità di modificare il piano ri- sulta in modo indiretto dalla disciplina della revoca – X. XXXXXXXXXX, Le modifiche del piano e della proposta nelle procedure di crisi, in X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, (nt. 4), 69 ss.
27 V., in questo senso, X. XXXXXXX, (nt. 4), 593.
in sede di esecuzione degli obblighi derivanti dal concordato, possa prescin- dersi dagli elementi processuali, applicando tout court le categorie negoziali. La comprensibile volontà di tutelare il debitore incolpevole, infatti, deve tro- vare un ragionevole bilanciamento con l’esigenza di non frustrare le pretese di creditori, altrettanto incolpevoli e meritevoli di tutela, che hanno già (almeno la maggior parte di loro) subito una falcidia significativa del proprio credito; creditori che sono spesso, a loro volta, imprenditori.
Peraltro, anche a voler valorizzare l’origine e l’accentuazione rispetto al passato degli elementi negoziali del concordato, non possono trascurarsi le difficoltà che ancora accompagnano il tentativo di ricavare dal sistema l’esi- stenza di un obbligo di rinegoziazione in capo alle parti del rapporto contrat- tuale di durata divenuto squilibrato per la sopravvenienza di circostanze straordinarie e imprevedibili. Pur riscontrandosi un orientamento che, sebbene non nuovo 28, ha raccolto un favore via via crescente nell’attuale contesto di emergenza pandemica 29, per il quale l’esistenza di un obbligo siffatto si rica- verebbe dai principi e delle clausole generali dell’ordinamento (artt. 1175, 1375, 1366, 1374 c.c. e art. 2 Cost.), e nonostante le aperture in tal senso della
28 Doveroso il richiamo a X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, Jovene, 1996, e, successivamente, ID., Rischio contrattuale e rapporti di du- rata nel nuovo diritto dei contratti: dalla presupposizione all’obbligo di rinegoziare, in Riv. dir. civ., 2002, I, 63 ss.; ID., Le sopravvenienze, in Trattato del contratto. X. Xxxxxx – 2, a cura di X. XXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2006, 689 ss.; v. altresì X. XXXXX, Revisione e rinegoziazione del contratto, in Dig. disc. priv., sez. civ., agg. ******, Torino, Utet Giuridica, 2011, 804 ss.; ID., Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano, Xxxxxxx, 1992, in part. 363 ss.; X. XXXXX, Il contratto2, in Trattato di diritto privato, a cura di X. XXXXXX, X. XXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2011, 972 s.
29 Tra gli altri, ASSONIME, Guida pratica per le imprese alla legislazione di emergenza Co- vid-19, 3 agosto 2020, 25 s.; X. XXXXXXXXXX, Covid-19 e (alcune) risposte immunitarie del di- ritto privato, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 4/2020; A.M. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, Coronavirus, emergenza sanitaria e diritto dei contratti: spunti per un dibattito, 25 marzo 2020, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXXXXXXX, Sopravvenienze e contratto dopo il Covid-19: problemi di contenuto e di metodo, in Contr. impr., 2020, 1681 ss.; X. XXXXXXXX, Dall’emergenza sa- nitaria all’emergenza economica: l’eccessiva onerosità sopravvenuta tra buona fede e obbligo di rinegoziazione, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, 2020, n. 12 bis, 314 ss.; X. XXXXXX, Sopravvenienze perturbative e rinegoziazione dei contratti d’impresa, in Diritto della Crisi, 4 giugno 2021, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXXXXX, Per un diritto dei contratti più solidale in epoca di “coronavirus”, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 3/2020; X. XXXXXXXXXX, Co- ViD-19 e disfunzioni sopravvenute dei contratti. Brevi riflessioni su una crisi di sistema, in Nuova giur. civ. comm., supplemento 3/2020, 87 ss., in part. 90 ss.; X. XXXXX, X. XXXXXX, Con- tratto e Covid-19. Dall’emergenza sanitaria all’emergenza economica, in Giustizia Insieme, 2020; nonché, ampiamente, la Relazione tematica n. 56, (nt. 21), 20 ss.
giurisprudenza 30, questa conclusione non è da tutti condivisa 31. Tanto che, in primo luogo, si è da più fronti caldeggiato l’intervento del legislatore o a livel- lo di disciplina generale dei contratti o a livello dei singoli tipi o sottotipi con- trattuali 32 e una proposta concreta in materia di sopravvenienze e rinegozia- zione è già contenuta nel ddl Senato n. 1151/2019, presentato il 19 marzo 2019 33; in secondo luogo, il legislatore, nello specifico contesto della nuova
30 V., a titolo esemplificativo, Trib. Lecce, 24 giugno 2021, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, e Trib. Roma, 27 agosto 2020, in Corr. giur., 2021, 805 ss., con commento di C. MAGLI, relativi all’attuale situazione pandemica (ma v., in senso difforme, Trib. Biella, 17 marzo 2021, Trib. Roma, 15 gennaio 2021, in DeJure, e Trib. Roma, 29 maggio 2020, in Corr. giur., 2020, 1092 ss., con commento di X. XXXXXXXX); Trib. Bari, 31 luglio 2012, in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, 117 ss., con nota di F.P. PATTI; Trib. Bari, 14 giugno 2011, in Contratti, 2012, 571 ss., con commento di F.P. PATTI.
31 V., in luogo di altri e in misura e per motivi diversi, X. XXXXXXX, Contratto e Covid-19: possibili scenari, in Banca borsa tit. cred., 2020, I, 207 ss.; A. CINQUE, Sopravvenienze con- trattuali e rinegoziazione del contratto, in Contr. impr., 2020, 1691 ss., in part. 1707 ss.; X. XX XXXXXXX, Pandemia, imprese e contratti di durata, in questa Rivista, 2020, 701 s.; E. GA- BRIELLI, Xxxxxxxx e rimedi nella sopravvenienza contrattuale, in Jus civ., 2013, 21 ss.; F. XXX- XXXX, Il rinegoziare delle parti e i poteri del giudice, ivi, 2019, 400 ss., ove riferimenti a prece- denti opere dell’autore; X. XXXXXXX, La replica della stipula: riproduzione, rinnovazione, rine- goziazione del contratto, in Contr. impr., 2003, 708 ss.; X. XXXXXXXXX, La rinegoziazione, ivi, 2002, 796 ss.; X. XXXXXXX, Sopravvenienze e rimedi nei contratti di durata, Milano, Xxxxxxx Kluwer-Cedam, 2018, in part. 56 ss.; M.L. XXXXXX, Xxxxxxxx di forza maggiore, di «hardship» e di «assenza di effetti sfavorevoli»: riflessioni ai tempi della “grande epidemia”, in Riv. dir. banc., 2020, 700 ss.; X. XXXXXXXXX, La buona fede integrativa e l’obbligo di rinegoziazione: una rimeditazione al tempo del covid-19, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, n. 12/2020. In termini più ge- nerali cfr. X. XXXXXXXXX, Un nuovo super-potere giudiziario: la buona fede adeguatrice e de- molitoria (nota a Xxxxx Xxxx., 0 aprile 2014, n. 77), in Foro it., 2014, I, 2039 ss.
32 Cfr., in particolare, le riflessioni dell’Associazione Civilisti Italiani (ID., Una riflessione ed una proposta per la migliore tutela dei soggetti pregiudicati dagli effetti della pandemia, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, par. 4); nonché X. XXXXXXXXXXXX, Il governo delle so- pravvenienze contrattuali e la pandemia COVID-19, in Corr. giur., 2020, 585 ss.; P. SIRENA, L’impossibilità ed eccessiva onerosità della prestazione debitoria a causa dell’epidemia di CoViD-19, in Nuova giur. civ. comm., supplemento 3/2020, 79.
33 «Delega al Governo per la revisione del codice civile», art. 1, primo comma, lett. i). Per un’analisi dell’iniziativa legislativa si rimanda, in luogo di altri, a X. XXXXXXX, Dalla risolu- zione all’adeguamento del contratto. Appunti sul progetto di riforma del codice civile in tema di sopravvenienze, in Foro it., 2020, V, 102 ss. Per un confronto con esperienze e ordinamenti a noi vicini è invece utile il richiamo all’art. 1195 del Code civil francese, così come modifica- to dall’Ordonnance n° 2016-131 du 10 février 2016, che contempla e regola l’imprévision; all’art. 6.2.3 degli UNIDROIT Principles 2016, (nt. 22), rubricato «Effects of hardship», che così prevede: «(1) In case of hardship the disadvantaged party is entitled to request renegotia- tions. The request shall be made without undue delay and shall indicate the grounds on which
composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, ha dettato pre- cise e limitate (quanto a finalità e ambito applicativo) disposizioni sulla rine- goziazione dei contratti (v. art. 10 d.l. n. 118/2021, su cui supra, nt. 4).
Infine, e ad abundantiam, la previsione di temporanea improcedibilità dei ricorsi ex art. 186 l. fall. per i concordati con continuità aziendale inadempiuti, anch’essa inserita nel d.l. n. 118/2021 per tenere conto della difficoltà degli imprenditori di mantenere gli impegni assunti a causa della crisi pandemica, sembra confermare che è tutt’altro che agevole risolvere il problema delle so- pravvenienze in ambito concorsuale attingendo dalla disciplina generale delle obbligazioni e del contratto.
Sulla questione della buona fede oggettiva e del suo possibile ruolo in sede di esecuzione degli obblighi concordatari, a fronte di circostanze o avveni- menti straordinari e imprevedibili emergenti in questa fase, si tornerà comun- que nel sesto paragrafo.
4. (Segue) Gli “spazi di manovra” consentiti dall’attuale disciplina del concordato preventivo.
Quanto sin qui evidenziato non impedisce comunque di cercare, nell’attuale disciplina legislativa – recte: nel modo in cui la stessa è interpreta- ta e applicata –, qualche elemento in grado di aprire una breccia in favore del- la possibilità, per il debitore in concordato, di rinegoziare le condizioni origi- nariamente proposte e accettate dai creditori.
Prima di procedere con l’analisi, è doveroso segnalare che la legge di conver- sione del d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (l. 21 maggio 2021, n. 69) ha modificato l’art. 182-bis l. fall. introducendo una disposizione analoga a quella dell’art. 58, se- condo comma, c.c.i.i., così anticipandone, sostanzialmente, l’entrata in vigore (v. art. 37-ter d.l. n. 41/2021). Trattandosi di intervento molto recente – occorso quando il presente scritto era già stato ultimato e poi integrato dalle modifiche apportate alla legge fallimentare dal d.l. n. 118/2021 – e rispetto al quale sono perfettamente replicabili le considerazioni svolte in merito al più noto e com- mentato art. 58 c.c.i.i., si rinvia a queste ultime quanto alla possibilità di trarre dalla norma dettata in materia di accordi di ristrutturazione un argomento in fa-
it is based. […] (3) Upon failure to reach agreement within a reasonable time either party may resort to the court»; e all’art. 6:111, rubricato «Change of Circumstances», dei Principles of European Contract Law, (nt. 22).
vore della rinegoziazione o modificazione del concordato preventivo (v. infra, par. 6).
Ciò premesso, il primo profilo da esaminare è se, ad una procedura conclu- sasi con l’emissione del decreto di omologazione, possa susseguirne un’altra volta a regolare la medesima situazione di crisi o di insolvenza 34.
Una recente e interessante pronuncia del Tribunale patavino ha ritenuto le- gittima la stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall. nella fase di esecuzione di un concordato preventivo, ritenendola ipotesi non diversa dalla conclusione di specifici accordi con i singoli creditori (con tutti o con parte degli stessi). Nel caso di specie, la rinegoziazione era stata dettata dalla volontà della società debitrice di superare la sopravvenuta impos- sibilità di dare esecuzione agli obblighi derivanti da un concordato in continui- tà pura per la mancata concretizzazione delle previsioni di realizzo dell’attivo originariamente formulate nella proposta e nel piano 35. L’operazione di ri- strutturazione manteneva ferme le percentuali concordatarie, anticipandone le tempistiche di pagamento, e contemplava una modificazione sostanziale del piano.
Il ragionamento tribunalizio, che evidenzia come l’alternativa che si pone in concreto per i creditori consista nell’accettare una modifica al piano, ade- rendo così alla proposta/accordo di ristrutturazione secondo le nuove condi- zioni, ovvero nel non aderirvi, con conseguente diritto a ottenere quanto og- getto dell’originaria proposta concordataria e nei tempi ivi previsti, è condivi- sibile 36. Ai nostri fini, tuttavia, la questione da risolvere si presenta più com- plessa, poiché è necessario accertare se sia predicabile una “consecuzione” 37
34 Per un’ipotesi simile, seppur a termini invertiti rispetto ai casi qui considerati, x. Xxxx. civ., sez. I, 10 aprile 2019, n. 10106, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, che si è pronunciata in favore dell’ammissibilità di una domanda di concordato preventivo presentata dopo l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, in assenza di comportamenti abusivi del debitore.
35 Trib. Padova, 17 gennaio 2020, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx. V. anche, per analoghe riflessioni, M.A. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, La fase esecutiva del concordato preven- tivo in continuità: la posizione del debitore concordatario e i poteri degli organi della proce- dura, in Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e 2016, opera diretta da X. XXXXXXXXX, Bologna, Zanichelli, 2017, 608.
36 L’unica perplessità riguarda la circostanza che i creditori non aderenti all’accordo po- trebbero subire l’ulteriore moratoria consentita dall’art. 182-bis, primo comma, lett. a), l. fall., con conseguente possibile allungamento dei tempi di adempimento. Sul punto si rimanda alle più generali considerazioni che si svolgeranno infra, parr. 5 e 6.
37 Richiamando le parole della Suprema Corte in una pronuncia relativamente recente, la consecuzione «è un fenomeno generalissimo consistente nel collegamento fra procedure con- corsuali di qualsiasi tipo volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell’impresa»,
di procedure dello stesso tipo (in particolare, concordatarie). L’interrogativo, giova precisarlo, ha riguardo ai soli casi fisiologici, ossia ai casi in cui non sia riscontrabile alcun abuso dello strumento concordatario da parte del debitore. Una cosa, infatti, è trovarsi al cospetto di una situazione nella quale, a causa del mutamento delle condizioni originarie, per cause non imputabili al debito- re, non è più possibile adempiere gli obblighi assunti; altra cosa è la strumen- tale reiterazione di proposte concordatarie che integri gli estremi dell’abuso del diritto (sub specie di abuso del processo), in quanto mossa da una chiara finalità dilatoria della soddisfazione dei creditori e della dichiarazione di fal- limento 38. La questione, pertanto, va affrontata senza cadere nell’equivoco di considerare ogni caso in cui ad un concordato preventivo ne segue un altro un’ipotesi di abuso del diritto.
È stato da taluno affermato che l’omologazione di un concordato preclude
che trova nell’art. 69-bis l. fall. una sua particolare disciplina nel caso in cui detto fenomeno si atteggi a consecuzione fra una o più procedure minori e un fallimento finale (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, punto 6.5).
38 V., sull’abuso dello strumento concordatario, ex multis, Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2021, n. 13222, in Banca Dati Il Fallimentarista; Cass. civ., sez. VI, 31 marzo 2021, n. 8982, reperibile in xxx.xxxxxx.xx; Cass. civ., sez. I, 7 dicembre 2020, n. 27936, in Fallimento, 2021, 954 s., con commento di U. De Crescienzo, ove si legge che «l’abuso del diritto (sub specie, qui, di abuso del processo) è figura generale del nostro sistema, che viene a configurarsi come limite immanente all’agire dei privati e all’esercizio delle facoltà loro commesse»; Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2020, n. 7117, reperibile in xxx.xxxxxx.xx; Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2019,
n. 15724, in Banca Dati Il Fallimentarista; Cass. civ., sez. I, 18 marzo 2019, n. 7577, Cass. civ., sez. I, 26 novembre 2018, n. 30539, Cass. civ., sez. I, 7 marzo 2017, n. 5677, Cass. civ., sez. VI, 11 ottobre 2018, n. 25210, tutte reperibili in xxx.xxxxxx.xx; Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2016, n. 6277, in Dir. fall., 2016, 882 ss., con nota di X. XXXXX (anche in Giur. it., 2016, 1917 ss., con nota di X. XXXXXXX); Cass. civ., sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935, pubblicata, tra l’altro, in Fallimento, 2015, 900 ss., con commenti di F. DE SANTIS e I. XXXXX; in Dir. fall., 2016, 187 ss., con nota di D. XXXXXXX; in Giur. comm., 2017, II, 21 ss., con nota di A.F. DI XXXXXXXX; v. altresì Xxxx. xxx., sez. I, 10 ottobre 2019, n. 25479, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, ove si legge che la società debitrice aveva la possibilità «di presentare una nuova proposta concordataria di soluzione della crisi e dell’insolvenza per evitare la con- clusione fallimentare, ponendosi come unico limite a tale agire l’eventuale esercizio distorto ed abusivo della detta facoltà da parte del debitore, come tale indirizzato non già alla previsione di una ordinata e condivisa soluzione negoziale dell’insolvenza (attraverso la presentazione di una nuova e seria proposta concordataria, volta ad intercettare il consenso del ceto creditorio), quanto piuttosto solo a procrastinare nel tempo la dichiarazione di fallimento» (punto 4.1.3). In dottrina, sul tema dell’abuso del concordato preventivo, cfr. X. XXXXXX, L’abuso del diritto nel concordato preventivo, in Giust. civ., 2015, 789 ss., e, alla luce delle nuove previsioni del c.c.i.i., X. XXXXXXXXX, Concordato preventivo “meramente dilatorio” e nuovo “Codice della crisi e dell’insolvenza”: verso il tramonto dell’abuso di diritto (o del processo)?, in Dir. fall., 2019, 333 ss.
che si possano devolvere ad una nuova procedura dello stesso tipo gli impegni a suo tempo assunti e non adempiuti, in quanto l’unica soluzione prevista dall’or- dinamento per risolvere la patologia irreversibile della crisi d’impresa è la riso- luzione del concordato e la conseguente dichiarazione di fallimento, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero, ricorrendone i presupposti 39.
In realtà, venuta meno l’automaticità tra risoluzione del concordato e di- chiarazione di fallimento, la presentazione di una nuova proposta, diretta a re- golare la medesima situazione di crisi o insolvenza del debitore, dopo che il primo concordato sia stato risolto e i suoi effetti esdebitatori siano caducati, non sembra incompatibile con l’attuale disciplina normativa 40. Lo scenario è senz’altro diverso da quello che si determina nell’ipotesi – ritenuta ammissibi- le – di un concordato omologato nella cui fase esecutiva si innesti un accordo di ristrutturazione dei debiti 41, poiché ivi ciascuno dei creditori partecipanti all’accordo accetta espressamente le nuove condizioni di adempimento e i creditori rimasti estranei non subiscono ulteriori falcidie, conservando il con- cordato omologato i suoi effetti obbligatori 42. Tuttavia, se l’iniziativa non si
39 X. XXXXXXXXXX, Il concordato di un ... concordato “non s’ha da fare”, 28 aprile 2020, in xxXxxxxxxxxxxxxxx.xx, che commenta adesivamente una decisione del Tribunale di Bologna, a quanto consta inedita.
40 Conf., in relazione ad una nuova proposta che preveda un allungamento dei tempi di ese- cuzione del concordato, X. XXXXXXXXX, (nt. 6), 99 s., e ID., Contenuti e fattibilità del piano di concordato preventivo alla luce della riforma del 2012, 21 agosto 2012, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, 5.
41 Come ben ricorda X. XXXXXXXXXX, Sindacato del tribunale sui tempi di esecuzione del concordato preventivo (commento a Trib. Palermo, 31 ottobre 2014), in Fallimento, 2015, 828,
«il consenso alla proposta del debitore interviene attraverso il meccanismo del voto nell’ambito di una platea di soggetti che non hanno scelto volontariamente di assoggettare i loro diritti di credito al volere della maggioranza il cui potere incontra dunque dei limiti legali, posti a tutela della minoranza non assenziente, il rispetto dei quali è condizione di ammissibili- tà del concordato».
42 X. Xxxx. Xxxxxx, 00 gennaio 2020, (nt. 35), ove si legge che «l’alternativa che si pone in concreto per i creditori concordatari risiede nell’accettare una modifica al piano (e quindi ade- rire alla proposta di ristrutturazione secondo le nuove condizioni) ovvero nel non aderire all’accordo di ristrutturazione, con conseguente diritto a conseguire nei tempi e nella misura di quanto oggetto della proposta concordataria omologata». Più problematico il raffronto tra ac- cordi di ristrutturazione e concordato preventivo se ci si sposta sul versante degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (ex accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari) di cui all’art. 182-septies l. fall. Si potrebbe valorizzare la prescrizione secondo cui il tribunale procede all’omologazione dell’accordo ex art. 182-septies l. fall. solo previo accertamento, in- ter alia, che i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo «possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili». Tuttavia, la possibilità di utilizzare lo stru-
concreta in un abuso dello strumento concordatario e, anzi, si giustifica alla luce del perseguimento, nelle mutate circostanze economiche e di mercato, del principio del miglior soddisfacimento dei creditori, dovrebbe ritenersi ammis- sibile 43.
Resta, ad avviso di chi scrive, il limite della necessaria risoluzione giudi- ziale del primo concordato, con conseguente venir meno della sua efficacia vincolante ultra partes ex art. 184 l. fall. 44.
Non sembra, al riguardo, di poter trarre una diversa conclusione dall’orien- tamento giurisprudenziale che ammette il fallimento omisso medio 45. In primo
mento di cui all’art. 182-septies l. fall. per rinegoziare un concordato preventivo omologato sembra contrastare con la necessità, allo stato, che i creditori concordatari non subiscano una modificazione delle condizioni della proposta a suo tempo approvata senza il proprio consenso. Analoghe perplessità sono espresse da M.A. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, (nt. 35), 608 s., che concludono in senso negativo; ma v. le diverse considerazioni di X. XXXXXXXXXX, (nt. 3), 6 ss. La stessa questione potrebbe oggi porsi anche per l’amministrazione finanziaria e gli enti ge- stori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, alla luce del nuovo periodo inserito nel- l’art. 182-bis, quarto comma, l. fall. in sede di conversione del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125; seb- bene l’omologo intervento nel corpo dell’art. 180, quarto comma, l. fall., frutto della comune esigenza di favorire soluzioni concordate neutralizzando resistenze talvolta ingiustificate, con- senta di superare più agevolmente un’obiezione di questo tipo.
43 Cfr. anche I. KUTUFÀ, Emergenza e crisi d’impresa: profili problematici e snodi inter- pretativi, in RDS, 2021, 403 ss., la quale tuttavia propone una diversa ricostruzione rispetto a quella suggerita nel testo, richiamando il rimedio civilistico della liberazione dagli obblighi originariamente contratti per la sopravvenuta impossibilità di eseguire la prestazione.
44 Sulla medesima linea, si ritiene, si pone l’orientamento (giurisprudenziale e dottrinale) in favore dell’impossibilità di rinunciare al(la domanda di) concordato dopo la sua omologazione: v., per tutti, Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2019, n. 25479, (nt. 38), dove la Corte precisa che l’o- mologazione del concordato è il momento «che consacra il consenso sulla proposta concorda- taria già manifestato dal ceto creditorio in sede di approvazione e che avvia il concordato alla sua necessaria e successiva fase esecutiva» (punto 4.1.7); Cass. civ., sez. I, 28 aprile 2015, n. 8575, in Fallimento, 2016, 29 ss., con commento di X. XXXXXXXXX; Trib. Pistoia, 20 dicembre 2017, (nt. 20), 743. In dottrina v., in particolare, X. XXXXXXXXX, (nt. 6), 403 ss., e ID., La rinun- cia al concordato preventivo dopo la legge (n. 40/2020) di conversione del “Decreto liquidi- tà”: nascita di un “ircocervo”?, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 10 giugno 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx., dove l’autore torna ad affrontare l’argomento alla luce dei recenti interventi normativi.
45 Il dibattito è molto vivo, sia in giurisprudenza che in dottrina. Ci si limita a richiamare, considerando le pronunce più recenti, Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2020, n. 12085, reperibile in xxx.xxxxxx.xx; Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2018, n. 26002, in Dir. fall., 2019, 882 ss., con nota di X. XXXXXXXX; Cass. civ., sez. VI, 11 dicembre 2017, n. 29632, in Fallimento, 2018, 731 s., con commento di X. XXXXX, X. XXXXXXX; Cass. civ., sez. VI, 17 luglio 2017, n. 17703, reperibile in xxx.xxxxxx.xx; in senso difforme merita di essere segnalata, per l’ampiezza della motivazione, App. Firenze, 16 maggio 2019, in Dir. fall., 2020, 842 ss., con nota di X. XXXX,
luogo, si tratta di un orientamento non consolidato e controverso (e sub iudi- ce), tanto che il decreto correttivo del c.c.i.i. è intervenuto a dirimere l’attuale contrasto interpretativo prevedendo che il tribunale dichiari aperta la liquida- zione giudiziale solo a seguito della risoluzione del concordato 46. In secondo luogo, anche a voler condividere detto orientamento, resta difficilmente predi- cabile, ad avviso di chi scrive, l’apertura omisso medio di un’altra procedura dello stesso tipo, nella specie concordataria 47. In questo caso, dinanzi ad una nuova domanda di concordato depositata dallo stesso debitore e diretta a rego- lare la medesima situazione di crisi o di insolvenza, il tribunale dovrebbe di- chiararne l’inammissibilità ex art. 162 l. fall., in quanto la nuova proposta sa- rebbe diretta alla regolazione di una crisi già “regolata”, con carattere di defi- nitività, dal concordato omologato, i cui effetti esdebitatori sono vincolanti per tutti i creditori anteriori (salvo l’eventuale annullamento o risoluzione) 48. Inol-
che a sua volta richiama gli argomenti ben sviluppati da Trib. Pistoia, 20 dicembre 2017, (nt. 20), 735 ss., secondo la quale «la risoluzione del concordato è l’unica possibilità di reazione creata dall’ordinamento per l’inadempimento alle obbligazioni assunte con quello specifico concordato omologato, rimettendo esclusivamente ai creditori la valutazione sulla richiedibilità o meno della misura e conseguentemente della possibilità o meno di accedere al fallimento in seconda battuta». Cfr., altresì, le perplessità che emergono da altro arresto della Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2019, n. 13850, reperibile in xxx.xxxxxx.xx) relativo alla diversa, seppur connessa, questione della fallibilità di un’impresa che abbia ottenuto l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
46 Ciò salvo che lo stato di insolvenza consegua a debiti sorti successivamente al deposito della domanda di apertura del concordato preventivo: v. art. 119, ult. comma, c.c.i.i. Nella Re- lazione illustrativa al d.lgs. n. 147/2020 è precisato che detto comma è stato introdotto al fine di dirimere un contrasto interpretativo non sopito neppure successivamente agli interventi della Corte di Cassazione. La stessa Suprema Corte, peraltro, è nuovamente intervenuta sull’argo- mento rimettendo, mediante ordinanza redatta dalla Prima Sezione Civile, al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la decisione in ordine all’ammissibilità dell’istanza di fallimento ex artt. 6 e 7 l. fall. nei confronti di impresa già ammessa al concor- dato preventivo poi omologato, a prescindere dall’intervenuta risoluzione di quest’ultimo, rav- visandovi una questione di massima di particolare importanza: x. Xxxx. xxx., xxx. X, 00 marzo 2021, n. 8919, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx e in Dir. fall., 2021, 736 ss., con nota di X. XX XXXXX, dalla quale ben emergono le perplessità del Collegio per la soluzione che ammette il fallimento omisso medio. Fa il punto sulla complessa questione X. XXXXXXXXX, Inadempi- mento del concordato preventivo: fallimento omisso medio o previa risoluzione? La parola alle Sezioni Unite, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 24 aprile 2021, reperibile in xxx.xxxxxx.xx.
47 Diversamente X. XXXXXX, (nt. 21), 154 s.
48 Similmente, seppur in relazione alla diversa ipotesi della consecuzione di due accordi di ristrutturazione dei debiti, Trib. Terni, 4 luglio 2011, in Fallimento, 2012, 206, con commento di X. XXXXX: secondo il Tribunale, l’attivazione ex novo dell’intera procedura di omologazio- ne di un accordo modificativo-integrativo presupporrebbe il venir meno, per risoluzione o an-
tre, la formulazione di una nuova proposta altro non sarebbe che una rinuncia o abdicazione da parte del debitore al primo concordato; la quale è ritenuta, per orientamento consolidato, non ammissibile una volta che il concordato è stato omologato 49. L’iniziativa volta alla caducazione dei suoi effetti obbliga- tori è attribuita dal legislatore, negli stretti binari dell’art. 186 l. fall., ai soli creditori concorsuali.
Né sembra che a detta ricostruzione possa essere obiettato che il secondo ricorso e la seconda proposta di concordato avrebbero in realtà ad oggetto i crediti (anteriori) nella misura ristrutturata e falcidiata, e non in quella origina- ria, poiché ciò presupporrebbe che, a seguito dell’omologazione, si verifichi un effetto novativo ed estintivo ex art. 1230 c.c. che deve invece escludersi, rendendo il concordato preventivo soltanto inesigibili i crediti anteriori.
Ancora, merita di essere evidenziato come la Suprema Corte, seppur in re- lazione ad altra fattispecie, abbia più volte ribadito che «con riguardo al mede- simo imprenditore ed alla medesima insolvenza il concordato non può che es- sere unico, e dunque unica la relativa procedura ed il suo esito» 50. Si è consa- pevoli che la Corte si è così pronunciata nell’ambito di giudizi nei quali la procedura concordataria era ancora in corso, per escludere la configurabilità di una seconda domanda di concordato “autonoma” rispetto a quella originaria, ossia tale da dare vita a una nuova e separata procedura. Tuttavia, si ritiene che detto principio debba trovare applicazione anche, e verrebbe da dire a for- tiori 51, in relazione ai concordati (pendenti) la cui procedura si è chiusa con il
nullamento, dell’originario accordo di ristrutturazione. Trattasi però, a quanto consta, di una posizione minoritaria, se non isolata, con riguardo agli accordi ex art. 182-bis l. fall.: cfr., in luogo di altri, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE, CNDCEC e ASSONIME, Linee-guida per il finanziamento alle imprese in crisi2, 2015, raccomandazione n. 27.
49 V. supra, nt. 44, e in particolare i condivisibili argomenti di Cass. civ., sez. I, 28 aprile 2015, n. 8575, (nt. 44), 30.
50 Il virgolettato è di Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 2015, n. 495, reperibile in www. xxxxxx.xx, punto 2.1.1; v. anche Cass. civ., sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4342, ivi; Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2019, n. 25479, (nt. 38); Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2016, n. 6277, (nt. 38), 885. Conf. X. XXXXX, X. XXXXXXX, L’irrealizzabile esecuzione del concordato preventivo: il fallimento senza risoluzione (commento a Cass. civ., sez. VI, 11 dicembre 2017, n. 29632, Trib. Rovigo, 7 dicembre 2017, Trib. Pistoia, 20 dicembre 2017), in Fallimento, 2018, 748, testo e nt. 46; X. XXXXX, L’infinito mondo della consecuzione fra procedure concorsuali, ivi, 2015, 28.
51 Cfr., seppur in relazione al fallimento omisso medio, Trib. Pistoia, 20 dicembre 2017, (nt. 20), 738, lì dove, condivisibilmente, si afferma che sarebbe «irragionevole che effetti preclusi- vi analoghi a quelli imposti dalla pendenza di una mera domanda di concordato non abbia a sortire anche la pendenza di un concordato omologato. Se il principio di diritto è che solo lo scrutinio con esito negativo della domanda di concordato rimuove la preclusione al fallimento,
decreto di omologazione ex art. 180 l. fall.; ossia con un provvedimento cui deve riconoscersi il carattere della decisorietà e della definitività o, almeno, la “stabilità” dei risultati ai fini della falcidia concordataria (salvo il vittorioso esperimento delle azioni di cui all’art. 186 l. fall.) 52.
Concludendo, la strada della consecuzione di procedure concordatarie, pur nei limiti sopra tratteggiati, sembra attualmente percorribile. Non può però tra- scurarsi che essa impone al debitore di presentare, ex art. 161 l. fall., una nuo- va proposta sulla quale i creditori anteriori saranno chiamati a votare e che sa- rà oggetto di un nuovo giudizio di omologazione da parte del tribunale.
Da qui la domanda se vi siano altre vie che consentono di raggiungere la stessa, “agognata” meta, almeno nelle ipotesi in cui gli interventi resisi neces- sari a seguito delle mutate condizioni macro o microeconomiche non coinvol- gano le percentuali concordatarie originariamente offerte ai creditori.
5. (Segue) La modificabilità del (solo) piano di concordato.
Nel caso appena ipotizzato, una valida alternativa è rappresentata dalla me- ra modificazione delle azioni indicate nel piano, qualora ciò si renda necessa- rio per consentire al debitore di adempiere la proposta approvata dai creditori e omologata in presenza di sopravvenienze. Si pensi, per esemplificare, alla parziale riconversione della produzione; alla temporanea chiusura di impianti o alla sospensione di alcune linee produttive non più redditizie; ad altri sco- stamenti significativi dal piano industriale sulla base del quale avrebbe dovuto proseguire l’attività aziendale (ad esempio, la decisione di non aprire nuovi canali commerciali o di non ampliare un sito industriale, oppure l’inserimento di nuovi prodotti nel mercato); o, ancora, alla liquidazione di cespiti o assets divenuti non più funzionali all’esercizio dell’impresa.
In altre parole, se si assume – come si è fatto in precedenza – che ciò che
parrebbe ragionevole dedurne che, in caso di esito favorevole per intervenuta omologa, l’ef- fetto preclusivo, piuttosto che venir meno, debba cristallizzarsi fino al momento della eventua- le risoluzione»; nonché Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2019, n. 13850, (nt. 45), lì dove, dopo aver richiamato gli approdi della giurisprudenza di legittimità in tema di rapporto tra procedi- mento prefallimentare e concordato preventivo, sottolinea che «la domanda di concordato rap- presenta concettualmente un minus rispetto al concordato omologato» (punto 10.3).
52 V., sul punto, Cass. civ., sez. un., 28 dicembre 2016, n. 27073, e Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2016, n. 26989, in Fallimento, 2017, 537 ss., nonché i successivi rilievi di I. XXXXX, Decisorietà e definitività dei provvedimenti in materia di concordato e accordi nella prospetti- va delle Sezioni unite, 542 ss., in part. 551 s.
rileva, ai fini della risoluzione, è l’inadempimento delle obbligazioni oggetto della proposta concordataria, non già solo l’inosservanza delle modalità di adempimento della stessa indicate nel piano 53, i predetti scostamenti dovreb- bero ritenersi ammissibili poiché non toccano tali obbligazioni (di norma, di carattere pecuniario) e, quindi, il contenuto della proposta 54. E ciò, con ogni probabilità, anche a prescindere dalla imprevedibilità o straordinarietà degli eventi sopravvenuti (si pensi a sopravvenienze non già imprevedibili, bensì non previste).
Sembra comunque necessario che il commissario giudiziale, alla luce dei poteri di sorveglianza attribuitigli e degli ulteriori poteri di cui all’art. 185, quarto e quinto comma, l. fall., sia tempestivamente informato delle variazioni che il debitore intende apportare al piano, ritenendosi finanche opportuno che lo stesso concordi sulla loro necessità e strumentalità rispetto all’effettivo sod- disfacimento dei creditori concorsuali 55.
53 X. XXXXXX, (nt. 12), 1501 s.; arriva alle medesime conclusioni, seppur seguendo un per- corso argomentativo diverso (e che parte da presupposti diversi) e riferendosi specificamente al concordato in continuità, X. XXXXX, L’esecuzione del concordato di risanamento, tra governan- ce e conflitti, in Fallimento, 2017, 1011 s. L’interpretazione suggerita nel testo non sembra, invero, trovare smentita nell’affermazione giurisprudenziale che il piano non può essere di- sgiunto dalla proposta, di cui costituisce lo strumento di realizzazione, con la conseguenza che la prognosi favorevole in ordine all’esito del concordato è inevitabilmente connessa, dal punto di vista causale, alla buona riuscita del piano: x. Xxxx. civ., sez. I, 28 aprile 2015, n. 8575, (nt. 44), 32. In questa pronuncia, la questione posta all’attenzione dei giudici di legittimità con- cerne la possibilità di modificare, dopo il limite temporale previsto dalla legge per la modifi- cabilità delle proposte, le sole modalità esecutive indicate nel piano di concordato, rimanen- do immodificate le condizioni offerte ai creditori; si riferisce quindi ad una fase precedente all’omologazione, in cui il legislatore vuole essenzialmente evitare, per usare le stesse parole della Corte, «che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso da quello destinato ad essere effettivamente eseguito». Per le stesse ragioni non si ritiene di poter trarre indicazioni, a contrario, dall’art. 9, secondo comma, d.l. n. 23/2020, lì dove stabilisce che nei procedimenti di concordato preventivo pendenti alla data del 23 feb- braio 2020 il debitore può presentare istanza al tribunale per la concessione di un termine «per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’articolo 161» (enfasi aggiunta).
54 In senso conforme X. XXXXXXX, Procedure concorsuali e COVID-19: prime riflessioni alla luce del d.l. liquidità, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 28 aprile 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, 18 s.; e, sembra, I. KUTUFÀ, (nt. 43), 405; diversamente, de iure condito, X. XXXXXXXXXX, (nt. 3),
8. In favore della modificabilità del piano si esprime anche la Relazione tematica n. 56, (nt. 21), 18 s., ma lo fa sulla base delle norme civilistiche e, in particolare, «dei principi che reggono il sistema della revisione e dell’adeguamento dei contratti in caso di eventi sopravvenuti».
55 In favore di un coinvolgimento del commissario xxxxxxxxxx si esprime anche D. DE XXXXX- XXX, (nt. 4), 7.
La concreta esigenza di modifica delle azioni programmate nel piano, ai fi- ni dell’adempimento della proposta, ricorre, com’è intuibile, prevalentemente nell’ambito dei concordati con continuità aziendale, in cui le iniziali previsioni e assunzioni sull’andamento dell’impresa si prestano maggiormente ad essere incise dalle sopravvenienze rispetto a mere operazioni liquidatorie 56. Da qui la necessità di indagare se le variazioni o scostamenti possano spingersi sino alla conversione di un concordato con continuità aziendale in un concordato liqui- datorio, con cessazione, prima che i creditori siano stati del tutto soddisfatti, dell’attività d’impresa 57.
Tanto l’art. 186-bis, ultimo comma, l. fall., quanto il chiaro favor legislati- vo per la soluzione del concordato in continuità e la salvaguardia del valore dell’impresa, difficilmente conciliabile con la possibilità di passare da una forma concordataria all’altra in sede esecutiva, inducono a rispondere, in linea generale, negativamente 58.
Quanto al primo profilo, giova ricordare che, ai sensi dell’art. 000-xxx, xx- timo comma, l. fall., se nel corso della procedura l’esercizio dell’attività d’im- presa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale prov- vede alla revoca dell’ammissione al concordato con continuità aziendale, salva la facoltà del debitore di modificare la proposta. Sebbene la norma disciplini situazioni che si verificano nel corso della procedura, non dopo l’omologa- zione, essa avvalora la tesi dell’essenzialità che la continuazione dell’impresa, quale parte dell’operazione concordataria che il debitore si è proposto di attua- re, riveste in detta speciale ipotesi di concordato preventivo (cui è riconnessa una speciale e più favorevole disciplina normativa). L’anticipata cessazione dell’attività, così come il suo proseguimento a danno dei creditori, integrano comportamenti inadempienti, tali da consentire a ciascun creditore di ricorre-
56 V. anche X. XXXXXXX, Il ruolo del commissario giudiziale nei concordati preventivi in- fluenzati dalla pandemia da Covid-19, in Fallimento, 2020, 1028.
57 Come sostenuto da X. XXXXXXXX, (nt. 21), 4.
58 Conf. Relazione tematica n. 56, (nt. 21), 18 s., e X. XXXXXX, (nt. 21), 167 e 176, sulla scorta di una motivazione in parte diversa. Sembrano avvalorare quanto qui sostenuto i Principi di attestazione dei piani di risanamento, documento approvato con delibera del CNDCEC del 16 dicembre 2020, nella parte in cui, nel chiarire cosa si intende per modifiche sostanziali del piano (che rendono necessaria una nuova attestazione), precisano che «non è una modifica sostanziale la modifica dell’action plan che non comporti un cambiamento del- le intenzioni strategiche del piano» e aggiungono che «costituisce, ad esempio, un cambia- mento di intenzioni strategiche la dismissione di un ramo aziendale del quale era previsto dal Piano originario la conduzione diretta» (ivi, par. 9.2). Nel senso del testo, seppur con ri- guardo all’art. 119 c.c.i.i., G. D’ATTORRE, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, Giappichelli, 2021, 144.
re, ove sussistano i presupposti della non scarsa importanza dell’inadempi- mento e dell’interesse ad agire, allo strumento della risoluzione 59.
Quanto al secondo profilo, ci si limita ad osservare che è assai probabile che la percentuale minima di pagamento del 20 per cento dell’ammontare dei crediti chirografari – da assicurare solo ove si proponga un concordato diverso da quello di cui all’art. 186-bis l. fall. – non risulti integrata in caso di passag- gio da un concordato in continuità ad uno consistente nella cessione dei beni, con conseguente violazione, ex post, della relativa prescrizione normativa 60.
C’è, infine, un’altra questione di non poco momento su cui è opportuno soffermarsi. Ci si chiede se gli atti compiuti dal debitore in difformità rispetto a quanto indicato nel piano siano coperti dall’ombrello dell’esenzione da re- vocatoria ex art. 67, terzo comma, lett. e), l. fall. (che, come noto, copre «gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato pre- ventivo») 61; nonché dall’ombrello dell’esenzione dai reati di bancarotta ex art. 217-bis l. fall. (che parimenti si riferisce alle operazioni compiute in esecuzio- ne di un concordato preventivo) 62.
La questione è indubbiamente delicata, sebbene il fatto che gli scostamenti dal piano siano precipuamente dettati dall’esigenza di eliminare o ridurre l’im- patto negativo delle sopravvenienze sulle aspettative di adempimento dei cre- ditori dovrebbe limitare il rischio di successivo fallimento e dell’instaurazione delle relative iniziative 63. Ciò detto, non sembra del tutto peregrino ipotizzare
59 V., a titolo esemplificativo, Trib. Prato, 12 novembre 2018, reperibile in xxx.xxxxxx.xx.
60 Per una ricostruzione in parte diversa, che verte sull’applicazione dell’art. 1186 c.c., cfr.
F. SACCHI, (nt. 11), 175 ss.
61 La questione è posta anche da X. XXXXXXX, (nt. 54), 19, e X. XXXXXXX, (nt. 56), 1029.
62 Quanto al reato di bancarotta semplice, peraltro, il fatto che la punibilità dell’aggra- vamento del dissesto sia, secondo l’orientamento della Suprema Corte (v., da ultimo, Cass. pen., sez. V, 24 settembre 2020, n. 32422, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx), circoscritta alla colpa grave dovrebbe notevolmente ridurre il rischio di integrazione della fattispecie pena- le nel caso di cui si discute in questo scritto.
63 La questione si è posta più spesso con riguardo a scostamenti nell’esecuzione di accordi di ristrutturazione dei debiti, rispetto ai quali prevale, in dottrina, un’interpretazione restrittiva: cfr. X. XXXXX, Modifiche all’accordo di ristrutturazione dei debiti e nuovo controllo giudizia- rio (commento a Trib. Terni, 4 luglio 2011), in Fallimento, 2012, 209 s.; X. XXXXXXX, Fase esecutiva degli accordi di ristrutturazione e varianti del piano e dell’accordo, ivi, 2013, 773 ss.; X. XXXXXXX, Gli scostamenti dal piano, in Il ruolo del professionista nei risanamenti aziendali, a cura di X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, Torino, Eutekne, 2012, 121 ss.; X. XXXXXXX, Il monitoraggio del piano: esecuzione e rinegoziazione, in Fallimento, 2014, 1003 ss.; M. SCIU- TO, Effetti legali e negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Riv. dir. civ., 2009, I, 364; X. XXXXXXXXX, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella legge fallimentare, Tori-
che la formula utilizzata dal legislatore possa essere interpretata, alla luce del- la ratio della norma, in termini sufficientemente ampi da consentirne l’ap- plicazione a tutte le operazioni strettamente funzionali all’esecuzione di un concordato omologato, anche se parzialmente diverse dalle singole azioni di risanamento o liquidatorie indicate nel piano 64; a condizione che sia rispettata la sostanza economica del programma originario 65. La circostanza, poi, che – a differenza degli accordi di ristrutturazione dei debiti e dei piani di risana- mento – gli atti di esecuzione di un concordato siano soggetti alla sorveglianza del commissario xxxxxxxxxx, dotato di poteri di reazione nei confronti (della condotta) del debitore, sembra fornire un argomento alla plausibilità di siffatta conclusione 66.
Non può tuttavia trascurarsi che, nel nuovo art. 166, terzo comma, lett. e), c.c.i.i., la previsione appena citata è stata integrata con l’inserimento delle pa- role «in essi [i.e. concordato preventivo e accordo di ristrutturazione omologa- to] indicati»: detto inserimento testuale renderà più difficile neutralizzare, ai fini della revocatoria, gli eventuali scostamenti dalle operazioni indicate nel piano, ancorché giustificati esclusivamente dall’esigenza di realizzare il soddi- sfacimento dei creditori.
Non si è, finora, presa posizione sulla facoltà, per il debitore, di modificare anche i tempi di adempimento della proposta concordataria: la questione non è di facile o immediata soluzione, come dimostra il fatto che, in passato, quando ciò si è reso necessario per il verificarsi di circostanze eccezionali il legislatore è intervenuto prevedendo moratorie ex lege 67.
no, Xxxxxxxxxxxx, 2012, 479 s., 493 e 521. In questo senso anche UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
FIRENZE, CNDCEC e ASSONIME, (nt. 48), raccomandazioni nn. 18 e 27.
64 Di diverso avviso X. XXXXXX, (nt. 12), 1501, lì dove afferma che sarebbe opportuno, se si volesse continuare a godere dell’esenzione dall’azione revocatoria per gli atti compiuti in ese- cuzione del nuovo percorso divisato, formalizzare la possibile rinegoziazione con i creditori in una ulteriore procedura concordataria; e, sembra, anche F. SACCHI, (nt. 11), 165 ss., testo e nt. 43.
65 V. quanto si è appena sostenuto, nel testo, in merito al concordato con continuità azienda- le e alla sua “evoluzione” in senso liquidatorio.
66 Considerazioni analoghe valgono, a fortiori, per la condotta degli amministratori, qualora il debitore in concordato sia una società, i quali si siano discostati dalle condizioni originaria- mente previste ai fini dell’effettivo adempimento della proposta e del soddisfacimento dei cre- ditori (v., sul punto, anche G.B. NARDECCHIA, (nt. 8), 1339). Sulla possibile responsabilità de- gli amministratori in caso di scostamento dal piano di concordato in continuità (e sulla disci- plina applicabile) si sofferma diffusamente X. XXXXX, (nt. 53), 1010 ss.
67 Oltre al già citato art. 9 d.l. n. 23/2020, v., mutatis mutandis, d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, conv., con modificazioni, dalla l. 18 febbraio 2004, n. 39 (decreto “Marzano”), ove,
Proprio quest’ultima circostanza, la previsione di uno stretto termine deca- denziale per l’esercizio dell’azione di risoluzione, che decorre dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento, e il fatto che «la proposta di concordato deve […] avere ad oggetto la regolazione della crisi, secondo mo- dalità che possono assumere concretezza soltanto attraverso l’indicazione del- le condizioni di soddisfacimento dei creditori, ricomprendenti le relative per- centuali e i tempi di adempimento» 68, sono i motivi che inducono a rispondere negativamente 69. Inducono, più precisamente, a ritenere che il mancato adem- pimento del debitore nel o nei termini indicati nel piano – che non abbiano una valenza meramente indicativa – debba essere valutato in termini di gravità o non gravità dell’inadempimento 70, secondo quanto ribadito, anche recente- mente, dalla Suprema Corte in materia di contrattuale 71. Il fatto che i tempi di adempimento siano indicati dal debitore nel piano di concordato, e non nella
all’art. 4, è stato inserito il comma 4-ter.1 (inserimento operato dal comma 14-bis dell’art. 23
d.l. 1 luglio 2009, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ossia la l. 3 ago- sto 2009, n. 102).
68 Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20652, (nt. 6), punto 4.2.1 (enfasi aggiunta).
69 Per la non modificabilità, in sede di esecuzione, del termine di adempimento v. anche
G.B. NARDECCHIA, (nt. 12), 256.
70 Cfr., in particolare, Trib. Genova, 26 giugno 2014, (nt. 8); Trib. Modena, 11 giugno 2014, (nt. 6), il quale, dopo aver evidenziato che la componente temporale dell’adempimento integra la causa concreta del concordato, aggiunge che «hanno rilievo anche nel concordato con cessione dei beni i tempi di adempimento che il debitore deve necessariamente indicare nel piano (come oggi peraltro esplicitato alla lett. e) co. 2 art. 161 l. fall.) […] e, in fase attuativa, costituiscono uno dei parametri su cui misurare l’inadempimento»; Trib. Prato, 30 aprile 2014, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, ove è ben rilevato come «il piano, conformemente alle prescrizioni della legge, che richiede l’indicazione dettagliata delle modalità e dei tempi, scandisca con precisione i termini di pagamento sia dal punto di vista dell’importo delle rate che da quello della scadenza delle stesse. Ciò consente di salvaguardare l’interesse dei creditori […] a non vedersi espropriati del diritto di chiedere la risoluzione del concordato per inadempimento per tutta la durata del piano e fino alla sua conclusione, potendo essi reagire con riferimento alle scadenze prospettate qualora l’inadempimento non sia di scarsa importanza». In dottrina v., in senso conforme, X. XXXXXX, Xxxxx note in tema di risoluzione del concordato preventivo con cessione dei beni (commento a Cass. civ., sez. I, 14 marzo 2014, n. 6022, e Trib. Modena, 11 giugno 2014), in Fallimento, 2015, 553 s.; X. XXXX, Art. 186, in Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, a cura di X. XXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, Xxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, 0000, 548 s. Diversamente Trib. Busto Arsizio, 8 ottobre 2019, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, e, con specifico riferimento al concordato con cessione dei beni, X. XXXXXX- NELLA, Percentuali e tempi di realizzo nel concordato preventivo e controllo del tribunale, in Fallimento, 2013, 1256 s.
71 Cass. civ., sez. VI, 5 giugno 2018, n. 14409, in Pluris; x. xxxxxxx Xxx. Xxxxxxx, 00 gen- naio 2020, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
proposta costituente oggetto di approvazione da parte dei creditori, non sem- bra argomento sufficiente a negarne la rilevanza ai fini dell’esattezza dell’a- dempimento del concordato preventivo.
In ogni caso, e specie per i concordati con cessione dei beni, la valutazione circa l’entità dello scostamento temporale sanzionabile con la risoluzione non può che essere improntata ad una ragionevole flessibilità, alla luce degli ine- liminabili profili di aleatorietà e delle variabili esogene che caratterizzano le varie situazioni concrete 72; e va sempre accertato il concreto interesse ad agire del procedente.
6. Ulteriori argomenti ricavabili dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza offre ulteriori elementi ai fini del rafforzamento dell’idea che sia possibile immaginare una parziale mo- difica dell’agere del debitore in concordato, senza che ciò pregiudichi il suc- cesso della procedura. Il primo elemento è offerto dalla nuova disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti; il secondo dai principi generali cui è de- dicata la sezione I, capo II, titolo I, parte prima del c.c.i.i.
L’art. 58 c.c.i.i., nell’ambito della disciplina degli accordi di ristrutturazio- ne dei debiti, contiene una precisa disposizione che abilita l’imprenditore, do- po l’omologazione, a modificare il piano economico-finanziario predisposto al fine di assicurare l’esecuzione dell’accordo. La nuova norma, la cui entrata in vigore è stata anticipata in sede di conversione in legge del decreto “sostegni”, prevede il rinnovo dell’attestazione da parte del professionista indipendente e stabilisce che i creditori, debitamente avvisati della pubblicazione, nel registro delle imprese, del piano modificato e dell’attestazione, possono fare opposi- zione avanti al tribunale nel termine di trenta giorni.
Vista l’affinità tra il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, entrambi denominati «strumenti di regolazione della crisi» (titolo IV) e che condividono il procedimento di accesso (art. 40 ss. c.c.i.i.), è doveroso chie- dersi se il principio sotteso all’art. 58, secondo comma, c.c.i.i., evidentemente funzionale alla completa esecuzione degli accordi omologati, possa applicarsi
72 Cfr., ad esempio, Trib. Piacenza, 19 giugno 2019, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, che nel re- spingere una domanda di risoluzione ha rilevato, quanto al profilo del dedotto ritardo nell’a- dempimento, come esso fosse dovuto a vicende che riguardavano non tanto il piano in sé, bensì l’attività degli organi della procedura (nella specie, il liquidatore giudiziale, poi sostituito).
anche al concordato preventivo 73. In caso affermativo, ne deriverebbe un’ul- teriore conferma del fatto che il debitore può discostarsi dal piano concordata- rio senza che ciò integri un inadempimento, qualora ciò si renda necessario per rispettare i termini della proposta omologata.
A tale riguardo, merita innanzitutto di essere evidenziato che l’art. 58 c.c.i.i., diversamente dall’art. 13, comma 4-ter, l. n. 3/2012, mentre prevede la modificabilità del piano e degli accordi prima dell’omologazione, dopo l’o- mologazione contempla e disciplina la sola ipotesi in cui si renda necessario apportare modifiche sostanziali 74 al piano economico-finanziario al fine di as- sicurare l’esecuzione degli accordi omologati. Questi ultimi pare debbano ri- manere invariati, salve eventuali variazioni non rilevanti ai fini della valuta- zione di adesione, anche alla luce della nuova disciplina 75.
Se si condivide tale premessa e si condivide altresì l’opinione secondo cui ciò che concretamente rileva, per la risoluzione del concordato, è il solo ina- dempimento della proposta 76, ammettere la modificabilità del piano ove ciò sia necessario per assicurare l’esatto adempimento degli obblighi concordatari sembra rispondere ad un principio che può dirsi connaturato ai vari strumenti di regolazione della crisi77. Nel concordato, poi, non si porrebbe neppure l’esi- genza di un nuovo intervento dell’imprenditore e dell’attestatore a garanzia dei creditori com’è, invece, richiesto negli accordi di ristrutturazione (v. art. 58, secondo comma, c.c.i.i.) 78, atteso il ruolo di sorveglianza che ivi riveste il
73 In senso affermativo X. XXXXXXX, La crisi del Covid-19 nella crisi d’impresa: ipotesi propositive per i concordati preventivi omologati divenuti infattibili e per il concordato falli- mentare, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 19 maggio 2020, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, ivi 8 s.
74 Ossia modifiche resesi necessarie a causa di scostamenti (non previsti e non assorbiti da meccanismi di aggiustamento o correttivi già contenuti nel piano) tra la situazione in atto o concretamente verificatasi e le azioni programmate nel piano tali da incidere sull’esatto adem- pimento dell’accordo: v. G.B. NARDECCHIA, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel Co- dice della crisi e dell’insolvenza, in Fallimento, 2020, 1052.
75 Conf. G.B. NARDECCHIA, (nt. 74), 1052; X. XXXXXXXXXX, (nt. 26), 67; diversamente X.
XXXXXXX, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Strategie e strumenti di risanamento nel codice della crisi e dell’insolvenza e nel diritto emergenziale, a cura di X. XXXXX, Quaderni SAF, n. 84, 2021, 193 s.
76 V. supra, par. 2.
77 G.B. NARDECCHIA, (nt. 8), 1335, rileva che la norma in oggetto è espressiva di un princi- pio generale che identifica soltanto nell’accordo o nella proposta un obbligo immodificabile, essendo al contrario possibile, e anzi doverosa, ogni modifica del piano che si renda necessaria per la loro attuazione.
78 Cui adde la possibilità per i creditori di fare opposizione avanti al tribunale entro trenta giorni dalla ricezione dell’avviso di pubblicazione del piano modificato e dell’attestazione nel
commissario xxxxxxxxxx (il quale deve riferire al giudice ogni fatto da cui possa derivare pregiudizio ai creditori). Detto ruolo dovrebbe garantire una costante cooperazione tra gli organi della procedura e lo stesso imprenditore durante tutta la fase di esecuzione del concordato. Da qui la superfluità di un puntuale intervento legislativo, se non nei limiti dell’opportuna previsione, comune agli strumenti stragiudiziali di regolazione della crisi (v. artt. 56, secondo comma, e 57, secondo comma, c.c.i.i.), di indicare nel piano «le iniziative da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e quelli raggiunti» (art. 87, primo comma, c.c.i.i.); anche ai fini dell’art. 166, terzo comma, lett. e), c.c.i.i. 79.
Se pertanto si pone mente a quanto detto nel precedente paragrafo in merito agli scostamenti che non sono tali da integrare un inadempimento del concor- dato, il cerchio sembra chiudersi senza grosse sbavature.
A queste riflessioni se ne può aggiungere un’altra, relativa ai principi gene- rali del codice della crisi e dell’insolvenza.
L’art. 4 c.c.i.i., rubricato «Doveri delle parti», impone al debitore e ai cre- ditori, nell’esecuzione degli accordi e nelle procedure di regolazione della cri- si e dell’insolvenza (e durante la fase delle relative trattative), di comportarsi secondo buona fede e correttezza; inoltre, nel terzo comma, specifica che i creditori hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore e con gli or- gani delle procedure (art. 4, terzo comma, c.c.i.i.) 80. È ragionevole chiedersi se dette disposizioni, e le clausole generali in esse contenute, siano invocabili per imporre ai creditori di acconsentire alla rinegoziazione delle condizioni del concordato al verificarsi di situazioni di impossibilità non imputabile delle pre- stazioni promesse; o, almeno, di astenersi dal richiedere la risoluzione 81.
Al di là delle considerazioni in merito all’effettiva innovatività dell’art. 4
registro delle imprese: v. art. 58, secondo comma, ult. periodo, c.c.i.i. Questa parte della dispo- sizione, peraltro, si presta a dubbi e incertezze interpretativi data la sua laconicità.
79 La questione è ben riassunta nella Relazione illustrativa al c.c.i.i., sub art. 87, dove si precisa che «con una disposizione che si propone […] di superare le attuali incertezze relative alla gestione nella fase esecutiva del concordato allorquando si verificano situazioni che im- pongono uno scostamento rispetto alle previsioni di piano […] si richiede l’indicazione […] degli strumenti da adottare per assicurare l’adempimento della proposta nel caso in cui le pre- visioni su cui il piano è fondato non si realizzino o comunque si verifichino nuove circostanze che mettano a rischio il raggiungimento degli obbiettivi prefissati».
80 Ciò in vista dell’obiettivo comune di individuare la migliore soluzione della crisi o la mi- gliore regolazione dell’insolvenza: così, testualmente, la Relazione illustrativa al c.c.i.i., sub art. 4.
81 Ravvisa l’esistenza di un dovere di rinegoziazione in capo ai creditori X. XXXXXXX (nt.
73), 10 s.
c.c.i.i. 82, non sembra che detti doveri si estendano sino al punto di imporre ai creditori, il cui credito ha già subito una falcidia (di norma) significativa, di rinegoziare il contenuto della proposta originaria ogniqualvolta una sopravve- nienza non imputabile al debitore ne impedisca l’adempimento 83. Né sembra di poter concludere che l’eventuale istanza di risoluzione da parte del creditore in siffatte ipotesi integri una condotta lesiva della clausola della buona fede ogget- tiva; perlomeno in tutti i casi in cui il concordato non sia più in grado di assicu- rare il miglior soddisfacimento dei creditori rispetto all’alternativa liquidatoria.
In altre parole, i limiti già posti in luce nei paragrafi precedenti in relazione al ricorso ai principi generali in materia di obbligazioni e contratti e alla loro applicazione nell’ambito del concordato preventivo non sono superati, ad av- viso di chi scrive, dalla loro codificazione nel c.c.i.i. 84.
Resta da chiedersi se correttezza e buona fede oggettiva e il “nuovo” do- vere di collaborazione possano essere richiamati almeno per giustificare una rimodulazione dei tempi di adempimento delle obbligazioni assunte in sede concordataria 85. Anche sotto questo profilo, si ritiene che essi non consenta- no di legittimare qualcosa in più di una mera tolleranza del ritardo nel- l’adempimento della prestazione il cui rilievo sia complessivamente irrisorio nell’economia del “programma concordatario” 86: ipotesi, quest’ultima, in
82 Cfr., sul punto, X. X’XXXXXXX, I principi generali nel diritto della crisi d’impresa, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 1089. Segnalano il carattere innovativo della disposizione X. XXXXXXXXX, I “princìpi generali” nel Codice della crisi d’impresa, in Crisi d’Impresa e Insol- venza, 26 gennaio 2021, reperibile in xxx.xxxxxx.xx, 7 ss., sebbene l’autore sottolinei l’eco, che nella stessa si avverte, delle corrispondenti previsioni codicistiche (artt. 1375, 1337 e 1175 c.c.); nonché X. XXXXXXX, I doveri dei soggetti coinvolti nella regolazione della crisi nell’ambito dei principi generali del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Falli- mento, 2021, 598.
83 Diversamente X. XXXXXXX, (nt. 63), 1001 s., il quale, occupandosi della questione in rela- zione agli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall., si era già espresso nel senso della possibilità di ricorrere agli artt. 1175 e 1375 c.c. per ricavare un obbligo, in capo ai creditori aderenti, di trattare correttamente per la revisione del piano e dell’accordo.
84 Per un esempio di particolare interesse ai nostri fini perché relativo a una «mera modalità esecutiva» imposta ad una delle parti del rapporto contrattuale, Cass. civ., sez. III, 9 marzo 1991, n. 2503, in Corr. giur., 1991, 789 ss., con commento di A. DI MAJO.
85 Così, con riguardo alla disciplina attuale, la Relazione tematica n. 56, (nt. 21), 18, e X. XXXXXX, (nt. 21), 164 s. e 175 s., la cui posizione è condivisa da X. XXXXX, (nt. 4), 211. In senso conforme I. KUTUFÀ, (nt. 43), 404 s.
86 Cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile. 3. Il contratto3, Milano, Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2019, 459 ss., in part. 461 s., il quale, se da un lato riconosce che una parte possa essere tenuta, in forza della buona fede oggettiva, a tollerare che la controparte esegua una prestazione diversa
cui non risulterebbero invero neppure integrati gli estremi per la risoluzione ex art. 119 c.c.i.i. o art. 186 l. fall. In altri termini, il rispetto dei tempi di adempimento della proposta indicati nel piano, ossia dell’orizzonte tempora- le per il suo svolgimento 87, è condizione la cui modificabilità richiede l’assenso dei creditori, incidendo sulle utilità dai medesimi conseguibili in sede concorsuale 88.
7. Soluzioni concretamente e attualmente praticabili.
Le criticità sopra evidenziate non impediscono di ipotizzare una soluzione pratica al problema della sopravvenuta impossibilità, incolpevole, del debitore di adempiere le obbligazioni derivanti dal concordato omologato; la quale gli consenta non solo di discostarsi dalle azioni indicate nel piano, ma anche di rivedere, al ribasso, le prestazioni oggetto della proposta (riducendo, ad esem- pio, la percentuale di pagamento dei creditori chirografari).
Come già evidenziato dai primi commentatori 89, l’unica soluzione ad oggi praticabile con certezza consiste nel rinegoziare e raggiungere un nuovo ac- cordo con singoli o gruppi di creditori, così da ottenere una parziale rinuncia o una modifica della prestazione originariamente offerta a ciascuno di loro. Trattandosi di diritti patrimoniali disponibili, non vi sono ostacoli al fatto che i singoli acconsentano ad una (ulteriore) riduzione del credito esigibile o ad al- lungare i tempi di pagamento. Né può ritenersi un ostacolo il limite legale del pagamento di almeno il 20 per cento dell’ammontare dei crediti chirografari, che opera su un piano diverso da quello del rapporto negoziale di scambio tra singolo creditore e debitore.
da quella dovuta, circoscrive tali ipotesi a modifiche irrisorie rispetto al valore globale della prestazione.
87 Che, com’è stato osservato, può anche consistere in un arco temporale compreso tra un tempo minimo e un tempo massimo: v. X. XXXXX, Il piano di concordato e la soddisfazione dei creditori concorsuali, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da X. XXXXXXXX,
X. XXXXXXX, III, Xxxxxx, Utet Giuridica, 2016, 3447.
88 In questo senso si è recentemente espressa anche App. L’Aquila, 5 ottobre 2020, in Fal- limento, 2021, 370 s., con commento di X. XXXXXXXXX, nell’ambito di una fattispecie nella qua- le il tribunale aveva autorizzato la proroga del termine per l’esecuzione del concordato. Di al- tro avviso, pronunciandosi in merito ad un piano del consumatore, Trib. Napoli, 17 aprile 2020, (nt. 25), 1143.
89 X. XXXXXXX, (nt. 4), 593; X. XXXXXXX, (nt. 56), 1030; G.B. NARDECCHIA, (nt. 8), 1340 s.;
nonché, precedentemente all’attuale emergenza epidemiologica, X. XXXXXXXXXX, (nt. 3), 5.
Un’altra strada percorribile, seppur retrocedendo al momento di redazione del piano, potrebbe essere quella di prevedere, nei limiti della compatibilità con le esigenze poste dal sistema concorsuale, due o più scenari alternativi o di individuare, ove possibile, azioni o iniziative (ad esempio, una riconversio- ne temporanea della produzione) da adottare qualora eventuali situazioni con- tingenti lo rendano necessario 90. Questa conclusione, del resto, è avallata dal nuovo art. 87, primo comma, lett. e), c.c.i.i.
Le altre ipotesi cui si è fatto cenno nelle pagine precedenti non trovano, ad avviso di chi scrive, un sicuro appiglio né nel dato normativo attuale, né in quello di futura applicazione; salvo ulteriori interventi correttivi del legislatore che, tuttavia, con riguardo ai profili che qui precipuamente rilevano non sem- brano profilarsi all’orizzonte.
90 Conf. M.A. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, (nt. 35), 603. Cfr., in merito ad accordi di ristruttu- razione dei debiti e piani di risanamento, X. XXXXX, (nt. 63), 208; X. XXXXXXX, (nt. 63), 115 ss.; X. XXXXXX, Accordi di ristrutturazione: inadempimenti e scostamenti rispetto alle previsioni di piano, 30 agosto 2017, in xxXxxxxxxxxxxxxxx.xx.